XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III e X)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 23 settembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Fassino Piero , Presidente ... 3 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Fassino Piero , Presidente ... 9 
Cabras Pino (M5S)  ... 9 
Fassino Piero , Presidente ... 9 
Galli Dario (LEGA)  ... 10 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 
Valentini Valentino (FI)  ... 12 
Cirielli Edmondo (FDI)  ... 13 
Migliore Gennaro (IV)  ... 13 
Lupi Maurizio (Misto-NI-USEI-C!-AC)  ... 14 
Carabetta Luca (M5S)  ... 15 
Fassino Piero , Presidente ... 16 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 16 
Fassino Piero , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
PIERO FASSINO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera.

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Attività produttive del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del cosiddetto «Recovery Fund», vale a dire l'iniziativa approvata dal Consiglio europeo il 21 luglio scorso denominata in sede europea «Next Generation EU». L'audizione vale per i profili di competenza del Dicastero.
  Do il benvenuto al Ministro Di Maio, che ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori. Premetto che l'audizione odierna è stata richiesta nell'ambito dell'attività istruttoria che le Commissioni permanenti della Camera stanno svolgendo in vista della presentazione al Parlamento del Next Generation EU, che dovrebbe avvenire, secondo quanto anticipato dal presidente della Commissione Bilancio Melilli, contestualmente alla nota di aggiornamento del DEF (Documento di economia e finanza). Ricordo che il 15 settembre scorso il Presidente del Consiglio ha trasmesso alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da adottare in risposta all'iniziativa europea per il Next Generation EU. Le linee guida sono state definite e approvate dal Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) nella riunione del 9 settembre in coordinamento con tutti i Dicasteri e con le rappresentanze delle autonomie locali. Nel documento il Governo definisce gli obiettivi strategici di lungo termine, le aree tematiche di intervento e le azioni su cui si articolerà il piano che l'Italia dovrà presentare alla Commissione europea nei prossimi mesi, una volta completato l'iter di approvazione dei regolamenti attuativi del Recovery Plan europeo. Tra le altre, figurano anche le linee guida che rientrano a pieno titolo nelle materie di competenza delle nostre Commissioni, come il rafforzamento del patto per l'export e il sostegno all'internazionalizzazione, il potenziamento degli strumenti finanziari per promuovere una maggiore competitività delle imprese sui mercati internazionali, l'introduzione di misure per l'attrazione degli investimenti diretti esteri, nonché misure a favore del rimpatrio di attività economiche delocalizzate.
  Nella prospettiva dell'esame parlamentare del Recovery Fund alla luce delle linee guida del Governo, è in corso di elaborazione presso la Commissione Bilancio una proposta di relazione all'Assemblea ai sensi dell'articolo 143 del regolamento, su cui le Commissioni di settore potranno deliberare eventuali rilievi o osservazioni. Questa audizione, pertanto, è di specifico interesse anche nell'ottica che seguiranno per l'esame Pag. 4 delle proposte elaborate in Commissione Bilancio. In questa sede anticipo che ci sono complessivamente 208,6 miliardi di euro assegnati all'Italia nell'ambito del pacchetto Next Generation EU. Per quanto riguarda il dispositivo per la ripresa e la resilienza, approvato dal Consiglio europeo di luglio, che costituisce una parte del citato pacchetto, le risorse a disposizione dell'Italia sono circa 191 miliardi, di cui 63 a sussidi e 127 a prestito. Il 70 per cento delle risorse dovrà essere impegnato nel biennio 2021-2022 e la quota rimanente nel 2023. In base all'accordo raggiunto dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, la quota di sovvenzione ricevuta da ciascun Paese riflette le condizioni economiche nella fase precedente alla pandemia, oltre al livello demografico. Le due variabili economiche principali sono il PIL pro capite e il tasso di disoccupazione. Viceversa, il volume massimo dei prestiti non può superare il 6,8 per cento del reddito nazionale lordo.
  Segnalo, infine, che il 17 settembre scorso la Commissione europea ha presentato, nell'ambito del Semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche, gli orientamenti strategici per la definizione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza del 2021. Ad avviso della Commissione europea, i piani degli Stati membri, oltre ad affrontare le sfide di politiche economiche indicate nelle raccomandazioni specifiche per Paese del 2019 e del 2020, dovrebbero perseguire, come principali obiettivi, lo sviluppo e l'uso delle energie rinnovabili, misure di efficientamento energetico, mobilità sostenibile, digitalizzazione dei servizi pubblici compresi i sistemi giudiziari e sanitari, incremento delle capacità di cloud industriale europeo di dati, adattamento dei sistemi di istruzione per promuovere le competenze digitali alla formazione scolastica e professionale per tutte le età.
  Fatta questa doverosa premessa, chiedo al Ministro Di Maio di svolgere la sua relazione, segnalando che le votazioni in Assemblea avranno inizio circa alle 9,50. Conseguentemente chiedo ai gruppi di voler far pervenire fin d'ora agli uffici le richieste di intervento, che saranno organizzate come di consueto in modo da assicurare un intervento per ciascun gruppo, alternando il più possibile tra i componenti delle due Commissioni. Al termine di un primo ciclo di interventi il Ministro potrà intervenire in sede di replica. Successivamente, in base ai tempi disponibili potranno essere raccolte ulteriori domande ai fini di una seconda replica. Do pertanto la parola al Ministro Di Maio, ringraziandolo ancora di essere qui questa mattina con noi.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signor presidente. Un grazie a Lei, alla presidente Nardi e a tutti i deputati presenti per questa audizione. La considero un'occasione preziosa per discutere dell'argomento più rilevante per il futuro economico del nostro Paese. Questo confronto di idee è parte di un dialogo indispensabile tra Governo e Parlamento nell'individuazione delle priorità per l'utilizzo del Recovery Fund e credo sia molto utile anche per valorizzare il contributo importante che la Farnesina può dare alla ripartenza e la modernizzazione del nostro Paese.
  Mi preme quindi sottolineare come questi non siano ringraziamenti di rito. Il coinvolgimento del Parlamento nella definizione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) è fondamentale e deve essere assicurato in tutte le sedi opportune. Il Piano nazionale rappresenta uno strumento strategico per il rilancio dell'economia del Paese dopo la crisi Covid e per impostare un nuovo paradigma di crescita, perché ormai è indiscutibile che una crescita più sostenibile, inclusiva e duratura sia imprescindibile. Nella definizione del Piano il Governo è ben consapevole della grande responsabilità che deriva dalla mole di risorse senza precedenti che l'Unione europea ha deciso di mettere in campo e destinare al nostro Paese. Come ormai è ben noto, l'Italia è il primo beneficiario dei finanziamenti che saranno resi disponibili con Next Generation EU e all'interno di questo con il dispositivo per la ripresa e la resilienza, quello che siamo abituati a chiamare «Recovery Fund». Questo sostegno Pag. 5straordinario da parte dell'Unione, che è stato ottenuto grazie al fatto che il Governo ha messo in campo negli ultimi mesi ogni sforzo, ci offre l'occasione di sviluppare un programma di investimenti e riforme che faccia davvero la differenza.
  Quello che intendiamo fare è concentrare le risorse in modo strategico e affrontare i nodi strutturali e i tanti colli di bottiglia che per troppo tempo hanno frenato la crescita italiana. Lavorare per fare sì che queste risorse vengano utilizzate in modo responsabile e lungimirante rappresenta un dovere che abbiamo in primo luogo nei confronti dei nostri cittadini e delle generazioni future. La pandemia ci ha mostrato in modo ancora più deciso quanto profonde siano le interdipendenze e le connessioni tra gli Stati membri. Ha evidenziato quanto i nostri destini siano accomunati. Anche per questo molti Stati membri dell'Unione e le opinioni pubbliche europee guardano all'Italia con grande attenzione e noi abbiamo una responsabilità anche nei loro confronti. Non dobbiamo dimenticare che il Recovery Fund, su cui l'Italia ha dovuto svolgere un'azione negoziale lunga e capillare per superare le resistenze iniziali di alcuni Stati membri è un banco di prova. Il suo impiego corretto o scorretto verrà utilizzato dai sostenitori o dai detrattori di questo strumento innovativo per sostenere le proprie tesi e per dimostrare le proprie ragioni. Siamo il Paese che per primo in Europa è stato duramente colpito dal Covid-19. Le immagini di Bergamo con i mezzi militari incolonnati hanno scosso non solo l'Italia ma l'intera Europa, così come il resto del mondo. L'essere poi stati i primi a subire l'impatto economico e sociale della crisi con il lockdown nazionale ci ha resi forse più lungimiranti di altri in Europa, che all'inizio non condividevano né comprendevano le nostre richieste per l'emissione di obbligazioni comuni e per un piano di rilancio straordinario. Poi, fortunatamente, hanno prevalso la consapevolezza comune della posta in gioco, il senso di responsabilità, la spinta alla solidarietà europea e la consapevolezza dell'interdipendenza tra le economie e le società degli Stati membri.
  Non va sottovalutato il significato politico di questo risultato, che è una svolta storica nel percorso di integrazione europea. Per la prima volta l'Unione europea ha deciso di mobilitare somme ingenti mediante l'indebitamento comune. Per la prima volta abbiamo concordato un piano anticongiunturale veramente ambizioso con una quota di finanziamenti a fondo perduto mai ottenuta prima in così poco tempo. Per apprezzare la portata di questo cambiamento è sufficiente pensare a come erano state affrontate le precedenti crisi finanziarie. Nel 2008 e poi nel 2011 l'Unione europea si è comportata come quei medici che nel Medioevo pensavano di poter curare qualsiasi malattia con la stessa soluzione: un salasso. Adesso finalmente è stato riconosciuto che uno stimolo fiscale deciso, più che un'austerità fine a sé stessa, è quello che occorre per portare le nostre comunità e l'economia europea fuori dalla tempesta e limitare i costi sociali della crisi. Nelle parole utilizzate dalla Presidente von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell'Unione c'è un cambio di paradigma. Il giusto equilibrio deve essere ora cercato tra la sostenibilità fiscale di lungo periodo e la necessità di perseguire il sostegno finanziario offerto negli ultimi mesi alle economie europee. Con il Recovery Fund e le sue modalità di finanziamento che sono assolutamente innovative questo equilibrio è stato trovato rompendo il tabù storico del debito comune europeo. Non è un caso che il nome del piano europeo sia Next Generation EU, perché è qualcosa che sarebbe stato impensabile per le generazioni passate e che invece servirà ora a costruire un rilancio europeo come quello comune per quelle future.
  L'aver preteso dall'Unione europea questo salto in avanti ci rende oggi ancor più in dovere di sforzarci con il massimo impegno e la massima serietà e scrupolosità per ricavarne il meglio. Posso assicurarvi che è quello che il Governo sta facendo ormai da mesi. Abbiamo cominciato a prepararci ancor prima del Consiglio europeo di luglio. Credo quindi che sia utile ricapitolare quanto fatto sinora. Il lavoro per la definizione del Piano nazionale di ripresa e Pag. 6resilienza è complesso. Come hanno avuto modo di ricordare anche altri Ministri intervenuti in audizione nei giorni precedenti c'è un luogo istituzionale deputato a portare avanti questo dibattito strategico ed elaborare il Piano e mi riferisco al CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei). Creare nuove strutture sarebbe stato inutile e costoso. Il CIAE è stato incaricato di questo compito alla luce delle competenze assegnategli dalla legge n. 234 del 2012 nella fase cosiddetta «ascendente» della partecipazione dell'Italia alle attività dell'Unione europea. Il Comitato interministeriale per gli affari europei assicura la partecipazione sia delle amministrazioni centrali sia dei rappresentanti di regioni ed enti locali, partecipazione essenziale all'elaborazione e all'attuazione di un programma di riforme e investimenti attento alle esigenze dei territori. È stato quindi in seno al CIAE che è stato concordato il processo aperto e partecipato per definire i contenuti del Piano nazionale. In una prima fase, sin da fine luglio e per tutto il mese di agosto, le amministrazioni hanno elaborato proposte di progetti potenzialmente eleggibili, tenendo a mente i grandi obiettivi del Piano di rilancio europeo come la ripresa economica, la creazione di lavoro e la transizione verde e digitale. Stiamo adesso entrando in una seconda fase, quella della razionalizzazione delle proposte, della loro selezione e del loro perfezionamento in coerenza con le linee di intervento prioritarie che il Governo ha concordato.
  Il filo conduttore di questa operazione è contenuto nelle linee guida approvate dal Comitato lo scorso 9 settembre e poi trasmesse al Parlamento. Le linee guida individuano le quattro grandi sfide che il Piano deve contribuire a vincere: la ripresa nazionale dopo la crisi della resilienza; la transizione verde e digitale; l'aumento del potenziale di crescita e la creazione di occupazione. Per fare questo sono state definite alcune missioni o macroaree di intervento insieme ai criteri ai quali dovranno conformarsi i progetti che alla fine del processo comporranno il nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza. I criteri sono stati scelti per rispondere a due esigenze: da un lato, assicurare che il Piano italiano sia composto nel concreto da iniziative che contribuiscano efficacemente a raggiungere gli obiettivi nazionali ed europei che lo ispirano; dall'altro, garantire che risponda pienamente ai parametri che noi stessi abbiamo concordato a livello europeo, elemento essenziale per poter disporre delle risorse. Con riferimento ai parametri concordati a livello europeo, uno degli assi portanti del piano di rilancio europeo sarà la transizione verde. È una direttrice di azione talmente importante che l'accordo di luglio prevede un preciso obiettivo di spesa: il 37 per cento di ciascun Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrà avere finalità verde. L'altro grande filone è rappresentato dalla transizione digitale, la cui urgenza tra l'altro è stata resa ancor più evidente dalla crisi, nel corso della quale abbiamo dovuto fare i conti con un livello di sviluppo delle nostre infrastrutture ancora molto carente. La presidente von der Leyen ha annunciato mercoledì scorso l'intenzione di dedicare il 20 per cento delle risorse di Next Generation EU a progetti in ambito digitale. In linea con queste priorità, a cui corrispondono anche alcuni dei criteri di selezione alle amministrazioni dello Stato, è stato chiesto di elaborare una serie di progetti che in larga parte si prefiggono l'obiettivo di questa duplice transizione, a partire proprio dalla pubblica amministrazione. Il Piano nazionale è un'occasione unica per stimolare tutta la pubblica amministrazione verso innovazione, efficienza energetica e digitalizzazione. È un obiettivo comune anche agli altri Stati membri beneficiari del Recovery Fund.
  Nell'Europa di domani l'Italia non può permettersi il lusso di perdere la sfida della competitività tra pubbliche amministrazioni. In questo ambito anche il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è interessato a progetti trasversali di digitalizzazione e rivoluzione verde che puntano a migliorare e semplificare l'azione amministrativa, offrendo servizi più efficienti ai cittadini e alle imprese italiane all'estero e a ridurre gli sprechi causati da edifici vecchi e poco efficienti in Pag. 7linea con la transizione verde e l'esigenza di fare buon uso delle risorse pubbliche. Ciascuna Amministrazione ha le proprie specificità e ciò vale anche per la Farnesina. Con la sua dimensione non solo interna ma anche estera il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale vive di reti, avendo oltre 370 uffici nel mondo tra ambasciate, rappresentanze, consolati, istituti di cultura e sedi ICE (Istituto per il commercio estero). La nostra sede centrale, il Palazzo della Farnesina, è per volume uno dei più grandi edifici pubblici in Italia.
  Oltre a queste priorità trasversali, di interesse per tutto il Paese e la pubblica amministrazione nel suo insieme, per la Farnesina riveste un'importanza strategica soprattutto l'obiettivo della digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, la prima delle sei missioni identificate nelle linee guida. Si tratta della missione che punta dritto alla necessità di rafforzare la potenzialità di crescita del Paese rispetto alla quale il Ministero degli affari esteri ha una responsabilità particolare alla luce delle competenze che gli sono state affidate in tema di sostegno pubblico all'export, internazionalizzazione del sistema produttivo e politiche commerciali. Sappiamo che una grande parte della spinta propulsiva all'economia nazionale è legata alla proiezione esterna del nostro Paese: dall'export agli investimenti esteri, dal turismo internazionale alla fascinazione che il nostro patrimonio artistico e culturale esercita in tutto il mondo. Il made in Italy è un volano fondamentale: il 32 per cento del nostro PIL è fatto di export e il 15 per cento del PIL è turismo, che possiamo attrarre quanto più siamo capaci di raccontare e promuovere con efficacia all'estero bellezza, cultura, storia e capacità di innovazione, i saperi e i sapori dei nostri territori. Le aziende con modelli di business internazionale sono state duramente colpite da questa crisi di scala globale, ma sono anche quelle ad avere il potenziale per recuperare più rapidamente rispetto alle altre e trainare così la ripresa di tutta l'economia nazionale, come hanno del resto sempre fatto anche in passato. Gli ultimi dati con il più 5,7 per cento di export realizzato a luglio danno la misura della reattività delle nostre imprese.
  Alla luce di questa consapevolezza il Governo ha individuato nelle linee guida alcune priorità che voglio qui ricordare: il sostegno alle piccole e medie imprese, motore propulsivo del Paese; la spinta alle filiere con maggiore potenziale di crescita; il miglioramento della capacità di attrarre gli investimenti e favorire il rientro delle aziende che avevano precedentemente delocalizzato all'estero le proprie produzioni, il cosiddetto «reshoring»; il rafforzamento del sostegno all'internazionalizzazione, che è il principale fattore trainante della crescita economica del Paese tra il 2014 e il 2019; il riconoscimento del valore del made in Italy e delle filiere della cultura e del turismo quali essenziali leve di sviluppo. Gli strumenti individuati dal Governo a questo stadio includono: politiche per l'attrazione di investimenti diretti esteri a favore del reshoring; il rafforzamento del Patto per l'export lanciato lo scorso giugno e del sostegno all'internazionalizzazione delle filiere strategiche; il potenziamento degli strumenti finanziari per assicurare la maggiore competitività delle imprese sui mercati internazionali; la promozione dell'industria culturale e del turismo. Occorre ora delineare nel concreto le azioni più adatte a conseguire questi obiettivi prioritari. Il nostro Ministero ha già contribuito con numerose proposte e continuerà a farlo. L'Amministrazione che dirigo con la sua rete diplomatico-consolare, gli uffici ICE e gli istituti di cultura è già in prima linea su questi temi. Lo dimostra ad esempio il Patto per l'export sottoscritto lo scorso 8 giugno dopo una vasta concertazione con imprese e associazioni di categoria, che ha consentito di individuare strumenti di sostegno immediati ed efficaci per il rilancio del made in Italy, consultazioni che si sono svolte quando il Paese era ancora in lockdown.
  È una strategia che può contare già su risorse importanti, circa 2 miliardi di euro, e che soprattutto poggia su sei solidi pilastri: 1) comunicazione, tra cui una campagna di nation branding sui principali mercati Pag. 8 dell'export; 2) formazione e informazione, un portale unico per l'internazionalizzazione che è pubblico dal 18 settembre (www.export.gov.it), una guida elettronica su strumenti e servizi a portata di piccole e medie imprese, 2.500 digital manager a disposizione delle imprese, percorsi formativi on line su internazionalizzazione e formazione digitale per l'export pensati e realizzati con nostre università di eccellenza; 3) e-commerce, accordi con le principali piattaforme per valorizzare il meglio del made in Italy sui mercati globali; 4) il sistema fieristico, veicolo essenziale del nostro export: tra le iniziative principali ricordo che abbiamo creato una piattaforma, Fiera Smart 365, per organizzare fiere e B2B virtuali, rilancio delle fiere in presenza e programma straordinario per attirare operatori e VIP stranieri, campagna di comunicazione specifica per le fiere, fondo per il ristoro a fiere e ad aziende per la mancata partecipazione a manifestazioni a causa della pandemia, apposita sezione per sostenere l'internazionalizzazione degli enti fieristici; 5) promozione integrata, tra cui tanti eventi curati dalla nostra rete all'estero per promuovere cultura, impresa e innovazione; 6) finanza agevolata: il fondo di cui alla legge n. 394 del 1981, gestito da SIMEST, è stato rifinanziato quest'anno per 900 milioni di euro, più altri 362 milioni a fondo perduto da utilizzare anche all'interno dell'Unione europea. Le imprese fino alla fine dell'anno potranno chiedere a SIMEST che al finanziamento venga abbinato un cofinanziamento a fondo perduto di un importo fino al 50 per cento del valore del finanziamento a tasso agevolato, grazie all'esito positivo di una notifica alla Commissione europea che la Farnesina è riuscita ad ottenere in tempi record. A ciò si aggiunge il rifinanziamento del fondo venture capital, sempre gestito da SIMEST, per una dotazione complessiva di 166 milioni di euro.
  L'opportunità di confronto di oggi con le Commissioni esteri e attività produttive offre il contesto più appropriato per sottolineare come il Patto per l'export e il Piano di rilancio europeo puntino nella stessa direzione. Penso a due aspetti in particolare tra quelli che ho citato che ben esemplificano questa comunanza di intenti: il digitale e la formazione. La formazione digitale e l'accompagnamento verso l'export on line costituiscono, come ho evidenziato, due delle priorità del patto per l'export. Sono priorità che nascono dalle esigenze specifiche del tessuto imprenditoriale italiano emerse nell'esercizio di consultazione che abbiamo condotto. Si pongono perfettamente in linea con gli obiettivi europei tesi a coniugare il bisogno di rilancio con quello di innovazione. L'emergenza pandemica ha reso infatti ancor più evidente la necessità di una maggiore integrazione delle nostre imprese nei canali dell'export on line e di una spinta verso processi produttivi innovativi, ma questo non è possibile senza adeguata formazione e informazione al digitale. Lo voglio ribadire con chiarezza: il nostro obiettivo centrale è quello di lavorare per aumentare drasticamente il tasso di presenza delle aziende italiane sui mercati stranieri. Il nostro impegno si concretizza non solo nel sostenere le aziende già operanti a livello internazionale, rafforzandone la presenza su canali digitali, piattaforme e marketplace e su quelli più tradizionali dei B2B e della grande distribuzione organizzata, ma intendiamo anche portare sui mercati esteri soprattutto imprese ora non presenti ma con un rilevante potenziale per l'export. Vogliamo che nei prossimi anni il contributo delle esportazioni al PIL italiano si posizioni oltre e ben oltre il 32 per cento pre Covid-19.
  Nasce anche da queste considerazioni l'iniziativa di affiancare alle aziende di minori dimensioni figure professionali chiave, i digital export manager, incaricate di accompagnarle nei processi di digitalizzazione finalizzati all'esportazione. A questi bisogni vogliono anche rispondere i programmi di formazione dedicati agli imprenditori e centrati sulle strategie del commercio telematico globale. Questo aspetto tocca un punto essenziale. Non può esserci vero rilancio senza un forte investimento nel capitale umano. Digitale e formazione ben rappresentano il percorso che abbiamo intrapreso con l'obiettivo di rafforzare la ripresa e la resilienza italiane e conseguire Pag. 9maggiore produttività e competitività durevoli nel tempo. I fondi che l'Unione europea mette a disposizione potranno e dovranno potenziare iniziative straordinarie già attivate in risposta all'emergenza sanitaria, nella consapevolezza che una ripresa autentica non può che fare leva anche sul rilancio della parte più dinamica e competitiva del sistema produttivo italiano. Transizione verde, digitalizzazione per servizi più efficienti, sostegno all'internazionalizzazione delle nostre imprese: in tutti questi settori la Farnesina intende fornire il suo contributo. Quelle messe a disposizione dall'Europa sono risorse ingenti. Il Recovery Fund vale più del Piano Marshall. Dobbiamo fare presto, ma anche bene. È un treno che non ripasserà più. È un'occasione unica per modernizzare il nostro Paese. Vogliamo cogliere questa opportunità lavorando tutti insieme con il Parlamento, maggioranza e opposizione, e con le forze sociali.
  Sono a disposizione, signori presidenti, per ascoltare le vostre proposte e rispondere alle vostre domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Ho già sei iscritti a parlare in rappresentanza dei gruppi. Secondo le modalità indicate, facciamo un primo giro con un rappresentante per gruppo. Il primo ad intervenire è il deputato Cabras, della III Commissione.

  PINO CABRAS. Grazie, presidente. La grande occasione rappresentata dal Recovery Fund o dal Next Generation EU, come lo si voglia chiamare, è il recupero di un concetto che in economia ha fatto bene nel corso dei decenni e che è stato trascurato soprattutto negli ultimi vent'anni. È il concetto di «pianificazione», che non è una parola sovietica, ma è una parola che ha accompagnato lo sviluppo del capitalismo europeo nelle fasi più interessanti del dopoguerra, quelle della grande crescita, della grande spinta per un miglioramento delle condizioni sociali dei cittadini. È una cosa che si è persa nel tempo dopo l'ondata «neoliberista» degli ultimi decenni. È un'occasione importante per indirizzare le risorse e per mobilitare la società tutta.
  Questo significa che bisogna fare non un'operazione a freddo di ingegneria sociale, ma realizzare una grande occasione di crescita della progettazione diffusa dell'Italia, di raccolta delle energie migliori. Questo è lo sforzo maggiore che bisognerebbe fare: una grande mobilitazione politica, culturale e sociale sulle risorse da utilizzare, sul come renderle anche modulari e combinabili con le altre risorse che possano derivare da un migliore utilizzo delle tradizionali risorse dello Stato italiano. Per fare questo occorre che ci sia un chiarimento. Il Ministro è pagato per essere ottimista e fa bene. È giusto che sia così e c'è una spinta all'ottimismo su questa iniziativa. Come parlamentari siamo pagati anche per vedere alcuni aspetti critici dell'impostazione del Recovery Fund.
  Ci sarà una grande battaglia politica in Europa, in cui varie forze politiche tireranno ciascuna la giacchetta per i risultati del Recovery Fund e sicuramente la parte nordica dell'Unione europea spingerà per dare un'interpretazione più restrittiva delle risorse, cercando di qualificarle più come debito che trasferimenti, e quindi come qualcosa da ripagare. Su questo dovremmo fare una battaglia molto attenta per rivendicare l'interesse nazionale dell'Italia. Molto è stato fatto in ciò che si è ottenuto, ma la battaglia è ancora da svolgere nei prossimi mesi e nei prossimi anni. In questa battaglia non dobbiamo fare l'errore, ad esempio, di richiamare – come è stato fatto anche recentemente da diversi esponenti di maggioranza e di opposizione, devo dire – questa esigenza di ricorrere al MES, a un qualcosa che ci condizionerebbe molto in un momento in cui invece l'Italia ha delle capacità di generare liquidità che si possono combinare molto bene con il Recovery Fund. Quindi è un momento in cui il Parlamento avrà un ruolo importante per dare indirizzi e per collegarsi al meglio della società civile. Come Movimento 5 Stelle crediamo molto in questo recupero di partecipazione diffusa per programmare meglio.

  PRESIDENTE. Grazie. Io chiederei a tutti, per stare nei tempi che abbiamo previsto, di non superare i cinque minuti: Pag. 10segnalerò con il campanello il momento in cui si raggiunge il quarto minuto di intervento. Do la parola al deputato Galli, della X Commissione.

  DARIO GALLI. Grazie, presidente. Grazie, signor Ministro. Intanto sgombriamo il campo da alcune considerazioni. I 209 miliardi che arriveranno, forse, dall'anno prossimo e saranno distribuiti nell'arco di tre o quattro anni sono comunque subordinati a una serie di cose che il Governo sta preparando e, peraltro, dovranno sempre essere poi verificate man mano. Quindi non è esattamente quella pioggia di miliardi di cui si parla. Oltretutto, se le notizie apparse sui giornali in questi giorni sono esatte, risulterebbe che addirittura dovrebbero essere, nei vari progetti, anticipati da noi e poi, eventualmente, restituiti dall'Europa, che in questo caso non regala assolutamente nulla, ma fa sostanzialmente da terzo garante di prestiti che arriveranno dai mercati internazionali. Sarebbe stato estremamente più semplice fare la stessa cosa sul mercato interno, magari dando qualche punto in più di interesse, che non sarebbero stati in quel caso soldi spesi in più, perché sarebbero comunque rimasti nelle tasche degli italiani che li avrebbero comunque spesi nel mercato italiano: però questo è un altro discorso.
  Salto subito alla fine per evitare di non poter aver tempo dopo: vabbè che siamo più bravi di tutti in tutte le cose, però magari evitiamo certi paragoni oggettivamente imbarazzanti. Il Piano Marshall è stata una cosa un pochino diversa. I 200 miliardi del Recovery Fund, tanto per dare un'indicazione, sono quattro anni di residuo fiscale della sola regione Lombardia. Quindi quello che la regione Lombardia darà dall'anno prossimo per quattro anni è esattamente quello che l'Italia prenderà come Recovery Fund. Quindi diamo, magari, anche una corretta interpretazione dei numeri. Dopodiché, per rientrare velocemente sulle questioni che sono state citate che per noi sono particolarmente importanti, ricordo quelle che dovrebbero essere le cose da verificare e da portare avanti in maniera più consistente. È vero che il grosso dell'impegno sarà soprattutto dei Ministeri economici, quindi il MEF e il MISE, però è evidente che anche il MAECI, anche per le cose che ha detto il signor Ministro nella sua relazione, ha una partita estremamente importante da giocare. Ieri abbiamo avuto in audizione il Ministro Franceschini che, tra le altre cose, ci ha detto che non aveva niente da dirci, perché stava aspettando che gli uffici gli preparassero la relazione, e però, a parte questo, il discorso del turismo è una cosa fondamentale. Tuttavia, anche qui, come per tutte le altre cose che elencherò dopo, non è che bisogna annunciare i titoli e basta, bisogna anche cominciare a capire un attimo qual è il contenuto.
  Per cui va bene parlare del turismo, però noi guardiamo ai fatti. Gli altri Paesi – soprattutto dell'ex Jugoslavia da una parte, la Grecia e la Spagna dall'altra parte – già in questi mesi si sono mossi facendo proprio accordi coi Paesi del Centro e del Nord Europa per aprire flussi turistici verso i loro Paesi, cosa che dall'Italia mi pare non sia stata fatta. Questa, al di là di tutte le parole altisonanti, poteva essere un'azione da portare avanti. Spero lo si faccia in futuro. Sul discorso fieristico ricordo che è stato chiesto proprio da noi un fondo da mettere a disposizione di questo sistema. Ma anche qui voglio sottolineare, come ha fatto il Ministro, che è una cosa estremamente importante. Le fiere per l'Italia, per un Paese esportatore come il nostro, costituiscono un settore assolutamente strategico sia per la promozione diretta dei prodotti che viene fatta nel settore turistico stesso sia per tutto l'indotto, pensiamo solo agli alberghi e a tutto quello che ne consegue per il nostro Paese.
  Questo vale altrettanto per il discorso del made in Italy. Il made in Italy è forse tra i tre brand più conosciuti al mondo dal punto di vista dell'immagine. Questo discorso va portato avanti non solo al nostro interno, tanto per parlarci addosso, ma con iniziative che effettivamente sottolineino l'importanza di questo brand anche partendo dalla sua salvaguardia: è infatti inutile affermare che vogliamo salvaguardare il made in Italy e poi ogni volta che si intende segnalare che il prodotto è interamente Pag. 11 italiano, che l'alimento sullo scaffale del supermercato è totalmente italiano, eccetera, si pongono ostacoli da parte dell'Unione europea che impediscono nei fatti di portare avanti queste questioni centrali. Nei rapporti con la UE ci sono alcune cose da verificare con serietà, soprattutto nei rapporti bilaterali tra i Paesi. Abbiamo visto che ci sono Paesi che possono acquisire e Paesi che invece non lo possono fare. Il discorso Fincantieri è ancora lì aperto e resta quindi da capire che tipo di rapporti vogliamo avere con gli altri Paesi.
  Un capitolo a parte sul discorso dell'estero lo apre la questione cinese. Anche qui ricordo che alla Commissione esteri c'è una nostra interrogazione, o meglio una richiesta di chiarimenti fatta al signor Ministro che in tre mesi non sono ancora stati dati. Anche qui bisogna capire cosa vogliamo fare. La Cina non è un Paese che ha un'economia complementare alla nostra. Non ci vende il gas e noi gli vendiamo le scarpe. La Cina fa esattamente le stesse cose che facciamo noi, che facevamo noi nei dieci anni precedenti, e il rapporto import-export tra noi e loro comunque continua a rimanere tre a uno. Quindi è inutile parlare di salvaguardare le nostre imprese e incrementare l'export se con la Cina non abbiamo rapporti chiari da un punto di vista commerciale. La stessa cosa, invece, ma al contrario, potremmo dirla per la Russia: non si capisce perché dovremmo avere vincoli commerciali con la Russia quando non li abbiamo con tanti altri Paesi dove accadono cose decisamente più gravi rispetto a quelle che vengono imputate alla Russia stessa. Sia chiaro che è ben lontano da noi il modello politico di «organizzazione democratica» di quel Paese: però non c'è motivo per non avere rapporti commerciali adeguati. Sempre sulle questioni estere e il rapporto con l'UE, si dovrebbero affrontare alcune questioni che hanno impatti economici. Il discorso dei pescatori sequestrati dai libici è una ferita aperta da sanare.
  Altri due punti fondamentali sono rappresentati dal reshoring, cui ha accennato il signor Ministro, che però è da sostenere in maniera decisa, altrimenti non ci potrà essere sviluppo economico delle nostre PMI, e dal Green New Deal, che è fondamentale, ma per il quale inviterei un poco a guardare quello che ha già fatto la Francia che, pur avendo decine di centrali nucleari, ha già messo in campo un piano importante di passaggio soprattutto all'idrogeno, che da un punto di vista tecnologico è la via più probabile per il Green New Deal futuro. Ma ciò passa attraverso una gestione intelligente, per i prossimi venti, trent'anni, di alcuni combustibili fossili come il gas, indispensabile per la transizione, mentre nel nostro Paese siamo ancora alle polemiche «no trivelle» e non abbiamo idea di come portare avanti tali discorsi. Finisco dicendo che la questione del Green New Deal passa per tante cose, per esempio attraverso la tematica dello sviluppo tecnologico delle batterie. Ricordo che l'Unione europea su questa tecnologia ha messo a disposizione risorse per fare due grandi stabilimenti, però uno sarà fatto in Germania e l'altro in un Paese dell'est. Anche questo è un qualcosa assolutamente da verificare. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Io ho delle domande per il Ministro che attengono più ai profili di politica estera, collegati con la transizione prevista dal Recovery Fund. La prima riguarda la questione della riconversione verde, che ha delle implicazioni molto grandi dal punto di vista della sicurezza energetica e quindi della nostra politica estera. Che tipo di ragionamenti si stanno facendo in questo senso? Al netto dei progetti che si possono presentare, credo che ci sia una discussione da fare più di carattere strategico e di impostazione.
  La seconda questione riguarda il tema della digitalizzazione. Anche qui c'è una questione di politica estera legata alla cybersecurity. Ci rendiamo conto ogni giorno – non c'è bisogno di richiamare la vicenda degli Zhenhua papers della settimana scorsa – di quanto la protezione dei dati sia una questione anche legata alla sicurezza nazionale, non solo alle questioni della privacy e dei diritti individuali dei cittadini. Che tipo di ragionamenti strategici e che tipo di progetti sono in corso sul tema della protezione dei dati e della cybersecurity? Pag. 12
  Il terzo punto riguarda la questione della sostenibilità della nostra politica estera. L'Italia, come gli altri Paesi aderenti all'Organizzazione delle Nazioni Unite, è firmataria della Dichiarazione per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Io credo che una riflessione sulla sostenibilità della nostra politica estera, ovvero sulle risorse destinate alla cooperazione internazionale, cioè su come costruiamo delle partnership per rendere più sostenibile da un punto di vista internazionale la questione dello sviluppo, debba essere fatta sia negli obiettivi della nostra politica di cooperazione, che devono essere sempre più verdi e sempre più socialmente sostenibili, sia nell'ammontare delle risorse. Mi piacerebbe capire dal Suo punto di vista, Ministro, se un aumento dei fondi della cooperazione e un ripensamento anche strategico degli obiettivi della cooperazione da qui al 2026 possa rientrare tra le cose che vengono finanziate e ripensate con i fondi del Recovery Fund. Grazie.

  VALENTINO VALENTINI. La fase iniziale nella quale ci troviamo ad affrontare questa problematica fa sì che in questa sede si facciano discorsi più generici che specifici, ma cercherò di partire dallo specifico per fare delle osservazioni di carattere generale. Ho l'impressione che siamo stati colti impreparati da questa pandemia e siamo stati colti altrettanto impreparati dalla mole di risorse – cito il Ministro – che ci siamo trovati a gestire e che pensiamo di dover utilizzare per far fronte a questa pandemia. Per cui pare che vi sia una sorta di stress test su tutti i Ministeri, dicendo: «Signori, attenzione, stanno arrivando questi soldi, dobbiamo prenderci il nostro pezzo, non dobbiamo darli agli altri. Dobbiamo sforzarci di trovare delle idee, talvolta improvvisate e talvolta soltanto annunciate, per riuscire a utilizzare al meglio questi fondi.» È comprensibile.
  Esprimo comunque sostegno a un'iniziativa, di per sé lodevole, che parte dal basso da parte della Farnesina, di cercare di interloquire con tutti gli attori del nostro export per cercare di mettere insieme questo Patto dell'export, che come tutti i piani di cui abbiamo sentito è pieno di titoli e di bellissime indicazioni, ma noi le vorremmo andare a verificare nei fatti. Andremo a verificare, perché in realtà se uno ci va a guardare dentro, vede che ci troviamo i classici elementi innovativi, la creazione dei digital manager, dei temporary export manager. Ci sono delle decisioni come le esportazioni o il riorientamento strategico che non possono essere prese in pochi mesi, né le aziende si possono inventare improvvisamente delle aziende esportatrici. Per cui l'impressione che abbiamo – ma speriamo di essere smentiti – è quella di trovarci di fronte ancora a una serie di nomi inglesi (penso ai navigator) che mi fanno pensare come dietro tutti questi bei titoli ci troviamo poi in fondo un aumento della complessità, ci troviamo di fronte a un aumento della burocrazia e soprattutto al fatto che questi denari che arrivano così improvvisamente vengano utilizzati a pioggia e diano poi la possibilità di non controllare effettivamente come possano essere utilizzati.
  Se uno va a guardare dentro, vede che un'azienda può cercare di prendere un'ulteriore risorsa per l'export fino a 100 mila euro. Vedremo fino a che punto l'acquisizione di nuove risorse porterà veramente a dei risultati sui mercati internazionali o servirà invece per tenere in piedi il bilancio di queste aziende zombie. Cosa voglio dire da questo elemento? Che non ritengo che sia un problema soltanto della Farnesina, che improvvisamente si è trovata stressata e dice a tutta la sua rete: «Attenzione, ragazzi. Dovete venire fuori con delle idee. Dobbiamo cercare di risolvere questo problema.» I problemi ci sono e sono oggettivi, e se noi prendiamo le quattro «P» del marketing – il famoso Kotler – la prima è «product», il prodotto. Quindi abbiamo tutta una serie di problemi strutturali che non possono essere cambiati o modificati o affrontati semplicemente con degli slogan o dei problemi. «Product» significa che bisogna fare un prodotto. Per fare un prodotto ci vogliono i costi. Il secondo è il «placement». Vuol dire che il prodotto deve essere trasportato, ma se non abbiamo le linee aeree, se non si muovono e se abbiamo problemi per quanto riguarda Pag. 13le normative sul Covid-19, abbiamo un bel fare fiere digitali o il turismo, ma sappiamo benissimo che se poi non diamo i visti oppure se i visti non funzionano allo stesso modo, come facciamo ad attirare gli investitori a venire?
  Ci sono tutta una serie di problematiche concrete che si scontrano contro questo programma che noi vediamo bello altisonante e ben compiuto. Morale della favola: valuteremo ciò che accade, seguiremo con attenzione, punto per punto, le proposte che verranno messe sul tappeto dalla Farnesina e da tutti gli altri Ministeri, dicendo però che qui – e mi richiamo all'intervento dell'onorevole Cabras – sì, è la pianificazione: io la pianificazione non la vedo, vedo ancora una volta una serie di interventi a pioggia, vedo ancora una volta una bella lista di desideri che però non rientra in un disegno chiaro, concreto e specifico. Grazie.

  EDMONDO CIRIELLI. Colleghi, signor Ministro, innanzitutto grazie per aver illustrato in maniera sintetica ma esaustiva le linee guida dell'intervento per la parte di competenza, ma in qualche maniera anche di quello che il Governo intende fare. Come sa e come ricorderà, il nostro partito, tramite il suo leader Giorgia Meloni, ha espresso cauto sostegno e apprezzamento all'azione di governo sull'azione politica legata al Recovery Fund e intendiamo continuare su questa linea. Il cauto apprezzamento discende dalla valutazione concreta di come poi la declinazione della spesa di questi fondi verrà messa in campo.
  È chiaro che ci troviamo di fronte, innanzitutto, all'esigenza di evitare duplicazioni e carrozzoni e quindi evitare una forte burocratizzazione che rallenterebbero l'azione, ma allo stesso tempo garantire la massima trasparenza. Già la decisione del Governo di eliminare il concetto di responsabilità dei pubblici amministratori per colpa grave di fronte alla Corte dei conti non va in questa direzione, per quello che ci riguarda. Tuttavia riteniamo opportuno utilizzare a questo scopo innanzitutto le strutture ministeriali, che sono rodate e hanno certamente una grande capacità, valutare in maniera intelligente per alcuni settori il coinvolgimento di regioni e comuni e allo stesso tempo – come ha detto giustamente Lei – il coinvolgimento pieno delle università, ma credo anche altri enti dotati di autonomia funzionale come le Camere di commercio, così come gli ordini professionali e in qualche maniera può essere utile anche l'apporto delle associazioni di categoria e dei sindacati.
  Non mi è parso di sentire – ma chiedo scusa se magari mi è sfuggito – il concetto della valorizzazione, nel senso di colmare il ritardo del Sud, cioè approfittare di questa ingente massa finanziaria anche nello specifico tenendo un percorso differenziato per una diversa condizione di partenza sia per le piccole e medie imprese, sia per le filiere più performanti, sia per l'attrattività degli investimenti, sia per l'internazionalizzazione, il made in Italy. In tutte queste cose il Sud ha un ritardo di cui va tenuto conto in questa pianificazione di cui parla Cabras, anche se a noi piace sempre, per un fatto di memoria storica, parlare di programmazione, perché il cattivo uso di certe parole è meglio non dimenticarlo.
  Alla fine pensiamo che quello che è importante da parte del Governo è essere rapido nell'immaginare in maniera concreta le modalità della spesa. Quindi mi rendo conto che è un lavoro complesso. Noi come opposizione faremo la nostra parte e daremo il nostro contributo, ma è chiaro che il Governo ha gli strumenti, ha i Ministeri, ha il potere decisionale e noi in Parlamento saremo pronti ad aspettare proposte concrete da parte della maggioranza, ma innanzitutto da parte del Governo.

  GENNARO MIGLIORE. Grazie al Ministro per l'illustrazione delle linee guida relative al suo Ministero. Faccio solo alcune considerazioni. La prima riguarda la necessità di un'unica gestione e cabina di regia per selezionare gli obiettivi dell'impegno del Recovery Fund da parte del Governo, in stretta connessione con l'attività del Parlamento. Lo dico perché, ritenendo che questa sia la maggiore dimostrazione della necessità oltre che dell'utilità di essere membri attivi e sostenitori della Unione europea, è anche evidente che se ci fosse, come potrebbe accadere, una dispersione Pag. 14dell'impegno di queste ingenti risorse su molti progetti pregevoli ma non coerenti tra di loro, credo che avremmo perso una grande occasione.
  Quindi mi immagino che queste audizioni dei singoli Ministeri poi vadano ricondotte ad una gestione molto più centralizzata per definire le priorità. In relazione a questo punto, siccome le linee guida del Next Generation EU sono molto chiare e io le condivido, penso che la proiezione italiana nel mondo debba essere rafforzata soprattutto a partire da un coordinamento in questo Paese. Noi abbiamo, in particolare per quanto riguarda la promozione degli interventi delle imprese, una frammentazione dovuta anche all'intervento delle regioni assolutamente controproducente per quanto riguarda la forza e anche la capacità di impatto del marchio Italia e delle nostre aziende. Questo secondo me è un momento nel quale l'informatizzazione e la riforma della macchina burocratica, non solo della pubblica amministrazione ma di tutte le articolazioni, è necessaria, perché altrimenti continueremo ad avere venti padiglioni per promuovere aziende che magari operano anche su territori confinanti e credo che questo sia uno spreco assoluto.
  La seconda questione – mi allaccio a quello che diceva la collega Quartapelle Procopio, che condivido pienamente – è la capacità di implementare un nuovo tipo più efficace di cooperazione internazionale, in relazione soprattutto alla possibilità di individuare quali siano i filoni principali sui quali investire in relazione soprattutto alle politiche di vicinato mediterraneo e della nostra collocazione politica e strategica. In questo – e concludo – vorrei anche aggiungere che la proiezione dell'Italia all'estero non ha solamente ed evidentemente una finalità di carattere economico e commerciale, ma il nostro Paese è importante nel mondo soprattutto per la sua cultura, per la sua identità. Vedo, nel corso degli anni, un deperimento, da questo punto di vista, delle risorse per quanto riguarda dalle scuole di italiano fino agli enti di promozione non solo per il turismo ma proprio per l'immagine dell'Italia, che rappresenta uno dei fattori più decisivi per la nostra collocazione a livello mondiale. Mi auguro che anche nel corso delle politiche, quelle che non riguardano anche il Recovery Fund ma l'attività ordinaria del Ministero, se ne tenga molto più conto di come sia stato fatto fino ad oggi.
  Infine una nota politica: ritengo che il MES alla fine verrà preso e credo che sia anche una cosa naturale e giusta. Perché sottrarre risorse, che possono essere attinte da una fonte così conveniente dal punto di vista dell'indebitamento, a un Recovery Fund, che invece magari potrebbe essere destinato ad altro? Quindi mi auguro che anche su questo, passato un certo periodo, si possa ragionare razionalmente fuori, da schemi ideologici.

  MAURIZIO LUPI. Ringrazio anche il Presidente della Commissione Attività Produttive e saluto il Ministro. Tra l'altro mi fa molto piacere il fatto, ed è significativo e non solo simbolico, che qui siamo Commissione Affari esteri e Commissione Attività produttive. Questo secondo me è un segno importante a proposito dell'utilizzo dei fondi per il rilancio sulla direzione in cui andare.
  Tre osservazioni brevissime, anche perché alcune sono già state fatte, perché Lei è il Ministro degli esteri ma anche il leader politico del principale gruppo di maggioranza. Io credo che, proprio perché abbiamo un'occasione unica davanti, il coinvolgimento delle opposizioni non debba essere solo a parole. Continuiamo a sentire il Presidente del Consiglio che dice «coinvolgeremo, telefoneremo, andremo» eccetera, ma credo che sia interesse di tutto il Parlamento, ma anche della forza politica di maggioranza di questo Governo, capire se e come ci credete al coinvolgimento dell'opposizione, tanto più nelle cose di cui stiamo discutendo oggi.
  Secondo, l'utilizzazione delle risorse: Valentini l'ha detto già e io voglio solo sottolinearlo. L'impressione che abbiamo avuto oggi, al di là dei capitoli e delle linee guida su cui non si può non essere d'accordo, è quella che ci sia più una summa di progetti che una visione complessiva. Lei ha iniziato a tracciarne una. Mi piacerebbe capire come il Governo ritiene che il problema non sia Pag. 15tirar fuori tutti i progetti dai cassetti dei Ministeri, come si fa normalmente nel compito che ha il Governo, perché il Governo è il Governo, ma anche nel confronto con l'opposizione, dando delle priorità e una visione strategica, ricordandosi anche – lo dico per esperienza – che l'Italia è il Paese che meno ha speso i fondi delle risorse europee. Questo è un problema, quindi come ci si sta attrezzando perché queste risorse possano essere spese.
  Vengo alle questioni più dettagliate. La prima: io ritengo fondamentale – e vorrei capire, e Lei dovrebbe mettere tutto il peso politico, e qui credo che l'opposizione non solo la sosterrà, ma tutto il Parlamento condivide questa strategia – che è la nostra rete diplomatica il principale strumento che abbiamo a disposizione per l'attuazione di questo sviluppo e di questa crescita. Non si tratta solo di dare risorse, ma di rafforzarla. Abbiamo professionalità incredibili. Mi piacerebbe capire come questo è nel progetto e possa avvenire.
  Sulla cooperazione internazionale anche io vorrei una sottolineatura, come hanno detto Migliori e Quartapelle Procopio, perché questo è uno strumento fondamentale nella nostra strategia di sviluppo, di crescita e di esportazione. L'Italia ha sempre avuto una caratteristica fondamentale rispetto alla Cina e rispetto a tutti gli altri Paesi: noi vogliamo cooperare con i Paesi, cioè la nostra presenza è quella di far crescere presenze produttive, di formare, di essere partner nel luogo dove andiamo. Lo strumento della cooperazione internazionale, in particolare per i Paesi in via di sviluppo, per noi dovrebbe essere il nostro vantaggio competitivo rispetto agli altri, anche per la cultura e la sensibilità che noi rappresentiamo.
  Le ultime due questioni – anche qui molto puntuali, perché La so sensibile, ma vorrei risposte puntuali su questo – sono il tema delle fiere e il tema dell'export. Allora, ci sono secondo me due questioni fondamentali, proprio in un periodo di convivenza con il Covid-19. La prima: Lei ha parlato dei fondi SIMEST che ci sono e se il Governo ha intenzione di utilizzare questi fondi anche dando contributi a fondo perduto per le nostre fiere, che sono campioni internazionali nel mondo ma che nel momento in cui per un anno non si svolgono, rischiano di morire; e non è che muoiono le fiere, muoiono le associazioni che sono protagoniste di queste fiere. È questo che bisogna capire. In altri termini, se il Salone del mobile per un anno non si fa e l'anno successivo non si fa, noi perdiamo il principale strumento di internazionalizzazione nel mondo di uno dei nostri settori produttivi. Qui non è un fondo perduto, non è un sussidio. Questo è un investimento strategico, perché se le indebitiamo, se devono andare dalle banche e se muore quel cuore che l'Italia ha, cioè le associazioni di categoria... Le fiere sono fatte non da organizzatori, ma sono l'espressione delle nostre associazioni produttive. Mi scusi, presidente, ma era per comprendere come questo è fondamentale. Quindi la battaglia politica comune è che dare fondi a fondo perduto a questo settore per i dati oggettivi, non è un sussidio, ma è uno strumento.
  Ultima questione, i corridoi sanitari: qui secondo me il Ministero degli esteri può giocare e deve giocare con la vostra autorevolezza un ruolo fondamentale. Nella fase di convivenza con il Covid-19, noi nell'accordo internazionale dobbiamo permettere di realizzare – e so che ci state lavorando, ma vorrei capire anche qui come questo diventa operativo –, corridoi sanitari che «permettano» – e altri Paesi lo stanno facendo – di creare luoghi Covid-free dove espositori e buyer (stiamo parlando del B2B non del B2C) possano incontrarsi e quindi – l'Italia potrebbe essere in prima fila – sostenere l'incontro tra la domanda e l'offerta anche in un momento di Covid-19. Per far questo so che ci potrebbero essere, insieme al Ministero della salute e insieme agli altri Ministeri, collaborazioni importanti. Queste sono le quattro osservazioni che Le ho fatto e ringrazio anche il Presidente per la disponibilità.

  LUCA CARABETTA. Grazie Ministro. Anzitutto, un po' al di fuori delle linee guida, però di contesto sul tema export in generale, noi abbiamo iniziato il periodo della pandemia, come ha ricordato il Ministro, Pag. 16 come primo Paese duramente colpito, e qualche mese fa già si parlava di pesanti ricadute sull'export. Poi quello che è successo è che altri Paesi – tutti – sono finiti nella pandemia. Molti non ne sono usciti come noi e molti ci stanno ricadendo: vediamo la situazione in Spagna, in Francia e nel Regno Unito. Quindi chiederei un po' una panoramica di quello che è successo, numeri alla mano, sino ad oggi e anche le prospettive, Detto che se l'Italia continua a mantenere questa rotta, evidentemente le ricadute sull'export potranno anche essere migliori. Quindi questo è di contesto anche rispetto al contesto internazionale.
  Dopodiché, Patto export: attualmente è dimensionato sui 2 miliardi, è stato presentato e previsto quindi con le nuove risorse. Sono previste delle risorse aggiuntive immagino. Ci sono già delle ipotesi di quanto potrà essere potenziato? Poi è noto che in queste settimane la Farnesina ha fatto una serie di incontri con stakeholder, dall'Unione industriali ai rappresentanti dei piccoli esercizi. Qual è la risposta, anche del tessuto produttivo, rispetto al Patto dell'export? Perché, come ricordavano anche diversi colleghi, il Governo e il Parlamento magari sviluppano delle iniziative interessanti, poi però devono essere anche recepite da parte degli stakeholder. Quindi vorrei capire un po' quali possono essere stati i vari sentimenti, dalle grandi unioni industriali ai rappresentanti dei piccoli esercizi.
  Dopodiché, è vero che siamo in sede di linee guida e magari non è la sede per andare nello specifico, però se ci dovessero essere ulteriori dati ed elementi rispetto all'industria culturale e turistica che è stata citata e quindi immagino al turismo estero e al reshoring, come gruppo del Movimento 5 Stelle siamo interessati a qualche dettaglio in più. Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie. La parola al Ministro per la replica.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Grazie a tutti i deputati e le deputate per i temi posti. Sulla progettazione e la pianificazione, si è discusso molto della paura legittima che i Ministeri, o le istituzioni in generale, tendano a lavorare a compartimenti stagni. Questo è quello che vogliamo scongiurare con il lavoro che sta facendo il Ministro Amendola presiedendo il CIAE, perché nel CIAE non siedono solo i Ministeri, ma siede la Conferenza delle regioni, siede l'ANCI e tutti gli apparati istituzionali di questo Paese sono rappresentati in quell'organo. Ovviamente ognuna di queste istituzioni – i Ministeri, la Conferenza delle regioni, l'ANCI e quindi i comuni italiani, le province, l'UPI – sono tutte quante in questo momento impegnate a far confluire verso il CIAE le progettualità, ma è chiaro che la razionalizzazione, la pianificazione, permettetemi anche di dire, l'eliminazione di alcuni progetti passeranno per la regia del CIAE, che ha l'obiettivo di dare sostenibilità, perché 209 miliardi di euro possono essere tanti, ma possono essere anche pochi se ognuno, come diceva l'onorevole Lupi, tira fuori dai cassetti tutti i progetti che ha e allo stesso tempo bisogna dare omogeneità rispetto agli obiettivi che abbiamo fissato.
  Il Parlamento in questo momento e in questi giorni sta analizzando e quindi controproponendo delle proposte sulle linee guida del Recovery Fund. Quello che io posso dirvi è che noi stiamo ragionando in una situazione emergenziale. Il negoziato europeo in Consiglio europeo ha portato a un piano, Next Generation EU, di un valore, ma mentre dal Consiglio europeo quell'accordo va alle altre istituzioni europee, i Paesi si stanno già portando avanti con i progetti, ma non siamo nella fase di presentazione dei progetti. Siamo in una fase di interlocuzione con la Commissione europea, in modo tale che quando saremo pronti per presentare i progetti, quando le altre istituzioni europee avranno concluso l'esame del piano Next Generation EU, i nostri progetti avranno già scontato un confronto con la Commissione europea e questo è molto importante, perché non possiamo permetterci progetti che tornano indietro, quindi l'interlocuzione formale e informale di questo momento che vede nel CIAE la regia principale ci serve anche per Pag. 17essere pronti al momento in cui questi progetti dovranno essere presentati per andare a colpo sicuro.
  Le linee guida le abbiamo citate, i temi li abbiamo citati e io sono contento che questi soldi abbiano necessariamente dei requisiti per essere erogati, cioè se i progetti non sono validi, i soldi non vengono erogati. Se lo stato di avanzamento non viene rispettato, i soldi non vengono erogati. Credo che questo debba interessare tutti, perché noi avremo dei soggetti attuatori di questi progetti che possono essere gli enti locali, ma possono essere anche in alcuni casi le nostre partecipate di Stato. Quando andiamo a individuare i soggetti attuatori, noi a quei soggetti attuatori chiediamo responsabilità, qualità e velocità nell'esecuzione di questi progetti. Altrimenti i soldi non arriveranno e credo che questo interessi tutti, perché abbiamo visto anche in passato quando invece i fondi europei classici, perché non avevano abbastanza controlli, poi spesso non erano funzionali allo sviluppo economico del Paese.
  Qualcuno ha posto alcuni temi che ci toccano sicuramente. Il motivo per cui io qui ho parlato del Patto per l'export è che, come si diceva prima, noi lo abbiamo già finanziato con le risorse nostre, 2 miliardi di euro. Per darvi solo dei numeri, abbiamo finanziato il fondo SIMEST per 900 milioni di euro. Fino a giugno, di quei 900 milioni di euro non erano stati richiesti neanche 200 milioni di euro. Da giugno ad agosto abbiamo quasi esaurito i 900 milioni di euro. Che è successo a giugno? Che il Parlamento in uno dei decreti che ha convertito ha inserito una serie di norme di semplificazione per l'accesso a quei fondi e infatti le imprese ne hanno avuto più facilità di accesso e soprattutto – lo dico per il sistema fieristico ma in generale – il nostro obiettivo in questo momento è sostenere le fiere non solo da un punto di vista dei problemi economici a cui possono andare incontro, ma anche degli attacchi predatori che possono ricevere per la debolezza economica che hanno. Per questa ragione nell'ultimo decreto, il decreto agosto, abbiamo inserito altri 350 milioni, che non sono ancora utilizzabili perché stiamo facendo il decreto attuativo, che serviranno proprio ad aiutare le fiere per gli ammanchi del 2020. Una parte di questi sono a fondo perduto, rispettando il framework delle regole europee per il fondo perduto, perché altrimenti rischiamo poi la procedura di infrazione.
  Detto questo, questi sono i fondi che abbiamo stanziato, il nostro obiettivo è continuare a finanziare anche con le progettualità del Recovery Fund gli strumenti che le imprese ci dicono stiano andando bene. Il fondo SIMEST sta andando bene. Anche i temporary export manager e i digital manager stanno andando bene. Per ora abbiamo dei numeri ancora non grandi. Abbiamo 2.600 unità che possiamo dare alle imprese, ma c'è una grande richiesta. Il Patto per l'export è stato firmato l'8 giugno. Il sottosegretario Di Stefano insieme all'ambasciatore Angeloni hanno iniziato le interlocuzioni con tutte le associazioni di categoria quando ancora eravamo in lockdown ed è stato firmato da tutte le associazioni di categoria, le quali stanno monitorando quello che non funziona e alla Farnesina facciamo delle sessioni periodiche per sistemare lo strumento. La stessa campagna di nation branding è quasi pronta e sarà aggiudicata entro fine settembre. Ad ottobre si inizia in trenta Paesi diversi del mondo una campagna di comunicazione sul made in Italy, customizzata Paese per Paese. Questo lavoro che noi stiamo già avviando con risorse dello Stato italiano proprie e del bilancio dello Stato italiano adesso vogliamo finanziarlo anche con i fondi del Recovery Fund. Questo ci dà un vantaggio, perché la progettualità non è da zero, ma la progettualità finanzia strumenti che funzionano. Quelli che non funzionano insieme alle associazioni di categoria li stiamo mettendo a posto, però fino ad ora devo dire che abbiamo apprezzamenti e non lamentele.
  Per quanto riguarda quindi il sistema fieristico è chiaro che è centrale, come è centrale e fondamentale il digitale ed è per questo che noi stiamo investendo anche sui digital manager. Prima qualcuno ha parlato dei corridoi verdi o dei corridori sanitari. È chiaro ed evidente che noi facciamo il tifo Pag. 18per tutte le nazioni del mondo per uscire il prima possibile dalla curva dei contagi, perché l'Europa è aperta, ma abbiamo Stati Uniti, America Latina, Russia, Paesi arabi e la stessa Cina, come l'India, che sono dei mercati fondamentali per il nostro export ma anche per i buyer alle nostre fiere e su questo noi stiamo cercando di creare, con non poche difficoltà, i corridoi verdi per i buyer che vengono alle nostre fiere. Già nel DPCM di un mese fa abbiamo scritto che i buyer nelle fiere non hanno il problema di venire qui, i centoventi giorni e le quarantene, perché volevamo dare un segnale. Ci sono delle misure un po' più forti nel senso che gli facciamo un esame quando arrivano, quindi assicuriamo comunque la sicurezza sanitaria. Il problema è il ritorno, cioè questi buyer, quando tornano nei loro Paesi poi magari devono fare la quarantena. Su questo stiamo promuovendo degli accordi bilaterali, con non poche difficoltà, con Paesi come Stati Uniti, Paesi dell'America Latina o come la Russia o come i Paesi arabi per fare in modo che queste persone possano rientrare lì senza la quarantena. Sul lato nostro abbiamo già creato tutte le condizioni favorevoli per il buyer che viene qua. Adesso stiamo lavorando in quel senso e ci sono stati dei buoni segnali che sono arrivati negli ultimi giorni. Speriamo di ottenerli.
  Per quanto riguarda il reshoring, è stato evocato più volte. È un processo in atto quello del reshoring e non voglio dare meriti al Governo. Le filiere necessariamente si devono accorciare, perché chi ha allungato la filiera in passato adesso ha difficoltà con le regole sanitarie di tutti gli Stati coinvolti nella pandemia e con i problemi delle chiusure, delle aperture e dei costi delle linee aeree che sono in ginocchio. Quindi stiamo ricevendo molti segnali su alcune aziende che vogliono ritornare o alcune anche che stanno in altri Paesi, che non sono italiane e vogliono venire qui. L'attrazione degli investimenti che può essere intesa anche nel caso del reshoring è guidata da un comitato per l'attrazione degli investimenti che è presieduto dal sottosegretario Manzella del MISE, perché ha una figura MISE a capo e poi vede dentro anche la Farnesina. Uno degli strumenti a disposizione dello Stato per l'attrazione degli investimenti è Invitalia. Su questo noi stiamo cercando di pianificare al meglio i prossimi passi quindi tra Invitalia, il MISE e la Farnesina per permettere un ambiente favorevole a tutti coloro che magari anche extra UE adesso si sentono più garantiti per la loro azienda e stanno all'interno di mercati europei e quindi di un Paese come l'Italia. Il lavoro non è semplice, però stiamo ricevendo dei buoni segnali e quindi anche su questo cercheremo di lavorare il più possibile.
  È stato affrontato il tema della transizione green e in particolare della riconversione verde e il tema dell'energia. L'energia è un tema di politica estera. Sulle questioni specifiche relazionerà sicuramente meglio il Ministro Patuanelli. Ciò che noi stiamo osservando è che tutti i Paesi anche nella transizione verde non si stanno legando ad un'unica tecnologia, stanno differenziando le tecnologie e le fonti di approvvigionamento e noi dobbiamo fare la stessa cosa, non innamorarci di un'unica fonte di energia. L'idrogeno è importante. Le batterie sono importanti, ma allo stesso tempo stiamo promuovendo delle alleanze europee. L'Italia non era nell'alleanza delle batterie e ci è entrata qualche anno fa. Sull'idrogeno adesso c'è stata un'alleanza dei Paesi del Nord dell'Europa, ma è chiaro ed evidente che uno dei soggetti più importanti che sta investendo sull'idrogeno in Italia è SNAM, che è un fiore all'occhiello del nostro Paese e che guarda a dei progetti da qui ai prossimi vent'anni nel Mediterraneo per l'idrogeno, con produzione di energie rinnovabili nel Nordafrica e invece produzione con idrogeno in Italia. Questo lavoro cercheremo di spingerlo il più possibile e di promuoverlo.
  La protezione dei dati, sulla digitalizzazione è fondamentale. È stato già affrontato col Ministro Pisano il tema del cloud pubblico. Ci sono tante questioni. Noi quello che stiamo cercando di fare nella protezione dei dati a livello europeo è di rendere omogenee le linee di intervento e di protezione dei perimetri di sicurezza nazionali non solo dal punto di vista del 5G, ma di Pag. 19tutte le tecnologie. I perimetri di sicurezza nazionale in questo momento alcuni Paesi neanche li hanno nelle normative per proteggere le proprie reti di telecomunicazioni. Noi come Stato italiano abbiamo una tra le più rigide normative di protezione e quindi cercheremo di influenzare positivamente gli altri Paesi UE.
  Cerco di andare velocemente, io dico semplicemente due cose. Va bene coinvolgere tutti gli enti sul territorio, tra cui anche le Camere di commercio. La modalità di spesa rapida dipende dalla semplificazione della burocrazia e dalla mitigazione di alcuni strumenti di alcuni istituti che abbiamo già fatto nel Decreto «Semplificazioni» come l'abuso d'ufficio, come una responsabilità erariale che influenzava la capacità dei dirigenti pubblici di firmare i progetti e in generale quando io parlo di export – prima è stato citato il Sud – oggi il Sud partecipa all'export per il 10 per cento di tutto l'export nazionale. Quando sale, sale per gli idrocarburi esportati dalla Sicilia e dalla Basilicata. Siamo un po' in un paradosso. Il Sud ha tanto da dare all'export, come hanno dato tanto il Nord e il Centro dell'Italia. Stiamo implementando dei progetti di formazione mirata per le imprese del Sud per riuscire a internazionalizzarsi. Presidente, io credo che noi siamo in una fase dei criteri sul Recovery Fund. Se vuole e se vogliono le Commissioni, quando entreremo più nel vivo dei progetti specifici, sono a disposizione per riconfrontarci, perché posso capire che siamo ancora in una fase molto generica e tra un po', invece, quando entreremo nella parte più pratica, potremmo confrontarci sui progetti messi in piedi da questo Ministero.

  PRESIDENTE. Credo che questa disponibilità sarà naturalmente raccolta dalle Commissioni. La ringrazio fin d'ora a nome mio e della presidente Nardi. Segnalo che sono già cominciate le dichiarazioni di voto, quindi tutti i commissari sono pregati di andare in Aula e ci rivediamo per quello che riguarda la Commissione esteri alle ore 14. Dichiaro conclusa l'audizione

  La seduta termina alle 9.45.