XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 111 di Giovedì 29 aprile 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, Antonio Pietro Marzo, e del comandante dei carabinieri Tutela dell'ambiente, Maurizio Ferla:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Marzo Antonio Pietro , Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri ... 3 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Briziarelli Luca  ... 12 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 13 
Briziarelli Luca  ... 13 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 13 
Briziarelli Luca  ... 13 
Marzo Antonio Pietro , Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri ... 14 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 14 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 14 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 15 
Marzo Antonio Pietro , Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente ... 16 
Lorefice Pietro  ... 17 
Marzo Antonio Pietro , Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri ... 17 
Lorefice Pietro  ... 17 
Marzo Antonio Pietro , Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 

Seguito della proposta di relazione sul SIN Venezia – Porto Marghera e sui dragaggi dei grandi canali di navigazione portuale:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Trentacoste Fabrizio  ... 18 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 18 
Ferrazzi Andrea  ... 19 
Benedetti Silvia (Misto)  ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, Antonio Pietro Marzo, e del comandante dei carabinieri Tutela dell'ambiente, Maurizio Ferla.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, Antonio Pietro Marzo, e del Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, Maurizio Ferla.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno dei flussi paralleli illeciti e dell'abbandono dei rifiuti. La Commissione è interessata alla attività di contrasto all'illegalità e a eventuali limiti normativi o pratici alla loro efficacia per quanto di competenza del CUFA (Comando Unità forestali, ambientali e agroalimentari).
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Innanzitutto, ringrazio il Comandante per la presenza e per il lavoro che svolge. Stiamo iniziando questa nuova inchiesta che riguarda tutti i flussi paralleli, ovvero non quelli leciti, in particolare i RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e varie tipologie di materiali. Soprattutto ci sta a cuore affrontare, descrivere e capire il mondo sommerso che vi è anche a livello locale nelle varie città – vediamo tutti Napoli e soprattutto le grandi città come Roma –, in cui si vedono spesso questi fenomeni di abbandono, dove dietro c'è tanta illegalità.
  Le lascio la parola per una relazione e poi eventualmente i miei colleghi le faranno delle domande specifiche.

  ANTONIO PIETRO MARZO, Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. La ringrazio, signor Presidente. Ringrazio anche gli onorevoli vicepresidenti e i membri della Commissione. Al personale saluto aggiungo anche un ringraziamento per questa occasione che mi offre l'opportunità molto gradita di collaborazione istituzionale su un tema a cui l'Arma dei carabinieri pone una particolare attenzione.
  La mia relazione si concretizzerà nel senso di rappresentare e dare un inquadramento di quelle che sono le potenzialità di questa nuova componente dell'Unità forestali, ambientali e agroalimentari che comando dal 31 marzo ultimo scorso, dopo essere stato dal 22 maggio del 2017 il Capo di Stato Maggiore.
  Questa grande Unità è il frutto di un risultato di osmosi tra le varie componenti sia di specializzazione dell'Arma dei carabinieri – la tutela ambientale, la transizione ecologica e quella dell'agroalimentare – e del Corpo forestale dello Stato. Si tratta di alte professionalità che si sono Pag. 4unite e che sin dall'inizio hanno dato uno sforzo determinante per il contrasto dei fenomeni dei crimini ambientali.
  Darò un inquadramento generale, rappresentando quelle che sono le potenzialità di questa grande Unità e poi lascerò la parola al generale Maurizio Ferla che entrerà nel dettaglio con gli aspetti operativi a cui lei faceva cenno.
  È chiaro che ci muoviamo in un contesto delicato per l'intera umanità, perché la crisi ambientale sta diventando sempre più globale e la pandemia del COVID-19 ne è una prova. Mi rifaccio sempre a quello che Papa Francesco ha detto nel 2020: «Abbiamo proseguito imperterriti pensando di rimanere sempre sani in un mondo che è malato». È chiaro che il quadro di oggi non è molto rassicurante e più che mai ci impone di rispettare quelli che sono i princìpi e le raccomandazioni che le tre convenzioni internazionali promosse dall'ONU (Organizzazione Nazioni Unite) sulla biodiversità, sui cambiamenti climatici e sulla lotta alla desertificazione. Oggi si mette a rischio il capitale naturale inteso come stock di beni per gli organismi viventi dell'aria, dell'acqua e del suolo e la tutela del capitale naturale con i connessi servizi ecosistemici sono la priorità assoluta dell'intera umanità.
  Quindi, la produzione abnorme di rifiuti e soprattutto il ciclo illegale degli stessi provoca un deterioramento degli habitat con la connessa perdita delle specie animali e vegetali, compromettendo così il capitale naturale.
  La missione della nuova istituzione costituita il primo gennaio del 2017 nasce dal decreto legislativo 177 del 19 agosto del 2016 ed è proprio questa la tutela e la salvaguardia del capitale naturale nazionale – un termine entrato in vigore nel nostro quadro normativo con la legge 221 del 2015 – che deve essere preservato per poter continuare a garantire il benessere anche alle generazioni future.
  La missione del CUFA si declina nell'articolo 7 della legge 177 con i compiti cui il Comando deve assolvere. Il Comando per questa attività si basa su quattro comandi che sono i quattro pilastri che sorreggono questa grande Unità: il Comando tutela per la biodiversità e per i parchi, il Comando per la tutela forestale, il Comando Carabinieri per la tutela ambientale per la transizione ecologica, il Comando Carabinieri per la tutela agroalimentare.
  Il Comando per la tutela della biodiversità e dei parchi è una componente particolare del Corpo – era già del Corpo forestale e oggi è dell'Arma dei carabinieri –, perché ha tre raggruppamenti: quello della biodiversità, quello dei parchi, e il raggruppamento CITES (Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora). Il Comando opera con circa 1.500 persone, avvalendosi della professionalità e della maestria dei 1.306 operai a tempo indeterminato, che nei periodi estivi e stagionali si arricchisce di una componente di circa altri 130 operai a tempo determinato che sono stagionali. Il raggruppamento ha 28 reparti, cura e mantiene 149 riserve naturali e foreste demaniali, ha 10 centri di recupero della fauna selvatica e 7 centri per la selezione equestre con 40 nuclei sul territorio. Il reparto parchi, invece, opera all'interno dei parchi nazionali, a supporto degli stessi parchi con una rete di 20 reparti parco e 148 stazioni che contribuiscono anche a infittire la rete territoriale dei comandi forestali, perché la loro attività si rivolge anche alla difesa e quindi alla prevenzione e alla repressione dei reati sul territorio. Molti dei parchi sono poi antropizzati e quindi insistono anche spesso sugli stessi comuni in cui ci sono altri reparti dell'arma forestale. Il raggruppamento CITES si occupa dei controlli del commercio della flora e della fauna minacciati di estinzione della Convenzione CITES e del traffico illegale di legname e ha un reparto operativo con due distaccamenti su Fiumicino e Civitavecchia. Inoltre, ha una componente di studio che si occupa del monitoraggio delle foreste, dell'inventario forestale e il controllo degli ecosistemi forestali.
  Il Comando Carabinieri per la tutela forestale è la rete operativa che abbiamo sul territorio, sulle 14 regioni a statuto ordinario con 83 gruppi presso i comandi provinciali, una rete di 788 stazioni sul Pag. 5territorio, i nuclei investigativi di polizia ambientale e agroalimentare denominati NIPAF (Nucleo investigativo di Polizia ambientale e agroalimentare, che sono di ausilio anche alla polizia giudiziaria e dell'autorità giudiziaria sul territorio e un NIAB, ovvero il Nucleo informativo antincendio boschivo. Il Comando che una totalità di forza di più di 4 mila uomini.
  Il Comando per la tutela ambientale e la transizione ecologica – di più recente denominazione – può contare su una forza di 400 militari che operano a livello centrale su tre gruppi che sono Milano, Roma e Napoli, e 29 nuclei ecologici. A questo momento è già in fieri un incremento dell'organico di questo reparto per renderlo più efficace nella sua azione investigativa in materia di crimini ambientali sia in ambito nazionale che internazionale. La forza di incremento è un organico di 50 uomini, di cui 25 vengono tratti dall'organico dell'Arma dei carabinieri e 25 in extra-organico. Questo comporterà anche la conseguente ristrutturazione dei reparti, con due gruppi in più, Venezia e Palermo e due NOE (Nucleo operativo ecologico) a Latina e a Caltanissetta, passando così da tre a cinque gruppi e da 29 a 31 nuclei operativi ecologici. I compiti sono quelli istituzionali sulla vigilanza, sulla repressione delle violazioni compiute in danno dell'assetto ambientale, con particolare riguardo alle attività illegali connesse al ciclo dei rifiuti. Anche in questo reparto altamente specializzato sono importanti i risultati e le analisi che contribuisco a dare alle istituzioni e al Paese, poiché sono molto approfonditi e dettagliati, descrivendo i trend su quelli che sono i fenomeni criminali sul territorio.
  Il Comando per la tutela agroalimentare, invece, concorre in attività di prevenzione e repressione nel settore agroalimentare, sulle violazioni delle etichettature, della tracciabilità del made in Italy ed è un reparto che opera al centro con un reparto operativo e cinque reparti sul territorio: Torino, Parma, Roma, Salerno e Messina. Inoltre, ha una forza di 140 militari.
  Questa direttrice operativa dei provvedimenti di riorganizzazione che l'Arma dei carabinieri ha voluto per il suo comparto di specialità, inserendo anche quelli del Corpo forestale, contribuendo anche con i comandi di specialità della tutela, della salute e del lavoro, hanno consentito in questi ultimi tempi di portare un risultato operativo di tutto rilievo.
  Mi preme sottolineare che tra i controlli effettuati e i reati perseguiti gli illeciti amministrativi accertati dal 2017 al 2020 si evidenzia un trend più che positivo. Per noi questo trend è desumibile da una procedura di rilevazione dati che si chiama «RILPOL» (rilevazione dati di polizia) che era già utilizzata dal Corpo forestale dello Stato e che noi abbiamo mantenuto, perché ha un bagaglio di risorse per poter fare dei riferimenti con gli anni precedenti antecedenti al 2017.
  Per dare il significato di quella che è l'attività operativa nella mia relazione, siamo scesi anche nel dettaglio con statistiche e grafici che fanno evidenziare l'andamento crescente, anche nel periodo della pandemia, dove la flessione è stata relativamente bassa, perché è stata del 5,6 per cento. Possiamo comunque dire che è un'attività più che soddisfacente.
  Per dare un significato, al di là della relazione che è stata già presentata con tutte le attività svolte sul territorio e i reati perseguiti, richiamo l'attenzione su qualche operazione più importante che è stata svolta in questo ultimo periodo, anche in fase di pandemia.
  In primo luogo, vi è l'operazione sul bacino idrografico del Sarno. Al termine del primo lockdown è stata intrapresa senza interruzione una complessa indagine di controlli su questo territorio per l'abbandono di rifiuti illeciti, per gli sversamenti da parte delle imprese operanti nell'area del bacino idrografico del Sarno e dei due torrenti di Solofrana e di Cavaiola. Complessivamente alla fine del lockdown i Carabinieri dei citati reparti dell'area del Sarno hanno controllato 235 attività produttive, hanno denunciato 107 persone, effettuato 40 sequestri ed elevato 457 sanzioni. Le principali violazioni sono sempre quelle ricorrenti come l'attivazione di scarico non autorizzato in corpo idrico superficiale, il Pag. 6superamento dei limiti tabellari delle acque di scarico in corpo idrico superficiale e la gestione illecita dei rifiuti.
  Con questa operazione abbiamo anche esteso il raggio di azione sull'area domitio-flegrea. Nello stesso periodo, sulla strada tracciata da questo contrasto sull'inquinamento del fiume Sarno, è stata condotta anche un'indagine di monitoraggio di tutte le attività che si svolgono sul territorio. Queste indagini hanno consentito di evidenziare come ancora una volta sono solite e rilevanti le carenze del sistema sanzionatorio che per i presunti eco-criminali prevede sanzioni di carattere amministrativo per violazione solo all'apparenza formali, ma che potrebbero nascondere o essere l'inizio di attività criminali ben più complesse. L'attività aveva avuto inizio dal monitoraggio delle principali attività produttive. Gli accertamenti condotti e i primi esiti analitici hanno permesso di individuarne le cause con l'inquinamento del corso d'acqua che sono riconducibili agli scarichi dei reflui industriali effettuati illegalmente dalle aziende, dagli scarichi di acque meteoriche di dilavamento che in generale sono provenienti dai piazzali esterni delle attività industriali.
  Un'altra operazione importante iniziata nel 2018 che si è conclusa pochi giorni fa nelle regioni della Toscana, dell'Umbria e della Calabria è l'operazione Keu, il cui nome proviene dal nome dell'artefice finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti di concia di pelli, un fenomeno che, purtroppo, sta avendo una rilevanza su tutto il territorio. Anche in questo caso i risultati sono stati operativi e sono ancora oggetto di definizione dell'indagine.
  Per citare un'operazione del Comando agroalimentare, vi è l'indagine sulla commercializzazione fraudolenta delle conserve di pomodoro del gruppo Petti che ha portato al sequestro di tonnellate di prodotto utilizzato in maniera impropria, in quanto venivano usati concentrati di pomodoro estero miscelato con dosi di semilavorato di prodotto italiano.
  Insieme alla sinergia dei reparti in queste attività, vi è stato anche l'ausilio degli strumenti che l'Arma intende indirizzare, ovvero l'uso dei droni e dei satelliti. L'Arma sta puntando su questo grazie anche alla capacità del nostro Reparto informativo antincendi che con la campagna estiva antincendi di quest'anno ha in programma di mettere in atto anche l'uso dei satelliti.
  Abbiamo una cooperazione con il programma Copernicus dell'Unione europea, che ci ha reso disponibile gratuitamente le immagini del satellite Sentinel-2 ad alta risoluzione. I satelliti ci consentiranno di fare una repertazione più approfondita, che si unisce a quella tecnica che fanno i nostri reparti sul territorio, così ci consentirà anche di poter fare un monitoraggio completo non solo per prevenire gli incendi, ma anche per individuare il punto di insorgenza dell'incendio, un compito della polizia giudiziaria.
  Il CUFA si avvale anche in questo della collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche, dell'università della Sapienza di Roma, degli assetti satellitari SAR (synthetic aperture radar) e ottici messi a disposizione dello Stato Maggiore Difesa. Sarà un progetto che naturalmente potrà avere ulteriori sviluppi anche per il monitoraggio e il controllo del territorio per i danni ambientali che lo stesso territorio può patire, al di là degli incendi.
  Per quanto riguarda le forme di potenzialità dell'educazione ambientale, il CUFA dà particolare importanza a questo argomento, perché dobbiamo ricordare che, oltre alle tecnologie, l'educazione alla legalità ambientale è un'altra arma molto importante. Questa è una delle priorità dei Carabinieri del raggruppamento forestale che organizza degli incontri con gli studenti presso le scuole e attuando anche dei progetti che sono in campo già da qualche mese.
  Ad esempio, abbiamo il progetto Alberi per il Futuro con la messa a dimora di circa 50 mila piante in tre anni. Abbiamo coinvolto in questo progetto le scuole e gli studenti che ne cureranno sia la messa a dimora che il processo di crescita di questi alberi attraverso un sistema di monitoraggio che si avvale anche di un algoritmo che verrà messo al più presto in atto, così i Pag. 7ragazzi potranno anche seguire la sua evoluzione e misurare anche il trattenimento della CO2. In questi tre anni si calcola una stima di 38 milioni di trattenimento di CO2. Sono piccoli passi, perché penso che agire e pensare localmente sia lo slogan che ci dobbiamo imporre per poter fare qualcosa di concreto. Oggi abbiamo circa un bacino di utente di un milione di studenti già contattati.
  In questo si inserisce l'Albero di Falcone, un progetto di messa a dimora di alcune piantine che sono state estratte in questi giorni dall'albero di Falcone e che sono state curate dai nostri centri di recupero che sono in Veneto e in Toscana. Penso che anche questo sia un segnale importante sia per le generazioni e per le scuole che sono intitolate a Falcone, che già hanno chiesto di avere la messa a dimora di queste piante, sia per altri istituti che lo vorranno. È chiaro che si tratta di un segnale simbolico dell'impegno sociale e del sacrificio anche verso lo Stato.
  Abbiamo un progetto LIFE ESC 360 che coinvolge 360 giovani volontari di tutta Europa dai 18 ai 30 anni che nel mese di autunno verranno nelle nostre riserve naturali e svolgeranno l'attività di monitoraggio, che è uno strumento indispensabile per capire anche la conservazione delle popolazioni di specie che sono interessate in questi territori.
  In tutto questo inserisco anche l'opera meritoria del commissario unico della gestione delle bonifiche che sono state in parte bonificate. Su questo c'è il contributo anche dell'Arma del CUFA territoriale, trattandosi di un'operazione delicata e importante che dimostra quanto sia delicato e quanto sia emergente questo fenomeno delle discariche abusive. Infatti, vi sono aziende che non gestiscono correttamente i rifiuti, spedizioni transfrontaliere criminali e mezzi di trasporto di rifiuti che non sono correttamente identificati. Su questo abbiamo anche molteplici segnalazioni e interventi quotidiani su richiesta di interventi delle forze dell'ordine.
  La cooperazione internazionale è un altro momento importante della attività del CUFA. Nonostante il periodo emergenziale dal punto di vista sanitario, è stato dato impulso alla cooperazione internazionale, moltiplicando gli scambi multilaterali con le autorità di polizia e con quelle giudiziarie, rafforzando il partenariato sempre nel quadro di una azione di monitoraggio e di prevenzione e di repressione dei traffici illeciti.
  Le fonti di finanziamento dei grandi sodalizi criminali come gli interessi transnazionali si stanno spostando sempre più verso i reati ambientali rispetto ai traffici illeciti internazionali tradizionali, atteso che il rischio è considerato minore e i profitti sono sicuramente di livello maggiore.
  Ad oggi non vi è una definizione accettata da tutti per quanto riguarda il danno ambientale. Al fine di arginare questa incertezza la normativa è stata vista anche dalle organizzazioni dell'Interpol, dell'Europol e dell'UNEP, le quali hanno concordato che il termine di crimine ambientale possa essere utilizzato per identificare quelle attività illegali che danneggiano l'ambiente da cui individui, gruppi o società traggono beneficio, lo sfruttamento, il danneggiamento, il commercio e il furto di risorse naturali compresi, ma non limitati a reati gravi e a crimini organizzati transnazionali. In altre parole, ciò che oggi può costituire un reato in un Paese non lo è necessariamente in un altro e questo indebolisce inevitabilmente l'efficacia delle sanzioni.
  Occorre perfezionare nuovi e più efficaci meccanismi che inducano gli Stati ad adottare precise sinergie e strategie ambientali nazionali in materia di criminalità organizzata e ambientale. Attualmente il CUFA ha rapporti proficui con alcuni Paesi dell'Europa orientale come la Bulgaria, la Slovenia, la Croazia, l'Ungheria, la Romania, la Lettonia e il Portogallo nonché con i collaterali Paesi europei nell'ambito delle reti di specializzazione del contrasto ai crimini ambientali.
  Per concludere, l'Arma dei carabinieri sta profondendo uno sforzo organizzativo straordinario per favorire una risposta sinergica e integrata di tutte le componenti del nuovo strumento di contrasto delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e Pag. 8agli illeciti ambientali ad esse correlate. I diversi rapporti di analisi consentono di evidenziare una progressiva e rapida evoluzione delle condotte illecite, a conferma che il dato che le stesse siano divenute soprattutto nella materia della gestione illecita dei rifiuti è espressione di precise strategie imprenditoriali che producono danni rilevanti spesso irreversibili per gli ecosistemi, costituendo un pericolo per la salute pubblica.
  Negli anni all'evoluzione criminale si è contrapposta una qualificatissima attività di contrasto da parte della magistratura e delle forze dell'ordine con azioni di polizia di profondità, sostenuta dalle tecnologie dei satelliti e dei droni che hanno consentito di individuare organizzazioni criminali, nuove metodologie del malaffare, rotte dei traffici, indicando al potere legislativo gli importanti aggiornamenti nel corpo normativo di settore.
  La criminalità ambientale diffusa rappresenta, quindi, un grave pericolo sia per la salute dei cittadini sia per gli ecosistemi. L'errore che più spesso si compie è quello di considerare che tutto questo sia esclusivamente un problema della polizia, ma a mio avviso non è così. È necessario pretendere che ci sia una vera e propria coscienza collettiva della società civile, accompagnata da adeguate politiche di informazione e di formazione. Pensare che cambiare i singoli comportamenti migliorerà il sistema non basta, perché abbiamo raggiunto una soglia in ambito ambientale per la quale lo sforzo individuale non è più sufficiente. Per questo motivo occorre un assetto funzionale, un coordinamento, un'ottima legislazione e una coalizione salda tra il singolo e la società e i processi produttivi.
  Stiamo ponendo l'attenzione sullo smaltimento dei rifiuti e sulla fine del processo produttivo. Passata questa pandemia, forse sarà il momento di porre maggiore attenzione anche sull'inizio di questo processo affinché si crei una sinergia tra tecnologia e natura.
  Penso che il nostro Paese e l'Arma dei carabinieri, per ciò che riguarda l'odierna relazione, siano sulla giusta strada, sulla strada che si ha in animo di seguire e di perseguire con grande determinazione e con passione civile in un settore che è molto importante e che certamente merita tutta l'attenzione.
  Lascerei la parola al generale Maurizio Ferla che andrà nel dettaglio attraverso il monitoraggio di quelle che sono le criticità dal punto di vista ambientale del traffico illecito dei rifiuti.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. È la seconda volta che sono audito in Commissione. Vi premetto che, purtroppo, per il ruolo che ho e per l'incarico che svolgo, non ho da darvi buone notizie. Evidentemente mi sono rimaste in mano solo «le cose brutte».
  Ho compreso anche il taglio che ha voluto dare il Presidente rispetto ai traffici illeciti e ai traffici paralleli di cui parleremo, però voglio anche premettere che questa situazione che avviene in varie metropoli di svuota cantine o di gente che va, prende, rivende o abbandona e quant'altro, è un gravissimo problema non solo sotto il profilo della tutela ambientale, ma anche dell'ordine e della sicurezza pubblica. Tuttavia, il caso vuole – almeno per quello che ne sappiamo – che queste cose avvengono in quelle città dove il ciclo dei rifiuti e dei solidi urbani, della capacità di raccogliere gli ingombranti e di ricevere i RAEE è obiettivamente messa male.
  La premessa che devo fare prima di andare nel dettaglio della mia relazione è doverosa per ricordare a me stesso che in questo teatro operativo che è sotto l'occhio del Comando per la tutela ambientale e la transizione ecologica operano diversi soggetti, che vanno da quello che potremmo definire il delinquente comune e che attraversano tutto l'arco per passare alla criminalità organizzata di stampo mafioso e a gruppi imprenditoriali strutturati fortemente appoggiati sotto ogni profilo da importanti consulenti tecnici e di natura giuridica.
  Lo scopo è variegato: chi raccoglie e chi svuota cantine cerca di trarre mezzi di sussistenza, altri cercano di conseguire maggiori guadagni evitando gli oneri di un ciclo legale e lecito dei rifiuti; molti altri cercano di mantenere concorrenziale il loro prodotto Pag. 9 sul mercato, perché se si è sul mercato internazionale e si deve far riflettere il costo dello smaltimento lecito sui prodotti, è chiaro che si è perdenti di fronte a un prodotto che proviene da uno Stato che non ha neppure una legislazione ambientale. Su questo non ci sono dubbi. Inoltre, credo che sia importante anche un intervento da parte dello Stato per sostenere il made in Italy e non solo.
  Questa situazione nazionale ci risulta aggravata e difficoltosa, poiché – almeno nel mio contesto, nel contesto del Comando di cui ho la responsabilità in questo momento – noi registriamo gravi carenze del quadro normativo, perché non c'è potere deterrente. Si parla di sanzioni amministrative, di reati contravvenzionali, perché la gran parte della tutela ambientale è affidata al TUA (Testo unico ambientale) e poi si arriva al Titolo VI bis, ma arriviamo un po' tardi a ipotizzare un certo tipo di delitti. È vero che la statistica dice che stiamo aumentando sempre di più nell'applicazione dal 452-bis in poi, però non è immediato, quando, invece, dovrebbe essere immediato.
  Vi sono lacune nel sistema del rilascio delle autorizzazioni e del funzionamento dei consorzi. Sto ripetendo queste cose che penso che siano note a tutti in questo contesto. Le strutture di controllo regionali che dovrebbero essere quelli che per materia hanno la primazia sono carenti, al di là di qualche ARPA (Agenzia regionale per la protezione ambientale), ma non c'è nessuno che controlla se si è in possesso di un'autorizzazione per immettere fumi o un'autorizzazione per immettere reflui. Poi arriverà il NOE, arriveranno i colleghi forestali e qualche corpo di polizia municipale, però intanto si va avanti con un 318 e le prescrizioni asseverate e si continua tranquillamente a fare quello che si vuole.
  Nel caso del Sarno a cui faceva riferimento il mio Comandante, il salto di qualità è avvenuto di concerto con tre procure e si è trattato di arrivare ai sequestri preventivi per coloro che avevano una reiterata attività illecita a costo di mettere a rischio l'occupazione, perché altrimenti si paga una sanzione di 516 euro e poi passeranno quattro o cinque anni e forse qualcun altro andrà a controllare.
  Vi è anche la mancanza di impianti in grado di gestire i rifiuti. Infatti, vi sono 656 impianti in tutta Italia e la gran parte concentrata al nord. Vi è l'assenza totale o parziale nel territorio di fogne, di reflui e acque nere, ma vi è anche la mancanza di collettori e, dove sono collettati o parzialmente collettati, non funziona il depuratore.
  Questa è stata la causa, ad esempio, del grande inquinamento del fiume Sarno che – come diceva il mio Comandante – vede i suoi torrenti affardellati da residui di concia, di trattamenti tessili, di trasformazione agricola o di allevamenti bovini, ma ricordo a me stesso che i reflui da allevamenti bovini e i reflui di trasformazione in cibo dei prodotti agricoli sono assimilati ai domestici e non sono reflui industriali.
  Inoltre, vi sono attività produttive in nero e chi produce in nero, evidentemente non può smaltire lecitamente.
  La mia relazione riguarderà qualche cenno sul ciclo dei rifiuti solidi urbani, su cui non devo dire tanto, sennonché la prassi investigativa dimostra come il traffico illecito dei rifiuti rientri normalmente in deliberate scelte che le imprese adottano al fine di acquisire maggiore profitto. Peraltro, è il produttore del rifiuto a decidere il CER (catalogo europeo dei rifiuti) che deve mettere e questa mi sembra una cosa su cui fare un intervento. Questa è anche una posizione di vantaggio, perché chiaramente non smaltendo lecitamente, si guadagna.
  In questo panorama ciò che le indagini ci indicano in qualsiasi tipo di traffico illecito di rifiuti è che spunta l'intermediario e il procacciatore di affari, i quali sono soggetti autorizzati regolarmente a trattare rifiuti, facendo opera di brokeraggio, perché comprano e vendono. Inoltre, attraverso di loro si snoda il traffico illecito dei rifiuti, perché i rifiuti solidi urbani vengono raccolti sulla base di una attività lecita. Vi è una ditta si è aggiudicata l'appalto, un'altra azienda che ha un po' di impianti si fa conferire questi rifiuti previo pagamento e così ha inizio un sistema di intermediari finanziari fino a quando non si trova quello Pag. 10che ti libera, gli si dà 100 euro a tonnellata – che è molto più conveniente di affrontare l'intero ciclo e magari conferire i termovalorizzatori a 250 euro a tonnellata – e poi vi è la società «fittizia» che si mette in mezzo tra, l'affitto di un capannone e l'accumulo. Tutto ciò passa attraverso questi intermediari che sono dei soggetti incontrollati che hanno penetrazioni nelle pubbliche amministrazioni, sono riconosciuti nell'ambiente del sistema come personaggi importanti e acquisiscono «meriti» nelle capacità finanziarie e di intermediazione, come se fossero dei broker finanziari.
  Certamente va segnalato che ancora oggi sono gravi gli episodi di spandimento sui terreni di sostanze spacciate per fertilizzanti, d'immissione dei cicli produttivi e cementifici di rifiuti consistenti in fanghi industriali, d'impiego di rifiuti pericolosi provenienti anche dalle attività di bonifica o da demolizioni, di interramento e di abbandono del suolo delle acque di superficie di rifiuti speciali, di invio di rifiuti pericolosi in impianti autorizzati a smaltire solo quelli non pericolosi. Inoltre, abbiamo ancora un grandissimo problema con l'amianto.
  I dati dell'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ci dicono che certamente abbiamo un Nord virtuoso. Infatti, la Lombardia ha uno smaltimento ridotto in discarica al 4 per cento, il Friuli-Venezia Giulia all'8 per cento, il Trentino-Alto Adige all'11 per cento, il Veneto al 14 per cento e nelle stesse regioni la raccolta differenziate è rispettivamente del 72, 67, 73, 74,7 per cento. Non è così nel resto di Italia, perché non ci sono né impianti, né si fa la differenziata a monte e né abbiamo nessun tipo di economia «circolare» sotto questo profilo.
  Che cosa facciamo? Verifichiamo i bandi – molto spesso nelle pieghe del bando c'è sempre qualche cosa che richiama chi poi la vince –, approfondiamo sulle imprese, esaminiamo le società aggiudicatarie e facciamo controlli sui loro impianti.
  Un altro settore che oggi è molto importante, visto che siamo in un momento di transizione ecologica, è quello delle energie alternative. Anche in questo caso le indagini attuali e passate dimostrano un salto di 10 intermediazioni varie e che vi sono due aziende a livello nazionale in grado – o dichiarate tali – di ridurre il pannello fotovoltaico in R4 o R5, che il pannello fotovoltaico che viene dato per morto è cancellato dalla GSE (Gestore dei servizi energetici) e viene reimmatricolato e venduto all'estero. Per ogni pannello il guadagno è stato quello che abbiamo evidenziato di circa 40 o 50 euro a pannello e sto parlando di milioni di pannelli.
  Questo non vuol dire che sia una cosa gestita dalla criminalità organizzata di stampo mafioso come il traffico dei rifiuti, perché non c'è più questo paradigma, anzi oggi la criminalità di stampo mafioso si butta sul discorso degli appalti per la raccolta, soprattutto nelle terre a tradizionale presenza mafiosa, per riciclaggio, per la gestione di borsini elettorali, per penetrare in questo modo e condizionare il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. In ogni caso, comunque, tutto questo distribuisce posti di lavoro.
  Un'altra azione particolare che facciamo per i traffici paralleli è quella di controllare le spedizioni transfrontaliere. I nostri dati non sono esaustivi di tutte le spedizioni transfrontaliere, ma danno uno spaccato importante. Perché stiamo puntando in questa direzione? Perché in realtà, al di là di qualche incendio liberatorio, la stagione degli incendi di impianti o di accumuli notevoli dentro i capannoni sta un po' passando. Abbiamo avuto di recente qualche incendio in alcuni impianti, ma sicuramente si tratta di situazioni liberatorie.
  Abbiamo un blocco completo dalla Cina e dal Sud-est asiatico, dove non possiamo portare gomme e plastiche. Infatti, abbiamo una direttiva europea che dal primo gennaio di quest'anno diminuisce ancora l'elenco dei rifiuti che si possono esportare. Tuttavia, questi rifiuti devono andare da qualche parte e prendono rotte illecite in particolare modo a livello europeo verso la Bulgaria, con cui finalmente stiamo affinando strumenti di cooperazione internazionale di polizia con squadre investigative comuni, verso il Marocco e la Tunisia, dove Pag. 11va di tutto e di più. Anche in questo caso, grazie anche alle notizie che ci arrivano dalle attività informative a livello europeo, siamo riusciti a mettere «il sale sulla coda» e a seguire questa scia.
  Attualmente in Europa e in Turchia vanno plastiche e gomme, RAEE e fanghi da depurazione, mentre in Africa e in Senegal vanno RAEE e rifiuti tessili. In Asia tutto questo è diminuito tantissimo: fino al 2017 la Cina importava all'anno 7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, mentre oggi la cifra è scesa a 100 mila, occupando così il ventesimo posto in campo internazionale con un decremento del 99 per cento. Quindi, questi rifiuti vanno da qualche parte e, se non restano in Italia, vanno in Paesi dell'Africa o di altre nazioni, con cui purtroppo non abbiamo strumenti di cooperazione internazionale di polizia. Fino a quando giochiamo in Europa, la cosa ci viene facile.
  Parlando di abbandono, essendo anche argomento dell'inchiesta, l'esempio più palese che abbiamo è quello della Terra dei fuochi. A un certo punto ci siamo anche chiesti perché alcuni accumuli si bruciano e altri no. Così, con un lavoro molto paziente siamo andati a vedere di caratterizzare tutti i roghi accaduti nel 2019 e, laddove abbiamo avuto questi dati, siamo riusciti a ricostruire e anche a mappare una serie di itinerari geografici, dove in alcuni c'è una prevalenza di tessili e pellame, in altri di pneumatici, in altri di rifiuti plastici e imballaggi industriali, in altri rifiuti da demolizione, in altri ingombranti e in genere RAEE. Questo lo abbiamo evidenziato sul terreno, per cui abbiamo iniziato a fare i controlli sulla filiera delle conce e quindi ci siamo fatti mandare tutte le importazioni sul porto di Napoli in 12 mesi di pellame. Attraverso tutta una serie di criteri di analisi siamo riusciti ad arrivare ai più grandi importatori e lì siamo andati a visitare. I più grandi importatori erano otto: quattro li abbiamo sanzionati, perché non trattavano i rifiuti di conce così come previsto, mentre gli altri quattro erano rivenditori che a loro volta avevano dato queste pelli ad altri, che a loro volta le avevano date ad altri e così via. Fino a questo momento non siamo riusciti ad avere contezza – in questi giorni i controlli saranno ulteriormente rinforzati – di un chilo di scarto di conce che è stato smaltito regolarmente.
  Qui stiamo parlando certamente della camorra, di chi ci sta dietro, della non camorra, ma sta di fatto che stiamo parlando di opifici completamente in nero che sono stati sequestrati o di attività legali che, avvalendosi di manovalanza in nero, alimentano un determinato tipo di circuiti. Il rogo scoppia e dove si arriva subito, si riesce a capire da dove è stato prodotto il rifiuto, ma se invece si riesce a far fare al camion una cinquantina di chilometri, si buttano i rifiuti, si va via e non occorre bruciare nulla.
  Il contrasto nella Terra dei fuochi per il tessile, per le conce e per altre situazioni va fatto prevalentemente sulle attività abusive, come la demolizione. È chiaro che si ristruttura uno stabile, si toglie l'amianto, lo si prende e lo si butta in strada. Tuttavia, allo stato attuale abbiamo la possibilità di trarre in arresto in flagranza di reato una persona che brucia un cassonetto, mentre credo che la sanzione per chi tira giù un camion di amianto in mezzo a una campagna sia di 2.600 euro e una denuncia a piede libero.
  Ad esempio, molto spesso ci capita di andare in conce che lavorano e trovare il cortile pieno di scarti. Naturalmente si controlla il MUDA (modello unico di dichiarazione ambientale), che è in bianco e, quindi, gli si dà subito intimazione. Il MUDA viene poi compilato, però nessuno sa che cosa sia successo prima. Inoltre, il MUDA poi può essere fatto, o deve essere fatto, solo da aziende che hanno dai dieci operai in su. Se poi io ne ho quattro a libretto e dieci in nero, va bene, sono i quattro a libretto che mi contano per non fare il MUDA. E c'è qualcosa che non mi torna, perché comunque la sanzione è di 516 euro.
  Penso che davanti a queste cose, e visto l'ammasso di miliardi che sta arrivando con il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), su questa legislazione qualcuno ci deve anche meditare. Già noi abbiamo fatto molte proposte; poi sapevo che c'era Pag. 12pure un DDL, «Terra mia», che non ha avuto nessuna fortuna, in cui ce n'erano alcune. Però, in sostanza, abbiamo la necessità di creare maggiore e seria deterrenza perché, se il delitto colposo decrementa la pena e i ravvedimenti previsti o nella norma penale o nella norma amministrativa si largheggiano, è chiaro che stiamo riducendo ancora quella deterrenza di cui avremo bisogno.
  Mi sembrerebbe il caso che una certa serie di fatti che accadono siano ritenuti sintomatici di ben più gravi comportamenti, come prima sottolineava il signor generale Marzo. Se troviamo un autosnodato, carico di rifiuti, non essendo iscritto neppure all'albo dei trasportatori, mi pare che stiamo parlando di traffico illecito; ma non posso parlare di traffico illecito, perché io debbo comunque vedere se per caso ci sono attività organizzate per il traffico illecito.
  Così come per l'inquinamento ho bisogno di 50 analisi prima e dopo da parte dell'ARPA. Così come per il disastro ambientale debbo andare a vedere qual era prima la situazione dell'ecosistema, su cui ancora nessuno ci ha chiarito bene di che si tratta (almeno a livello penale, per l'amor di Dio). Solo dopo posso parlare di disastro ambientale, purché il fatto non rientri ex articolo 434, che è anche una norma che non abbiamo ben capito, perché se si dice «fuori dalle ipotesi dell'articolo 434», vuol dire che il pubblico ministero prima di rubricare il 452-quater deve vedere se per caso questo non è un disastro innominato e non sarebbe il caso che lo togliamo.
  Così come prevedere molte lesioni, a seguito non solo di inquinamento ma anche di disastro ambientale, è una lacuna che va colmata. Così come tanti comportamenti che sarebbero utili ad accedere immediatamente, perché se troviamo un capannone con 2.500 tonnellate di rifiuti stoccati e capiamo subito che il 40 per cento sono ecoballe che vengono dalla seconda crisi di rifiuti in Campania, se non dalla prima, e gli altri sono rifiuti imballaggi industriali, è chiaro che da soli lì non ci saranno arrivati; qualcuno ce li avrà portati.
  Eppure, è impossibile trovare subito una condizione in campo nazionale che faccia dovere a chi deve rubricare questo reato di rubricarlo come traffico illecito. Invece, qualcuno dice: «No, questo è uno stoccaggio abusivo, partiamo dall'ipotesi di stoccaggio abusivo». E l'indagine non finisce in distrettuale; non ha quel respiro nazionale o internazionale, in questi casi, che dovrebbe avere.
  Per non parlare poi del fatto che, se si parla di accelerare le procedure di aggiudicazione per mandare avanti il più in fretta possibile i progetti del Recovery Fund, forse è il caso che allarghiamo – visto che non è stato fatto nel recente passato – le ipotesi di irresponsabilità amministrativa degli enti, per esempio prevedendo l'incapacità a contrarre e implementando questa fattispecie con i delitti di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, con l'astensione dagli incanti, con il trasferimento fraudolento di beni, con la ricettazione, il riciclaggio e il 648-ter, autoriciclaggio.
  Sarebbe il caso di ampliare questa fattispecie, così come per determinare la responsabilità amministrativa degli enti ci servirebbe molto avere anche l'allargamento alla turbata libertà dagli incanti e al 353-bis, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, e 354, astensione dagli incanti. La legge dovrebbe consentircelo, quanto meno in questi casi, perché è giusto che se qualcuno vince un appalto e ha turbato gli incanti gli andiamo anche ad applicare le sanzioni previste dalla 231. Grazie, ho finito. Sono a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Innanzitutto si sta aggiungendo gente, perché siamo un po' in ritardo e dopo dobbiamo anche votare. Non so se per motivi di sicurezza o per la capacità dei posti, prego chi non è strettamente necessario nell'audizione, anche gli accompagnatori degli auditi, se possono eventualmente distanziarsi. Si era prenotato il senatore Briziarelli.

  LUCA BRIZIARELLI. Per ragioni di tempo, dovrei eliminare i ringraziamenti e Pag. 13il plauso, ma non sarebbe cortese e corretto, quindi li considero estesi. Solo per questo non mi dilungo a sottolineare tutti gli aspetti che ci avete fornito. Io mi limito a tre domande specifiche. Gran parte sono le sottolineature – visto che già ci è stata segnalata la necessità di interventi legislativi – della necessità del potenziamento della dotazione organica, senza abbassare la qualità e senza snaturare la funzione.
  Prima domanda. Si faceva riferimento all'aumento in un contingente di 50 unità che produrrà un vantaggio. Sono quelle che il precedente Ministro Costa aveva disposto per la terra dei fuochi.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. Con il decreto «Milleproroghe» dello scorso anno.

  LUCA BRIZIARELLI. Ma che, mi pare di capire, avranno un effetto positivo a trascinamento anche sulla Sicilia, perché si faceva anche riferimento a Caltanissetta. Di fronte anche alle sottolineature della magistratura, noi avevamo chiesto e presentato una mozione per un potenziamento ulteriore di 50 unità. Tra l'altro, c'era stato un confronto anche con l'Arma su questo, con le stesse tipologie, e quindi volevamo capire se potesse essere utile, anche rispetto a quello che è emerso, una cosa di questo tipo.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. Assolutamente.

  LUCA BRIZIARELLI. Seconda questione, mi riferisco in particolare a quanto in relazione ci avete anticipato relativamente al gruppo che segue rispetto alla CITES. A pagina 3 e seguenti si fa riferimento all'azione in questo senso relativamente alla tutela del benessere animale, al controllo delle zoomafie, quindi il commercio illecito e tutto. Immagino voi sappiate e siate informati del testo che è stato approvato in via definitiva con la legge di delegazione europea e in special modo dell'articolo 14, lettera Q, che dà delega al Governo di introdurre un divieto specifico e assoluto di importazione, conservazione e commercio di qualsiasi specie esotica, quindi non quelle protette e quant'altro.
  Ora, pur essendo una delega al Governo, si è scatenata una comunicazione per cui alcune associazioni hanno impropriamente e improvvidamente dichiarato: «Da oggi è vietato commercio e ritenzione», e ci sono arrivate segnalazioni in questo senso di abbandoni di esemplari, con rischio anche per gli habitat e le biodiversità. Già abbiamo avuto alcuni casi del genere negli anni scorsi e quindi c'è un problema, oltre a una disdetta di ordini da parte del canale lecito del commercio.
  Mi permettevo di attenzionare questa cosa per comprendere se magari – è questione di questi giorni – ci siano segnalazioni in questo senso, perché sono milioni di esemplari presenti attualmente che nell'incertezza potrebbero essere anche dispersi nell'ambiente. Volevo sapere se su questo ci siano già segnalazioni o se ci siano indicazioni, perché una regolamentazione specifica permetterebbe di fornire elementi, viceversa eventualmente si capirebbe se un'incertezza di questo tipo, a vostro giudizio, se non debitamente corretta, potesse essere un inciampo invece che un vantaggio.
  Terza domanda, è di questi giorni. Il comandante si è soffermato in maniera particolare su questo e gli va il plauso. Mi riferisco all'operazione che ha riguardato la Toscana, in particolare per il settore di conceria. Nella relazione si fa però riferimento, di fatto, a un coinvolgimento molto più esteso e molto più ampio relativamente al trattamento, perché al di là di Crotone, Terni, Perugia, sono parecchie le località coinvolte e quindi di fatto è su scala nazionale, un po' come quell'importante operazione che avevate segnalato sui pannelli fotovoltaici, che partivano da una regione ma ne comprendevano varie, e poi si irradiavano purtroppo negativamente su tutto il territorio.
  Da questo punto di vista, e anche in considerazione del passaggio che faceva su questa sorta di broker che di fatto fanno da intermediari, la catena si allunga e diventa difficile. Su questo, la modifica eventualmente Pag. 14 legislativa per poter consentire di attaccare tutti gli anelli della catena, e non solo questo, è l'unica strada da perseguire? O si potrebbe anche lavorare, considerando che sono molte le località lì intorno a livelli di terreni, su una dotazione sul piano strumentale, oltre che di dotazione, per verificare e poter agire sulle zone su cui formalmente si scaricano poi i fanghi? Quindi da un lato trasporti, diffusione e filiera, ma dall'altra parte possiamo fare qualcosa in più anche sui punti specifici sul piano delle analisi, del sequestro e dell'eventuale successivo avvio per bonifica, esproprio e utilizzo dei terreni?

  ANTONIO PIETRO MARZO, Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. Assolutamente al momento non ci risultano. Volevo rassicurare che noi stiamo già programmando la progettazione di un unico centro per il recupero degli animali esotici confiscati. Attualmente abbiamo dieci centri per il recupero degli animali. Adesso, con lo stanziamento che è stato fatto e con i tempi tecnici per poter adeguare questo unico centro che si avvarrà di ben otto sottocentri, con le varie tipologie di animali da poter custodire, sono oggetto di confisca, non di sequestro, sebbene oggi cerchiamo di prendere a tutela anche quelli che sono sequestrati nelle possibilità che ci vengono consentite. Però non mi risultano episodi del genere, almeno fino ad oggi. Starò attento anche a questo. Riferirò se c'è qualche segnalazione su questo tipo di problema.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. Per quanto riguarda la prima domanda certamente sì, aspettiamo questo potenziamento anche per le regioni Calabria e Sicilia, perché credo che questa cosa fosse stata presentata per questo. A proposito del potenziamento del reparto, al di là di quelle che sono le sue mansioni esecutive, il mio comandante sottolineava l'attività info-operativa finalizzata all'analisi dei fenomeni che il mio reparto cura, e lo cura per il comparto, per l'Arma e anche per le Autorità centrali. Questi uomini in più ci servirebbero anche per questo, in un momento in cui sta arrivando una pioggia di miliardi sul settore.
  Terza questione. L'aggressione più importante che noi possiamo fare sulla filiera è quella di tipo patrimoniale, fuori da ogni dubbio; soprattutto addosso agli intermediari, i quali si tengono ben distanti dall'avere imprese, società e quant'altro, ma i conti in banca sì. L'apprensione patrimoniale deve essere ispirata alla monosoggettività. Il testo unico ripete: 416, 452-quaterdecies. Da tre anni stiamo chiedendo – c'è anche inserito nel disegno di legge «Terra mia» – di fare propria, a norma di legge, l'interpretazione della Cassazione che consente l'apprensione patrimoniale con il 452-quaterdecies in ipotesi monosoggettiva, perché noi non riusciremo mai a dimostrare che tra chi ha fatto l'intermediario del trattamento di concia da Firenze e quello che lo è andato a mettere sotto una strada c'è un collegamento. Ci sono nove, sette, otto, sei passaggi. Non c'è associazione per delinquere, non la contesteremo mai. Potremo contestare, a volte, come è successo a Firenze, l'aggravante di cui all'articolo 7 per il metodo, anche perché io sono contiguo a una cosca, poi ti pago anche una stecca, una tangente, perché così posso fare pure quello che tu 'ndrina pensi che quello è il tuo territorio. Io mi posso interessare di queste cose. Un personaggio che ha il 416-bis nel senso aggravante in quell'indagine è uno che ha una storia di traffico illecito di rifiuti da vent'anni, quando ancora non era reato. Questo sarebbe già tanto, oltre agli altri suggerimenti che mi sono permesso di dare.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie davvero per l'audizione, per il materiale e per tutto quello che avete fatto e state facendo. So che adesso abbiamo poco tempo, però intanto la ringrazio perché nel materiale ci sono già un po' di risposte. Però non c'è più il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), e mi risulta che non c'è più il MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) per le terre da rocce da scavo. Le chiedo se ci può dare qualche spunto per migliorare la tracciabilità dei rifiuti, Pag. 15anche perché a breve qualcosa dovrà essere creato al posto del SISTRI.
  Lei ha parlato giustamente dell'economia, dei soldi. Adesso con il PNRR abbiamo un grosso rischio, tra i tanti rischi che io vedo. Lei ha citato la concia. In Lombardia, per esempio, noi abbiamo gli scarti di conce e pelli trasformati, idrolizzati proteici animali e buttati negli impianti di bioenergia. Le chiedo se sia possibile capire come tarare questi incentivi. Poi addirittura ci sarà un incentivo doppio, perché uno può smaltire gli scarti di concia e in più beccarsi l'incentivo se produce, magari, meno energia di quella che gli serve per portare i rifiuti all'impianto. Magari si possono togliere incentivi quando la filiera è più lunga. Mi risulta che gli studi scientifici dicono che sopra ai 15 chilometri di filiera l'energia in uscita è minore – qualsiasi sia, biogas o biometano – rispetto a quella in entrata. Secondo me, ed è un aspetto che poi sottoporrò anche alla Guardia di finanza, è una truffa colossale se non si mette un minimo di criterio.
  Le ultime due cose. In realtà la pandemia ha ridotto i rifiuti. Io ho letto nel vostro documento di questa capacità impiantistica in alcuni casi un po' ridotta, però dai dati ISPRA risultano 5 milioni di tonnellate di capacità residua degli inceneritori, quindi un terzo. Adesso ci sarà il Piano nazionale della gestione dei rifiuti. Chiedo a tutti di fare attenzione, perché gli impianti che mancano sono specifici, sennò si passa a costruire impianti ovunque.
  Si parla adesso di ulteriori spostamenti di competenze da un Ministero all'altro per quanto riguarda il Comando delle unità forestali (CUFA). Si pensa di metterlo sotto il Ministero della transizione ecologica. Io sarei assolutamente contrario, perché eventualmente sono da rinforzare alcune cose; però chiedo di fare un commento su questo, se volete.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. Per quanto riguarda il SISTRI, noi sappiamo che in questo momento si sta avviando una fase sperimentale, che ci sono delle società, delle ditte, che si sono dichiarate disponibili a fare questa sperimentazione. Certamente la prima versione del SISTRI era obiettivamente avveniristica rispetto a quello che si poteva fare, ed è questa la ragione per cui poi alla fine il progetto è fallito.
  Che cosa dovremmo avere per il SISTRI? Molto semplicemente, onorevole, io le dico che basta avere cognizione tempestiva del movimento dei rifiuti. Mi pare che questo sia lo scopo del SISTRI, al di là delle situazioni. Per chi deve controllare, io debbo sapere prima che questo carico si sta muovendo. Se lo vengo a sapere dopo che il carico se ne è andato, non mi serve a niente.
  In questo progetto di SISTRI che noi abbiamo visto, abbiamo avuto con il precedente Ministro «un confronto» e abbiamo dato qualche nostro suggerimento che è stato recepito, non tutto. Io penso che però in questo momento, in questa nuova versione di SISTRI, un grande limite sia la possibilità ancora per molto tempo, se non è cambiato nulla, di utilizzare il cartaceo, cioè la documentazione cartacea. Davanti al cartaceo il controllo dei trasporti si fa molto relativo.
  Per quanto riguarda il problema delle energie alternative, è una problematica molto tecnica e approfondita, e che richiede un grande approfondimento. Certamente sono d'accordo con lei quando dice che probabilmente dobbiamo vedere bene di che si tratta, perché c'è qualche cosa che magari non torna subito in questa vicenda. Poi per il resto lascio al comandante.

  ANTONIO PIETRO MARZO, Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. Per quanto riguarda l'attualità della richiesta che è stata fatta e di cui si è parlato, si tratta di ricondurre il comando CUFA nell'ambito dell'impiego funzionale, quindi di invertire l'impiego funzionale attualmente del Ministero dell'agricoltura passandolo a quello dell'ambiente. L'agricoltura, come avviene oggi per l'ambiente, si avvale del Comando Tutela forestale: sostanzialmente non cambierebbe nulla.
  D'altra parte basta fare riferimento all'articolo 7 del decreto legislativo n. 177, alla lettera C, che prevede già che tutte le funzioni che vengono attribuite al CUFA Pag. 16sono ricondotte nell'ambito del Ministero della tutela ambientale e della transizione ecologica. Anche il decreto legislativo n. 300, mi pare, del 1999, quando fissava il passaggio dell'istituzione del Ministero, prevedeva che tutte le competenze passassero sotto il Ministero dell'ambiente per tutte le problematiche e le materie ambientali.
  Volevo rassicurare, nel senso che non cambierà assolutamente nulla come dipendenza funzionale. Anzi, forse agevolerà, perché attualmente nel lavorare con il Ministero dell'ambiente la totalità dei nostri impegni è tutta ricondotta in quella materia. Ci dobbiamo avvalere di rapporti convenzionali volta per volta, cosa che invece ci faciliterebbe anche l'attività operativa. Ma nulla toglie al Ministero dell'agricoltura, del quale abbiamo un reparto per la tutela agroalimentare che rimarrebbe alle dipendenze funzionali del Ministero dell'agricoltura; e tutta la nostra attività che riconduce all'agricoltura rimarrebbe invariata come oggi, quindi si tratta solo di invertire le posizioni.

  PRESIDENTE. Tornando all'oggetto del nostro filone di inchiesta, volevo affrontare il tema dell'abbandono dei rifiuti che aveva accennato prima. Si tratta di una filiera, per carità, complessa e che quindi non si può riassumere in poco tempo. Però, soprattutto nelle grandi città, secondo me non c'è solo il problema della la carenza di impianti, che sicuramente è fondamentale. Spesso ci sono imprese e lavori a nero. Comunque sia, anche se ci fossero gli impianti, queste imprese smaltirebbero nelle vie illegali, anche solo per risparmiare soldi, perché spesso poi quando gli impianti ci sono costa smaltire.
  Noi vorremmo attenzionare e capire, sebbene le realtà siano complesse, anche la filiera per quanto riguarda sia l'abbandono dei rifiuti elettrici, sia in particolare l'attività degli svuotacantine e delle imprese che spesso prendono e buttano al primo angolo della strada. Volevo capire come si fa l'attività repressiva, perché va bene aumentare le norme e le pene, però in questo caso, che è un fenomeno anche molto locale, la gente lo percepisce molto, soprattutto nelle grandi città.
  Mi domando se c'è innanzitutto sinergia con le polizie locali, che spesso e volentieri sono quelle che hanno a che fare con queste cose; se ci sono delle difficoltà sia normative che tecniche e come si può contrastare questo fenomeno, che è molto complesso e che arriva addirittura fino ai campi rom, che smaltiscono poi quello che c'è da smaltire. In realtà, però, non sono solo i nomadi che fanno questo lavoro; essi sono la parte finale di una filiera ben complessa. A noi interessava accendere un riflettore su questo, se è possibile.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri tutela dell'ambiente. Sicuramente. Dal nostro punto di vista certo, ci sono sinergie costanti con le polizie municipali, laddove le polizie municipali hanno risorse adeguate per poter intavolare un certo tipo di situazione. Molto spesso le stazioni dell'Arma territoriali, i Carabinieri forestali, che sono più capillari di noi, si imbattono in queste situazioni. Il problema è che stare dietro il singolo che si inventa come mestiere quello di svuotare le cantine comincia a diventare difficile, perché nelle grandi città ce ne sono tanti.
  Nel recente passato noi abbiamo fatto una buona operazione di servizio con la procura distrettuale di Palermo. Un cartello di signori, avvalendosi anche di impianti già sottoposti a sequestro, faceva impresa svuotando cantine e poi abbandonando questi rifiuti in gran parte in campagna. Un fenomeno di questo tipo è aggredibile, ed è aggredibile solo con gli strumenti tradizionali dell'indagine, quindi attività di pedinamento, di controllo, anche di «monitoraggio» dello sversamento, perché ci sono momenti in cui lo dobbiamo fare sversare non potendo intervenire prima.
  Su questa situazione adesso magari, e poi le riferirò, faremo uno studio a livello nazionale dando ai NOE incarico di monitorare questo fenomeno, per capire se si tratta di situazioni di natura isolata contro cui è bene che combattiamo tutti – basta che uno lo fermi – o se ci sono situazioni di cartello o di para-associazioni, o comunque di un minimo di organizzazione. Questo è l'unico metodo. Pag. 17
  Nel momento in cui c'è un'indagine in corso per un traffico illecito di rifiuti, di quale natura essi siano, è chiaro che ci sono degli strumenti che sono completamente diversi. Nessuno di noi si sogna di andare a fermare un camion che sta andando a scaricare. In questo momento le dico che ci sono delle indagini grazie a cui abbiamo scoperto il sito di sversamento illecito, dove abbiamo messo le telecamere, dove stiamo «monitorando» il camion che arriva, butta dentro e se ne va. È chiaro che non lo fermiamo, né gli contestiamo la sanzione amministrativa, perché manderemmo a gambe per aria tutta l'indagine e quant'altro.
  Il caso isolato si ferma, si controlla, si sequestra e finisce là. Certamente si potrà profilare anche una realtà molto articolata sotto questo profilo, visto che comunque si tratta di gente che cerca di trarre mezzi di sostentamento; non sono quelli che si vanno ad arricchire, non stiamo parlando dei grandi criminali. Si organizzano, fanno finta di svuotare la cantina, se ne vanno, si mettono d'accordo, hanno i loro telefonini, le loro radioline, si contendono il territorio magari in zone dove il territorio ha qualche presenza mafiosa che controlla anche questo genere di attività, e in molti altri casi a volte si tratta del singolo isolato che va, prende, butta e si è preso duecento euro dalla signora.
  Comunque le faremo sapere certamente; darò questo input ai reparti, in modo da vedere quali sono i ritorni dal territorio.

  PIETRO LOREFICE. Grazie agli auditi, sia per il lavoro che fate giornalmente, ma anche per la dettagliata relazione. Noi abbiamo avuto modo anche di avere la collaborazione delle vostre unità durante le nostre missioni in Sicilia, come quella del comandante di Agrigento, il maggiore Castronovo, ma anche di altri; non vorrei fare nomi per non fare un danno.
  Per quanto riguarda il filone che stiamo seguendo come Commissione legato ai fanghi di depurazione, in particolare alle attività di cosiddetto «spandimento» in agricoltura di fanghi e di gestati, e anche ai cosiddetti «gessi di defecazione», vi chiedo se avete delle indagini in dettaglio per questo tipo di attività e se avete riscontrato in determinate regioni un uso più o meno lecito ai sensi del famigerato ex articolo 41.

  ANTONIO PIETRO MARZO, Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. Sì, ci sono delle indagini. Riguardano i reflui, la depurazione e la destinazione finale dei fanghi da depurazione. Assolutamente sì.

  PIETRO LOREFICE. Per quanto riguarda le dotazioni di UAV (Aeromobile a pilotaggio remoto), i cosiddetti «droni», so che voi in alcuni reparti avete anche dei piccoli droni in dotazione alle unità periferiche. Volevo sapere quanti ne avete, se sono sufficienti, e se sono dotati di telecamere normali o se hanno delle multiparametriche, multispettrali, iperspettrali, per fare delle indagini anche più approfondite per l'individuazione di sversamenti, scarichi abusivi e quant'altro.

  ANTONIO PIETRO MARZO, Comandante Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. In tutti i nostri reparti abbiamo circa 20 droni, che utilizziamo per la prevenzione e la repressione degli incendi. Servono per il monitoraggio e per la perimetrazione delle aree. Poi possono servire anche per attività che vanno oltre quelle degli incendi. Naturalmente non sono dedicati alle attività di polizia giudiziaria. Nei reparti territoriali dell'Arma, nei reparti operativi, sono in dotazione. Adesso non le saprei dire sinceramente la tipologia di telecamere, ma i nostri hanno una ricognizione più reale e generica, non vanno proprio nel dettaglio. Servono per la perimetrazione delle aree. Come le ripeto, però, li abbiamo anche utilizzati in campo di polizia giudiziaria, supportando anche i reparti territoriali.
  Su questo adesso c'è un programma con il servizio aereo del Comando generale per acquisirne altri di nuova generazione, che sono molto più piccoli. Non mi azzardo a dare indicazioni perché non sono molto addentro sulle tecnologie, ma sono un qualcosa di innovativo che il Comando generale sta approvvigionando. Quindi si rafforzerà Pag. 18ulteriormente questo sistema di repressione e anche di prevenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Non ci sono altre richieste di intervento dichiaro conclusa l'audizione.

Seguito della proposta di relazione sul SIN Venezia – Porto Marghera e sui dragaggi dei grandi canali di navigazione portuale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione sul SIN di Venezia – Porto Marghera e sui dragaggi dei grandi canali di navigazione portuale.
  Ricordo che nella seduta del 7 aprile del 2021 era stata presentata da me e dagli altri relatori una proposta di relazione, in ordine alla quale sono state trasmesse osservazioni e proposte di modifica, alcune delle quali sono state recepite nel testo che è stato poi trasmesso ai componenti della Commissione. Avverto pertanto che porrò direttamente in votazione il testo della proposta di relazione come modificata.
  Innanzitutto volevo ringraziare i relatori, in particolare adesso è presente qui l'onorevole Potenti. Volevo ringraziare il nostro magistrato Francesco Castellano. Si tratta di una relazione di un argomento molto complesso e difficile come il SIN di Venezia, compreso anche il lato dell'aspetto dei dragaggi. È la prima volta che la Commissione affronta questo tema. Vi ricordo che abbiamo un filone di inchiesta apposito su questo, però Venezia è molto importante e quindi abbiamo deciso di scorporare e di integrare con il sito di interesse nazionale.
  Se ci sono proposte e richieste di dichiarazioni di voto, alzate la mano. Vi ricordo che alle 15 si vota al Senato, quindi vi prego di essere concisi.

  FABRIZIO TRENTACOSTE. Ringrazio i relatori, il dottor Castellano, la Commissione tutta, per averci consegnato una relazione che credo dia giustizia a quello straordinario ecosistema costituito dalla laguna di Venezia, sottolineando le criticità di un SIN che per troppo tempo è stato il simbolo di una vergogna, anche di una contraddizione tutta italiana nell'aver associato a tanta bellezza e unicità un sito industriale che ci ha consegnato criticità che andavano risolte.
  La relazione approfondisce tutto questo, e credo che sia un punto fermo in questa legislatura e per questa Commissione l'aver fotografato la situazione. Per questo motivo annuncio a nome del Movimento Cinque Stelle il voto favorevole a questa relazione. Grazie.

  TULLIO PATASSINI. Mi permetto di unirmi a lei per il ringraziamento ai relatori e a chi tra il personale tecnico e amministrativo, nonché il dottor Castellano che ha lavorato alla stesura di questa relazione corposa e importante che dà un forte segnale di prospettiva anche per la stessa Venezia. Dalla relazione si evidenzia la bellezza di questo ecosistema che è dato dalla laguna, che da millenni insiste positivamente per la vita delle specie animali e per la presenza di un'antropizzazione diffusa che va dalla città di Venezia stessa – che è veramente un unicum al mondo, un gioiello inimitabile e ovviamente inimitato – a tutta un'area industriale su cui sono stati effettuati nel corso degli anni importanti interventi di bonifica, quindi di collettazione delle acque, di sistemazione di alcune aree.
  Da ultimo, un argomento molto importante è che questo ecosistema – che è delicatissimo, quindi è importante anche come debba essere sviluppata la gestione dei fanghi e delle materie di risulta – deve continuare a vivere attraverso le attività umane nel modo migliore possibile, ma comunque non può prescindere da una presenza umana. È importante anche l'intervento che in questa Commissione è stato fatto sulla questione dei dragaggi, perché attraverso il dragaggio si dà vita vera a questo territorio, attraverso la pulizia non solo dei canali della città, ma anche addirittura dei principali canali di accesso alla laguna.
  È un segnale importante. Tante realtà sono intervenute, dalla regione Veneto al magistrato per le acque, al provveditorato delle opere pubbliche, al Ministero dell'ambiente, Pag. 19 con una grande attenzione da parte di tutti per questo ecosistema complesso.
  Ringraziando ancora una volta per il lavoro svolto, annunciamo il voto favorevole del gruppo Lega.

  ANDREA FERRAZZI. Questo è stato un lavoro molto complesso, che ha visto la partecipazione e l'impegno di questa Commissione in studi, approfondimenti, visite in loco anche molto appassionate, ascoltando decine di operatori e di soggetti che hanno a che fare con questa realtà.
  Prima il collega parlava di una situazione vergognosa dal punto di vista della presenza industriale, però la presenza industriale di Porto Marghera si è sviluppata più di cento anni fa, quando certamente non c'era l'attenzione all'ambiente, alla sostenibilità ambientale, all'ecosistema e alla biodiversità che c'è oggi. Oggi dobbiamo trovare la soluzione che consenta di uscire da questa grande e profonda contraddizione, mantenendo in piedi quello che è il concetto di sostenibilità, che è sostenibilità ambientale, economica e anche sociale.
  Io voglio ringraziare i relatori. Ringrazio in particolare il dottor Castellano, che si è impegnato con grande competenza e passione in questa missione, e dunque anche in tutti gli atti e nella redazione. Certamente sono stati toccati temi di estrema importanza, come la questione delle bonifiche, la questione dei marginamenti e delle varie competenze di molti enti che sono coinvolti direttamente in queste bonifiche. Stiamo parlando del SIN di Porto Marghera, che è un SIN di enormi dimensioni, oltre che di enorme importanza per il sito stesso, cioè per il suo posizionamento geografico.
  Abbiamo parlato e approfondito la questione dei dragaggi, dell'escavo dei canali, di eventuali nuovi canali. Sappiamo bene quanto questo sia delicato, perché il porto a Venezia non è un porto nel mare, ma è un porto in laguna, e la laguna non è il mare. L'ecosistema è molto più fragile. Sappiamo come la Serenissima sia sempre stata nel corso della storia attentissima a questo equilibrio. Certamente la laguna è una realtà sia naturale che antropizzata, e l'equilibrio via via trovato non è facile, è un equilibrio dinamico; ma l'attenzione politico-istituzionale che c'è sempre stata da parte della Serenissima, e che deve essere proseguita da noi nel tentare sempre che questo equilibrio si sviluppi nel modo migliore possibile, è un nostro fondamentale compito.
  Naturalmente c'è tutta la questione del protocollo dei fanghi, c'è la questione del piano morfologico, che trova in questa relazione delle indicazioni anche molto operative. C'è la questione della gestione dei sedimenti. Ogni anno la laguna di Venezia perde milioni di metri cubi di sedimenti e rischia di diventare un braccio di mare. Non è difficile capire che se muore la laguna muore Venezia, perché Venezia e la laguna sono un tutt'uno. È per questo che la Serenissima è sempre stata attentissima alla gestione della laguna.
  A noi pare, presidente, che questo sia stato un lavoro molto attento, molto approfondito, molto importante, che sarà sicuramente utile ai vari soggetti che avranno possibilità di leggerlo, di prenderlo in considerazione. Dunque, esprimo il voto favorevole del Partito Democratico.

  SILVIA BENEDETTI. La relazione sul SIN di Marghera è una fotografia dettagliata di quella che è la situazione di Venezia e di Marghera. I problemi li abbiamo affrontati anche nella missione che è stata fatta presso Venezia e Marghera. Questo è lo stato dell'arte e lo scritto di quanto abbiamo potuto vedere e di quanto si porta dietro da anni come questione irrisolta.
  Nulla da eccepire sulla relazione in sé. Resto, tuttavia, un po' perplessa relativamente a una frase. Qui si scrive: «In conclusione si può affermare che il completamento dei marginamenti e il dragaggio dei grandi canali lagunari rappresentano il destino di Venezia». In realtà non saprei in che modo questa frase sia nel contesto. Noi non sappiamo se il completamento dei marginamenti sia una cosa importante, perché in qualche modo limita quello che è l'inquinamento lagunare. Non so se il dragaggio dei grandi canali lagunari rappresenti il destino di Venezia. In quale senso? Oltretutto, avendo anche visto che ci sono diverse note sull'idrografia della laguna, sui Pag. 20problemi dei sedimenti che vanno verso il mare, su questa laguna che diventa sempre più mare, non so se i grandi canali lagunari dovranno essere inclusi in un futuro nella laguna di Venezia.
  L'unica perplessità che ho relativamente a questa relazione è questa frase finale, di cui non riesco a concepire il senso. Sul resto il lavoro è assolutamente ineccepibile.

  PRESIDENTE. Ci sono altre richieste di intervento? Pongo in votazione. Chi è favorevole? Chi è astenuto? Chi è contrario? Dichiaro approvata all'unanimità.
  La Presidenza si riserva di procedere al coordinamento del testo approvato. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 14.45.