XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Mercoledì 24 febbraio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 

Audizione dell'Ambasciatore Michele Valensise, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 2 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 5 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 6 
Tripodi Maria (FI)  ... 6 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Ungaro Massimo (IV)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 11 
Valensise Michele , già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione dell'Ambasciatore Michele Valensise, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ambasciatore Michele Valensise, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri all'epoca dei fatti.
  In apertura di questa audizione mi preme esprimere a nome di tutta la Commissione cordoglio e dispiacere per la morte dell'ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci nell'attentato nella Repubblica Democratica del Congo ed esprimere le più sentite condoglianze alle famiglie, al corpo diplomatico e all'Arma dei carabinieri per questa grave perdita che è una perdita per tutto lo Stato.
  L'audizione dell'ambasciatore Valensise rientra nel quadro degli approfondimenti che la Commissione sta completando con riferimento ai giorni cruciali del sequestro e dell'uccisione del giovane ricercatore friulano. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta sia dell'audito sia dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni, sospendendo in tal caso la partecipazione da remoto.
  Ricordo, altresì, ai colleghi presenti la prescrizione di indossare la mascherina anche quando prenderanno la parola, come ormai prassi in Assemblea.
  Invito quindi l'ambasciatore Valensise a svolgere la sua relazione, ringraziandolo per la disponibilità immediatamente manifestata a collaborare con la Commissione.

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente e i commissari per avere voluto aggiungere la mia voce a questo importante e delicato lavoro che da mesi la Commissione d'inchiesta sta compiendo. Per me è un'occasione molto gradita di ritornare in Parlamento dopo qualche anno ed è anche un'occasione per rinnovare, purtroppo, una ferita sempre aperta, il dolore non diminuito per l'accaduto, per rinnovare l'auspicio di un raggiungimento totale della verità alla quale sicuramente la Commissione con il suo lavoro contribuirà al meglio e per rinnovare ancora di più la speranza, la richiesta, la rivendicazione, che è stata quella della Farnesina fin dal primo momento dei fatti, della giustizia da assicurare. Credo che si tratti di qualcosa che dobbiamo non solo alla memoria di Giulio Regeni, ma alla sua famiglia, ai suoi colleghi, a tutti i giovani coinvolti come lui in un lavoro delicato e impegnato, come era quello di Giulio Regeni. Penso sempre – l'ho anche detto pubblicamente – che in queste occasioni Pag. 3noi dobbiamo la verità anche alla dignità dello Stato italiano.
  Mi associo, se posso, presidente, al suo pensiero in memoria di un collega caduto due giorni fa, Luca Attanasio, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milombo. Mi pare di interpretare il dolore dei miei colleghi della Farnesina, allo stesso modo con il quale vivemmo il dolore e lo strazio nei giorni del caso Regeni.
  Credo che sia stato doveroso rispondere al suo gentile invito, signor presidente, anche se ho l'impressione, avendo scorso i resoconti delle vostre numerose e approfondite audizioni, che da parte mia ci sia poco da aggiungere, tenendo anche conto che il mio mandato di Segretario generale si concluse 29 giorni dopo i fatti. Mi fa comunque piacere e sono a vostra completa disposizione per tutto quello che potrò dire o rispondere: mi fa piacere perché credo che possa essere, per me almeno, un'occasione utile per sottolineare qualche passaggio che ho rinfrescato in vista di questa riunione e che nella mia percezione può essere particolarmente significativo. Cercherò di essere sintetico in modo da lasciare più spazio possibile agli interventi dei deputati.
  Ricordo che questo caso comincia, come sapete benissimo, nella tarda serata del 25 gennaio, quando l'ambasciatore Massari viene avvertito intorno alle 23,20 della scomparsa di un giovane ricercatore italiano. La reazione e le reazioni che adesso passeremo o ripasseremo rapidamente in rassegna sono tutte reazioni da manuale, direi, da protocollo. Grazie all'efficienza e alla puntualità dell'ambasciatore Massari da quel momento scatta un protocollo consolidato e anzi, come qualcuno prima di me ha già avuto occasione di dire, accelerato nel caso di Giulio Regeni. Ci fu un'informazione tempestiva, la sera stessa di lunedì 25 gennaio, al referente dell'AISE in loco e poi, dalle prime ore della mattina dopo, come sappiamo, ci fu un'azione a tutto campo, crescente, per verificare lo stato e la localizzazione di Giulio Regeni. Le procedure, per quello che posso ricordare e aver verificato io, sono state realizzate con grande scrupolo e con grande tempestività. Già dal giorno dopo – siamo al 26 gennaio – tutti i terminali operativi risultano informati di questa scomparsa. In quelle ore è ancora una scomparsa: ce ne sono state e ce ne sono altre nel mondo, nella nostra rete. In particolare in Egitto c'erano stati, come è stato già sottolineato, due casi di persone scomparse e poi rintracciate dopo alcuni giorni dalla loro scomparsa. Un giovane omosessuale impegnato per lavoro al Cairo e successivamente un ingegnere attivo nel settore dell'alta tecnologia, fermati senza alcuna garanzia da parte egiziana e poi fortunosamente rintracciati e liberati. Parte quindi la ricerca secondo i protocolli, e il Ministro degli esteri viene informato rapidamente attraverso i canali ordinari.
  Il 27 gennaio arriva al Cairo – non per il caso, ma in coincidenza con il caso – anche una missione dell'AISE. L'attività dell'Ambasciata in questa prima fase è, mi pare, ampiamente documentata da una serie di puntualizzazioni che sono state fatte dall'ambasciatore Massari con molto scrupolo nonché dagli atti che la Commissione ha voluto acquisire. In particolare, ricordo un messaggio circostanziato del 28 gennaio con il quale a 48 ore dall'emergere dei fatti, l'ambasciata riepiloga lo svolgimento e informa tutti i terminali interessati.
  Un punto importante è quello del 31 gennaio. Il 31 gennaio, a fronte di una scomparsa che si protrae ormai da cinque giorni, il Ministro degli esteri dell'epoca Gentiloni parla direttamente con il suo omologo egiziano Shoukry. C'è un comunicato ufficiale, quindi c'è una presa di posizione pubblica nella quale si sollecita l'intervento massimo, urgente e il più capillare possibile per rintracciare il povero Giulio Regeni.
  Ho potuto ricostruire i fatti con l'aiuto dei documenti a disposizione alla Farnesina, non nel mio archivio, perché quando ho lasciato l'incarico non ho portato con me alcun documento, come è giusto. In quei giorni ci sono anche due aspetti che sicuramente la Commissione ha già colto e che mi permetto di sottolineare.
  Il primo è la necessaria insistenza da parte dell'ambasciatore Massari per essere Pag. 4ricevuto dal Ministro dell'interno Ghaffar. C'è una richiesta che parte subito, credo il giorno 27, quindi a meno di 36 ore dalla scomparsa di Giulio Regeni, e questa richiesta viene disattesa fino al giorno 2 febbraio. Solamente il 2 febbraio sarà possibile per l'ambasciatore essere ricevuto dal Ministro dall'interno con un colloquio che, come abbiamo visto anche dagli atti, Massari non esita a definire come «muro di gomma»: non solo inconcludente, ma anche relativamente respingente.
  Il secondo aspetto che mi è rivenuto alla memoria è quello della visita o, più in particolare, della preparazione della visita dell'allora Ministra per lo Sviluppo economico Federica Guidi. La ministra Guidi arriva al Cairo la mattina del 3 febbraio, ma la preparazione della visita – come sempre in queste occasioni e come in particolare in questa occasione – viene anticipata da una serie di affinamenti sia con il Ministero degli esteri, sia con la Presidenza del Consiglio, sia anche, mi risulta, addirittura con la Presidenza della Repubblica. Questi affinamenti avevano a che fare con l'opportunità da un lato e le modalità dall'altro della visita stessa. C'è stato un lavoro preparatorio e di interlocuzione con i terminali in cui ci si pose il problema di mantenere o meno la visita in programma, in che condizioni e con quali modalità.
  Il giorno 3 febbraio è il giorno tragico, decisivo per quello che stiamo descrivendo perché nelle prime ore della mattina viene ritrovato il corpo di Giulio Regeni alla periferia del Cairo. Alle 13.30 di quel giorno ha luogo il colloquio tra la ministra Guidi e Al-Sisi. Il presidente egiziano a fronte delle richieste opportunamente formulate dal Governo italiano di informazioni, aiuto, collaborazione e ricerca urgentissima, a questo punto, del nostro connazionale, assicura in maniera formale il proprio interessamento. Ricordo ancora un elemento che sicuramente avete ben presente: il fatto che alle 17 di quel mercoledì 3 febbraio il corpo di Giulio Regeni viene depositato all'obitorio. Non ci sono informazioni ufficiali, non c'è un flusso di informazioni ufficiali. Intorno alle 20, come ormai è storia pubblica e lo ripeto a mio beneficio e non certo vostro, l'ambasciatore viene ufficiosamente informato in Ambasciata dall'assistant minister degli affari esteri Zaky del ritrovamento di un corpo che potrebbe essere quello di Giulio Regeni che noi stavamo cercando da giorni. Nessuno ci aveva informato prima. Seguono i fatti che sono noti e acquisiti dalla Commissione: la visita all'obitorio in tarda sera, sulla base di una scelta condivisa con Roma, da parte dell'ambasciatore Massari.
  Qui, se mi consentite, arrivo a un mio ricordo personale. L'ho già anticipato informalmente al presidente, è un ricordo che voglio condividere con voi, anche con una certa emozione. In quella tarda serata del 3 febbraio io ricevetti una telefonata dal Ministro degli esteri Gentiloni che quel giorno era a Londra per una missione di lavoro. Il ministro mi incaricò – alla luce di quello che avevamo appena sentito, cioè il ritrovamento del corpo – di convocare con la massima urgenza e con la massima durezza l'ambasciatore d'Egitto in Italia per rappresentargli il nostro profondissimo sconcerto, il nostro raccapriccio per l'epilogo di questa storia e per rappresentare soprattutto l'esigenza di fare luce immediatamente su tutta la dinamica e su tutte le responsabilità. Ricordo quell'episodio perché dissi al ministro che mi sarei attivato rapidamente, ma che avremmo dovuto avere fortuna per rintracciare subito l'ambasciatore. Era tarda sera, era quasi notte, ricordo che eravamo tutti a casa. Gentiloni mi disse che avrebbe voluto dare annuncio di questo passo vigoroso e rigoroso che avrebbe fatto l'Italia attraverso la mia persona, già in un punto stampa organizzato a Londra alle 11 del mattino successivo. Ricordo la concitazione con la quale cercai, cercammo, l'ambasciatore d'Egitto che venne alle 8.30 del mattino alla Farnesina – siamo al 4 febbraio. Ricordo quell'incontro come uno degli incontri più duri che io abbia avuto nel corso della mia attività professionale. Dissi all'ambasciatore quello che ero stato incaricato di dire e soprattutto ricordo l'insistenza che posi sul fatto che questa era una circostanza drammatica, eccezionale e che avrebbe potuto costituire Pag. 5un grande problema. Lo costitutiva per noi, che avevamo perso un italiano in quelle condizioni terribili, ma avrebbe costituito un problema per l'Egitto e mi sentii in dovere di dirgli: «Fate tutto quello che dovete fare, subito». Glielo dissi in maniera dura, pur essendo l'ambasciatore un interlocutore abituale con il quale avevamo avuto, fino a quel momento, dei cordiali rapporti. Quella conversazione non fu cordiale.
  Siamo quasi all'epilogo di quello che posso ricordare e condividere con voi oggi. Sottolineo il fatto che il giorno successivo, il 5 febbraio, una delegazione del ROS arrivò al Cairo. Ricordo che il 10 febbraio è la data della richiesta di assistenza giudiziaria della Procura di Roma alle autorità egiziane, richiesta alla quale mi sembra di poter dire, confermare anzi, che non fecero seguito sviluppi significativi in quella sede. I giorni successivi furono intensi, concentrati sulla priorità dell'accertamento della verità, sull'accertamento delle responsabilità. Ricordo ancora una volta un fatto noto e cioè che il contatto con la famiglia Regeni fu assicurato in tutta la misura possibile. Ricordo in particolare due incontri a cui io non assistetti personalmente, ma di cui fui informato. Il primo, ci fu il 25 febbraio con il nostro direttore generale per gli italiani all'estero, Cristina Ravaglia; il secondo, due giorni dopo, il 27 febbraio, con il Ministro Gentiloni, con il quale la famiglia aveva già avuto contatti telefonici fin dal primo momento, anzi, ancora da quando era al Cairo, se non erro. Dopo pochi giorni, i primissimi giorni di marzo, conclusi il mio incarico alla Farnesina. Ho continuato da lontano – da funzionario e direi da cittadino – a seguire gli sviluppi di questo caso, compreso il vostro lavoro. Mi auguro veramente che un giorno si possa arrivare ad assicurare alla giustizia i responsabili di questo terribile fatto.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Valensise. Invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni o domande di chiarimento. Prego, collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio il presidente e ringrazio l'ambasciatore Valensise, la cui cortesia non è cosa da poco. In un momento di grandissimo dolore per queste terribili giornate, con la morte dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, non è facile approcciarsi a queste ulteriori tematiche e qualche volta è perfino un fatto che mi fa rabbrividire. In questi giorni ho sentito moltissimo parlare dell'esigenza di assicurare verità e giustizia su ciò che è accaduto ad Attanasio e a Iacovacci ed è quello che, per quanto riguarda Giulio Regeni, stiamo cercando di fare anche noi e che si cerca di fare da tanto tempo, ma al momento non siamo ancora arrivati in porto. Spero, confido, che noi si arrivi in porto e che nello stesso porto di chiarezza possa arrivare quanto serve per capire cosa effettivamente è accaduto all'ambasciatore Attanasio e al carabiniere Iacovacci.
  Ambasciatore, grazie. Lei ci ha fornito una serie di dati estremamente importanti con dei punti che mi permetto di richiamare per chiederle se possiamo sfruttare la sua memoria per fare ulteriormente attenzione a quei momenti. Un momento estremamente importante è, secondo me, esaminare quello che sarebbe stato o che è lo standard di comportamento, quindi quello che lei ha definito «protocollo operativo» e la sua modalità di espletamento. Un protocollo che, valido o meno, però aveva dimostrato validità e lei stesso ha ricordato il caso di altri due connazionali scomparsi in Egitto che, sviluppando lo stesso protocollo e con una certa fatica, riuscimmo a individuare e a salvare. Non so se posso usare questo termine, diciamo a riportare a casa.
  Un altro momento che mi sento di chiederle di potere approfondire insieme a noi è il momento dell'affinamento – mi è piaciuto moltissimo il termine che lei ha utilizzato perché è molto significativo – che è stato fatto prima della visita della ministra Guidi al Cairo. Era evidente che fosse un momento delicato e quindi era assolutamente evidente che dovesse essere affinato. Il riferimento a questo affinamento con la Presidenza del Consiglio dei ministri e anche con la Presidenza della Repubblica è evidentissimo.Pag. 6
  Le chiedo però se potessimo tornare, per quanto lei abbia disponibilità di dati e possa ricordare, su ulteriori elementi che facciano riferimento a questi due momenti.
  Terzo momento. A un certo punto il Ministero degli affari esteri – e lei nella sua veste assolutamente importante di riferimento complessivo – viene avvisato. Lei può ricordare il momento tendenzialmente esatto di quando voi siete stati avvisati? Il momento in cui lei dice: «Il protocollo è stato rispettato e un certo punto già il giorno dopo potevamo dire che tutta la rete dei destinatari operativi era stata allertata». Questo vuol dire anche in riferimento al Ministero? In questo contesto il Ministero, per quanto lei possa avere questi atti a disposizione, informò con la stessa tempestività, nello stesso momento, anche altri terminali, i servizi piuttosto che il Presidente del Consiglio dei ministri? Questo elemento ha portato tali autorità a fare qualcosa? Tutta una serie di documenti è già stata consegnata alla nostra Commissione e naturalmente alla fine del suo mandato lei non ha potuto portare a casa i fascicoli, ci mancherebbe altro. Però la sua memoria è assolutamente preziosa.
  Nei due casi di compatrioti che abbiamo riportato a casa ci siamo comportati in un modo analogo? E qui le chiedo delle valutazioni, mi rendo conto, estremamente complicate. Ambasciatore, cosa abbiamo sbagliato? A distanza di tanto tempo, se lei potesse, che cosa farebbe ora o farebbe fare ora che non ha potuto fare o non ha avuto modo di far fare all'epoca? Cosa avremmo dovuto fare di diverso per riuscire a portare a casa anche Giulio come era accaduto per gli altri due compatrioti? In questo contesto che cos'è, se si può individuare, ciò che differenzia il caso di Giulio Regeni dal caso di altri? Perché Giulio è diverso? Non credo si possa ascrivere questo elemento a mera sfortuna, ci mancherebbe altro, vorrebbe dire non essere rispettosi di tutto ciò che è accaduto e della figura di questo ragazzo nostro compatriota, però è estremamente importante se riuscissimo a individuare questo elemento.
  Infine, e mi perdoni, quando sento una persona appartenente al corpo diplomatico esperta come lei dire che non fu una conversazione cordiale, capisco moltissime cose. Qual è stata la reazione che ebbe nell'immediato l'ambasciatore e che lei con l'esperienza che aveva e che ha poteva in qualche modo misurare? Ne restò colpito? Secondo lei ne venne imbarazzato? Secondo lei non aveva modo di fare null'altro di ciò che è stato fatto? Che tipo di sensazione lei ha tratto dal suo comportamento a fronte di questo che non è naturalmente un episodio normale? Una conversazione estremamente dura per una convocazione ad horas, con l'ambasciatore che arriva alle 8.30 del mattino – anche questa una cosa non proprio usuale rispetto alla prassi e allo stile che si hanno in queste circostanze.
  Grazie di cuore, ambasciatore. Mi rendo conto di quanto difficile siano le questioni, ma sono assolutamente convinto che lei, come noi, abbia come obiettivo fondamentale trovare la verità e la giustizia su ciò che è accaduto a Giulio.

  PRESIDENTE. Raccoglierei le domande dei colleghi. La parola alla collega Tripodi.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Grazie all'ambasciatore. Naturalmente mi unisco a quanto detto dai colleghi che mi hanno preceduto sull'ambasciatore Attanasio e sul carabiniere Iacovacci e la ringrazio doppiamente per essere qui oggi in audizione, visto il delicato momento.
  Ambasciatore, lei ci ha fatto una descrizione dei fatti che sono successi con la morte di Giulio Regeni e successivamente anche una ricostruzione, per quanto le è stato possibile, dei 29 giorni successivi. Abbiamo avuto anche altre audizioni che hanno ricalcato i pilastri tra il rapimento, l'uccisione, il ritrovamento del corpo e la visita dei nostri rappresentanti istituzionali in Egitto. Naturalmente l'orrore e il raccapriccio che abbiamo avuto tutti come Paese nel vedere questo omicidio ci lascia ancora oggi sgomenti. Però approfitto della sua presenza oggi perché, oltre alla ricostruzione dei fatti che lei ha dettagliatamente Pag. 7elencato, mi vorrei soffermare su altri aspetti. Stiamo lavorando qui da diverso tempo per cercare di riportare la verità e di non fare mai mancare la luce su questa vicenda. Mi sembra, da come la Commissione si è documentata, che dovremmo soffermarci – lo chiedo a lei e vorrei un suo contributo se fosse possibile in questo senso – anche su due aspetti centrali. Uno riguarda i nostri rapporti con l'Egitto prima, durante e attualmente, che troppo spesso – anche giustamente, devo dire – vengono messi nel mirino per quanto riguarda gli scambi commerciali. L'altro riguarda il fatto che, a mio modesto avviso, la cooperazione giudiziaria tra i due Paesi fosse invece la via maestra per portare alla verità su questa vicenda.
  Le chiedo inoltre se forse lo Stato italiano non avesse dovuto meglio approfondire – sempre naturalmente a mio avviso – quella che viene denominata la «pista inglese». Come mai non ci si è mai soffermati più di tanto su questa via? Almeno, io ho avuto questo tipo di impressione.
  Da ultimo, e mi taccio davvero, le chiedo se non ritiene che l'eccessivo carattere ideologico che è stato dato da certa stampa a questa vicenda non abbia danneggiato proprio il clima che invece doveva esserci attorno a una vicenda così delicata e così tragica proprio per arrivare alla verità? La ringrazio.

  PRESIDENTE. La parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente. Anch'io mi unisco alle condoglianze che faccio al personale della Farnesina e all'Arma dei carabinieri che sono impegnati in tutto il mondo in situazioni davvero difficili. Grazie ai servitori dello Stato per questo sacrificio: ci tenevo a fare le condoglianze anche a lei, ambasciatore.
  Intendo porre domande un po' più puntuali. Da quello che ricorda, ci può confermare che tra il 25 gennaio, giorno della scomparsa, e il 31 gennaio, le uniche interlocuzioni con il governo egiziano siano state attuate tramite l'ambasciatore Massari?
  Lei saprà che una delle finalità della Commissione è di approfondire gli aspetti della sicurezza dei cittadini italiani nel mondo. Dopo il caso Attanasio e Iacovacci forse questo tema ritorna e quindi mi chiedo, alla luce della sua esperienza a capo della diplomazia italiana, se si sente di dare dei consigli a questa Commissione in termini di protocolli o linee guida su come garantire la sicurezza dei nostri concittadini all'estero.
  Lei non trova che sia una coincidenza abbastanza colossale l'incontro tra la ministra Guidi e il Presidente al-Sisi proprio qualche ora prima del ritrovamento e che anche tutta questa vicenda si sia svolta comunque nel corso della visita a livello bilaterale della ministra in Egitto? Le vorrei chiedere quale sia la sua impressione, se si è fatto un'impressione, su questa incredibile coincidenza e se anzi le due cose non siano collegate: il ritrovamento del corpo di Giulio e l'incontro tra il presidente egiziano e la ministra.
  Le chiedo anche, alla luce della sua esperienza, se si sente di appoggiare l'idea che forse l'Italia dovrebbe seguire la via giudiziaria internazionale con un ricorso alla Corte internazionale di giustizia per chiedere di ottenere verità e giustizia sul caso di Giulio Regeni.
  Infine lei ha accennato alla visita dell'AISE al Cairo. Forse valuterà lei se rispondere a questa domanda in seduta segreta. Noi abbiamo avuto difficoltà ad audire l'AISE, crediamo che sia importante avere un riscontro. Non so se lei possa dirci come l'attività dall'AISE al Cairo in quei giorni abbia influito, aiutato o meno, sul caso di Giulio Regeni. Credo che sarà importante per questa Commissione acquisire elementi anche su questo fronte. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Invito l'ambasciatore Valensise a rispondere alle domande formulate dai colleghi.

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ringrazio tutti i deputati per queste indicazioni e Pag. 8per queste richieste che mi sono state formulate. Cerco di rispondere nell'ordine e il più efficacemente possibile. Onorevole Pettarin, cominciamo dal protocollo al quale abbiamo fatto riferimento. C'è una prassi, non c'è un libro con una regola da applicare, non c'è un manuale da applicare. C'è una prassi consolidata e opportunamente seguita in quel caso anche in Egitto, che è quella di acquisire la registrazione della scomparsa che, come sappiamo, può avere mille motivazioni: carattere personale, di salute, incidente, arresto, scomparsa volontaria. L'arco delle possibilità è ampio. Passato un certo numero di ore, generalmente 24 nei nostri uffici, si inoltra una denuncia alle autorità locali per la scomparsa e per rintracciare la persona. Ho detto prima che mi sembra fosse un protocollo rispettato anche più della prassi, perché, come avrete visto, l'Ambasciata prese dei provvedimenti in questo senso già nel pomeriggio del giorno 26, quindi a meno di 24 ore dalla conoscenza della scomparsa. La visita della ministra Guidi fu preparata, per quello che mi risulta e anche per quello che ricordo, molto scrupolosamente. Ripeto, ci fu uno scambio di valutazioni, confermatemi anche dai colleghi responsabili a Palazzo Chigi in quel momento, sull'opportunità e sul dosaggio del messaggio che la ministra Guidi avrebbe dovuto portare al Presidente al-Sisi e alle autorità egiziane. Credo di poter dire con esattezza che non fu un affinamento puntuale – non è che ne parlarono una volta. Ne parlarono nell'arco di più giornate, come mi è stato confermato anche in previsione di questa audizione.
  Il momento dell'informazione. Questo è un punto forse rilevante e di interesse per tutta la Commissione. Noi dobbiamo fare i conti – anche qui mi scuso se ripeto delle cose ben note – con due canali di comunicazione. C'è un canale Ambasciata e c'è un canale AISE ed entrambi fanno capo agli stessi terminali, cioè al Ministero degli esteri o meglio, il canale Ambasciata fa capo al Ministero degli esteri e a Palazzo Chigi, il canale AISE fa capo a Palazzo Chigi. La struttura dell'AISE è a Palazzo Chigi. Io posso dirle qualcosa che forse porta un piccolo granellino di novità, ma forse, lo dico in maniera molto prudente. Quando il Ministero degli esteri, come sempre in questi casi, attraverso il nostro canale, ovvero la nostra struttura deputata alla trattazione di questa informazione che è l'Unità di crisi, il giorno 26 o 27 – non mi dica di essere più preciso perché non abbiamo potuto stabilire se era il 26 o il 27 – chiama l'AISE Roma e dice che risulta una delle non rare scomparse di un cittadino italiano, l'AISE Roma risponde: «Sì, grazie, lo sappiamo già», quindi a conferma del fatto che AISE Cairo aveva opportunamente, diligentemente, informato i suoi terminali – l'Autorità delegata, immagino.
  La sua quarta domanda è la più interessante, ma qui ci vorrebbe un'audizione apposita: che cosa abbiamo sbagliato? Onorevole, io non so, con tutta la sincerità possibile, se noi abbiamo sbagliato qualche cosa. Io non so rispondere ancora oggi a questa domanda. Avendo ripercorso, prima di venire da voi, tutti i passaggi, tutti gli atti, tutti gli adempimenti che sono stati effettuati, io ho difficoltà a rispondere a questa domanda: «Che cosa abbiamo sbagliato?». Non so se abbiamo sbagliato qualche cosa, noi.
  Il colloquio con l'ambasciatore egiziano fu un colloquio, come abbiamo detto, duro, ostico. L'ambasciatore era su una posizione assolutamente difensiva, non lasciò trapelare nulla. Come ho scritto in una nota che immagino sia stata acquisita agli atti della Commissione, fece riferimento a un atto criminale. Cercai di capire da lui in base a che cosa dicesse con sicurezza che si trattava di un atto criminale, ma non mi diede risposta: atto criminale è scritto tra virgolette nel mio resoconto e me lo ricordo ancora adesso a distanza di cinque anni. Negò, questo sì, che Regeni fosse stato arrestato da autorità di sicurezza egiziane e, infine, cosa di cui abbiamo avuto eco anche successivamente, espresse fin da quel momento vive perplessità sul fatto che l'Italia avesse interrotto la visita della ministra Guidi. L'ambasciatore non riuscì a mettere in relazione la gravità dell'accaduto con la reazione, a mio avviso dovuta, di interrompere la visita della ministra Guidi. Questo fu il contesto nel quale si Pag. 9svolse il colloquio, ripeto, di notevole e non usuale durezza.
  Onorevole Tripodi, i rapporti con l'Egitto sono materia ampia e importante. L'Egitto è un partner rilevante nel nostro commercio, direi non solo dal punto di vista economico o commerciale. Il ruolo dell'Egitto in una regione che è prioritaria per noi non ha bisogno di descrizioni. I rapporti erano particolarmente intensi in quella fase. Ricorderete le ripetute missioni del Presidente del Consiglio in Egitto. Un rapporto molto preferenziale. Al-Sisi – e lo volle sottolineare quando fece la sua prima visita all'estero – venne in Italia prima che in altri Paesi. Parliamo di un contesto di rapporti fluidi, positivi, importanti. Quello che è successo dopo mi sembra un fatto dovuto, fisiologico. Questi rapporti sono stati, almeno a livello politico, come sappiamo, seriamente ridimensionati. Era nella logica delle cose, e non mi sento certo di criticare chi dopo di me e più in alto di me ha ritenuto di seguire questa strada.
  È vero, la cooperazione giudiziaria ha e avrebbe dovuto avere un ruolo importante. Sono perfettamente d'accordo con lei sul fatto che questa doveva essere la via maestra dell'interlocuzione con le autorità egiziane. Voi però avete audito il procuratore Prestipino e il sostituto procuratore Colaiocco. Mi pare che a quella presentazione molto dettagliata di entrambi, più generale la prima, più circostanziata la seconda, da parte mia ci sia poco da aggiungere. Sono i fatti e le sequenze di questo non sempre semplice dialogo con le autorità giudiziarie egiziane che spiegano il tutto.
  La pista inglese è una pista che emerse, per la verità, dopo il mio periodo. Io posso darle un'impressione esterna, se me lo consente, ed è che c'è qualche cosa da chiedere agli inglesi. Lo dico in maniera forse troppo sbrigativa, ma da quello che abbiamo visto ex post ma che non potevamo sapere nei 29 giorni, sicuramente dobbiamo esigere di più, credo ancora oggi, non tanto dagli inglesi, quanto da un certo settore dell'accademia inglese che è quella con il quale Giulio Regeni era in contatto.
  Lei ha fatto una considerazione politica di cui credo di intuire la motivazione, cioè se nell'abbordare questa vicenda ormai lunga di cinque anni, noi non abbiamo fatto l'errore di abbordarla con un approccio eccessivamente ideologico. Anche qui le posso dare una valutazione ex post: francamente io non ho questa impressione. Posso avere questa impressione in base a qualche commento, a qualche analisi che abbiamo letto sui giornali. Avrei difficoltà a condividere questa impressione, però, se la dovessimo attribuire a un'azione dei governi. Non mi sembra che sia stato questo né il vizio né il difetto di quello che siamo stati chiamati a fare in questi cinque anni.
  L'onorevole Ungaro mi ha chiesto, se ho ben registrato la sua domanda, se nel periodo dalla sera del 25 gennaio al giorno 31, cioè data del colloquio – immagino volesse riferirsi a quello – tra i ministri Gentiloni e Shoukry e del comunicato stampa successivo, ci siano state altre interlocuzioni con gli egiziani al di fuori di quelle che aveva l'ambasciatore Massari. Personalmente non mi risulta. Ma questa procedura non deve meravigliare. A quanto ricordo e per quello che ho visto negli atti, il primo e molto energico intervento a livello politico, oltre agli interventi che si facevano attraverso l'ambasciatore Massari e che sono ben documentati – non ci torno ancora una volta – l'unico intervento fu quello di Paolo Gentiloni il giorno 31 gennaio.
  C'era un riferimento ai protocolli per la sicurezza dei cittadini all'estero. Mi sembra sia una questione di ampio respiro che va ben al di là del caso Regeni. Noi abbiamo delle regole di ingaggio, credo che non siano mutate negli anni in cui io non sono stato più alla Farnesina. Ho avuto il privilegio e anche l'onore di servire nella mia attività professionale in due zone di guerra durante degli eventi bellici e con una situazione che veniva considerata a rischio da Roma. La prima esperienza è stata a Beirut dal 1984 al 1987, durante la guerra civile, anzi durante la fase più critica della guerra civile; la seconda esperienza l'ho avuta a Sarajevo dall'inizio del 1997 al 1999. Nella prima assegnazione ero consigliere dell'ambasciata, nella seconda esperienza ero l'Ambasciatore d'Italia. Avevamo Pag. 10delle regole che ci venivano date da Roma. La flessibilità nell'impiego di queste regole era – ovviamente dico io – responsabilità nostra, degli interessati. Per andare a comprare una bottiglia d'acqua minerale e attraversare la strada non avevo bisogno di chiedere l'autorizzazione a Roma. Lo facevo su mia responsabilità, con un apparato di sicurezza che mi era stato assegnato apposta. Ricordo in particolare l'ultimo anno della mia permanenza a Beirut, se posso fare una digressione personale, però presidente mi dica subito lei se vado fuori tema. Quello era un anno delicato. Lei, onorevole Ungaro, mi sembra troppo giovane per ricordare quegli anni, ma erano gli anni in cui c'era un rischio di rapimenti di cittadini e funzionari occidentali in Medioriente, in particolare in Libano, per avviare degli scambi con detenuti libanesi nelle nostre prigioni. L'Italia, come altri Paesi, aveva già detto che questo non sarebbe stato possibile e che quindi se avessero rapito uno di noi nessun prigioniero libanese sarebbe stato in cambio liberato. Ci dissero: «Noi vi diamo una scorta, vi diamo una macchina blindata. State attenti, usatela, perché se succede qualche cosa le regole sono queste». Ci comportammo di conseguenza, con molta prudenza, e grazie a Dio non successe niente; ma con molta prudenza e, ripeto, con una latitudine nelle scelte specifiche dei movimenti che riguardava la periferia, non il centro. Non so se sono stato chiaro.
  Penultima domanda. La visita della ministra Guidi coincide con il giorno del ritrovamento del corpo del povero Giulio Regeni. È una coincidenza? Ci ho pensato tante volte, ma non sono in grado di darle una risposta. Questa è la conclusione del lavoro al quale spero che la Commissione arriverà attraverso le sue numerose audizioni. Siamo nel campo delle ipotesi e credo ogni ipotesi avrebbe la sua dignità e il suo fondamento, ma personalmente, mi scusi, non sono in grado di formularne per onestà intellettuale nessuna.
  Infine la visita dell'AISE del 27. Personalmente mi auguro che nel novero delle numerose e articolate audizioni della Commissione ci possa essere, se ho capito bene, anche quella dei rappresentanti dell'AISE, che potranno specificare meglio il mandato, i termini, la durata e i contatti di quella missione del 27, alla quale ne seguirono altre. Ho visto che mesi fa ne ha fatto menzione anche la signora Regeni nella sua testimonianza, quindi non torno su cose che la Commissione ha sentito. Però posso confermare, perché è agli atti, e lo faccio volentieri, che il 27 di gennaio del 2016 una missione a livello tecnico, non dirigenziale, dell'AISE – già nella pipeline, nell'ambito dei normali contatti tra intelligence dei due Paesi – era al Cairo. Poi aggiungo una parola, anche se superflua, sulla disclosure, come si dice in gergo. La rivelazione e la misura della rivelazione dei contatti con l'AISE è qualche cosa che spetta all'AISE come ente mittente, e non alla Farnesina come ente ricevente. Noi abbiamo delle informative, e in questo momento non sono in grado di definire con maggiore dettaglio il perimetro della missione del 27 di gennaio.
  La Corte di giustizia internazionale è una pista che mi sentirei, anche alla luce di precedenti contenziosi di altro genere che l'Italia ha avuto, di vedere con favore. Abbiamo una tradizione di rispetto del diritto e di rivendicazione del rispetto dei diritti. Abbiamo una tradizione, come i parlamentari sanno, di impegno serio su un fronte multilaterale. Non vedrei quindi inconvenienti. La mia è una valutazione personale, che do adesso. Non vedrei oggi inconvenienti per la possibilità di esplorare una pista di questo genere, salvo che non ci siano controindicazioni di cui non sono al corrente.

  PRESIDENTE. Grazie, ambasciatore. Aggiungerei alcune brevissime domande, ma sono proprio dei chiarimenti circostanziati. Al netto dei messaggi formali, che abbiamo anche agli atti, diramati dall'ambasciatore del Cairo, inviati anche alla Presidenza del Consiglio, ci furono in quei giorni dei contatti cosiddetti «informali», cioè contatti tra voi alla Farnesina e la Presidenza del Consiglio con il suo omologo responsabile delle relazioni diplomatiche di Palazzo Chigi, sul caso Regeni, quindi scambi diretti tra Farnesina e Palazzo Chigi? Se sì, si ricorda Pag. 11in quali giorni e in che forma avvennero questi contatti e questi confronti sul caso?
  A proposito della visita della ministra Guidi, immagino ci sia stato uno scambio anche tra voi e il consigliere diplomatico dell'allora ministra Guidi che poi l'accompagnò, l'ambasciatore Cospito, per preparare eventualmente gli incontri con al-Sisi. Mi chiedevo se ricorda in quali circostanze e quanti giorni prima ciò sia avvenuto.

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Posso confermarle che i contatti, come sempre in queste vicende, con l'ufficio del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi ci furono. Lo abbiamo potuto confermare a memoria con i colleghi, prima di questa audizione. I contatti avvenivano generalmente per telefono. Mi dispiace non essere più in servizio alla Farnesina, perché essendo uscito ho perso la memoria della nostra e-mail interna, sulla quale ogni tanto annotavamo o con la quale interloquivamo tra di noi, un canale chiuso. Purtroppo non ho più quei dati, come è giusto che sia, e non posso datare con precisione i contatti che io o altri colleghi, in particolare il capo di Gabinetto dell'epoca e forse il Ministro stesso, avemmo in quei giorni con Palazzo Chigi. L'ufficio del consigliere diplomatico mi conferma, però, che i contatti erano fluidi e che non c'è stato un effetto sorpresa da questa interlocuzione.

  PRESIDENTE. Quindi antecedenti alla comunicazione ufficiale che arriva dall'Ambasciata del Cairo e che è indirizzata sia alla Farnesina sia a Palazzo Chigi?

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La comunicazione ufficiale del Cairo è del giorno 28, come lei sa. Non sono in grado di dirle, per le ragioni che ho riferito, se questi contatti avvennero già nella giornata del 27, ma sicuramente dal 28 in poi mi pare molto plausibile ed estremamente probabile che questi contatti abbiano avuto luogo.

  PRESIDENTE. Mentre quelli con l'AISE, ovvero quelli a cui ha fatto riferimento lei tra la struttura della Farnesina e Palazzo Chigi, avvennero il 27?

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. È probabile. Quando l'Unità di crisi, ripeto, come è prassi in questi casi, chiese: «Avete visto che c'è un caso dai contorni ancora da chiarire?» la reazione dell'AISE fu: «Sì, grazie. Siamo già stati informati dalla sede».

  PRESIDENTE. Immagino che questi siano contatti tempestivi, quindi antecedenti alla comunicazione. Immagino che l'Unità di crisi informi subito.

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Assolutamente sì. È una procedura di prassi, abituale, per default, si direbbe.
  Sull'ultimo punto, presidente, mi è stato confermato anche stamattina, che quella visita della ministra Guidi fu accuratamente preparata, come ho detto, in base a una serie di successivi passaggi, affinamenti, interlocuzioni, prevalentemente con Palazzo Chigi, come era giusto che fosse, perché il coordinamento di questo tipo di missioni spetta a Palazzo Chigi.

  PRESIDENTE. Perfetto. Do la parola al collega Pettarin per un'ultima domanda rapida.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Le chiedo una valutazione, ambasciatore, e mi rendo bene conto che non si può che fare riferimento a quella che è una sensazione. Alla domanda che avemmo modo di fare alla dottoressa Guidi durante la sua audizione, ovvero: «Lei ha avuto la sensazione che il corpo di Giulio, proprio nel momento in cui la sua delegazione è arrivata al Cairo, fosse stato fatto ritrovare perché era una scelta quella di farlo ritrovare in quel momento?», la dottoressa Guidi ci ha risposto che lei ha provato delle sensazioni di malessere rispetto a quello che era il quadro Pag. 12e che quindi qualcosa di strano stava sentendo, però non ha potuto essere più specifica.
  Nella sua valutazione e per quanto questo possa essere oggetto di misurazione, secondo lei sarebbe possibile, anche se forse non probabile, che sia stata una scelta, da parte di chi si è reso colpevole di quanto accaduto, fare trovare il cadavere di Giulio proprio il giorno 3, proprio il giorno di questa visita, che era stata molto affinata e molto preparata, perché voleva mettere in risalto il fatto che un nostro connazionale era sparito e che per quel motivo questo sia stato il momento in cui il corpo sia stato fatto ritrovare? Mi perdoni, mi rendo conto della delicatezza della questione.

  MICHELE VALENSISE, già Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Premesso che, com'è noto, la sensibilità femminile è di gran lunga superiore a quella maschile, le rispondo che, come ho cercato di dire prima, per noi è difficile fare ipotesi di questo genere. In quella prima fase, è un pensiero che abbiamo valutato, sulla consistenza del quale non eravamo però allora in grado di formulare delle ipotesi da sottoporre fattivamente e concretamente a valutazione. È un'ipotesi, e io credo che debba essere considerata come un'ipotesi. Però, con la massima sincerità, le dico che non avevamo all'epoca, e io non ho oggi, elementi per suffragarla.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Valensise per la corposa e importante relazione e per avere risposto a tutte le nostre domande. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.