XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 107 di Giovedì 15 aprile 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro (l'audito sarà in videoconferenza):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 2 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 4 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Briziarelli Luca  ... 8 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 9 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Briziarelli Luca  ... 11 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 11 
Briziarelli Luca  ... 11 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 11 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 13 
Trentacoste Fabrizio  ... 13 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 13 
Trentacoste Fabrizio  ... 14 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 15 
Lorefice Pietro  ... 15 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 15 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 15 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 16 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 16 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 17 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 18 
Briziarelli Luca  ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Santonocito Agata , Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 18 
Zuccaro Carmelo , Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto) ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania Carmelo Zuccaro, che ringrazio per la presenza. Partecipa all'audizione anche il procuratore aggiunto Agata Santonocito.
  L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento sul sistema delle acque reflue urbane e industriali in Sicilia su cui la Commissione sta svolgendo una specifica inchiesta. Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Innanzitutto vi ringrazio, decidete l'ordine degli interventi. Vi prego di farci una panoramica delle vostre indagini sul tema che sta a cuore alla Commissione e poi eventualmente vi faremo qualche domanda specifica, se lo riterremo opportuno.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Grazie a lei, presidente, perché ci dà l'occasione di intervenire su un tema che è tra quelli principali trattati dalla procura di Catania, ma anche uno dei temi su cui maggiormente si avverte, da parte del mio ufficio, la frustrazione per quelli che sono i limiti di un intervento repressivo di carattere penale, in un sistema che è particolarmente inficiato proprio dall'inadeguatezza e dalla vetustà degli impianti per poter prevenire quei rischi e quei danni ambientali che, invece, la normativa – di cui noi dovremmo assicurare la vigilanza – è chiamata a impedire.
  Parlo di vera e propria frustrazione, perché ci rendiamo conto che il sistema normativo penale presuppone che vi sia un sistema di depurazione efficiente e adeguato, che sia previsto in maniera regolare lo smaltimento di ciò che viene prodotto dall'attività urbana e dall'attività industriale e che vi siano delle sporadiche, irregolari – e quindi assolutamente sanzionabili dal punto di vista penale – deroghe da questo sistema che arreca dei danni.
  Invece ci rendiamo conto che nella provincia di Catania, in particolare nel nostro territorio, la regola è un'altra. I danni ambientali sono provocati dall'insufficienza, dall'inadeguatezza del sistema di depurazione. Per cui siamo in presenza di una situazione che, peraltro, ha già meritato numerose procedure di infrazione che si sono concluse in senso negativo per l'Italia. La procura di Catania ha nel proprio territorio una gran parte degli agglomerati che sono stati interessati da queste procedure di infrazione, ben 15 ricadono nel territorio di competenza di questa procura. Questo è un sistema che provoca esso stesso, per la sua inadeguatezza, danni ambientali Pag. 3di portata veramente rilevante, notevole, in cui però l'unico modo di evitare sarebbe di procedere a dei finanziamenti, a delle progettazioni adeguate di opere pubbliche che non sono, invece, mai state portate a compimento.
  Questa Commissione ci chiede di fare riferimento agli impianti maggiormente critici nel nostro territorio. Bene, purtroppo dobbiamo affermare che tutti gli impianti di depurazione esistenti nel nostro territorio sono assolutamente inadeguati rispetto al compito che dovrebbero perseguire. A cominciare dal più grande, il sistema fognario che interessa la città di Catania e l'impianto di depurazione di Pantano D'Arci che, se funzionasse, dovrebbe interessare un bacino di utenza di oltre 540.000 utenti. Invece purtroppo, il depuratore di Pantano d'Arci attualmente serve soltanto una zona limitatissima della città e un numero di abitanti di circa 70.000, quindi del tutto assolutamente inadeguato.
  In questa situazione individuare delle responsabilità penali collegate alla mancata attivazione di depuratori efficienti è assolutamente impossibile. Anche cercando di configurare ipotesi colpose e non dolose, perché si tratta di una situazione che si protrae, per quanto riguarda l'impianto di Pantano d'Arci da oltre 9 anni, cui si sommano errori nella indicazione degli importi da finanziare per l'esecuzione dei lavori, errori nella progettazione preliminare e poi esecutiva di questi impianti, perdite di finanziamenti anche da parte della comunità europea, che pure erano stati stanziati, ricorso ad altri sistemi di finanziamento che però, tuttavia, non hanno ancora prodotto un risultato efficiente.
  Sul punto la collega sarà un po' più specifica nell'individuare – soprattutto il riferimento all'impianto di Pantano D'Arci – quali sono le defaiance gravissime che sono state individuate. Lo faremo in maniera molto sintetica, perché siamo certi che questa Commissione ha già acquisito i dati che attestano come questo impianto non sia attualmente idoneo a svolgere la funzione di depurazione per il quale era stato previsto e realizzato.
  Al di là dell'impianto di depurazione, quello che non funziona è proprio il sistema fognario di una città come Catania e di tutto il suo hinterland, un sistema fognario vecchissimo, che è stato interessato da gravissime compromissioni nel corso degli anni, a cui non si è posto rimedio. Un sistema fognario che si basa soprattutto su due grosse condutture, una delle quali – il cosiddetto vecchio allacciante – è stato progettato negli anni cinquanta e presenta enormi criticità.
  In questa situazione la procura di Catania si muove, ha potuto istituire dei procedimenti penali soltanto per condotte penalmente illecite che interessavano – per quanto riguarda l'attività degli amministratori – deviazioni da quelle che erano norme di gestione di questo impianto nel presupposto che la violazione di queste norme avrebbe consentito di evitare i danni che la normativa penale è chiamata a impedire, a prevenire.
  Si tratta di procedimenti di cui questa sede – e anche nell'elenco che abbiamo poco tempo fa mandato a questa Commissione – ha selezionato soltanto i procedimenti che sono più significativi per illustrare lo stato delle cose. Vi sono vari altri procedimenti di ancora minore rilevanza e procedimenti che interessano, soprattutto, il reato di inquinamento ambientale – in particolare il 452-bis del codice penale – di imprese industriali che scaricano nelle acque reflue senza una preventiva attività di filtraggio. Ripeto, si tratta di ipotesi minori.
  Quelle principali sono quelle indicate nell'elenco che vi abbiamo trasmesso e su cui la collega Santonocito farà un breve aggiornamento del loro stato, riservandoci di trasmettere un'ulteriore relazione che dia un quadro compiuto di quello che oggi, invece, oralmente andiamo ad esporre.
  In particolare quello che a mio avviso è più rilevante – con la premessa che si tratta di un'attività che è ancora coperta da segreto istruttorio, ma che ovviamente riteniamo di potere consegnare alla conoscenza di questa Commissione – è l'azione penale che interessa gli amministratori e i funzionari del comune di Motta Sant'Anastasia. Pag. 4
  Riterrei opportuno, a questo punto, dare la parola alla collega.

  PRESIDENTE. Tengo a precisare, lo sapete, che siamo in seduta libera.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Assolutamente. Quando ho parlato del segreto investigativo, ho detto che vorrei segnalarvi l'opportunità di non utilizzare all'esterno questi atti, senza una previa interlocuzione con il nostro ufficio, ritenendo comunque sin d'ora che sia utile rassegnarli alla conoscenza non solo della Commissione, ma essendo la seduta non segreta, anche di tutta la Camera.
  A questo punto ritengo opportuno dare la parola al procuratore aggiunto che cura, tra le altre cose, anche questo settore, affinché in maniera più dettagliata illustri qual è la situazione. Innanzitutto, per quanto attiene all'impianto principale di Pantano D'Arci e in maniera ancora più sintetica, a tutti gli altri depuratori, per i quali si rilevano delle criticità che sono state oggetto di procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. Poi aggiornerà sullo stato dei procedimenti più rilevanti. Se mi consentite, lascerei la parola al procuratore aggiunto Santonocito.

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Buongiorno. Il tema della tutela dell'ambiente è certamente uno dei temi che abbiamo posto al centro della attività della procura della Repubblica di Catania e c'è un gruppo che appositamente si occupa di dotare notizie di reato che riguardano tutte quelle che possono essere le lesioni (...).
  Il quadro allarmante e desolante che vi ha preannunciato il procuratore con la chiarezza che gli è solita, è un quadro che condivido in toto e che si fonda proprio sull'esito delle indagini che abbiamo compiuto in questi anni. Oggi vi rappresenterò gli esiti di alcune di queste indagini (...)

  PRESIDENTE. Così, purtroppo, non si capisce nulla, io non so come si può risolvere questa cosa.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). La possiamo risolvere invitando la collega a raggiungere la mia postazione e utilizzando il mio microfono che invece funziona bene, perché effettivamente credo che sia difficile per tutti cogliere bene la relazione della collega.

  PRESIDENTE. È la cosa migliore.

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Chiedo scusa per l'inconveniente. Riprendo ciò che stavo dicendo e anche ciò che probabilmente non è stato sentito. Dicevo poc'anzi che una delle priorità delle azioni della procura della Repubblica di Catania è la tutela dell'ambiente. Per questa ragione è stato costituito un gruppo che si occupa in via esclusiva di questo argomento e certamente quello dei depuratori è un tema che abbiamo più volte affrontato.
  Così come vi ha anticipato il procuratore, con riferimento a questa tipologia di indagini, il sentimento che più proviamo nelle nostre attività è proprio quello della frustrazione. Perché in realtà a fronte di un danno ambientale, che riusciamo ad accertare e a misurare e che si propone in termini particolarmente gravi, specialmente per quanto riguarda il litorale – ma devo aggiungere anche tutti i bacini idrografici che sono interessati dallo sversamento dei reflui urbani e industriali – non riusciamo a individuare, ad avere quella funzione di tutela dei beni giuridici protetti dall'ordinamento che siamo soliti avere e che vogliamo con tutte le nostre energie svolgere nel contesto in cui operiamo. Non riusciamo a farlo non per limiti che dipendono dai mezzi di indagine o dagli uomini su cui possiamo contare. Il limite che ci impedisce di raggiungere il risultato di vedere affermato il diritto e tutelato – in questo caso l'ambiente – è un limite obiettivo che non dipende da noi, non dipende da nessuno.
  Il limite deriva dal fatto che la tutela dell'ambiente – per quanto riguarda l'attività di depurazione dei reflui – è un'attività Pag. 5che comporta l'impiego di ingenti investimenti e progettazioni complesse che richiedono l'intervento in varie sedi e in vari momenti di più autorità.
  Il complesso di questi due elementi – l'esigenza di avere ingenti finanziamenti e il sovrapporsi di più competenze, di più soggetti in un arco temporale veramente ampio – impedisce all'attività del pubblico ministero di individuare un soggetto che dolosamente o colposamente si sia reso responsabile di omissioni penalmente rilevanti.
  Quanto vi ho appena rappresentato viene esemplificato in modo chiaro nelle vicende cui già il procuratore ha fatto riferimento dell'impianto consortile di Catania, Pantano d'Arci. Vi è stato già evidenziato – lo sapete sicuramente per gli studi che avete fino ad oggi compiuto e per le audizioni fatte – che si tratta di un impianto consortile di particolare importanza, sul quale dovrebbero confluire reflui non solo della città di Catania, ma di buona parte dei paesi che gravitano nell'area metropolitana.
  Tuttavia questo impianto che viene costituito negli anni cinquanta e poi rimodificato negli anni ottanta, è un impianto che riesce a trattare i reflui di solo 70.000 abitanti equivalenti su un bacino complessivo di oltre 500.000.
  Questo già da solo dà l'idea di quanto poco il depuratore possa funzionare e di quanto grave sia in effetti il danno per l'ambiente. Tuttavia, se noi ci soffermiamo a valutare la vicenda amministrativa che riguarda questo impianto, ci rendiamo conto come in realtà in nessuna fase, in nessun momento è possibile individuare una responsabilità. Infatti, all'indomani della procedura di infrazione che ha visto, tra gli altri, gli impianti ritenuti dalla Comunità europea inadeguati, quello di Pantano D'Arci, il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) ha stanziato una cifra che sembrava consistente, forse adeguata, quanto meno a quello che probabilmente era stato rappresentato in quel momento, di oltre 213 milioni di euro. Sembrava ragguardevole, in realtà, poi di lì a brevissimo tempo ci si renderà conto che per potere sopperire alle esigenze di una corretta depurazione sarebbe stato necessario un impianto per la cui realizzazione era indispensabile lo stanziamento di una cifra praticamente pari al doppio.
  Siamo partiti, dal 2012. Nel 2013 ci si rende conto che occorre il doppio per poter effettuare i lavori necessari e si cercano questi soldi, questi ulteriori investimenti, ma non si trovano. Si pensa di provare a immaginare una progettazione che potesse comunque valorizzare quella cifra e quegli investimenti che pure non sembravano irrilevanti.
  Si cominciano a fare i primi progetti, siamo già nel 2013. Si approvano questi progetti. Nel 2014 si prova ad arrivare a una progettazione esecutiva e quindi all'esecuzione dei lavori. Vengono nominate le figure tecniche necessarie. Nel 2014 siamo a due anni dal primo stanziamento del finanziamento, viene nominato il RUP (Responsabile unico del procedimento) nella persona dell'ingegnere De Gregoris.
  Ma ancora è ben lontana la fine della procedura, perché nel 2015 troveremo il parere del Ministero dell'ambiente che sarà favorevole. Tuttavia, il tempo decorso – ben tre anni – mettono a repentaglio la fruibilità del finanziamento, se il comune, i soggetti competenti non avessero da subito individuato il soggetto idoneo ad assumere l'obbligazione giuridicamente vincolante.
  Ancora una volta la pubblica amministrazione va in affanno, ritiene di poter individuare come soggetto idoneo la stessa Sidra che gestiva l'impianto, che diventa una società in house, ma ben presto nel 2016 ci si rende conto che ciò non è possibile. Non è possibile perché il soggetto che può assumere l'obbligazione giuridicamente vincolante – che è condizione per poter fruire del finanziamento – deve essere un soggetto estraneo all'amministrazione e individuato mediante una gara pubblica, ciò non era stato. Viene fatto presente questo, da parte della regione Sicilia si nota che l'intervento che è stato pensato, progettato e stabilito non era idoneo a superare la procedura di infrazione europea e si blocca nuovamente tutto. Pag. 6
  Si riparte nel marzo del 2016, si cercano nuovi fondi, si attingono ai fondi del Patto per il sud, ancora una volta si riprova a riprogettare la rete fognaria e poi il depuratore di Pantano d'Arci, si trovano ancora altri finanziamenti, arriviamo a quasi 400 milioni di euro e viene nominato il commissario unico, l'ingegnere Rolle.
  Si riparte con la nuova procedura, viene affidata la procedura di gara a Invitalia, ma ancora oggi nel 2021 non si è arrivati a una progettazione definitiva e il nuovo commissario nominato a maggio dell'anno scorso, pare abbia affidato l'incarico di progettazione definitiva per l'adeguamento funzionale di Pantano D'Arci. Sono decorsi ben nove anni dal momento in cui il CIPE nel 2012 aveva stanziato il denaro, dal momento in cui l'Europa aveva sanzionato l'Italia per questo depuratore.
  Vi rendete conto che, a questo punto, si sono occupati della questione più amministratori, più funzionari, la procedura era certamente complessa e di certo ci sono stati degli errori o forse delle inefficienze, delle inerzie, ma sul piano penalistico tali condotte non possono essere idonee singolarmente a configurare delle condotte penalmente rilevanti per il singolo. Ciascuno di questi soggetti potrà rappresentare al giudice e a buon diritto, che non aveva il denaro sufficiente o che chi era venuto prima di lui non aveva fatto la progettazione nel modo adeguato, non aveva valutato in modo adeguato quali fossero le somme necessarie per l'adeguamento del progetto. Questa è la ragione per la quale alla fine l'indagine che è stata molto complessa – ho riassunto i passaggi più significativi per quanto di interesse della Commissione – si è conclusa con una prima richiesta di archiviazione. Altri sono i filoni che stanno continuando, per i quali – come vi diceva il procuratore – vige in questo momento il segreto di indagine.
  Non dissimile è la situazione o l'iter che abbiamo constatato con riferimento a un altro impianto di depurazione che certamente è meno importante rispetto a quello di Pantano d'Arci, ma pur sempre significativo, se non altro perché si trova nella zona di Mascali, nella quale confluiscono i liquami di Giarre, Riposto, Mascali, Sant'Alfio e Fiumefreddo per grossi agglomerati urbani.
  Anche in quel caso è stata fatta un'indagine molto approfondita, sia sul piano investigativo che sul piano tecnico. Si è verificato che l'impianto consortile, che è stato a suo tempo posto in essere in quel territorio, era un impianto che non era affatto adeguato alle esigenze. O meglio, l'impianto era stato pensato, progettato in modo adeguato a quella che era in quel momento la popolazione che avrebbe dovuto servire. Successivamente, si era ritenuto necessario aumentare o consentire l'allaccio anche di altre reti fognarie e a quel punto, come era ovvio e prevedibile, ma forse era inevitabile, l'impianto non ha più funzionato nel modo adeguato.
  Come ufficio avevamo pensato di poter individuare dei responsabili in soggetti che a livello locale, ma anche a livello regionale, avevano consentito che si allacciassero a quell'impianto di depurazione centri urbani originariamente non previsti. Ma anche in quel caso non si è potuto in alcun modo individuare delle responsabilità individuali. I soggetti a cui pensavamo di poter ascrivere la responsabilità della situazione che abbiamo constatato, hanno potuto affermare e documentare – per quello che appunto a noi importa – che nel tempo avevano segnalato a tutti i soggetti competenti a livello regionale la difficoltà in cui versava l'impianto. Avevano rappresentato la necessità di ampliarlo, di modificarlo, di renderlo adeguato a esigenze di quel territorio e tuttavia non avevano ottenuto alcuna risposta. D'altra parte abbiamo potuto constatare dai piani del commissario unico che l'ammodernamento di quell'impianto richiede un investimento pari a oltre 23 milioni di euro. Tenete conto che gli organismi del consorzio che erano preposti al funzionamento di questo impianto, di certo non avrebbero mai potuto immaginare di effettuare un intervento di questo importo e di questa complessità. Non tanto l'intervento, non perteneva a loro l'ampliamento, quanto piuttosto non si poteva loro addebitare la circostanza che l'impianto non provvedesse alla depurazione nel modo Pag. 7in cui è previsto che un impianto funzioni. Era impossibile perché l'impianto era inadeguato. Anche questa volta siamo stati costretti alla formulazione di una richiesta di archiviazione.
  Vi anticipava il procuratore che in alcuni casi si è riusciti a intervenire, individuando delle condotte da parte dei soggetti individuati non conformi alla legge. Si tratta di casi – come diceva il procuratore – marginali. Si tratta di ipotesi nelle quali gli impianti erano astrattamente idonei a trattare i reflui per i quali erano stati progettati e tuttavia l'incapacità, l'insipienza e talora la volontà di risparmiare proprie risorse – quando si trattava di società private nella gestione del depuratore – avevano realizzato l'effetto che non si voleva venisse realizzato, cioè una depurazione inadeguata.
  Ciò è accaduto, per esempio, per il depuratore che si trova nel comune di Motta Sant'Anastasia, un comune di medie dimensioni, il cui depuratore ha una struttura astrattamente adeguata a quello che è necessario per la popolazione servita. Tuttavia abbiamo verificato che, in realtà, le società (sono due) che si sono susseguite nella gestione di questo depuratore, non avevano agito nel modo adeguato per rispettare le prescrizioni dell'autorizzazione che era stata loro concessa.
  In questo caso abbiamo ritenuto che vi fossero elementi per agire, non solo nei confronti delle società cui è stata assegnata la gestione dell'impianto, ma anche nei confronti del tecnico comunale e del sindaco del comune che non avevano adeguatamente vigilato – come è previsto per legge – sulla corretta gestione degli impianti.
  L'altra ipotesi, l'altro caso in cui si è giunti alla formulazione di un'accusa, a seguito dell'indagine compiuta, è relativa al depuratore che si trova nell'area di Paternò. Con questo depuratore andiamo a occuparci di altra questione che pure è oggetto dell'interesse della Commissione, vale a dire lo smaltimento dei fanghi.
  Sapete bene – non devo spiegarlo io, visto il grado di approfondimento dell'attività svolta da codesta Commissione – che la depurazione dei reflui urbani determina necessariamente la produzione di fanghi. Anzi, per la verità la misurazione dei fanghi prodotti è uno degli strumenti di cui ci possiamo avvalere per comprendere se la depurazione è stata o meno compiuta correttamente. Tuttavia, la produzione di fanghi è esso stesso un problema, nel senso che il fango va a sua volta smaltito.
  Il Commissario unico da ultimo nominato, non a caso, in sede di audizione ha evidenziato come sarebbe indispensabile completare qualunque ragionamento che riguardi il sistema di depurazione, con la valutazione attenta delle modalità di smaltimento dei fanghi.
  In astratto noi lo sappiamo, i fanghi potrebbero essere smaltiti in discarica. O meglio, andando in ordine di preferenza dovrebbero essere smaltiti mediante il riutilizzo in agricoltura, mediante incenerimento o essere smaltiti in discarica. Le tre soluzioni non sono omogenee, come ben comprendete e come già sapete ovviamente. Tuttavia l'utilizzo in agricoltura, che sarebbe quello preferibile, in realtà è difficile da porre in essere – per lo meno nella situazione attuale dei depuratori siciliani o per lo meno di quelli di cui ci occupiamo noi, che ricadono nella competenza della procura di Catania – perché in agricoltura possono essere utilizzati i fanghi che derivano soltanto dai reflui urbani e non anche dai reflui industriali. Nei depuratori che insistono sul nostro territorio vi è questa commistione che rende allo stato impossibile o comunque difficile l'utilizzo dei fanghi in agricoltura.
  In realtà l'altro sistema, l'unico che rimane che in teoria dovrebbe essere residuale, è lo smaltimento in discarica. Ma anche sotto questo profilo abbiamo avuto non poche difficoltà, perché per essere smaltiti in discarica i fanghi devono avere un indice di respirazione dinamico potenziale inferiore a mille e ciò non sempre accade. In ogni caso, certamente è noto alla Commissione che le discariche di questo territorio sono tutte pressoché sature, quindi abbiamo dovuto constatare in questo ultimo periodo come le discariche – che sono in mano a soggetti privati – abbiano più Pag. 8volte negato l'autorizzazione a smaltire i fanghi prodotti dagli impianti di depurazione del territorio presso le discariche stesse.
  Ciò ha creato non pochi problemi, perché in più casi abbiamo parimenti constatato che i gestori dei vari depuratori, tra questi anche quelli di Pantano d'Arci, sono stati costretti per tempi più o meno lunghi a mantenere i fanghi in deposito temporaneo nelle pertinenze del depuratore medesimo, che costituisce, come ben sapete anche essa una irregolarità.
  Con riferimento, allo smaltimento dei fanghi, di recente abbiamo concluso un'attività d'indagine che riguarda, come vi anticipavo, il depuratore che è in opera nel territorio di Paternò. In quel caso abbiamo avuto modo di constatare come la società di gestione del depuratore avesse – per un tempo apprezzabile – smaltito i fanghi semplicemente sversandoli in un'ansa del fiume del Simeto, senza rispettare le prescrizioni dell'autorizzazione che comunque avevano ricevuto.
  In questo caso abbiamo agito non solo nei confronti dei gestori della società come persone fisiche, ma anche nei confronti della società stessa, con i reati del decreto legislativo n. 231 del 2001, perché in realtà questa modalità di smaltimento, come è ovvio, comportava un risparmio di costi considerevole per la società, ragione per la quale l'attività illecita chiaramente consentiva alla società di ottenere un vantaggio non consentito.
  I casi che vi ho rappresentato sono una piccola parte di quelli di cui nel tempo ci siamo occupati, ma sono – ad avviso mio e del procuratore – quelli che probabilmente vi danno maggiormente le misure delle criticità del territorio e dell'estrema difficoltà, sia per gli amministratori locali nell'agire in questo campo, ma anche della procura della Repubblica e dell'autorità giudiziaria in genere a intervenire con la consueta azione di contrasto all'illegalità e di tutela dei beni giuridici.
  Con questo avrei terminato, passo nuovamente la parola al procuratore e attendiamo le vostre richieste.

  PRESIDENTE. Vuole aggiungere qualcosa, procuratore, prima degli interventi dei miei colleghi?

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Nulla. Se non per dire che abbiamo degli allegati ad una relazione che abbiamo predisposto su quello che abbiamo detto sinora che riguardano gli atti conclusivi di indagine che sono stati compiuti per quei procedimenti per i quali è stata esercitata o siamo prossimi all'esercizio dell'azione penale. Ci riserviamo di trasmetterli non appena avremo completato l'audizione e ci saremo resi conto di eventuali altre informazioni che vi dobbiamo fornire.

  PRESIDENTE. Perfetto, questo è fondamentale. Noi abbiamo delle domande, ma non vorrei che essendoci il segreto istruttorio ancora su tanti procedimenti ci sia la violazione del segreto istruttorio. Eventualmente decidete voi, visto che in questo momento siamo in seduta pubblica, sicuramente una nota scritta su alcuni approfondimenti ci potrebbe aiutare a capire la situazione.

  LUCA BRIZIARELLI. Vorrei ringraziare il presidente e gli auditi per la dovizia di particolari che ci hanno dato, degli elementi che ci hanno fornito e anche la franchezza con la quale ci hanno espresso il loro punto di vista. Ovviamente il quadro che emerge è preoccupante, a dir poco.
  Io inizialmente ho tre domande. Partiamo dal presupposto che il quadro che abbiamo trovato sull'intero territorio regionale sostanzialmente – con qualche piccola differenza – è un quadro preoccupante sull'intera isola, non che non lo sapessimo.
  Alla luce di questo, la prima domanda riguarda, al di là della forma, che ovviamente va rispettata, se ci siano stati in questi anni un coordinamento, un confronto, dei protocolli comuni alle varie procure – al di là del ruolo differenza e l'importanza differente che hanno – per affrontare un problema diffuso. Tenuto conto che, peraltro – mi riferisco in questo caso al ciclo delle acque e al trattamento Pag. 9dei fanghi – spesso questi fanghi compiono dei percorsi particolarmente significativi anche a cavallo di territori di competenza di procure differenti.
  Seconda domanda. La cosa che mi ha colpito in modo particolare in tutti e due gli interventi è quello di dire sostanzialmente, brutalizzo: «È evidente dal quadro fattuale, da quello che troviamo, che ci sia un problema, diventa praticamente impossibile perseguire qualcuno per un qualche reato, alla luce di un quadro evidente, che non va di pari passo con quelle che sono le leggi e le possibilità di intervento da parte della procura». Che cosa si potrebbe fare – avendo noi come Commissione bicamerale di inchiesta anche questa funzione sugli ecoreati nella legge istitutiva – anche rispetto, ad esempio, interventi di modifica, aggiornamento, integrazione della legge n. 68 del 2015?
  Terza domanda. Il quadro è ampio, è una domanda di carattere generale e non credo vada in contrasto con alcuna restrizione relativa al segreto d'ufficio, considerando anche che sono passati alcuni anni. Noi vorremmo capire quale sia il vostro punto di vista – se è possibile condividerlo con la Commissione – rispetto al complessivo assetto della depurazione delle acque nella città di Catania, in parte ce lo avete illustrato, ma anche su come venirne fuori, alla luce del fatto che in questa situazione non ci sono soggetti da perseguire. Allo stesso modo, relativamente al complessivo assetto della depurazione delle acque nella fascia ionica.
  Essendo temi così ampi, se su questo si potesse avere qualche elemento in più sui motivi che hanno spinto la procura ad avviare un approfondimento su temi così ampi e su come si potrebbe venirne fuori.
  Ultima domanda. Al di là dell'aspetto ambientale, per il quadro che ci è stato fatto, sia in riferimento ai contributi, da quello che è emerso – anche da parte della Comunità europea – negli incontri, ad esempio, con la Guardia di finanza, con altri soggetti che abbiamo audito, penso al grande allacciamento, a tutta una serie di cose, emergono le mancanze da parte dell'amministrazione comunale e di altri soggetti sul piano amministrativo, in termini di controllo e di vari aspetti. Almeno quelle politiche, non compete a me una valutazione di carattere diverso, compete a voi. Al di là delle conseguenze di stretto carattere ambientale che quei comportamenti o quelle omissioni hanno determinato, nemmeno su questo fronte è possibile agire in alcun modo? Neanche modificando la legislazione vigente in questa direzione si potrebbe andare oltre nella ricostruzione della verità storica e l'attribuzione di responsabilità di carattere politico?

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Desideravo capire se possiamo rispondere ai singoli interventi o se dobbiamo aspettare tutti gli interventi. Probabilmente è più opportuno cominciare a rispondere ad alcune di queste domande. La collega è invitata a integrare nelle risposte che fornirò, sulla base di indicazioni più specifiche di alcuni procedimenti.
  In relazione alla prima domanda, se vi sia stato un protocollo investigativo o quanto meno un coordinamento di indagini tra varie procure nell'ipotesi in cui l'attività illecita interessasse i territori ricadenti in province contigue o comunque in procure contigue. Come sapete, la procura di Catania non si occupa dell'intero territorio della provincia di Catania, perché anche la procura di Caltagirone ha un bacino di utenza che riguarda comuni ricadenti nella nostra provincia. La risposta, in linea di massima, è no. Nel senso che non se ne è avvertito il bisogno, in quanto la linea di demarcazione delle competenze, dal punto di vista procedurale, tra le varie procure non ha fatto emergere la necessità di coordinare l'intervento di più procure su uno stesso fatto di carattere illecito.
  È vero che in alcuni casi i territori serviti potevano ricadere nel circondario di procure diverse, ma l'individuazione della procura competente, secondo le norme del codice di rito – e la collega potrà eventualmente integrare, qualora in casi eccezionali questo si sia verificato – quasi sempre non vi è stato alcun dubbio su chi dovesse intervenire e di chi fosse la competenza. Quindi, questo coordinamento non ha dato Pag. 10luogo alla stesura di protocolli investigativi, ma nei vari casi, a prescindere dal protocollo, non vi è stata neanche necessità di coordinare le indagini.
  Comunque l'intervento della procura competente territorialmente in base alla sede in cui si verificava lo sversamento o in cui si trovava l'impianto inidoneo, era sufficiente a consentirle piena libertà di azione, nei limiti che abbiamo detto.
  Ci si chiede se vi sono delle lacune legislative che impediscono l'intervento repressivo penale per evitare che determinati danni, così rilevanti per il territorio, si possano verificare. A mio avviso, salvo alcuni aspetti critici derivanti dall'applicazione della normativa vigente, devo dire che la normativa vigente non solo è abbastanza congrua nel prevedere le sanzioni e nel prevedere i comportamenti da reprimere, ma ritengo che sotto questo profilo sia anche una delle legislazioni più avanzate. Spesso noi abbiamo una legislazione di repressione tra le più avanzate, perché abbiamo tra i fenomeni più gravi e illeciti che si possano verificare.
  Peccato che nella situazione specifica della repressione dei danni ambientali – per quello che abbiamo detto prima – il problema non sta nell'individuare nuove condotte penalmente rilevanti, ma nella predisposizione di interventi di carattere amministrativo e non legislativo, che finalmente consentano di individuare gli obiettivi da realizzare e le persone migliori che possano effettuare progettazioni adeguate. Abbiamo avuto dei gravissimi errori nelle progettazioni, sia preliminari che esecutive, tanto è vero che spesso le amministrazioni dei territori di cui ci occupiamo hanno sbagliato anche gli importi da richiedere nell'indicare quali erano gli importi da finanziare.
  Quindi noi riteniamo che da questo punto di vista non sia una lacuna legislativa quella che ci impedisce di agire, ma sia una impossibilità di sussumere in una fattispecie penale una condotta che è inadeguata sotto il profilo dell'idoneità amministrativa a risolvere i problemi.
  Cioè inadeguatezza degli amministratori, dei finanziamenti, in parte derivante anche dall'inadeguatezza delle somme che sono state richieste. Non tutto, come voi sapete, si può risolvere in sede penale. Qui è vero che vi sono responsabilità di carattere amministrativo gravissime, che ovviamente non compete a noi evidenziare e sottolineare, se non raccontandovi i fatti e quali sono gli esiti dei nostri accertamenti. Dagli esiti dei nostri accertamenti emerge che tutti coloro che si sono occupati della realizzazione dell'impianto di Pantano d'Arci – per dire il caso più eclatante, quello che serve una città grande come l'hinterland catanese – hanno commesso errori gravissimi nella scelta degli amministratori, dei progettisti e delle somme da richiedere. Questi sono fatti, le responsabilità politiche non compete a noi individuarle.
  La responsabilità penale è una responsabilità di carattere individuale e deve essere condizionata a quella che è la situazione in cui il soggetto che deve rispondere è chiamato a operare, noi non abbiamo potuto individuare responsabilità di questo genere, allo stato dei fatti, per le inefficienze più gravi, cioè per quei casi in cui certamente si è arrecato maggiore danno all'ambiente. Questo è quello che ci brucia di più. Per noi è fondamentale individuare l'autore, ma la cosa più importante è che non è possibile per noi porre rimedio a questa situazione di danno ambientale. Noi spesso abbiamo dovuto astenerci dal disporre dei sequestri, perché se avessimo disposto un sequestro e avessimo assunto la gestione dell'impianto, avremmo fatto ricadere sulla pubblica istituzione che avrebbe dovuto amministrare questo impianto, l'inefficienza dell'impianto e la compromissione del territorio. Noi non possiamo sequestrare perché il sequestro non risolverebbe il problema ed è quello che vogliamo evitare. Questa è la situazione più frustrante, perché soprattutto in mancanza di finanziamenti adeguati e di idee chiare su che cosa fare finanziare, qualunque tipo di sequestro penale sarebbe assolutamente inadeguato, insufficiente, sposterebbe la responsabilità dall'amministratore all'autorità giudiziaria. Non è questo ovviamente quello che le istituzioni ci chiedono di fare. Pag. 11
  Questo vale soprattutto anche per quanto riguarda il discorso del vecchio e del nuovo allacciante, le due condutture principali dell'impianto di Pantano d'Arci. Qui abbiamo conseguenze ambientali che sono certamente gravissime e della cui entità ci renderemo conto soltanto, purtroppo, man mano che si andrà avanti nel tempo. Oggi possiamo dire soltanto cosa facciamo che per consentire, per esempio, in estate la balneazione nella zona di Catania della Playa. Poiché in quella zona normalmente nel periodo invernale e autunnale recapitano in maniera incontrollata tutti gli scarichi che non vengono assolutamente depurati, d'estate che cosa si fa per consentire la balneazione? Si blocca il corso di determinate acque che vengono interessate dall'inquinamento e così si impedisce che queste acque sversino nel mare, cosa che invece avviene durante il periodo dell'anno e quindi la compromissione ambientale è veramente notevole e si accumulerà nel corso del tempo.
  Questo vale per le acque del mare, per le acque dei torrenti e per le acque che vengono utilizzate per coltivare i nostri prodotti agricoli. Questa è la situazione che stiamo verificando. Non la possiamo interrompere con un sequestro penale, non la possiamo interrompere con delle misure cautelari, la si può interrompere soltanto finanziando ciò che è giusto finanziare, avendo quindi dei progetti e intervenire su questo piano.
  Agata, se sul punto dovevi fare delle ulteriori integrazioni, ti chiedo di avvicinarti a me, perché altrimenti non ce la facciamo a sentirti.

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Comunque non ho nulla da aggiungere in questo momento a quello che ha detto il procuratore che condivido in pieno.

  PRESIDENTE. Il senatore Briziarelli voleva aggiungere una cosa su questo ultimo argomento.

  LUCA BRIZIARELLI. Mi scuso se ho male interpretato o non compreso, è chiaro che il collegamento è utile, ma limitante. Lei faceva riferimento al fatto – se ho ben capito, perché era la domanda che avrei voluto fare – che durante l'estate viene bloccato il canale, quindi quando finisce la stagione, di fatto abbiamo uno scarico concentrato con dei dati esorbitanti per quanto riguarda i parametri che, peraltro, ci era stato segnalato anche nelle precedenti audizioni dalle forze dell'ordine. Se ho ben capito, era questa la cosa che segnalava e l'impossibilità di fatto ad affrontarla. Se è così, ho la domanda. Se ho compreso male...

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Onorevole, ha compreso benissimo, quindi mi può fare la domanda.

  LUCA BRIZIARELLI. La domanda era questa. Al di là della situazione da circolo vizioso difficilmente risolvibile, ma se possibile e qualora sia avvenuto, siete stati sentiti, vi siete confrontati con l'amministrazione comunale e ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) su come gestire questa situazione? Lei mi dice non ha soluzione immediata, ma di fatto è un delitto, in termini astratti e non del settore di sua competenza. Noi siamo impotenti rispetto al fatto che stagione dopo stagione – come diceva lei, con delle conseguenze enormi – si rischi di protrarre la situazione per l'assenza di quella capacità progettuale. C'è una qualche forma di confronto, condivisione, tavolo – non ho idea in quale forma potrebbe avvenire – tra voi ARPA e comune su questo specifico problema che è un disastro annunciato per il futuro?

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Per quanto riguarda l'ARPA, ovviamente, abbiamo un'interlocuzione costante. Devo dire che le recenti modifiche che sono state apportate all'organizzazione dell'ARPA concentrando in sedi centrali quelle che sono le attività di polizia giudiziaria, sicuramente fanno sì che l'ARPA sia un interlocutore costante. Con l'ARPA si riesce ad accertare la misura dell'inquinamento che Pag. 12si verifica e come già vi accennava il procuratore aggiunto, questi accertamenti danno sempre dei risultati particolarmente inquietanti.
  Gli amministratori sono, tra virgolette, perpetuamente sotto indagine, perché è ovvio che non possiamo non monitorare continuamente la situazione che non si è risolta sotto il profilo del danno ambientale. Un dialogo con gli amministratori che sono comunque indagati, anche se non si riesce a raggiungere, almeno finora, l'acquisizione di un quadro probatorio che possa individualizzare il singolo soggetto da ritenere responsabile di un determinato fatto – cosa che mi pare impossibile, allo stato di quello che abbiamo finora accertato – mi pare estremamente inopportuno.
  Io sono tra coloro che crede moltissimo nella sinergia tra le pubbliche istituzioni, perché soltanto se vi sono scollamenti nelle istituzioni noi rendiamo meno efficace la nostra attività di contrasto alla illegalità. Però questo non può comportare un mettere insieme sullo stesso tavolo e quindi cercare di confondere responsabilità e funzioni che debbono restare diverse. In questo campo l'amministrazione più volte ci ha rappresentato tutte le difficoltà che sta incontrando per risolvere il problema, ma non perché ha partecipato a tavoli tecnici con noi, ma perché sono state presentate memorie, sono state presentate documentazioni, sono stati compiuti accertamenti. Quindi non attraverso un tavolo tecnico – che ci porterebbe a dialogare, mentre in questo momento, purtroppo, siamo nella situazione di dovere indagare e constatare determinate inefficienze – ma attraverso interlocuzioni di carattere formale e documentale sono state acquisite indicazioni e abbiamo consapevolezza del fatto che l'amministrazione si rende conto che il problema che dovrebbe risolvere ancora è lontanissimo da essere risolto.

  ALBERTO ZOLEZZI. Proprio nell'ottica di collaborazione vi faccio una domanda che non è tanto sulla parte ispettiva, ma riguarda appunto le metodiche di smaltimento. È uscito recentemente un rapporto della società privata REF che ha fatto una buona sintesi sulla gestione dei fanghi di depurazione in Italia – tra l'altro traendo un po' di dati da ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e altri dati da alcuni gestori ambientali – che vede che in Italia vengono prodotti circa 3,1 milioni di tonnellate di fanghi dalla depurazione civile e circa 700.000 di fanghi dalla depurazione inquadrata specificamente come depurazione industriale.
  La Sicilia è una delle regioni all'ultimo posto per depurazione, almeno secondaria, con meno del 43 per cento dei reflui depurati, almeno con un metodo secondario o maggiore o terziario. Questo ha poi dei costi, significa che una parte di quello che viene prodotto viene trasportato, ma anche quello che non viene depurato ha avuto dei costi andando a guardare le filiere per bonifiche e per motivi vari. Anche le regioni che producono più fanghi, compresi i fanghi prodotti in Sicilia, tendono a essere trasportati lontano, in particolare in Lombardia che accoglie sui suoi suoli il 50 per cento dei fanghi di depurazione nazionale, con dei costi. Forse non è un aspetto di competenza giudiziaria, probabilmente è più di competenza contabile, ma in questo rapporto di REF si percepisce che la filiera dei fanghi è paradossale. Probabilmente c'è un effetto addirittura sul consenso, perché i trasportatori dei rifiuti sono davvero tanti, probabilmente possono esercitare anche pressioni per continuare a trasportare i rifiuti, continuare ad esistere per attività che non hanno assolutamente senso. La Sicilia anche se produce pochi fanghi, quelli che produce in molti casi finiscono a mille chilometri di distanza.
  Io faccio notare che c'è la possibilità, essendo competenza concorrente, di fare anche leggi regionali. In Lombardia ci sono leggi regionali che ammettono una serie di CER (Catalogo europeo rifiuti) anche industriali allo spandimento. Sia chiaro che non voglio suggerire in qualche modo di esportare abitudini o leggi che in realtà hanno manifestato criticità, limiti, ricorsi e contenziosi, però in realtà la normativa consente un minimo di flessibilità.
  Attualmente in Italia sappiamo che è in vigore per i fanghi il decreto Genova, che è la normativa più restrittiva che c'è in tutta Pag. 13l'Unione europea, perché addirittura va a normare gli idrocarburi C10 e C40 che nessun altro Paese europeo fa. Questo per dire che ci sono varie possibilità, anche perché per i fanghi non prodotti è peggio. Si può lavorare molto a monte, anche se nel rapporto REF non c'è, prevenendo i fanghi con l'utilizzo di detergenti diversi. In Italia il 95 per cento dei fanghi sono trasformati in correttivi, gessi, proprio per bypassare il decreto Genova che è restrittivo. Questa non è una misura virtuosa, perché spesso questo viene fatto solo per perdere tracciabilità e adesso è in corso un lavoro con il MiTE (Ministero della transizione ecologica), e con il Ministero dell'agricoltura per migliorare la norma.
  Sul discorso che avete fatto ci sono varie possibilità, non tanto giudiziarie, ma tecniche. Il 26 aprile parleremo di piattaforme del fosso, di recupero di materia dai fanghi, ci sono sperimentazioni sull'utilizzo di microorganismi per sciogliere la parte finale dopo il recupero chimico.
  Ci tenevo a fare questo tipo di intervento che esula dalle vostre importanti indagini e analisi, perché credo che sia fondamentale. Noi stiamo affrontando le acque reflue in Sicilia, però va inquadrata di più nel contesto nazionale. Questo è un suggerimento per tutti, dove probabilmente su un ambito nazionale arriverebbero anche maggiori spunti normativi.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Io di questo prendo atto e sono pienamente convinto del fatto che qui più che una problematica da affrontare in sede giudiziaria, sia da affrontare in sede di buona amministrazione.
  Però devo assolutamente evidenziare un fatto. La problematica del tutto scorretta di smaltimento dei fanghi, che porta ovviamente a conferire come rifiuto in altre zone di Italia questi prodotti, è del tutto in linea con la politica di smaltimento in Sicilia, che è tra le più inefficienti che si verificano nelle regioni italiane, anche dei rifiuti solidi urbani, di cui i fanghi rappresentano una categoria del tutto particolare. In Sicilia – come sapete benissimo, è stato evidenziato più volte – il problema dello smaltimento dei rifiuti (quasi tutti finiscono in discarica), è uno dei problemi più gravi, un altro tra i più grossi problemi che interessa l'ambiente. So che questo sarà ed è stato oggetto di altre attività, però diciamo che il modo sbagliato di smaltire i fanghi va di pari passo con il modo assolutamente errato di smaltire i rifiuti solidi urbani.

  FABRIZIO TRENTACOSTE. Mi ricollego a quanto ha chiesto prima il collega Zolezzi, a quanto sta affermando adesso il procuratore Zuccaro, che ringrazio anche per la sensibilità, e la decisione con cui sta esponendo i fatti e manifestando una attenzione ambientale che va ben oltre la mera funzione inquirente che è propria dei magistrati.
  Volevo, ricollegandomi appunto alla discussione relativa ai fanghi, chiedere in relazione al vostro documento prodotto lo scorso 28 ottobre del 2019 con il quale ci informavate di una denuncia a carico del rappresentante legale e del direttore generale della SIDRA S.p.A. per un deposito temporaneo di fanghi presso le aree di pertinenza del depuratore di Pantano d'Arci. Dove, ricordiamo, è stato sequestrato un capannone all'interno del quale erano custoditi circa 250 metri cubi, quindi il corrispondente di dieci Tir di fanghi stoccati in maniera impropria e illegale. Ora nei limiti di quanto riferibile volevo chiedere quali fossero le evoluzioni e l'esito del procedimento penale che è scaturito?

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Il procedimento al quale Lei ha fatto riferimento si collega anche temporalmente al periodo a cui ho fatto cenno anche nel mio precedente intervento nel quale abbiamo registrato nel territorio di nostra competenza una grande difficoltà la gestione dei fanghi, perché le discariche non intendevano assolutamente ricevere i fanghi medesimi.
  Tenete conto che sul nostro territorio le discariche sono gestite da soggetti privati, i quali in buona sostanza possono sul piano contrattuale anche avere una libertà di Pag. 14scelta che altrimenti non gli sarebbe consentita.
  Nel caso in questione sono intervenuti due aspetti, da una parte il responsabile della SIDRA, anzi i funzionali della SIDRA e i due tecnici, il legale rappresentante e altro soggetto che era comunque stato interessato dall'indagine, hanno provato e dimostrato di avere fatto quanto è nelle loro possibilità per smaltire i fanghi.
  E che, dunque, quel deposito per quanto delle dimensioni che ha poc'anzi indicato l'onorevole era necessitato dal fatto che non riuscivano in alcun modo a collocarlo in discarica. Tutto ciò documentato. In più, è stato possibile anche verificare che in realtà al momento poi del nostro intervento, dell'intervento della procura si era agito sui fanghi medesimi con le modalità dell'essiccamento previste dalle leggi, per modificarne e diminuirne l'impatto ambientale. Ma ciò che conta ai nostri fini è che proprio non si era in quel momento, non vi era la possibilità di smaltirlo discarica e questa ragione erano lì. E quindi vi è stata una impossibilità che mi ha indotto a non ritenere possibile l'esercizio della azione penale nei confronti dei responsabili della SIDRA.
  Vorrei, anche, aggiungere che in quell'arco di tempo abbiamo avuto continue interlocuzioni con i dirigenti dell'ARPA, con i responsabili degli uffici tecnici, e quindi dell'ARPA per un verso della provincia regionale e per altro verso perché ex provincia regionale, perché erano coloro i quali avevano il compito di vigilare su questo argomento e anche i tecnici mi hanno confermato che queste difficoltà obiettive erano esistenti, erano reali, erano concrete e dunque non hanno potuto non influire poi sulla valutazione della responsabilità dei singoli.

  FABRIZIO TRENTACOSTE. Vorrei, Presidente, porre un'altra domanda, anche diciamo se vogliamo la constatazione di carattere più generale sempre relativamente ai fanghi, in considerazione di quanto è stato affermato anche nel precedente intervento da parte della dottoressa Santonocito.
  Sempre partendo dalla relazione del 28 ottobre del 2019, prodotta dalla procura di Catania, è emerso un quadro preoccupante della situazione in cui versano gli impianti di depurazione della provincia di Catania, e quindi le criticità derivanti dal trattamento e dallo smaltimento dei fanghi di depurazione.
  Ora, in considerazione di quanto riferiva il procuratore Zuccaro circa le criticità che questi fanghi danno per il loro conferimento in discarica, farei notare anche con un aggravio, un aumento dei costi in tariffa a carico degli utenti, oltre al fatto che le discariche che ricevono fanghi producono una quantità maggiore e peggiore di percolati. O le criticità che sono connesse al loro incenerimento, ricordiamoci che peraltro questi fanghi anche quando sono disseccati sono materie che hanno un'umidità relativa alta e quindi se vogliamo abbassano il gradiente termico degli impianti di incenerimento e la distruzione termica poi comporta anche delle criticità ambientale per le emissioni in atmosfera. E, non ultimo, in agricoltura, e lo dico anche da componente della Commissione agricoltura del Senato, la cattiva questa di questi fanghi, oltre che la presenza di sostanze irriducibili come i metalli pesanti, i furani, le diossine, il cromo esavalente, spesso sui terreni destinati alla produzione agro alimentare pongono dei problemi se vogliamo che queste produzioni siano produzioni di qualità.
  Ora, per chiudere, volevo sapere in qualche modo, ero interessato a conoscere il punto di vista della procura di Catania, diciamo di due magistrati che si sono occupati della tematica, e circa questa situazione di stallo delle difficoltà anche da voi segnalate, non ultimo quelle economiche, in relazione allo smaltimento dei fanghi, e quindi che cosa se vogliamo ne pensate diciamo di questa situazione? Facendo anche riferimento all'ottima considerazione fatta dal collega Zolezzi sulle pressioni che il trasporto stesso dei fanghi può esercitare in una dinamica che appare spesso esasperata e interessata da un punto di vista economico, più che ambientale.

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  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). In effetti sul punto non possiamo non rilevare questo: non vi è dubbio che vi sono interessi privati che sono assolutamente convergenti nel rendere questa situazione critica una situazione il più possibile da perpetuare nel tempo.
  Il fatto che si debba continuare ad utilizzare in misura prevalente il conferimento in discarica anche per i fanghi, come per molti dei rifiuti solidi urbani, il fatto che si sia costretti per insufficienza delle nostre discariche a, da una parte, effettuare trasporti fuori dalla Sicilia, dall'altra a richiedere l'apertura di nuove discariche, diciamo così, attraverso una valorizzazione di fatto di carattere speculativa di terreni appartenenti a determinati soggetti ovviamente in grado di influire sulle scelte dell'amministrazione nella localizzazione delle nuove discariche temporanee o meno da proporre, sono sicuramente situazioni nelle quali l'attuale inerzia delle amministrazioni, e qui parliamo non soltanto del livello comunale, ma anche del livello regionale nell'adottare decisioni il più possibile drastiche nell'invertire questa situazione preoccupante per cui quasi tutto ciò che va buttato deve finire in discarica, certamente finisce per dar luogo a speculazioni private che, sappiamo anche da indagini giudiziarie che hanno interessato procure diverse dalla nostra, ma comunque in Sicilia, hanno portato a grossissimi coagulazione di interessi di carattere illecito per non uscire mai da questa situazione.
  Quindi noi riteniamo che certamente vanno a braccetto, purtroppo, l'inefficienza amministrativa, quando non vi è di peggio, e interessi speculativi di singole persone. Non solo di autotrasportatori, ma anche di soggetti che sono proprietari o che hanno la disponibilità di terreni che vengono utilizzati per le discariche.

  PIETRO LOREFICE(intervento da remoto). In merito al corso d'acqua in zona Playa, a cui faceva riferimento il procuratore, chi materialmente opera questa interruzione o questo sbarramento in prossimità del periodo estivo? Cioè vorrei capire chi opera e se questo blocco dello sversamento di un canale di un fiume è gestito e regolato? Che cosa si fa? Bloccano l'afflusso e poi si procede a un lagunaggio? A una tecnica di contenimento di che natura? Sarebbe possibile avere maggiori informazioni?
  Poi Le chiedo se è possibile anche avere informazioni relative alla origine dei vari procedimenti penali, se di impulso diretto della procura o delle forze dell'ordine perciò i vari nuclei specializzati dal NOE, alla Capitaneria di porto, per capire l'origine dei vari procedimenti penali cui avete fatto riferimento, o se a seguito di esposti di associazioni, comuni cittadini, o anche esposti anonimi per quanto posso essere presi in considerazione?
  Un'ultima domanda puntuale: è avere il vostro punto di vista su quella che è l'attuale, diciamo, dotazione di personale, anche strumentale dell'ARPA Sicilia, perché dalle varie, diciamo, interlocuzioni avendo sentito tanti soggetti è emerso un quadro poco confortante per quanto riguarda, diciamo, la dotazione di uomini e mezzi da parte di ARPA Sicilia, che spesso non è in grado di potere operare in maniera puntuale e tempestiva ed efficace ed efficiente, sia per il controllo, ma anche per successive indagini, non so se voi come procura vi avvalete direttamente dei tecnici dell'ARPA o vi avvalete di vostri consulenti personali, di consulenti tecnici specializzati o di laboratori di parte.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Se mi consentite, invertirei l'ordine, in questo caso degli interventi. Cioè chiederei alla collega di intervenire riservandomi di completare qualche punto ove mai dovesse esservene la opportunità.

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Ringrazio il Senatore Lorefice per le domande che ha posto, perché mi consentono di esporvi alcune delle doglianze che in realtà possiamo rappresentarvi e che rispetto alle quali, probabilmente, avrete la possibilità di un intervento che a noi è precluso. Pag. 16
  Innanzitutto diamo le risposte più semplici: i procedimenti sono stati avviati, quelli dei quali vi ho parlato e altri dei quali non ho avuto occasione di parlarvi in vario modo, talvolta per la segnalazione di cittadini, altre volte per le associazioni che si propongono come fine quello di tutelare l'ambiente, così per esempio per Pantano d'Arci, altre volte ancora le segnalazioni che ci provengono e dalle forze di polizia giudiziaria e dagli organi tecnici.
  Detto questo, però, devo anche rappresentarvi che dal mio punto di vista lo Stato potrebbe immaginare, potrebbe pensare, potrebbe a mio avviso impegnarsi per dare maggiore risorse agli organismi, alle forze di polizia, agli organismi tecnici, alle forze di polizia che in modo particolare si occupano dell'ambiente.
  Io immagino che voi abbiate avuto modo di ascoltare, di sentire le parole di appartenenti al NOE, per esempio, o all'ARPA, e per quanto non abbia avuto modo di consultare le loro dichiarazioni rese alla Commissione, io sono certa, perché è la verità, che vi abbiano rappresentato come le dotazioni organiche sono veramente inadeguate alle esigenze.
  Per quanto riguarda il NOE, che ha sede a Catania e si occupa di tutto il della provincia di Messina, tutto il territorio della provincia di Catania, per arrivare anche alla provincia di Siracusa, e spingersi nel centro della Sicilia fino agli estremi limiti di Caltagirone, e un po' più in là, il NOE è dotato credo di non più di 15 o 16 uomini. Il che significa che se tutte le procure di questo comprensorio volessero parlare contestualmente con il NOE non avrebbero gli uomini sufficienti da mandare a colloquio con i procuratori.
  Una indagine complessa, una indagine seria sull'ambiente o sui depuratori, come potrebbe essere anche sullo smaltimento dei rifiuti o sul traffico dei rifiuti, richiede l'impegno di uomini che abbiano delle conoscenze qualificate che non sono quelle che possono avere le forze di polizia. Se vogliamo fare una indagine sulle discariche è bene, è necessario avere del personale che abbia esatta contezza di come funziona una discarica, di come funziona lo smaltimento dei rifiuti, di quali debbono essere le regole da applicare in materia.
  Questo è piuttosto complesso per noi ottenerlo, e solo per alcune indagini possiamo avvalerci del NOE. Uguale discorso vale l'ARPA, perché l'ARPA è certamente un ufficio che ha delle importantissime competenze, non solo di polizia giudiziaria. E anche lì ciò che mi viene rappresentato dai dirigenti dell'ARPA è una assoluta inadeguatezza e devo dire che i numeri sono esattamente a conforto di quanto essi mi rappresentano.
  E allora a me sembra che si debba, anche in quel caso, implementare le fila di un ufficio che dovrebbe essere centrale in qualunque politica di gestione e di tutela del territorio. Certo poi ci possiamo anche avvalere di professionisti o di società che operano nel settore, lo facciamo, con aggravi che potete intuire per quanto riguarda le spese che poi vanno a cadere sull'erario.
  Quanto, poi, alla questione specifica sulla quale aveva formulato una domanda il Senatore, cioè relativa alla diga che viene posta per evitare che i liquami arrivino direttamente sulle spiagge che sono un vanto della nostra Catania vi devo dire che ciò accade sulla scorta di provvedimenti che vengono formalmente adottati dall'ufficio manutenzione e servizi tecnici del comune di Catania.
  Non voglio dire che questi siano provvedimenti che io sottoscriverei o che ritengo siano i più adeguati, ma certo mi rendo conto che non impedire l'arrivo dei liquami sulla costa significherebbe certamente compromettere in modo assoluto la possibilità per i catanesi, per i turisti di fruire delle spiagge. Una soluzione va presa sicuramente, ma non spetta certamente alla procura indicare quale possa essere la migliore.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Per la dotazione di ARPA Sicilia?

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Ho già riferito che l'ARPA Pag. 17Sicilia ha una dotazione assolutamente insufficiente. Sono tecnici bravissimi, di cui ci avvaliamo quotidianamente e con i quali interloquiamo anche informalmente per comprendere bene come regolarci, ma ripeto che anche lì vi sono dei problemi ancora più drammatici relativi al personale. Peraltro, nell'ultimo anno sono andate in pensione molte delle persone che avevano maggiore esperienza all'interno di quell'ufficio e non mi risulta che abbiano ancora assunto altre persone. Il periodo in cui viviamo e il sostanziale blocco dei concorsi a causa del COVID-19 ha probabilmente reso tutto più difficile, però non mi è stato detto che vi fossero dei concorsi in corso per l'assunzione di ulteriore personale tecnico.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Per quanto riguarda il NOE, ci sono degli accordi tra i vari procuratori, soprattutto quelli distrettuali e la forza di polizia, il NOE. Considerando quella che è la grande limitazione dell'organico del NOE, a quest'ultimo vengono affidate soltanto le indagini più rilevanti, quelle che non possono assolutamente prescindere da una forza di polizia così specializzata e qualificata e, quindi, molte delle altre indagini vengono affidate ad altri organi tra cui, per esempio, le capitanerie di porto, anch'esse con un personale piuttosto ridotto che si occupa della polizia giudiziaria. Proprio questa dotazione di uomini così limitata porta a un'opera di autolimitazione anche da parte della procura, che fa ricorso a questo tipo di forze di polizia soltanto per le indagini più importanti.
  Non so se sia anche auspicabile e opportuno un innalzamento dell'organico in misura tale da rendere il NOE l'unico organo che si debba occupare di questo tipo di indagini, tenuto conto che molte di queste indagini sono espletabili anche da altre forze di polizia e che un eccessivo ampliamento dell'organico – un ampliamento è sicuramente auspicabile – rischia di ridurre fortemente la qualità e il livello medio dei componenti del NOE che, invece, abbiamo bisogno di mantenere a livelli elevati. Sicuramente l'aumento è opportuno, ma non esagererei sul suo coinvolgimento in tutte le indagini.
  Per quanto riguarda l'ARPA, devo dire che vi è un aspetto che in questi ultimi anni ci è sembrato positivo: sono state avvicendate per pensionamento o per altro alcune figure che non offrivano esempi cristallini di impermeabilità a pressioni di carattere non del tutto lecito. Anche da questo punto di vista, a mio avviso l'aver scelto di concentrare in sede centrale le attività di polizia giudiziaria dell'ARPA è stata una scelta strategicamente valida proprio per evitare che i condizionamenti locali potessero incidere sull'efficienza di questa forza di polizia, che indubbiamente – come diceva benissimo il procuratore aggiunto – è un organismo che dovrebbe essere ulteriormente incrementato e il cui organico dovrebbe essere irrobustito; ma la cosa fondamentale è soprattutto mantenere un'impermeabilità rispetto a condizionamenti locali che, purtroppo, nel passato non è stata sempre assicurata.

  PRESIDENTE. Avrei bisogno di alcune indicazioni specifiche. Nella relazione che ci avete mandato avete parlato del sequestro di due impianti che ci è stato segnalato anche dalla Guardia di finanza. Il sequestro riguarda una lavanderia nel comune di Aci Catena e un autolavaggio nel comune di Catania. Ci può dare informazioni specifiche e dirci se ce ne sono altri? È un episodio fine a sé stesso oppure c'è una illegalità diffusa nei vari settori dell'artigianato e delle piccole imprese?
  Dalla vostra relazione emerge anche il procedimento penale numero 12398 del 2020 sul delitto di inquinamento ambientale in un centro abitato di 50 mila abitanti. Può dirci di quale città stiamo parlando? Non siamo riusciti a capirlo e quindi vorremmo maggiori dettagli a riguardo.
  Infine, può darci ulteriori dettagli sul procedimento penale numero 870 del 2021 che riguarda sempre inquinamento ambientale, ovvero la produzione di rifiuti pericolosi nel depuratore di Catania da parte di un'impresa locale?

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento Pag. 18 da remoto). Andando in ordine, per quanto riguarda i sequestri che lei ha segnalato, vale a dire quello della lavanderia o dell'autolavaggio, devo rappresentare che in un contesto come quello catanese, ove non di rado assistiamo all'avviamento di attività di piccola o media dimensione da parte di imprenditori improvvisati, non di rado troviamo episodi in cui i titolari di queste imprese non rispettano le norme in merito allo smaltimento delle acque relative ai lavori da loro effettuati.
  Si tratta di casi in cui riusciamo certamente a intervenire. Non ve ne ho parlato perché non mi sembra che rappresentino una problematica così grave da poter venire all'attenzione della Commissione. Si tratta di più casi che affrontiamo. Infatti, quotidianamente le forze dell'ordine, anche quelle non specializzate, procedono al controllo delle attività, soprattutto degli autolavaggi e delle lavanderie, ma anche delle piccolissime attività artigianali che producono dei rifiuti pericolosi, come le autocarrozzerie. In questo caso interveniamo con i sequestri e svolgiamo in modo adeguato il nostro compito per quello che riguarda la protezione del bene pubblico, ovvero la salubrità dell'ambiente e del sottosuolo dove questi scarichi non consentiti vengono effettuati. Credo di non dover aggiungere altro su questo.
  Per quanto riguarda il procedimento numero 12398 del 2020, è quello di cui vi ho già parlato, ma ho omesso di dirvi il numero, che troverete nella relazione che vi manderemo. Il procedimento riguarda il caso di cui vi ho parlato del comune di Paternò, laddove la società di gestione dell'impianto di depurazione aveva malamente effettuato lo scarico dei fanghi direttamente in un corso d'acqua, non rispettando quelle che erano le prescrizioni che erano state date dalla regione.
  Per quanto riguarda il procedimento numero 870 del 2021, purtroppo non vi posso dare ulteriori particolari, perché le indagini sono in corso. Più di dirvi che si trattava di un'impresa che immetteva nel depuratore dei reflui non adeguatamente trattati, purtroppo – vorrete comprendermi – non posso aggiungere altro.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Per il procedimento 12398 vi allegheremo l'avviso di conclusione delle indagini.

  LUCA BRIZIARELLI. Solo un minuto, presidente, per cogliere lo spunto relativo al NOE, rispondere alla procura e rivolgerlo nuovamente anche ai colleghi. Confermo quello che è già stato chiesto, ovvero che tanto da ARPA che dal NOE è stata segnalata la necessità di provvedere a colmare delle carenze. Cogliamo lo spunto, e ne terremo conto per le domande alla regione, in relazione a quello che, neanche tanto tra le righe, ci segnalava relativamente a determinati soggetti di ARPA.
  Vi vorrei far notare che già a dicembre abbiamo presentato una mozione – ripropongo ai colleghi la possibilità di sostenerla tutti insieme – per il potenziamento del NOE secondo quel principio di mantenimento della funzione e della qualità del servizio, sulla base di quanto già fatto dal precedente Ministro dell'ambiente, con il potenziamento di 50 unità per la Campania. Inoltre, noi proponevamo che potesse essere autorizzato un uguale potenziamento per la Sicilia e la Calabria, mantenendo le funzioni e il livello della qualità del servizio proprio per fare in modo che non ci sia un rallentamento nella persecuzione dei reati e nello svolgimento delle attività non per mancanza di potenziali reati, ma per mancanza di personale. Su questo rivolgo anche al presidente la possibilità di farsi carico di raccogliere questo spunto.

  PRESIDENTE. Poi ne parleremo in un'altra sede. Aggiungo un'altra domanda sul depuratore di Motta Sant'Anastasia, il numero 6775 del 2018, di cui abbiamo già parlato, però volevo chiarire e capire meglio il punto, ovvero quando la stessa procura ha poi revocato la propria richiesta nel 2019, perché il tribunale di Catania non si era ancora pronunciato sulla stessa. Ci fate capire che cosa è successo e perché non si è pronunciato?

  AGATA SANTONOCITO, Sostituto procuratore della Repubblica di Catania (intervento Pag. 19 da remoto). Per quanto riguarda la questione del depuratore del comune Motta, devo necessariamente riallacciarmi a quanto ha già esposto il procuratore. Per la verità, per quanto riguarda questi depuratori, cerchiamo di centellinare le richieste di sequestro e da ultimo non le formuliamo neanche più, perché – proprio come abbiamo già chiarito – il sequestro non è risolutivo, perché di norma la misura giudiziaria in quel momento non potrebbe far meglio degli amministratori che gestiscono il servizio. Quindi, preferiamo non farle perché non possiamo bloccare tout court l'attività del depuratore per le conseguenze sulla vita di tutte le persone che vanno a scaricare, seppur malamente, su quel depuratore.
  Per quanto riguarda il depuratore di Motta, bisogna dire che, a nostro avviso, l'ufficio del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania non è perfettamente dimensionato sia rispetto alle esigenze del territorio, sia rispetto al numero dei sostituti procuratori. La proporzione prevista dall'ordinamento tra pubblici ministeri e giudici non è esattamente rispettata, il che significa che la procura della Repubblica redige numerose richieste di misure cautelari, personali e patrimoniali per reati più o meno gravi, ma normalmente per reati di grande allarme. Ricordiamoci che questa è una procura distrettuale e, quindi, ci occupiamo anche di reati di grave allarme sociale come sono quelli connessi all'attività della mafia. Tra le numerose richieste vi era anche questa in particolare che non è stata esaminata tempestivamente, certamente perché il giudice aveva altre cose più gravi e più urgenti di cui occuparsi. A quel punto abbiamo ritenuto che fosse più utile esercitare l'azione penale, che tutto sommato ha anche una funzione latamente rieducativa, volta a indurre gli amministratori a più miti consigli e a porre maggiore attenzione a quello che è necessario fare per garantire il rispetto della legge. Revocata la richiesta di misura che bloccava ogni altra attività, abbiamo ritenuto che fosse più utile richiedere il rinvio a giudizio.

  CARMELO ZUCCARO, Procuratore della Repubblica di Catania (intervento da remoto). Desidero chiarire alcuni punti. Non è che la percentuale di magistrati addetti all'ufficio GIP di Catania sia errato sotto il profilo delle proporzioni dettate dal Consiglio superiore della magistratura rispetto al numero dei sostituti procuratori. Vi è un numero che il Consiglio superiore della magistratura ha considerato come il numero minimo adeguato e quel numero è rispettato pur con tutte le difficoltà che ha il tribunale di Catania.
  Questo problema si verifica in quasi tutte le procure distrettuali in Italia o comunque almeno in quelle del Meridione. A nostro avviso questa proporzione tra GIP e pubblici ministeri è inadeguata e in tale inadeguatezza si innesta il fatto che per ogni giudice dell'indagine preliminare è più naturale preoccuparsi di star dietro al rispetto dei termini per il deposito delle sentenze che sempre più spesso sono chiamati a emettere in sede di giudizio abbreviato – il mancato rispetto di quei termini comporta la certezza dell'apertura di un procedimento disciplinare e la probabilità di andare incontro a sanzioni –, piuttosto che star dietro alle misure cautelari che, invece, proprio per definizione sarebbero assolutamente urgenti da adottare, ma per cui non è previsto nessun termine, perché vengono redatte quando ne viene fatta richiesta. La procura di Catania spesso è costretta ad attendere più di un anno per misure anche non particolarmente impegnative, come le misure cautelari e personali, e tempi anche più lunghi per altre misure di carattere reale, quando sono particolarmente impegnative.
  Vi rendete conto che i tempi sono assolutamente inadeguati e incompatibili con le esigenze cautelari, perché se si giustifica la misura cautelare in mancanza di una sentenza di accertamento di colpevolezza, è soltanto perché vi è un pericolo immediato per la tutela della collettività, per assicurare che il soggetto non fugga o inquini le prove. Questi tempi elevatissimi di attesa non dipendono da scelte organizzative sbagliate da parte della presidenza del tribunale, bensì dal dato oggettivo che questi Pag. 20criteri ritenuti idonei dal Consiglio superiore della magistratura non sono assolutamente idonei. Credo che quasi tutte le procure d'Italia vi abbiano segnalato questo tipo di problema.
  Noi stiamo combattendo contro tempi di attesa che sono veramente incompatibili con le esigenze cautelari. Nell'ottica di questa problematica più generale è stata revocata una richiesta di sequestro, perché avremmo atteso tempi indefiniti e nel frattempo saremmo andati incontro a rischi di prescrizione che non volevamo assolutamente correre, per non parlare del fatto che con l'esercizio dell'azione penale, avremmo comunque individuato per gli amministratori quali erano le condotte che non dovevano continuare più a tenere.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e, in attesa di documentazione, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.