XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (V-XIV Camera e 5a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 2 marzo 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Melilli Fabio , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame della Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza (Doc. XXVII, n. 18) del Commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica)
Melilli Fabio , Presidente ... 3 
Gentiloni Paolo , Commissario europeo per l'economia ... 3 
Melilli Fabio , Presidente ... 8 
Berti Francesco (M5S)  ... 8 
Bossi Simone  ... 9 
Giammanco Gabriella  ... 9 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 10 
Del Barba Mauro (IV)  ... 11 
De Luca Piero (PD)  ... 11 
Bonino Emma  ... 12 
Fassina Stefano (LeU)  ... 12 
Ricciardi Sabrina  ... 13 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 13 
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 14 
Giglio Vigna Alessandro (LEGA)  ... 14 
Lucaselli Ylenja (FDI)  ... 14 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 15 
Comincini Eugenio  ... 16 
Comaroli Silvana Andreina (LEGA)  ... 16 
Russo Paolo (FI)  ... 17 
Candiani Stefano  ... 18 
Ferrero Roberta  ... 19 
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 19 
Stefano Dario , presidente della 14 ... 19 
Rivolta Erica  ... 20 
Pesco Daniele , presidente della 5 ... 20 
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 20 
Gentiloni Paolo , Commissario europeo per l'economia ... 20 
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Centro Democratico-Italiani in Europa: Misto-CD-IE;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABIO MELILLI

  La seduta comincia alle 12.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame della Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza (Doc. XXVII, n. 18) del Commissario europeo per l'economia Paolo Gentiloni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza, innanzi alle Commissioni riunite Bilancio e Politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato, del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, nell'ambito dell'esame della Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni, avverto che dopo l'intervento del Commissario sono previsti interventi fino a un massimo di quattro per ciascun gruppo per un tempo complessivo di circa dodici minuti per gruppo. Il tempo è ridotto a sei minuti per i gruppi rappresentati in un solo ramo del Parlamento.
  In tale quadro, invito quindi i rappresentanti di ciascun gruppo della Camera e del Senato, di intesa tra loro, a far pervenire al banco della presidenza, durante lo svolgimento della relazione, i nominativi dei deputati e dei senatori del proprio gruppo che intendano intervenire.
  Do ora la parola al Commissario Gentiloni.

  PAOLO GENTILONI, Commissario europeo per l'economia. Grazie, presidente. Ringrazio gli onorevoli senatori e deputati delle quattro Commissioni parlamentari per questa opportunità.
  Credo sia abbastanza evidente che, a differenza della crisi finanziaria di dieci anni fa, di fronte a quella attuale causata dalla pandemia abbiamo avuto una risposta europea forte e ispirata alla solidarietà. Ne ricordo – a voi che ben le conoscete – le fasi principali, giacché ritengo sia comunque utile ripercorrerne rapidamente il quadro. Le prime e assai rilevanti decisioni sono state assunte dalle istituzioni europee a metà marzo dell'anno scorso. Si è trattato, in particolare, delle due decisioni adottate dalla Commissione europea in merito alla sospensione delle procedure del Patto di stabilità e crescita, per quanto riguarda le politiche di bilancio, e alla sospensione delle regole degli aiuti di Stato con l'adozione di uno schema temporaneo per gli aiuti di Stato, per quanto riguarda questi ultimi. Contestualmente è stato adottato il programma straordinario di acquisti da parte della Banca centrale europea. Queste tre decisioni, assunte alla metà di marzo del 2020, hanno reso possibile una risposta economica tempestiva senza precedenti e – vorrei aggiungere – senza vincoli da parte dei diversi Stati membri.
  Vi è stato poi un secondo giro di decisioni, che sono state assunte nella settimana di Pasqua del 2020, comprendente un pacchetto di tre misure incentrate principalmente sui prestiti. La prima misura è quella costituita dalla linea di credito del Pag. 4MES, di cui moltissimo si è discusso in Italia, che mette a disposizione fino a 240 miliardi di euro e che, come sapete, non è stata fino ad oggi attivata dagli Stati membri. La seconda misura, molto importante soprattutto per le piccole e medie imprese, è rappresentata dal rafforzamento del capitale della Banca europea per gli investimenti, di cui immagino vi abbia già parlato il vicepresidente della Banca medesima, Dario Scannapieco, in una sua recente audizione. La terza misura – di cui vado particolarmente orgoglioso, perché di queste tre è la proposta avanzata, a nome della Commissione europea, dal Commissario per l'economia e dal Commissario per il lavoro e i diritti sociali – consiste nella proposta, denominato SURE, che ha sin qui avuto forse il maggior successo e che è diretta a sostegno degli strumenti, quali la cassa integrazione, adottati nei diversi Paesi europei. Cosa c'è di interessante in questa proposta, che prevede prestiti fino a un tetto di 100 miliardi di euro, ormai quasi integralmente distribuiti? Direi, in proposito, che due sono gli elementi interessanti. Il primo è dato dal fatto che detta misura è stata utilizzata da ben 18 Paesi membri. In un ambiente caratterizzato da tassi d'interesse molto bassi, come quello attuale, ciò significa che c'è comunque uno spazio per i prestiti anche in un ambiente di tassi di interesse molto bassi che non riguarda solo pochissimi Paesi con un debito altissimo, ma che riguarda ben 18 Paesi su 27. Come sapete, l'Italia è il Paese maggiormente beneficiario di questi prestiti, per un totale di 27,4 miliardi di euro, di cui 21 già erogati.
  L'altro elemento interessante risiede nel fatto che si è trattato di una sorta di esperimento di emissione di eurobond attraverso una categoria particolare di bond, i cosiddetti social bond, che hanno avuto grande successo nei mercati finanziari – questa è già una buona premessa per quello che si farà nei prossimi mesi con il Next Generation EU – e hanno fatto della Commissione europea il principale emettitore di social bond nei mercati mondiali.
  Un'ulteriore fondamentale misura, quella principalmente oggetto delle audizioni che state svolgendo, è il Next Generation EU. Sapete che l'iter è stato avviato con la proposta della Commissione alla fine di maggio 2020. L'accordo tra i Governi ha successivamente impegnato quattro o cinque mesi di lavoro ed è stato raggiunto solo a dicembre scorso e, al termine delle discussioni svolte con il Parlamento europeo, che pure sono state rapide e che, a mio avviso, hanno arricchito la proposta, l'intesa finale è stata siglata a metà del mese di febbraio 2021. Da metà febbraio, dunque, il Next Generation EU è in vigore fino all'ultimo comma dei suoi regolamenti attuativi e quindi è attivabile il percorso di presentazione dei Piani nazionali. Si tratta di 750 miliardi di euro, di un mix tra prestiti e trasferimenti diretti. Questi 750 miliardi di euro non sono distribuiti su base paritaria, cioè a seconda della popolazione, tra i diversi Paesi europei, ma tendono a favorire i Paesi più in difficoltà e, in modo particolare, i Paesi che presentano un più alto livello di debito e quindi tassi di interesse più elevati.
  Questi due fattori – da un lato, Paesi più in difficoltà alla luce di una serie di parametri individuati dalla Commissione, dall'altro, Paesi che traggono maggiori vantaggi dall'utilizzare i prestiti contratti da debito comune europeo – fanno sì che alcuni Paesi, tra cui l'Italia, siano particolarmente avvantaggiati da questo strumento comune e che naturalmente questo strumento comune abbia tra i suoi obiettivi anche quello di ridurre il rischio che questa crisi aumenti la divergenza tra i diversi Paesi dell'Unione europea, e in particolare tra i Paesi della zona euro, perché è chiaro a tutti voi che Paesi che fanno parte del mercato unico e che addirittura, quanto a 19 di loro, condividono la stessa moneta devono fare molta attenzione a evitare che le differenze aumentino in modo eccessivo.
  Oltre a un principio di solidarietà, a ispirare uno strumento come il Next Generation EU vi è anche la preoccupazione di gestire il rischio che questa crisi possa provocare un incremento delle predette differenze. Un rischio che, a essere onesti, non è affatto alle nostre spalle, perché da come la crisi impatta sui diversi Paesi è facile Pag. 5constatare che quello di una diversa velocità nella ripresa dalla crisi medesima costituisce un rischio attuale che dobbiamo affrontare.
  Il Next Generation EU è dunque uno strumento straordinario, perché contrae un debito comune attraverso l'emissione da parte della Commissione di titoli denominati in euro e lo fa per un obiettivo comune. Si tratta beninteso di una decisione straordinaria. Infatti, nelle regole è scritto molto chiaramente che si tratta di una decisione straordinaria per far fronte a una crisi straordinaria, ma credo sia altrettanto evidente, a chi ha seguito il percorso di costruzione del progetto europeo in questi decenni, che quando una misura di queste dimensioni, un'innovazione di questa portata viene introdotta, se funziona e ha successo può essere replicata, e credo ciò sia fondamentalmente vero anche per il Next Generation EU. Ripeto che si tratta di uno strumento straordinario, ad hoc, ma il suo successo può essere la premessa per utilizzarlo in modo diverso per altri obiettivi e credo che ci siano tutte le condizioni perché ciò sia possibile.
  Dentro il Next Generation EU, come sapete, si colloca questo strumento di ripresa e resilienza, vale a dire il Recovery and Resilience Facility o RRF, per utilizzare l'acronimo coniato a Bruxelles, che all'incirca rappresenta il 90 per cento del Next Generation EU ed ammonta a quasi 700 miliardi di euro sui 750 complessivamente programmati.
  In queste settimane quello di cui si sta discutendo – la discussione sarà molto intensa in quello corrente e nel prossimo mese di aprile – sono i Piani nazionali di utilizzo del RRF. Ciascun Paese membro presenta le proprie proposte per attingere alla quota prestabilita di trasferimenti, o di trasferimenti più prestiti, prevista da questa Facility, da questo strumento.
  Il dialogo con i Paesi membri è costante. Abbiamo ricevuto bozze da circa 20 dei 27 Paesi, ma non abbiamo ancora ricevuto Piani definitivi da nessuno dei 27 Paesi membri, anche perché fino a dieci giorni fa mancava l'ultimo sigillo sull'ultimo comma del regolamento e il lavoro in queste settimane è quindi molto intenso.
  Nella nostra struttura europea le attività fanno capo a un coordinamento composto dalla Presidente von der Leyen, dai tre Vicepresidenti esecutivi e dal sottoscritto. Il coordinamento svolto dalla Presidente e dai quattro Commissari analizza e valuta i diversi Piani per poi sottoporre alla Commissione, nella sua collegialità, la loro eventuale approvazione, perché il meccanismo funziona con la Commissione che, dopo avere esaminato i Piani, presenta al Consiglio dell'Unione europea una proposta di approvazione ed è poi il Consiglio europeo, e quindi i Governi, che deve decidere la prima approvazione di questi Piani, mentre le fasi successive saranno affidate alla Commissione.
  Con l'approvazione iniziale di questi Piani, sulla base delle nostre regole, è prevista l'erogazione del 13 per cento dell'ammontare complessivo delle risorse destinate a ciascun Paese – potete quindi farvi due conti su ciò che questo rappresenta per un Paese come l'Italia – e noi lavoriamo perché sia possibile erogare ai Piani approvati questo 13 per cento prima della pausa estiva. Dico «lavoriamo perché sia possibile» perché questa possibilità è collegata non tanto al fatto che la Commissione vada sui mercati a raccogliere i titoli di debito – penso infatti che la Commissione possa farlo e il caso di SURE ci dimostra quanto lo possa fare anche con una grande attesa nei mercati finanziari di titoli comuni denominati in euro – ma dipende dal completamento del percorso di ratifica, da parte dei Parlamenti nazionali, della decisione su cui giuridicamente si basa la possibilità per la Commissione di andare a contrarre questo debito comune sui mercati finanziari. Questa decisione, che il Parlamento italiano ha già ratificato – è uno dei sette Parlamenti nazionali che vi hanno finora adempiuto – deve essere adottata da tutti e 27 i Paesi membri entro il mese di maggio per consentire un tempo sufficiente alla Commissione per andare sui mercati ed erogare questo 13 per cento nei confronti dei Piani che a quel punto saranno già stati approvati. Pag. 6
  Questo è il meccanismo. So che bisogna lavorarci, ma sono abbastanza ottimista sul fatto che sia possibile arrivare a questa erogazione in favore dei Piani approvati prima della pausa estiva, a condizione che non si verifichino ostacoli imprevisti da parte di questo o quel Paese per ragioni che attualmente non siamo naturalmente in grado di preventivare. La Presidenza portoghese sta lavorando molto per accelerare questo processo e mi auguro che ciò funzioni.
  Da questo punto di vista il Piano italiano è molto importante, non perché l'Italia sia il Paese che in rapporto al proprio PIL avrà il maggior numero di risorse ma perché è il Paese, viste le dimensioni della nostra economia, che in termini assoluti riceverà il maggior numero di risorse, che sono tante. Se mettiamo insieme le risorse che sono destinate, tra prestiti e trasferimenti, a Italia e Spagna, cumuliamo quasi la metà dell'intera operazione europea, per dare giusto un ordine di grandezza, e in tale contesto l'Italia risulta beneficiaria, ovviamente, di maggiori risorse rispetto alla Spagna. Nell'ambito di queste risorse ci sono 70 miliardi di euro in trasferimenti, che equivalgono a circa il 4 per cento del nostro PIL del 2019, perché purtroppo, se riferiti al PIL dell'anno terribile del 2020, costituirebbero anche più del 4 per cento soltanto in trasferimenti e sussidi, senza cioè considerare i prestiti.
  Credo che la bozza trasmessa al Parlamento dal precedente Governo italiano rappresenti una base di lavoro importante e coerente rispetto ad alcune soglie di priorità che la Commissione e il Consiglio hanno stabilito per questo Piano. Come sapete, ci sono delle soglie del 37 per cento per la transizione ecologica e del 20 per cento per l'innovazione digitale e la bozza di Piano trasmessa dall'Italia risulta coerente con questi obiettivi. A mio avviso, sono obiettivi molto importanti per il nostro Paese, perché l'Italia in alcuni settori, come ad esempio la manifattura, è assai avanzata sul piano dell'innovazione digitale e della robotica, ma presenta tuttavia sacche di arretratezza dal punto di vista digitale sia nella pubblica amministrazione sia in generale nelle connessioni tra i territori, mentre per quanto riguarda la transizione ecologica ha molte opportunità per diventare un Paese all'avanguardia a livello europeo nel campo delle energie rinnovabili, dell'economia circolare e del ciclo dei rifiuti. Credo che abbiamo ancora molte cose da migliorare, ma possiamo certamente vantare un'esperienza importante.
  Il Governo italiano in carica sta lavorando – e i servizi della Commissione collaborano a questo lavoro – per rafforzare la bozza che era stata presentata. Questo lavoro si concentra soprattutto in tre aree. La prima attiene alla qualità e alla selezione degli investimenti, anche perché è arrivata in extremis una nuova raccomandazione dalla Commissione europea, anche su sollecitazione del Parlamento europeo, che riguarda le modalità tramite cui discernere gli investimenti secondo il principio di non arrecare danni troppo significativi agli obiettivi della transizione ambientale e digitale, tradotto nella locuzione inglese «do no significant harm». Questa raccomandazione è uno degli elementi di riflessione su cui si sta svolgendo in questo momento tutta la discussione relativa agli investimenti. Questa è una prima pista di lavoro: la qualità e la selezione degli investimenti.
  La seconda pista di lavoro consiste nelle riforme, che sono nelle regole approvate dai Governi europei, collegate alle raccomandazioni della Commissione del 2019. Nell'ambito dei Piani dei diversi Paesi è pertanto richiesto di affrontare le riforme contenute in queste raccomandazioni del 2019. Per l'Italia si tratta di questioni che sono state all'attenzione dei Governi e sono all'attenzione del Parlamento da molti anni e su cui è difficile non concordare, ma naturalmente non è facile agire né intervenire, perché stiamo parlando della lotta all'evasione fiscale, delle regole della concorrenza, dei tempi della giustizia civile, della qualità della pubblica amministrazione, del sistema sanitario e delle politiche attive del lavoro. Mi fermo qui, ma ci sarebbero naturalmente altri elementi.
  Il terzo aspetto su cui lavorare per rafforzare la bozza proposta dall'Italia riguarda gli obiettivi e i tempi di attuazione Pag. 7di questo Piano. Ci tengo molto a sottolineare tale aspetto, perché è chiaro che questa è una sfida, in modo particolare per il nostro Paese. Noi viviamo una sorta di paradosso: i due Paesi che – non in relazione al PIL, ma in assoluto – ricevono i benefici maggiori dal Next Generation EU sono allo stesso tempo i due Paesi che storicamente hanno mostrato più difficoltà nell'assorbimento dei fondi europei, ovvero la Spagna, che registra più difficoltà dell'Italia, e l'Italia stessa. Questa è una sfida particolare, perché l'erogazione di queste risorse non risponde agli stessi criteri di erogazione dei normali fondi europei che, come sapete, sono erogati con il meccanismo del cofinanziamento – ferme naturalmente restando talune differenze – e poi rimangono lì. Se un Paese è virtuoso, li spende fino all'ultimo centesimo, se non è virtuoso, non li spende. In questo caso, invece, i fondi per sostenere il Piano di ripresa e resilienza sono erogati per il 13 per cento all'atto dell'approvazione del Piano, ma il restante 87 per cento avviene attraverso erogazioni periodiche, probabilmente semestrali, che saranno decise dalla Commissione in base al raggiungimento degli obiettivi nei tempi indicati nei Piani. C'è uno sforzo da parte della Commissione per sottrarre queste erogazioni successive a un eccesso di discrezionalità politica e di condizionarle piuttosto al raggiungimento degli obiettivi nel rispetto dei tempi previsti. Non è la Commissione, bensì sono i Piani dei diversi Paesi a stabilire gli obiettivi e i tempi, ma certamente per un Paese come l'Italia – chi ha avuto responsabilità di Governo, lo sa perfettamente – rispettare i tempi rappresenta certamente una grande sfida, il che comporta una riflessione – ma sarà una riflessione del Governo – su come assicurare questo tipo di risultato e penso che il Parlamento contribuirà alla riflessione su questi tre punti, vale a dire gli investimenti, le riforme e l'attuazione.
  In conclusione, è chiaro che il successo del Next Generation EU e la qualità dei Piani nazionali saranno fondamentali per garantire qualità e velocità alla ripresa economica nell'Unione europea.
  Come sapete, noi abbiamo avuto una crescita negativa del 6,5 per cento nel 2020, con una contrazione dunque un po' meno grave di quanto inizialmente previsto. Questa riduzione media del 6,5 per cento va dal meno 5 per cento della Germania al meno 11 per cento della Spagna, per stare alle economie maggiori, e quindi si registra una divergenza tra i diversi Paesi. Tuttavia, prevediamo una crescita del 3,8 per cento sia nel 2021 che nel 2022.
  Siamo convinti che questa sia la fase in cui è ancora necessario sostenere le nostre economie con politiche di sostegno e con politiche espansive e che ciò valga anche nei confronti dei Paesi ad alto debito, anche se ovviamente questi ultimi devono prestare particolare attenzione onde evitare che tra le misure di sostegno rientrino anche quelle misure che creano ulteriore debito strutturale o – per utilizzare un'espressione impiegata da Mario Draghi prima di diventare Presidente del Consiglio – che creano debito «cattivo».
  È chiaro che continuare a sostenere l'economia e scommettere su questa ripresa dipende in primo luogo dalla nostra capacità di vincere la pandemia, dalla quale non siamo ancora fuori, come sapete perfettamente. Per fornire un dato europeo, sappiamo che in generale i contagi sono in calo, se prendiamo la media generale dei 27 Paesi membri, ma sono in crescita in undici di essi, seppur non con riferimento ai tassi di letalità.
  C'è ancora molto da fare non solo per difendere la salute, che ovviamente è il primo obiettivo, ma anche per restituire fiducia all'economia e molto di quello che bisogna fare dipende dalla capacità di accelerare, superando anche i ritardi da parte nostra, ossia a livello delle istituzioni europee, e approntando tutte le capacità organizzative da parte dei Governi nazionali per cercare di procedere il più rapidamente possibile con la campagna di vaccinazione.
  Alla fine di febbraio 2021, ossia fino a domenica scorsa, avevamo distribuito nell'Unione europea 52 milioni di dosi dei tre vaccini autorizzati, e di queste ne avevamo somministrato 30 milioni. Questa è la situazione. Pag. 8 È chiaro che nei prossimi mesi e nelle prossime settimane bisognerà arrivare a cifre molto più alte sia nella distribuzione che nella somministrazione nei diversi Paesi. È una sfida certamente terribile. Purtroppo, nel prossimo periodo ci avvicineremo in Italia a soglie di mortalità che non avremmo mai immaginato un anno fa, quando è scoppiata la pandemia, vale a dire alla soglia delle 100.000 vittime. Oltre a essere una sfida terribile, è però anche un'occasione straordinaria e credo che dal punto di vista del Parlamento sia importante predisporsi, da un lato, a curare le terribili ferite sociali nelle nostre comunità e, dall'altro, a sostenere con forza e con entusiasmo le occasioni da cogliere nella ripresa, perché nella seconda metà di quest'anno noi potremmo avere, quale conseguenza della domanda a lungo compressa, un ritmo di crescita a livelli mai registrati nell'ultimo periodo o almeno negli ultimi vent'anni, se non altro in Italia, ma anche perché questa crescita può migliorare le nostre economie.
  Il contesto del finanziamento europeo, in questo caso, non rappresenta una riduzione di autonomia dei singoli Paesi, piuttosto è un quadro che obbliga tutti quanti a uscire dalla crisi con un'economia più verde, più innovativa, più giusta e dunque capace di affrontare le difficoltà sanitarie e sociali che ci si presenteranno in futuro. Abbiamo di fronte a noi una sfida terribile, ma anche una straordinaria opportunità da cogliere nei prossimi mesi.
  Vi ringrazio e sono pronto a rispondere alle vostre osservazioni e domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la sua relazione. Do quindi ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO BERTI(intervento da remoto). Ringrazio il Commissario Gentiloni per l'intervento molto ampio e completo. Volevo porre alcune domande su tre macro-temi. Il primo riguarda le risorse proprie, perché la vera innovazione del Recovery Fund non è soltanto la parte dei trasferimenti, ma anche la parte del finanziamento.
  Con la decisione sulle risorse proprie del 14 dicembre 2020 si va ad ampliare la disponibilità fiscale dell'Unione europea, però manca un pilastro fondamentale che è quello della digital tax, che permette un minimo di giustizia fiscale globale e permette alle società multinazionali, specialmente digitali, di farsi un po' carico della spesa pubblica europea, che ha anche carattere redistributivo. C'è un protocollo firmato da 135 Paesi dell'OCSE che permette di fare dei passi in avanti. Da indiscrezioni della stampa internazionale sembra che l'amministrazione Biden, a differenza di quella Trump, abbia tolto il veto degli Stati Uniti a questa tassa. Si tratta di un veto molto importante, perché la maggior parte di queste società sono statunitensi. Nella decisione del 14 dicembre sulle risorse proprie non troviamo però il riferimento a questa tassa, ma soltanto alla plastic tax. Volevo dunque capire a livello europeo come si sta affrontando il tema della digital tax, dato che un finanziamento del Recovery Fund, basato esclusivamente sul reddito nazionale lordo, non sarebbe naturalmente sufficiente. Per esempio, nel rendiconto delle risorse proprie relativo all'ultimo anno su 157 miliardi di euro 121 provenivano da finanziamenti nazionali. Di fatto ciò si tradurrebbe in una mera redistribuzione interna, ma non si creerebbe alcun nuovo spazio fiscale per l'Unione europea.
  Sul tema dell'assorbimento dei fondi, uno degli ultimi atti della Ministra Dadone è stato quello di assumere 3.600 persone e unità amministrative per il Sud, dove arrivano più fondi europei e dove i fondi vengono spesi peggio. Volevo capire se quindi l'Unione europea in qualche modo fornirà alcune raccomandazioni agli Stati membri che da questo punto di vista presentano maggiori difficoltà, come l'Italia e la Spagna, su come spendere le risorse ricevute.
  L'ultima domanda non riguarda proprio il tema di oggi, ma attiene tuttavia ad una questione importantissima, quella relativo al Patto di stabilità e crescita. Volevo sapere se poteva dirci qualcosa al riguardo, Pag. 9perché non nascondiamoci che il vero intervento europeo non è stato soltanto creare questo nuovo strumento per la ripresa e la resilienza, ma anche sospendere tutta una serie di regole che nei fatti avevano impedito l'intervento pubblico statale, che in questi periodi di collasso economico è invece necessario.

  SIMONE BOSSI. Ringrazio il Commissario. Il fatto che oggi io sia in maggioranza di Governo non ha chiarito i dubbi che più volte ho espresso ai precedenti Ministri, a lei in altre audizioni e a codeste Commissioni. Sono dubbi che per l'ennesima volta oggi trovano una conferma e che, giorno dopo giorno, prendono sempre più forma, rafforzati dalla variabile tempo: più passa il tempo e meno si può discutere. Ricordo a me stesso, come anche a voi, che mancano meno di trenta giorni per chiudere questo lavoro che, se fatto bene, in un mondo normale, dove vige la trasparenza e che vede nel bene comune l'unico obiettivo, richiederebbe come minimo un anno.
  Parliamo di programmare una spesa di 209 miliardi di euro. Siamo in maggioranza di Governo, ma tuttavia non smettiamo di farci domande. Non voglio essere polemico, ma costruttivo.
  Non abbiamo visto un progetto che sia uno, non sappiamo quali saranno, se ci saranno, i benefici, non abbiamo visto quelli che, invece, siamo certi che ci saranno e quali siano le ricadute, ma tuttavia conosciamo molto bene quali siano le condizionalità. Non credo che questo sia un caso, però è la realtà dei fatti.
  Non credo che questa volta sia colpa dell'Europa, ma credo che la responsabilità sia tutta italiana e ogni volta che facciamo un'audizione – questa mattina ne abbiamo fatte tante, così come ne abbiamo fatte tante ieri – mi chiedo di cosa stiamo parlando. Forse alla fine delle audizioni scopriremo che c'è un angelo più o meno maschio dell'altro, ma sicuramente non avremo visto e non parleremo di progetti contenuti in questo Recovery Plan.
  Commissario Gentiloni, le dicevo che il tempo è la parola chiave. Entro la fine del mese noi dovremo votare una risoluzione che conterrà un chiaro mandato al Governo di portare in Europa questo Recovery Plan fatto di progetti che, a meno di trenta giorni, non ci sono e, se ci sono, nessuno in questa aula li ha mai visti negli ultimi sei mesi a questa parte.
  Mi risulta che il Recovery Plan elaborato dal precedente Ministro dell'economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, sia stato fortemente messo in discussione dall'Europa e credo che ciò risulti anche a lei. Questo è stato il primo fallimento italiano. Oggi aspettiamo la nuova cabina di regia Draghi-Amendola con la speranza di un coinvolgimento serio e rispettoso di questo Parlamento. Me lo auguro veramente di tutto cuore.
  Arrivo alle domande che le volevo fare. Mi chiedo se lei, che è in Europa e che ha potuto vedere questi progetti, sa se esistono, se possiamo vederli, se possono essere dati anche a noi e se sa come verranno spesi questi soldi che caratterizzeranno la vita delle prossime tre generazioni di cittadini italiani. Sinceramente non riesco a stare tranquillo, così come non riesco a capire perché in altri Paesi d'Europa si sta lavorando secondo lo schema illustrazione, valutazione, ricadute, costi e benefìci, mentre in Italia stiamo lavorando secondo il seguente schema: Recovery preparato dai burocrati, audizioni per far vedere il coinvolgimento degli interessati e poi speriamo che l'Europa non ce lo bocci ancora. Ad essere corretti e chiari, questo è il sistema che stiamo adottando in Italia. Mi auguro un rapido cambio di marcia e mi auguro, altresì, che il Parlamento possa vedere presto questi benedetti progetti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIORGIO LOVECCHIO

  GABRIELLA GIAMMANCO(intervento da remoto). Volevo chiedere al Commissario Gentiloni che cosa ne pensa della decontribuzione del 30 per cento al Sud attivata dal precedente Governo. È chiaro che questa decontribuzione potrà avere i suoi frutti solo in un percorso pluriennale Pag. 10e potrà quindi dispiegare pienamente i suoi effetti sulla crescita e sullo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno solamente se avrà un minimo di stabilità e se presenterà carattere strutturale anche per i prossimi anni. Chiedo dunque al Commissario Gentiloni se ci sono prospettive concrete per un'estensione di questa decontribuzione destinata alle regioni del Sud anche negli anni successivi e se si può lavorare a questo.
  Per quanto riguarda invece il nuovo corso dell'Unione europea, sicuramente l'emissione di bond comuni tramite i progetti SURE e il Recovery Fund è qualcosa che Forza Italia auspicava e chiedeva già da tempo. Abbiamo sicuramente contezza del fatto che la storia dell'Unione europea probabilmente in questi mesi ha cambiato il suo corso, e di questo ce ne rallegriamo.
  Vorremmo però capire se, date queste conquiste, vi sia la possibilità di stabilizzare anch'esse, se cioè saranno rese permanenti attraverso una riforma del Patto di stabilità e crescita che sicuramente darebbe un contributo decisivo e ulteriore alla crescita e allo sviluppo non solo dell'Italia, ma di tutti i Paesi membri.

  PAOLO TRANCASSINI. Ringrazio il Commissario Gentiloni per questa occasione. Concordo principalmente sul passaggio iniziale, nel quale ha individuato nella tempestività l'arma forse più importante che abbiamo rispetto a questa pandemia, anche se poi, in verità, non l'ho ritrovata coniugata all'interno del suo discorso.
  Innanzitutto, visto che lei ha sfumato il passaggio sul MES, volevo sapere se ci sono state delle interlocuzioni su questo punto o se le risulta che ci sia la volontà da parte del Governo Draghi di comportarsi in maniera diversa o sempre in linea rispetto al Governo Conte.
  Qualche giorno fa abbiamo avuto un'iniziativa del Parlamento europeo, alla quale abbiamo partecipato sia io che lei e, per la verità, quello che ho ascoltato da parte dei membri delle singole nazioni rappresentate è un po' diverso rispetto al fatto che sono state consegnate solo delle bozze da parte di tutti i Governi. Lei in realtà questo lo conferma, rispetto a un'iniziale impostazione nella quale tutti abbiamo fatto più o meno la stessa cosa, quando ci dice che il Piano italiano è una buona bozza da cui partire e che però fondamentalmente ha bisogno di tre linee di correttivi, che non sono poca cosa. In primo luogo, per riprendere le sue parole, lei ha citato la necessità di rafforzare la qualità degli interventi, come a dire che probabilmente bisogna essere un po' più concreti rispetto ai progetti da presentare. In secondo luogo, lei ha affrontato il tema delle riforme, su cui converrà con me che qualunque Ministro della giustizia negli ultimi anni all'atto del suo insediamento ha sempre parlato della riduzione dei tempi della giustizia, peccato che qualcuno dovrebbe poi dire come realizzare tale obiettivo, con quali strategie, ma ciò mi pare che sia totalmente assente in questo Piano, e non solo con riferimento alla riforma della giustizia, ma anche a quella del fisco o agli interventi di semplificazione. Il terzo aspetto che lei ha infine sottolineato – rimarcando anche la sua esperienza di Governo – è che rispettare i tempi non è proprio nelle corde della nostra nazione. Questi tre passaggi non sono certo di poco conto. Probabilmente lei avrà voluto dire che occorre, invece, un integrale cambio di rotta, un indifferibile cambio di strategia che però – questa è la mia seconda domanda – credo che necessiti di una visione che tutti i soggetti auditi hanno detto essere mancante in questo Piano. Una visione che, aggiungo, noi di Fratelli d'Italia rivendichiamo debba necessariamente passare attraverso un confronto parlamentare.
  Ho un'ultima considerazione da svolgere. Lei ha detto che questa può essere una sfida straordinaria. Sì, è vero, ma se noi non abbiamo una tempistica, oltre che una visione, considerando il fatto che questi soldi arriveranno tra molto tempo, non pensa che invece essa possa costituire anche un grave pericolo di aumentare le disuguaglianze rispetto alle altre nazioni e soprattutto lasciare molta gente indietro, in particolare quella che in questo momento sta vivendo una grandissima difficoltà e che non può essere ovviamente ricompresa nelle grandi strategie e nelle grandi progettualità, ove ci fossero.

Pag. 11

  MAURO DEL BARBA. Ringrazio il Commissario Gentiloni per questa relazione molto preziosa ai fini del nostro lavoro come Parlamento sul Recovery Plan. Ci sono due aspetti della sua relazione che mi hanno molto incuriosito e per cui chiedo due approfondimenti. Per quanto riguarda il primo, lei ha fatto riferimento al rischio, che effettivamente è tale, che questa crisi aumenti le differenze tra gli Stati membri e al fatto che voi state già osservando alcuni di questi fenomeni. Le volevo chiedere se potesse indicarci, anche solo per cenni, quali sono i rischi più concreti in modo che li si possa considerare nella stesura della versione definitiva del nostro Recovery Plan, apprestando le relative misure.
  La seconda domanda è stata già ventilata anche da altri colleghi. Lei ha parlato di 20 Stati membri che hanno depositato delle bozze. Sicuramente le bozze servono per aprire un'interlocuzione utile al miglioramento della bozza medesima al fine di addivenire a un Piano definitivo. Volevo chiederle come avvengono queste interlocuzioni, immagino con i Governi, e se dal suo punto di vista quelle che sono avvenute fin qui sull'Italia sono interlocuzioni che ci devono indurre a utilizzare questo mese, che lei stesso dice in fondo è quello che tutti gli Stati membri hanno davanti, essendosi da poco conclusa l'approvazione di tutti i regolamenti, per fare un'ampia revisione del Piano oppure per recepire qualche indicazione puntuale che ci fosse stata formulata. In particolare, nelle sue tre linee relative a investimenti, riforme e attuazione ho letto una sorta di invito, quasi di monito amichevole in qualità di nostro rappresentante, a considerare con grande attenzione tre lacune importanti che abbiamo l'opportunità di colmare.

  PIERO DE LUCA. Ringrazio anch'io il Commissario Gentiloni, di cui condivido pienamente la relazione e l'impostazione. L'Europa ha reagito a questa crisi mettendo in campo misure straordinarie e credo che questa debba essere la premessa di ogni discussione che svolgiamo qui in Parlamento sul Recovery Plan e sulla bozza che il Parlamento è chiamato a valutare e che il Governo italiano sarà chiamato a inviare all'Unione europea.
  Siamo contenti che tutte le forze politiche italiane si siano rese conto di quanto sia stato importante e democratico il lavoro del precedente Governo a sostegno dell'Unione europea e a sostegno di misure che potessero cambiare il volto dell'Europa e potessero aiutare gli Stati membri.
  L'Italia ha avuto la capacità e il coraggio di rimanere saldamente all'interno dell'Unione europea e di recuperare un proprio percorso di protagonismo che ha consentito di adottare tutte le misure che ricordava prima il Commissario Gentiloni e che sono state decisive per la tenuta sanitaria, economica e sociale delle nostre comunità in questa fase di emergenza che, purtroppo, ancora non è passata. Se oggi siamo qui a parlare di come poter utilizzare e spendere al meglio 209 miliardi di euro, è perché qualcuno ha lavorato per mantenere l'Italia saldamente all'interno dell'Unione europea e per ottenere queste misure e questi risultati sui tavoli negoziali di Bruxelles.
  Oggi è evidente che, però, tocca a noi e al nostro Paese fare la propria parte. Prendo spunto da alcune considerazioni svolte dal Commissario Gentiloni per ribadire l'esigenza di fare debito «buono», di progetti che abbiano una qualità alta e significativa. Dobbiamo evitare aiuti e interventi a pioggia o interventi svuota-cassetti. Dobbiamo ragionare – ne chiedo conferma al Commissario Gentiloni – su interventi immediatamente cantierabili, come ha evidenziato anche il vicepresidente della BEI, Dario Scannapieco, nel corso di una sua precedente audizione. Diventa davvero decisivo avere la capacità di proporre progetti che siano in grado di rispettare un cronoprogramma esatto, articolato secondo milestone e target, ovvero obiettivi intermedi e finali, cui è subordinata anche l'erogazione delle risorse.
  Chiederei poi un conforto per un'interpretazione, perché si dibatte in Italia sulla necessità, sull'opportunità e sull'esigenza di accedere soltanto ai grant o non anche ai loan. Qual è la sua opinione? È vero che il tasso di interesse sulle emissioni dei titoli Pag. 12di Stato sul mercato si è profondamente ridotto, però i loan e le risorse che arrivano dall'Unione europea sono ancora a tassi molto più bassi e convenienti di quelli del nostro Paese. Quindi, da questo punto di vista, vorrei un conforto.
  Qual è infine il consiglio che si sentirebbe di poter dare al nostro Paese sulle procedure specifiche? Lei ricordava che dobbiamo rispettare un cronoprogramma degli interventi molto dettagliato. Come possiamo fare affinché ciò accada, considerando anche i ritardi storici che – come lei ricordava bene – caratterizzano il nostro Paese nell'utilizzo dei fondi strutturali europei e che nell'ultimo ciclo di programmazione hanno portato il nostro Paese a non spendere più del 38 per cento ad oggi delle risorse disponibili? Su cosa interverrebbe? Su cosa si sentirebbe di dare un consiglio al nostro Paese per una riforma, una semplificazione e un'accelerazione delle procedure amministrative e burocratiche necessarie per mettere a terra i progetti da prevedere con il Recovery Plan?

  EMMA BONINO(intervento da remoto). Commissario Gentiloni, a parte le altre domande, quello che è evidente è che adesso tocca a noi, tocca all'Italia.
  Per quanto riguarda ancora la Commissione europea, come lei certamente sa, è in atto un grande dibattito nel nostro Paese, e non solo, sui limiti e gli errori connessi alle iniziative della Commissione stessa concernenti l'approvvigionamento dei vaccini. Ci sono tesi contrastanti. So che non è la sua materia specifica, ma vorrei solo chiederle come stanno esattamente le cose nonché la sua opinione al riguardo. Lei ci ha detto che sono stati procurati 50 milioni di vaccini e che 30 milioni di dosi sono state distribuite agli Stati membri – il che non vuol dire che siano stati già tutti utilizzati per la vaccinazione – però in relazione ad un contesto nel quale vi sono Paesi che annunciano che faranno da soli – mi sembra che anche questa mattina si siano pronunciati in tal senso l'Ungheria e non so quale altro Paese – le chiedo se ci può fornire un qualche elemento di chiarificazione.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio anch'io il Commissario Gentiloni. Ho un paio di domande. La prima è forse un po' laterale, ma risulta fondamentale ai fini della ripresa, che è poi l'obiettivo del Next Generation EU. Certamente non va sottovalutata la portata storica né la dimensione politica della condivisione del debito determinata dal Next Generation EU, mentre occorre fare attenzione a non enfatizzarne la portata macroeconomica che, invece, appare piuttosto modesta rispetto al crollo del PIL che prima veniva ricordato. Infatti i 750 miliardi di euro in realtà non sono tali, perché, ad esempio, solo una parte di questi è effettivamente aggiuntiva rispetto alla nostra quota, mentre altri Paesi hanno comunicato che non utilizzeranno i loan, ma si limiteranno ai grant, di modo che i predetti 750 miliardi di euro distribuiti su cinque anni equivalgono a meno dell'1 per cento del PIL europeo annuo, a fronte di un così rilevante crollo delle attività economiche. Un conto è la portata politica, che va riconosciuta e costituisce ovviamente un fatto positivo, sebbene poi quella manifestazione di solidarietà viene contraddetta ancora in questi giorni – lo ricordava prima la senatrice Bonino – a proposito dei vaccini, dal momento che vedere la corsa al procurement nazionale certamente non è di grande conforto.
  La domanda che le volevo fare riguarda quello che è fondamentale ai fini della ripresa, che non è sul piano macroeconomico il Next Generation EU, bensì semmai la politica monetaria della BCE, che deve continuare, perché se quella politica monetaria si allenta o si riduce la portata accomodante della politica monetaria allora sono guai molto seri, che non possono essere compensati neanche parzialmente dagli investimenti del Next Generation EU. Intendo riferirmi alla questione delle regole di bilancio, perché per le prospettive della ripresa è fondamentale poter confidare su una discontinuità nell'applicazione delle regole che non si ferma certamente alla fine di quest'anno o all'anno prossimo, anche perché purtroppo la cosiddetta «terza ondata» sta producendo danni molto seri e probabilmente gli interventi di soccorso Pag. 13all'economia che abbiamo fatto, compresi i 32 miliardi di euro dell'ultimo scostamento di bilancio autorizzato dalle Camere nello scorso mese di gennaio, rischiano di essere insufficienti. L'attenzione macroeconomica andrebbe pertanto focalizzata sulle politiche monetarie e sulla discontinuità delle regole di bilancio.
  Per quanto attiene alla questione specifica concernente le riforme strutturali raccomandate al nostro Paese, mi sembra che tra queste dovremmo includere – ne parlava in parte questa mattina in un'intervista la Ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna – la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, trattandosi di una riforma strutturale decisiva per evitare che si amplifichino le divergenze economiche e sociali che il COVID-19 ha purtroppo determinato. A me pare che sarebbe dunque essenziale – su questo punto volevo pertanto una valutazione da parte del Commissario Gentiloni – includere in quella lista di raccomandazioni per le riforme strutturali anche la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.

  SABRINA RICCIARDI. Ringrazio il Commissario Gentiloni. Faccio una breve premessa. Il Piano approvato dal Governo il 12 gennaio scorso presenta uno scostamento tra le fonti effettive e i relativi impieghi. C'è un differenziale di 14,4 miliardi di euro che risulta in eccesso rispetto agli importi massimi assegnati all'Italia. Pertanto, il Governo sottoporrà alla Commissione europea un portafoglio di progetti più ampio, in termini di risorse assorbite, rispetto all'ammontare delle risorse a disposizione. In particolare, il caso di specie e i rischi connessi sono oggetto di approfondimento nel dossier n. 25, parte II, relativa ai profili di finanza pubblica, sulla Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza redatto dai Servizi bilancio dello Stato di Senato e Camera. Infatti, come rilevato dai predetti uffici, questo differenziale, che è senza copertura, è giustificato da alcuni fattori come, ad esempio, la possibilità di attrarre risorse private.
  Pertanto, le chiedo: è possibile analizzare le implicazioni che derivano dall'inclusione nella Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza di un ammontare di impieghi superiore rispetto alle risorse concesse all'Italia? Le chiedo inoltre se altri Stati membri abbiano approvato Piani sovradimensionati rispetto alle fonti a disposizione e, infine, se la Commissione europea abbia già previsto il caso di specie e come intenda agire.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA(intervento da remoto). Ringrazio il Commissario Gentiloni. Avremmo da ridire sulla velocità dell'Unione europea rispetto a questi aiuti, finanziamenti e sovvenzioni agli Stati membri. In realtà, gli USA sono stati veloci, mentre l'Unione europea ha un po' peccato dal punto di vista della velocità.
  Venendo alla parte sostanziale del mio intervento, analizzo l'aspetto puramente dal punto di vista europeo, tralasciando tutti gli aspetti nazionali che sono già stati sottolineati da alcuni miei colleghi. Da venti anni a questa parte, più o meno, accusiamo l'Unione europea di portare avanti politiche di austerity. Oggi assistiamo finalmente a un'inversione di tendenza. La verità – che dobbiamo, ovviamente, raccontare a noi stessi e ai nostri cittadini – è che l'austerity rischiava di mettere in crisi l'Europa sotto il peso dell'emergenza. Da un anno a questa parte in modo ancora – dal nostro punto di vista – troppo lento, farraginoso e burocratico sono state messe in campo o stanno per essere messe in campo nuove risorse.
  Parlando di inversione della politica di austerity, non possiamo non citare anche il fatto che finalmente, sotto il peso di questa emergenza sanitaria ed economica, l'Unione europea ha deciso di permettere ai Paesi membri alcuni aiuti di Stato.
  Vengo alla mia domanda. In un passaggio dell'audizione di oggi nel suo intervento lei ha detto che si tratta di misure straordinarie, che potrebbero però costituire un precedente che si potrebbe anche replicare. Commissario Gentiloni, si apre veramente una nuova fase per l'Unione europea? L'Unione europea e la Commissione europea stanno dando ragione a chi, come il mio partito, la Lega, ma come tantissimi altri attori all'interno dell'Unione europea, per venti anni ha contestato le politiche di Pag. 14austerity? Glielo chiedo nuovamente: si apre una nuova fase? L'Unione europea ha veramente cambiato direzione in modo strutturale e sistematico? Questa fase diventerà strutturale costituendo dunque la nuova politica economica dell'Unione europea? Questa è la mia domanda.
  Da parlamentare anche io, come ha già evidenziato la senatrice Bonino prima di me – so che ovviamente, Commissario Gentiloni, lei si occupa di politiche economiche e che questo non è il suo campo – oggi non posso non sottolineare la lentezza nella distribuzione dei vaccini e non posso non sottolineare la lentezza dell'EMA nell'approvazione dei vaccini medesimi. So che non è il suo campo, però quello che vorrei sottolineare oggi – mi sono ripromesso di trasmettere questa indicazione a tutti i Commissari europei, che vedrò in audizione o in altre occasioni – è che dobbiamo cercare di spingere il più possibile per l'arrivo di dosi in Italia e in Europa. Come Europa, siamo gli ultimi nel mondo occidentale. Certi comportamenti, atteggiamenti o lentezze dell'EMA sono stati imbarazzanti. Guardiamoci in giro per il mondo o, perlomeno, diamo la possibilità agli Stati membri di guardarsi in giro per il mondo, anche perché lo faranno ugualmente.
  La ringrazio e concludo con questo passaggio, anche perché è vero che non è il suo campo, ma il successo della campagna vaccinale è e sarà strettamente legato alla ripartenza economica.

  PRESIDENTE. La prego, onorevole Giglio Vigna, concluda.

  ALESSANDRO GIGLIO VIGNA(intervento da remoto). Sto concludendo. Dicevo che il successo della campagna vaccinale sarà strettamente legato al successo della ripartenza economica del nostro continente.

  YLENJA LUCASELLI. Grazie, Commissario Gentiloni. Vengo subito alle domande partendo da alcune considerazioni, e lo dico affinché il Commissario Gentiloni possa ribadire il concetto già espresso nella sua relazione e il collega De Luca abbia ben chiaro l'ambito all'interno del quale ci muoviamo, perché mi è parso che il Commissario – cui chiedo conferma – nella relazione abbia indicato come la quantità di risorse messe a disposizione dell'Italia sia dipesa dal fatto che siamo fra gli Stati meno virtuosi e non perché siamo stati più bravi. Vorrei che ciò fosse chiaro affinché resti agli atti che il Governo Conte non ha vinto nulla, ma l'Europa ci ha dato questa disponibilità economica perché eravamo, invece, nella situazione più difficile e peggio gestita. Questa è la prima domanda.
  La seconda domanda ha a che fare con una serie di questioni che sono state affrontate in Commissione, perché nel novero dei documenti che sono stati redatti dalla Commissione europea e che riguardano il nostro Paese – parlo dei Country report e delle raccomandazioni – è ormai una costante la richiesta di un trasferimento della tassazione dalle persone fisiche ai beni. Nel confronto che verterà sulla realizzazione del Recovery italiano, una volta che verrà ultimato, mi chiedo se potrebbe configurarsi la richiesta da parte dell'Esecutivo europeo nella direzione di una tassazione sul patrimonio, visto che questa è una costante che viene rilevata.
  Un'altra questione che vorrei venisse chiarita scaturisce dalle dichiarazioni che sono state rese in conferenza stampa dopo l'Ecofin del 16 febbraio dal vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha annunciato che a primavera verrà valutata la riattivazione del Patto di stabilità e crescita. Questo potrebbe significare un nuovo cambio di marcia delle politiche economiche pubbliche nel restringimento degli spazi di manovra per porre in atto iniziative espansive, di cui parlava anche il Commissario Gentiloni nella sua relazione. Mi chiedevo se questa non sia stata una dichiarazione precipitosa nonché se, alla luce dei ritardi diffusi nell'Unione europea nella campagna vaccinale che sono emersi nell'ultimo Consiglio europeo, l'ipotesi di reintrodurre il Patto di stabilità e crescita a partire dal 2022 sia o meno oggetto di considerazione reale. Vorrei, quindi, un chiarimento da questo punto di vista. Pag. 15
  Non me ne vorrà il Commissario per le ultime due questioni che, a mio avviso, devono essere affrontate. Nella sua relazione il Commissario ha parlato della bozza di Piano presentata dall'Italia come di una base di lavoro importante, però le lunghe audizioni che abbiamo avuto in questa Commissione hanno dimostrato, in realtà, come nessuno fosse soddisfatto e contento di quanto riportato all'interno della bozza proposta dal precedente Governo e abbiamo avuto una serie di considerazioni negative. Nell'ultimo mese di audizioni è stato messo in evidenza che quel Piano aveva delle titolazioni in linea con quanto indicato dall'Unione europea, che erano sicuramente di buon auspicio, ma poi non aveva una declinazione fattuale, reale e concreta. Quando il Commissario ha parlato di una base di lavoro importante, mi chiedevo pertanto a cosa si riferisse, visto che in Italia i commentatori erano assolutamente contrari, in maniera trasversale, al modo in cui quel Piano è stato redatto.
  Da qui, la seconda considerazione: siamo ancora oggi in una fase di audizioni e non abbiamo ancora un testo da esaminare e sul quale poter eventualmente incidere. Chiedo dunque al Commissario se, secondo le tempistiche europee, l'Italia non sia in ritardo rispetto agli adempimenti prescritti, considerato che ad oggi non abbiamo ancora un nuovo Piano, neanche sotto forma di bozza, mentre il vecchio Piano presentato dal precedente Governo è evidentemente insufficiente per realizzare gli scopi che si sarebbe dovuto prefissare.
  Ho un'altra considerazione da svolgere. Davvero non me ne vorrà, Commissario, perché lo dico con enorme stima della sua persona, però obiettivamente il fallimento dell'Unione europea nell'acquisto e nella gestione di tutto ciò che ha a che fare con i vaccini è sotto gli occhi di tutti. Non farò il raffronto con altri Paesi che hanno lo stesso indice economico dell'Europa, ma mi sembra che il fallimento, da questo punto di vista, sia sotto gli occhi di tutti e non ammetterlo obiettivamente risulterebbe assai poco rispettoso nei confronti di chi quel vaccino lo sta aspettando.
  L'ultima domanda, riferita in maniera specifica alle politiche del Recovery e quindi all'utilizzo delle somme in esso contenute, ha a che fare con la burocrazia italiana. Vorrei avere un suo parere sulla possibilità concreta che in Italia poi ci sia il rispetto delle tempistiche imposte dalla Commissione, atteso che sappiamo bene che il peso burocratico che c'è in Italia è attivo ed esistente – basterebbe fare riferimento al Codice degli appalti – e se quindi il Commissario non ritenga che nella bozza che prima o poi sarà presentata dal Governo italiano debba esserci anche una parte specifica che aiuti l'Italia a velocizzare e modernizzare le procedure.

  EMANUELA ROSSINI. Ringrazio il Commissario degli aggiornamenti di cui ha riferito oggi presso queste Commissioni. Avrei due punti da sottoporle. Il primo è se tra i correttivi ai meccanismi di funzionamento dell'intero Recovery Fund si possa immaginare, o sia ipotizzabile, quello di prevedere una semplificazione del meccanismo stesso.
  So che il regolamento attuativo è appena stato votato, però mi ha colpito leggere alcune notizie di stampa, che pure prendo con il beneficio del dubbio, secondo le quali la stessa Angela Merkel avrebbe espresso timori sulla capacità di alcuni Paesi, che in questo momento mostrano una certa lentezza nell'attivare le procedure, di poter vedere una piena erogazione delle risorse del Fondo.
  Pensando al nostro Paese che deve fare le riforme contestualmente agli investimenti – riforme che servono proprio ad attuare gli investimenti – volevo pertanto chiederle se nel dialogo con gli altri Paesi questa richiesta o questi timori potrebbero portare ad ipotizzare una semplificazione. Lo dico non per segnalare una debolezza, ma proprio per essere certi di dare tutto il sostegno all'attuazione del Piano, perché – come ha detto lei – è cruciale non solo per il nostro Paese, ma per l'intera Unione europea. È un'occasione, una scommessa che non possiamo assolutamente perdere. La seconda domanda è proprio legata a quella che anche lei ha definito essere una grande sfida per il nostro Paese. Al momento Pag. 16 attuale, sappiamo che tutte le regioni hanno proposto dei progetti. Fino a tutto il 2020 c'è stato un ascolto, una proposta al Governo precedente di progetti da parte di tutte le regioni. Ho piena fiducia che in questi giorni l'attuale Governo stia facendo una sintesi e collocando i progetti dentro un Piano con una visione d'insieme. La bozza del Piano Nazionale di ripresa e resilienza elaborata dal Governo precedente contiene una roadmap che noi abbiamo chiara e che non ha bisogno di essere cambiata, ma su questa roadmap si innesta un vero e proprio piano industriale di sviluppo ed è questo il lavoro che si sta facendo. Pertanto, ciò che adesso rappresenta per noi una sfida – noi parlamentari la viviamo molto – è di poter tornare a breve alle regioni, coinvolgendole sui progetti che a questo punto sono strategici, nazionali e non solo di rilevanza locale. Questo sarà fondamentale non solo per trainare, ma anche per creare fiducia sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza.
  A ciò si ricollega la seconda domanda che volevo farle. La fiducia nel PNRR è fondamentale, perché in questo momento è chiaro che nei territori siamo attanagliati, nessuno ancora sa nulla e c'è un'attesa per vedere quali investimenti e quali politiche saranno inclusi, passando così dai soldi alle politiche, perché finora abbiamo sempre parlato solo di cifre. Credo che ciò avverrà a breve, perché il Governo sta lavorando proprio su questo. La domanda che volevo farle è la seguente. Il PNRR vincolerà tutti i Paesi dell'Unione europea, incluso il nostro, per i prossimi sei anni. La prossima legislatura sarà dedicata all'attuazione e il fatto che noi abbiamo un Governo basato su una larga maggioranza è fondamentale. Le chiedo pertanto: quanto agli altri Paesi, le instabilità politiche in Europa potrebbero inficiare l'attuazione del Recovery Fund nei prossimi sei anni?

  EUGENIO COMINCINI. Grazie, Commissario Gentiloni. Ho una domanda legata alle modalità di effettuazione degli investimenti. Come sa, circa due terzi degli investimenti pubblici nel nostro Paese sono realizzati, in condizioni normali, dalle amministrazioni locali. Rispetto al Piano Nazionale di ripresa e resilienza, nel suo intervento lei non ha fatto riferimenti specifici alle realtà locali, alle città, ai comuni e ai territori. Le chiedo se ritiene che questi enti possano avere una funzione utile almeno in alcuni ambiti specifici come, per esempio, quelli legati al turismo o alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico del nostro territorio, che – come ben sa – è rilevantissimo. Una delle linee stabilite dalla Commissione europea per gli investimenti legati al Next Generation EU riguarda infatti proprio questo settore. Le chiedo se vi è quindi la possibilità per le città e le realtà locali di giocare un ruolo rilevante in alcune strategie, che potrebbero peraltro determinare una modifica significativa anche di lungo periodo sulle modalità con le quali può essere fruito il turismo nel nostro territorio. Non mi limito ovviamente al tema del turismo, ma è una questione che ho toccato nel recente passato e quindi vi ho fatto riferimento, ma naturalmente potremmo citare molti altri aspetti nei quali le città possono svolgere un ruolo rilevante.

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la sua relazione. Lei ha parlato – devo dire per fortuna – del fatto che il nuovo Governo sta implementando e migliorando il nuovo Piano, perché effettivamente la bozza presentata dal precedente Governo presentava diverse lacune sottolineate da tutti gli auditi che abbiamo ascoltato in Commissione. La mia domanda fa riferimento, in particolare, alla questione degli investimenti, perché è ovvio che su essa si incentra il valore del Piano, essendo collegata al moltiplicatore. Volevo chiederle se l'Unione europea compirà una valutazione sul moltiplicatore degli investimenti. Questa domanda è collegata altresì alla circostanza per cui, a causa della nostra situazione e dell'anno di crisi che abbiamo vissuto nel 2020, si è registrato in Italia un notevole aumento del debito pubblico, considerato che ormai il nostro rapporto debito-PIL raggiunge il 155 per cento. Tra l'anno scorso e il gennaio 2021 le Camere hanno autorizzato scostamenti dagli obiettivi programmatici di bilancio per un valore di circa 140 Pag. 17miliardi di euro. Fortunatamente, come lei ha accennato, l'Unione europea ha sospeso il Patto di stabilità e crescita. Ma tutto questo debito noi lo dovremo comunque rimborsare, non solo quello derivante dai predetti scostamenti di bilancio ma anche quello connesso alle risorse europee stanziate con il Next Generation EU, che in parte rappresentano contributi, ma in preponderante misura sono costituite da prestiti che dovremmo appunto rimborsare. La domanda collegata proprio al Patto di stabilità e crescita è la seguente: l'Unione europea, finita l'emergenza, riapplicherà il Patto medesimo oppure sta pensando a una fase di transizione in modo da permettere a tutti i Paesi membri di riprendersi in modo che, finita l'emergenza, non ci arrivi ancora la tagliola del Patto di stabilità? Questa era la seconda domanda.
  Per quanto riguarda la terza domanda, sebbene esuli in parte dall'oggetto della presente audizione, lei ha fatto cenno alla questione dei vaccini, su cui l'Unione europea è indietro quanto alla fornitura delle dosi occorrenti agli Stati membri, come dimostrano le recenti iniziative dell'Austria o della Danimarca, che si stanno rivolgendo fuori dall'Unione europea contrariamente a quanto era stato stabilito. Ho due domande collegate a questo tema. Ci sarà un'implementazione della fornitura dei vaccini ai vari Stati membri? Siamo indietro e ciò dispiace, perché basta vedere cosa sta facendo il Regno Unito che, nonostante il Commissario Gentiloni abbia detto che nell'Unione europea in 11 Stati si registra un'accelerazione del contagio, presenta una diminuzione del 40 per cento nel numero dei contagi, proprio perché ha intrapreso un percorso diverso da quello seguito dall'Unione europea.
  L'altra domanda collegata ai vaccini è che da organi di stampa si è venuto a sapere – chiedo la conferma al Commissario – che sono stati venduti dei vaccini all'America del Nord. Questa cosa sarebbe grave perché posso comprendere se noi ne avessimo in abbondanza, ma noi siamo in una scarsità estrema. Volevo chiedere quindi al Commissario Gentiloni se questa notizia pervenuta dagli organi di stampa sia vera e che cosa le istituzioni europee intendano fare in merito.

  PAOLO RUSSO(intervento da remoto). Sarò rapido. Ho tre questioni. I criteri sulla base dei quali l'Italia è stata destinataria di una quantità così ingente di risorse sono, così come ci è stato suggerito, la popolazione, il PIL e il coefficiente di disoccupazione territoriale. Questi sono i criteri in virtù dei quali l'Italia ha ottenuto risorse tanto ingenti. Lei pensa che questi siano i medesimi criteri che l'Italia deve adottare per rispondere alla domanda dell'Unione europea? Mi spiego meglio. Saranno questi i medesimi criteri a supporto delle scelte strategiche che l'Europa accoglierà dall'Italia sul PNRR?
  Per quanto riguarda la seconda questione, lei ha una straordinaria esperienza del know-how che l'Italia registra rispetto alla capacità di spesa delle risorse europee. Penso, ad esempio, all'utilizzo del Fondo di coesione e delle somme stanziate per l'agricoltura, che obiettivamente ha troppo spesso manifestato criticità e ritardi. Come pensa che l'Italia sarebbe utile si attrezzasse o quali sono gli strumenti che l'Europa può suggerire all'Italia per mettere in campo un modello organizzativo, competenze e sensibilità al fine di migliorare la performance sul piano della gestione di una così ingente mole di risorse?
  Per quanto riguarda la terza e ultima questione, ma non meno importante, è evidente che il Piano nazionale sarà la somma di tanti elementi progettuali inseriti nei vari capitoli. Se c'è una difficoltà, se c'è una debolezza strutturale del nostro Paese – in modo maggiore nel Mezzogiorno – esse sono intrinsecamente legate all'assenza di un bagaglio progettuale, all'assenza di una libreria di progetti. Come lei pensa che l'Europa possa contribuire a ridurre questo elemento di criticità, che sarebbe esiziale? Perché è evidente che se le pubbliche amministrazioni del Mezzogiorno si trovano in difficoltà per carenza di risorse e talvolta anche per carenza di competenze nel progettare idee, che pur ci sono, e se i progetti sono un elemento essenziale per partecipare a quella prospettiva di sviluppo e a quella leva capace di ingenerare opportunità Pag. 18 e soprattutto crescita del PIL sul fronte della promozione della coesione, dell'attenuazione dell'impatto sociale della crisi nonché della sostenibilità, della transizione verde e della transizione digitale, se manca quel bagaglio progettuale, quella filiera progettuale, come e in che misura lei pensa che l'Italia possa essere aiutata a recuperare questo gap?

  STEFANO CANDIANI. Commissario Gentiloni, sarò breve e partirò da alcune riflessioni, anche perché mi sembra che i suoi appunti ormai saranno diventati chilometrici. Innanzitutto, le chiederò un'opinione molto secca sul Piano sinora presentato dal Governo. Il lavoro fatto dall'Italia, a suo giudizio, è valido? È un punto di partenza? Non è valido? Lo buttiamo via e lo rifacciamo? Vorrei in proposito la sua opinione.
  La seconda questione riguarda i grant e i loan, ovvero le sovvenzioni a fondo perduto e i prestiti. È indubbio che i prestiti vanno restituiti, come è indubbio che gli investimenti devono essere in grado di generare remunerazione del capitale investito. Se questo sarà un elemento di valutazione, le chiedo se lei abbia già modo di esprimere una valutazione in merito alle linee di indirizzo del Governo italiano, perché è indubbio che se su una parte devono esserci spese per la coesione dei territori, bisogna sempre tenere conto che poi il capitale va restituito e quindi bisogna che questo capitale produca reddito, occupazione e lavoro.
  Per quanto riguarda le scelte strategiche, la Germania ha scelto di ridurre subito i costi in merito alla tassazione IVA, mentre all'opposto da noi c'è un dibattito sulla tassazione sulle persone fisiche, ovvero sul reddito d'impresa. Su questi due aspetti, qual è la sua opinione e qual è il suo indirizzo? Perché è chiaro che, in un caso o nell'altro, cambiano anche i termini della ricaduta successiva sulla crescita del Paese.
  Una questione fondamentale consiste, inoltre, nelle riforme abbinate alle risorse messe a disposizione. Sappiamo che l'Unione europea chiede che ci sia un quadro di riforme abbinato alla disponibilità delle risorse. L'ho detto nei giorni scorsi nel corso delle audizioni e lo ripeto anche in questa circostanza: credo e temo – non è una questione di timori, bensì di oggettività – che ci sarà un'inevitabile asincronia tra i tempi delle riforme e le necessità di spesa delle risorse. Mi spiego meglio. È indubbio che, se si fanno riforme strutturali, il risultato non sarà semplicemente l'approvazione della legge, ma l'assimilazione da parte del sistema delle riforme stesse, che si tratti di quella della giustizia, della semplificazione della pubblica amministrazione e della sua digitalizzazione ovvero della riforma del codice degli appalti o ancora delle modalità di utilizzo delle risorse. Non illudiamoci che, una volta adottata la legge, tutto il sistema automaticamente assorbe e immediatamente assimila la riforma appena approvata. Quindi, occorreranno tempi che si sfasano rispetto ai cinque anni – perché di quelli ormai dobbiamo parlare – di esecuzione delle opere legate al Recovery.
  Come ultima questione, le chiedo se vi sia anche a livello europeo una riflessione volta a chiarire che questa non può essere solo un'occasione per attuare riforme all'interno dei Paesi percettori del Recovery, ma deve e dovrebbe essere anche un momento di riforma delle strutture interne all'Unione europea. Mi spiego meglio. È indubbio che ci sono ancora oggi delle asincronie all'interno del Paese, come, ad esempio, nei sistemi fiscali. Se ci viene richiesto uno sforzo per realizzare le riforme, credo che sia utile e necessario che da questa situazione pandemica e di crisi ne esca anche un'Unione europea riformata nelle sue strutture portanti a partire, a mio avviso, da quelle democratiche, concernenti le modalità di elezione degli organi direttivi, per passare anche a una maggiore omogeneità tra i sistemi fiscali dei Paesi membri così come tra i loro sistemi economici. Sappiamo che il dibattito sui sistemi monetari è aperto da lungo tempo, mentre sui sistemi fiscali continuano a esserci «isole felici», che siano il Lussemburgo piuttosto che l'Olanda, che mettono in atto una concorrenza sleale rispetto agli altri Paesi. Qui mi fermo e la ringrazio.

Pag. 19

  ROBERTA FERRERO. Richiamo l'attenzione su un problema vissuto dalle nostre aziende, perché siamo tutti d'accordo che il sostegno all'economia sia fondamentale per la ripresa, però mi soffermo sulla questione specifica degli aiuti di Stato, cui è stato posto un tetto. Mi spiego meglio. L'Italia ha chiesto aiuti motivandoli sulla base di un grave turbamento dell'economia, da quel che risulta, mentre si poteva chiedere un altro tipo di intervento giustificato da eventi eccezionali e calamità naturali. Questo argomento è già stato discusso, però adesso si tratta di capire come venirne fuori. Con la richiesta avanzata in ragione di un grave turbamento dell'economia, praticamente abbiamo imposto alle nostre aziende un tetto agli aiuti, mentre è ormai dimostrato che, ad esempio, la Germania è riuscita ad ottenere deroghe motivate in ragione di eventi eccezionali e calamità naturali e per questa ragione non ha subito l'imposizione di alcun tetto. Questa è stata probabilmente una scelta sbagliata dell'Italia e mi chiedo, quindi, come potrà essere superata una simile problematica.

  PRESIDENTE. Mi permetto ora di rivolgere io una domanda al Commissario Gentiloni, ringraziandolo per la sua relazione e per gli spunti in essa contenuti, che ci hanno dato modo di fare un po' di chiarezza sul Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
  Volevo fare anzitutto un'osservazione. Dalle sue parole abbiamo appreso – come, del resto, anche noi già avevamo inteso – che la sfida fondamentale è costituita dai tempi di attuazione del PNRR. Lei ci ha detto che il 13 per cento delle risorse verrà erogato all'atto di approvazione dei PNRR che i vari Stati membri presenteranno. Sappiamo benissimo – come ha evidenziato anche lei nella sua relazione – che, quanto al rispetto dei tempi di realizzazione di alcune opere, l'Italia non ha certo brillato in passato per ciò che concerne la celerità dei tempi stessi.
  Detto questo, ritengo opportuno approfondire il seguente punto di riflessione: nel caso in cui l'Italia presenti il PNRR con l'indicazione dei tempi di realizzazione dei progetti senza poi riuscire a rispettare quelle scadenze, quale scenario si apre? Si consentirà una proroga oppure l'Italia dovrà restituire tutte le risorse fino a quel momento ricevute, non avendo rispettato i tempi?
  Venendo quindi alla mia seconda domanda, a suo parere quali sono le riforme che dovremmo adottare per poter agevolare e velocizzare la realizzazione di questi investimenti? Sappiamo benissimo, infatti, che allo stato risultano inutilizzati circa 60 miliardi di euro destinati ad opere già cantierabili ma bloccate a causa di un codice degli appalti molto stringente e di rigorosi vincoli ambientali. Secondo lei, quali sono le riforme di cui l'Italia ha bisogno in questo momento per poter rilanciare l'economia?
  Infine, le pongo un'ultima domanda: si riuscirà a ridurre il gap infrastrutturale e digitale tuttora esistente tra il Nord e il Sud del nostro Paese, tenuto conto che, in una certa misura, l'Italia ha ottenuto queste risorse proprio in considerazione del fatto che il Sud si trova in una condizione di profondo ritardo rispetto al Nord?

  DARIO STEFANO, presidente della 14a Commissione del Senato della Repubblica. Approfitto di questo mio intervento per ringraziare il Commissario Gentiloni per la sua disponibilità e per la puntualità con la quale, anche questa volta, ci ha fornito elementi di valutazione utili ad accompagnare il lavoro che stiamo realizzando tra Camera e Senato su un documento che unanimemente riteniamo debba essere attualizzato, migliorato e ulteriormente qualificato.
  In questo senso sono contento che lei abbia voluto ribadire che la scadenza è quella prestabilita al 30 aprile, perché siamo stati pressati da una fretta che per certi versi era inspiegabile. Questo ci dà la possibilità, con i nuovi interlocutori di Governo, di provare a rendere il miglior contributo possibile.
  Molti spunti sono stati già anticipati negli interventi che mi hanno preceduto rispetto al tema degli investimenti, ad esempio, ma anche rispetto al tema della famosa clausola del 34 per cento di investimenti da realizzare in una parte specifica del Paese, Pag. 20che è una clausola che agisce in regime ordinario e noi vorremmo pertanto capire cosa ne pensi la Commissione europea in ordine ai criteri che hanno determinato la quantificazione del Recovery per l'Italia.
  In ultimo, vorrei che lei ci indicasse, nella sua replica, se esistono già delle note redatte dalla Commissione e dai competenti uffici delle istituzioni europee contenenti sostanziali osservazioni al documento predisposto dal nostro Governo. Girano infatti alcuni documenti che sono già nella disponibilità anche dei componenti di codeste Commissioni parlamentari, però vorremmo avere da lei qualche elemento in più rispetto a quelle che sono le particolari osservazioni che la Commissione europea avesse già elaborato e definito rispetto al PNRR italiano.
  La ringrazio molto della disponibilità e confido potremo risentirci nuovamente in questi prossimi giorni. Le voglio assicurare che, come Commissioni di Camera e Senato, siamo fortemente impegnati a voler svolgere un ruolo e a voler dare un contributo qualificante.

  ERICA RIVOLTA. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la sua presenza. Volevo chiederle semplicemente una cosa. Abbiamo già parlato dei tempi e delle difficoltà ad essi connesse. Faccio solo questa considerazione. Durante le audizioni che abbiamo svolto, tra ottobre e dicembre scorso, sulle linee guida del PNRR, molti di noi hanno segnalato il pericolo che tanti progetti potessero essere dei progetti tenuti nei cassetti da molto tempo, se non da decenni. Vi è dunque l'urgenza di vedere quali sono i progetti che effettivamente rientreranno nel Recovery Plan: visto che, sia pure all'interno di una tragedia, siamo comunque di fronte a un'occasione unica per realizzare investimenti che richiedono anzitutto tempestività, lucidità e capacità di centrare l'obiettivo, forse diventa dirimente poter vedere questi progetti quanto prima possibile per escludere perdite di tempo, dispersione di denaro e una figura pessima rispetto ad altri Paesi. Questa volta non possiamo permetterci di sbagliare.

  DANIELE PESCO, presidente della 5a Commissione del Senato della Repubblica. Rivolgo anch'io due rapide domande al Commissario Gentiloni. Per quanto riguarda i tempi, così come anticipato da alcuni colleghi, volevo chiederle se nello specifico, proprio per riuscire a rispettare i tempi, possa essere auspicabile l'autorizzazione di progetti parziali. Considerato che un progetto, un'opera o un'infrastruttura potrebbe comportare anche molti anni per la sua realizzazione, non potrebbe essere auspicabile autorizzare, approvare e finanziare progetti che prevedono la realizzazione di una parte limitata nel rispetto dei tempi?
  La seconda domanda riguarda l'impatto ambientale. Sappiamo che il regolamento attuativo approvato dal Parlamento europeo prevede di quantificare quanto ogni opera impatti non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista finanziario, ovvero quante risorse vadano imputate all'obiettivo ambientale. Mi chiedevo dunque se la Commissione europea valuterà l'effettivo impatto ambientale di ogni azione e di ogni progetto previsto dal Piano.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Commissario Gentiloni per la replica.

  PAOLO GENTILONI, Commissario europeo per l'economia. Ringrazio davvero tutti voi, presidenti e onorevoli senatori e deputati. Abbiamo moltissime questioni, quindi chiedo scusa in anticipo se non sarà possibile affrontarle tutte, anche se molte di esse sono comuni e trasversali a diversi dei vostri interventi.
  La prima domanda conteneva un riferimento alla digital tax, relativamente alla necessità – che certamente è nei fatti – di costruire una capacità dell'Unione europea di ripagare con risorse proprie il debito comune contratto. Come sapete, questo debito andrà ripagato tra il 2026 e il 2056, essendo caratterizzato da una maturità piuttosto lunga, e in questo lungo periodo noi abbiamo il compito di mettere in piedi risorse comuni, perché ovviamente sarebbe un errore fare un'operazione del genere Pag. 21contraendo un debito comune e poi ripagare il debito comune con i contributi tradizionali dei singoli Paesi. Nel quadro di questo impegno per le risorse proprie dell'Unione europea si colloca certamente il lavoro per una tassa digitale. Direi che questo lavoro sta procedendo lungo due binari paralleli. Un binario – certamente principale e ideale – è quello di raggiungere un accordo globale. In tale ottica, la presidenza italiana del G20 può svolgere un ruolo molto importante perché, come sapete, la discussione sulla digital tax avviene nell'ambito dell'OCSE e sotto il cappello politico del G20. Al riguardo, è stata molto importante la prima riunione sotto la presidenza italiana del G20 di venerdì scorso, perché ha rappresentato l'occasione nella quale la nuova Segretaria al tesoro americana Janet Yellen ha annunciato di aver ritirato la precedente proposta americana su questo argomento, che aveva in qualche modo ostacolato i lavori diretti a raggiungere un accordo comune. Direi che adesso le prospettive per raggiungere un accordo comune sono migliori e, ad avviso della Commissione europea, l'accordo deve riguardare tanto la digital tax quanto la tassazione minima, perché la tassazione minima aiuterebbe anche ad affrontare alcuni problemi di squilibrio interno all'Unione europea, a cui diversi tra voi hanno in precedenza fatto riferimento. Se entro i primi sei mesi di quest'anno non si riuscisse a raggiungere, almeno dal punto di vista politico, un'intesa a livello globale, la Commissione europea, al pari dei Governi europei, si è impegnata a presentare una propria proposta, che dovrà anche andare incontro all'esigenza, richiamata prima dall'onorevole Berti, che l'Unione europea disponga di risorse proprie.
  Sulle questioni che riguardano le dinamiche di conoscenza o non conoscenza dei progetti su cui sta lavorando il Governo italiano, a cui faceva riferimento il senatore Bossi, consentitemi di non entrare nel dettaglio. Posso solo dire che c'è un equilibrio e che è in corso un gran lavoro, che sicuramente si svilupperà nelle prossime settimane. Come è stato ricordato da molti, la scadenza è fissata per la fine di aprile e sono certo che il Governo troverà, nei tempi giusti, il modo di coinvolgere non solo il Parlamento ma anche, come è stato ricordato da alcuni di voi, le regioni, le comunità territoriali, i sindaci e le forze economiche. Se infatti parliamo di una grande missione nazionale di rinascita, credo che più riusciamo a coinvolgere l'insieme della comunità nazionale in questa missione, più la renderemo forte e maggiormente saremo in grado di affrontare le difficoltà e gli ostacoli che ci attendono.
  Una parte di questa missione riguarda certamente – ne accennava l'onorevole Giammanco, ma anche altri deputati e senatori – la questione cruciale del Mezzogiorno, che è molto importante anche nella dimensione europea. Non dimentichiamo che, se noi prendiamo da solo il Mezzogiorno d'Italia, in termini di popolazione esso costituirebbe il sesto Paese europeo per dimensioni. Stiamo parlando dei problemi del divario di sviluppo che bisogna colmare nel Mezzogiorno – un'impresa certamente storica e non facile – e che hanno un impatto anche su scala europea e, proprio per questa ragione, sono da sempre al centro dell'attenzione per quanto riguarda i diversi fondi europei tradizionali. Sono certo che la mia collega, la Commissaria per la coesione e le riforme, Elisa Ferreira, abbia perfettamente presente tale questione e sono certo che il lavoro che è stato condotto negli ultimi tempi verrà proseguito anche dall'attuale Governo italiano e dalla Ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna. Questa priorità è quindi senz'altro molto importante.
  L'onorevole Trancassini chiedeva invece se abbiamo notizie sul MES. Il MES non dipende dalla Commissione europea, ma dipende dal MES stesso, che è un organismo autonomo intergovernativo che non fa parte del sistema della Commissione europea. Tuttavia, al momento non credo che risulti l'attivazione di linee di credito del MES. Una delle cose che ha fatto la Commissione è stata quella di togliere le condizionalità. Questi fondi sono quindi disponibili e al momento lo sono fino al termine di quest'anno, ma non spetta certamente a Pag. 22Bruxelles decidere chi e quando debba richiederli.
  Per quanto riguarda la domanda che poneva sempre l'onorevole Trancassini, ma che hanno formulato anche diversi altri suoi colleghi, concernente le modalità attraverso cui sta procedendo il lavoro, direi che si tratta di un work in progress.
  Uno degli ultimi intervenuti, se non erro il senatore Candiani, chiedeva di esprimere un giudizio secco sul lavoro svolto sin qui dal precedente Governo italiano. Direi che si tratta di un punto di partenza ed è un punto di partenza coerente con i grandi orientamenti e le priorità, ma al tempo stesso – credo che anche i temi che ho sottolineato nell'introduzione lo rendano evidente – c'è ancora molto da fare per rafforzare questo Piano. Come si sta lavorando? Si sta lavorando con contatti continui tra gli uffici del Governo italiano che conducono questo lavoro e gli uffici che dipendono da me e dal Segretario generale della Commissione europea, che sono quelli coinvolti a Bruxelles. Penso che sia un lavoro positivo. Rispondendo anche a un tema posto dal deputato Del Barba, il fatto che questo lavoro sia stato centralizzato presso il Ministero dell'economia e delle finanze – che naturalmente lavorerà soprattutto di concerto con il Ministro della transizione ecologica e con quello per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, oltre che con tutti gli altri ministeri interessati – e che proprio nel Ministero dell'economia e delle finanze ci sia un punto di raccordo certamente aiuterà il nostro work in progress.
  L'onorevole De Luca chiedeva un chiarimento a proposito del tema della semplificazione, su cui la precisazione relativa al ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze già in parte fornisce una risposta. L'altra domanda che poneva l'onorevole De Luca riguarda l'uso dei prestiti. Noi incoraggiamo l'uso dei prestiti, anche se siamo consapevoli del fatto che in questa situazione di bassi tassi di interesse, a parte i Paesi che hanno tassi di interesse migliori di quelli della Commissione europea, alcuni Paesi potrebbero valutare, in base alla loro capacità di assorbimento, se chiedere l'utilizzo di tutti i prestiti o meno. Ma perché la Commissione incoraggia a far uso dei prestiti? Ovviamente perché abbiamo a cuore anche la dimensione macroeconomica di questo intervento, che ovviamente si basa anche sui prestiti, oltre che sui trasferimenti.
  La senatrice Emma Bonino e molti altri chiedevano una valutazione sul tema delle campagne vaccinali, di cui non mi occupo direttamente, ma di cui moltissimo si occupa la Commissione di cui faccio parte. Credo che la Presidente von der Leyen nel suo recente intervento al Parlamento europeo abbia riconosciuto ritardi e difficoltà che riguardano la nostra capacità di tenere sotto pressione la capacità produttiva delle grandi aziende farmaceutiche che stanno producendo questi vaccini. Questa è la sfida di queste settimane. Il fatto che moltissimi Paesi europei nelle loro ordinazioni, che poi la Commissione ha centralizzato, avessero privilegiato in particolare i vaccini di AstraZeneca e il fatto che poi AstraZeneca abbia annunciato alcuni ritardi nelle sue consegne ha messo in evidenza un grande problema, perché la capacità produttiva di questi vaccini così sofisticati non si incrementa dall'oggi al domani ed è questo un tema su cui adesso la Commissione sta lavorando moltissimo. Devo aggiungere che qualche ritardo deriva anche da meccanismi di autorizzazione della Commissione europea diversi rispetto a quelli utilizzati, per esempio, dal Regno Unito. Devo dire che sono anche abbastanza affezionato a questi meccanismi autorizzativi così garantisti per la salute dei nostri concittadini, perché credo che questo elemento sia davvero molto importante.
  Fatta questa debita premessa, tengo a sottolineare che noi abbiamo distribuito agli Stati membri 52 milioni di dosi entro la fine di febbraio e, di queste 52 milioni di dosi distribuite agli Stati membri, ne sono state somministrate 30 milioni, il che vuol dire che noi tutti ci dobbiamo rimboccare le maniche: la Commissione europea sotto il profilo del procurement e della necessità di tenere sotto pressione la capacità produttiva delle grandi aziende con le quali abbiamo stipulato i contratti, mentre i Governi Pag. 23 europei devono impegnarsi a fondo nel somministrare effettivamente le dosi che – mi auguro – arriveranno nei nostri Paesi in misura sempre crescente nelle prossime settimane, anche perché, come sapete, avremo presto le autorizzazioni di altri vaccini. Stiamo lavorando su questo e abbiamo introdotto un meccanismo di trasparenza nell'autorizzazione alle esportazioni per evitare che aziende che ritardano le loro consegne ai Paesi europei esportino dall'Unione europea verso Paesi terzi. Non sto parlando dei Paesi poveri, a cui si rivolgono le iniziative del COVAX, ma sto parlando di esportazione.
  Detto questo, le cifre sono quelle che ricordavo prima e non collocano l'Unione europea agli ultimi posti, neanche tra i grandi Paesi occidentali. Alcuni Paesi molto importanti come l'Australia, il Canada e il Giappone sono più indietro rispetto a noi, ma vorrei ricordare che sono molto dietro di noi anche Paesi come la Russia e la Cina. Si parla moltissimo di vaccini russi e cinesi, ma vi assicuro che l'Italia ha vaccinato più persone della Russia nel proprio territorio. Con questo non vi è da parte mia alcuna valutazione pregiudiziale nei confronti di vaccini che possono venire dalla Russia o dalla Cina. Credo che l'EMA sia disponibilissima a valutare le richieste che dovessero provenire, per esempio, con riferimento al vaccino dell'istituto Gamaleya, il cosiddetto «Sputnik», ma queste richieste finora non sono pervenute. Ci sono alcuni Paesi – credo l'Ungheria – che direttamente vi hanno fatto ricorso, ma si tratta di quantità molto limitate perché purtroppo il problema che richiamavo prima sulle capacità produttive non riguarda soltanto le tre aziende autorizzate a livello europeo, ma anche questi altri Paesi, altrimenti le cifre delle vaccinazioni in Cina e in Russia sarebbero ben diverse da quelle che stiamo vedendo.
  Fatemi anche dire, per concludere su questo punto – perdonate la divagazione, ma certamente è un tema di grandissima attualità e interesse – che noi dobbiamo mettere mano alle difficoltà, ai ritardi e a livello europeo dobbiamo lavorare sulle capacità produttive e sullo screening di quanto viene fatto dalle imprese; a livello nazionale, invece, dobbiamo lavorare sulla distribuzione e sulla logistica, su cui mi sembra che il Governo italiano abbia preso decisioni importanti.
  Avendo detto questo, provate a immaginare in che situazione ci troveremmo oggi se non avessimo il procurement comune europeo. Pensate a che cosa sarebbe la «guerricciola» tra i 27 Paesi membri per procacciarsi il vaccino, magari attraverso intermediari più o meno probabili, magari attraverso un mercato nero che purtroppo esiste anche per quanto riguarda i vaccini, o magari con garanzie sulla catena del freddo o sulla qualità di quello che viene procacciato un po' meno robuste di quelle europee. Ognuno riconosce le proprie responsabilità e certamente la Commissione europea riconosce le proprie. I Paesi lavoreranno per la distribuzione dei vaccini, ma meno male che abbiamo un procurement comune che ci risparmia difficoltà altrimenti enormi.
  Tornando ai temi economici, rispondendo all'onorevole Fassina è chiaro che la dimensione macroeconomica di Next Generation EU va considerata – e l'onorevole Fassina lo sa meglio di me – insieme alla dimensione macroeconomica degli interventi nazionali dei diversi Paesi. Noi – aggiungo io «purtroppo», ma questa è una mia opinione personale – non siamo uno Stato federale. Paragonando i quattrini che mette sul tavolo l'amministrazione americana e quelli che mette sul tavolo la Commissione europea, non si tiene adeguatamente conto di tale circostanza. Se noi aggiungiamo ai 750 miliardi di euro di Next Generation EU e a tutti i prestiti che richiamavo prima gli interventi degli Stati membri, stiamo parlando nel 2020 del 4 per cento del PIL medio di misure di sostegno negli Stati membri e del 20 per cento del PIL medio da parte degli Stati membri in misure di garanzie pubbliche nei confronti del sistema banche-imprese: un intervento enorme che è stato reso possibile da quelle decisioni assunte a metà marzo del 2020 da BCE e Commissione europea sugli aiuti di Stato e sul Patto di stabilità e crescita e che ha consentito, tra Pag. 24i diversi risultati raggiunti, il fatto che si sia registrato nel 2020 uno dei livelli più bassi di fallimenti delle imprese degli ultimi dieci o vent'anni, perché le imprese sono sostenute da questo enorme flusso di aiuti di Stato.
  I dati ufficiali sulla disoccupazione purtroppo mascherano la realtà sottostante, che è fatta di sottoccupazione, di perdita di posti di lavoro, soprattutto femminili e precari, e di crollo delle ore lavorate, visti i livelli attuali della cassa integrazione; ma comunque, detto questo, il tasso di disoccupazione è cresciuto in modo molto minore di quanto non fosse accaduto nella precedente crisi finanziaria. È giusto dire che i nostri 750 miliardi di euro non sono gli stessi dei 1.900 miliardi di dollari in discussione adesso al Senato americano, ma è altrettanto giusto ricordare che noi siamo un mix tra quello che fanno i Governi nazionali e quello che fa, per la prima volta dopo sessant'anni, con uno strumento di bilancio comune dotato di un volume di fuoco, la Commissione europea.
  C'era una domanda molto tecnica della senatrice Ricciardi. È chiaro che non è che noi autorizziamo scostamenti, cioè che uno Stato membro possa impiegare più risorse di quelle che sono allocate e la Commissione lo accetta. Bisogna entrare nel merito, ma io non conosco esattamente il riferimento che faceva l'onorevole Ricciardi. In molti Paesi i Piani di rilancio sono inseriti in Piani più generali, come France Relance o l'omologo Piano belga: essi costituiscono le cornici entro le quali i Paesi membri collocano le risorse europee.
  L'onorevole Giglio Vigna chiedeva se questa operazione sarà o potrebbe mai essere replicabile. Il Ministro dell'economia tedesco ha parlato di «momento hamiltoniano», facendo riferimento ad uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, che introdusse il bilancio federale; ma io direi che più che questa discussione, ora serve far funzionare questo strumento.
  Se questo strumento darà il valore aggiunto e i risultati sperati – e, aggiungo, se avremo le risorse proprie per rimborsarlo – io sono certo che, come sempre è accaduto nei decenni della costruzione europea, sarà replicabile e sarà replicato, magari in presenza di obiettivi e condizioni diversi.
  Molti, tra cui la deputata Lucaselli, hanno chiesto delucidazioni in ordine alla tempistica, se siamo in ritardo o meno. La scadenza rimane ferma al 30 aprile 2021. Certamente abbiamo avuto alcune settimane di pausa. Adesso il lavoro tra gli uffici preposti del Governo e gli uffici della Commissione europea procede, mi pare, a buon ritmo. Noi svolgiamo in generale riunioni settimanali con tutti e 27 i Paesi membri, che coinvolgono ovviamente non i Commissari europei ma gli uffici, per valutare e chiarire dubbi, perché la regolamentazione, come sempre, è piuttosto complessa. Non possiamo dire di essere in ritardo, perché la scadenza è fissata al 30 aprile prossimo, ma certamente non è una passeggiata il fatto di completare e adottare i rafforzamenti necessari nei tempi previsti. Sono convinto che il Governo italiano – il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, il Ministro dell'economia e delle finanze, Daniele Franco, e tutte le autorità coinvolte – con l'orientamento del Parlamento saprà farlo in modo efficace.
  Non modificherei i regolamenti oggi, una domanda che poneva la deputata Emanuela Rossini, perché penso che ormai bisogna attuare le cose che ci siamo detti; mentre sono d'accordo con lei, così come sono d'accordo con il senatore Comincini, sul fatto che occorre coinvolgere e che ci vuole una grande missione nazionale, se vogliamo agganciare il treno di questo rilancio. Ricordavo nella mia introduzione quali livelli di crescita economica ci attendiamo. Tra l'altro, in quel 3-4 per cento di crescita prevista per l'Italia nei prossimi due anni, non è stato neanche conteggiato il Recovery Plan, dal momento che noi stimiamo le nostre previsioni economiche soltanto sulla base delle decisioni già ufficialmente prese. Quindi potrebbe anche collocarsi al di sopra di quel 3-4 per cento, che comunque per noi rappresenta un livello di crescita enorme, e bisogna naturalmente lavorare perché questa crescita dia qualità. Stiamo discutendo, credo in modo molto unitario all'interno della Commissione, sull'importanza di conservare questo Pag. 25 atteggiamento di politica di bilancio espansiva e di sostegno finché ciò si dimostri necessario.
  Una frase cruciale scritta qualche giorno fa in un documento della Banca centrale europea, che io sottoscrivo, afferma che in questo momento sarebbe più pericoloso ritirare questa politica di sostegno all'economia troppo presto, che non ritirarla troppo tardi, il che ovviamente non significa che ogni misura di sostegno, ogni ristoro, sia giustificato. In questo si misura la capacità di scelta dei Governi, e in particolare di Governi come quello del nostro Paese, che ha un debito pubblico così alto, ma in generale non è il momento di ritirare le politiche di sostegno alla nostra economia.
  Accenno a due ultime questioni. La prima concerne le modalità tramite cui si è arrivati all'allocazione delle risorse nel Recovery and Resilience Facility. L'allocazione delle risorse è stata fatta dalla Commissione europea in virtù di alcuni parametri oggettivi. C'è un 30 per cento di risorse allocate che, si potrebbe dire – scusate il termine – verrà messo a punto con eventuali conguagli in una fase successiva, cioè l'anno prossimo, e in questo ulteriore 30 per cento potrebbe contare abbastanza la diversa velocità della crisi o i diversi impatti della pandemia.
  L'allocazione è stata decisa, sulla base di parametri molto trasparenti, pubblici e ufficiali, dalla Commissione. Tuttavia, poiché non voglio ignorare che dietro a questa domanda c'è anche un contenuto politico, devo dire che il Governo precedente, avendo compiuto una chiara scelta europeista, ha comunque contribuito, per il ruolo importante di un Paese rilevante come l'Italia, a mandare in porto questa operazione, e non tanto con riferimento all'allocazione delle risorse, che è stata decisa in modo complessivo dalla Commissione. Ma certamente, se un Paese come l'Italia avesse cavalcato posizioni contrarie a questa operazione comune, ciò avrebbe rappresentato un problema molto serio. Invece ciò non è accaduto, e credo che di questo al Governo precedente debba essere dato atto.
  Il senatore Candiani chiedeva una valutazione sui regimi fiscali. Le raccomandazioni indirizzate ai diversi Paesi riguardano anche le politiche fiscali che tendono a creare concorrenza all'interno dell'Unione europea. Certamente da parte della Commissione ci sarà una spinta affinché le riforme siano fatte anche su questo punto.
  Ultimi due temi. La senatrice Ferrero poneva la questione degli aiuti di Stato e delle garanzie pubbliche. Per quanto riguarda le garanzie, una semplice cifra concerne le richieste di accesso allo schema temporaneo e straordinario di aiuti di Stato. Queste richieste, che sono state di un ammontare all'incirca pari a 4.000 miliardi di euro, sono state diseguali tra i differenti Paesi e certamente Paesi che hanno più spazio di bilancio e più risorse hanno messo sul tavolo richieste di garanzie e di sostegno alle imprese molto maggiori degli altri, la Germania in modo particolare.
  Avendo detto questo, però, se poi andiamo a vedere l'utilizzo effettivo di queste risorse, cioè quanti di questi aiuti straordinari autorizzati sono stati poi concretamente erogati, osserviamo che la situazione è molto meno squilibrata. Constateremmo cioè che alla fine tutti i Paesi, anche quelli con spazi di bilancio più limitati, come l'Italia, hanno potuto fin qui far fronte a rischi di fallimento, che avrebbero naturalmente avuto delle conseguenze sullo stato di salute delle nostre banche.
  Questo ha portato a quanto dicevo prima, cioè a un livello di fallimenti bassissimo nel 2020, ma rispetto al 2018-2019, non rispetto ad altri anni di crisi. È chiaro che quello che accadrà nel prossimo periodo sarà molto delicato. Ovviamente non possiamo mantenere questa forma di sostegno per sempre. Come selezionare allora le imprese che meritano di continuare a beneficiare del sostegno e come far fronte alle conseguenze sul piano sociale nel caso in cui ciò non sia possibile? Questo sarà, a mio parere, già dalla fine di quest'anno uno dei temi più importanti che dovranno affrontare i Governi.
  L'ultima domanda, formulata dal presidente Lovecchio, riguarda l'impatto ambientale. Pag. 26
  Noi diamo enorme attenzione all'impatto ambientale, da qualcuno ritenuta addirittura eccessiva. Mentre per l'Italia credo che sia una bellissima occasione aver previsto che il 37 per cento degli investimenti sia legato alla transizione ambientale, per altri Paesi europei è una sfida molto complicata. Però, detto questo, noi prendiamo tale impegno molto sul serio e aggiungo due elementi.
  Il primo è che, come sapete, il 30 per cento degli eurobond che saranno raccolti sui mercati per finanziare Next Generation EU sarà realizzato attraverso green bond e questo farà della Commissione europea il primo emittente globale di green bond. Ci sono naturalmente problemi di tassonomia e di definizione delle caratteristiche dei green bond. Ci stiamo lavorando insieme agli organismi internazionali che si occupano di tale materia, ma c'è questo risvolto finanziario che è molto importante. Contemporaneamente, come ricordavo prima, abbiamo a fine gennaio indirizzato una raccomandazione ai Paesi membri sulla necessità di non arrecare eccessivo danno con i propri programmi, perché vorremmo evitare che alcune operazioni finanziate, anche più che giustamente rispondendo a esigenze di territori e di settori delle nostre economie, abbiano però delle ricadute indirette molto negative dal punto di vista ambientale. Lo screening dei Piani nazionali per garantire la transizione ambientale sarà enorme e, d'altra parte, la Commissione europea tiene moltissimo a questo ruolo di avanguardia che ci siamo conquistati sulla transizione verde, che per qualche tempo è potuta sembrare forse una nostra fuga solitaria ma che poi, dopo le decisioni assunte lo scorso autunno da Paesi come il Giappone, la Corea del Sud, il Sudafrica e in piccola parte anche dalla Cina, e soprattutto dopo l'elezione di Joe Biden, è diventata una partita comune, nella quale però noi abbiamo il vantaggio di chi, essendosi mosso per primo, può contribuire a fissare standard, limiti e a creare occasioni di lavoro più di altri.
  Avendo concluso così con questo aspetto verde, di nuovo veramente ringrazio tutti voi per l'attenzione e la pazienza e spero di incontrarci presto anche nel nostro Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Gentiloni per aver preso parte alla seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.20.