XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 17 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Nardi Martina , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, del Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sulla Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Nardi Martina , Presidente ... 3 
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dello sviluppo economico (intervento da remoto) ... 3 
Nardi Martina , Presidente ... 7 
Sut Luca (M5S)  ... 8 
Moretto Sara (IV)  ... 9 
Zucconi Riccardo (FDI)  ... 10 
Carrara Maurizio (LEGA)  ... 10 
Soverini Serse (PD)  ... 12 
Squeri Luca (FI)  ... 13 
Nardi Martina , Presidente ... 13 
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dello sviluppo economico (intervento da remoto) ... 13 
Nardi Martina , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTINA NARDI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, del Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sulla Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione, in videoconferenza, del Ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sulla Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18.
  Ringrazio il Ministro. Nel dargli la parola per lo svolgimento della sua relazione, invito i deputati che intendono intervenire in sede di dibattito a comunicarlo alla Presidenza al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, grazie. Prego, Ministro.

  GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dello sviluppo economico (intervento da remoto). Grazie, la modalità è quella che ci consente la tecnologia, quando funziona. Speriamo che presto ci possiamo vedere tutti di persona.
  Il Recovery Plan offre una preziosa opportunità non soltanto per superare la più grave crisi economica e sociale dal secondo dopoguerra, ma anche per correggere alcuni limiti delle politiche economiche perseguite negli ultimi decenni. In particolare per rimediare a quella che da più parti è stata descritta come l'assenza di una politica industriale del nostro Paese. Si tratta quindi di una grande occasione che dobbiamo cogliere in coerenza con le indicazioni fornite dalla Commissione europea, a partire dai vincoli quantitativi fissati con riferimento agli obiettivi prioritari della transizione del digitale e della conversione dei sistemi produttivi in senso ambientale. Questo dovrà comunque avvenire calando quegli obiettivi nella realtà concreta del tessuto produttivo italiano; né si possono trascurare le condizioni e gli obiettivi posti dall'Unione europea con alcune delle iniziative di carattere strategico adottate negli anni più recenti per preservare e rilanciare la competitività dell'economia europea. Mi riferisco in primo luogo alla cosiddetta rinascita industriale, vale a dire all'obiettivo che la Commissione europea si prefigge di realizzare per il prossimo futuro di riportare la quota del PIL derivante dall'attività manifatturiera al 20 per cento. Tale strategia si completa con la recente adozione di più efficaci misure di spesa commerciale per tutelare la manifattura europea dalla concorrenza spregiudicata e spesso sleale di alcune delle cosiddette economie emergenti a partire dalla Cina, così come con l'individuazione di alcuni comparti quali l'automotive e la siderurgia per i quali è necessario delineare un complesso di misure di sostegno in considerazione dell'incidenza che gli stessi assumono per i sistemi produttivi europei. A questo proposito stiamo valutando la possibilità di Pag. 4estendere l'ambito di applicazione della normativa golden power anche a filiere che allo stato ne sono escluse e che rivestono invece un evidente rilievo nell'assetto economico nazionale.
  Queste a grandi linee sono le direttrici entro cui dobbiamo muoverci con la definizione della versione definitiva del piano nazionale, partendo dalla considerazione che l'Italia insieme alla Germania, ancor più della Francia, è il Paese europeo a più forte vocazione manifatturiera. Abbiamo un sistema produttivo ramificato che copre tanti settori e tuttora registra numerose eccellenze che tuttavia richiedono di essere supportate da politiche pubbliche coerenti e non frammentarie o incoerenti come spesso è avvenuto. Sul valore aggiunto complessivo della manifattura quantificato nell'ordine di 2,4 miliardi di euro a livello di Unione europea, l'Italia si colloca subito dopo la Germania. L'Italia è un Paese dove il «saper fare» risale a una lunga tradizione in cui vengono realizzati tanti prodotti di qualità e le competenze sono largamente diffuse con specializzazioni anche differenziate nei diversi territori. Si tratta di un patrimonio di conoscenze ed esperienze accumulate nei secoli e di cui essere orgogliosi. Si tratta di un numero rilevantissimo di soggetti, di diciassette milioni di addetti e quattro milioni e mezzo di unità produttive che testimoniano una propensione fortissima all'attività imprenditoriale così come alla flessibilità e alla capacità straordinaria di adattamento che si è rivelata preziosa, in particolare, nei momenti di crisi: ricordo la fase tra il 2008 e il 2009 e anche ora, con riferimento alla tragica pandemia. La netta prevalenza di piccole e medie imprese non deve però far trascurare l'esistenza di grandi imprese – o meglio quelle con almeno 250 dipendenti – che comunque garantiscono l'occupazione a un milione di addetti. L'industria italiana è un investitore formidabile: il volume di investimenti annuali supera i 40 miliardi di euro. La prevalenza delle grandi imprese in questo campo è evidente perché assorbe oltre il 40 per cento. Però, come ho detto, le piccole e medie imprese sono di fatto il tessuto su cui si costruisce la nostra economia, quindi dobbiamo concentrare l'attenzione in particolare su di esse e in particolare – lo dico perché secondo me è centrale questo tema – sull'imprenditore. L'imprenditore anche come persona fisica è la figura chiave per il successo della nostra economia, il vero fattore di traino delle dinamiche produttive dell'innovazione a fronte di servizi pubblici e di pubbliche amministrazioni che sono spesso un elemento di freno. In un Paese come il nostro con un andamento demografico caratterizzato dall'invecchiamento della popolazione e da scarsa natalità, la valorizzazione del ruolo dell'imprenditoria dovrebbe costituire un obiettivo condiviso. Occorre ricollocare la crescita con la creazione di nuova ricchezza al centro delle strategie nazionali per garantire una collocazione non marginale all'Italia negli scenari internazionali del prossimo futuro. Senza la forza creativa dell'imprenditoria non ci sono margini adeguati per ridurre i divari. Qui vorrei osservare che si è fatto riferimento, anche dopo il discorso del Presidente Draghi, a Schumpeter e al processo di «distruzione creativa». Io penso che, senza citare gli «spiriti animali» che nel processo di distruzione creativa assicuravano la rigenerazione del sistema, avremmo soltanto distruzione e non distruzione creativa; quindi l'imprenditore serviva prima e serve a maggior ragione ancora oggi.
  Dobbiamo invertire quindi la logica che da troppe parti sembra prevalere con un'insufficiente attenzione o con una sottovalutazione del ruolo propulsivo dell'imprenditorialità e in particolare delle attività manifatturiere per quanto riguarda le prospettive future del Paese. Per questo motivo trovo ingenerose e sbagliate le analisi semplicistiche di chi definisce in termini di old economy larga parte della manifattura italiana, quando invece abbiamo innumerevoli prove dello sforzo e dell'impegno compiuto nei settori più tradizionali, a partire dal tessile così come nell'arredo alimentare, per progettare e applicare nuovi prodotti o nuove tecniche di produzione. Non a caso negli anni più recenti, prima dell'esplosione della pandemia, il PIL è stato trainato essenzialmente dalla capacità del Pag. 5sistema manifatturiero di mantenere e in alcuni casi di recuperare quote di mercato attraverso un andamento positivo delle esportazioni a fronte di una domanda interna molto fragile. Per questo motivo ritengo doveroso accompagnare le strategie per l'aggiornamento tecnologico indicate nel piano nazionale con alcune misure di rapido intervento che consentano di traghettare una parte delle imprese manifatturiere nazionali particolarmente esposte all'impatto della pandemia, a un compiuto recupero attraverso il sostegno finanziario temporalmente limitato che non deve comportare l'ingresso dello Stato negli assetti proprietari, ma limitarsi all'erogazione di un prestito da restituire ovvero all'attivazione di una garanzia.
  Sotto questo profilo vorrei osservare che l'ampia strumentazione oggi a disposizione non copre l'intero spettro delle necessità; in particolare nei casi in cui la crisi si manifesta e si conclama nei concordati ovvero nelle amministrazioni straordinarie. Sotto questo aspetto noi abbiamo proposto al Ministero dell'economia e delle finanze ulteriori norme che, nei limiti e compatibilmente con la normativa europea, possano supplire a questo deficit di strumenti che oggi noi abbiamo e che prevedono sempre sostanzialmente la partnership di un soggetto privato che non sempre, in un periodo come questo, si riesce a trovare. La transizione digitale non va intesa nel senso che l'economia del futuro passerà interamente per un'integrale digitalizzazione; piuttosto deve essere colta come l'occasione per aggiornare i processi produttivi e per collocare la manifattura italiana alla frontiera tecnologica: presupposti indispensabili per correggere la tendenza alla produttività marginale decrescente propria delle economie mature. Questo è l'approccio che stiamo seguendo per apportare alla bozza del piano nazionale alcune correzioni. Partiamo dall'assunto che un ulteriore importante elemento di novità derivante dalle indicazioni europee è la necessità di individuare progetti che siano effettivamente realizzabili, il cui stato di avanzamento deve essere monitorabile con cadenze precise e molto serrate. In sostanza non dobbiamo fare l'errore di indicare obiettivi e perseguire progetti che non siano concretamente attuabili così come dobbiamo evitare il rischio di una dispersione di risorse su un numero eccessivo di progetti che non posseggono le dimensioni di scala adeguate per segnare una netta discontinuità nella fase depressiva in corso. Non possiamo certo permetterci di proporre all'Europa iniziative che rimanendo sulla carta verrebbero inevitabilmente definanziate con un gravissimo danno per l'intero Paese. Inoltre deve essere a tutti chiaro che in questa occasione non possiamo ripetere gli errori che troppo spesso abbiamo compiuto per quanto concerne l'utilizzo delle risorse destinate alle politiche di coesione per il superamento dei divari regionali. Occorrono progetti realistici, certamente ambiziosi, ma che siano in grado di produrre risultati e consentano di compiere progressi sotto il profilo del recupero della produttività. Sotto questo aspetto tengo anche a sottolineare quanto sia necessaria – oltre che predisporre strumentazioni, incentivi e risorse – la capacità di monitorare e di valutare quanto questi strumenti effettivamente incidano. Questo non semplicemente perché ce lo chiede il piano europeo, ma perché è necessario per noi capire quali strumenti siano più efficaci e possano produrre risultati. A questo proposito devo dire che questa occasione del piano nazionale è l'occasione per mettere attorno a un tavolo – cosa che sto cercando di fare – i vari soggetti, in particolare Invitalia e Cassa Depositi e Prestiti, ma anche Banca d'Italia, ISTAT e OCSE, per costruire un sistema a matrice che ci consenta di conoscere e misurare la validità dei diversi strumenti di intervento attraverso una banca dati utile a verificare se la stessa impresa si sia avvalsa di più forme di agevolazioni e che uso concreto ne abbia fatto. Lo dico perché l'esperienza di queste prime settimane al Ministero dello sviluppo economico (MISE) mi ha fatto conoscere un amplissimo ventaglio di incentivi di cui però probabilmente anche noi perdiamo contezza e di cui sicuramente non hanno contezza gli operatori. Abbiamo necessità di sistematizzare tutto il repertorio di possibilità di intervento – e ce ne sono tante, Pag. 6ribadisco – attraverso lo Stato, gli strumenti che il Ministero dell'economia e anche il MISE mettono a disposizione. Più in dettaglio stiamo valutando la possibilità di aumentare le risorse da destinare alle forme di intervento che si sono rivelate particolarmente gradite e utili a promuovere l'aggiornamento tecnologico delle imprese, in particolare quelle di minori dimensioni. Disponiamo oggi di un complesso ampio di misure finalizzate a promuovere il potenziamento dell'aggiornamento tecnologico, dal Piano 4.0 alla legge Sabatini ai contratti di sviluppo. L'acquisizione di un quadro puntuale di conoscenza sull'uso che ne è stato fatto e sui risultati prodotti potrà certamente fornire utili elementi per affinare gli strumenti in relazione agli obiettivi che intendiamo perseguire.
  Un altro obiettivo è quello di riuscire a cogliere tutte le opportunità che si offrono in ambito europeo per risorse e progetti in partnership con altri Paesi. Purtroppo non sempre l'Italia riesce ad acquisire, per l'assenza di coerenti politiche e necessario coordinamento tra i diversi centri decisionali, una quota di risorse corrispondente al nostro contributo al finanziamento dell'Unione. Mi riferisco in primo luogo a Horizon, che costituisce con gli importi incrementati in occasione della recente decisione del quadro finanziario pluriennale, la fonte più consistente di stanziamenti dedicati a livello europeo a sostegno della ricerca. È una fonte assolutamente imprescindibile per l'Italia che tuttora registra una percentuale di risorse dedicate alla ricerca nettamente inferiore agli altri Paesi.
  Nel lavoro istruttorio in corso per l'aggiornamento del Piano Nazionale stiamo conducendo una verifica – insieme al Ministero dell'università e della ricerca – per migliorare le politiche e gli strumenti relativi alla ricerca, con particolare riguardo al trasferimento tecnologico e all'integrazione del mondo dell'università e della ricerca con il sistema produttivo. Analoghe considerazioni valgono anche per le altre iniziative assunte dall'Unione europea, in particolare la strategia dello spazio, cloud, IPCEI e le politiche per la sicurezza e la difesa. Sono tutte situazioni in cui l'Italia deve cogliere le opportunità offerte per sostenere processi di avanzamento tecnologico delle proprie filiere. Per questo motivo abbiamo ritenuto di proporre – naturalmente la fase di negoziazione è tuttora in corso – di aumentare le risorse destinate al piano relativo a space economy trattandosi di una filiera in cui il nostro Paese si colloca in una posizione particolarmente rilevante per la varietà e la qualità dei progetti già avviati e per le potenzialità di ulteriore crescita.
  Analoghe considerazioni valgono per la filiera farmaceutica – credo che se ne sia molto parlato in questi giorni – che va sostenuta soprattutto con riferimento alla ricerca per l'individuazione di nuovi farmaci di avanguardia.
  Abbiamo già provveduto per altre vie a un primo stanziamento con un decreto ministeriale, 300 milioni. Altri dovrebbero aggiungersene e credo che ormai sia una questione di giorni per quanto riguarda il decreto «Sostegno»; però i progetti di ricerca applicata sui vaccini e sulla farmaceutica biologica sono ampiamente previsti nel piano che è al vostro esame, e il polo di cui si è parlato anche recentemente è assolutamente parte integrante della nostra strategia. Sono convinto assolutamente che in questo campo la spinta debba venire dal basso, cioè dall'industria. Grazie al grande impegno, in partnership con lo Stato in questo caso, potremmo giocarci la nostra partita anche in questa filiera dove siamo oggi leader europei nel campo farmaceutico che ha però il suo baricentro soprattutto sulla parte di origine chimica. In ogni caso il contenuto strategico che dovrebbe caratterizzare il Piano Nazionale dovrebbe essere confermato e consolidato nelle prossime scelte da adottare nell'ambito del PON nazionale da definire alla luce del nuovo quadro finanziario pluriennale.
  Voglio concludere dicendo che il lavoro che ci aspetta è un lavoro molto intenso. L'emergenza quando arriva sensibilizza tutti noi. La situazione di emergenza delle imprese in particolare oggi occupa largo spazio della nostra capacità di esigenza di risposta. Allo stesso tempo noi dobbiamo anche immaginare qual è il futuro, individuare Pag. 7 le filiere strategiche di politica industriale su cui puntare nell'Unione europea.
  Ovviamente questo tipo di riflessioni sono state condivise – e penso che voi sicuramente avete ascoltato in audizione o lo farete il Ministro Cingolani – con tutta la prospettiva della transizione ecologica da un lato e con il Ministro Colao, per quanto riguarda il digitale, dall'altro. C'è assoluta affinità e comunanza di vedute rispetto all'esigenza di focalizzare l'attenzione anche su questioni decisive – e qui, anche se solo incidentalmente, non evito il tema – come ad esempio il futuro dell'acciaio italiano (quindi Taranto ma non soltanto: Piombino eccetera, e mi fermo qui) su cui proprio nei prossimi giorni faremo il punto e definiremo una strategia di intervento coerente.
  Con il Ministro della ricerca, la professoressa Messa, stiamo dialogando. Come per il Piano Nazionale, c'è la volontà di promuovere dei centri, degli ecosistemi di eccellenza e di ricerca. Non vi nascondo che il numero dei medesimi mi ha preoccupato, perché ce ne sono, sette, otto, nove, col rischio di arrivare alla doppia cifra. La mia preoccupazione in quel caso è la dispersione delle risorse, con il rischio di non essere capaci di dare la spinta alle risorse necessarie per questo tipo di sfide per tutte quelle situazioni.
  Alla fine abbiamo deciso di confermare l'assetto originario esistente, di non ridurre queste strutture di ricerca e di creazione dei campioni nazionali di ricerca e sviluppo; però – lo dico anche a voi, perché poi la collaborazione con il Parlamento e con le Commissioni deve essere sempre garantita, sempre coltivata – dobbiamo essere molto concreti, molto pragmatici, e sul punto monitorare assolutamente l'andamento di come si concretizzeranno e si svilupperanno queste iniziative. È importante e ci vuole molta attenzione sui passi successivi, anche perché noi qui facciamo dei progetti che non devono essere delle pie intenzioni, ma devono essere dei progetti che devono essere implementabili anche nel breve termine, perché altrimenti vengono semplicemente definanziati.
  Più tardi ci sarà un'altra tappa. Credo che possa interessare anche un incontro col Ministro degli esteri per quanto riguarda l'internazionalizzazione dell'impresa, il tentativo di creare, ricreare o semplicemente mantenere un ambiente favorevole agli investimenti nel nostro Paese. Quello che io osservo in questo periodo è di fatto un disimpegno del sistema multinazionali in Italia: ognuno cerca di portare alla casa madre quello che è rimasto della produzione. È un fenomeno che rischia di diventare sistemico e noi dobbiamo cercare di mantenere questi presidi, oltre – auspicabilmente, quando finirà questa fase – che creare le condizioni affinché qui ci sia un ambiente favorevole per l'investimento e anche per la ricerca. Qui una riflessione su un piano strategico nazionale per la proprietà industriale si impone, nel senso che la ricerca trova sbocco dei brevetti. So di toccare un argomento anche questo controverso, ma senza questo tipo di presidio diventa difficile convincere chiunque a venire a investire nella ricerca nel nostro Paese.
  Da parte del MISE c'è tutta la disponibilità a collaborare – lo dico subito a scanso di equivoci, e la collaborazione si è già molto ben avviata – con il Ministero della transizione ecologica. Gli obiettivi della Commissione europea sono chiari e sono condivisi, le risorse sono importanti: il problema per noi è come calarle nella realtà veramente e produrre risultati di efficacia. Purtroppo in passato abbiamo dimostrato di non essere in grado di farlo. Questa è un'occasione storica irripetibile, e tutti quanti siamo chiamati a essere all'altezza della situazione. Vi ringrazio per la vostra attenzione e sono qui per le vostre domande e i vostri stimoli.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Trovo molto interessante, ed è anche un mio convincimento, che si possa far sì che l'Italia riparta, e l'economia italiana riprenda, proprio partendo dal sostegno delle filiere. Mi interessa molto il ragionamento che lei ha qui annunciato in merito alle filiere, magari sarebbe interessante e utile approfondirlo anche in sede di Commissione, in modo tale da capire quale proposta poi Pag. 8effettivamente il Governo metterà in campo in via definitiva. Anche nelle sue conclusioni, o comunque anche quando tornerà sulle linee programmatiche, magari se può riuscire anche a renderci più edotti della proposta che lei individua per il sostegno delle filiere penso sia veramente molto importante, perché condividiamo questo ragionamento.
  Ho segnato alcuni deputati iscritti a parlare. Lascerei cinque minuti a testa, con l'intesa che al quarto minuto segnalerò che il tempo sta per terminare in modo tale da saperci autoregolare. Onorevole Sut, prego.

  LUCA SUT. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per l'intervento. Parto anch'io dalla questione delle filiere, in particolare per quello che riguarda il PNRR. Come sappiamo, è importante che i soldi vengano spesi, però vengano spesi anche nel modo corretto, che abbiano soprattutto delle ricadute importanti sul settore produttivo italiano e non estero. La domanda che faccio è se esiste un'analisi del coinvolgimento della filiera industriale produttiva italiana per i vari progetti che sono previsti nel PNRR, e lì dove non c'è una filiera italiana adeguata se esiste un progetto di creazione oppure di rafforzamento della filiera stessa. Questa è la prima domanda.
  Secondo, passo al tema delle aree industriali dismesse, dove in Italia non esiste ancora una mappatura di tutte queste aree e neanche una strategia nazionale in grado di coordinare l'azione delle regioni sul tema della bonifica e della loro riqualificazione. La domanda che faccio è in che modo il suo Ministero, sicuramente di concerto anche con il Ministero della transizione ecologica, ritiene di poter inserire il tema della riqualificazione delle aree industriali dismesse tra gli obiettivi del PNRR, e in generale nella strategia nazionale per il rilancio di un nuovo modello economico più sostenibile e attento al consumo di suolo e al recupero delle intere aree industriali che oggi purtroppo sono destinate all'abbandono e soprattutto possono diventare delle proprie e vere bombe ambientali.
  La domanda successiva riguarda un'altra filiera importante per l'Italia, che è quella dell'automotive. Chiedo quali siano le azioni che intende mettere in atto per riconvertirla verso la mobilità elettrica.
  La domanda successiva riguarda sempre la mobilità, però è relativa alla filiera che riguarda la produzione di bus in Italia. In questi anni Consip continua a emanare bandi ordinando tipologie di bus poco ecologici, come per esempio la motorizzazione mild hybrid. Soprattutto sono prodotti all'estero, sempre per tornare sul tema della filiera italiana. Chiedo quali siano le iniziative che intende perseguire per valorizzare l'industria italiana, ricordando che i 3,7 miliardi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti messi a disposizione per l'ammodernamento del parco rotabile e bus favoriscono di fatto l'industria estera, in particolare quella tedesca, e non quella nazionale, perché i bandi di gara prevedono sempre modelli non prodotti in Italia.
  Nella legge di bilancio 2021 sono state stanziate risorse per l'imprenditoria femminile. Nel dossier dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) si ravvisa come nel PNRR si dovrebbero rafforzare queste buone misure, estendendole fin da subito fino al 2026. Cosa ne pensa di questa cosa?
  Sempre nella legge di bilancio 2021 è stato finalmente creato un fondo per le imprese culturali e creative, un comparto molto promettente che fino a ieri non ha potuto contare su nessun supporto statale. All'interno del PNRR però non vi è nulla su questo comparto. Volevo sapere se ritiene che vada inserito qualcosa in questo senso.
  L'ultima domanda riguarda i settori del wedding e degli eventi, che ha subito perdite dovute a questa pandemia di almeno l'87 per cento del fatturato nel 2020 e sanno già, purtroppo, di non riuscire a riprendersi per i prossimi due anni, per il fatto che sono tutte attività che lavorano in programmazione. Questi settori rappresentano e contraddistinguono anche il nostro Paese, e impiegano almeno un milione di lavoratori che a breve purtroppo saranno per strada a causa di questa crisi. Tra l'altro saranno previste anche molte chiusure. Come intende intervenire il Ministro Pag. 9per dare sostegno a questa filiera, a questi settori molto importanti in Italia?
  In ultimo faccio una considerazione su quello che ha detto all'inizio per quanto riguarda la grande disponibilità di incentivi che sono messi a disposizione dal suo Ministero. Ricordo che una fase di riordino, di messa a disposizione più chiara di queste misure era stata iniziata dai suoi predecessori, dal Ministro Di Maio e poi anche dal Ministro Patuanelli, tramite anche il sito incentivi.gov.it. Spero si possa ripartire da lì e andare a incrementare e migliorare tale sistema. Grazie.

  SARA MORETTO(intervento da remoto). Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il Ministro per la relazione che ha svolto oggi in audizione. L'ho già fatto qualche giorno fa in Aula, ma lo ribadisco: Italia Viva sarà pronta a dare il massimo contributo per tutte le azioni e le misure che si vorranno mettere in campo per sostenere le nostre imprese in questo momento così difficile. Cerco di stare nel filone del pragmatismo che lei ha voluto anticiparci nel suo intervento, tralasciando tutte le considerazioni sulle parti che condivido della sua relazione, in particolare quelle relative al saper fare italiano, all'artigianato, alla grande qualità, ai talenti che sono presenti nelle nostre imprese, al fatto che questi vadano sostenuti con le loro gambe e al fatto che idee di partecipazione dello Stato all'interno delle imprese, se non per il caso specifico che faceva lei di produzioni strategiche attraverso misure straordinarie, non sono per quanto ci riguarda il futuro e la chiave di crescita del nostro Paese.
  Vado dritta sul PNRR. Lei lo sa benissimo: più del 95 per cento delle imprese italiane ha meno di 10 addetti, quindi il nostro tessuto imprenditoriale è fatto di tante piccole imprese. Nel PNRR le micro e piccole imprese vengono citate, ma senza che ad esse sia destinata un'attenzione particolare. Io le chiedo se tra la correzione di rotta che lei intende imprimere al PNRR ci sia anche una virata in questo senso e in particolare se sia pensabile che, al pari di altri Paesi europei e sulla scia del principio europeo think small first, sia pensabile che anche l'Italia si doti di una figura all'interno del Ministero che sia dedicata a valutare l'impatto delle decisioni e delle norme che si assumono proprio sulle micro e piccole imprese. Spesso non ci si rende conto che alcune misure che sulla carta sono positive poi finiscono per non aiutare o addirittura danneggiare i più piccoli.
  Il secondo soggetto grande assente nella bozza di PNRR è la distribuzione e il mondo del commercio, che ha anch'esso subito in maniera piuttosto forte la crisi pandemica e che si trovava già da prima ad affrontare delle sfide non facili: quella del commercio su piattaforme su web, che paradossalmente per alcuni di questi durante la pandemia è diventata anche l'unica via di sussistenza. Le chiedo se su questo campo c'è l'intenzione di intervenire, di prospettare qualche misura che superi, mi auguro, la contrapposizione che troppo spesso abbiamo visto anche negli ultimi anni tra grande e piccolo, ma che pensi invece a un modello di complementarietà, pensando che dentro ai centri commerciali che spesso vengono definiti in maniera negativa ci sono piccoli commercianti che hanno il loro negozio nella galleria di questi centri, quindi se c'è un modello di integrazione tra le diverse attività di commercio.
  Il terzo grande assente, per quanto mi riguarda, per quanto ci riguarda, nel PNRR è l'aspetto del credito, che so benissimo essere di competenza prioritaria del MEF (Ministero dell'economia e delle finanze), ma in realtà – siccome riguarda prioritariamente tutte le imprese, e il credito al quale mi riferisco non sempre e non solo passa attraverso il sistema bancario – credo che anche il suo Ministero abbia questo focus da tenere ben presente. Le imprese se dovranno, come ci auguriamo (siamo qui per questo), essere agevolate nella ripartenza probabilmente avranno bisogno di nuova liquidità per le esigenze ordinarie e probabilmente avranno bisogno di credito per una loro capitalizzazione. Ripeto, non c'è solo il sistema bancario; allo stesso tempo non ci sono solo i grandi progetti della finanza europea, ma ci sono dei sistemi di integrazione – anche con le reti di Pag. 10impresa – che potrebbero essere sostenute e che nel PNRR non sono citate.
  Chiudo sull'aspetto sul quale lei si è soffermato e che trovo molto interessante e prioritario, che è quello della tutela delle produzioni italiane. Spesso a questo tema si è puntato solo con l'idea delle protezioni commerciali attraverso dazi e chiusure. Stiamo molto attenti, perché spesso gli ostacoli si annidano al nostro interno. A tal proposito, per farle un esempio, la informo che al Ministero dell'ambiente con la precedente gestione si stava proprio procedendo a un documento di regolamentazione per la distribuzione automatica che c'è nella pubblica amministrazione. Se questo documento arriva alla fine, tutte le nostre produzioni italiane verrebbero escluse dal poter mettere le loro macchinette nella pubblica amministrazione. Questi sono i controsensi italiani, che finirebbero per danneggiare una filiera, questa sì, che è leader mondiale nella produzione dei macchinari ed esporta il 70 per cento dei propri prodotti. Utilizziamo anche strumenti alternativi per difendere e promuovere la nostra industria. Da un lato non danneggiamoli noi stessi con le norme; dall'altro sosteniamo il sistema fieristico italiano, che ha sofferto tantissimo e che è la nostra vetrina, spesso, nel mondo. La ringrazio e sono certa che avremo altre occasioni per confrontarci.

  RICCARDO ZUCCONI(intervento da remoto). Buongiorno, Ministro, e buon lavoro. Grazie, presidente. Ha citato la Cina. Io volevo sapere la sua opinione e la sua valutazione – poi se il Governo intende muoversi in modo particolare in Europa – sul problema della carbon border tax, cioè su quel dazio doganale che riguarda i beni importati da Paesi che non rispettano gli stessi standard di tutela dell'ambiente che rispettiamo in Europa, imposti dall'Europa.
  Un'annotazione, però. Anche lei, come il Presidente Draghi e il Ministro Cingolani, calca molto l'aspetto delle piccole e medie aziende, quindi quelle con fatturati da 2 a 50 milioni; ma poco si dice sempre sul sistema delle piccole imprese intese anche come filiera. Vediamo che anche nel PNRR, nelle schede che ci sono state consegnate, poco si dice – glielo segnalo – in termini di filiera. Parliamo di turismo, parliamo di pubblici esercizi, parliamo di piccolo commercio. È una segnalazione. Però è un vezzo generale. Voglio citare un documento recente dell'INAIL, una raccomandazione nella quale addirittura indica in due metri la distanza minima. Parlo di INAIL e parlo di tematiche relative a eventuali contagi all'interno delle aziende. Si parla di due metri, soprattutto in occasione, specificata, del consumo di bevande e cibo.
  Noi ci auguriamo che lei possa, in qualche modo, smentire questa notizia. Una segnalazione: cosa si può fare concretamente per le aziende che sono in regime di locazione, perché questo riguarda una tematica sui costi fissi che non ci pare essere stata presa in considerazione.
  Una domanda. Si ritiene che circa 40 miliardi di patrimonio destinato che verranno gestiti da Cassa depositi e prestiti non debbano essere compresi fra le competenze dell'attuale Commissione di vigilanza. Questo è un aspetto molto importante. Le cito poi le raccomandazioni UE, che al punto 1 parlano di sostegno all'economia e alla successiva ripresa. Quali riforme si intendono inserire nel Recovery per garantire la sostenibilità dell'economia anche per la filiera che le avevo citato prima?
  Altra cosa. Si chiederà prossimamente uno scostamento di bilancio, per quanto è previsto, di 20 miliardi circa. Sul tema della liquidità è passato un emendamento di Fratelli d'Italia che estendeva a 15 anni il piano di ammortamento dei prestiti fino a 30 mila euro relativi al 100 per cento dello Stato, passando quindi da 10 a 15 anni. Volevo sapere se lei, Ministro, non intende che sia necessario prevedere questa possibilità, dando respiro a migliaia di aziende, anche per coloro che hanno fatto ricorso a prestiti fino a 800 mila euro. Grazie.

  MAURIZIO CARRARA(intervento da remoto). Grazie, presidente. Volevo innanzitutto ringraziare il Ministro per la sua relazione puntuale ed esaustiva sulle linee programmatiche del PNRR. Il mio intervento Pag. 11 si vuole concentrare da una parte su quelle che sono le principali difficoltà che si incontrano a fare impresa in Italia, e dall'altra sulle nuove tecnologie abilitanti che ben presto andranno a rivoluzionare il sistema produttivo anche nel nostro Paese (mi riferisco alla robotica e alle intelligenze artificiali, che non sono state trattate più di tanto nel PNRR).
  Il mondo globale si dividerà tra l'ante-pandemia e il post-pandemia, che segneranno due ere geologiche in termini economici. Il rischio potrebbe essere quello di una selezione darwiniana della specie che spazza via tutti quegli operatori economici che non avevano business consolidati nel tempo, se pur validi. L'obiettivo deve essere quello di riuscire a salvaguardare il più possibile il tessuto produttivo italiano, che rappresenta il cuore pulsante del Paese. Questo lo dobbiamo fare con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, come ha ben detto il Ministro nella sua relazione.
  Quella del Recovery può e deve essere una straordinaria opportunità per la crescita del Paese. È evidente come l'impresa italiana, per lo più piccola impresa, si basi sulle straordinarie capacità di intuizione manifatturiera e di qualità dei nostri imprenditori, ma ha una grande difficoltà a diventare media e a diventare grande. Lo Stato deve essere un elemento facilitatore in questo percorso di crescita dimensionale.
  Ci sono delle criticità che non ci permettono di crescere, tra cui il gap competitivo che l'impresa italiana deve scontare rispetto agli altri Paesi di area euro in termini di costi energetici, costi fiscali, costi del lavoro, lacci burocratici e non ultima la lentezza nella risoluzione delle controversie legali. In questa chiave le misure che si adotteranno per una riforma fiscale, per una riforma della pubblica amministrazione, per una riforma della giustizia, saranno determinanti anche e soprattutto per la crescita del tessuto economico del Paese.
  Molto importante sarà anche la capacità a livello europeo di cercare di uniformare il più possibile i costi del lavoro e i costi energetici per non far allontanare le produzioni dal nostro Paese.
  L'altra partita importantissima sarà determinata dalla capacità di intercettare la nuova rivoluzione tecnologica legata alla robotica e all'intelligenza artificiale, che saranno il nuovo orizzonte nel prossimo futuro. Dovremo assolutamente dimostrare di saper gestire le trasformazioni produttive e sociali che questo nuovo approccio tecnologico provocherà. L'Italia è uno straordinario serbatoio di competenza ingegneristica, soprattutto sulle nuove tecnologie. Dobbiamo allora essere in grado di non disperdere questo enorme valore che abbiamo nelle mani.
  Un esempio virtuoso dal quale prendere spunto è quello tedesco, il modello Fraunhofer, che è il centro di competenza attraverso il quale la Germania è riuscita a promuovere e applicare la rivoluzione digitale e che adesso si appresta al nuovo paradigma di robotica e intelligenza artificiale. In Germania di fatto gli enti specializzati in ricerca e sviluppo sono diventati il tassello essenziale della politica industriale del Paese. Noi dobbiamo dimostrare di controvertire le inefficiente che negli ultimi anni ci hanno visto essere fanalino di coda in Europa nel processo di digitalizzazione e gestione di big data, dando prova invece di essere tra i precursori dell'approccio alle nuove tecnologie abilitanti.
  Attualmente il PNRR propone di istituire sette enti nazionali specializzati in ricerca e sviluppo su alcune selezionate tecnologie. Potrebbe essere interessante valutare invece la creazione di un unico centro nazionale di competenza che si occupi di facilitare l'approccio delle aziende alle nuove tecnologie. L'obiettivo sarebbe quello di facilitare la fruizione da parte anche delle piccole aziende nel rivolgersi a questo nuovo paradigma e non disperdere fondi importanti in mille rivoli grazie a una gestione unica delle risorse.
  Vengo velocemente alle domande. Volevo sapere quali sono le misure che il Governo intende adottare in chiave di implementazione e sviluppo delle nuove tecnologie legate alla robotica e all'intelligenza artificiale. Volevo anche sapere se sono Pag. 12previste in questo ambito nuove agevolazioni fiscali per le aziende che si rivolgono alle nuove tecnologie. Poi volevo sapere se è previsto, nell'ambito della robotica e dell'intelligenza artificiale, di valorizzare i centri di eccellenza attuali tra cui Sant'Anna, IIT, centro Piaggio, al fine di fare ricerca ma soprattutto trasferimento tecnologico. Infine volevo sapere se è possibile che tutto questo sia coordinato da un unico istituto italiano per il trasferimento tecnologico che sia in grado di mettere in contatto i diversi centri di competenza e le scuole di eccellenza con le imprese a seconda degli ambiti richiesti. Grazie e scusate se mi sono dilungato.

  SERSE SOVERINI(intervento da remoto). Grazie. Buonasera, presidente. Benvenuto, Ministro. Io devo ringraziare il Ministro perché ha ribaltato un po' quella che è la tendenza generale, ma anche giustificata, di partire tutti molto alti sui temi che riguardano l'innovazione, il Recovery, la digitalizzazione eccetera. Ha fatto bene il Ministro a ricordare che noi siamo competitivi nel mondo per settori maturi, dei quali non ci dobbiamo dimenticare. Lei conosce benissimo l'impresa, quindi si ricorderà le famose quattro «A» fatte di «automazione», «arredamento», «abbigliamento» e «alimentare», che sono quelle che ci fanno stare sul mercato globale. Se noi dimentichiamo questo, perdiamo quella posizione che lei ha elencato molto bene rispetto alla Germania. Dobbiamo stare molto attenti a sventolare la bandiera dell'innovazione in questo Paese, quando poi siamo fortissimi nei settori tradizionali che ci collocano in maniera molto competitiva su scala mondiale. Questo lo dico intanto per ringraziarla che qualcuno faccia presente questo aspetto, ma lo dico anche perché secondo me questo è un elemento di riflessione per quella famosa opera di calare a terra quell'investimento europeo, il Recovery, e creare una strategia che non ci porti a un certo punto a voltarci e non avere indietro nessuno che ci segue. Mi scusi se sono molto semplice, però è per intendersi al volo. Credo che sia sì un discorso di filiera, ma non abbiamo solo imprese di filiera – che sono comunque importanti. Credo però che noi, come Commissione, dovremmo sostenere il Ministero e il suo lavoro proprio soprattutto quando noi andremo a fare una politica di allaccio tra le linee direttive che ci vengono date dalla Commissione europea e la realtà del nostro sistema produttivo. Secondo me questo è il lavoro principale in questo momento.
  Sono d'accordo con tutti coloro che dicono che l'impresa italiana è molto piccola, anche se poi ci sono delle imprese che sono piccole perché piccola è la nicchia dove primeggiano. Non è che la dimensione è un atto di volontà, ma la dimensione è legata anche alla dimensione del mercato. Per cui abbiamo tantissime imprese che primeggiano in nicchie piccole. Lei giustamente ha detto che dal punto di vista finanziario e dal punto di vista della capacità di investimento – sto continuando a parlare di PMI – occorre costruire gli strumenti che possono far arrivare i soldi in tasca alle imprese già adesso e appena ripartiamo. Penso che questo sia importante e aggiungo che sul patrimonio destinato di Cassa depositi e prestiti siamo troppo alti: però abbiamo anche chiesto in Commissione che ci sia una relazione trimestrale al Parlamento, giusto per dire: «Fateci sapere cosa è strategico almeno dal punto di vista del patrimonio destinato».
  Tornando alla questione della dimensione. Sicuramente abbiamo bisogno di un rinforzo finanziario, ma abbiamo bisogno anche di una cosa molto importante: ovvero una strategia di promozione più forte. Dobbiamo far diventare più grandi le nostre imprese e metterle insieme soprattutto all'estero. Da questo punto di vista, Ministro, le devo dire che, essendo stato spesso in giro per lavoro – mi riferisco all'ICE, alla strategia estera –, credo necessario, viste anche le sue competenze, che si presti un occhio di riguardo all'internazionalizzazione delle imprese perché sulle imprese all'estero, come sempre, siamo molto deboli.
  Concludo dicendo alcune cose. Anche lei è vittima di una mia ossessione, ovvero gli ITS (Istituti Tecnici Superiori). Il suo Ministero ha una forte competenza sugli Pag. 13ITS. Dobbiamo fare una legge di riforma degli ITS, perché quel miliardo e mezzo che investiremo rischia, se non speso, di far chiudere il settore decisivo degli ITS e che invece dobbiamo far diventare un sistema nazionale. Su questo le chiedo subito un'interlocuzione con la Commissione e con il lavoro che stiamo facendo. So che lei sa che sono importanti per le imprese: abbiamo 17 mila studenti rispetto ai 940 mila della Germania, c'è un miliardo e mezzo per la scuola disponibile. Auspico una forte collaborazione tra MISE e Ministero dell'istruzione e da questo punto di vista noi la solleciteremo: le daremo una mano se ne ha bisogno e ci saremo. Questo è un altro punto molto importante. Mi fermo qui, perché il tempo è finito.

  LUCA SQUERI(intervento da remoto). Grazie, presidente. Intanto anticipo che non farò domande al Ministro, perché avremo modo di avere momenti e incontri per riapprofondire i tanti vari problemi che il Ministero dello sviluppo economico ha come competenza.
  Non nascondo che ero rimasto molto contento della nomina anche perché pensavo a un Ministro competente, di grande esperienza, con cui si potesse condividere l'approccio con l'intesa che abbiamo sul tema dell'energia. Il fatto di vedere che la competenza del Ministero dello sviluppo economico, che io ho cominciato a frequentare il millennio scorso proprio trattando di questi argomenti, in materia di energia, sia stata trasferita a un altro Ministero, per me è stato un momento di delusione, anche perché se al momento abbiamo la consolazione di aver toccato con mano che anche il MITE (Ministero della transizione ecologica) ha un Ministro di altissimo livello dal punto di vista della pragmaticità e della competenza, penso che lo Sviluppo economico avrebbe potuto e dovuto rimanere comunque con un appeal forte su un tema che è trasversale rispetto a temi industriali, del terziario e del commercio.
  Manifestata questa mia delusione, ribadisco che per noi – e per me personalmente – la nomina è stata apprezzata tantissimo. Con il Ministro avremo modo di affrontare tanti temi che il mondo dell'industria, del commercio e del terziario devono affrontare in un momento tragico come quello che stiamo vivendo. Per cui sono convinto che riusciremo comunque a portare avanti un lavoro che possa essere efficace per i nostri operatori economici che tanto ne hanno bisogno, soprattutto in questo momento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Squeri. Abbiamo concluso gli interventi. Do nuovamente la parola al Ministro con la preghiera di fare il punto anche sui finanziamenti, visto che ha parlato di quello. Le chiedo, quindi, se può in qualche modo intervenire sul finanziamento alle imprese femminili, che è un tema molto rilevante e importante che entra anche dentro le questioni legate al PNRR. Siamo in attesa perché con la legge di bilancio era stato finanziato e penso che manchi il regolamento. Tutto questo anche per dare magari una buona notizia alle tante imprese femminili che nel nostro Paese vogliono nascere anche come segno di ripresa dell'intero Paese. Prego, Ministro.

  GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dello sviluppo economico (intervento da remoto). Grazie. Ringrazio per tutti i contributi. Naturalmente tante questioni sono inevitabilmente al confine con quella che è l'emergenza. Ho detto subito all'inizio che la nostra mente in questo momento non può in qualche modo ignorare il grido di dolore che arriva dall'economia reale fuori dalle nostre case e fuori dai palazzi. Tante questioni fanno riferimento a provvedimenti che tra qualche ora – spero – compariranno nel decreto Sostegno, mentre altre sono di prospettiva e altre ancora di sistema.
  Parto dall'ultima sollecitazione, ovvero l'imprenditoria femminile. Come sapete, vi sono anche risorse del Piano nazionale ed è importantissimo che poi queste risorse, come tante altre forme di incentivi, siano effettivamente utilizzate e creino occasioni di imprenditoria e di sviluppo. Posso garantire che siamo sul pezzo e daremo una risposta quanto prima.
  Partendo da queste questioni, noi abbiamo ben presente il tema di coloro che in Pag. 14qualche modo lavorano nel mondo degli eventi. Sappiamo che l'economia e le imprese non sono state tutte colpite allo stesso modo. C'è chi non è stato colpito, c'è addirittura chi ci ha guadagnato e ci sono, invece, dei settori che sono stati colpiti gravemente a morte e questi sono quelli che devono avere un'attenzione particolare. Ci vuole, quindi, anche una selettività delle forme di intervento e di sostegno. Questo è il motivo per il quale il decreto che sta curando il MEF ha richiesto probabilmente più tempo del dovuto: si vuole porre una particolare attenzione a fare scelte improntate anche all'equità.
  Un tema che è stato toccato riguarda le filiere, che ovviamente sono diverse: abbiamo delle filiere dove siamo fortissimi e altre che dovrebbero essere create. Penso che se si vuole provare a fare politica industriale, bisogna – come detto all'inizio – partire dalla realtà, ma fare anche delle scelte sulle filiere su cui vogliamo puntare, dove vogliamo spingere e dove vogliamo essere protagonisti. L'approccio è quello che ho sottolineato, ovvero deve essere un approccio realistico.
  A me ha fatto piacere che alcuni interventi abbiano sottolineato l'impronta che io ho voluto dare al mio intervento introduttivo. Noi abbiamo una magnifica realtà del nostro sistema economico e imprenditoriale. Basta girare e vedere alcune realtà di imprese medie – uso questo termine – che sono veramente l'eccellenza al mondo, che sono state capaci di arrivare a questa eccellenza senza gli incentivi e senza aiuti in un'ambiente ostile. La vera ricchezza del Paese è questo spirito creativo che hanno i nostri imprenditori e noi dobbiamo mettere in condizione questi spiriti creativi di poter dispiegare queste capacità. Paradossalmente basterebbe soltanto questo per fare una riforma industriale di impatto. Tuttavia, nel momento in cui viviamo crisi come questa, lo Stato continua ad avere un ruolo fondamentale e supplire laddove la mano privata non arriva. Questo vale nel mondo del credito e su questo abbiamo chiesto un rifinanziamento importante del Fondo di garanzia. Ovviamente non c'è soltanto il sistema di credito che passa attraverso il sistema bancario, ma ci sono anche altre forme che meritano attenzione. Sappiamo perfettamente come è strutturato il meccanismo di finanziamento delle imprese, in particolare di quelle piccole, e quindi dobbiamo permettere a chiunque abbia una prospettiva di sopravvivenza di arrivare dall'altra parte del fiume e di superare questa fase. Per questo motivo nell'intervento introduttivo ho detto che dobbiamo trovare qualsiasi forma che permette di garantire questo supporto finanziario per chiunque ha delle opportunità di mercato.
  Più volte è stato richiamato il patrimonio destinato alla Cassa depositi e prestiti, che è una bellissima cosa con tantissime risorse. Posso confessarvi che faccio fatica a stare dietro a tutte le forme come Invitalia, come la Cassa depositi e prestiti e come intervengono tutti questi? Perché mi metto nella testa dell'imprenditore che ha 50 dipendenti. Lo sforzo cominciato e che proseguirà – voglio rassicurare l'onorevole Sut – è quello di fare una specie di matrice con sopra le filiere e di fianco gli strumenti che possono essere in qualche modo impiegati, perché altrimenti l'offerta è talmente articolata che rischia di essere confusa, confusionaria e quindi non effettiva. Sul patrimonio destinato, va bene la vigilanza sulla Cassa depositi, va bene qualsiasi cosa, però prima di tutto ne devono parlare le diverse amministrazioni dello Stato e i diversi bracci operativi dello Stato.
  Vorrei dire qualcosa sulle aree industriali dismesse. Qui naturalmente io potrei rifugiarmi in corner e dire «Chiedete all'altro Ministro». E invece non mi sottraggo. Penso che si possa costruire una filiera dell'industria del decommissioning di queste aree industriali dismesse. Paradossalmente laddove non si può fare una riconversione – poi discutiamo di tutti gli strumenti messi a disposizione per la riconversione –, c'è un'industria delle bonifiche e ci può anche essere un'industria del decommissioning degli impianti in disuso. Se uno si specializza in queste cose, crea ricchezza. È un'industria anche questa, su cui magari potremmo anche diventare i primi nel mondo.
  Sul tema dell'automotive della filiera, ho già risposto in un question time. Su Iveco e sull'industria, ritengo che ci stiamo giocando Pag. 15 una partita decisiva. Dobbiamo elaborare una strategia difensiva sul punto, a prescindere e anche al di fuori dell'arco del Next Generation EU, perché mentre noi discutiamo di cose assolutamente belle, come la transizione ecologica eccetera, ci ritroviamo senza più la filiera dell'automotive in Italia. Dobbiamo esserne consapevoli e dobbiamo anche strutturare in qualche modo il tipo di risposta e il tipo di incentivi.
  Opportunamente qualcuno ha richiamato il fatto che quando si fanno gli incentivi e si costruiscono i percorsi, oltre che dei benefici ad esempio per l'ambiente eccetera, ci si dovrebbe anche preoccupare di dove vanno a cadere questi incentivi, verso quali industrie, quali settori nazionali o meno. È un procedimento, se si vuole, al contrario che, però, è decisivo. L'incentivo fine a se stesso nobilitato in chiave green deve in qualche modo declinarsi anche in termini di ricaduta e di impatto sui settori industriali e in particolare sui settori industriali italiani.
  Rispondo all'onorevole Moretto – c'è modo e modo di fare le cose – dicendo che c'è chi in qualche modo assolutamente in linea e in modo corretto in tutta l'Unione europea costruisce gare come la Consip che, per carità, sono totalmente trasparenti totalmente e formalmente corrette, ma che hanno ben chiaro a quale universo ci si riferisce, e come anche tutta la normativa deve essere «amichevole» con quella che è l'offerta del Paese. Non necessariamente devo fare delle norme di dazio o delle norme che privilegiano l'industria nazionale, ma sicuramente non devo fare una regolamentazione che va a danno di quella che è l'offerta nazionale. Molto spesso noi ci lanciamo a essere iperformalmente corretti e accondiscendenti rispetto a delle normative che ci vengono richieste e che, pur rispettandole, potrebbero essere declinate in modo magari più intelligente.
  Per quanto riguarda l'attenzione alla piccola e media impresa, è chiaro che la piccola e media impresa meriti attenzione. Inoltre, la piccola e media impresa merita ulteriore attenzione perché le sfide tecnologiche, digitali e di transizione ecologica la mettono più a dura prova rispetto alla grande impresa. Certo che ci vuole maggiore attenzione, però parliamoci chiaro: se dovessimo parlare soltanto di grande impresa in Italia, credo che parleremmo di ben poco o parleremmo purtroppo di grandi soggetti a partecipazione pubblica, dato che la presenza privata nel corso del tempo si è via via persa sempre di più. Quello che voglio garantire è che questo tipo di attenzione sia da un lato dovuta e che dall'altro lato sia ulteriormente dovuta per quello che ci viene chiesto dal Piano di Recovery, cioè che le piccole e medie imprese sono quelle più a rischio in questo tipo di processo.
  Mi ricollego all'osservazione che ha fatto l'onorevole Zucconi, ovvero che noi dobbiamo partire dalla realtà, dalla realtà delle filiere, da quello che siamo e da quello in cui siamo delle eccellenze. L'ha sottolineato anche l'onorevole Soverini: siamo delle eccellenze nelle filiere tradizionali.
  Bisogna fare attenzione ad abbandonare quello in cui siamo particolarmente bravi per lanciarci in avventure che poi non ammettono un percorso di ritorno. Dobbiamo prendere le eccellenze tradizionali e cercare di tradurle e traguardarle verso la nuova frontiera tecnologica. Prima di andare a prendere sentieri inesplorati, è meglio continuare a coltivare quello che siamo capaci di fare.
  Naturalmente per fare questo bisogna avere anche un sistema di formazione adeguato. Sono stati ricordati gli ITS, ma aggiungo anche il sistema di formazione che in qualche modo riguarda tutta la pubblica amministrazione per riuscire a capire i fenomeni – come ha ricordato l'onorevole Carrara – di intelligenza artificiale, robotica e quant'altro. Il problema è che le risorse della pubblica amministrazione e anche le risorse del Ministro e del MISE non hanno una formazione idonea per comprendere questi fenomeni e dare anche delle chiavi di risposta fattive. Quanti nell'ambito della pubblica amministrazione sono oggettivamente in grado di gestire il fenomeno dell'intelligenza artificiale? Dobbiamo essere capaci – purtroppo la pubblica amministrazione in generale tende a non esserlo – a correre come corre la realtà al di fuori di noi. Purtroppo lo vediamo tranquillamente quando andiamo Pag. 16nelle aziende che continuano a essere un'eccellenza mondiale e troviamo delle capacità incredibili che sono cresciute al netto di quello che la politica ha fatto per loro, o meglio che tendenzialmente non ha fatto.
  Ci sono poi anche le grandi scelte di politica che non passano semplicemente dalla dimensione nazionale e che sono state qui richiamate come, ad esempio, il futuro del commercio sul digitale. Il tradizionale commercio può coesistere con queste piattaforme? Qui non è che si possono impedire le nuove forme di concorrenza che purtroppo stanno decimando il piccolo commercio, però sicuramente bisogna fare qualcosa, ovvero cercare di garantire forme di tassazione fair per tutti. Dobbiamo fare questo discorso a livello europeo, sappiamo perfettamente che non possiamo metterci a fare delle crociate, però è inaudito che in vari modi più o meno elusivi qualcuno paghi molte meno tasse rispetto a chi magari è costretto a sostenere dei costi fissi e le locazioni, che rappresenta un altro tema richiamato spesso e che spero che nel decreto Sostegno venga tenuto in considerazione, anche se temo che le mie rimostranze sul punto in una riunione convocata a Palazzo Chigi non abbiano trovato totale recepimento. Quindi, non è possibile immaginare la medesima forma di tassazione o addirittura tollerare forme di tipo elusivo che non permettono di avere una reale concorrenza. Già ci troviamo di fronte a una sproporzione di forze rispetto alle condizioni negoziali di approvvigionamento, ma se poi non c'è nemmeno una forma di attenzione sotto la sfera della taxation, allora non si può andare avanti. La stessa cosa vale per il tema della Cina sulla carbon border tax: mi sembra evidente che nel momento in cui l'Unione europea mette in campo un Piano di Recovery, di Next Generation EU, non può accettare che altri possano fare concorrenza ignorando completamente i temi ambientali. Questo vale ovviamente non soltanto per i temi ambientali, ma la discussione ora è su questo, perché stiamo cercando di rimodellare tutta l'industria e l'economia europea in senso ecologicamente compatibile e non possiamo accettare che in giro per il mondo altri facciano esattamente il contrario o ignorino completamente la questione.
  È stato citato l'esempio tedesco di diffusione tecnologica. In questo la sfida rischia di risultare impari. Il tentativo che traspare dal Piano nazionale sotto vostro esame è quello di creare questi centri di eccellenza che possono permettere la diffusione del trasferimento tecnologico. Nel tentativo di copiare nei dovuti modi questo tipo di esperienza di successo, quello che temo, come il collega Carrara ha opportunamente richiamato, è che con il proliferare di tutti questi centri di trasferimento tecnologico – non dico per accontentare tutte le richieste che inevitabilmente sono maturate nel corso del tempo per avere ciascuno un centro di questo tipo – aumenti il rischio della dispersione, rischiando che queste grandi attese siano infruttuose. Per questo motivo, ci vuole un coordinamento unitario.
  Concludo la mia replica, dicendo che naturalmente avremo modo di rivederci per l'illustrazione del progetto dello sviluppo economico che abbiamo in mente. Ribadisco che secondo me la trave portante di qualsiasi sviluppo è l'imprenditore che con la sua creatività e con il suo spirito riesce a creare, a ricreare e a sopravvivere anche in condizioni difficili. Dobbiamo confidare nelle loro capacità e dobbiamo ovviamente assumerci le nostre responsabilità per far sì che queste capacità si possano esprimere. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei e buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.45.