XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 16 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Nardi Martina , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, della Ministra dell'Università e della ricerca, Maria Cristina Messa, sulle linee programmatiche del suo Dicastero relativamente ai profili della ricerca scientifica applicata, anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Nardi Martina , Presidente ... 3 
Messa Maria Cristina , Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto) ... 3 
Nardi Martina , Presidente ... 8 
Benamati Gianluca (PD)  ... 8 
Nardi Martina , Presidente ... 9 
Piastra Carlo (LEGA)  ... 9 
Soverini Serse (PD)  ... 10 
Nardi Martina , Presidente ... 11 
Benamati Gianluca (PD)  ... 11 
Nardi Martina , Presidente ... 11 
Messa Maria Cristina , Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto) ... 12 
Nardi Martina , Presidente ... 12 
Messa Maria Cristina , Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto) ... 12 
Nardi Martina , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTINA NARDI

  La seduta comincia alle 16.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, della Ministra dell'università e della ricerca, Maria Cristina Messa, sulle linee programmatiche del suo Dicastero relativamente ai profili della ricerca scientifica applicata, anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento l'audizione in videoconferenza della Ministra dell'università e della ricerca Maria Cristina Messa, che saluto, sulle linee programmatiche del suo Dicastero relativamente ai profili della ricerca scientifica applicata. Anche in relazione ai contenuti della proposta del piano nazionale di ripresa e resilienza. Saluto nuovamente la Ministra, e la ringrazio. Invito i gruppi, ove non lo abbiano già fatto, a comunicare il nome del deputato o deputata che intende intervenire al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori.

  MARIA CRISTINA MESSA, Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto). Grazie signora presidente, onorevoli deputati. Intanto vi ringrazio per l'invito, in questo modo ho l'opportunità di avviare un confronto aperto con tutti i componenti della Commissione parlamentare.
  In nome di questo confronto dico subito che è mia intenzione dopo questa relazione lasciare il tempo necessario per i vostri interventi, in modo da poter dare anche riscontro in chiusura di questa seduta.
  La consapevolezza sociale che abbiamo oggi con la crisi pandemica, oltre che la consapevolezza politica, ci porta a rivalutare ulteriormente il sistema della ricerca che sia forte, qualificato, competitivo, alla altezza delle sfide dei nostri giorni e delle trasformazioni che ci attendono.
  Il potenziale industriale del nostro Paese è molto elevato, nonostante una economia con una produttività bassa, ed è necessario investire sulla crescita del sistema produttivo, tenuto conto che il livello di investimenti in ricerca e sviluppo è inferiore rispetto a quello degli altri Paesi UE, come sappiamo bene, e come evidenzia l'ultimo Country Report for Italy del 2020.
  I dati dimostrano per quanto riguarda la strategia Europa 2020 rispetto all'obiettivo ricerca e sviluppo stabilito nel PNR che l'Italia ha compiuto progressi limitati negli ultimi anni, e potrebbe avere dei progressi ancora più limitati nel futuro.
  Quindi credo che la ricerca abbia delle grosse responsabilità nel favorire la trasformazione verso l'impresa, verso la produttività in modo da generare ricadute positive sulla economia del paese ed affrontare gli ostacoli che ci separano da questo traguardo.
  Bisognerebbe, conoscendo gli ostacoli, intervenire su alcuni aspetti che elenco qui di seguito. Il primo è quello di tenere conto Pag. 4della dimensione delle imprese, lo sappiamo bene, due terzi delle nostre imprese sono microimprese, il 18 per cento di piccole dimensioni, medie e grandi imprese sono solo il 2,3 per cento, quindi questa è una realtà di cui dobbiamo tenere conto, lo sappiamo bene. Non sono neanche distribuite omogeneamente nel nostro Paese, essendo più della metà nel nord, e diciamo che questa dimensione è stata positiva fino a qualche tempo fa, perché poteva fronteggiare la competizione internazionale, oggi invece il bisogno di grandi attori e di grandi masse critiche ci fa pensare a un intervento il più possibile coordinato con questa dimensione.
  Il secondo punto è quello della visione di processo e di prodotto: il modello Made In Italy è sinonimo di creatività, qualità elevata, unicità di prodotti, e si distingue per essere una sintesi tra innovazione, tradizione, artigianalità e cura del dettaglio. Occorre sapere recuperare, valorizzare e tutelare questa specificità nei principali settori dove maggiori sono le aspettative e la riconoscibilità del marchio, dalla moda, all'alimentare, dalla cantieristica alla produzione di macchine sportive.
  Il terzo punto riguarda azioni sugli investimenti pubblici e privati di medio e lungo periodo, sappiamo che nella classifica che riguarda la spesa in ricerca e sviluppo ci collochiamo in una posizione non certo prestigiosa, essendo prima la Svezia, l'Austria, la Danimarca, la Germania, tutte con un 3 per cento di investimento circa, mentre l'Italia è dodicesima con l'Ungheria all'1,35 per cento.
  Va poi considerato che la tenuta dei segmenti di mercato sarà possibile solo se il sistema produttivo sarà capace di trasformare e valorizzare i risultati della ricerca in una innovazione che sia di tipo incrementale e radicale, dunque una innovazione che per l'Italia forse è più semplice quando si parla di aspetti incrementali.
  E quindi bisogna intensificare, ottimizzare, fluidificare il rapporto tra il mondo della ricerca e quello della produzione. Infine, l'ultimo capitolo su cui bisogna lavorare sicuramente è il capitale umano. Le competenze sono alla base della ricerca e innovazione e per poterle acquisire occorre investire in una formazione continua, nelle tecnologie chiave abilitanti, nella interazione tra discipline umanistiche e discipline scientifiche e tecnologiche, che io non vedo mai in contrapposizione. Occorre finanziare più borse di ricerca per sostenere la produzione di conoscenza e promuovere una collaborazione forte tra università e imprese, sia come progetti di ricerca che con l'inserimento di questo tipo di figure che vengono formate in questo modo nella compagine aziendale. Questo ultimo punto è un punto strategico per il Ministero, e raccoglie, tra l'altro, anche l'invito che è giunto da più parti e sollecitato anche nelle sedi parlamentari sulla necessità di realizzare un sistema integrato dell'università e della ricerca che sappia efficacemente dialogare e consultarsi con il mondo della produzione.
  Per farlo, e vorrei condividerlo subito con voi, è opportuno che questo sistema possa godere di un'adeguata agibilità normativa e contrattuale. A tal fine è indispensabile riconoscere e valorizzare una specificità di questo sistema e quindi ritornare all'idea di una creazione di un comparto università e ricerca. Questo renderebbe più efficienti e efficaci molti dei provvedimenti che sono necessari per accrescere l'attrattività e la competitività internazionale del sistema e interrompere anche il fenomeno crescente della dispersione delle competenze e il sottoutilizzo dei risultati della ricerca.
  Inoltre è presente una forte riduzione della ricchezza, lo sappiamo, prodotta nel corso del 2020 e il recupero è lento, quindi i nostri sforzi saranno indirizzati a evitare che ciò si traduca nella perdita di opportunità, o una marginalizzazione, soprattutto per i più deboli e per alcuni territori. E quindi è mia intenzione continuare a garantire risorse adeguate per l'accesso e il diritto allo studio dei nostri giovani.
  Passo, ora, ad alcuni punti essenziali della attività dei prossimi mesi, rendendo un aggiornamento soprattutto sui lavori di revisione del piano nazionale di resilienza, il Recovery, riservandomi quindi di approfondirli in sede di replica. Voglio precisare, Pag. 5innanzitutto, che il piano non è l'unico strumento a disposizione nel sistema della alta formazione e della ricerca per consentire azioni durature e di sviluppo. Anzi questo sarà il nostro compito, di dover prevedere azioni complementari, in grado di inserirsi in un'ottica di sistema, in un quadro che prevede per fortuna altri strumenti che sono nella disponibilità del Governo. E che sono di interesse per questo Ministero.
  Le modalità di supporto finanziario sono coerenti con l'impostazione della temporaneità e della complementarietà con altre misure del sistema a cui ho fatto appena cenno, infatti nel Piano, dopo uno stanziamento iniziale che coprirà una parte minore dei costi complessivi associati alle iniziative, si procederà per gradi di avanzamento: ne consegue che le modalità attuative sono parte integrante dei progetti che vogliamo approvare oggi e la completa riuscita dei progetti può raggiungersi solo al raggiungimento di singoli obiettivi che dobbiamo concordare e condividere oggi.
  Il sistema nazionale della formazione superiore e della ricerca è caratterizzato da alcune criticità, da cui siamo partiti per potere provare a inserire questo piano, e questi finanziamenti sono una somma che abbiamo a disposizione per poter superare alcuni dei nostri gap.
  Vado ad elencarli. Il primo è quello di un'insufficiente interazione tra università, enti di ricerca e industria, per quanto riguarda questa Commissione in modo particolare. Non siamo capaci di creare masse critiche tra questi tre sistemi, che sono oggi necessarie, come dicevo prima, perché l'Europa procede con dinamiche di filiera, e le nuove tecnologie, le frontiere della ricerca hanno bisogno di massa critica. La dimensione quindi non è più una dimensione che si può avvantaggiare di un senso generalista, ma deve essere sempre più rilevante sulle tematiche e sulle tecnologie.
  Il secondo punto è che, ho già detto prima, l'investimento complessivo in ricerca e innovazione è l'1,4 per cento del PIL, contro la media dell'Unione europea del 2,1 per cento e anche se si considera la componente privata è dello 0,8 per cento contro l'1,4 per cento di media europea.
  Il terzo punto sono che i percorsi, e ce ne rendiamo perfettamente conto, della formazione superiore non soddisfano adeguatamente il fabbisogno di competenze che è espresso dal mercato del lavoro: all'interno di iniziative e modelli regionali convincenti, come è successo negli ultimi anni, gli Istituti Tecnici Superiori, di cui si parla molto in questo periodo, meritano una riflessione sulle ragioni per cui sino ad oggi non sono stati così rappresentativi, rispetto ad iniziative analoghe in Francia e in Germania.
  Il quarto punto riguarda, invece, il numero dei ricercatori. Il numero dei ricercatori evidenzia la presenza di un divario significativo, sia nel settore pubblico, che nel settore privato. Nel 2018 l'incidenza sulla popolazione attiva del numero dei ricercatori occupati nel settore privato era pari in Italia allo 0,25 per cento a fronte di una media europea dello 0,43 per cento, un divario di circa 45.000 ricercatori nel nostro Paese. Per il settore universitario la percentuale di addetti è comunque anche essa inferiore rispetto alla media.
  Occorre, invertire la rotta, e servono investimenti e questa è una opportunità che ci può dare il Piano, investimenti che possano dare un accesso a università e ricerca più libero, più indifferenziato, che accrescano le strutture e gli spazi della ricerca, la formazione dei docenti, la qualificazione degli operatori della ricerca, accompagnate da azioni di attrazione del mondo produttivo, affinché questo mondo sia capace di valorizzare e utilizzare il personale qualificato ai fini della crescita e dell'innovazione delle produzioni.
  Il piano PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) prevede una sezione specifica, come sappiamo, che è la missione 4. All'interno della missione 4 c'è un capitolo specifico intitolato «Dalla ricerca alla impresa», From research to business. E questa parte si prefigge come obiettivi la crescita, il potenziamento del sistema e la diffusione dell'innovazione. Questo sarà un tema su cui mi soffermerò principalmente in questa sede, cercando di non prendervi troppo tempo. Occorre accrescere la competitività Pag. 6 nel nostro Paese attraverso un progetto integrato per la formazione terziaria, la ricerca e l'innovazione. In questo senso bisogna agire sia sulle persone che sui programmi. Per quanto riguarda le persone: occorre innalzare il numero dei lavoratori con competenze adeguate ai nuovi profili, favorendo nella crescita formativa e professionale anche soprattutto attraverso i dottorati, dottorati di ricerca innovativi, o industriali, o i dottorati in pubblica Amministrazione in una revisione di questo settore della nostra formazione che può essere estremamente potenziato.
  Per quanto riguarda i programmi invece è importante incentivare, dare continuità temporale ai programmi di ricerca che vedano anche l'interazione con il sistema delle imprese, prestando attenzione sempre ai relativi equilibri territoriali.
  Seguendo i tre assi del Ministero, formazione, ricerca e innovazione, nello specifico si prevede di investire in infrastrutture materiali e immateriali in tre settori. Il primo, come già avete immaginato, riguarda la formazione terziaria che deve essere più funzionale alle transizioni individuate come prioritarie dalla Commissione europea e quindi green deal, digitale, resilienza sociale e culturale.
  Vanno viste in questa direzione tutte le iniziative volte ad aumentare sia l'attrattività e l'accesso equo su tutto il territorio italiano al sistema dell'università e della ricerca, e questo può essere fatto aumentando i Campus, e finanziando iniziative che rafforzino gli studentati, le borse di studio, l'orientamento, sia formando figure che siano in grado di fornire risposte basate sulla conoscenza alle grandi sfide e quindi la necessità di introdurre competenze trasversali e dottorati di ricerca.
  Il secondo asse è quello di potenziare la ricerca per renderla collaborativa e competitiva con le filiere dell'Europa e degli altri Paesi dell'Unione. Qui abbiamo altri tipi di iniziative, che sono quelle classiche rivolte ai programmi di ricerca, che però dovranno coinvolgere non solo i ricercatori del nostro sistema dell'università e della ricerca, e soprattutto all'interno di questa dovranno coinvolgere i giovani e le donne, ma dovranno coinvolgere anche gli attori della ricerca industriale, della ricerca privata, e quindi non solo industria come elemento che deve portare a una innovazione del sistema, ma come industria che partecipa ai processi di ricerca tipici dell'università.
  È chiaro che questi dovranno avere delle tematiche, di interesse per il Paese, e andare a risolvere i problemi che sono quelli che vanno dalla guida automatica, all'economia circolare.
  In questo senso, in questo capitolo di ricerca è anche presente un capitolo riservato alle infrastrutture di ricerca, volto sia da un lato al potenziamento delle infrastrutture esistenti, che sono per lo più europee, di carattere internazionale, e sono già in fase avanzata, sia la realizzazione di nuove infrastrutture che siano invece aperte all'ingresso di capitale privato in forma di partnership pubblico/privata.
  Inoltre sarà necessario un ingresso di nuovi ricercatori e di manager della ricerca proprio per l'attivazione e la piena realizzazione di queste infrastrutture di ricerca, e i ricercatori dovranno potere accedere in maniera semplice alle varie infrastrutture, e in questo senso dobbiamo percorrere sempre di più la strada per rendere la mobilità una realtà vera del nostro Paese.
  Il terzo punto, il terzo asse del nostro Ministero riguarda l'innovazione. Promuovere l'innovazione per accompagnare la conoscenza generata dalla ricerca pubblica/privata verso la creazione di nuove realtà imprenditoriali che possono crescere nel Paese.
  Qui abbiamo altri tipi di iniziative, che possono essere sia di natura tematica, che di natura legata alle competenze e che devono promuovere l'interazione tra il sistema delle imprese e il sistema della ricerca, come può succedere con gli ecosistemi dell'innovazione, e quindi una unione di soggetti diversi che facilita il passaggio dalla innovazione alla impresa, un gradino ancora più in là di quello della ricerca. Seguire le peculiarità territoriali che possono avere un successo specifico quando hanno di nuovo una notevole massa critica e una capacità di trasferimento rapida. In Pag. 7questo senso potremo anche attivare, a livello nazionale, delle filiere di ricerca, industria, università, centri di ricerca finalizzate a specifiche tecnologie abilitanti, come può essere l'intelligenza artificiale o altre tecnologie.
  Al potenziamento della ricerca e alla valorizzazione delle competenze sono associati strettamente, e non possono farne a meno, progetti di riforma, che costituiscono quindi una parte imprescindibile di questo disegno. Senza opportuni strumenti normativi, senza una analisi dati sulle misure tempestive delle tendenze e senza strumenti finanziari adeguati non è possibile presentare progetti associati a queste sezioni e essere conformi con le indicazioni provenienti dalla Commissione europea.
  A titolo di esempio, si pensi alla necessità di incentivare la mobilità dei ricercatori, promuovere una maggiore autonomia, sia degli enti di ricerca che della università e infine anche semplificare, e questo è molto importante, le modalità di interazione tra università, enti di ricerca e imprese, e tra pubblico e privato. Senza questo non potremo parlare di innovazione.
  Nel rivedere, quindi, e possibilmente migliorare gli obiettivi del piano, la mia attenzione e quella del gruppo con cui lavoro, è rivolta fino ad ora alla concreta fattibilità dei progetti di riforma, su tale profilo, vista la necessità che queste riforme siano pienamente condivise dal Parlamento sarei molto lieta di ricevere gli spunti che perverranno anche dalla vostra Commissione. L'intero piano è attraversato da un filo rosso comune, che è quello di innalzare il livello di attrazione, competitività, e innovazione del Paese, innalzandone il livello formativo, la capacità di fare ricerca e di trasformare i risultati conseguiti in attività di interesse economico e sociale.
  Nell'ambito della ricerca e del rapporto con le imprese, il rafforzamento deve contare sulla chiara governance delle iniziative, su una valutazione strategica delle proposte, sulla loro sostenibilità a regime, sulla trasparenza degli obiettivi e delle responsabilità nei progetti, affinché questi possano ottenere poi round di finanziamento successivi a quello iniziale.
  A tale riguardo i progetti dovranno essere individuati su base competitiva, con manifestazione di interesse e criteri di selezione in linea con gli standard internazionali. Ci sono dei parametri importanti che dobbiamo tenere presenti, il primo è quello della capacità di raggiungere masse critiche, l'ho già detto più volte nel mio discorso, masse critiche però a partire dalle strutture già esistenti, necessarie per il presidio dei progetti di filiera e delle tecnologie emergenti. Inoltre è importante riflettere sulle strategicità del sistema Paese, di presidiare aree che evitino situazioni di totale dipendenza e soggezione, quindi non dimentichiamoci delle aree più fragili. Un parametro ancora importante è costituito dalla distribuzione territoriale degli interventi ricompresi nel piano, perché nella selettività e competitività delle misure dovrà corrispondere un'attenzione quanto meno pari riferita alla capacità di riequilibrare, attraverso questa progettualità, il divario territoriale che caratterizza il nostro Paese nel campo della ricerca.
  Un impegno aggiuntivo, dunque, per il Mezzogiorno d'Italia, al quale andranno dedicati interventi non frammentari, ma anzi in grado di produrre valore duraturo per il territorio.
  In termini di risorse umane il piano deve essere rivolto principalmente ai giovani, creando le condizioni per un'effettiva parità di genere e per un'apertura internazionale più ampia della comunità dei ricercatori. L'attenzione sarà riservata, in particolare, nei vari progetti alla crescita del numero di dottori di ricerca, soprattutto nei settori di frontiera, come vi ho già detto, ma uno spazio sarà dedicato anche ai dottorati innovativi, che siano capaci di coinvolgere di nuovo il sistema delle imprese e di valorizzare, anche, il dottorato al di fuori della carriera universitaria.
  Per questo motivo, tra gli interventi di riforma trova spazio importante la revisione delle attuali norme sui dottorati di ricerca.
  Con riferimento alle infrastrutture è importante che nella ricerca di masse critiche Pag. 8e di sinergia tra pubblico e privato queste siano condivise il più possibile, affinché costituiscano un'opportunità per tutto il sistema della ricerca: è una condizione per migliorare l'attrattività del Paese. La riforma è tesa a favorire la mobilità dei ricercatori e va verso questo obiettivo.
  Infine, per ridurre i gap territoriali è importante che i progetti motivino il più possibile le diverse aree del Paese, evitando da un lato le duplicazioni, ma anche la frammentarietà, e quindi eliminando fenomeni di isolamento e marginalizzazione.
  L'attrattività di ricerca, anche per le sue applicazioni, deve inserirsi nelle dinamiche sociali, che vedranno grazie alla transizione green indotta dalla lotta al cambiamento climatico e all'uso intensivo delle nuove tecnologie fenomeni di profonda rigenerazione urbana. Al riguardo credo che molti di noi sappiano quanto è importante l'insediamento della università e dei centri di ricerca per la rigenerazione urbana.
  Concludo, quindi, dicendo che il PNRR non è certo un programma qualunque, questo lo sappiamo bene. Può essere una svolta storica per l'Europa, è la scelta tra l'altro di un continente che è l'Europa di camminare insieme e l'Italia può giocare un ruolo molto importante in questo.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie signora Ministra, molto esaustiva tutta la sua relazione. Per ora noi abbiamo tre iscritti a parlare, se ce ne sono altri lo comunichino, in modo tale da organizzare i nostri lavori, perché mi è stato riferito che Lei poi dovrà lasciarci per le ore 17,40. E quindi abbiamo un tempo tutto sommato limitato. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Benamati, segue l'onorevole Piastra, e poi l'onorevole Soverini. Per ora non ho altri iscritti a parlare. Prego onorevole Benamati.

  GIANLUCA BENAMATI(intervento da remoto). Sì, grazie presidente, ringrazio la signora Ministro; ovviamente la nostra Commissione ha una competenza limitata rispetto alle ampie deleghe del Ministro, perché noi abbiamo una competenza sulla ricerca tecnologica applicata, come Commissione. E quindi è un segmento che nel tempo in questo Paese è stato molto negletto, però è fondamentale per il nostro tessuto produttivo. Da questo punto di vista allora mi pare di capire, questo è un po' il primo quesito, che l'impostazione del piano nazionale di ricerca che vede, schematizzo sostanzialmente, il capitolo ricerca, anche applicata, focalizzato sulle tematiche della ricerca di filiera, sullo sviluppo tecnologico strategico, facendo anche per la prima volta una definizione di temi e di realtà – vediamo i famosi campioni nazionali di ricerca e sviluppo che vengono definiti – e, come terzo punto, la contaminazione, come punti condivisi dal Ministro.
  Questo per me è molto importante, stiamo redigendo il parere della Commissione al PNRR, e questo è un punto di importante condivisione.
  Rispetto a questo Le chiedo, anche, se non ravvisa che oggi la sfida tecnologica del Paese passi attraverso la ricerca tecnologica e al coinvolgimento della impresa. Lei ha sinceramente, e chiaramente, anche indicato alcuni avanzamenti che negli anni passati sono stati svolti nel campo della ricerca che è uscita dal solo modello universitario e dagli enti pubblici di ricerca, si è aperta all'impresa con un riconoscimento alcuni anni fa dei crediti di imposta di ricerca e sviluppo all'interno della impresa. Questa è stata sicuramente una storia di successo, bisognerà mettere anche a regime quel credito di imposta non più differenziale e farlo diventare volumetrico e stabile. Però, da questo punto di vista, forse oggi bisogna anche fare un passo ulteriore: investire molto fortemente sulla ricerca in sé stessa. Abbiamo molto parlato di trasferimento, ma la ricerca tecnologica molto spesso è una ricerca che lo Stato può condurre in maniera importante.
  Guardi, abbiamo avuto l'audizione del Ministro Cingolani che ci spiegava come nella sua filosofia il sistema decarbonizzato a livello europeo e mondiale nel 2050 si baserà sulla fusione e sulle rinnovabili e, come vettori energetici, la corrente elettrica e l'idrogeno.
  Bene, in Italia il Parlamento ha deciso quattro anni fa un investimento da mezzo Pag. 9miliardo per creare il DTT, una delle macchine di ricerca sulla fusione più importanti in appoggio al progetto ITER, e questo naturalmente lo può fare solo il pubblico.
  Allora forse la ricerca tecnologica e il coinvolgimento, anche nelle tematiche di filiera, basti pensare alle grandi aziende come Leonardo, come ENI, come ENEL, nei loro settori, le grandi aziende di Stato possono forse fare un po' di più per aumentare il tasso di innovazione tecnologica del nostro Paese che è il momento precedente al trasferimento a tutto il tessuto che ad esso fa da contorno.
  E quindi vorrei una Sua opinione su questo. E un'ultima questione: è chiaro che anche per quanto riguarda la connessione tra impresa, territori, università e formazione – ma su questo, non vi intrattengo, perché poi interverrà un collega che segue il tema molto da vicino –, i modelli sono diversi. Noi abbiamo inventato i digital innovation hub con industria 4.0; sono adesso i modelli di contaminazione come il polo tecnologico di Bologna, che mette assieme università, enti di ricerca, mondo dell'impresa, enti territoriali, che vengono introdotti nel PNRR. Io so che per sua formazione e esperienza professionale Lei è molto sensibile a questo tipo di questioni, le chiedevo se questo insieme di modalità di formazione della ricerca e di trasferimento dei saperi è un trasferimento, è una modalità che possiamo considerare vincente. Mi fermo qua.

  PRESIDENTE. Sembra ci siano problemi di collegamento con il collega Benamati. In attesa che vengano risolti do la parola al deputato Piastra per il suo intervento.

  CARLO PIASTRA(intervento da remoto). Intanto grazie presidente, grazie Ministro. Sentiamo parlare ogni giorno di ricerca, di società della conoscenza. Parliamo di una sfida affascinante ma anche di una responsabilità, perché dagli investimenti che siamo chiamati a sostenere in questa fase storica dipenderanno molte delle possibilità di agganciare una ripresa economica e rimanere competitivi in futuro.
  Ovviamente, lo sappiamo tutti, la sfida nella sfida è quella del Recovery fund, quella di un utilizzo delle ingenti risorse che attendiamo dall'Europa e che dovranno accompagnare progetti strategici per i settori che saranno il traino della ripresa durante i prossimi anni. L'Italia, lo sappiamo tutti, è da sempre una fucina di cervelli e di conoscenza, e molti nostri ragazzi laureati nelle università italiane portano avanti la ricerca in diversi ambiti in giro per il mondo: è un fatto di prestigio, un elemento fondamentale nello scambio delle conoscenze. Ma, purtroppo, sappiamo benissimo che dietro la massiccia presenza di ricercatori italiani all'estero è celata spesso la difficoltà dei nostri studiosi più brillanti di portare avanti il loro lavoro in casa nostra.
  Nonostante questo, nonostante il lamento silenzioso di tanti ricercatori con contratti a tempo determinato e precari, l'Italia ha saputo distinguersi anche durante questa pandemia, siamo in uno stadio avanzato del vaccino anti COVID-19 dello Spallanzani, ma ci accingiamo a produrre anche in Italia i primi vaccini già approvati dalle Autorità preposte.
  Il nostro è un Paese dove non manca il know how, le competenze, anche in ambito farmaceutico, grazie a numerose storiche aziende che possono creare un segmento importante in tal senso, in modo tale da non farci trovare impreparati di fronte a nuove possibili, purtroppo – e speriamo ovviamente di no –, pandemie. Ma visto quello che è successo negli ultimi decenni in cui talune infezioni avvenute in Asia, nelle parti più povere del pianeta, hanno rischiato di trasformarsi in focolai pandemici, non è da escludere.
  Per questo non dobbiamo assolutamente pensare che sia una possibilità totalmente remota, e dobbiamo essere preparati. Mi sento di esprimere un pensiero anche positivo, ammirando il dinamismo dei giovani ricercatori, visto che mi ha preceduto il collega Benamati, emiliano romagnolo, e dopo interverrà il collega Serse Soverini, anche lui emiliano romagnolo, per i tanti ragazzi che nonostante le difficoltà e con tanta passione sono riusciti a Pag. 10lavorare e a portare avanti i propri progetti. Ma, diciamo così, da un altro punto di vista ci sono anche da analizzare le ricadute che la scienza ha in ambito tecnologico e di applicazione nei settori della società civile. Ricadute non sempre immediate: ma questo non deve fare commettere l'errore di pensare, come purtroppo è accaduto in passato – ma direi che dall'intervento del Ministro questo è stato piuttosto chiaro –, che la ricerca sia un costo che non possiamo sostenere, oppure una voce di spesa da ridurre. Questo perché la ricerca in termini di investimenti non è sempre stata in cima alle priorità, purtroppo, del Paese. Quello che insomma vediamo nel futuro, e tra poco concludo, è una società che si prefigura ad altissima tecnologia, con una applicazione massiccia di intelligenza artificiale e di nuove risorse energetiche pulite, dove temi come la rigenerazione urbana non sono più parole vuote di significato, ma racchiudono il senso della nostra azione, che vuole utilizzare in maniera razionale il territorio, le sue risorse e l'ambiente che ci circonda.
  Ecco, rispetto a questi temi, e su questi argomenti, chiedo una riflessione al Ministro e, anche, se vuole anche approfondire la tematica della tutela dei nostri giovani ricercatori. Credo che siano temi particolarmente importanti.
  Chiudo presidente, con un piccolo appunto sul peso della burocrazia che ha anche in ambito universitario. Un ingombro, quello della burocrazia, ormai insostenibile, che non si è riusciti a ridurre nemmeno dopo tanti annunci e azioni negli ultimi venti anni.
  Abbiamo assistito, paradossalmente, ad uno sdoppiamento in molti casi di adempimenti che oggi vediamo fare in maniera sia digitale che cartacea. Ecco, le chiedo, Ministro su questo tema, e quindi sulla sburocratizzazione, quale sia la priorità del suo Ministero.
  Grazie mille, scusate se non si è sentito bene.

  SERSE SOVERINI(intervento da remoto). Sì grazie presidente, buonasera e benvenuta Ministro. Io la ringrazio per il suo intervento, perché è un intervento critico, cioè nel senso che Lei veramente è andata al punto e alle criticità; un intervento sincero, e competente, che è incoraggiante, perché siamo in una fase in cui dobbiamo veramente tutti, anche noi deputati, quando proviamo a fare gli allacci con il sistema Paese, avere degli allacci solidi, perché qui bisogna mettere mano a questo Paese.
  E vengo subito al sodo: io mi occupo di ITS (Istituti Tecnici Superiori) da tanto, ho costituito anche un ITS a Bologna nel 2010, e capisco benissimo il tema che Lei ha affrontato sulla formazione superiore. Adesso qui non sta a me fare una panoramica sui limiti degli ITS che sono un sistema fortemente territorializzato, lavorano sulla domanda territoriale e quindi più di tanto non possono scavare, anche perché comunque non hanno avuto le risorse. Dobbiamo portare gli ITS, che sono una base importante – in Emilia Romagna stanno facendo un accordo con la Fondazione delle università per creare un passaggio da ITS –, alle professionalizzanti, cosa che trovo essenziale: bisogna assolutamente superare questo gap nel rapporto tra ITS e università, è decisivo. E dobbiamo assolutamente, con il miliardo e mezzo del Recovery fund, far sì che il sistema ITS diventi un sistema nazionale. Questo noi lo abbiamo detto anche al Ministro Bianchi. Come Partito Democratico siamo fortemente impegnati a promuovere una nostra proposta, ma le posso assicurare che nel nostro cuore c'è il tema del link con le università e con le professionalizzanti: per noi è decisivo.
  Perché le dico questo? Perché Lei dice giustamente: «Dobbiamo fare massa critica». Io so benissimo come sono, so come sono fatte le imprese italiane, so benissimo che sono piccoline, ma abbiamo anche tante imprese che nonostante siano piccole sono competitive su scala mondiale, perché quella è la loro nicchia di mercato ed è lì che si sono specializzate.
  Ora il tema del rapporto con l'università è un tema criticissimo, perché noi adesso, le faccio una considerazione che è una mezza domanda, andiamo a mettere dei soldi nel sistema produttivo, i soldi del Pag. 11recovery, che comunque hanno un indirizzo ben preciso, cioè sono soldi che dicono al sistema produttivo italiano: «entri o non entri nella piattaforma strategica produttiva europea fatta di digitalizzazione, di sostenibilità?». Quindi quel salto delle nostre piccole e medie imprese non lo possiamo fare se non abbiamo quello che Lei chiama massa critica, quindi la piccola impresa con un buon tecnico degli ITS e con un'innovazione che è portata dentro dalle università.
  Questo glielo dico proprio in maniera patriottica: dobbiamo assolutamente linkare questo sistema, Lei ha perfettamente ragione da questo punto di vista, dobbiamo assolutamente spendere quei cinquecento milioni per le professionalizzanti in questa ottica e non importa se alla fine degli ITS c'è il terzo anno di professionalizzanti, crediti e via dicendo. Vogliamo fare delle professionalizzanti un sistema chiuso che non concorre con le triennali? Siamo tutti d'accordo. Però quel canale della formazione professionalizzante è strategico, perché dobbiamo alzare la produttività del lavoro nelle PMI, e dobbiamo linkare le PMI con i saperi dell'università e questo passaggio lo può fare il rapporto tra piccole imprese, professionalizzanti e innovazioni universitarie.
  Mi è stato detto da persone che io stimo molto: «ma di cosa parliamo, di piccole imprese?». Ma questa è l'Italia, questo è il secondo paese manifatturiero, non possiamo inventarcene un altro, poi giustamente il mio collega Benamati ha citato le grandi aziende e anche le grandi opportunità sulla ricerca vera che è decisiva. Io mi limito a questo spaccato.
  Ragioniamo sulle passerelle, ragioniamo sui link tra ITS e professionalizzanti. Abbiamo davanti a noi cinque anni con risorse mai avute prima: forse gli ITS possono uscire da questa specie di sistema di principati, di piccoli principati molto brillante al nord e molto meno al sud – e questo è un problema – e possono diventare un sistema nazionale, linkarsi all'università e costituire un elemento decisivo perché, come dice la Commissione europea, il tema vero della crisi delle imprese dipende dalla produttività del lavoro e quindi dalle competenze di chi lavora nelle aziende. Noi sappiamo che i giovani universitari, i giovani delle ITS possono essere portatori di innovazione anche in una PMI di 15 o 20 persone. Poi c'è tutto il tema della dimensione, del modello organizzativo: ma almeno su questo settore, oggi che siamo di fronte a una sfida tecnologica enorme, io penso che dobbiamo assolutamente fare, come Lei ha detto, massa critica. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Soverini. Chiedo se ci sono altri iscritti a parlare, altrimenti se il collega Benamati ha ripristinato il collegamento, gli chiederei di formulare l'ultima domanda, visto che eravamo rimasti in sospeso.

  GIANLUCA BENAMATI(intervento da remoto). Chiedo scusa perché non avevo capito che non aveste udito la mia ultima domanda. Ho formulato tre domande: una sulla struttura del PNRR, sulle tre direttrici; la seconda sulla ricerca applicata come motore della innovazione tecnologica del Paese; la terza, che collegava ovviamente il ruolo, era sulle modalità di contaminazione tra il sistema delle università, della ricerca pubblica, delle imprese, grandi e piccole, e degli enti territoriali che viene delineato nel PNRR e che, oltre al rifinanziamento dei digital innovation hub – che ci siamo inventati nella Legislatura scorsa in pendenza del varo di Industria 4.0 – che vanno assolutamente diffusi e potenziati. Grandi centri, grandi poli nazionali, di cui il polo tecnologico e scientifico di Bologna che è in realizzazione può essere un esempio, visti come contenitori di questa realtà.
  Chiedevo specialmente in questo senso l'opinione del Ministro, perché la sua esperienza personale in questo settore è sicuramente molto importante e la sua opinione per quanto ci riguarda, anche nella stesura naturalmente delle osservazioni al piano è molto rilevante. E quindi era, sostanzialmente, questa la terza e ultima domanda. Chiedo ancora scusa. Ma la connessione è quella che è. Ci vuole il rafforzamento della rete.

  PRESIDENTE. Meno male che siamo riusciti a recuperarla visto c'era un po' di Pag. 12spazio. Non avendo altri iscritti a parlare, chiedo alla signora Ministra se intende fornire già in questa sede le sue risposte, oppure se ritiene più opportuno recapitarle in forma scritta. Noi avremmo piacere di ascoltarle in viva voce ma può scegliere di rispondere per iscritto.

  MARIA CRISTINA MESSA, Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto). Guardi io sono abituata ad essere molto diretta. E quindi risponderò oralmente già ora.

  PRESIDENTE. Bene, perfetto, grazie.

  MARIA CRISTINA MESSA, Ministra dell'università e della ricerca (intervento da remoto). Grazie. Inizio con il primo punto dell'onorevole Benamati, allora per quanto riguarda l'industria che fa ricerca: era proprio uno dei punti che avevo messo nel capitolo ricerca, e quindi non innovazione, ma ricerca, in quanto è prevista questa misura che si chiama partnership estesa nella ricerca di base, nella ricerca, punto. Che ha un finanziamento importante di più di un miliardo, un miliardo e sei, che dovrebbe essere proprio impostata su una collaborazione, su una partnership tra università, enti di ricerca e imprese, che fanno ricerca però, non arrivano al prodotto. Sulla risoluzione di grandi tematiche. Possiamo arrivare fino a dieci, anche fino a quindici tematiche, ben finanziate che fanno una buona massa critica e che affrontano il problema dal punto di vista della ricerca.
  All'interno di questo poi si sviluppano tutte le altre iniziative come può essere stata quella del DTT, che conosco bene: è attraverso questo meccanismo, coinvolgere l'industria nella ricerca, che si capisce anche dove investire nelle grandi attrezzature e nelle grandi apparecchiature. E quindi si crea, anche, un filone di competenza in questo senso. Quindi è un doppio vantaggio, anzi ha vari vantaggi, più di due probabilmente.
  Sulla ricerca tecnologica applicata io la vedo sempre come una conseguenza, comunque, di questo forte scambio e qui è vero che lo scambio principale è con le grandi aziende, perché c'è bisogno di collaborare su tematiche che sono già ben distribuite, ben organizzate a livello dei singoli enti, non è una collaborazione di ricerca individuale, questa è una collaborazione di ricerca molto di carattere collaborativo e coordinato, e quindi ci vuole anche un aspetto di coordinamento.
  Per quanto riguarda la contaminazione: io credo che la contaminazione debba essere fatta il più precocemente possibile fin dal momento in cui gli studenti sono ancora nell'università, anche nelle triennali.
  Ci sono tantissime esperienze nelle università in cui noi offriamo liberamente agli studenti di acquisire non dei crediti veri e propri, ma, insomma, un curriculum di un certo tipo, partecipando a dei corsi fatti insieme a persone che vengono dall'industria, che possono essere focalizzati su aspetti personali, cioè come sapersi presentare, come costruire un curriculum, sino anche agli aspetti invece più innovativi di come costruire una spin-off, o come diventare imprenditori. Questi sono seguitissimi dagli studenti, e poter offrire questo dà subito una contaminazione.
  È chiaro che non lo puoi fare su scala larghissima, però se inizi ad introdurre in ogni sistema educativo questo tipo di formazione, la contaminazione diventa qualche cosa che nasce fin dalla crescita formativa, e non quando hai già finito, e devi trovare un lavoro e devi cercare di sistemarti nel mercato.
  Quindi quello è uno strumento che, secondo me, si può ampliare. Dopo di che, secondo me, si possono prendere ad esempio delle iniziative di successo. Lei ha citato quella di Bologna, c'è anche Toscana Life Sciences, c'è anche MIND a Milano, in Puglia c'è un tecnopolo, e quindi ci sono tante di queste iniziative italiane che possono essere aiutate affinché loro stesse scalino a livello nazionale. Quindi dobbiamo passare da iniziative molto territoriali a una dimensione più nazionale, che poi siano da modello, oltre che promotori di iniziative simili in altri luoghi e in altri posti dell'Italia.
  Per l'onorevole Piastra: prendo due punti che ha detto particolarmente rilevanti e su Pag. 13cui mi trova non d'accordo, ancora di più. Intanto la tutela dei giovani ricercatori: in VII Commissione cultura, come sa, stiamo lavorando ad un riordino del preruolo e della formazione che renda il percorso dei giovani ricercatori più contenuto nei tempi, ed anche più certo su ciò che può succedere nel futuro. Quindi penso che i percorsi cosiddetti tenure track sono forse la soluzione ideale per tutti, sia per i giovani che capiscono durante questo training se sono adatti a fare questo lavoro oppure no, che per noi, per chi poi deve finanziare queste iniziative e deve portare avanti la ricerca, perché non tutti sono adatti a fare determinate ricerche. Magari alcuni si rivolgono più al supporto alla ricerca, altri alla ricerca industriale; io vorrei tenere aperta la parte postlaurea, la parte del dottorato di ricerca e poi invece inizia un percorso più logico, ma l'importante è dare ai giovani una certezza di quali sono questi percorsi e non lasciarli a sé stessi.
  Inoltre, il peso della burocrazia: sfonda una porta aperta. Avendo vissuto tanto nell'università, ma anche negli enti di ricerca, sicuramente abbiamo introdotto dei sistemi molto limitanti alle nostre azioni, volti a prevenire. Cioè noi abbiamo questa paura del mal comportamento, della non gestione corretta del bene pubblico, per cui mettiamo tutto quello che possiamo per prevenire questo. E abbiamo, invece, poco la cultura della valutazione a posteriori, molto poco. Per cui una volta che il progetto è partito poco si sa di quanto ha funzionato, di quanto ha dato, di come è stato fatto. Perché abbiamo una valutazione ante, non una valutazione post. Ma questo è un problema culturale, non da poco. E credo che vada piano piano analizzato e scardinato in alcuni punti, altrimenti per quanti fondi avremo non riusciremo mai a spenderli in maniera corretta. Questa è la mia opinione.
  Poi per quanto riguarda gli ITS, le professionalizzanti e le microimprese: allora io credo che dobbiamo essere molto chiari su un percorso puramente ITS e un percorso invece che da ITS si interfaccia con il percorso universitario.
  Stante il fatto che quello che l'università dà di diverso rispetto agli ITS riguarda due aspetti. Il primo è che l'insegnamento si basa sempre sulla ricerca, applicata o di base che sia, perché l'università senza ricerca non è una università. E quindi la laurea si porta dietro questo contributo della ricerca. E il secondo è che, proprio per questo motivo, mentre un ITS di per sé è estremamente specialistico, e quindi è studiato per andare a risolvere uno specifico compito, una laurea può essere più trasversale, può essere un pochino più abilitante su più tecnologie, per esempio. In modo che se nella vita poi vuoi riutilizzare queste competenze, le puoi riutilizzare in un altro modo. Secondo me questo deve essere un pochino la differenza delle due figure, e deve permettere all'una di passare all'altra, cioè deve essere un percorso che non chiude le porte mai. E quindi per fare questo, ovviamente, occorre che, e penso che l'onorevole Bianchi sia d'accordo, laddove si studia un percorso ITS ci sia anche un contributo dell'università nell'apportare alcuni accorgimenti al piano formativo in modo che questo poi possa essere anche integrato con la componente universitaria. So benissimo che quando un ITS funziona bene, e purtroppo non tutti funzionano bene – su questo bisogna lavorare –, sulla qualità, l'apporto del capitale umano è incredibile, è fortissimo. Quindi vanno perseguiti, e sono d'accordissimo, qualità e passaggio con l'università ma in modo che si mostri con chiarezza che cosa ottieni dall'uno e dall'altro sistema.
  Le microimprese: è vero, questa è una cosa tutta da costruire però. Perché è chiaro che l'università e gli enti di ricerca fanno meno fatica a dialogare con le grandi e medie imprese che con le piccole, almeno che le piccole, le micro non siano proprio generate dalle università, molte di quelle innovative sono proprio generate dalle università, e allora in questo caso il legame resta fortissimo. Perché è un legame continuo, è un circolo che continua lo scambio, sia per la condivisione di spazi e di persone che per la condivisione di risultati e di progetti. I progetti europei dell'ultima tornata di Horizon sono stati molto utili da Pag. 14questo punto di vista, perché hanno permesso una collaborazione tra università e piccole e medie imprese molto più forte. Adesso questa misura non c'è più, è stata un pochino cambiata in Horizon Europe, ma noi possiamo sicuramente farla valere per lo meno per il nostro territorio. Perché è vero, quando il 75 per cento delle nostre imprese è rappresentato da questo, non lo puoi ignorare. Ed è anche vero che molte di queste sono poi quelle particolarmente attive a livello internazionale. E quindi troveremo sicuramente dei modi per lavorare insieme, senza però usare vecchi modelli, tipo incubatori, o tipo aspetti che badano di più allo spazio e alle strutture, che non alle persone.

  PRESIDENTE. Grazie davvero. La saluto e la invito a tornare tutte le volte che ritiene e noi sicuramente la disturberemo ulteriormente, perché le sue parole lasciano intravedere un grande lavoro. È stata per noi una giornata complessa, perché è da stamani che stiamo svolgendo audizioni di Ministri e quindi ringrazio anche tutti gli onorevoli che hanno partecipato, perché ripeto è stata una giornata molto intensa che è partita stamani mattina. Grazie arrivederci.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.30.