XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Lunedì 15 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Perantoni Mario , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra della giustizia, Marta Cartabia, sulle linee programmatiche del dicastero, anche in relazione al contenuto della Proposta di Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Doc XXVII, n. 18) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Perantoni Mario , Presidente ... 3 
Cartabia Marta , Ministra della Giustizia ... 3 
Perantoni Mario , Presidente ... 14 
Giuliano Carla (M5S)  ... 14 
Ascari Stefania (M5S)  ... 15 
Di Sarno Gianfranco (M5S)  ... 16 
Perantoni Mario , Presidente ... 16 
Turri Roberto (LEGA)  ... 16 
Tateo Anna Rita (LEGA)  ... 17 
Morrone Jacopo (LEGA)  ... 17 
Perantoni Mario , Presidente ... 18 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 18 
Perantoni Mario , Presidente ... 21 
Zanettin Pierantonio (FI)  ... 21 
Bartolozzi Giusi (FI)  ... 22 
Siracusano Matilde (FI)  ... 23 
Perantoni Mario , Presidente ... 24 
Giannone Veronica (FI)  ... 24 
Perantoni Mario , Presidente ... 24 
Giannone Veronica (FI)  ... 24 
Perantoni Mario , Presidente ... 24 
Costa Enrico (Misto-A-+E-RI)  ... 24 
Perantoni Mario , Presidente ... 26 
Colletti Andrea (Misto-L'A.C'È)  ... 26 
Perantoni Mario , Presidente ... 28 
Maschio Ciro (FDI)  ... 28 
Perantoni Mario , Presidente ... 29 
Varchi Maria Carolina (FDI)  ... 29 
Lucaselli Ylenja (FDI)  ... 31 
Perantoni Mario , Presidente ... 32 
Vitiello Catello (IV)  ... 32 
Perantoni Mario , Presidente ... 34 
Ferri Cosimo Maria (IV)  ... 34 
Perantoni Mario , Presidente ... 36 
Conte Federico (LeU)  ... 36 
Perantoni Mario , Presidente ... 40 

(La seduta, sospesa alle 18.15, riprende alle 18.35) ... 40 

Perantoni Mario , Presidente ... 40 
Cartabia Marta , Ministro della Giustizia ... 40 
Ferri Cosimo Maria (IV)  ... 42 
Cartabia Marta , Ministro della Giustizia ... 42 
Perantoni Mario , Presidente ... 45

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO PERANTONI

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione della Ministra della giustizia, Marta Cartabia, sulle linee programmatiche del dicastero, anche in relazione al contenuto della Proposta di Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Doc XXVII, n. 18).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Ministra della giustizia, professoressa Marta Cartabia, sulle linee programmatiche del dicastero, anche in relazione al contenuto della Proposta di Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Doc XXVII, n. 18).
  Avverto che, poiché nella seduta odierna non sono previste votazioni, ai deputati è consentita la partecipazione da remoto, in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni, avverto che – secondo quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi – dopo l'intervento del Ministro, ciascun gruppo potrà intervenire per 10 minuti, suddividendo eventualmente il tempo a propria disposizione tra più oratori. Per il gruppo di Fratelli d'Italia, sempre secondo quanto convenuto in Ufficio di presidenza, sarà previsto un tempo massimo di 15 minuti. Invito pertanto i gruppi che non l'avessero già fatto a far pervenire le richieste di iscrizione a parlare.
  Cedo ora la parola alla Ministra della giustizia, professoressa Marta Cartabia, per lo svolgimento della Sua relazione.

  MARTA CARTABIA, Ministra della Giustizia. Presidente, onorevoli, devo dire che c'è una certa emozione a prendere la parola in questo contesto, il cui valore è davvero inestimabile. Non avrei immaginato di trovarmi a parlare di giustizia non solo dove sulla giustizia si riflette, ma dove si elaborano le linee della giustizia e del funzionamento del nostro ordinamento giudiziario.
  Le linee programmatiche di questo Governo debbono muovere necessariamente da alcuni dati di contesto che ne condizionano in modo significativo i margini di azione e ne voglio sottolineare principalmente tre. Innanzitutto vi è il fattore Europa. Il Piano Next Generation EU offre al nostro Paese grandi possibilità e grandi risorse che richiedono la messa a punto di progetti e di riforme coerenti con gli obiettivi del Piano. Abbiamo poche settimane per concludere questa pianificazione che detta la linea del nostro impegno immediato.
  In secondo luogo, vi è il fattore pandemia. Da un anno a questa parte il Governo sta lavorando sotto la pressione di continue urgenze ed emergenze che esigono imperiosamente priorità. Per continuare a svolgere l'attività ordinaria è richiesto ogni giorno uno sforzo straordinario di impegno e di immaginazione. Lo sa bene chi opera Pag. 4nei palazzi di giustizia. Infatti, per continuare a celebrare i processi è stato richiesto uno sforzo innovativo ingente e mi sia consentito in questa occasione di rivolgere un pensiero di ringraziamento a magistrati, avvocati, a tutto il personale amministrativo che hanno fatto ogni sforzo per continuare a far funzionare la macchina della giustizia in tutto quest'anno con spirito di adattamento alle nuove forme che si sono rese necessarie ed esponendosi a rischi non trascurabili.
  Un simile sforzo riorganizzativo si è reso necessario e si sta rendendo necessario per tutte le altre attività comuni della vita della giustizia. I concorsi di avvocati, di magistrati, del personale del mondo della giustizia, le votazioni degli ordini professionali, le attività in carcere: solo per citare alcune delle emergenze che si sono rese più evidenti di recente e che hanno impegnato immediatamente la mia azione come Ministro di questo Governo.
  Infine, il terzo fattore di contesto è il dibattito pregresso. Molti temi sulla giustizia sono stati posti dai Governi precedenti. Molti sono i dibattiti che sono stati avviati. Molti e molto divergenti sono i punti di vista tra le forze politiche anche all'interno del Governo. Molte sono le risposte che questi dibattiti attendono.
  Per questo sento il dovere di affermare con chiarezza a tutte le forze politiche presenti in Parlamento e a tutti i cittadini che qui sono rappresentati che sarebbe sleale impegnarsi nel contesto attuale con programmi inattuabili, che alimentino invano le già alte aspettative che animano il dibattito pubblico, ben sapendo di non poterle realizzare.
  Cercheremo di affrontare insieme alcuni problemi, i problemi più urgenti e improcrastinabili, auspicando senza presunzione e senza hybris e nella misura in cui ci sarà condivisione e supporto dal Parlamento di poter contribuire a rispondere almeno ad alcune delle domande di giustizia che ardono in vari ambiti del nostro Paese.
  Da questa osservazione dei dati di realtà discende il metodo che intendo proporre e di cui ho già avuto modo di discutere informalmente con i capigruppo di maggioranza qualche giorno fa. In Parlamento un grande lavoro istruttorio è già stato fatto in ordine a molteplici tematiche, perlopiù attraverso l'esame di disegni di legge delega che, per alcuni dei testi, si trova già a uno stadio piuttosto avanzato.
  Ritengo che il primo compito sia quello di verificare il lascito del precedente Governo, esaminare e valutare quanto dell'esistente meriti di essere salvato e all'occorrenza modificato e implementato. Il lavoro svolto non va vanificato, ma naturalmente deve essere rimodulato e arricchito anche alla luce del carattere così ampio di questa maggioranza di governo, senza peraltro trascurare le proposte dell'opposizione con la quale ancora non ho avuto modo di interloquire direttamente. Perciò nelle prossime settimane proporremo in questa sede e nell'omologa Commissione dell'altro ramo del Parlamento emendamenti ai testi già incardinati che saranno frutto, da un lato, del lavoro di alcuni gruppi di esperti che proprio in questi giorni sto costituendo presso il Ministero e, dall'altro, come concordato, dal serrato confronto con le forze politiche di maggioranza sulle proposte da questi gruppi elaborati.
  Su questo piano metodologico permettetemi un'ultima annotazione. Il Parlamento come luogo di sintesi delle varie visioni politiche e culturali deve essere e deve tornare ad essere centrale in ogni processo di riforma. La mia formazione e la mia storia professionale mi rendono particolarmente sensibile a una corretta impostazione dei rapporti tra Governo e Parlamento, troppo spesso piegata dalle ragioni dell'urgenza e dalle difficoltà più politiche.
  Da parte mia vi assicuro la massima attenzione al rispetto dei princìpi costituzionali nei rapporti tra istituzione parlamentare e Governo. Naturalmente ciò richiede un uguale impegno da parte delle Camere, che debbono essere luogo di confronto autentico, schietto, ma anche tempestivo e volto alla ricerca di un terreno di azione comune per la costruzione di posizioni condivise che guardano al bene comune, lasciando da parte l'affermazione Pag. 5fine a se stessa di posizioni anche giuste, ma irrealizzabili nelle condizioni date.
  Da questo punto di vista, la scelta del metodo della delega legislativa mi trova estremamente favorevole, perché coinvolge il Parlamento sin dall'elaborazione degli interventi normativi, innanzitutto nella definizione del perimetro delle riforme, dell'oggetto, e dei suoi orientamenti di fondo, princìpi e criteri direttivi, peraltro assicurando un continuo confronto tra Governo e Parlamento anche in fase di attuazione dei decreti legislativi delegati.
  Infine, ma non meno rilevante in un contesto come quello attuale, la legge delega permette di disegnare un quadro di insieme all'interno del quale realizzare un'attuazione graduale delle riforme possibili attraverso lo sviluppo dei vari decreti legislativi che hanno ad oggetto i vari segmenti prefigurati nel quadro generale, secondo un percorso realistico ma allo stesso tempo capace di assicurare una certa coerenza d'insieme.
  Veniamo ora ai contenuti. La crescente domanda di giustizia da parte dei cittadini, oltre che le raccomandazioni rivolte dalle istituzioni europee al nostro Paese anche nell'ambito della predisposizione dei progetti e delle riforme del Recovery Fund, evidenziano la necessità di approntare riforme realmente in grado di operare una riduzione dei tempi della giustizia, che oggi continuano a registrare medie del tutto inadeguate. Questo è l'obiettivo primario in materia di giustizia, cioè riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività, così da consentire anche una rinnovata fiducia dei cittadini nell'amministrazione della giustizia e una ripresa degli investimenti, tenuto conto della strettissima connessione intercorrente tra relazioni commerciali, produttività economica e funzionamento della giustizia.
  A questo riguardo, tengo particolarmente a sottolineare che l'idea di efficienza dell'amministrazione della giustizia non rappresenta soltanto un obiettivo pragmatico – riflesso della sopraccennata stretta compenetrazione intercorrente tra giustizia ed economia – ma si coniuga altresì con la stessa componente valoriale del processo e quindi con gli ideali intrinseci alla giustizia, tesi alla realizzazione di una tutela giurisdizionale effettiva per tutti.
  Rendere la giustizia efficiente, riducendo i tempi di definizione delle controversie, è un obiettivo imposto anzitutto dal principio costituzionale del giusto processo e dall'impegno incombente sul legislatore di assicurare la ragionevole durata del processo. In una parola la Costituzione richiede che il processo sia giusto e sia breve. Obiettivi altissimi, quelli indicati dalla Costituzione, che devono ispirare l'azione di tutte le istituzioni, pur nella consapevolezza che la loro piena realizzazione è e sarà una meta da conquistare e riconquistare continuamente.
  Mi preme sottolineare che occorre evitare di incorrere nell'equivoco per il quale l'obiettivo di una giustizia più effettiva ed efficiente, oltre che più giusta, possa essere raggiunto solo attraverso interventi riformatori sul rito del processo o dei processi. A mio parere occorre muoversi contestualmente seguendo tre direttrici tra loro inscindibili: sul piano organizzativo, nella dimensione extraprocessuale e in quella endoprocessuale, che sono complementari fra loro.
  A tal fine appare prioritaria l'azione riorganizzativa della macchina giudiziaria amministrativa che rientra propriamente nei compiti che la Costituzione all'articolo 110 affida esplicitamente al Ministro della giustizia e che i progetti presentati nell'ambito del Recovery Plan consentono di declinare sotto diversi aspetti.
  Senza ripercorrere qui analiticamente tutti gli aspetti dei diversi progetti ricompresi in quel Piano, segnalo sinteticamente i tre principali ambiti di intervento da essi previsto: il primo riguarda la valorizzazione del personale e delle risorse umane; il secondo mira al potenziamento delle infrastrutture digitali con la revisione e la diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti; il terzo destina un significativo ammontare di risorse all'edilizia giudiziaria e all'architettura penitenziaria. Pag. 6
  Grazie anche alle risorse provenienti dall'Unione europea, reputo che si debba lavorare sul piano organizzativo in una triplice direzione: portare a piena attuazione l'ufficio del processo, che è una delle componenti del Piano del Recovery Plan; individuare e mettere in rete le best practice organizzative esistenti; incrementare una formazione specifica per le figure apicali degli uffici giudiziari.
  Per quanto riguarda il primo aspetto, la principale innovazione, già avviata in fase sperimentale, sarà la diffusione dell'ufficio del processo, un modello organizzativo che rafforza la capacità decisionale del giudice, inserendo nello staff gli assistenti – sul modello dei clerk dei Paesi anglosassoni – incaricati della classificazione dei casi, della ricerca dei precedenti giurisprudenziali, dei contributi dottrinali pertinenti e della predisposizione di bozze di provvedimenti. Si tratta di potenziare strutture già esistenti dal 2012. Attraverso la piena operatività di tali strutture, il magistrato manterrebbe la fisiologica solitudine nel momento decisionale, che spetta solo a lui, ma verrebbe ad essere adeguatamente supportato per tutto quanto riguarda la parte conoscitiva e organizzativa preliminare al giudicare, con evidenti positivi riflessi sulla durata del processo stesso e sulla sua efficienza e qualità.
  In secondo luogo, nella stessa ottica di sollevare il giudice dalle incombenze non strettamente attinenti alla funzione del giudicare, occorrerà procedere a rafforzare la capacità amministrativa del sistema, integrando il personale delle cancellerie, ma anche sopperendo alla carenza di professionalità tecniche, diverse da quelle di natura giuridica ma pure essenziali per attuare e monitorare i risultati dell'innovazione organizzativa. Questo era il secondo punto del primo aspetto.
  Quanto al secondo aspetto – mettere in rete le esperienze virtuose – occorre davvero prendere atto che nel nostro sistema giustizia esistono delle eccellenze, che spesso sono frutto di capacità personali di singoli dirigenti di uffici giudiziari, ma che faticano a essere elevate a sistema e messe in rete. Occorre che queste esperienze virtuose emergano, anche attraverso adeguate analisi statistiche giudiziarie, nelle quali l'Italia è stata in passato all'avanguardia e che vanno potenziate e rese più veloci, perché consentono quella misurazione dell'attività senza la quale non è possibile addivenire a un miglioramento della giustizia. A questo scopo occorrerà orientare la funzione ispettiva del Ministero della giustizia anche in funzione collaborativa con i singoli uffici giudiziari, diffondendo la conoscenza e l'implementazione delle cosiddette best practice meritevoli di essere disseminate attraverso circolari e iniziative di formazione. Scambi orizzontali tra i vertici degli uffici giudiziari, supportati e ospitati dal Ministero, anche attraverso iniziative di sostegno alle esigenze dell'organizzazione, dovranno affiancarsi alla più nota funzione investigativa a fini disciplinari dell'Ispettorato generale.
  Il terzo aspetto riguarda la formazione, specie dei magistrati candidati o già investiti di incarichi direttivi e semidirettivi. Essa dovrà essere meglio strutturata nell'ambito dell'attività della Scuola della magistratura, con corsi obbligatori di durata maggiore dell'attuale, focalizzati su profili organizzativi e gestionali dell'amministrazione della giustizia, estesi anche ai dirigenti già in servizio, che coinvolgano anche docenti e testimoni esterni al circuito giudiziario e che si concludano con una valutazione seria del profilo attitudinale dei partecipanti. La comprovata capacità gestionale, già richiamata, più o meno implicitamente, in alcune norme vigenti e in progetti di riforma all'attenzione del Parlamento, dovrà espressamente figurare tra i requisiti della nomina per un incarico direttivo.
  Muovendo da questo piano strettamente organizzativo a quello, invece, delle riforme normative, vorrei ora svolgere qualche breve considerazione in merito ai diversi capitoli della giustizia civile, della giustizia tributaria, della giustizia penale e del Consiglio superiore della magistratura, tutti interessati da disegni di legge già presenti in Parlamento.
  Nel quadro della giustizia civile, uno dei primi ambiti interessati dal disegno di legge Pag. 7del Senato (AS 1662) riguarda le cosiddette «misure alternative di risoluzione delle controversie», ovvero mediazione, negoziazione e conciliazione. Reputo che questi strumenti di risoluzione dei conflitti siano dotati di un grande potenziale, in particolare nel nostro ordinamento e nelle specifiche condizioni date. È ormai un dato di esperienza consolidato, anche in una prospettiva comparata con altri sistemi giuridici, che le forme alternative di risoluzione dei conflitti producono effetti virtuosi di alleggerimento dell'amministrazione della giustizia. Tuttavia, il loro significato supera questa intuitiva potenzialità. Tutt'altro che alternative, queste forme di risoluzione delle controversie giuridiche rivestono un ruolo che è piuttosto di complementarità rispetto alla giurisdizione, di coesistenza, come già indicava uno dei grandi maestri del diritto processuale e costituzionale comparato, Mauro Cappelletti.
  In particolare, accanto alle più sperimentate forme arbitrali, vorrei soffermare l'attenzione sulla mediazione, uno strumento verso il quale dopo gli iniziali scetticismi si riscontra oggi una generale apertura da parte delle diverse categorie, pur nella necessità di significative messe a punto legislative. A questo proposito segnalo tre specifici aspetti che richiedono un intervento normativo: il primo riguarda la definizione degli ambiti di applicazione della mediazione per estenderne la portata, specie nei settori dove statisticamente si sono verificate maggiori possibilità di successo e dove la mediazione porterebbe un indiscutibile valore aggiunto, come nelle controversie in materia di famiglia e di filiazione; il secondo riguarda la previsione di incentivi, processuali, economici e fiscali; il terzo riguarda il rapporto tra mediazione e giudizio, valorizzandone ad esempio una più compiuta interrelazione grazie allo sviluppo della mediazione delegata dal giudice o endoprocessuale. È tempo di ripensare il rapporto tra processo davanti al giudice e strumenti di mediazione, offrendo anche al giudice la possibilità di incoraggiare le parti verso soluzioni conciliative, specialmente attraverso la previsione di misure premiali: per i giudici, ad esempio attraverso la possibilità di rilevare statisticamente queste attività, sovente faticose e laboriose, ma non contemplate dalle statistiche e quindi non valutate per le progressioni di professionalità; per le parti con l'introduzione, ad esempio, di discipline di favore per le spese giudiziali. Se ben calibrati, questi strumenti tracciano percorsi della giustizia che tengono conto delle relazioni sociali coinvolte, risanano le lacerazioni e stemperano le tensioni sociali. Peraltro, onorevoli, su un piano più pragmatico occorre osservare che le soluzioni negoziali e di mediazione si renderanno tanto più necessarie e – direi – indispensabili nel contesto attuale, in cui gli effetti economici della pandemia stanno determinando forti squilibri nei rapporti giuridici esistenti. La giustizia preventiva e consensuale rappresenterà una strada necessaria per il contenimento di una possibile esplosione del contenzioso presso gli uffici giudiziari quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano gli sfratti, le esecuzioni, le procedure concorsuali, i licenziamenti e il contenzioso bancario, ad esempio. Per questo motivo, occorre prepararsi per tempo. Alcune esperienze di diritto comparato, in particolare in Spagna all'epoca della crisi finanziaria del 2008, mostrano la fecondità di questa strada e indicano la necessità di predisporre per tempo strumenti adeguati a percorrere strade di giustizia consensuale. La rinegoziazione dei contratti in condizioni di eccessiva onerosità sopravvenuta, le controversie per il pagamento di somme di denaro, i rapporti in crisi di natura societaria e commerciale, le relazioni critiche fra la banca e i clienti, le pretese verso la pubblica amministrazione da parte di cittadini e imprese in attesa di risposta sono solo alcune tipologie di situazioni che, in mancanza di un intervento urgente, dedicato e congruo, renderanno la giustizia del nostro Paese gravemente insostenibile.
  Il tempo che stiamo attraversando offre un'occasione importante per coltivare e diffondere una nuova cultura della giustizia aperta a una pluralità di vie, da svilupparsi anche attraverso adeguati strumenti di formazione rivolti, oltre che ai mediatori, al difensore e al giudice, e che debbono trovare Pag. 8 spazio sin dai primi anni degli studi universitari.
  Però, un processo civile lento e malato difficilmente potrà affiancarsi a sistemi alternativi validi ed efficaci. Quale debitore insolvente potrebbe trovare maggior vantaggio da una procedura di mediazione, quando il giudizio civile nel quale è stato convenuto può garantirgli anni di inadempimento? Per questo una seconda fondamentale area di intervento è rappresentata da quella processuale in senso stretto. Senza coltivare illusorie ambizioni di riforme di sistema non praticabili nelle condizioni date, la riforma dovrà puntare su correzioni selettive ad alcune disfunzioni e sull'estensione o sull'adattamento di modelli già sperimentati e, se possibile, già misurati anche dalle agenzie internazionali di monitoraggio – quali la European Commission for the Efficiency of Justice (CEPEJ) ad esempio – nella loro capacità di propiziare decisioni più tempestive. In questo ambito sicuramente dovranno essere valorizzati alcuni aspetti dei disegni di legge presenti in Parlamento sui quali si registra una sempre più ampia convergenza quali, ad esempio, il principio di sinteticità degli atti, mediante una sua chiara affermazione e l'introduzione di specifiche disposizioni volte a renderlo effettivo.
  Per ovvie ragioni di tempo tralascio molti punti specifici dei disegni di legge pendenti per sottolineare qual è a mio avviso il nodo di fondo che andrà sciolto, a partire dai lavori della Commissione di studio per la giustizia civile che si sta insediando in questi giorni. La scelta di base è tra il mantenimento dei modelli di rito attuali, ordinario e sommario di cognizione, con adeguati interventi di supporto miranti a ridurre i tempi e ad assicurare che la causa possa pervenire alla prima udienza con un thema decidendum già definitivamente cristallizzato, e l'introduzione di nuovi riti, magari semplificati e sostitutivi rispetto a quello ordinario attualmente in vigore. In tal caso occorrerà ponderare attentamente l'eventuale abrogazione del rito sommario di cognizione, in quanto il rito sommario rappresenta un modello non soltanto funzionante, ma particolarmente apprezzato, come è risultato dalle numerose audizioni già disposte e dalle indicazioni provenienti dalle istituzioni europee. Inoltre, occorrerà tenere presente che ogni riscrittura del rito comporta necessariamente, almeno nelle prime fasi, un ulteriore rallentamento della macchina giudiziaria.
  Infine, ritengo che meriti particolare attenzione anche l'area della giustizia di famiglia e minorile, nella quale la normativa vigente registra una serie di perduranti lacune e profili problematici di non poco momento, tra i più evidenti dei quali possono individuarsi quelli legati alla frammentazione delle tutele e all'assenza di una disciplina organica per il processo minorile.
  Occorrerà ancora valutare il problema dei filtri delle impugnazioni più volte sottolineato dalle istituzioni europee, in una prospettiva che analizzi le ragioni di inefficacia di quelli vigenti con riferimento all'appello civile e che individui possibili linee di intervento per meglio valorizzare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, risolvendo per questa via il rilevantissimo divario quantitativo tra il numero di casi trattati in sede di legittimità nel nostro Paese e quelli trattati da altre Corti supreme europee e le sue ricadute in termini di stabilità del formante giurisprudenziale.
  Passiamo al secondo capitolo delle riforme normative. Ho dedicato una breve riflessione anche alla giustizia tributaria, perché uno dei settori dove si verifica una forte sofferenza dal punto di vista dell'arretrato e della durata dei processi è proprio quello tributario. La giustizia tributaria rientra nelle competenze del Ministero dell'economia e delle finanze, ma per ciò che riguarda il ricorso in Cassazione anche il Ministro della giustizia è coinvolto a pieno titolo. Ed è lì che si ravvisano i principali fattori critici.
  Sotto il profilo quantitativo il contenzioso tributario è una componente molto importante dell'arretrato che si è accumulato dinanzi alla Corte di cassazione. Secondo stime recenti alla fine del 2020 pendevano più di 50 mila ricorsi, pari a circa il 50 per cento delle pendenze in Cassazione, Pag. 9 pur se nel frattempo i ricorsi davanti alle Commissioni tributarie provinciali si sono sostanzialmente dimezzati. Sotto il profilo qualitativo le decisioni adottate dalla Corte di cassazione comportano molto spesso l'annullamento di quanto è deciso in appello dalle Commissioni tributarie regionali: si è passati dal 52 per cento nel 2016 al 47 per cento nel 2020, ma con variazioni non particolarmente significative all'interno dell'ultimo lustro. Sotto il profilo temporale vi sono indizi che attestano tempi di giacenza nei ricorsi in Cassazione in alcuni casi superiori a tre anni, i quali naturalmente si aggiungono alla durata dei giudizi svolti nei due precedenti gradi di giudizio. Le constatazioni che precedono inducono a ritenere che, per quanto si sia fatto non poco per far pervenire meno ricorsi alla Cassazione e farli decidere più speditamente, oltre che in modo adeguato, vi sia ancora molto da fare. A questo proposito, unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze, stiamo costituendo un gruppo di lavoro per esplorare possibili linee di riforma della giustizia tributaria che intervengano tanto sul piano legislativo, soprattutto nella direzione di rafforzare profili di specifica professionalità e indipendenza dei giudici tributari – come segnalato anche pochi giorni or sono dal presidente Leone all'inaugurazione dell'anno giudiziario della giustizia tributaria –, sia sul piano organizzativo, in particolare per favorire un più consistente esercizio della funzione nomofilattica da parte della Suprema Corte, al fine di prevenire il moltiplicarsi dei ricorsi, delle impugnazioni e l'incoerenza degli orientamenti.
  Passiamo alla giustizia penale. I tempi di definizione dei giudizi penali – al pari, se non più, di quelli civili – sono oggetto di preoccupazione delle istituzioni europee e, del resto, anche un ampio e vivace dibattito interno si è sviluppato proprio intorno ai tempi della giustizia penale, mostrando come un'eccessiva durata del processo rechi pregiudizio a tutti, sia alle garanzie delle persone coinvolte – indagato, imputato, vittima e persona offesa – sia all'interesse dell'ordinamento all'accertamento e alla persecuzione dei reati.
  In questo contesto, nei primissimi giorni dell'insediamento di questo Governo, a fronte della encomiabile disponibilità di alcuni gruppi ad accantonare gli emendamenti da loro presentati in materia di prescrizione per non esacerbare il conflitto, la Camera ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo «ad adottare le necessarie iniziative di modifica normativa e le opportune misure organizzative volte a migliorare l'efficacia e l'efficienza della giustizia penale, in modo da assicurare la capacità dello Stato di accertare fatti e responsabilità in tempi ragionevoli, assicurando al procedimento penale una durata media in linea con quella europea, nel pieno rispetto della Costituzione, dei princìpi del giusto processo, dei diritti fondamentali della persona e della funzione rieducativa della pena». Così riporta quell'ordine del giorno. Questo impegno deve essere onorato.
  In questo ambito, dunque, occorre procedere con puntuali interventi di riforma, volti a offrire ulteriori e necessari contributi per razionalizzare e accelerare il procedimento penale in tutte le sue fasi, nel rispetto delle fondamentali garanzie della difesa e della struttura dialettica del metodo di conoscenza giudiziaria che impronta il nostro modello accusatorio.
  Anche qui molto lavoro è già stato svolto: il disegno di legge pendente alla Camera A.C. 2435 è frutto di un'ampia istruttoria e tiene conto di un'intensa stagione di confronto con i diversi attori del processo penale, quali avvocatura nelle sue varie articolazioni, magistratura e studiosi del processo. Alla Camera ampie sono state le audizioni svolte e molti i punti di vista espressi in fase istruttoria. Per questa ragione, come nel caso della giustizia civile, la Commissione di studio che abbiamo istituito al Ministero muoverà dal lavoro già esistente, proponendo tutte le integrazioni e le modifiche del caso.
  Il disegno di legge in discussione, oltre alle soluzioni tese a favorire una maggiore diffusione dello strumento telematico per il deposito di atti e documenti e quelle preordinate a migliorare il sistema delle notificazioni, delinea indirizzi riformatori della Pag. 10fase delle indagini e dell'udienza preliminare, volti ad assicurare scansioni temporali più certe e stringenti con riferimento in particolare alla raccolta degli elementi di prova e alle conseguenti determinazioni concernenti l'azione penale.
  Unitamente a questi aspetti ritengo debba essere valorizzata anche l'attenzione che gli indirizzi di riforma riservano ai riti alternativi attualmente previsti dal nostro sistema processuale, in particolare nel senso dell'ampliamento della possibilità di accedervi. Il codice di rito del 1988 aveva molto scommesso sui riti alternativi per consentire il funzionamento del modello accusatorio. Le esperienze e le statistiche giudiziarie ci dicono da tempo che il ricorso ai riti alternativi è ancora insufficiente e richiede di essere valorizzato.
  Quanto alla possibilità di garantire al dibattimento di primo grado una maggiore scorrevolezza, occorrerà riflettere bene e ponderare adeguatamente le varie opzioni in campo, per individuare le misure anche organizzative più idonee a garantire che il dibattimento possa restare il luogo di elezione dell'esercizio anche dialettico del diritto di difesa, come sollecitato da più parti nelle audizioni. In questo orizzonte a mio avviso debbono essere collocati anche gli sforzi tesi ad assicurare una più compiuta attuazione della direttiva europea (UE) 2016/343 in materia di rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Qui, soprattutto a proposito della presunzione di innocenza, permettetemi di sottolineare la necessità che l'avvio delle indagini sia sempre condotto con il dovuto riserbo, lontano dagli strumenti mediatici, per una effettiva tutela della presunzione di non colpevolezza, uno dei cardini del nostro sistema costituzionale.
  Un ulteriore spazio di riflessione dovrà essere riservato anche al giudizio d'appello, individuato dalle riforme e dalle riflessioni succedutesi fin qui come fase particolarmente critica per i tempi complessivi del procedimento penale. È, credo, obiettivo di tutti stabilire un definitivo e convincente punto di equilibrio tra l'esigenza di concepire, secondo criteri ragionevolmente selettivi, l'accesso al secondo grado di giudizio e l'interesse della parte all'impugnazione della decisione pronunciata dal giudice di prima istanza.
  Resto peraltro convinta che una riforma del processo penale deve anche poggiare su meditati interventi di deflazione sostanziale, cui può giungersi, tra l'altro, intervenendo sui meccanismi di procedibilità, incrementando il rilievo delle condotte riparatorie e ampliando l'operatività di istituti che si sono rivelati nella prassi particolarmente effettivi, come la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato e la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
  Non posso non osservare che anche in Italia il tempo è ormai maturo per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di giustizia riparativa già presenti nel nostro ordinamento in forma sperimentale, che stanno mostrando esiti fecondi per la capacità di farsi carico delle conseguenze negative prodotte dal fatto di reato, nell'intento di promuovere la rigenerazione dei legami a partire dalle lacerazioni sociali e relazionali che l'illecito ha originato.
  Le più autorevoli fonti europee e internazionali ormai da tempo hanno stabilito princìpi di riferimento comuni e indicazioni concrete per sollecitare gli ordinamenti nazionali a elaborare paradigmi di giustizia riparativa che permettano alla vittima e all'autore di reato di partecipare attivamente – se entrambi vi acconsentano liberamente – alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato, con l'aiuto di un terzo imparziale. Non mancano nel nostro ordinamento ampie, benché non sistematiche, forme di sperimentazione di successo. E non mancano neppure proposte di testi normativi che si fanno carico di delineare il corretto rapporto di complementarità fra giustizia penale tradizionale e giustizia riparativa. In considerazione dell'importanza delle esperienze già maturate nel nostro ordinamento, occorre intraprendere un'attività di riforma volta a rendere i programmi di giustizia riparativa accessibili in ogni stato e grado del procedimento penale, sin dalla fase di cognizione. Pag. 11
  Lo sguardo sulle esigenze della giustizia penale sarebbe incompleto se non tenesse conto anche della fase dell'esecuzione penale, che è oggetto di mie costanti preoccupazioni. È un convincimento in me profondamente radicato, oltre che avvalorato da dati statistici consolidati, che la qualità della vita dell'intera comunità penitenziaria, di chi vi opera con professionalità e dedizione e di chi vi si trova per scontare la pena, è un fattore direttamente proporzionale al contrasto e alla prevenzione del crimine. Perseguire lo scopo rieducativo della pena non costituisce soltanto un dovere morale costituzionale – come si legge inequivocabilmente nell'articolo 27 della Costituzione – ma è anche il modo più effettivo ed efficace per prevenire la recidiva e quindi, in ultima analisi, per irrobustire la sicurezza della vita sociale.
  È in questo ampio e articolato quadro della giustizia penale che deve essere adeguatamente collocata anche la discussione sul nodo della prescrizione, una discussione che coinvolge interessi contrapposti, tutti meritevoli della più ampia considerazione: quelli facenti capo all'autore del reato, presunto non colpevole fino alla condanna definitiva, e quelli della vittima del reato stesso, oltre che dell'intera comunità civile che attende dal processo penale l'accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità. Un processo dalla durata ragionevole di per sé risolverebbe il nodo della prescrizione, relegandola a evento eccezionale. Visto in un più articolato intervento riformatore il problema ne uscirebbe forse sdrammatizzato, affrancando l'istituto della prescrizione dal ruolo scomodo di principale, se non unico, rimedio ai problemi determinati dall'eccessiva durata del processo. Anche in questo ambito occorrerà esaminare e ponderare numerose alternative maturate nel dibattito scientifico, politico e comparato.
  A tal proposito il testo dell'articolo 159 del codice penale oggi all'esame del Parlamento propone una distinzione tra la posizione dell'imputato assolto e quella del condannato nel giudizio di primo grado. L'effetto sospensivo riguarderebbe solo quest'ultimo, prevedendo poi un recupero del tempo sospeso ai fini del calcolo del corso della prescrizione, nel caso di annullamento della sentenza di condanna del primo grado.
  D'altro canto da tempo nella riflessione accademica si ragiona anche intorno ad altri strumenti, quali la possibilità di munire l'ordinamento di un corredo di rimedi di tipo compensativo per le ipotesi in cui si registri una dilatazione eccessiva dei tempi processuali non ascrivibile a responsabilità dell'imputato. Si tratta di scelte cui sono già approdati alcuni ordinamenti europei come la Germania e la Spagna, ad esempio, che sono caratterizzati da un assetto assimilabile a quello delineatosi nel nostro Paese e che non incontrano contrarietà, in particolare nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
  Ancora, quale altra alternativa, sulla scorta di altre esperienze nonché di progetti di riforma già discussi negli anni passati, sono state avanzate proposte dirette a distinguere il tempo necessario a prescrivere – oggi individuato come un arco temporale unico, corrente dalla commissione del reato fino al giudicato – in due arcate temporali distinte: la prima, il tempo dell'oblio, presidiata dalla prescrizione sostanziale; la seconda, il tempo del processo, presidiata dalla prescrizione processuale.
  Le alternative sono molte. Sarebbe prematuro da parte mia prendere posizione in questo momento a favore dell'una o dell'altra ipotesi. Il gruppo di lavoro che è stato istituito considererà con attenzione le diverse opzioni elaborate a tal fine, sia nella letteratura sia in precedenti iniziative di riforma. E degli sviluppi di queste riflessioni sarà mia cura informarvi costantemente nel corso dei lavori.
  Un'ultima parola, infine, per confermare l'impegno di questa amministrazione in tutte le iniziative necessarie ad assistere e rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto alle mafie e alle altre forme di criminalità grave e organizzata. Sono iniziative che assumono particolare importanza nell'attuale situazione economica e sociale del Paese. Occorre mettere in campo tutte le risorse necessarie affinché il rilancio dell'economia nazionale non si trasformi Pag. 12 mai nell'indebito arricchimento di pochi.
  In questo orizzonte va considerato l'impegno che stiamo dedicando unitamente al Consiglio superiore della magistratura per perfezionare gli ultimi passi dell'EPPO (European Public Prosecutor's Office), con l'accordo sulla distribuzione territoriale e funzionale di un significativo contingente di procuratori europei delegati che rappresenteranno innanzi ai giudici nazionali l'istituzione preposta alla tutela penale degli interessi finanziari dell'Unione.
  Sul versante dell'efficace contrasto alla corruzione, anch'esso oggetto di specifiche raccomandazioni della Commissione europea, l'assicurazione di tempi ragionevoli all'accertamento processuale resta il profilo più critico.
  Tuttavia, bisogna prendere atto che il percorso legislativo già svolto ha visto il nostro Paese dotarsi progressivamente di strumenti investigativi e di norme incriminatrici perfettamente conformi agli standard richiesti dalle convenzioni internazionali, oltre che di un insieme di strumenti di natura preventiva e in particolare dell'Autorità nazionale anticorruzione, che esercita un'importante attività di prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni e di vigilanza nei contratti pubblici.
  Oggi sono soprattutto i ritardi nell'accertamento giudiziale definitivo a incidere negativamente sulla percezione collettiva della corruzione, penalizzando peraltro il nostro Paese sullo scenario internazionale. Per altro verso occorre ancora misurarsi con la qualità delle regole, con la capacità amministrativa delle nostre istituzioni e con la necessità di semplificare e razionare le procedure, di garantire trasparenza e assicurare la qualità dei controlli. Occorre fare i conti con le lacune, la frammentarietà e talvolta le contraddizioni che caratterizzano le regolazioni dell'attività di rappresentanza degli interessi particolari presso i decisori pubblici, il lobbying, e del conflitto di interessi. Sono carenze che, oltre a incidere sull'efficacia delle strategie di prevenzione, possono complicare l'applicazione di alcune fattispecie penali recentemente riformate, come il traffico di influenze illecite prevista dall'articolo 346-bis del codice penale, consegnando al giudice penale il compito di reprimere la deviazione patologica di certe attività senza che prima sia stato definito il perimetro della loro fisiologica esplicazione.
  Vi è un ultimo passaggio – mi scuso sin da subito per la lunghezza, ma i temi erano davvero infiniti – sul Consiglio superiore della magistratura. Non possiamo fare a meno di fare un riferimento a questo capitolo. Le note, non commendevoli, vicende che hanno riguardato la magistratura, soprattutto negli ultimi mesi, rendono improcrastinabile anche un intervento di riforma di alcuni profili del Consiglio superiore della magistratura, anche per rispondere alle giuste attese dei cittadini verso un ordine giudiziario che recuperi prestigio e credibilità.
  Anche in questo ambito i lavori sono già in corso in questa Commissione. Il disegno di legge in esame contiene un programma molto ampio di riforme. In particolare l'intervento muove in primo luogo dall'esigenza di superare i profili problematici emersi in relazione alle modalità di funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Allo scopo si prevede una profonda riforma del sistema elettorale dell'organo di governo della magistratura, con l'obiettivo di ridurre il peso delle correnti nella scelta dei candidati e nella determinazione dei componenti dell'organo di autogoverno.
  Inoltre, il disegno di legge interviene sul settore nel quale maggiormente si sono evidenziati i problemi di funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, che è rappresentato dalla selezione dei vertici degli uffici. Poi vi sono numerose altre previsioni.
  Rispetto alle iniziative all'attenzione del Parlamento, accolgo in particolare l'esigenza di disciplinare la procedura del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi secondo criteri di trasparenza ed efficienza, allo scopo di orientare le scelte alle preminenti esigenze della continuità e della qualità dell'azione organizzativa. Parimenti condivisibile è la previsione di un Pag. 13periodo di permanenza minima quadriennale nell'esercizio delle funzioni direttive per intuitive ragioni.
  Quanto al tema della riforma elettorale del Consiglio superiore della magistratura, occorrerà un'attenta e profonda riflessione per addivenire a valutazioni condivise. Peraltro, è mia ferma convinzione che non debba nutrirsi l'illusoria rappresentazione che un intervento sul sistema elettorale del Consiglio possa di per sé offrire una definitiva soluzione alle criticità che stanno interessando la magistratura italiana, le quali attingono invero a un sostrato comportamentale e culturale che nessuna legge da sola può essere in grado di sovvertire.
  In ogni caso, rispetto all'attuale regime – che prevede tre collegi unici nazionali e che consente agli elettori di esprimere un voto sui singoli candidati – sono state nel tempo formulate diverse alternative. L'ultimo disegno di legge in ordine di tempo, ovvero il disegno di legge del precedente Governo, prevede tra l'altro l'innalzamento a 20 del numero dei membri togati eletti nel Consiglio superiore della magistratura; la suddivisione del territorio in 17 collegi ordinari, cui si aggiungono due ulteriori collegi; un eventuale secondo turno e, inoltre, disposizioni per la parità di genere. Vanno anche ricordate ulteriori alternative che saranno esaminate dal gruppo di lavoro istituito presso il Ministero. Basti ricordare a mero titolo esemplificativo che dopo il sistema proporzionale vigente dal 1975 al 2002 fu proposto un sistema a doppio turno elaborato dalla Commissione presieduta da Luigi Scotti nel 2015. Altri sistemi sono reperibili in altre esperienze di diritto comparato.
  Ritengo che, qualunque sia la scelta verso la quale si orienterà il consenso, essa dovrà radicarsi nella consapevolezza della fisiologica e, peraltro, ineliminabile pluralità della cultura della magistratura, rifuggendo dalla semplificazione che confonde il valore del pluralismo con le degenerazioni del correntismo. Ed è in questa luce che occorrerà valutare i possibili interventi.
  Va anche considerata la possibilità di assicurare un contingentamento della presenza nel Consiglio superiore della magistratura di giudici e pubblici ministeri che rifletta la proporzione tra le due categorie nella magistratura di merito.
  Inoltre, una possibile ipotesi che si è affacciata al dibattito – che mi pare da esplorare attentamente – è quella di affiancare al nuovo sistema elettorale un sistema di rinnovo parziale del Consiglio superiore della magistratura, come già avviene per altri organi costituzionali, in particolare per gli organi di garanzia. Ad esempio, ogni due anni potrebbero essere rinnovati la metà dei laici e la metà dei togati.
  Una tale previsione, lungi dall'appesantire, potrebbe rivelarsi utile sia ad assicurare una maggiore continuità dell'istituzione, sia a non disperdere le competenze acquisite dai consiglieri in carica, sia a scoraggiare logiche spartitorie che poco si addicono alla natura di organo di garanzia che la Costituzione attribuisce al Consiglio superiore della magistratura. Dal punto di vista costituzionale, si tratta di comprendere se un tale obiettivo sia alla portata di una legge ordinaria, vale a dire se sia possibile interpretare i quattro anni di cui al penultimo comma dell'articolo 104 della Costituzione, come riferiti – come sembrerebbe testualmente – ai membri singolarmente considerati e non all'intero organo nel suo complesso.
  Ci sarebbero da dire tante altre cose, ma già così tanti e molto impegnativi sono i fronti di lavoro di questo Governo nel settore della giustizia. Sono consapevole di aver trascurato molte cose in questa già troppo lunga sintesi delle principali e ineludibili linee d'azione.
  Alcuni capitoli dovranno comunque essere necessariamente affrontati, uno su tutti il capitolo della magistratura onoraria. Non ho toccato questo tema, perché siamo in attesa di un importante, ma difficile nel parto, pronunciamento della Corte costituzionale che ormai attendiamo da settimane e che potrebbe incidere significativamente sulle condizioni di insieme della magistratura onoraria.
  Concludendo, di fronte a questa panoramica di problemi non posso non condividere con voi la percezione della gravità del momento, dell'enormità dell'impegno, Pag. 14della necessità di agire in tempi stretti e di addivenire a soluzioni condivise.
  Non cerchiamo la perfezione, ma cerchiamo le migliori risposte possibili nelle condizioni date. Ce la faremo insieme, se saremo animati dalla stessa convinzione che in altra epoca, non meno drammatica e non meno divisiva della nostra, ha sostenuto tanto i padri costituenti, quanto i fondatori del grande progetto europeo che in questo nostro tempo mostra tutta la sua lungimiranza. L'augurio e l'impegno da parte mia è che, al termine di questa fatica, possiamo anche noi pronunciare le parole che furono di De Gasperi, Adenauer e Schuman: «Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide». Grazie.

  PRESIDENTE. Ministra Cartabia, grazie a lei per questa relazione oltremodo puntuale. Passiamo ora agli interventi dei gruppi. Iniziamo dal Movimento 5 Stelle. Onorevole Giuliano, a lei la parola.

  CARLA GIULIANO. Grazie, presidente. Saluto e porgo il benvenuto a nome di tutto il Movimento 5 Stelle alla Ministra Cartabia. La ringrazio per la sua presenza qui in Commissione e per la relazione che ci ha illustrato, ricca di spunti per approfondite riflessioni. Auspico ovviamente una proficua collaborazione che conduca al perseguimento di obiettivi concreti per l'ulteriore miglioramento del funzionamento del settore della giustizia, che sappiamo essere un settore assolutamente nevralgico che incide in maniera decisiva sulla qualità della vita dei cittadini. Ringrazio la Ministra Cartabia per le parole di apprezzamento sui disegni di legge di riforma già depositati in Parlamento e sulla necessità di valorizzare il lavoro svolto come punto di partenza sul quale certamente ci sarà la possibilità di un ampio confronto.
  Oggi, Ministra, nonostante il terribile momento pandemico, grazie al lavoro svolto anche dal precedente Governo, abbiamo l'irripetibile possibilità di sfruttare una serie di risorse legate al Recovery Plan per mettere in campo una decisiva modernizzazione del Paese Italia anche nel settore giustizia.
  In quest'ottica, parlando dell'ambito della digitalizzazione, penso per esempio al perfezionamento del processo di digitalizzazione in tutti i settori della giustizia, in particolare anche nel processo e nel procedimento penale con la creazione di una rete unica che possa avere ricadute importanti in termini di efficienza, semplificazione e risparmio di costi vivi, di materiale di consumo e di inutili trasferte degli operatori di giustizia in un'ottica di semplificazione del lavoro, anche dal punto di vista dell'avvocatura, i cui rischi di spostamento, in particolare in questo momento di pandemia, sono ovviamente da tenere in considerazione. Le chiedo, quindi, quale direzione intende assumere in questo senso.
  In particolare, pensando ad alcuni esperimenti e ad alcuni strumenti emergenziali nel settore giustizia che sono stati adottati in questo periodo dal precedente Governo e che sono stati apprezzati come strumenti innovativi molto efficaci – come per esempio la trattazione scritta nel processo civile per la maggior parte delle fasi non istruttorie oppure l'udienza da remoto nel processo amministrativo, che ha visto il favore di avvocatura e di magistratura – le chiedo se intenda rendere strutturali queste esperienze e in che direzione intenda proseguire in questo ambito.
  Fondamentale, come lei stessa ha ricordato, è il tema delle risorse umane, su cui il precedente Governo aveva già previsto un piano di assunzioni senza precedenti sia di personale amministrativo sia di personale all'interno dell'amministrazione penitenziaria, ma anche di magistrati attraverso l'adozione della misura delle piante organiche flessibili. Per quello che mi risulta, la bozza relativa alle piante organiche flessibili era stata inviata al Consiglio superiore della magistratura ad ottobre scorso. Quindi, le chiedo se ha notizie dell'espressione del relativo parere o meno, se il parere sia ancora pendente e quindi se siamo ancora in attesa del parere da parte del Consiglio superiore della magistratura.
  Relativamente, invece, alle assunzioni a tempo determinato previste per lo smaltimento dell'arretrato all'interno del Recovery Plan, le chiedo se sappia indicarci i Pag. 15criteri di selezione, le modalità e la tempistica di assunzione di questo personale.
  Infine, concludo con due accenni. Vedo con assoluto favore il suo riferimento alla magistratura onoraria, perché certamente si tratta di una categoria a cui dobbiamo dare risposte efficaci, in tempi quanto più celeri possibili. Come lei sa, in Senato già pende un disegno di legge in questo senso. Anche in linea con quello che dirà la Corte costituzionale, occorre un intervento immediato che possa dare tranquillità, fornendo una risposta efficace e di tutela nei confronti di una categoria che ha svolto e che continua a svolgere un ruolo assolutamente importante.
  Vi è un ultimo accenno. Ministra, lei ha parlato della giustizia riparativa e della mediazione penale. In particolare su questo tema c'è già una proposta di legge a prima firma del collega Devis Dori. Riteniamo che sia un tema assolutamente importante proprio perché la giustizia riparativa mette al centro le esigenze della vittima e conseguentemente tende alla ricostituzione di un patto sociale che viene interrotto dal fatto di reato. In questo senso auspichiamo un'accelerazione e un impegno nell'adozione di tutte le misure anche normative necessarie. La ringrazio, la saluto e le ribadisco che da parte del Movimento 5 Stelle lei troverà sempre un approccio di critica costruttiva, di collaborazione e di assoluta lealtà. Ancora grazie.

  STEFANIA ASCARI. Ministra, innanzitutto desidero ringraziarla per la sua presenza oggi qui in Commissione giustizia. Vorrei sottoporre alla sua attenzione alcune problematiche relative alla violenza di genere, alla parità di genere, alla tutela dei minori e al contrasto alle mafie.
  Iniziando dalla violenza di genere, quest'ultima rimane una piaga sociale di gravità inaudita come dimostrato dagli ultimi dati pubblicati dal Viminale. Un anno e mezzo fa abbiamo approvato il «codice rosso», uno strumento importante che però deve essere integrato sia sotto il profilo della prevenzione dei reati concernenti la violenza familiare e di genere sia sotto il profilo della repressione dei comportamenti. A tale proposito, ho presentato una proposta di legge, l'atto Camera 2680, recante una serie di integrazioni all'impianto normativo della legge 19 luglio 2019, n. 69. In particolare, sarebbe auspicabile l'ampliamento dei percorsi di recupero anche di tipo psicologico per gli uomini maltrattanti e in generale per i sex offender nella fase di esecuzione della pena, così da combattere la recidiva, purtroppo particolarmente elevata in relazione a questo genere di reati.
  Inoltre, credo sia fondamentale investire sulla formazione specifica e sull'aggiornamento continuo del personale chiamato ad interagire con le donne vittime di violenza e, dunque, forze dell'ordine, psicologi e magistrati.
  Riguardo, invece, al tema della tutela e dell'affidamento dei minori, sarebbe importante accelerare l'iter della proposta di legge C. 2047, di cui l'esame in Commissione è iniziato il 17 settembre 2019, affinché possa essere approvata prima della fine di questa legislatura in entrambi i rami del Parlamento.
  Un'altra proposta di legge che si vorrebbe vedere approvata definitivamente è quella che riguarda la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e le misure rieducative per il minore, che ad oggi è purtroppo ferma al Senato.
  Riguardo al tema della parità di genere, andrebbe promossa la realizzazione di ambienti e servizi all'interno degli uffici giudiziari da adibire a nidi per l'infanzia, un'iniziativa ormai imprescindibile nell'attuazione delle politiche volte alla conciliazione tra vita familiare e professionale e con sicure e positive ricadute in termini di incremento dell'occupazione femminile.
  Infine, per ultimo, ma non per questo di minore importanza, il tema del contrasto a tutte le mafie. Il Recovery Plan è ancora da ultimare, i soldi non sono ancora arrivati, però tre capitoli sono sotto i riflettori dei boss: la sanità, le grandi infrastrutture digitali e la riconversione energetica. Per questo è necessario potenziare le misure di prevenzione che possono recidere eventuali oscure commistioni tra settori della pubblica amministrazione e ambienti mafiosi, attraverso l'implementazione del raccordo Pag. 16tra le banche dati, il potenziamento del sistema dell'interdittiva antimafia e il rafforzamento degli strumenti di indagine, relativi in particolare ai controlli fiscali patrimoniali nei confronti dei boss mafiosi.
  Visti gli ultimi episodi di cronaca, credo che sia anche doveroso rafforzare il sistema di gestione e di riutilizzazione dei beni confiscati alla mafia che presenta diverse criticità.
  Non dimentichiamo, infine, i testimoni di giustizia e gli imprenditori onesti che non si sono piegati alle logiche dell'usura e del pizzo. Non vanno lasciati soli.
  Confido che su questi temi ci sarà una sensibilità politica trasversale da parte di tutti i partiti, così come sono certa che il suo impegno sarà profondo e la sua attenzione altissima. Grazie.

  GIANFRANCO DI SARNO. Grazie, presidente. Buongiorno, Ministra. Come da lei accennato nella sua esaustiva relazione previsionale e programmatica, il 12 marzo scorso in Consiglio dei ministri, su sua proposta, è stato emanato il decreto-legge che disciplina le nuove modalità di svolgimento dell'esame 2020 di abilitazione forense. Alla luce dei tanti chiarimenti che comprensibilmente sono pervenuti dagli aspiranti avvocati per questa inedita prova, le chiedo se la data di inizio dell'esame offrirà un congruo tempo per la preparazione e se ha previsto criteri di valutazione predeterminati al fine di limitare un'eccessiva discrezionalità dei commissari.
  Infine, concludo chiedendole se vi è la prospettiva di giungere alla riforma radicale dell'esame di abilitazione forense anche alla luce delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Sarno e Miceli che sono pronte per essere discusse in Commissione sulla scorta anche delle audizioni terminate. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Sarno. Ora passiamo al gruppo Lega. Onorevole Turri, prego, a lei la parola.

  ROBERTO TURRI. Grazie, presidente. Anche io ovviamente ringrazio la Ministra per la relazione. Abbiamo parecchio materiale: non è possibile in questo contesto poter affrontare tutto in maniera approfondita. Seguiranno anche gli interventi di altri due miei colleghi.
  Innanzitutto desidero soffermarmi sull'aspetto delle riforme, perché ritengo che sia fondamentale e prioritario. Abbiamo una grande responsabilità e la possibilità di modificare alcune delle regole che riguardano i processi, sia quello civile sia quello penale.
  Sono contento anche per la puntualizzazione fatta dalla Ministra rispetto al fatto che non sono gli unici problemi e che non è cambiando solo alcune delle regole procedurali che si risolvono i problemi. Prima si parlava di riorganizzare la macchina e questo è fondamentale anche dal nostro punto di vista.
  Rispetto a queste riforme – quella del processo civile che pende al Senato e quella del processo penale che è qui alla Camera – è vero che il lavoro da una parte e anche dall'altra è stato molto approfondito. Prendiamo atto di quanto ha confermato qui, ma anche in altre occasioni, cioè della volontà di partire da questi lavori senza vanificare quello che è stato fatto, anche per rispetto della attività svolta in questi mesi.
  Mi sembra di capire – almeno io ho capito così – che anche lei sia del parere che molte cose debbano essere cambiate. Noi l'abbiamo detto più volte, non solo perché la pensiamo in maniera diversa, ma perché abbiamo avuto modo di ascoltare i professionisti che sono venuti in audizione. In quell'occasione sono state sollevate molte critiche non solo da avvocati, ma anche da magistrati e da professori. È evidente che le prossime settimane siano fondamentali perché, a nostro avviso, le modifiche da fare devono essere molteplici.
  Non risolviamo il problema dei tempi del processo civile cambiando nome all'atto introduttivo, all'atto di citazione o al ricorso, che è una delle cose che veniva venduta come la come soluzione dei problemi. Noi riteniamo che le azioni da mettere in campo siano altre.
  Lo stesso vale anche per la riforma dell'ordinamento giudiziario. Anche per questa Pag. 17 riforma, le audizioni svolte fino ad oggi ci mostrano la preoccupazione di molti circa la capacità della delega di risolvere realmente i problemi attuali. Quindi, riteniamo fondamentale che vengano apportate modifiche. Lei ha puntualizzato che ci sono già gruppi di lavoro che stanno lavorando su queste modifiche. Credo sia già sottinteso, ma riteniamo che il lavoro di questi gruppi debba essere condiviso anche con Camera e Senato per arrivare il più possibile a un lavoro comune, affinché si riesca a collaborare nel migliore dei modi e ad andare il più velocemente possibile. Il nostro gruppo è assolutamente disponibile a lavorare in modo tale che si possano apportare le modifiche necessarie. La ringrazio.

  ANNA RITA TATEO. Grazie, presidente. Grazie Ministra per la sua relazione. Vorrei porre l'attenzione su altri argomenti che sono molto cari alla componente politica a cui appartengo, ovvero alla Lega.
  Innanzitutto questa pandemia ci ha messo di fronte a un'urgenza, a un'emergenza – come lei ha ben detto – che riguarda il processo telematico. Ad oggi il processo telematico è completamente inefficiente. Non è possibile che il processo telematico non funzioni nei weekend, quando ci sono comunque scadenze che devono essere rispettate. La digitalizzazione informatica deve essere più veloce. C'è stato un periodo in cui il processo telematico, in particolar modo nel Sud, è stato bloccato per un'intera settimana e si è andati avanti tramite e-mail chiedendo aiuto alle cancellerie, che non sapevano neanche cosa rispondere.
  Un'altra materia di carattere tecnico riguarda gli sfratti. Nel prossimo provvedimento che faremo, dobbiamo comprendere in che maniera affrontare questa situazione, perché tante sono le famiglie in difficoltà economica proprio perché c'è stata la sospensione.
  Un altro punto fondamentale a cui la Lega tiene è il codice rosso, per noi particolarmente importante. Questa normativa è stata voluta fortemente da Giulia Buongiorno e da Matteo Salvini. È un'innovazione, e realmente vogliamo che il codice rosso venga tutelato dal suo Ministero.
  Una cosa che è mancata nella sua relazione è il riferimento all'edilizia giudiziaria. In tutti i tribunali abbiamo diverse difficoltà, ormai i tribunali sono fatiscenti. In particolar modo, purtroppo, devo esprimere le difficoltà che abbiamo noi avvocati del foro di Bari. Ho iniziato questa legislatura con il primo e unico provvedimento che ha affrontato la questione, il cosiddetto «decreto Bari». La giustizia nella mia città è finita sotto le tende. Ad oggi non abbiamo ancora una soluzione. La soluzione ci sarebbe e tantissime sono state le proposte: si parla di casermette e di altre soluzioni che non rientrerebbero neanche nel Recovery, perché i lavori sono prolungati. Abbiamo anche la possibilità di un vecchio progetto, ovvero il progetto Pizzarotti. Quello che le chiedo, Ministra, è di acquisire il parere dell'avvocatura dello Stato, e di comprendere quale sia il progetto più veloce, che possa realmente far risparmiare i cittadini e che possa realmente dare a Bari, agli avvocati, ai magistrati, ai giudici e a tutti gli altri operatori del diritto, un palazzo di giustizia nel quale lavorare con tranquillità. Questa è una battaglia fondamentale non solo per quanto riguarda Bari, ma anche per quanto riguarda tutte le altre sedi giudiziarie.
  Tutto questo riguarda anche l'edilizia carceraria. Ci sono tantissime carceri che non possono essere definite tali, perché sono vecchie e obsolete. Ci sono anche carceri che sono nuove, ma che non sono mai state messe in funzione. Cerchiamo di collaborare e di comprendere bene come spendere i soldi a disposizione: la spesa di questi soldi rappresenta il futuro della giustizia italiana che, come ha ben detto lei, è una giustizia lenta, è una giustizia obsoleta che non risponde ai tempi. La ringrazio.

  JACOPO MORRONE. Grazie Ministra della sua disponibilità e grazie anche di essere stata in piedi in questa prima audizione nei nostri confronti. L'abbiamo molto apprezzata. Nei pochi minuti a mia disposizione a nome del gruppo Lega vorrei sottoporle in particolare tre o quattro temi, Pag. 18quindi cercherò di essere abbastanza schematico.
  Il primo è quello della riforma della magistratura onoraria. Abbiamo letto sulla stampa che sembra avvicinarsi la stabilizzazione e che lei vuole attendere la pronuncia della Corte costituzionale. Ovviamente ciò sarebbe il coronamento della richiesta più ambiziosa per la magistratura onoraria, con il riconoscimento delle ferie, della maternità, della malattia, del trattamento di fine rapporto nonché di un trattamento economico equivalente ai lavoratori che svolgono funzioni analoghe, posto che è urgente varare la riforma per dare una risposta concreta alle legittime richieste della magistratura onoraria che da tempo è in fermento.
  Il secondo punto riguarda una riforma che sta tanto a cuore al gruppo della Lega, quella non rinviabile della Polizia penitenziaria, di cui posso enunciare velocemente alcuni punti fondamentali. Ne cito tre per tanti altri: l'inserimento in ruolo nell'ambito del Corpo della polizia penitenziaria di medici e psicologi anche per contrastare il tragico fenomeno dei suicidi, che colpisce in maniera molto severa il personale della Polizia penitenziaria; il rinnovo dell'equipaggiamento degli agenti della Polizia penitenziaria, con bodycam e taser; l'intervento sul reato di tortura, definendo le modalità operative di azione del personale di Polizia penitenziaria. Si tratta infatti di un tema che richiede una riflessione, perché c'è il concreto pericolo che venga utilizzato per intimidire o minacciare agenti che svolgono onestamente il proprio lavoro. Mantenendo sempre saldo il principio che chi commette un reato deve essere sanzionato, è altrettanto valido il principio che gli agenti della Polizia penitenziaria devono sempre sentire lo Stato e il Ministro della giustizia al loro fianco.
  Il terzo punto è l'equo compenso, che è un tema che vorrei sottoporle perché valorizza l'attività dei professionisti che hanno un peso importante e un ruolo fondamentale nella società. Visto che è già stato incardinato, proponiamo in questa Commissione il proseguimento dell'esame del progetto di legge che reca anche la mia firma, ovvero l'atto Camera 2192. Le chiederei un suo autorevole parere e, nel caso, un forte sostegno perché l'iter proceda su binari sicuri e veloci.
  Concludo il mio intervento con il quarto punto, di cui ha parlato poco fa anche il collega, ovvero l'esame da avvocato. Faccio mie alcune domande che forse possono essere banali; sono tuttavia domande importanti che stanno tenendo in sospeso migliaia di giovani in questo momento. Mi è stato richiesto: se nella prima prova orale volta ad attestare la capacità di risoluzione da parte del candidato di un caso pratico, la questione pratica e applicativa consiste in un atto o in un parere e se in ognuna delle tre buste sono contenute entrambe; se entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale verranno comunicate le date di inizio; se la modalità di scelta sarà sempre attraverso l'estrazione di una lettera per iniziare e se sì quali sono le tempistiche stimate per lo smaltimento del primo orale per tutti, ai fini di poter procedere con la seconda prova; se le modalità per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense rimarranno quelle anche per un eventuale prossimo bando; se verrà indetto un nuovo bando a dicembre oppure a settembre; se l'esame di magistratura rimarrà nella modalità classica o se si farà anche quello con la formula dell'orale rafforzato; se indiranno un altro concorso per la magistratura e, nel caso, se si è propensi per una data in autunno oppure direttamente al 2022; se verrà indetto un altro concorso per la carriera prefettizia, perché è ancora in corso il vecchio e non si sa in quale stadio sia. Lo so, forse sono domande semplici che però coinvolgono migliaia di giovani o di giuristi che in questo momento stanno aspettando le sue risposte. Intanto la ringrazio per aver sbloccato l'esame da avvocato.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Morrone. Passiamo al Partito Democratico con l'onorevole Bazoli. Prego, a lei la parola.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie, signora Ministra. Grazie, presidente della parola. Ministra, Pag. 19 lei ha parlato di una situazione eccezionale, quella in cui ci troviamo, e lo ha ricordato giustamente.
  È una situazione eccezionale che si riflette anche nell'eccezionalità del quadro politico. Siamo dentro una maggioranza molto ampia, molto larga e – direi – abbastanza inedita nella storia recente della Repubblica e questo ci offre una finestra di opportunità perché, proprio perché abbiamo una maggioranza così larga, forse oggi siamo nelle condizioni di affrontare alcuni temi strategici anche per quanto riguarda la giustizia, al riparo in parte dalle contrapposizioni spesso anche di natura ideologica che soprattutto sul campo della giustizia si sono registrati in questi ultimi anni. Io sono qui da otto anni, mi sono sempre occupato di questi temi e non ho mai trovato – o raramente ho trovato – la possibilità di poter discutere serenamente nel merito delle questioni, perché molto spesso le questioni erano invece agitate in maniera strumentale dall'una e dall'altra parte. Oggi abbiamo una finestra di opportunità perché dentro questo contesto, come dire, di larga maggioranza, penso che siamo in grado forse di affrontare in maniera più efficace le grandi questioni che riguardano i temi della giustizia, che lei ha elencato in modo puntuale, dicendo anche una cosa che noi condividiamo e cioè che, siccome il tempo che abbiamo di fronte non è tantissimo, conviene concentrarsi sulle priorità e conviene farlo con grande spirito fattivo, cercando di arrivare a obiettivi perseguibili, senza mettere troppa carne al fuoco, ma cercando di raggiungere gli obiettivi che siano effettivamente raggiungibili.
  Noi condividiamo questo suo approccio e condividiamo anche il metodo che lei oggi ci ha annunciato e descritto, ovvero quello di non buttare a mare tutto quello che è stato fatto in questa legislatura – in particolare dall'ultimo Governo – ma anzi di cercare di valorizzare il lavoro che è stato fatto anche in questa Commissione, perché sarebbe un errore ripartire da zero. Anzi, ripartire da zero probabilmente rischierebbe di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati. Noi condividiamo questo metodo. Partiamo da quello che c'è, partiamo dal lavoro che è stato fatto, partiamo in particolare dai disegni di legge presentati dal precedente Governo, perché lì c'è una base di partenza utile per lavorare e per arrivare a un obiettivo, e proviamo a vedere se su quelli si riesce a trovare una condivisione più larga, magari anche attraverso alcune modifiche o alcuni interventi che possano mettere d'accordo tutti.
  Lei ha annunciato la formazione di gruppi di lavoro interni al Ministero che debbano coadiuvarla nella elaborazione anche di eventuali modifiche. Ovviamente questo è nelle sue prerogative. Le abbiamo già detto – glielo ribadisco, ma lei lo ha opportunamente precisato nella sua relazione introduttiva – quanto sia importante che ci sia uno scambio costante tra i gruppi di lavoro, il Ministero e i gruppi parlamentari perché questo ovviamente faciliterebbe il compito che abbiamo di fronte. Condividiamo questo approccio, condividiamo il metodo e condividiamo l'ipotesi di lavoro che lei ha impostato.
  Anche noi ovviamente abbiamo alcune indicazioni. Mi ero annotato alcune indicazioni, alcuni punti sui quali noi riteniamo occorra in particolare lavorare. Peraltro, le dico subito che molti di questi punti, lei li ha già in qualche modo toccati. Ciò evidenzia una sintonia di fondo anche sulle questioni sulle quali è bene lavorare.
  Intanto un primo punto riguarda il Recovery Plan. Oggi abbiamo il grande tema delle risorse straordinarie che ci sono state destinate dall'Europa e che sono un'occasione certamente irripetibile anche nel campo della giustizia. Questa è un'occasione irripetibile, perché probabilmente non vedremo più risorse così ingenti e così straordinarie in tempi così rapidi. Quindi, abbiamo la necessità di utilizzare bene queste risorse. Condividiamo la sua idea di valorizzare quanto era già stato previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza del Governo precedente, perché lei ha parlato di ufficio del processo, ed esattamente una parte rilevante delle risorse andava all'ufficio del processo, ha parlato di digitalizzazione, e una parte delle risorse devono andare lì, ha parlato di uffici giudiziari, Pag. 20 e anche noi riteniamo che vada lì una parte di queste risorse con un obiettivo che deve essere molto chiaro e che voglio ribadire: noi dobbiamo darci come obiettivo misurabile quello di impiegare le risorse per consentire l'azzeramento dell'arretrato civile e penale che oggi pesa come un debito pubblico sul funzionamento della giustizia italiana. Davanti agli italiani e assumendocene la responsabilità, dobbiamo azzerare nell'arco temporale del Recovery Plan – cinque anni, fino al 2026 – l'arretrato civile e penale perché questo consentirebbe di liberarci di una grande zavorra che pesa sull'efficienza del nostro sistema e in particolare sulla durata dei processi che è il numero uno dei temi principali. Su questo noi siamo assolutamente in linea con le sue proposizioni perché sono quelle che in parte erano già state indicate dal precedente Governo.
  Anche sulla riforma del processo penale e del processo civile noi cogliamo con favore alcune delle cose che lei ha detto nella sua relazione. Sul processo penale è fondamentale incentivare i riti alternativi al dibattimento, perché altrimenti non usciremo mai da questa condizione di difficoltà degli uffici giudiziari. Questo è uno dei grandi limiti del nostro processo simil-accusatorio che non funziona proprio perché i riti alternativi non funzionano. Quindi bisogna assolutamente perseguire quella strada. Nel disegno di legge di riforma del processo penale c'è una parte significativa dedicata a questo. Troviamo una convergenza su questo obiettivo e lavoriamo alacremente in quella direzione, perché è l'unico modo per deflazionare gli uffici e quindi accelerare i tempi.
  Riteniamo fondamentale – lei lo ha ricordato – introdurre una disciplina puntuale sul controllo dei tempi delle indagini preliminari e sulla riduzione di quell'area grigia che va dalla fine delle indagini preliminari alla richiesta di rinvio a giudizio, perché quello è uno dei nodi sui quali si dipana anche la lunghezza eccessiva dei procedimenti penali. Nel disegno di legge delega c'è una parte su questo e penso che questa parte debba essere attentamente valutata e valorizzata.
  Quanto all'incremento degli strumenti di giustizia riparativa, noi pensiamo che come in altri ordinamenti occorra lavorare molto su una soluzione che è poco valorizzata. Mi sembra che lei lo abbia accennato, e noi siamo d'accordo ad incrementare il ricorso all'archiviazione condizionata, cioè a quello strumento che consente di deflazionare i procedimenti penali attraverso l'assunzione di obbligazioni da parte dell'imputato, l'adempimento delle quali possa consentire l'archiviazione del procedimento. Da un lato questo strumento va verso la giustizia riparativa, perché si passa attraverso l'adempimento di obbligazioni che servono come giustizia riparativa, dall'altro serve anche a deflazionare il processo. Quindi si tratta di uno strumento da valorizzare. Noi le chiediamo di andare molto in quella direzione.
  Quanto al settore civile condividiamo l'idea che si debba lavorare soprattutto sull'organizzazione del processo. Bisogna fare attenzione, perché la digitalizzazione significa non soltanto trasformare i documenti cartacei in file che si inviano ai giudici e viceversa, ma anche valorizzare i dati e le relative statistiche che attraverso la digitalizzazione possono consentire anche di fare una valutazione puntuale delle performance degli uffici e della loro capacità organizzativa. Anche questo significa digitalizzazione. Bisogna lavorare molto in quella direzione, se riteniamo che l'organizzazione degli uffici sia fondamentale, come noi pensiamo, per l'efficienza della giustizia civile. Quindi, lavoriamo molto in quella direzione. Le suggeriamo di provare a valorizzare anche, come forma di deflazione del lavoro degli uffici, i professionisti e gli esperti su alcune materie. Ad esempio, quanto alla volontaria giurisdizione, che oggi è in capo agli uffici giudiziari, pensiamo che una parte rilevante, quella non contenziosa e quella che non riguarda i diritti indisponibili, possa essere tranquillamente devoluta ai professionisti, perché questo libererebbe una parte significativa del carico di lavoro degli uffici giudiziari.
  Poi vi è il tema del Consiglio superiore della magistratura che lei ha indicato. Anche noi riteniamo fondamentale portare a Pag. 21termine il disegno di legge che è stato incardinato dallo scorso Governo. Gli obiettivi sono molto chiari, e noi li condividiamo. Il primo obiettivo è una legge elettorale che consenta un arretramento delle correnti dei magistrati nel condizionamento del funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Valutiamo qual è la soluzione migliore, ma quello deve essere l'obiettivo da perseguire. Sappiamo benissimo che è impossibile e che non è la legge elettorale che consentirà di eliminare del tutto l'influenza delle correnti, ma facciamo in modo che il condizionamento delle correnti arretri. Il secondo obiettivo è una disciplina che consenta forse non di eliminare, ma di limitare il cosiddetto «carrierismo» dei magistrati, perché il carrierismo dei magistrati ha creato guasti alla nostra magistratura. Dobbiamo creare una normativa. Nel disegno di legge all'esame di questa Camera sono indicati criteri per la nomina dei vertici degli uffici giudiziari e per la selezione dei magistrati che aiutano a smontare un po' quei criteri troppo discrezionali che hanno garantito il carrierismo. Quindi, penso che questo sia un altro degli obiettivi da perseguire.
  Presidente, chiudo e mi scuso se mi sono dilungato troppo, ma doveva esserci il mio collega Verini e purtroppo è dovuto andare via, quindi farò io la sua parte.
  Da ultimo, Ministra, noi riteniamo fondamentale – ci fa piacere che anche lei lo abbia detto – completare la riforma dell'ordinamento penitenziario che era stata impostata nella scorsa legislatura. È fondamentale perché noi abbiamo bisogno di carceri moderne, quindi bisogna intervenire sulle carceri italiane che molto spesso sono vetuste e antiquate. Io vengo da Brescia, dove purtroppo abbiamo un carcere che è un disastro da questo punto di vista, è uno dei peggiori d'Italia. Quindi, bisogna certamente modernizzare. Se vogliamo un sistema moderno dell'esecuzione penale, dobbiamo puntare sulle misure alternative alla detenzione che impediscono la recidiva e che consentono il recupero del condannato. Dobbiamo lavorare in quella direzione e in quella direzione noi intendiamo lavorare e se lei ci aiuterà a raggiungere quell'obiettivo, ovviamente ci avrà al suo fianco.
  Le auguriamo buon lavoro e speriamo di raggiungere anche solo la metà degli obiettivi che ci siamo dati nei prossimi mesi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bazoli. Passiamo al gruppo di Forza Italia. Onorevole Zanettin, a lei la parola, prego.

  PIERANTONIO ZANETTIN. Voglio dare anche io il benvenuto alla nuova Ministra a nome di tutto il gruppo di Forza Italia. Noi abbiamo grande fiducia in lei, Ministra, perché, da garantisti quali siamo, non possiamo non apprezzare la sua cultura costituzionale che per noi è la garanzia di un cambio di passo rispetto a una stagione «manettara» che abbiamo sempre contestato in modo molto netto.
  Ho poco tempo a disposizione, quindi cercherò di entrare direttamente nei vari temi che ci sono cari. Il primo punto è quello della prescrizione, un tema di grande rilevanza anche mediatica. Abbiamo molto apprezzato il suo intervento nel quale ha ricordato l'ordine del giorno e il suo diretto impegno all'attuazione in tempi molto rapidi. Per noi questo è un elemento di grande soddisfazione, perché indica un mutamento rispetto a quelle che sono state le pratiche passate e un cambio di rotta alla luce di una nuova sensibilità politica dell'attuale maggioranza.
  Sul Consiglio superiore della magistratura e sul suo sistema elettorale, lei ha citato le diverse opzioni sul tavolo. Mi è spiaciuto che fra le opzioni da lei citate non vi fosse quella di Forza Italia, che è quella del sorteggio temperato. Se, come abbiamo detto tutti, vogliamo davvero limitare l'ingerenza delle correnti, credo che l'unico sistema che ha la possibilità di incidere davvero sia quello del sorteggio. Sul valore catartico del sorteggio è intervenuto Gian Antonio Stella su Il Corriere della Sera. Sulla valenza di questo sistema la scorsa settimana è intervenuto il suo collega, il professor Ainis, il quale, come dire, lo ha sdoganato dal punto di vista costituzionale. Credo che sia importante una riflessione su questo tema. Pag. 22
  Nel suo intervento, Ministra, ha detto che non vuole disperdere il lavoro fatto e in particolare ha sostenuto l'opportunità delle leggi delega. Per quanto riguarda il Consiglio superiore della magistratura e in particolare l'aspetto della legge elettorale, temo che la legge delega sia il veicolo legislativo meno adatto, perché le nuove elezioni del Consiglio superiore della magistratura avranno luogo tra poco più di un anno e rischiamo davvero di perdere il treno, perché il percorso è accidentato, tenuto conto che la legge ancorché approvata poi necessiterà dei decreti di attuazione e quindi rischiamo realmente di arrivare fuori tempo massimo. Tra l'altro credo che lei abbia visto che all'ordine del giorno del prossimo plenum del Consiglio superiore della magistratura di mercoledì prossimo vi è un parere di 190 pagine della VI Commissione, ed è difficile che questa legge con le criticità che presenta sotto molteplici aspetti possa arrivare a termine in tempi rapidi, quali tutti auspicheremmo.
  Da ultimo, evidenzio un tema che lei ha toccato molto marginalmente, che però a me è caro, ovvero il blocco degli sfratti. Nel suo intervento lei ha detto «quando cesserà il blocco degli sfratti». Io credo che non possiamo attendere molto su questo fronte. Ricordo che anche su questo tema la Commissione Giustizia pressoché all'unanimità ha predisposto un ordine del giorno su uno sblocco almeno parziale della sospensione degli sfratti per quanto riguarda le morosità post-Covid-19. Anche in questo caso è stato chiesto un ordine del giorno, perché lei doveva riflettere, però dalle informazioni che ci giungono relativamente al prossimo «decreto Sostegno», pare che questo tema non sia contenuto. Vorrei invitarla a prendere in esame questo tema in maniera precisa. Grazie.

  GIUSI BARTOLOZZI. Grazie, presidente. Benvenuta, Ministra Cartabia. Sentendola, ho cambiato il tema dell'intervento, perché ho raccolto nel suo discorso delle parole che per me – e credo per tutto il gruppo – siano centrali e che denotano veramente la cultura della giurisdizione. «Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide», i princìpi costituzionali al centro del dibattito e la centralità del Parlamento. Non sono tre frasi fatte, ma sono una dimostrazione di quello che dovrà essere – e credo sarà – il suo e il nostro lavoro, quindi il metodo del nostro lavoro.
  Per restare al metodo, Ministra, non voglio entrare sui singoli temi, ma vorrei porre alla sua attenzione una mia riflessione, sperando che poi questa possa essere centrale nel dibattito in materia di Recovery Plan, cioè il Sud e la giurisdizione al sud. Ministra Cartabia, lei è stata Presidente della Corte costituzionale e sa perfettamente – lo ricordiamo a noi stessi – che non si possono trattare con uguali misure situazioni differenti. Purtroppo quello della giurisdizione al sud è un tema sensibile poco affrontato. Lì ho fatto 20 anni di giurisdizione e chi come me è stato giudice al sud sa bene che non è un problema né di piante organiche né di inoperatività dei magistrati che vanno a lavorare, anzi la maggior parte di loro sono più operosi degli altri e quindi in termini di produttività abbiamo numeri molto più alti. Purtroppo – per quello che lei ricordava bene – per fattori endogeni ed esogeni la giurisdizione al sud è sicuramente più lenta di quella che è al nord e anche al centro e questo si riflette in quella che lei chiamava «relazione tra giurisdizione ed economia».
  Mi permetto di suggerire tre cose su queste sue riflessioni. Innanzitutto, un metodo di gestione efficiente. Mi è piaciuto il richiamo all'ispettorato, a ripensare l'ispettorato, a cosa fa l'ufficio dell'ispettorato presso il Ministero, ma la mia idea era un po' di riprendere l'ottimo lavoro di analisi di monitoraggio fatto del presidente Barbuto quando era a capo del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria. Purtroppo è mancata la fase della ricaduta, cioè l'applicazione pratica di quel grande lavoro. Le chiedo, quindi, delle task force al sud, a livello locale – a livello centrale potrebbe andare bene l'ispettorato, come lei indicava. Occorre qualcosa di analogo al court manager delle corti statunitensi, cioè un super dirigente che potrebbe essere esterno. Non confido che il solo dirigente degli uffici possa risolvere il problema, perché purtroppo la pratica di questi anni ci ha dato Pag. 23una triste dimostrazione. In merito non credo neanche che debba essere necessariamente un dirigente esterno. Potrebbe essere veramente un nucleo di affiancamento mandato dal Ministero non solo per fare l'analisi e il monitoraggio dei dati, ma anche per indicare a quel dirigente quali sono le best practice di cui lei parlava. A livello centrale e a livello locale, cosa ne pensa?
  Passiamo agli incentivi agli uffici. Lei ha detto che non si possono certamente dare incentivi ai singoli magistrati, ma probabilmente si può mutuare quello che già si fa per i giudici tributari, ovvero prevedere che all'ufficio, nel caso in cui si raggiunge un livello di efficienza, venga dato un tot in termini di premialità. Questo potrebbe spingere non solo i magistrati ad agire meglio, ma anche l'intero ufficio del giudice di cui lei parlava – quindi le cancellerie, il personale amministrativo e il giudice – a fare meglio e a fare di più.
  Il terzo punto riguarda il potenziamento di quello che è il lavoro fatto dalla Direzione generale della statistica. Bene il rilevamento dei dati, bene le buone pratiche, ma c'è poca condivisione di quelle che sono attualmente le buone pratiche portate a livello ministeriale.
  Per quelli che sono i miei ricordi quando ero in Sicilia, il giudice al sud si sente un giudice singolo e solitario per cui già c'è difficoltà a relazionarsi con il collega della porta accanto che quasi mai si trova, perché si finisce di lavorare e si va via. C'è anche difficoltà a relazionarsi con i dirigenti degli uffici. Occorre una maggiore veicolazione delle informazioni, quindi delle best practice, ma rimane il problema che queste non vengono veicolate al sud a livello di singoli giudici. Quello della giurisdizione al sud credo che debba essere uno dei punti nevralgici in materia di Recovery Plan. Gran parte di quelle risorse pervengono a sud proprio – lei lo sa benissimo – per coprire quel gap che c'è tra il Nord e il Sud. Credo che da questo punto di vista la giurisdizione al sud dovrebbe avere una premialità maggiore. Da parte mia vi è la richiesta di far sì che la giurisdizione e i tribunali al Sud vengano trattati in maniera diversa da quelli del centro e del nord.

  MATILDE SIRACUSANO. Grazie, presidente. Grazie, Ministra, benvenuta e buon lavoro. Le porrò brevemente tre questioni, visto che il tempo è poco. Le prime due hanno già acquisito un'ampia convergenza in Parlamento. Nell'ultima legge di bilancio la Commissione Giustizia aveva proposto un emendamento che poi la Commissione Bilancio non ha accolto, evidentemente per problemi relativi alle coperture, e che riguardava l'istituzione di un fondo per ristorare le imprese dissequestrate, vale a dire le imprese destinatarie di una misura di prevenzione di natura reale poi revocata. Come ben sappiamo, quando queste imprese vengono restituite ai legittimi proprietari, versano in condizioni economiche disastrose, irreversibili e fallite. Sarebbe opportuno riprendere questo tema e portarlo avanti.
  Vi è un altro aspetto importante, sempre affrontato nella legge di bilancio. Noi siamo riusciti a sancire un principio di civiltà giuridica attraverso una misura approvata che punta al risarcimento delle spese legali per gli imputati assolti con formula piena. Grazie all'onorevole Zanettin e all'onorevole Costa, siamo riusciti a far approvare questo emendamento con ampia convergenza delle forze parlamentari. Il problema è che purtroppo, per far sì che non sia semplicemente una misura simbolica, è necessario che venga coperta con maggiori risorse finanziarie. Siamo riusciti a dislocare 8 milioni di euro: considerato il numero di imputati assolti con formula piena nel Paese, che si aggirano intorno a 90 mila l'anno – almeno questi sono i dati che pervengono dal Ministero –, si rende conto che diverrebbe veramente una misura simbolica, aggirandosi intorno agli 88 euro a persona. Sarebbe importante proseguire in questa direzione con interventi più incisivi.
  Passo alla terza domanda, visti i fatti che lei ha richiamato prima in riferimento anche all'opportunità di riformare il Consiglio superiore della magistratura e il funzionamento della magistratura. Le chiedo se secondo lei sia opportuno costituire una Commissione parlamentare d'inchiesta per Pag. 24approfondire il meccanismo di trasparenza nell'attribuzione degli incarichi, a seguito dei fatti che hanno riguardato la radiazione dell'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati e le dimissioni di alcuni componenti del Consiglio superiore della magistratura. Su questo c'è già una proposta di legge depositata la Forza Italia sia alla Camera sia al Senato. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Siracusano. Passiamo all'Onorevole Giannone che è collegata da remoto. Prego, onorevole Giannone.

  VERONICA GIANNONE (intervento da remoto). Benvenuta, Ministra. Cercherò di essere veloce anche io senza riprendere i temi già discussi. Vorrei concentrarmi principalmente su due temi: uno riguarda l'ambito familiare e principalmente l'affido dei minori, l'altro legato al femminicidio, alle donne e a tutto l'ambito legato purtroppo alla violenza di genere.
  Per quanto riguarda l'ambito familiare e minorile e la tutela dei minori, personalmente mi sono occupata di centinaia di casi legati a problematiche sull'allontanamento dalla famiglia d'origine che viene disposto diverse volte non soltanto in casi di estrema gravità, così come previsto dalla legge o secondo quanto raccomandato, ma al contrario utilizzando come uniche motivazioni dei costrutti giuridici ascientifici che possono essere quelli della relazione parentale, della madre simbiotica o di quant'altro. Sono tutti costrutti che non sono definiti sindromi o patologie, così come dichiarato anche dal Ministero della salute: sono quindi privi di fondamento scientifico e non vi è alcun tipo di malattia mentale o di qualsiasi altra cosa che potrebbe lontanamente diventare un pericolo per il minore. Eppure, seppure sia una costruzione psicoforense, questa viene utilizzata sempre più spesso all'interno dell'ambito giudiziario come unica motivazione e come unica base per la quale allontanare il minore dall'ambito familiare per inserirlo nella maggior parte dei casi all'interno delle comunità, delle cosiddette «case famiglia». Tra l'altro, la Cassazione civile con sentenza del 2019 stabilì che, qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale – come avviene nell'ipotesi che le presentavo – con diagnosi di sussistenza di relazione genitoriale o simili, non essendovi ancora certezza nell'ambito scientifico al riguardo, il giudice nel merito ricorre alle proprie cognizioni scientifiche, pur avvalendosi di idonei esperti, o comunque è tenuto a verificarne il fondamento utilizzando i mezzi di prova, tra cui anche l'ascolto del minore che sempre più spesso non avviene se non dopo i 12 anni e tante volte neanche dopo quell'età.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Giannone. Mi permetto di segnalarle che dovrebbe sintetizzare il più possibile e concludere.

  VERONICA GIANNONE (intervento da remoto). Un'ultima domanda e concludo. Per quanto riguarda la questione dei minori, volevo sapere che cosa ne pensa la Ministra e come vuole approfondire la situazione.
  L'altra questione, invece, è legata alla violenza contro le donne, per quanto riguarda soprattutto quello che abbiamo visto accadere nell'ultimo periodo dell'emergenza Covid-19, soprattutto in virtù del fatto che lei stessa aveva dichiarato che bisogna avere una strategia di ascolto ai primi segnali della potenziale vittima e, quindi, della violenza subìta, cosa che invece purtroppo abbiamo visto sempre di più che non sta funzionando. Molte volte infatti non viene ascoltata la denunciante e anche la stessa Unione europea a ottobre ha scritto un documento, dove ci diceva che sono troppe le archiviazioni in questi casi. Vorrei avere un'opinione anche su questo argomento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giannone. Onorevole Costa, per il gruppo Misto, a lei la parola. Prego.

  ENRICO COSTA. Grazie, presidente. Ministra, mi ha fatto piacere una cosa in particolare: il garbo che ha dimostrato nei confronti del Parlamento perché le cose Pag. 25che ha detto oggi, le sue linee programmatiche, le ha dette per la prima volta in Parlamento. Non le ha anticipate sui giornali, non ha rilasciato interviste e non ha fatto articoli. Questo è un aspetto importantissimo, molto più di altri elementi altrettanto condivisibili. Penso che la sua profonda sensibilità nei confronti della vita umana, dimostrata in molte prese di posizione da presidente della Corte Costituzionale e da giudice costituzionale, la porti a considerare i tanti numeri che vengono declinati nelle statistiche sulla giustizia non soltanto come numeri, ma come persone, come vite, come famiglie, come lavoratori e come storie che hanno a che fare con il sistema della giustizia. Citerò dei numeri, evidenziando sempre che dietro questi numeri si celano tante storie, perché i numeri sono comunque importanti.
  Voglio partire dal procedimento penale. Vorrei raccontare la storia di un procedimento penale, non tanto di un procedimento penale tipo, ma di un procedimento penale come ce ne sono molti, e della rilevanza esterna di ogni passaggio e di ogni atto del procedimento penale. Come viene comunicato all'esterno l'inizio di un procedimento penale? Mi ha colpito molto e ho apprezzato molto che lei abbia citato il riserbo nell'avvio delle indagini, perché l'avvio delle indagini può essere comunicato all'esterno come una misura cautelare, come una misura reale, come un invito a comparire, come un avviso di garanzia. Da quel momento per chi rimane impigliato in un procedimento penale, nulla è come prima. Infatti, sulla sua pelle si forma una ferita più o meno marcata a seconda di come viene comunicato e declinato all'esterno l'avvio dell'indagine. Sempre più spesso la sequenza è questa: una notifica dell'atto all'alba, un'agenzia dopo un paio d'ore, una conferenza stampa a metà mattinata.
  Le cito i numeri degli arresti: 54.671 persone in un anno in custodia cautelare – soltanto l'85 per cento dei tribunali ha risposto, quindi sono molti di più – 31 mila sono in carcere e 23 mila ai domiciliari. Più del 20 per cento di queste persone non dovrebbe essere arrestata o perché sono assolti alla fine del procedimento con sentenza definitiva o perché ottengono la sospensione condizionale della pena e il giudice, quando si prevede che possa essere applicata la sospensione condizionale della pena, non dovrebbe arrestare le persone.
  Parlavo della conferenza stampa di metà mattinata. Abbiamo addirittura i video, i trailer delle indagini, delle perquisizioni e degli arresti, abbiamo il nome alle inchieste – è normale che le procure decidano il nome da dare alle inchieste? – abbiamo i dettagli, abbiamo l'ordinanza con dentro le intercettazioni. Purtroppo, nell'ultimo decreto sulle intercettazioni si è previsto di poter pubblicare integralmente e letteralmente l'ordinanza di custodia cautelare, mentre prima era previsto solo per il contenuto ed era vietato pubblicarle alla lettera. Dentro le ordinanze ci sono le intercettazioni che, tra l'altro, sono intercettazioni non ancora periziate. Noi abbiamo 130 mila bersagli di intercettazione l'anno, la durata delle intercettazioni è di 57 giorni per le telefoniche e di 72 giorni per le ambientali che, con dieci contatti al giorno, significa 76 milioni di intercettazioni l'anno. Dovrebbero rimanere riservate, ma sappiamo che molto spesso vengono divulgate all'esterno.
  In questa direzione c'è un atto secondo me molto importante che potrebbe essere assunto ed è stato citato, ovvero la direttiva sulla presunzione di innocenza (UE) 2016/343. Questa direttiva dice che l'indagato non deve essere mai presentato come colpevole. Basta ascoltare le conferenze stampa e le comunicazioni giudiziarie per verificare che nel nostro Paese c'è ancora molto da lavorare. Si offre l'occasione di recepire la direttiva già la prossima settimana nel disegno di legge di delegazione europea 2019-2020. Sono convinto che sarebbe un voto unanime, perché nel merito c'è assolutamente accordo e l'auspicio è che veramente il Governo sostenga questo percorso.
  La comunicazione giudiziaria crea una ferita la cui cicatrice rimane anche se interviene l'assoluzione. Noi abbiamo 121.900 persone che sono assolte in primo grado dopo un processo che dura quattro anni. Queste 121 mila persone hanno dovuto difendersi, e un conto è se hanno dovuto Pag. 26farlo nel riserbo del procedimento, un conto è se sono finite sui giornali, se hanno dovuto dichiararlo al lavoro, se hanno dovuto comunicarlo all'esterno, se sono venuti a saperlo i compagni dei figli o gli amici di famiglia. Con l'assoluzione, di fronte a una comunicazione giudiziaria distorta, non si recupera.
  Abbiamo addirittura mille persone l'anno e quasi 30 mila persone dal 1992 ad oggi che sono state assolte dopo essere state incarcerate, che hanno ottenuto la riparazione per errore giudiziario e per ingiusta detenzione. Questo significa che forse lo Stato dovrebbe anche riavvolgere il nastro e andare a verificare il perché ci sono stati questi errori. Questo non viene mai fatto, perché il fascicolo dalla Corte di appello che dichiara la riparazione per ingiusta detenzione non transita mai sulla scrivania del titolare dell'azione disciplinare. Anche in questo senso, secondo me, bisognerebbe ottenere un risultato.
  Il fascicolo rimane molto spesso nelle mani delle procure, quindi tu hai la comunicazione all'esterno che sei indagato, ma la sentenza non arriva, come non arriva neanche la decisione della Procura. Molto spesso si concludono le indagini preliminari e i fascicoli rimangono in Procura. Nella scorsa legislatura si è detto di prevedere l'avocazione del procuratore generale, quando i fascicoli rimangono lì. Sapete quante avocazioni ci sono state lo scorso anno? 65. L'anno precedente? 104. È ridicolo. Addirittura l'Associazione nazionale magistrati si era messa di traverso: succederà chissà cosa, un sindacato sul lavoro dei pubblici ministeri. Ci sono state 104 avocazioni. L'Associazione nazionale magistrati probabilmente aveva creato un forte allarmismo per nulla.
  Quando si parla del tempo del processo, il tempo incide, perché il tempo incide sulla possibilità di difendersi portando la prova. Il tempo incide sul condannato perché, se passa troppo tempo, la persona condannata è una persona diversa rispetto alla persona che è stata indagata o imputata, ma sull'assolto rimane quella cicatrice che nessuna riparazione potrà cancellare. Penso che questo sia un elemento importantissimo: il tempo del processo, la comunicazione e il tempo. Quando c'è una comunicazione distorta e un tempo lungo, ecco che i danni si creano. Una comunicazione nei limiti e un tempo più breve tra l'indagine e la sentenza definitiva può consentire anche di far fronte a eventuali errori che si possono verificare.
  Ho apprezzato molto i princìpi costituzionali che sono stati citati da lei, Ministra. Sono convinto, però, che sia molto difficile arrivare a declinarli nello specifico con norme di legge che vadano incontro in modo puntuale a quelle che – ne sono certo – sono le sue convinzioni.
  Noi come parlamentari faremo il possibile, faremo delle proposte e cercheremo ovviamente di declinare le nostre tesi. Sono anche convinto che ci sia da parte sua una volontà non tanto di trovare la sintesi tra tesi diverse, perché molto spesso il compromesso è sbagliato, ma di andare verso una soluzione alta che potrà certamente scontentare qualcuno – magari saremo scontenti noi – ma sarà una soluzione fatta nell'interesse della giustizia, nell'interesse del Paese, fondata su princìpi costituzionali. Su questo saremo certamente al suo fianco.
  Non ho toccato gli altri temi, perché ho tempi contingentati, ma con questi numeri e con queste indicazioni ci tenevo a trasferire il tema della tutela della persona, del rispetto della persona anche attraverso princìpi declinati nel modo giusto nell'ambito del codice di procedura penale, nell'ambito del codice penale e nell'ambito delle norme che presiedono il processo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Costa. Onorevole Colletti, prego. L'onorevole Costa ha parlato per dieci minuti e mezzo. Questa Presidenza non vuole essere rigida, però se cortesemente può sintetizzare il suo intervento nell'arco di due o tre minuti, la ringraziamo molto. Grazie.

  ANDREA COLLETTI. Parlo a nome dell'unica componente politica che attualmente è all'opposizione del Governo che lei rappresenta. Innanzitutto la ringrazio, Ministra, per il suo intervento. Vorrei essere abbastanza schematico nella mia replica. Pag. 27
  Lei ha detto che il Parlamento deve tornare a essere centrale, ma non è con i disegni di legge delega adottati dal Governo e con un Governo che dà la delega a se stesso che il Parlamento diventa centrale. Anzi, in questo modo il Parlamento viene vilipeso ed espropriato della propria funzione legislativa.
  Sul processo civile non c'è bisogno di una nuova maxi riforma. Lei lo ha detto e per me è stato come tornare fortunatamente indietro rispetto al disegno di legge delega presente al Senato. C'è bisogno di mettere mano in maniera chirurgica al codice di procedura civile. Approvare una riforma complessiva significa attendere dieci anni per la stabilizzazione dell'interpretazione delle norme, e non ce lo possiamo permettere.
  Per quanto riguarda la riforma sull'ufficio del processo, siamo completamente d'accordo con lei. È stato previsto dal 2012 e non viene applicato, ma dal nostro punto di vista l'applicazione dell'ufficio del processo va anche contro quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per quanto riguarda la magistratura onoraria. Bisogna capire se l'ufficio del processo viene integrato con magistrati onorari o se bisogna fare concorsi – come noi auspichiamo – per poter integrare l'ufficio del processo, perché non è concepibile che in primo grado ci siano sentenze fatte da magistrati onorari, che in appello ci siano sentenze fatte da magistrati onorari e che si debba aspettare una eventuale sentenza di Cassazione per essere giudicati da un togato.
  Con l'avvento del PCT (processo civile telematico) e del PTT (processo tributario telematico) finalmente si potrebbe riformare la giustizia tributaria, assicurando l'indipendenza e la professionalità dei giudici e semplificando le procedure. Il modo più semplice, Ministra, sarebbe quello di istituire sezioni specializzate tributarie all'interno dei tribunali delle Corti d'appello, come vi è la sezione tributaria della Corte di cassazione, così possiamo davvero semplificare il sistema adeguando altresì i due processi telematici in uno solo. Le rammento pertanto che proprio su questo aspetto vi è una mia proposta, l'atto Camera 2283, dalla quale si potrebbe partire per migliorare il sistema e soprattutto per rendere indipendenti i giudici della giustizia tributaria, poiché l'indipendenza e la professionalità permetteranno anche di evitare appelli e ricorsi in Cassazione.
  Sul Consiglio superiore della magistratura, il rischio della riforma governativa è che essa non incida sul correntismo e, anzi, per alcuni versi, lo amplifichi. Dal nostro punto di vista, l'unico modo per disincentivarlo è quello di affiancare alle elezioni dei membri del Consiglio superiore della magistratura una dinamica eccentrica, ovvero il sorteggio. Rispettando la Costituzione, si può prevedere una prima fase a sorteggio anche per i membri laici e una seconda fase elettiva tra coloro che risulteranno sorteggiati. Su questo vi è la mia proposta di legge C. 1919 che, però, va in contrapposizione con il disegno di legge delega presentato dal precedente Governo.
  Sulla questione della mediazione, che riguarda sempre il processo civile, le misure alternative funzionano all'estero perché funziona il processo civile. Qui non funzionano perché non funziona il processo. Deve essere una conseguenza e, quindi, bisogna pensare alla mediazione, alla negoziazione assistita e agli arbitrati dopo aver fatto funzionare il processo.
  Sulla mediazione delegata, da avvocato che frequenta spesso le cancellerie di tribunale, dico che molti avvocati vedono la mediazione delegata come un'estorsione del giudice. Vi mando in mediazione, vi faccio spendere soldi e, se tornate qui senza un accordo, ve la faccio pagare. Scusi se sono troppo diretto. Il giudice ha in suo potere l'ordinanza di cui all'articolo 186-quater e la proposta conciliativa di cui all'articolo 185-bis del codice di procedura civile. Non serve fare la mediazione delegata. Il giudice ha il potere di leggere le carte e decidere, eventualmente anche anticipando una parte della sentenza.
  Sulla legge professionale forense, la riforma del 2012 venne fatta in fretta e furia, fu l'ultima legge del Governo tecnico di Monti e si è rivelata piena di criticità. I requisiti di accesso hanno compromesso le libertà dell'avvocato ed è da ripensare anche Pag. 28 il sistema previdenziale, soprattutto in questo periodo pandemico e di crisi economica e dell'avvocatura, così come il sistema dell'incompatibilità. Bisogna comprendere che il mondo evolve e bisogna anche legiferare sull'avvocato monocommittente, ovvero su una falsa partita IVA che lavora esclusivamente per un altro studio legale. Quindi, bisogna disciplinare un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato nella professione forense.
  Il recente decreto-legge sull'esame di abilitazione dovrebbe far comprendere come sia necessario modificare l'esame di abilitazione, però rendendolo più meritocratico e non più semplice. Meritocratico. Questo deve essere il nuovo motto per modernizzare l'avvocatura italiana. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Colletti. Passiamo al gruppo di Fratelli d'Italia. Onorevole Maschio, a lei la parola.

  CIRO MASCHIO. Grazie, presidente. Grazie, Ministra. Apprezzo sia l'emozione che il contegno istituzionale che lei ha dimostrato e che denotano la consapevolezza della solennità del luogo in cui si trova e del mandato che sta esercitando.
  Apprezzo anche il riferimento che lei ha voluto fare a una volontà di procedere affrontando i problemi senza presunzione e senza hybris. Questa è una sottolineatura importante perché proprio in quest'Aula e in questa Commissione, in occasione del dibattito parlamentare sulla cosiddetta «legge spazzacorrotti» è stato compiuto un atto di hybris parlamentare, introducendo in modo forzato con un emendamento la modifica della prescrizione all'interno di un progetto di legge che si occupava di tutt'altro. Tale forzatura era animata da velleità propagandistiche più che da equilibrio nell'approccio ai temi della giustizia, di fatto destabilizzando l'intera gestione del percorso di riforme che in questi tre anni di legislatura è rimasto incompiuto.
  Auspico e sono certo che almeno da questo punto di vista ci sarà un radicale cambio di atteggiamento, con meno bulimia mediatica, meno dirette Facebook, più lavoro e rispetto dell'Aula parlamentare, anche perché soprattutto in tema di giustizia e in tema di diritti costituzionali fondamentali dei cittadini non si può utilizzare la propaganda, ma ci vuole il rispetto di questi princìpi.
  Venendo alle linee programmatiche, sicuramente le due precedenti occasioni in cui il Ministro della giustizia in questa legislatura ha illustrato le linee programmatiche sono state caratterizzate da grandi annunci. Ricordo ancora che a inizio legislatura fu annunciata una rivoluzione della giustizia, di cui poi ovviamente non si è mai vista traccia, perché in tre anni – compresi i cambi di Governo e di maggioranza che ci sono stati – non si è ancora riusciti a realizzare la riforma del processo civile, la riforma del processo penale e la riforma dell'ordinamento giudiziario. Quindi, è corretto avere un approccio più pragmatico, finalizzato a cercare di realizzare ciò che è possibile. Su questo da parte nostra troverà una collaborazione puntuale su specifici punti, temi e argomenti tecnici. Auspico che riesca a farlo, perché lei è consapevole ben più di noi di trovarsi a fare il Ministro con una maggioranza composta da forze politiche con visioni fortemente contrapposte tra loro in materia di giustizia e quindi il rischio principale è che si arrivi non a delle sintesi, ma a dei compromessi al ribasso tra posizioni inconciliabili. E questo chiaramente porterebbe a non raggiungere i difficili obiettivi che lei si pone.
  Del resto anche l'ordine del giorno approvato alla Camera da lei citato è sostanzialmente un testo - chi non può non essere a favore del giusto processo e della ragionevole durata? Chi non può non essere d'accordo sulla razionalizzazione dell'efficienza della macchina della giustizia? – in cui si è potuto solamente dire tutto in termini generici per non dire nulla di troppo impegnativo tra forze che hanno visioni contrapposte. Il rischio di compromessi al ribasso è molto alto. Auspico che almeno su alcuni punti si riesca a raggiungere risultati concreti.
  Sicuramente l'approccio sulla riforma della giustizia civile è molto pragmatico e fondamentale. Ci sono oltre 3.200.000 processi Pag. 29 pendenti e il trend di decrescita è ancora insufficiente. Sono d'accordo che non servono grandi riforme sul rito, ma semmai serve una spesa e un'organizzazione molto oculate delle risorse. Nel corso del suo mandato approfondiremo in modo dettagliato come puntualmente si andranno ad ottimizzare le spese, la riorganizzazione, la digitalizzazione e il rafforzamento dell'ufficio del processo.
  Ritengo che i 2,3 miliardi di euro previsti nella bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza inoltrata al Parlamento siano insufficienti, perché siamo tra l'1 e il 2 per cento del monte complessivo delle risorse destinate all'Italia. Credo che il Ministero della giustizia debba chiedere con forza un incremento delle risorse da destinare al settore.
  Per motivi di tempo non posso soffermarmi sul drammatico tema della riforma del Consiglio superiore della magistratura e del sistema della magistratura. Mi limito ad auspicare una riforma che vada nella direzione del sorteggio temperato. Aggiungo inoltre che auspico che si possa mettere mano al meccanismo delle porte girevoli tra magistratura e politica, perché anche questo è un tema che ovviamente ha delle conseguenze sul nostro sistema.
  Vado a concludere – non voglio sottrarre tempo ai miei colleghi – con un paio di punti. Il primo, di cui non ho avuto notizia – forse mi è sfuggito nella sua relazione – è legato al sovraffollamento carcerario: si tratta del tema del rimpatrio dei detenuti stranieri. Sappiamo che dei circa 58 mila detenuti in Italia oltre un terzo sono stranieri. Sono numeri importanti sia dal punto di vista della capienza regolamentare sia dal punto di vista dei costi per lo Stato italiano. Nelle linee programmatiche del Ministro della giustizia dei precedenti due Governi erano stati annunciati grandi risultati in materia di conclusione degli accordi bilaterali e di rimpatrio dei detenuti stranieri. Il risultato tuttavia è stato pari a zero, e oggi non c'è menzione di quello che, invece, rimane un obiettivo fondamentale su cui l'Unione europea dovrebbe darci un grande aiuto. Questo consentirebbe sia di alleggerire il sovraffollamento delle carceri italiane a beneficio dei detenuti e, ancor più, della Polizia penitenziaria, sia migliorare l'impiego delle risorse.
  Passo all'ultimo tema e concludo. Ho sentito giustamente il riferimento alle misure alternative, alla giustizia riparativa e alla funzione rieducativa della pena che credo che caratterizzi molto anche la sua storia personale. Ritengo che, per rispetto non solo delle forze dell'ordine ma anche delle vittime, si debba utilizzare la stessa determinazione anche nella tutela della certezza della pena, perché in Italia il rischio alto invece è quello di avere una certezza dell'impunità. Immaginiamo un ordinamento e un sistema della giustizia italiana che sappia essere garantista nella fase del processo – quindi apprezziamo il suo riferimento a una chiusura verso i processi mediatici e i processi senza fine per i cittadini che possono essere presunti innocenti – ma che dia anche certezza della pena nella fase dell'esecuzione. Su questo ci aspettiamo una sottolineatura molto più forte da parte sua.
  Concludo augurandole buon lavoro. In Fratelli d'Italia, che è l'unica forza politica all'opposizione, troverà un atteggiamento costruttivo. Auspichiamo quindi di poter collaborare sui contenuti.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Maschio. Do ora la parola all'onorevole Varchi, che interviene da remoto.

  MARIA CAROLINA VARCHI (intervento da remoto). Grazie Ministra per le delucidazioni che ha fornito sulle linee guida che animeranno il suo mandato al Ministero della giustizia. Nel corso di questa legislatura il mondo della giustizia è stato spesso al centro di fortissime contrapposizioni tra le forze parlamentari che rappresentano i cittadini nel corso di questa diciottesima legislatura. Probabilmente proprio queste fortissime contrapposizioni sono state all'origine della crisi che ha portato alla nascita di questo nuovo Governo che Fratelli d'Italia non ha ritenuto di dover sostenere in maniera aprioristica, ma al quale – come più volte ribadito dalla nostra Pag. 30presidente Giorgia Meloni – non farà mancare il sostegno in caso di provvedimenti condivisi perché condivisibili.
  Credo che andiamo incontro a una serie di riforme di sistema in materia di giustizia che ormai non si possono più rinviare, a partire da quella del Consiglio superiore della magistratura – sulla quale non ripeterò quanto già detto dal collega Ciro Maschio – per finire con le riforme dei codici di rito, sia quello civile sia quello penale, che probabilmente meritano una revisione alla luce delle condizioni attuali del nostro processo.
  È evidente che vi è una fortissima connessione – come lei stessa ha ricordato – tra il dato economico e il dato processuale. È chiaro che le imprese sono disincentivate a investire in Italia, se solo si fermano un attimo a pensare che incappare anche fortuitamente in un'aula di giustizia italiana possa comportare uno stop prolungato di diversi anni. Forse vi è un problema di diritto processuale, ma sicuramente vi è un problema di organizzazione all'interno dei nostri uffici giudiziari. In questo senso sicuramente un meccanismo di incentivi e di premialità potrebbe aiutare a uscire dalla palude in cui si trovano moltissimi uffici giudiziari. Almeno così rassegnano le statistiche diffuse dal Ministero negli ultimi anni. Mi sia consentita però una nota amara: dover immaginare meccanismi di premialità per ciò che dovrebbe essere assolutamente normale e rientrante nell'alveo dei doveri di chi dirige un ufficio giudiziario è abbastanza triste da spiegare ai cittadini. Parallelamente credo che sia opportuno rivedere, ripensare e rivalorizzare un istituto che era quello della responsabilità civile dei magistrati su cui anni fa vi fu un referendum nel quale gli italiani si pronunciarono anche in maniera abbastanza netta.
  Noi andiamo incontro alla necessità di risolvere problemi che si stanno verificando ora. Io chiamo «emergenziale» questa fase prolungata di gestione, anche se mi rendo conto che è un termine improprio, perché l'emergenza è qualcosa di imprevedibile e dopo un anno evidentemente questa situazione ha perso il suo carattere di imprevedibilità per diventare una costante nella vita degli uffici giudiziari. È evidente dunque che non possiamo più lasciare spazio all'improvvisazione.
  Proprio sul tema della digitalizzazione, una delle grandi sfide contenuta nella missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, si gioca una partita dirimente tra il fare un salto in avanti e il rimanere ancorati a meccanismi di gestione degli uffici giudiziari assolutamente anacronistici. Purtroppo le cronache di tutti i giorni raccontano di cancellerie con programmi obsoleti che talvolta nemmeno consentono agli impiegati di scaricare i file firmati digitalmente dai procuratori delle parti. Le cronache giudiziarie raccontano di udienze che saltano perché il video collegamento non funziona. Ferma restando la nostra totale contrarietà a qualsiasi opera di remotizzazione e smaterializzazione del processo penale, che a nostro avviso deve rimanere caratterizzato dalla oralità e dall'immediatezza, la consultazione dei fascicoli come il cosiddetto «TIAP» (trattamento informatico atti processuali) potrebbe essere consentita anche da remoto ai procuratori delle parti. Nel campo della digitalizzazione sono tante le sfide che noi potremmo provare a vincere non per diminuire il lavoro dei cancellieri, degli avvocati o dei giudici, ma per migliorarlo.
  Migliorando la qualità del lavoro degli attori del sistema giustizia e dei protagonisti del processo, sicuramente migliorerà il servizio reso ai cittadini, perché in ultima istanza sono loro i fruitori di tutta quella complessa macchina che è la amministrazione della giustizia. Sono loro i fruitori e spesso sono loro le vittime dei malfunzionamenti di questa complessa macchina.
  In materia penitenziaria – un tema che mi sta molto a cuore – ho sentito parlare di investimenti sull'edilizia e sull'architettura penitenziaria. Credo che, parallelamente alla creazione di nuovi spazi sui quali certamente si aprono formule di ragionamento che ci sarà tempo e modo di approfondire – ma che io in pochi minuti non posso approfondire –, vi è la necessità di colmare la situazione deficitaria della Polizia penitenziaria, flagellata dai tagli della legge Madia e dalla mancanza di turnoverPag. 31che fotografa un'età media sempre più alta a fronte di mansioni certamente, inequivocabilmente e particolarmente usuranti. Lo svolgimento di straordinari e di turni in eccesso sicuramente non favorisce la qualità della vita lavorativa degli appartenenti alla Polizia penitenziaria. La situazione ormai incontrollabile all'interno delle nostre carceri con frequenti aggressioni – come raccontano le cronache proprio ai danni degli agenti – impone anche di ripensare alcuni meccanismi come la vigilanza dinamica.
  Ricordava bene il collega quando ha detto che noi siamo fermamente garantisti fino al terzo grado di giudizio. Poi, però, è necessario che vi sia una certezza nella esecuzione della pena, per il rispetto dovuto al lavoro di quanti contribuiscono a realizzare un processo e alla tutela delle vittime. Troppo spesso con il nostro processo le vittime rimangono prive di un effettivo ristoro, sia esso morale, in ordine talvolta a una dosimetria della pena che si percepisce come troppo bassa – sulla quale però non mi sento di invocare modifiche normative, poiché il nostro codice prevede già gli strumenti da fornire al giudice per contemperare le varie esigenze e scegliere la pena in concreto da applicare all'imputato – sia esso materiale,il ristoro materiale viene quasi sempre a mancare, con imputati poi condannati che riescono in qualche maniera a sfuggire a questo obbligo risarcitorio che rimane un'affermazione meramente labiale.
  Certamente il mio intervento non può essere esaustivo e quindi Fratelli d'Italia non farà mancare nel prosieguo della legislatura temi, suggerimenti o emendamenti. Ogni qualvolta il Parlamento sarà coinvolto nei meccanismi legislativi, noi interverremo e faremo la nostra parte.
  In chiusura vorrei affrontare un tema che, soprattutto in considerazione della mia provenienza territoriale, mi è molto caro, che è quello della lotta a tutte le mafie. Dagli studi e dai dati concreti che ho potuto rilevare nell'esercizio della mia professione, ho potuto imparare che dove lo Stato arretra le mafie avanzano, proliferano e si arricchiscono. Lo abbiamo visto in questa emergenza che al Sud, in Sicilia, è stata prima economica e poi sanitaria, perché in Sicilia la prima ondata quasi non l'abbiamo vissuta. Oggi tuttavia le cronache giudiziarie raccontano di interi clan che si erano adoperati per favorire chi si trovava in difficoltà ed è rimasto abbandonato dallo Stato, con sussidi e incentivi che non arrivavano. Sull'onda di queste considerazioni, credo che si debba ripensare anche tutto l'impianto delle misure di prevenzione, perché è davvero brutto sotto il profilo dell'impatto sociale realizzare una fotografia agli occhi dei cittadini in base alla quale se un'azienda è amministrata dalla mafia, quell'azienda produce, fattura e garantisce posti di lavoro, ma quando passa nelle mani dello Stato quest'azienda fallisce, viene depauperata e non funziona più, al netto della durata esagerata dei procedimenti nei quali si verificano le misure di prevenzione.
  Il messaggio che deve passare grazie a un meccanismo più efficace è sicuramente quello di uno Stato che, quando prende in mano le redini di un'azienda, la fa funzionare come e meglio di prima. A mio avviso questo è un aspetto sul quale si deve lavorare proprio in ossequio a quella connessione fortissima tra economia e giustizia della quale anche lei parlava.
  Sono tanti gli argomenti che vorrei affrontare, ma c'è la collega Lucaselli che deve intervenire dopo di me. Ringrazio il presidente per la tolleranza e ancora una volta ringrazio e porgo i miei saluti alla Ministra a nome dell'intero gruppo di Fratelli d'Italia.

  YLENJA LUCASELLI. Buon pomeriggio, Ministra. Benvenuta in questa Commissione. Sarò molto breve, non solo perché i miei colleghi sono stati ampiamente esaustivi, ma perché immagino che l'incontro che avrà a breve con la nostra presidente Meloni potrà chiarire meglio qual è la nostra posizione rispetto al Recovery Plan e quindi quali sono le proposte del gruppo di Fratelli d'Italia sulla digitalizzazione e sulla stabilizzazione di moltissime persone, tra i quali i magistrati onorari, che lei ha giustamente citato nella sua relazione. Pag. 32
  Ho alcune domande molto banali. Noi sappiamo che attraverso il sistema giustizia si legge la civiltà di un popolo e sappiamo anche quanto l'assenza di riforme strutturali del nostro sistema abbia causato tantissimi problemi non solo da un punto di vista sociale, ma anche da un punto di vista economico. Nella sua relazione lei ha parlato di correzioni selettive e mirate rispetto ad alcuni punti.
  Mi vengono in mente due domande. La prima è relativa alla separazione delle carriere, che sappiamo essere stato un dibattito molto acceso per tantissimo tempo. Avrei la necessità di capire se la riforma del sistema giudiziario passa anche attraverso questo tema. Dai giornali sappiamo che c'è stata una frattura molto importante fra la magistratura e la società civile ed è una frattura che credo debba essere in qualche modo ripristinata. E tutti dovremmo farci carico di ricucire il rapporto fra chi giudica e chi viene giudicato. Credo che questo passi anche attraverso riforme strutturali, come può essere quella della separazione delle carriere. Vorrei un suo primo input su questo.
  Per quanto riguarda la seconda domanda, lei sa che il gruppo di Fratelli d'Italia ha presentato al decreto cosiddetto «Milleproroghe» un emendamento con il quale chiedeva la sospensione della normativa sulla prescrizione. Sappiamo cosa è successo poi in discussione sul Milleproroghe: quell'emendamento non è passato. Quindi, volevo capire meglio cosa intende fare su questo tema, atteso che quello della prescrizione e dei tempi della giustizia è uno dei fattori che allontanano gli investimenti esteri, diventando così non solo un problema strutturale, ma anche un problema economico per l'Italia.
  La terza e ultima domanda è relativa alle carceri e alla funzione di rieducazione all'interno delle carceri. Credo che il sistema italiano sia in parte manchevole da questo punto di vista, perché non ci sono programmi mirati e correlati a una legislazione per cui il detenuto venga immesso immediatamente in un percorso rieducativo. Questo ci dà la possibilità di porle un'altra domanda relativa proprio alla struttura e alla gestione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Volevo sapere se secondo la Ministra, atteso anche quello che è successo sulle cronache – l'avrà letto anche lei sicuramente – nella gestione Bonafede rispetto ad alcuni settori del DAP, questa è una delle riforme strutturali che il Ministero intende affrontare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lucaselli. Passiamo al gruppo di Italia Viva. Onorevole Vitiello, prego, a lei la parola.

  CATELLO VITIELLO. Grazie, presidente. Comincio io perché i più bravi intervengono dopo a sopperire alle mancanze dei primi. E quindi comincio io rispetto al collega Ferri. Grazie, Ministra e bentornato, dottor Piccirillo. Io l'ho ascoltata con molta attenzione e devo dire la verità: mi sento rincuorato rispetto alla discontinuità che nel merito noi abbiamo chiesto e che ha portato a questo cambio di passo anche dal punto di vista governativo, perché il tema della giustizia è un tema abbastanza complesso, è un tema che non merita etichette, è un tema che non merita manifesti di propaganda politica. È un tema che deve essere curato partendo dalle disfunzioni del processo.
  Rispetto al merito farò qualche annotazione, però innanzitutto farò domande rispetto al metodo, che forse rispetto ad alcuni passaggi della sua relazione è quello che mi ha lasciato più perplesso. Lei ha fatto riferimento a commissioni di studio. Come ha pensato di coinvolgere il Parlamento, se lei giustamente ritiene che il Parlamento abbia e debba mantenere la centralità necessaria per curare i temi della giustizia?
  A questo punto le faccio una domanda anche un po' più specifica. Non ritiene che sia corretto chiedere ai gruppi parlamentari di indicare nelle commissioni di studio almeno una persona che possa collaborare a monte e non a valle degli emendamenti cui lei ha fatto riferimento rispetto alle riforme che – devo dire la verità – sono anche molto strutturali, come quelle del rito penale e del rito civile? La collaborazione Pag. 33 sarebbe importante – soprattutto per quanto riguarda l'argomento che più mi sta a cuore che è il processo penale – proprio perché, a seguito di una serie di rinvii della data per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge delega, noi già abbiamo fatto un'attività. E lei ha fatto riferimento anche ad un'attività istruttoria che nel 90 per cento delle audizioni ha visto una bocciatura di tantissimi passaggi di quel disegno di legge delega.
  Ritengo che, anche dal punto di vista della collaborazione, sia utile svolgere un'attività a monte e non a valle degli emendamenti, proprio perché rispetto al merito a cui lei ha fatto riferimento – naturalmente noi riteniamo che avrà la giusta cura rispetto ad alcuni temi molto sensibili e molto importanti – noi possiamo dare un contributo in quel momento, nel momento delle commissioni di studio. Quindi ritengo sia utile operare in questi termini.
  Vengo invece al merito. La mia preoccupazione nasce dal fatto che abbiamo discusso tanto su tanti temi all'interno di questa Commissione come anche nell'Aula parlamentare e lo abbiamo fatto nel corso di tre anni, sia con il primo Governo Conte che con il secondo Governo Conte che hanno visto come elemento di continuità il Ministro Bonafede sempre al Ministero della giustizia. Noi naturalmente non abbiamo alcunché da dire nei confronti della persona, verso la quale non abbiamo mai manifestato un senso di sfiducia. Rispetto invece al modo in cui sono stati trattati alcuni temi abbiamo qualcosa da dire.
  Le faccio un esempio: la prescrizione. Io sono fra coloro che riteneva che la prescrizione dovesse essere modificata. E se va a ritroso con i lavori parlamentari noterà che già durante l'esame della futura legge cosiddetta «spazzacorrotti» noi abbiamo subito una velina che introduceva un emendamento rispetto a un ambito che doveva essere non quello della prescrizione ma quello dell'anticorruzione. Noi abbiamo recepito la proposta. E io provai a emendarla con la prescrizione processuale proprio nei termini in cui lei ha riferito poc'anzi, quando ha parlato di una delle possibili soluzioni, perché la prescrizione deve tornare a essere guardata come quello che è, cioè una sanzione rispetto all'irragionevolezza dei tempi della giustizia. Perché il problema è proprio questo. C'è stato un equivoco che noi abbiamo subìto qui in Commissione e poi in Aula, che è quello fra la ragionevole durata e la prescrizione che sono due cose che invece non dovrebbero avere una stessa risoluzione: la ragionevole durata si fa all'interno del processo, la prescrizione sostanziale serve proprio a curare che il processo non diventi eterno. Invece si è voluto contribuire a un racconto che, secondo me, non è coerente con quelli che sono i paradigmi del nostro sistema penale e processuale.
  Lo dico anche perché ci ho sempre creduto – e so che da questo punto di vista sfondo una porta aperta – e il faro per me è sempre stato il preambolo penalistico della Costituzione. Tutto quello che è rito penale parte dalle norme costituzionali. Credo fermamente in questo. Io e la collega Annibali abbiamo firmato una proposta di legge che fa riferimento alla direttiva europea cui lei ha dedicato un passaggio nella sua relazione, proprio perché crediamo nella presunzione di innocenza, anche se sappiamo benissimo che nella nostra Carta costituzionale non è così marcata come in Europa. Comunque c'è e deve essere tutelata e salvaguardata. Naturalmente tutto questo passa per un processo e un ragionamento che occorre fare insieme.
  Vado ancora al merito. Nella delega del processo penale si è fatto riferimento all'articolo 190-bis del codice di procedura penale, che è l'emblema del doppio binario, è l'emblema dell'eccezione, è l'emblema della regola di un'estrema ratio che va a toccare quelli che sono processi molto specifici di elevato allarme sociale. Non possiamo certamente ritenere che si possa utilizzare tale regola d'emblée per tutti i procedimenti soltanto perché cambia il giudice. L'alternativa ce l'abbiamo. Individuiamo una regola ordinamentale che vieti la modifica del collegio del giudice monocratico quando ci sono processi da concludere, perché non è giusto andare a detrimento di quello che è il diritto di difesa a cui lei ha fatto riferimento. Ho sottolineato il passaggio: Pag. 34 lei ha detto «esercizio anche dialettico del diritto di difesa» e io l'ho attribuito all'articolo 190-bis. Lei lo guarda come lo guardo io, ovvero come estrema ratio. Non è giusto far ricadere sull'istruttoria dibattimentale il problema ordinamentale del cambio del magistrato.
  Passiamo all'udienza preliminare. Si vuole modificare la regola di giudizio di quel momento particolare di filtro fra le indagini e il processo. Il problema di fondo è che, se si cambia quella regola così come vuole il disegno di legge delega, rischiamo di tornare indietro di quarant'anni a un processo inquisitorio, perché creiamo un altro grado di giudizio. Si parla di ragionevole condanna. Bisogna fare attenzione, perché così cambiamo completamente il paradigma processuale.
  Anche sull'appello monocratico c'è una soluzione. Anche lì si può trovare un modo per evitare che si arrivi a un processo d'appello così rigido sui numeri. Individuiamo una VII Commissione sull'inammissibilità, come la Cassazione, facciamolo anche in appello, ma non andiamo a detrimento delle garanzie difensive, bocciando la collegialità e introducendo una monocraticità all'interno del giudizio d'appello.
  Ho altre due brevi annotazioni. La prima riguarda il Consiglio superiore della magistratura. Non ho una soluzione su questo, perché il tema è molto complesso. So soltanto che all'interno di una qualsiasi comunità, quando c'è un problema di gestione della comunità, si fa politica. Io sono per non demonizzare le correnti e per salvare quello che di buono si poteva fare all'interno della magistratura, utilizzando le correnti, perché fare politica non è sempre una bestemmia. Facciamo attenzione a quello che può essere il sorteggio, perché per me è incostituzionale, però bisogna trovare un modo per garantire e salvaguardare quel mondo. Potrebbe essere arrivato il momento di discutere di separazione delle carriere? Non lo so, però cominciamo un dibattito anche su quello.
  Infine, passiamo all'esame da avvocato. Ho letto lo schema che non è più schema, ma è decreto perché è passato in Consiglio dei ministri ieri, se non sbaglio, o venerdì scorso. Io sono preoccupato perché ero fra quelli che non riteneva che l'esame orale abilitante fosse la soluzione a tutto e di tutto. Forse i tempi, invece, richiedono che effettivamente si vada in quella direzione, ma davvero si ritiene che tutto questo si faccia in tempi brevi? Sono 27 mila iscritti.
  Fra la prima prova e la seconda prova evitiamo che chi ha fatto una pratica sempre con un indirizzo civilistico o penalistico debba subire una materia che è l'antitesi della sua professionalità fino a quel momento. La questione è molto delicata, e i ragazzi avranno poco tempo per preparare l'esame orale. Grazie, Ministra.

  PRESIDENTE. Onorevole Vitiello, grazie. Onorevole Ferri, a lei la parola. Il gruppo di Italia Viva ha finito il tempo, ma in Ufficio di presidenza abbiamo detto che saremmo stati elastici. La prego tuttavia di calibrare il suo intervento su questo presupposto, anche per evitare di approfittare eccessivamente della Ministra. Grazie.

  COSIMO MARIA FERRI. Grazie, Ministra, per questa relazione completa. Voglio partire da una frase che mi ha colpito e che secondo me deve essere la stella polare almeno per noi del gruppo di Italia Viva.
  Lei ha detto che «il lavoro svolto non va vanificato». Mi ha colpito perché ho ripensato al lavoro che è stato svolto nei Governi Renzi e Gentiloni. Quindi, in questo breve intervento vorrei provare a portare la lancetta proprio su quelle riforme per vedere come portarle avanti e svilupparle. La legge 28 aprile 2014, n. 67, ha determinato l'introduzione di due decreti legislativi, i decreti legislativi n. 7 e n. 8 del 2016 sulla depenalizzazione.
  Il primo tema, di cui anche lei ha parlato, è quello di come migliorare la depenalizzazione e come continuare su questa strada. Con quei due decreti legislativi sono state introdotte la depenalizzazione e l'abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili. Voglio fare un esempio veloce. All'epoca era stato introdotto il reato di omissione di versamento di contributi all'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS). Con questo provvedimento Pag. 35 abbiamo stabilito che fino all'importo di 10 mila euro l'omissione di versamento di contributi all'INPS non fosse più un reato. Questo è servito molto in un momento in cui è in atto una crisi economica, durante la quale i nostri artigiani e i piccoli imprenditori soffrono, non riescono a pagare le tasse e non riescono a pagare i contributi, e si parla giustamente di stralcio delle cartelle. Bisogna continuare sulla strada della depenalizzazione, tornando alla citata legge del 2014 e ai decreti legislativi per completare l'intervento. Ad esempio, per l'omissione del versamento dei contributi abbiamo fissato la soglia di 10 mila euro, ma forse oggi è anche il caso di alzarla. Bisogna intervenire in maniera efficace sul tema della depenalizzazione: sia nel civile – chiaramente nel civile la depenalizzazione non c'entra – sia nel penale vediamo che il vero problema dei ritardi della giustizia è costituito dal numero di procedimenti in atto. E ne parlerò velocemente anche per il settore civile. Quella legge tra l'altro è rimasta incompiuta. Qui faccio anche un'autocritica rispetto ai Governi che si sono succeduti perché non abbiamo avuto il coraggio di adottare il decreto legislativo sull'arresto domiciliare, in maniera automatica per le pene fino a tre anni di reclusione e, a discrezionalità del giudice, per i reati puniti dai tre ai cinque anni. Si è posto il tema della reclusione domiciliare, prevista dalla legge delega del 2014, ma i diversi Governi – faccio autocritica – non hanno avuto poi il coraggio di attuarla per un clima politico che, certamente, non era quello attuale. Quando si parla di pena e di sistema, partirei da lì per portare avanti quella base preesistente che penso fosse importante.
  Voglio parlare della legge Orlando, la legge 23 giugno 2017, n. 103. Sono stati già posti tanti temi, e ringrazio la Ministra per aver ricordato sia l'istituto della non punibilità per tenuità del fatto, sia l'istituto della messa alla prova. Nel dibattito parlamentare si discusse molto del limite edittale dei cinque anni di reclusione per quanto riguarda la non punibilità del fatto e del limite dei quattro anni di reclusione per la messa alla prova. Questi livelli si possono alzare: per esempio la messa alla prova può essere limitata ai reati a citazione diretta e non a quelli che passano dall'udienza preliminare. Secondo me, l'ambito si può ampliare, e anche su questo tema si può andare in continuità con quelle vere riforme strutturali degli ultimi anni, che ritengo importanti e.
  L'altro tema è quello dell'ordinamento penitenziario, di cui si è già parlato. Quindi sarò breve. È dispiaciuto che il Governo Conte I abbia iniziato proprio non esercitando la delega sull'ordinamento penitenziario. Siamo fermi al decreto legislativo 26 ottobre 2018, n. 123. Restano fuori le misure alternative, la differenziazione dei percorsi rieducativi, la giustizia riparativa, il tema dell'affettività e il tema delle madri con figli minori, che è importante. Infatti, vi è una proposta di legge che stiamo discutendo, vi è un emendamento al disegno di legge di bilancio a firma di Siani e di Lucia Annibali, che è la nostra capogruppo, per istituire un fondo finalizzato ad incentivare il rapporto tra madri detenute e figli. Quindi, secondo me anche su questo aspetto si può dare una risposta immediata.
  Tutto questo era relativo al settore penale. Quindi, valorizziamo il lavoro svolto.
  Per quanto riguarda poi la digitalizzazione, bisogna incentivarla nella giustizia di prossimità e presso i giudici tutelari. Mi è piaciuto il suo riferimento, Ministra, ai minori, al tema di chi non ha voce, di chi ha più difficoltà. Anche sul processo telematico siamo all'anno zero per quanto riguarda la giustizia minorile e il procedimento dell'abbandono di minori, i registri informatici, la vigilanza sulle comunità per quanto riguarda gli affidi con un percorso di trasparenza. Oggi infatti mancano i registri e non sappiamo quanti minori sono stati affidati e a quali comunità. Penso che sia essenziale investire sui temi della giustizia di prossimità e sulla digitalizzazione degli affari del giudice tutelare e del processo minorile. Quando si parla di digitalizzazione, molte volte ci si ferma ai grandi temi e non ai piccoli temi.
  Passiamo alle misure alternative, di cui anche la Ministra ha parlato. Voglio solo citare alcuni dati perché la produttività dei Pag. 36giudici italiani è al nono posto in Europa, e invece siamo gli ultimi o nelle ultime posizioni per quanto riguarda il carico di lavoro. Quindi, non è un problema di smaltimento, ma è un problema di accesso alla giustizia e di numero di procedimenti.
  Chiudo con due temi che sono stati già affrontati. Ministra, lei ha parlato di infrastrutture digitali. Il tema è proprio quello dell'investimento nelle infrastrutture digitali. Come Italia Viva proponiamo che ci sia un tavolo tra il Ministro della giustizia e il Ministro Colao su questi temi perché dobbiamo lavorare insieme. Chiediamo che ci sia un coinvolgimento del Ministro Giovannini per quanto riguarda le infrastrutture digitali, ma anche del Ministro Cingolani per l'edilizia giudiziaria, per tutto quello che riguarda la green economy e gli investimenti nel rispetto ambientale. Ministra, lei può essere protagonista di una riorganizzazione del sistema, con una cabina di regia essenziale quando si parla di transizione digitale e di digitalizzazione delle infrastrutture relative anche al processo.
  La ringrazio per avere subito affrontato da Ministra il tema dell'esame da avvocato. L'ha fatto con grande coraggio e anche con grande buon senso. Era quello che chiedevamo al Ministro precedente, senza polemica, proprio per tutelare la salute in un momento difficile per il Paese. E lo dico anche per quello che sta accadendo in queste ore sul ritiro del vaccino AstraZeneca che preoccupa molti cittadini. Quindi, questi ragazzi andavano tutelati. Ho letto il decreto-legge. E la ringrazio perché noi eravamo per la prova orale. Tuttavia, le vorrei suggerire due cose: di non vincolare la sede di esame alla residenza, perché molti fuori sede hanno fatto la pratica in luoghi diversi da quelli in cui erano residenti; di dare date certe e sicurezze a questi ragazzi che sono in attesa.
  Sugli sfratti sono intervenuti altri colleghi. Da parte nostra avrà la massima collaborazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ferri. Onorevole Conte.

  FEDERICO CONTE. Grazie, presidente. Buonasera, Ministra. Intervengo su una sua relazione molto completa e puntuale che ha determinato un dibattito ricco. Quindi, consapevole del rischio della ripetizione, proverò a dare un taglio più politico al mio intervento, partendo innanzitutto da che ruolo deve avere il tema della giustizia nell'agenda politica del Paese. Mi rendo conto che vi sono delle emergenze, principalmente quella sanitaria e sociale, ma io credo che si debba rifuggire il rischio che il dibattito della giustizia, storicamente potenzialmente più divisivo, venga retrocesso in una posizione subordinata, perché dalla qualità del sistema giudiziario di un Paese non si desume soltanto il suo tasso di civiltà, ma anche il suo grado di equità. Questo è un valore che ha a che fare con una fase storica in cui il rapporto dei cittadini tra di loro e dei cittadini con lo Stato deve essere valorizzato in ogni settore.
  La giustizia è un organismo malato e il sintomo principale della sua malattia è la sua lentezza. Lo dicono i dati: 1600 giorni di media per la definizione di un processo penale, il che vuol dire che i processi più significativi hanno tempi molto più lunghi; 2.241 giorni in tre distretti di Corte d'appello, Napoli, Roma e Reggio Calabria. Mediamente 759 giorni per la definizione del grado di appello che è il momento del processo integrale di giudizio che mostra le principali patologie. Per il processo civile la media è addirittura di 8 anni.
  Rispetto a questo male così grave – che ci fa addirittura mettere sullo stesso piano un tribunale con un ospedale, perché così come nell'uno anche nell'altro si sa quando si entra ma non si sa quando si esce – immagino un intervento su due livelli. Lei ha armoniosamente diviso per trittici i temi che ha trattato. Proviamo a rendere ancora più schematico il ragionamento e a usare la logica binaria.
  C'è un tema che riguarda l'hardware che sono le infrastrutture. Noi abbiamo due interventi significativi: la missione 2 che ci dà 0,45 miliardi di euro che si sommano a 0,4 miliardi di euro che già troverà nel Fondo nazionale per le strutture di edilizia giudiziaria, che vanno rese evidentemente intelligenti, come è stato notato; la missione Pag. 37 1, in cui troverà 2,3 miliardi per il tema della digitalizzazione che nel sistema giustizia ha a che fare con il tema delicato della cittadinanza digitale, perché se la protezione dei dati personali rispetto al sistema economico è un tema mondiale, ancora più delicato è il tema della protezione dei dati personali rispetto al sistema giudiziario. Un argomento che sottoporremo con il nostro parere alla Commissione è quello della valutazione della creazione di una rete e di una piattaforma digitale esclusiva per il sistema della giustizia.
  La sintesi e la combinazione degli interventi per quanto riguarda le strutture fisiche e le strutture immateriali, quelle digitali, può consentire alla Ministra di recuperare un tema molto delicato con argomenti e strumenti nuovi. Mi riferisco al tema della giustizia di prossimità. Nel 2013 sull'altare della spending review furono soppressi 37 tribunali, oltre a tutte le sezioni distaccate esistenti in Italia, e 38 procure. Faccio l'esempio della mia terra, che mi sta a cuore. Nella provincia di Salerno è stato soppresso il tribunale di Sala Consilina e un intero pezzo del territorio salernitano migra tutti i giorni non in un'altra provincia, ma in un'altra regione, in Basilicata, per districare i propri affari di giustizia. In quello stesso terreno, per la stessa logica, è stato sacrificato il locale carcere per cui abbiamo un pezzo significativo del Mezzogiorno d'Italia sprovvisto di presidi di legalità. Questo è un tema sul quale, nel combinato disposto degli interventi di struttura materiale e di struttura immateriale, credo che la Ministra debba tornare a riflettere. Poi parlerò anche delle strutture carcerarie.
  Nella parte hardware vi è anche quella che riguarda il personale amministrativo e giudiziario. Credo che qui il Ministero della giustizia debba avere un rapporto stretto con quello della funzione pubblica, per organizzare l'implementazione più ampia possibile della pianta organica con lo scorrimento dei concorsi, già avviati dal secondo Governo Conte, con il reclutamento, con altre forme più agili di nuove professionalità di vario tipo – questo è molto utile, se non indispensabile soprattutto al sud – e ovviamente con il personale giudiziario cioè i magistrati. Quest'ultimo è un tema molto delicato che secondo me va affrontato con una premessa: vale a dire che il prestigio della magistratura è un bene collettivo che non riguarda soltanto i magistrati, ma riguarda gli avvocati, i cittadini e la qualità del servizio.
  Anche per quanto riguarda i magistrati forse è da programmare una stagione di nuovi concorsi. È da immaginare, nello schema da lei delineato di una modernizzazione della gestione del carico di giustizia, che le best practice vengano intestate a un ruolo tipico come la figura del Court manager, che secondo me deve essere un magistrato, perché non si può correre il rischio che l'organizzazione di un lavoro, che ha in sé i crismi dell'autonomia e dell'indipendenza, venga coordinato da un soggetto terzo. Può farlo un magistrato che predilige questo profilo di carriera sin dall'inizio, un profilo di carriera per il quale si qualifica e si predispone. Questo consentirebbe di rendere omogenee in maniera strutturale le best practice che oggi sono affidate a casi evidentemente soggettivi, tipici ed estemporanei.
  Vi è poi da ragionare su un grande nuovo patto tra la magistratura e l'avvocatura, un patto stipulato in maniera organica, perché è l'avvocatura lo strumento, la risorsa, l'infrastruttura umana che può consentire in tempi rapidi di realizzare lo straordinario obiettivo di abbattere un pesantissimo arretrato che grava come un'ipoteca sul funzionamento prossimo e prossimo remoto della giustizia. L'avvocatura può essere utilizzata con le forme più tipiche della esternalizzazione che pure hanno dato già per altri settori, come l'esecuzione immobiliare, risultati molto, molto vantaggiosi. Delegare all'esterno, come lei ha ricordato per l'ipotesi della mediazione endoprocedimentale, la definizione di alcuni affari civili anche di contenzioso in un quadro di credibilità, che deve essere garantito dal patto tra lo Stato, la magistratura e l'avvocatura, potrebbe determinare delle accelerazioni. Il ruolo della magistratura all'interno dell'ufficio del processo non Pag. 38è chiaro, va delimitato e tratteggiato con la consapevolezza che l'efficacia della mediazione e della conciliazione è strettamente collegata all'efficienza del sistema giudiziario, perché non vi è deterrenza rispetto alla soluzione alternativa, se non funziona il sistema principale. Quindi, ciò investe il ruolo dell'avvocatura anche all'interno del sistema dell'ufficio del processo, con la figura del clerk, che lei ha richiamato dal diritto di common law, ma anche per quanto riguarda la magistratura onoraria, rispetto alla quale questo Stato deve evidentemente ripagare un torto che è ormai riconosciuto da tutti, dalla sentenza della Corte di giustizia europea e dalla sentenza della Corte costituzionale, quella che lei oggi ricordava come imminente, che riguarda proprio l'inquadramento funzionale dei magistrati onorari rispetto al quale va fatto un discorso di grande onestà intellettuale. Immaginiamo che gli avvocati possano servire la giustizia svolgendo un'attività di tipo libero professionale, a cottimo per così dire? Ma allora bisogna stabilire in maniera chiara e per legge che l'incarico ha una durata limitata e che salvaguarda la messa in sicurezza di coloro che fino a oggi hanno svolto questo ruolo. Per tali soggetti si deve fare una legge speciale che sani la loro posizione con riguardo alle prerogative acquisite. O si immagina, come pure è stato ipotizzato, che essi possano entrare nel grande perimetro del pubblico impiego anche come un tertium genus per il quale prevedere un nuovo inquadramento e immaginare modalità di selezioni coerenti con l'indicazione costituzionale del concorso, che dobbiamo attualizzare come concetto non soltanto per questo settore, ma per tutti i settori della pubblica amministrazione italiana che è l'infrastruttura delle infrastrutture, rispetto alla quale si richiedono uno sforzo e una spinta di modernizzazione indispensabili. Credo che questo sia un tema sul quale ella potrà e debba cimentarsi sul piano strutturale e sul piano completo.
  Il software che dovrebbe girare su queste misure relative all'hardware è evidentemente quello delle riforme di sistema. Condivido l'approccio che mi pare di aver colto dal suo intervento, cioè che la riforma del processo civile sia mirata, selettiva e non organica, perché il costo in termini di tempo per l'implementazione di una riforma complessiva sarebbe maggiore dell'utilità che, invece, ci occorre nell'immediato. Farei un ragionamento pieno sul ruolo che l'avvocatura può svolgere e sui sistemi deflattivi affidati alla mediazione che va potenziata con riguardo, ad esempio, alla possibilità di una revisione della decisione dei mediatori che non sia quella ancora troppo lunga del processo civile che dovrebbe svolgersi come alternativa. Un esempio può venire dal sistema di mediazione che vige nel sistema delle telecomunicazioni ed è governato dall'authority per le telecomunicazioni.
  Per quanto riguarda la riforma del processo penale, già molto è stato detto, ma devo fare alcune annotazioni. Credo che si debba pensare a un meccanismo di depenalizzazione molto incidente. È disponibile la relazione della Commissione Fiorella che individua aree intere che possono essere coperte da un'azione di estinzione della rilevanza penale di alcune figure e da un meccanismo deflattivo affidato alla giustizia riparativa, che, come ella ha ben detto, deve andare ben oltre il confine dei reati contravvenzionali e coinvolgere anche i delitti – penso ad alcuni delitti contro il patrimonio – per i quali la riparazione realizza l'effetto che il responsabile della condotta penalmente rilevante paghi subito un debito che altrimenti vedremmo postergato dal meccanismo della sospensione condizionale della pena.
  Per i riti alternativi ci vuole un'operazione verità. L'obiettivo deflattivo collegato al patteggiamento allargato ad otto anni non corrisponde all'intento dichiarato anche nel PNRR, se si mantiene la lista così ricca di reati ostativi, con il concreto pericolo di ripetere la non funzionalità del primo allargamento, vale a dire del patteggiamento a cinque anni, correndo anche rischi molto seri sotto il profilo costituzionale, dal momento che una pena a otto anni, che potenzialmente è una pena di dodici anni, non presupporrebbe una valutazione del giudice sull'esistenza di una Pag. 39responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Affideremmo alla pattuizione delle parti una pena molto severa in mancanza di un accertamento di questo tipo.
  Per il giudizio abbreviato, va bene la riformulazione del criterio valutativo del giudice. Tuttavia che senso ha consentire il giudizio abbreviato in tutti i reati tranne per quelli per i quali più si applica, cioè quelli puniti con la pena dell'ergastolo? È un testo legislativo del primo Governo Conte che ho profondamente avversato.
  Ministra, lei ha fatto riferimento a criteri selettivi nella fase di appello. Dicevo prima che l'appello è la fase più costosa del nostro processo penale in termini di tempo. L'intervento deve essere significativo, ma bisogna fare attenzione che i criteri selettivi non siano elementi di costipazione del diritto alla difesa, come di fatto si sta verificando con il meccanismo dell'inammissibilità massivamente utilizzato in Cassazione che ha prodotto enormi effetti deflattivi, ma che non sempre ha garantito il diritto di difesa soprattutto di chi è meno capace di organizzare la propria difesa nei vari gradi di giudizio per mancanza di mezzi o per mancanza di cultura giuridica. Quindi, attenzione all'equilibrio, perché il processo penale tende per la giurisdizione a diventare di fatto monocratico – ora si prova a farlo di diritto, ma non condivido questa scelta – e cartolare, mentre il principio di oralità è intimamente connesso a quello di immediatezza.
  Sulla prescrizione pende una mia proposta di legge sull'introduzione della prescrizione processuale a fianco di quella sostanziale. Eppure, avendo una cultura politica riformista, durante il secondo Governo Conte ho dato un contributo rilevante per la organizzazione della norma che adesso è nel disegno di legge, immaginando in quella maniera di attutire l'impatto di sistema della sospensione con la sentenza di primo grado, discernendo tra quella di condanna e quella di assoluzione. Su quella norma si può ancora lavorare, prevedendo per il secondo grado di giudizio, quello più problematico, l'inserimento della cosiddetta regola Gratteri, per citare il presidente della Commissione che l'ha codificata, mutuata dall'ordinamento tedesco, vale a dire una riduzione della pena per il tempo speso in più o, nel caso dell'assoluzione, addirittura il meccanismo estintivo dopo un certo tempo. È una mia idea. E mi piace che lei voglia un confronto delle idee. Bisogna fare attenzione però a svolgerlo – lo dico ai colleghi della Commissione – con la consapevolezza che il garantismo riguardi un sistema di valori e di regole e non una sola regola. La prescrizione è una parte del tutto, e bisogna fare attenzione che non diventi il tutto di una parte perché questo sfalserebbe e falserebbe la discussione che, invece, adesso deve essere centrata su obiettivi comuni.
  Sulla giustizia tributaria – lo dissi anche al Presidente Conte in una riunione del tavolo giustizia – credo che una valutazione possa essere fatta circa la creazione di una giurisdizione speciale sullo schema della giustizia amministrativa, sottraendo quindi alla giurisdizione ordinaria una materia che è di fondamentale rilevanza economica e sociale, se è vero che l'emersione del nero, l'evasione fiscale, è uno dei problemi principali del nostro sistema economico.
  Infine, Ministra, per quanto riguarda le carceri ho molto apprezzato il riferimento alla commissione architettura, in cui, come lei stessa ricordava nel precedente incontro, ha espresso la considerazione che gli spazi non siano solo dei luoghi fisici ma anche dei luoghi esistenziali, dove trascorrere una parte della vita che è conseguenza di scelte sbagliate, rispetto alle quali il detenuto recuperi la sua dignità e immagini un percorso di recupero. Questo non potrà avvenire se non, come abbiamo detto, con un investimento strutturale nelle carceri italiani che sono vetuste e all'interno delle quali, per chi ha avuto la pena di visitarle – a me è capitato spesso sotto diverse vesti –, non vi è alcuno spazio per lo svolgimento dignitoso dei momenti ordinari della giornata, cioè dei momenti che scandiscono la giornata di ognuno di noi, recuperando la possibilità che la pena sia espiata all'esterno delle carceri con percorsi adeguati.
  La mia idea è che la Ministra della giustizia deve immaginare un rapporto con Pag. 40quello che si chiama «terzo settore», che in Italia è un'infrastruttura molto sviluppata in alcune regioni e meno in altre, per la quale c'è stato uno sforzo legislativo di messa a sistema che va recuperato. Il terzo settore complessivamente inteso può essere il miglior partner per lo svolgimento di un'esecuzione penale coerente con i precetti costituzionali.
  Ministra, io mi fermo. Lei ha citato De Gasperi con una bella frase che riguarda il far prevalere quello che più ci unisce. Vorrei richiamarmi ad un po' di realismo, citando un grande socialista, Pietro Nenni – vengo da questa tradizione politica – il quale, ricordando la nobiltà dell'arte della mediazione politica, amava dire che la politica è la capacità di ridurre le aree del dissenso, di ridurre le aree dell'inconciliabilità. Questo è il compito che credo ella dovrà svolgere.

  PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi dei colleghi. Mi sembra che il dibattito sia stato sufficientemente ampio e che la Presidenza abbia dato modo a tutti di esprimersi compiutamente. Sospendo l'audizione per dieci minuti prima della replica della Ministra. Grazie.

  La seduta, sospesa alle 18.15, riprende alle 18.35.

  PRESIDENTE. Bene, colleghi. La seduta è ripresa. Do la parola alla Ministra Cartabia per replicare alle osservazioni emerse nel dibattito poc'anzi terminato. Prego, Ministra.

  MARTA CARTABIA, Ministro della Giustizia. Grazie, presidente. Innanzitutto rivolgo un ringraziamento veramente sentito per questo dibattito che ho trovato davvero estremamente ricco di spunti di riflessione, di suggerimenti, di orientamenti sui temi da me trattati, nonché di indicazioni di possibili tematiche che non erano nel perimetro delle linee programmatiche, ma che vanno tenute in considerazione. La ricchezza e l'ampiezza dei temi che sono stati oggetto di osservazioni, di domande, di critiche, di varie opinioni, chiose o postille – tutto quello che si può fare quando qualcuno espone un punto di vista – mi suggerisce di procedere così, anche perché è già più di tre ore che siamo a discutere ed evidentemente non sarebbe possibile rispondere punto per punto a ciascuna delle osservazioni che avete svolto.
  Delle tante osservazioni che mi avete fatto, io ho preso nota. Le pagine che vi ho esposto erano venti, e più di venti sono quelle che mi porto via con annotazioni e indicazioni che verranno recepite nel lavoro che ci aspetta.
  Risponderei, invece, ad alcune domande per le quali posso offrirvi chiarimenti concreti su iniziative già assunte come, per esempio, sull'esame da avvocato, sull'edilizia o su alcuni punti del PNRR, riservandomi di mandare documentazioni più precise, qualora doveste ritenere necessario avere dati numerici o elementi più concreti che avvalorino le risposte che ora vi do. Per cui, selezionerei alcuni punti su cui tra l'altro c'è stata una certa convergenza di richieste di chiarimento.
  Il primo punto che mi preme riprendere è quello degli esami da avvocato. Quando il 14 febbraio sono stata accolta per il passaggio di consegne da Alfonso Bonafede in via Arenula, ho avuto un pomeriggio ricchissimo ma anche molto disorientante, perché ho visto una serie di urgenze che richiedevano un'azione immediata, tra cui quella dell'esame da avvocato fissata per il 13, il 14 e il 15 aprile. Ben presto è stato chiaro – le vicende di questi giorni lo comprovano – che gli scritti non erano celebrabili, perché sono 26 mila persone che, per quanto diffuse sul territorio, per tre giorni dovrebbero stare chiuse in una stanza un numero di ore eccessivo per svolgere le prove scritte. Ci siamo immediatamente consultati con il Consiglio nazionale forense, con la Commissione già insediata per l'esame di avvocato, con gli ordini professionali e con le varie componenti dell'avvocatura per capire il da farsi. A partire da me, perché ciò pesca anche in una mia precedente veste di docente – soprattutto nell'ultimo anno mi sono dedicata molto alla riflessione sulle modalità didattiche e di valutazione –, tutti volevamo Pag. 41 escludere forme di valutazione degli aspiranti avvocati che fossero al ribasso. Volevamo semplificare le procedure e adattarle al contesto, ma nessuno voleva che questo potesse significare uno stemperamento della prova d'esame. Perciò si sono escluse dall'inizio alcune forme che trovo anche irrispettose verso gli avvocati, ovvero i quiz a scelta multipla, perché sono facili da fare e per certi aspetti anche molto oggettivi, ma secondo me umilianti per un aspirante avvocato.
  Insieme all'ordine professionale ci siamo chiesti quale fosse l'obiettivo che volevamo raggiungere, ed è stato chiaro a tutti: testare la capacità di un avvocato significa testarne le capacità di argomentazione giuridica. Questo è il punto fondamentale, non è la nozione in sé, ed è proprio lo scopo delle prime prove – quelle che tradizionalmente si fanno – con i tre scritti che dovrebbero far emergere la capacità pratica di scrittura di un atto o di un parere e che nella modalità tradizionale riguardano tre materie obbligatorie per tutti.
  La forma di questo primo orale selettivo vuole mantenere lo stesso tipo di valutazione, cioè capire come l'aspirante avvocato sia in grado di orientarsi di fronte a un caso pratico, valorizzando la pratica davvero svolta – tant'è che l'aspirante sceglie una delle tre materie che presumibilmente sarà quella nel cui ambito ha svolto la pratica per i due anni richiesti – e dargli il tempo, utilizzando tutti gli strumenti, i codici commentati e quello che si usa normalmente per svolgere le prove, di trasporre in forma orale quello che avrebbe scritto in uno dei tre scritti come l'inquadramento giuridico del problema, le indicazioni di possibili soluzioni e magari di alternative, il riferimento alla giurisprudenza recente rilevante, analogamente a quanto fa un avvocato che non si trova chiuso in una stanza senza aiuti, ma opera con gli strumenti giuridici a disposizione. Ovviamente questo avviene in forma orale, perché non era possibile immaginare nessun'altra modalità scritta che fosse rispondente alle richieste delle norme vigenti che, vi ricordo, prevedono che gli esami si possono fare attualmente con non più di trenta persone per volta – e con quei numeri sarebbe stato semplicemente impossibile –, in una forma orale che, però, mantenga il più possibile la somiglianza con il tipo di valutazione che si andava a fare con lo scritto. Quindi, la prima parte è selettiva, come del resto è sempre stato negli esami da avvocato, perché la grande selezione si faceva con gli scritti. L'orale è rimasto il più possibile simile a quello precedente, con una variazione che è stata notata: c'è un vincolo in più nella valutazione delle prove, con riguardo alle materie del diritto civile e del diritto penale. Se è vero infatti che l'avvocato poi tenderà a specializzarsi, è altresì vero che si richiede una verifica delle conoscenze un po' più ampia: l'orale si porta già su diverse materie – c'è l'amministrativo, l'europeo, ci sono le varie materie a scelta, oltre che una procedura – allo scopo di valutare un po' di più la completezza della preparazione. Sono state alleggerite le materie della prima parte ed è stata parzialmente irrobustita la seconda.
  L'altra domanda che frequentemente mi viene fatta è: come si fa a fare tutti questi orali? Anche noi ci siamo posti questa domanda. Il grosso sforzo, che devo dire il Ministero ha fatto con fantasia, energia e tempestività, è stato quello di ricalibrare le commissioni che normalmente erano novantasette. Abbiamo ridotto il numero dei componenti delle commissioni e utilizzato i fondi liberati dagli affitti di tutti gli ambienti per gli scritti per moltiplicare il numero delle commissioni che sono portate a duecentocinquanta. E chi ha esperienza di esame da avvocato sa che nelle commissioni nominali ci sono alcuni componenti che sono supplenti e che normalmente lavorano. La nostra idea è che siano al lavoro commissioni da tre, non più da cinque componenti, e che, moltiplicando nelle sottocommissioni, vi siano cinquecento sottocommissioni che lavorino contemporaneamente. Se fate i calcoli, con quei numeri a noi risulta che ciascuna sottocommissione debba esaminare nel primo orale una media di cinquantadue candidati. È fattibile. Se si esaminano sei candidati alla settimana in neanche dieci settimane si può fare. Moltiplicando le commissioni abbiamo Pag. 42 dovuto immaginare anche di avere più personale a disposizione. Con il Ministro Guerini abbiamo chiesto la disponibilità anche ai magistrati militari che sono circa sessanta persone che non sono in sovraccarico di lavori e con il Ministro della pubblica istruzione abbiamo chiesto la disponibilità ai ricercatori di tipo B. Queste commissioni saranno formate da due avvocati e uno tra magistrati e universitari in modo tale da avere sempre una varietà di componenti, alleggerendo però la struttura. Nella prima fase il candidato è abbinato a una commissione esterna che, esattamente come avveniva nella correzione degli scritti, non è quella della sede dove ha svolto la pratica, mentre il secondo orale si farà come tradizionalmente avveniva nella Corte d'appello dove si è svolta la pratica.
  Dunque, abbiamo messo in cantiere questa procedura che sicuramente sarà da sperimentare. Non posso giurare che non ci saranno disfunzioni. Abbiamo provato a immaginare tutte le criticità possibili, cercando di prevenirle.
  Qualcuno mi chiedeva se è una procedura soltanto per l'emergenza o a regime. Questa procedura è stata pensata soltanto per le emergenze – lo si dice chiaramente – anche perché davvero è una innovazione tale che, a mio parere, deve essere testata. Ci sembrava più utile dare una chance a questi 26 mila ragazzi di provare a misurarsi con la prova. Se ci saranno cose da correggere, le correggeremo senza alcuna difficoltà, ma l'obiettivo era di non far saltare la sessione e cercare di svolgere questi esami per poi riprendere il ritmo secondo l'andamento generale.
  Ho dimenticato qualcosa su questo punto dell'esame di avvocato? Spero di aver esaurito le vostre richieste.

  COSIMO MARIA FERRI. Scusi, la data?

  MARTA CARTABIA, Ministro della Giustizia. Io adesso farò questo decreto ministeriale. Ovviamente non siamo più vincolati alla data del 13, del 14 e del 15 aprile, ma l'idea è di partire al più presto, anche se potrà esserci uno slittamento forse di qualche settimana. Io sono al lavoro sul decreto ministeriale. Quanto ai tempi che posso immaginare, il mio obiettivo – questo dipenderà anche dal lavoro delle commissioni – è cercare di riprodurre ciò che accadeva con la correzione degli scritti, dei quali i ragazzi conoscevano l'esito a luglio successivo. Normalmente la cadenza temporale era questa: a dicembre si svolgevano le prove scritte e poi intervenivano lunghi mesi di correzione. Non era una procedura tanto agile. Gli esiti delle correzioni degli scritti arrivavano a luglio e le prove orali iniziavano grosso modo a settembre per concludersi prima dell'esame successivo auspicabilmente, perché alcune commissioni non riuscivano nell'intento. Vorrei provare a recuperare questo terreno cercando di arrivare a quella fine di luglio più o meno con i primi orali fatti in modo tale da dare meno disagio possibile ai ragazzi. Penso che sia realistico se le nostre previsioni sono state calcolate con tutte le possibili variabili. In questo caso, anche l'aiuto degli strumenti telematici è importante. I ragazzi andranno nelle aule dei tribunali o comunque nelle sale dove possono essere controllati, mentre le commissioni sono da remoto e potranno dunque svolgere questi esami anche senza dispendio di tempi, di spostamenti eccetera. Questo è tutto quello che siamo riusciti a offrire ai giovani, la cui prospettiva professionale mi sta molto a cuore, perché so bene cosa vuol dire avere davanti l'incertezza davanti. Credo che sia giusto dare loro questa possibilità.
  Poi ci sono una serie di richieste che mi avete posto e che hanno a che fare con il Recovery Plan, per esempio l'edilizia, il personale e la digitalizzazione.
  Sostanzialmente, del programma del Recovery che avete visto approvato il 12 gennaio è rimasta la base da cui siamo ripartiti. A fronte della grossa componente dedicata al personale – mi sembra che fossero 2,3 miliardi di euro che poi si vanno ad aggiungere ai grandi sforzi fatti dal Ministro Bonafede proprio per lavorare sul fronte dell'arricchimento della dotazione di personale e di tutto il comparto giustizia – c'era una parte relativa all'edilizia giudiziaria che certamente rimane. Questa domanda Pag. 43 è stata fatta da più parti. La questione di Bari è una di quelle che hanno problemi a rientrare nel Recovery, ma non si tratta degli unici fondi che abbiamo a disposizione, anzi ora dovremo affrontare il capitolo doloroso di Bari. Le cittadelle giudiziarie sono rimaste così come erano state previste.
  C'era un progetto sulla digitalizzazione, ma anche qui si tratta di fondi che vanno a completare progetti e finanziamenti già esistenti. In quel caso non si capisce bene perché il progetto di completamento del processo telematico sia civile – che ha bisogno di completare alcuni segmenti – sia penale era stato previsto e rimaneva tra i progetti, ma mancava la linea di finanziamento.
  Qualcuno mi chiedeva dei rapporti con Colao e con tutto il Ministero della transizione tecnologica. Sì, siamo anche stati inclusi nel Comitato interministeriale proprio perché c'è un grosso lavoro da fare sotto questo profilo. Intendiamoci, la giustizia italiana è partita con grande anticipo e ha avuto risultati importanti prima di tanti altri Paesi europei quanto alla digitalizzazione del processo soprattutto civile. Da un lato si tratta di completare ciò che manca e dall'altro lato, come mi segnalava qualcuno anche nella sospensione della seduta, si tratta di dare maggiore coerenza al sistema, perché ci sono vari segmenti che tra l'altro non si parlano fra di loro, ci sono strumenti informatici diversificati, che già subiscono i segni dell'obsolescenza, ci sono le disfunzioni che qualcuno segnalava.
  Da questo punto di vista, le disfunzioni ci sono e le stiamo verificando. Abbiamo un colloquio ininterrotto con tutti gli avvocati che ravvisano difficoltà. Non escludo che ci siano problemi di sistema che vanno messi a punto, anzi questo è previsto anche tra le cose da fare con i progetti finanziati. Vorrei tuttavia segnalare che la pandemia ha messo enormemente sotto stress questi strumenti, perché in tutti i comparti abbiamo dovuto caricare con strumenti anche improvvisati le linee e le reti per poter andare avanti a svolgere l'attività ordinaria della giustizia, senza che il sistema fosse preparato a un impatto di questo genere. Inoltre, dobbiamo anche dire che gli stessi operatori, e io stessa come giudice costituzionale a suo tempo, ci siamo dovuti adattare. Per cui qualche disfunzione può dipendere anche dal fatto che dobbiamo di nuovo alfabetizzarci con strumenti con cui non avevamo familiarità. Dunque, io penso che l'indirizzo che è stato preso, sia prima del Recovery che con il Recovery, vale a dire quello di sviluppare questi strumenti, sia quello giusto: si tratta di completare disegni esistenti e rimuovere criticità importanti a partire dalle infrastrutture, perché bisogna che queste cose funzionino, sempre con l'avvertenza – questo mi preme sottolinearlo anche se non sono giudice ordinario, ma nove anni alla Corte costituzionale me lo hanno insegnato – che ci sono momenti del processo che appena possibile debbono essere ripristinati in presenza. Ci sono tante cose che si possono fare per via informatica, ma ci sono momenti del processo in cui lo scambio tra le persone deve avvenire in una condizione in cui nulla di tutto ciò che è lo scambio relazionale deve andare perduto.
  Dunque, sul personale mi chiedevano cosa si prevede nel Recovery Plan. Posso darvi un po' di numeri, ma posso anche forse rinviare a delle note scritte. Comunque, 16.500 sono gli addetti all'ufficio del processo, principalmente laureati in scienze giuridiche ed economiche. Sono ripartiti in questo modo: sino a 16 mila unità per gli uffici di primo e secondo grado, in missione due cicli da 8 mila ciascuno; sino a 500 unità per la Corte di cassazione; 1.660 unità di personale tecnico e amministrativo laureato; 750 unità di personale amministrativo e tecnico; 3 mila unità di personale amministrativo e tecnico diplomato non specializzato.
  Anche i dati sull'edilizia nel Recovery ammontano a circa 420 milioni di euro e i siti sono quelli che erano già previsti precedentemente. Ricordiamoci che tutto questo è un'aggiunta a quello che già era previsto.
  Un altro argomento riguarda il settore penitenziario. Anche il progetto dell'architettura penitenziaria dovrebbe rientrare, non c'è nulla di definitivo, perché siamo Pag. 44ancora in una fase in cui abbiamo avuto delle aperture da parte della cabina di regia per poter recuperare i progetti sull'architettura penitenziaria. Certo, l'architettura penitenziaria non è l'unico dei problemi su cui sto mettendo l'attenzione, ma questo è ciò che dovrebbe andare nel Recovery.
  Da più parti, specialmente dall'opposizione, mi veniva segnalato il problema del personale nelle carceri. Su questo, già il Ministro Bonafede era riuscito a far rientrare la Polizia penitenziaria tra quelle categorie di comparti della pubblica amministrazione, accanto alle altre forze dell'ordine, per i quali non c'era il blocco dei concorsi. Nell'ultimo decreto-legge siamo riusciti a estendere la possibilità di svolgere i concorsi già predisposti per tutta l'amministrazione penitenziaria, già c'era una serie di concorsi sia per le funzioni dirigenziali sia per altre categorie ed è stato anche esteso il numero dei posti destinati agli educatori che sono così importanti nel carcere. È un mondo a cui stiamo facendo molta attenzione con tutte queste risorse possibili, sia dal punto di vista della struttura sia dal punto di vista del personale.
  Rispondendo ad alcune sensibilità che sono state espresse – lo dico sempre e l'ho detto al DAP nella mia prima visita – bisogna pensare che il carcere è veramente un luogo di comunità, in cui non si può sbilanciare una delle componenti. Il carcere può funzionare per la sua funzione rieducativa, se tutte le componenti sono curate e se sono trattate in modo coeso. Per questo, a mio parere, è importante dare attenzione a chi svolge l'attività professionale lì dentro, venendo incontro alle esigenze che sono state manifestate dalle varie componenti della Polizia e dall'amministrazione, al terzo settore, che è stato evocato, e ovviamente a chi lì sta scontando la propria pena.
  Tra i tanti argomenti, dirò una parola velocissima sulla questione degli sfratti, che non ho rinviato perché volevo pensarci. La vera ragione per cui quell'emendamento – su cui era stato detto che c'era una grande condivisione e io stessa lo condivido nel merito e, infatti, l'ho fatto precisare – , a mio parere, aveva bisogno di un momento diverso dipendeva dal fatto che, essendo riferito a un decreto-legge che aveva già fissato il termine per il blocco degli sfratti in una certa data, il 30 giugno, inserirlo nella legge di conversione avrebbe inciso sull'affidamento, perché avrebbe immediatamente anticipato la fine del blocco a qualcuno che non si aspettava che questo accadesse. Secondo me, per la mia sensibilità, si richiede la certezza dei rapporti giuridici. Non cambiare in continuazione le regole era uno degli elementi da prendere in considerazione. Non è un tema accantonato, è un tema che va affrontato. E l'ho citato appositamente perché è una di quelle cose che, a mio parere, creerà disagi sociali importanti, perché non si potrà continuare con questi blocchi, ma bisognerà accompagnare la misura anche con una disciplina che permetta di evitare sbilanciamenti: ci sono le ragioni degli inquilini che vanno tutelate, soprattutto di chi si è trovato in una difficoltà legata al Covid-19 – perché quell'emendamento proponeva questa distinzione tra ciò che era accaduto prima e quello che era accaduto dopo – e ci sono anche le ragioni dei proprietari, che possono essere piccoli proprietari. Quindi, la vera ragione era quel punto.
  Per quanto riguarda il Sud, abbiamo un dialogo aperto con la Ministra Carfagna, e la sottosegretaria Nesci è in costante collegamento con noi proprio per cercare di farne un mainstreaming in tutti i capitoli del Recovery Fund, individuando quei punti che richiedono una particolare attenzione alle zone del sud, soprattutto su quei capitoli che avevamo già individuato.
  Ci sono tante cose che si possono dire. Vorrei affrontare l'ultimo aspetto, quello della violenza di genere, che è stato sottolineato e che secondo me è un capitolo serissimo. A me non finisce di colpire e di tormentare il fatto che siamo un Paese in cui il numero degli omicidi cala in continuazione, ma non quello delle donne. Secondo me questo è un punto drammatico che non si può non guardare. Credo che chi è intervenuto su questo punto abbia giustamente e meritoriamente sottolineato che dal punto di vista della normativa, della Pag. 45repressione e degli strumenti – con il codice rosso – è stata approntata una struttura importante. Tenete presente che il Ministero ha monitorato attentamente – non c'ero io e non è merito mio – tutti i dati sul funzionamento del codice rosso che sono pubblicati sul sito. Sono totalmente allineata, ispirata anche dalla Convenzione di Istanbul su questo punto, con gli interventi di coloro che sostengono che gli strumenti repressivi debbono essere accompagnati a fattori e strumenti di sensibilizzazione culturale e di formazione del personale. Questo tipo di reato infatti trova la sua risposta di giustizia nella prevenzione, non soltanto nella repressione del fatto commesso, perché quando il fatto è commesso è veramente troppo tardi. Da parte mia vi è tutto l'impegno, ma sono sicura che su questo fronte vi è l'impegno e l'attenzione anche della Ministra per le pari opportunità e di tanti altri nel Governo per proseguire a lavorare soprattutto in questa direzione.
  Sono certa che non ho risposto a tutte le vostre domande e che non ho replicato a tutte le osservazioni, ma ho fatto tesoro di tante segnalazioni che mi avete fatto sia come temi sia come correzioni di rotta.
  Mi è stato chiesto come pensiamo di proseguire questo lavoro con il Parlamento. Una settimana fa io ho fatto una riunione con i capigruppo di maggioranza, in cui ci siamo dati un arco temporale veramente brevissimo. E non avevo calcolato che c'è anche la pausa di Pasqua rispetto al 30 aprile che ci siamo dati come arco per lavorare.
  Oggi abbiamo insediato due delle commissioni, quella per il civile e quella per il penale, che inizieranno questa settimana i loro lavori. E chiederò loro di tenerci informati e di avere uno scambio circa la direzione in cui si va, o attraverso uno scambio di carte o magari, per esempio, potrebbero essere invitati occasionalmente, in qualche snodo particolare, i presidenti delle Commissioni Giustizia. Il tempo è così breve che non riesco a immaginare altro: il grande dibattito che voi avete già svolto e che qui oggi si è di nuovo riassunto in alcuni snodi importanti sarà presente in questo lavoro tecnico. Ho bisogno che queste piccole Commissioni possano cominciare a formulare delle proposte. Avete visto che ho aperto temi e squadernato un ventaglio di possibilità. Vi assicuro che non arriveremo con emendamenti fatti e confezionati da presentare, ma che cercheremo momenti di confronto strada facendo.
  Credo che i primi passi che abbiamo messo insieme possano dare testimonianza proprio della serietà con cui io reputo che debbano svolgersi le relazioni con il Parlamento.
  Mi fermerei qui. Ovviamente tutto il mio staff è a disposizione per risposte più puntuali a eventuali questioni che non ho preso in considerazione in questa fase, ma che credo meritino attenzione. Quindi, attendo le vostre richieste, se dovessero esserci ulteriori necessità di approfondimento.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra, professoressa Marta Cartabia, per le quattro ore che abbiamo trascorso assieme. Credo che la Commissione Giustizia della Camera collaborerà sicuramente a tutto tondo per realizzare in tutto o in parte i programmi che la Ministra ci ha illustrato. Vi ringrazio e vi auguro buona serata. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.05.