XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (V-XIV Camera e 5a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 1 settembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

Audizione, in videoconferenza, del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Gentiloni Paolo , Commissario europeo per l'economia ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 7 
De Luca Piero (PD)  ... 7 
Bagnai Alberto  ... 8 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 8 
Lucaselli Ylenja (FDI)  ... 9 
Fassina Stefano (LeU)  ... 9 
Del Barba Mauro (IV)  ... 10 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 10 
Raduzzi Raphael (M5S)  ... 11 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 11 
Bossi Simone  ... 12 
Gelmini Mariastella (FI)  ... 12 
Bonino Emma  ... 13 
Bottici Laura  ... 13 
Stefano Dario  ... 13 
Battelli Sergio , Presidente ... 14 
Gentiloni Paolo , Commissario europeo per l'economia ... 14 
Battelli Sergio , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione, in videoconferenza, del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni congiunte V e XIV della Camera e 5ª e 14ª del Senato reca l'audizione, in videoconferenza, del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni, avverto che, dopo l'intervento del Commissario, sono previsti interventi (fino a un massimo di due) per ciascun gruppo, per un tempo complessivo di circa 7 minuti per gruppo. Il tempo è ridotto a 3 minuti per i gruppi rappresentati in un solo ramo del Parlamento. Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, invito i rappresentanti di ciascun gruppo della Camera e del Senato a comunicare al banco della presidenza entro i primi dieci minuti della seduta i nominativi dei deputati e dei senatori del proprio gruppo che intendono intervenire.

  PAOLO GENTILONI, Commissario europeo per l'economia. Innanzitutto saluto gli onorevoli deputati e senatori. Sappiamo che siamo di fronte a una sfida che è quella di essere all'altezza di una crisi senza precedenti e anche di decisioni senza precedenti che sono state prese dalle istituzioni europee assieme ai Governi nazionali negli ultimi quattro o cinque mesi. Questa sfida sarà cruciale per il nostro futuro. Il punto di partenza è che abbiamo preso la decisione senza precedenti di raccogliere da parte della Commissione europea sui mercati finanziari 750 miliardi di euro e di utilizzarli per il comune obiettivo della ripresa e della riconversione delle economie europee, naturalmente attraverso i piani nazionali. Io sono orgoglioso del lavoro fatto fin qui dalla Commissione e sono anche grato al Governo italiano che in questi mesi non ha scelto la carta dell'autoisolamento, ma quella del dialogo costruttivo ed è stato un attore importante di questo dialogo fino alla maratona finale con la quale il Consiglio europeo è arrivato ad approvare le proposte della Commissione. Questa risposta comune senza precedenti costituisce una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità. Si tratta di una responsabilità fondamentale per Bruxelles, per le istituzioni europee, ma si tratta anche di una responsabilità molto importante per le istituzioni italiane, per il Governo italiano, per il Parlamento italiano anche per il semplice fatto che l'Italia sarà, in assoluto, il Paese che potrà contare sul volume più alto di risorse in questa strategia. Dobbiamo gestire questa opportunità in un contesto che rimane caratterizzato da grande incertezza. Quando ho presentato le previsioni estive per l'economia europea, Pag. 4 che, come sapete, prevedono per il 2020 una crescita negativa dell'8,3 per cento, ho detto che certamente la ripresa era cominciata, ma che la via della ripresa sarebbe stata lastricata da imprevisti. Infatti questa è la situazione. Abbiamo visto alcuni indici fondamentali, per esempio l'indice Markit per le imprese, mostrare dati migliori a giugno-luglio rispetto a quelli di agosto e abbiamo visto anche dati più parziali, dati della mobilità, che vengono raccolti attraverso Google, e altri dati sui consumi energetici, che attestano il fatto che non siamo di fronte a una ripresa a «V», cioè in cui c'è una caduta verticale e poi una ripresa altrettanto verticale; siamo di fronte certamente a una fase di rilancio delle nostre economie, ma tale fase è caratterizzata da un clima di incertezza. Anche l'Italia, che senza dubbio ha reagito bene all'emergenza sanitaria di questa primavera, è alle prese con questa incertezza e nessuno lo sa meglio dei parlamentari della Repubblica.
  Il Next Generation EU è, dunque, lo strumento attraverso il quale provare a dare a questa incerta ripresa un ritmo, una forza e anche una direzione diversa, perché non si tratta soltanto di tornare alla situazione precedente il più rapidamente possibile, ma anche di utilizzare questa drammatica crisi e le risorse messe a disposizione dalle istituzioni europee per riconvertire in qualche modo le nostre economie in una direzione di maggiore sostenibilità, di maggiore resilienza e di maggiore competitività. Tra i diversi strumenti di Next Generation EU di gran lunga il più importante, anche solo per l'ammontare delle risorse, è la cosiddetta Recovery and Resilience Facility: si tratta dei 673 miliardi che vanno impiegati attraverso i piani nazionali di «Recovery and Resilience». La Commissione incoraggia i diversi Paesi a presentare questi piani nazionali di ripresa e resilienza per la metà di ottobre. È un nostro auspicio. Naturalmente ci aspettiamo che per la metà di ottobre siano presentate delle bozze che indichino obiettivi generali, linee di intervento e priorità, in modo da consentire l'avvio di un dialogo da parte della Commissione con i 27 Paesi che devono presentare questi piani, cosicché anche le istituzioni, i Governi e i Parlamenti dei 27 Paesi possano intrecciare su questi piani il confronto necessario con le amministrazioni locali, con le regioni, con le parti sociali e con tutti gli attori che sono interessati alla definizione di uno strumento così importante.
  La presentazione formale di questi piani della Recovery and Resilience Facility è prevista per l'inizio del prossimo anno, è stata fissata una scadenza, ossia la fine di aprile, ma anche in questo caso l'incoraggiamento è, ove possibile, a presentarli in forma definitiva anche prima di questa scadenza di fine aprile. Scusate se specifico questi dettagli, ma se ne è molto discusso, anche sui giornali italiani, in queste settimane, quindi è utile forse ribadire quelle che sono le decisioni che ha preso la Commissione europea.
  Sulla base di questi piani finali, la Commissione avrà otto settimane come termine massimo per proporre al Consiglio, cioè ai Governi, l'approvazione dei piani ricevuti, naturalmente se ritiene di proporne l'approvazione. Dopo la proposta della Commissione, il Consiglio avrà quattro settimane, a sua volta, per arrivare a un'approvazione che deve essere, come sapete, a maggioranza qualificata. All'atto di questa approvazione da parte del Consiglio, quindi prevedibilmente nel primo semestre del prossimo anno, ci sarà una prima erogazione da parte della Commissione del 10 per cento dell'ammontare del piano di Recovery. Le altre erogazioni avverranno a cadenza semestrale, quindi due volte l'anno sostanzialmente, e saranno legate a una procedura piuttosto complessa: in buona sostanza, mentre è il Consiglio, non all'unanimità, ma a maggioranza, a decidere l'approvazione del piano, sarà la Commissione a decidere delle erogazioni due volte l'anno sulla base del raggiungimento dei risultati proposti nei piani nazionali e sulla base del rispetto dei tempi proposti nei piani nazionali. Quindi, anche l'equilibrio e la ragionevolezza con cui si proporranno tempi e risultati da raggiungere saranno importanti per poter consentire poi che Pag. 5questo meccanismo di erogazione semestrale delle risorse funzioni.
  Naturalmente Next Generation EU ha altri strumenti più piccoli rispetto al Recovery and Resilience Facility, il più importante dei quali è il REACT-EU, che è destinato all'emergenza. Prima di tutto esso sarà disponibile nell'ultimo trimestre di quest'anno, quindi già nel 2020, e sarà destinato a intervenire sulle conseguenze e sulle difficoltà più immediate create dalla pandemia. Il REACT-EU ha un portafoglio di 47 miliardi di euro di grant e l'allocazione di questi 47 miliardi è in corso di discussione proprio in questi giorni.
  Per completare il quadro, al Next Generation EU si aggiunge, come ben sapete, il pacchetto di prestiti deciso nella settimana di Pasqua dall'Eurogruppo, ossia dai Ministri delle finanze della zona euro. Si tratta di un pacchetto di prestiti che prevede, oltre all'aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti al fine di consentirle di intervenire a sostegno, in particolare, delle piccole e medie imprese, due strumenti nuovi. Il primo è il cosiddetto SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), di cui sinceramente vado piuttosto fiero, perché, insieme al Commissario al lavoro Nicolas Schmit, siamo riusciti, ovviamente con il consenso dell'intero collegio, a concludere, nel giro di poche settimane, una vicenda, quella del lavoro per un meccanismo di questo genere, che si protraeva forse da quindici anni nelle istituzioni europee e di cui molti importanti Ministri italiani, da ultimo Pier Carlo Padoan, erano stati promotori, ma di cui non si era mai fatto nulla. Siamo riusciti a concluderla, purtroppo, ovviamente, alla luce della drammaticità della crisi. In tale contesto, come sapete, 27,4 miliardi di euro sono stati destinati all'Italia, circa il 30 per cento delle risorse complessive finora allocate con il meccanismo SURE. Il meccanismo sostiene, senza modificarli, schemi già esistenti nei diversi Paesi che mirano a evitare che nei momenti di crisi le persone vengano licenziate. Questi schemi, che da noi si chiamano «cassa integrazione» e che si chiamano «chomage partiel» in Francia o «kurzarbeit» in Germania, esistono nella quasi totalità dei Paesi europei e proprio per finanziare questi schemi, naturalmente per i Paesi che hanno chiesto tale prestito, cioè i Paesi per cui è conveniente accedere ai prestiti con interessi nulli forniti dalla Commissione – la Germania e la Francia, ad esempio, non hanno chiesto di utilizzare questo strumento –, vengono stanziate le risorse dello SURE. Questi schemi sono riusciti, tra l'altro, a ridurre la disoccupazione nei Paesi europei. Infatti, se noi ci paragonassimo agli Stati Uniti, vedremmo che l'incremento della disoccupazione nei Paesi dell'Unione europea, che pure c'è ed è sensibile, come confermeranno anche i dati che tra qualche minuto renderà noti Eurostat, è molto più contenuto di quello, veramente eccezionale, sperimentato dagli Stati Uniti.
  Vi è poi il Meccanismo europeo di stabilità, su cui non devo dilungarmi molto, perché in Italia se ne è discusso ampiamente. Il MES consentirebbe prestiti fino al 2 per cento del PIL per ciascun Paese; per quanto riguarda l'Italia, quindi, si tratta di prestiti sopra i 30 miliardi di euro finalizzati al settore della sanità. Io in questa sede voglio dire solo due cose. La prima è che l'obiettivo è fondamentale. Noi dobbiamo rafforzare la resilienza dei nostri sistemi sanitari e dobbiamo farlo adesso, alla luce di questa crisi. La seconda cosa che intendo sottolineare è che le condizionalità «macroeconomiche» che hanno caratterizzato l'azione del Meccanismo europeo di stabilità nel corso della crisi precedente sono state eliminate per queste linee di prestito straordinarie destinate alla sanità.
  La Recovery and Resilience Facility, dunque, è cruciale per la strategia di ripresa. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi la Commissione, i Governi e i Parlamenti di tutti i 27 Paesi dovranno lavorare per costruire un equilibrio, che non sarà facile, tra, da una parte, la responsabilità nazionale e, dall'altra, il coordinamento europeo. Voglio dire chiaramente che i piani nazionali non saranno redatti a Bruxelles e tanto meno imposti dalle autorità europee, a differenza di quanto accadde per i piani Pag. 6di rientro macroeconomico che hanno coinvolto alcuni Paesi nella crisi finanziaria del decennio scorso, come Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro. I piani, quindi, saranno proposti dai 27 Paesi europei. Al tempo stesso, deve essere molto chiaro che la Commissione non è un intermediario finanziario che raccoglie risorse sui mercati per trasferirle a scatola chiusa ai 27 Governi nazionali, ma ha l'obbligo di garantire coerenza ai piani nazionali tenendo conto sia delle nostre priorità comuni sia di quel mix di riforme e di investimenti che è necessario.
  Detto questo, vorrei concludere ricordando che le priorità comuni, come credo ben sappiate, sono in generale tre. La prima è quella di contribuire con le risorse di Next Generation EU alla transizione ambientale e, quindi, alla sostenibilità ambientale. Più che mai questo sarà al centro dei piani di Recovery and Resilience. Voi sapete che l'insieme del bilancio europeo ha un vincolo del 30 per cento di risorse che devono essere destinate a finalità legate alla transizione ambientale. Per quanto riguarda i piani nazionali di Recovery and Resilience questo vincolo sarà maggiore, arrivando ad oltre il 35 per cento. Quindi, assolutamente centrale, in tutta la strategia dei piani nazionali, dovrà essere la transizione ambientale, anche perché non c'è solo il vincolo del 35 per cento, ma c'è anche la richiesta, tra l'altro sancita dal Consiglio europeo, per cui non si accetteranno nei piani di Recovery misure, investimenti e riforme dannose dal punto di vista ambientale. È il principio che in Europa chiamano «do no harm», ossia «non fare danno». Quindi, non solo oltre il 35 per cento delle risorse sarà vincolato a misure per la transizione ambientale, ma occorre che i piani di riforma non comportino danni dal punto di vista ambientale. Il secondo obiettivo è la resilienza e la sostenibilità sociale, che comprende tutti i temi di educazione, sanità e lavoro. Il terzo obiettivo è la transizione digitale, l'innovazione, la competitività. Queste sono le priorità comuni a tutti i 27 Paesi europei. Poi per ciascuno di loro la Commissione ha messo in evidenza un pacchetto di raccomandazioni. Si tratta soprattutto delle raccomandazioni per quest'anno, 2020, e di quelle per l'anno scorso, 2019, da cui gli Stati membri possono attingere per indicare le proprie priorità nazionali, dando per scontato che le priorità comuni, quelle orizzontali, devono valere per tutti. Quindi, sarà necessario tenere conto delle raccomandazioni specifiche per ciascun Paese e anche dello stato dell'arte presente in ciascun Paese per il raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Infatti, come sapete, da quest'anno nel corso del Semestre europeo la Commissione tiene d'occhio, con un'apposita valutazione, anche lo stato d'avanzamento in ciascun Paese rispetto agli obiettivi dello sviluppo sostenibile. In Italia queste raccomandazioni si concentrano sui nodi che, a mio avviso, da oltre vent'anni limitano la nostra crescita e la nostra produttività. So che il Governo, su impulso del Presidente del Consiglio e con il coordinamento del Ministro per gli affari europei, sta lavorando su queste sfide. Parliamo naturalmente della digitalizzazione, sia della rete che della pubblica amministrazione, della giustizia civile e dei pagamenti digitali. Parliamo della necessità di ridurre i tempi della pubblica amministrazione, parliamo di scuola, ricerca, innovazione, cultura. Parliamo del lavoro e, in modo particolare, dell'aumento del tasso di occupazione tra le donne e i giovani nel Mezzogiorno. Parliamo di sanità e di sostenibilità ambientale. La Commissione chiede una cosa sola, che è molto semplice, cioè che il Governo decida nel quadro di queste priorità condivise, non per varare un catalogo di spese, bensì per prendere le decisioni di riforma e di investimento che vi ho descritto, della cui necessità, a livello europeo, ci occupiamo da molto tempo. Oggi abbiamo le risorse e lo spazio di bilancio per affrontare queste strozzature. Non è stato così negli ultimi decenni. Se non usiamo oggi queste risorse e questo spazio di bilancio per affrontare questi problemi annosi, il rischio è che non lo faremo più. Questa considerazione vale per i 27 Paesi europei, ma vale certamente in modo particolare per un Paese come il nostro, sia per il basso tasso di crescita sia Pag. 7per il livello elevato del nostro debito, che è un problema che non scomparirà all'orizzonte nei prossimi anni, ma che resterà un problema di cui, senza accelerazioni indebite, bisognerà tener conto nei prossimi anni. Quindi, non si tratta di effettuare una raccolta di esigenze o di emergenze, ma occorre il coraggio di scegliere e di guidare la ripresa e la ricostruzione, perché o lo facciamo oggi o sarà difficile farlo in un'altra occasione. Questa è la grande responsabilità del Governo. Questa è la grande responsabilità del Parlamento, che dovrà avere un ruolo centrale lungo tutto questo percorso, dalle bozze iniziali alle definizioni finali del piano. Io sono fiducioso che l'Italia ha tutte le potenzialità e le capacità per essere all'altezza di questa sfida.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario europeo Gentiloni e do la parola ai colleghi che intendono intervenire.

  PIERO DE LUCA. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la disponibilità e la chiarezza nella sua esposizione. Possiamo condividere che in questi mesi da una drammatica emergenza sia nata in realtà una nuova Europa, grazie al lavoro, come ricordava il Commissario Gentiloni, di Governi che hanno deciso di non chiudersi all'interno dei confini nazionali e grazie anche al lavoro della Commissione europea e al suo lavoro, in particolare, che ha tracciato una rotta per creare davvero le condizioni per un'Europa dal volto solidale e responsabile, un'Europa che guardi al futuro. Anche in precedenti audizioni il Commissario Gentiloni ha ricordato che sono tre le linee guida attraverso cui si è mossa l'Unione europea. In una prima fase sono state adottate misure cosiddette «liberatorie», come lui le ha definite: la sospensione del Patto di stabilità, la modifica della norma sugli aiuti di Stato, la riorganizzazione dell'utilizzo dei fondi di coesione. Riguardo a queste misure può darci qualche indicazione su se e quando si ipotizza il ripristino del vecchio regime del Patto di stabilità? Noi guardiamo con estrema attenzione e preoccupazione al ritorno in vigore delle vecchie regole e crediamo sia necessaria, utile e auspicabile una ripresa assolutamente graduale e probabilmente in forme differenti rispetto al passato delle norme sul Patto di stabilità. Possiamo ipotizzare che nella sostanza il vecchio Patto di stabilità sarà superato da nuove norme e nuovi approcci soprattutto negli anni futuri?
  Quanto alla seconda tipologia di misure sono stati adottati degli strumenti di supporto alla gestione dell'emergenza. Lei ricordava il programma SURE di sostegno alla cassa integrazione europea: un grande successo innanzitutto suo, ma anche dei democratici. Noi la ringraziamo per averlo portato avanti. È un progetto che riguarda il sostegno alla cassa integrazione che già dalla precedente legislatura con l'ex Ministro Padoan i democratici sostenevano a livello continentale. Per quanto riguarda i programmi della BEI e il MES la ringraziamo per aver chiarito ancora una volta che l'utilizzo delle risorse della linea di credito sanitaria del MES non prevede alcun vincolo, alcuna condizionalità macroeconomica, alcun obbligo di sorveglianza rafforzata. La nostra ricostruzione è che, in realtà, il funzionamento di questa linea di credito è molto simile a quello del programma SURE e probabilmente è addirittura molto più semplice accedere a queste risorse, che prevedono meno vincoli procedurali complessivi di quanto non ne prevedono le risorse del Recovery Fund. Da questo punto di vista potrebbe essere utile un'ulteriore precisazione da parte sua.
  Infine, lo strumento del Recovery Fund sul rilancio e la resilienza era decisivo. È stata una rivoluzione poter finalmente ottenere 750 miliardi di euro attraverso l'emissione di titoli europei: un grande successo anche questo. Noi auspichiamo che, a livello nazionale, la redazione del Recovery Plan italiano segua un percorso autonomo con un passaggio parlamentare forte e autorevole e si concentri su programmi e progetti strutturali e strategici per rendere il nostro Paese più competitivo e resiliente nel futuro. Da questo punto di vista, pur nell'autonomia del nostro Paese, potremmo chiedere ulteriormente se ritiene utile che Pag. 8il nostro Paese possa investire innanzitutto nelle infrastrutture. Noi seguiamo con estrema attenzione lo sviluppo delle zone economiche speciali, eventualmente con la previsione di piani di fiscalità incentivante, soprattutto per favorire lo sviluppo di investimenti nelle zone economiche speciali del Mezzogiorno. Le chiedo, quindi, se questo può essere uno strumento utile ed eventualmente finanziabile attraverso le risorse del Recovery Fund.
  Da ultimo il nostro interesse è di arrivare per primi a depositare un piano di rilancio nazionale alla Commissione. Possiamo auspicare un'accelerazione anche da parte della Commissione e poi del Consiglio nell'analisi di questi piani per poter ipotizzare di avere il 10 per cento delle risorse già entro fine anno?
  Infine, sappiamo che il Parlamento europeo non ha ancora approvato la risoluzione del Consiglio nell'ambito del piano di rimborso. È in corso un dibattito sulle risorse proprie. Riteniamo decisivo aumentare il numero delle risorse proprie, soprattutto per stabilizzare il rientro e il rimborso del Recovery Fund del Next Generation EU nei prossimi anni.

  ALBERTO BAGNAI. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la sua relazione. Cercherò di esemplificare la differenza fra comizio e domande. La prima domanda è la seguente: esistono o si prevede di fare delle stime dell'impatto macroeconomico del Recovery Fund? I commentatori internazionali dicono che la parte grant, per esempio, impatterà per meno dell'1 per cento del PIL dell'Unione europea e lei ci ha ricordato che il calo è nell'ordine del meno 8 per cento. Quindi chiaramente c'è un problema. La seconda domanda è la seguente. Lei ha detto che oggi abbiamo le risorse. Le risorse sono fondamentalmente prestiti. Viene da chiedersi perché questi prestiti non sono stati sollecitati durante la crisi economica, quando abbiamo avuto situazioni di forte stress sociale in Paesi come la Grecia. Comunque, oggi siete buoni e concedete i prestiti. Avete valutato l'effetto sui mercati dei titoli nazionali delle maxi-emissioni di titoli europei? Infatti, oggi il Sole 24 Ore, per esempio, fa un'ovvia constatazione: ci ricorda che le emissioni di titoli europei, facendo salire i tassi, rischiano di penalizzare i mercati nazionali. La terza domanda è la seguente. C'è il tema della seniority dei prestiti SURE e dei prestiti del Recovery and Resilience Facility, in altre parole ci state dicendo che il Tavernello è più conveniente del Barolo e fino a qui va bene, solo che sono due prodotti diversi. È stato effettuato uno studio che illustri e calcoli il pricing di debito italiano avente caratteristiche analoghe a quelle dei titoli SURE e del Recovery and Resilience Facility? Si è effettuato uno studio che chiarisca se questi sono effettivamente caratterizzati da seniority? Sostanzialmente su quale base giuridica si afferma la seniority di questi titoli? La quarta domanda riguarda le garanzie. Se uno Stato non restituisce i prestiti – se qualcosa può andare storto, lo farà –, chi paga? Chi mette i soldi per i Paesi che non restituiscono i prestiti? Questa è una domanda che ci siamo posti e le chiedo se ve la siete posta anche voi. Nelle regole che avete stabilito è descritta questa eventualità? Concludendo, lei è molto fiero – e noi siamo contenti per lei – dello strumento SURE. Lo strumento SURE è stato chiesto da 17 Paesi, se non ricordo male, fra cui l'Italia, ma non dalla Francia e dalla Germania. Il MES è stato chiesto da un solo Paese: Cipro. Io non voglio parlar male degli altri, voglio guardare in casa mia, ma so che quando uno i soldi non ha intenzione di restituirli è abbastanza solerte nel chiederli. Oltre a Cipro, solo l'Italia dovrebbe chiedere il MES. Lei sa dare una spiegazione della differenza nel relativo successo di questi due strumenti? Perché tutti vogliono SURE e solo il Governo italiano e quello di Cipro vogliono il MES? Sono due Paesi, entrambi, con una lunga storia alle spalle, ma le cui caratteristiche macroeconomiche sono lievemente diverse.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio il Commissario Gentiloni per la sua presenza. La mia domanda sarà rapidissima. È evidente a tutti che siamo di fronte a una nuova Europa e che l'Europa che abbiamo davanti agli occhi ora non è nemmeno parente dell'Europa che c'era fino al Pag. 931 dicembre 2019. In questo contesto, di una nuova Europa solidale, ieri, al Forum di Bled, il Presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, ha fatto delle precisazioni estremamente importanti che tutti quanti noi condividiamo, ma non altrettanto hanno fatto gli altri partecipanti. In sostanza, il Forum di Bled è stato una specie di festival di Visegrad e le conclusioni che il rappresentante polacco ha tratto non sono certamente attinenti a quello che è uno spirito di nuova solidarietà e di nuova inclusione. Chiedo al Commissario Gentiloni le sue valutazioni rispetto alle conclusioni che il Forum di Bled ha tratto ieri e, in riferimento a questo, soprattutto nell'ottica della volontà dell'Unione europea di proseguire sui procedimenti di allargamento e di estensione dell'Unione nei Balcani occidentali.

  YLENJA LUCASELLI. Ho tre domande e cercherò di essere molto breve. Innanzitutto, parlando di tutte le misure che erano state immaginate oltre al Recovery Fund, perché sappiamo che la necessità di arrivare al Recovery Fund è stata determinata dalle esigenze dell'emergenza di carattere sanitario, erano previsti anche altri programmi. C'era l'EU for Health. Tecnicamente, sarebbe dovuta confluire in questo programma una dotazione di 7,7 miliardi di euro, però questo programma, che era un programma di resilienza, è stato eliminato. Accanto a questo programma c'era il Solvency Support Instrument, per il quale era prevista una capacità di mobilitazione di circa 300 miliardi di euro e che doveva servire proprio a sostenere la ricapitalizzazione e la solvibilità delle imprese entrate in crisi, ma anche questo programma è stato eliminato. Quindi, la prima domanda è proprio su questi punti, cioè perché si è arrivati semplicemente a immaginare soltanto il Recovery Fund come ipotesi alternativa, quando c'erano già altre due ipotesi sul tavolo, una proprio per la resilienza e per l'emergenza sanitaria e l'altra per l'aiuto alle imprese? La seconda domanda, invece, riguarda i tempi. Noi sappiamo che la Commissione dà ai Paesi membri un tempo fino ad aprile per presentare i piani, che è un tempo abbastanza comodo per la presentazione dei progetti. La Francia ha più o meno già individuato le proprie richieste, quindi ha già individuato il proprio piano di ripresa nazionale. Sappiamo anche più o meno come verranno richieste le somme, ossia 40 miliardi di euro per la reindustrializzazione del Paese, 20 miliardi per gli sgravi fiscali e 3 miliardi per le imprese in difficoltà. C'è poi un altro blocco di Paesi che prenderà più tempo e, quindi, presenterà il proprio progetto con calma entro aprile. In Italia il Governo ha affidato la gestione di questi progetti al Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) e, per quanto ne sappiamo, sono già arrivati oltre 500 progetti da tutti i Ministeri. Si tratta, però, di progetti che erano nel cassetto dei Ministeri italiani dagli anni Novanta e questo vuol dire che sono progetti assolutamente vecchi e datati e che non sono in grado di rispettare le indicazioni che sono state stabilite dall'Europa. Inoltre, non possiamo pensare che questi progetti datati e vecchissimi tengano conto delle attuali esigenze del Paese. Siccome è facile immaginare il motivo per il quale il Governo italiano spinge per depositare i progetti entro il 15 ottobre, perché tutte le anticipazioni finiranno poi nella legge di bilancio per il 2021 e, quindi, teoricamente, questi primi 20 miliardi di euro fanno molto comodo al Governo, io vorrei un suo parere e, di conseguenza, quello della Commissione europea, sul fatto che il Governo italiano valuti la possibilità di utilizzare progetti vecchi di oltre vent'anni, invece di stabilire un programma e delle priorità concreti e attuali.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio anch'io il Commissario Gentiloni. Vorrei provare a fare un paio di domande, rimanendo sul piano macroeconomico, che in questa fase, date anche le competenze del Commissario Gentiloni, mi pare quello più rilevante. È evidente che si sono fatti passi avanti significativi nella predisposizione degli strumenti che sono stati descritti, dopodiché ritengo che sia utile rimanere con i piedi per terra e guardare molto attentamente i dati di realtà, perché è pericoloso enfatizzare i risultati ottenuti nel contesto in cui Pag. 10siamo. La prima questione che pongo riguarda il Parlamento europeo. Il 23 luglio scorso il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione nella quale dà un giudizio pesantemente negativo dell'accordo raggiunto. Ora non ho tempo per entrare nel merito dei punti, ma rileva l'estromissione per quanto riguarda lo strumento predisposto e rilevano soprattutto le conseguenze dell'accordo sul Quadro finanziario pluriennale, perché poi sul piano macroeconomico gli interventi vanno messi insieme, considerando che il Quadro finanziario pluriennale è stato molto ridimensionato. Siamo andati addirittura indietro rispetto a quella che era la previsione più pessimistica. Ora non mi soffermo sulla composizione. Volevo capire dal Commissario Gentiloni a che punto è il negoziato con il Parlamento europeo, perché i due interventi, i due strumenti, il Quadro finanziario pluriennale e lo strumento per la ripresa, si intrecciano. Nella sua esposizione non ha fatto nessun riferimento al negoziato con il Parlamento europeo, ma non è una variabile marginale rispetto alle caratteristiche e ai tempi in cui saranno disponibili le risorse. Il secondo punto, a proposito di rimanere con i piedi per terra, riguarda le regole che sono state sospese, ma rimangono invariate. Che cosa dobbiamo aspettarci? Prima delle vacanze, prima dell'interruzione, il Vicepresidente della Commissione Dombrovskis in un'intervista ha dichiarato che in primavera era atteso il ripristino delle regole. A che punto è la discussione? Perché – guardate – un conto è se le risorse di cui discutiamo, in particolare ovviamente i prestiti, sono risorse aggiuntive, un conto è se sono risorse sostitutive di risorse nazionali. Ci sarà un maggior spazio, una sorta di golden rule dedicata alle risorse che arrivano dal Recovery and Resilience Facility, e quindi sono risorse aggiuntive, o semplicemente otteniamo un risparmio in termini di spesa per interessi – che, per carità, non è da buttare –, ma dentro un profilo di fiscal policy che rimane sostanzialmente quello previsto a legislazione vigente? Questo fa molta differenza rispetto all'impatto economico. Infine vorrei soffermarmi sugli interventi della Banca centrale europea, che è la variabile – mi permetta di dirlo, considerato tutto il lavoro fatto da parte della Commissione – davvero decisiva. La settimana scorsa il presidente della Federal Reserve ha compiuto una rottura di paradigma rispetto alla politica monetaria. Per quanto mi riguarda ciò è assolutamente necessario per fare in modo che le risorse ricomprese negli strumenti di cui parliamo abbiano un senso. Anche in questo caso so bene che, in termini diplomatici, il rapporto con una banca centrale indipendente è molto delicato, però questo è un altro elemento decisivo. Se quel target di inflazione, se il livello degli interventi, se un'attenzione all'obiettivo di occupazione non entrano nell'agenda della Banca centrale europea, allora tutte le nostre aspettative rispetto al Recovery and Resilience Facility e a qualsiasi altro strumento rischiano di andare drammaticamente deluse.

  MAURO DEL BARBA. Grazie, Commissario Gentiloni, per l'illustrazione di queste misure in maniera puntuale per quanto riguarda sia la loro declinazione che i tempi. Peraltro, tra le righe del suo intervento mi è parso di cogliere un nemmeno troppo velato auspicio che tra tutti questi interventi il nostro Paese non si faccia sfuggire l'opportunità di utilizzare anche il MES per rendere maggiormente resiliente il nostro sistema sanitario, opinione che condivido. Tuttavia, come lei ben sa, il dibattito in Italia si concentra soprattutto sulle condizionalità relative a questi strumenti. Allora, le voglio chiedere se può spendere qualche parola definitiva e autorevole in merito alle condizionalità o, più precisamente, se ci può dire se siano maggiori le condizionalità del Recovery Fund piuttosto che le condizionalità del MES, perché sembra essere questo l'unico tema dirimente che la politica italiana sta affrontando per decidere se accogliere il suo e mio e nostro auspicio di rafforzare anche il sistema sanitario utilizzando l'opportunità di questi strumenti.

  EMANUELA ROSSINI. Buongiorno, Commissario Gentiloni. Quali priorità dare? Questa è la domanda cruciale su cui noi Pag. 11dovremmo concentrarci con grande lucidità e concretezza. Io credo che, alla luce di quello che è accaduto anche nei giorni scorsi nel nostro Paese, ci sia bisogno di un grande sforzo da parte dell'Europa e dell'Italia per la messa in sicurezza dei nostri territori dai rischi idrogeologici e geologici. Io provengo da un territorio che è tra i più attrezzati per affrontare i fenomeni climatici, che sono cambiati, ma le dico che siamo arrivati al punto anche noi di sperare che smetta di piovere. Verona ha rischiato di nuovo l'esondazione. Quanto tempo riusciremo a resistere ancora? Su tutti i territori, che si tratti di aree montane, da cui dipende la sicurezza della pianura, o di aree costiere, c'è bisogno veramente di mettere al centro l'obiettivo dei cambiamenti climatici, che raccoglierà il 30 per cento di tutti i fondi ed è nel programma della Commissione europea. Inoltre occorre affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici che si sono già verificate. Su questo aspetto io le trasferisco la grande preoccupazione che c'è nel Paese e in tanti territori e auspico che lei ci possa aiutare. Quindi la mia domanda è proprio se la messa in sicurezza del territorio, delle strade, dei ponti, delle aree montane e costiere è tra le priorità, perché non riusciamo più a gestire i grandi fenomeni climatici.

  RAPHAEL RADUZZI. Ringrazio il Commissario Gentiloni. Ci sarebbero molte considerazioni da fare. Io condivido quanto espresso prima da alcuni colleghi sul Patto di stabilità o sul ruolo della Banca centrale europea, ma per brevità mi limito a una domanda sul funzionamento del Recovery and Resilience Facility. Noi sappiamo che per l'erogazione dei fondi c'è un processo abbastanza ampio e c'è anche la possibilità per un Paese o per un gruppo di Paesi di tirare un freno di emergenza. In questo caso la palla passa al Consiglio europeo, che dovrebbe discutere la questione dello scostamento dagli obiettivi del Recovery Plan in maniera esaustiva e, di norma, questo processo non dovrebbe richiedere più di tre mesi. Ora, io penso che questa formulazione sia un po' fumosa. Capisco il rimando all'articolo del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che comunque dà la parola definitiva alla Commissione europea, però ci terrei a chiedere al Commissario Gentiloni un approfondimento su questo passaggio, che rischia forse di impantanare tutta la procedura di erogazione dei fondi.

  PIETRO CARLO PADOAN. Anch'io mi associo ai colleghi che hanno espresso i ringraziamenti nei confronti del Commissario Gentiloni per il grande lavoro svolto, di cui sta beneficiando l'Italia, ma anche tutta l'Europa. Qualcuno ha evocato un momento cruciale e ne condivido assolutamente la valutazione. Svolgerò un'osservazione e le porrò due domande tanto per non fare comizi. L'osservazione consiste in un ringraziamento al Commissario Gentiloni per averci ricordato del fatto che Recovery and Resilience Facility, l'apparato concettuale e finanziario di Next Generation EU, è uno strumento che serve non solo e non tanto per far uscire le economie dalla caduta a «V», o qualunque sia la lettera dell'alfabeto che la descrive, quanto per collocare la crescita dei Paesi dell'Unione europea su un sentiero diverso, più forte quantitativamente e qualitativamente. Questo è un fatto molto importante, perché, nel momento in cui si scelgono i progetti, bisogna avere questa dimensione di lungo termine come punto di riferimento e il Commissario Gentiloni ci ha dato elementi ai quali ancorare questa visione di lungo termine. È da questo punto di vista che andrebbero valutate, a mio avviso, le proposte di progetto di cui il Governo italiano si sta occupando, ma non solo. Il mio è un invito, se posso, alla Commissione e al Commissario Gentiloni, ma anche a tutti noi, a ricordarci sempre di questo aspetto. Non ha alcun senso confrontare il tasso di crescita dell'anno prossimo con il tasso di crescita su cui vorremmo collocarci. Il tasso di crescita che io valuterei con un minimo di soddisfazione per l'Italia nel lungo termine sarebbe quello superiore al 2 per cento in termini reali, quindi non certamente il 6 per cento, che forse avremo come rimbalzo. Sono due concetti totalmente slegati, quindi non ha senso fare un Pag. 12ragionamento sul confronto di questi due numeri.
  Detto questo, io avrei due domande molto generali. Se vogliamo crescere di più, in modo stabile e in modo sostenibile, dobbiamo avere più investimenti pubblici, ma anche più investimenti privati. Quindi la mia domanda è la seguente: fino a che punto gli incentivi alle imprese private sono tenuti in considerazione dal Next Generation EU? Questo influenza il modo in cui gli incentivi sono disegnati e implementati. Da questo punto di vista, mi auguro che un dialogo con le parti sociali (quindi non solo con le imprese, ma anche con i lavoratori) sia una parte importante dei criteri di scelta. Infatti, se le imprese poi non investono, il problema rimane irrisolto. Da questo punto di vista, gradirei una parola di chiarimento da parte del Commissario su una questione che spesso appare nel dibattito in Italia. Lo strumento del Next Generation EU può essere utilizzato per finanziare tagli di tasse? Quanto è vero e quanto non è vero? Infine concludo con un ultimo appunto. In questo posso essere rapido perché il collega Fassina lo ha già sottolineato. L'economia è una cosa unica, non possiamo spezzettarla; quindi gli impatti di Next Generation EU devono essere confrontati con gli impatti dei bilanci pubblici che, adesso o da qualche mese, improvvisamente non sono più sottoposti al vincolo delle regole del Patto di stabilità; quindi è un mondo totalmente nuovo. Naturalmente questa situazione non può andare avanti. Quindi le chiedo se può dirci qualcosa sul tema sollevato dal collega Fassina riguardo all'interazione fra Next Generation EU e il ritorno a qualche forma di regola fiscale.

  SIMONE BOSSI. Restando con i piedi per terra, ci accorgiamo che il nostro Paese vive da mesi, ormai, nell'emergenza post-COVID e vedrà il Governo italiano affrontare in quarantacinque giorni un lavoro che fa rabbrividire. Penso che il tempo sia fondamentale. Non a caso ho usato il termine «rabbrividire», perché se questo Governo ha intenzione di utilizzare questi quarantacinque giorni come ha utilizzato gli ultimi sei mesi per la scuola, capiamo che i brividi vengono sicuramente, prima di tutto perché non possiamo permetterci errori programmatici e, in secondo luogo, perché il Paese non ha più tempo di aspettare né potenze di fuoco né gesti d'amore. Il Governo punta ad anticipare una fetta da 20 miliardi di euro del Recovery Plan italiano in legge di bilancio – questo ormai lo abbiamo capito – e il 15 ottobre capiremo anche come, visto che l'Esecutivo invierà a Bruxelles l'anticipazione della legge di bilancio per il 2021, come succede ogni anno, e ci saranno anche le schede dei 209 miliardi di euro di Next Generation EU. Sul tavolo del Ministro Amendola, ad oggi, ci sono 534 progetti arrivati da Ministeri, enti locali eccetera. Personalmente, mi permetterà di dire che si ha la percezione di assistere all'ennesima operazione di facciata, in cui si sbandierano grandi numeri e pochi sono i risultati realmente accessibili. Siamo di fronte all'ennesimo riciclo di progetti e idee. Potremmo chiamarlo anche un «revival anni '80-'90», vista l'età dei progetti che sono stati messi sul tavolo. Ormai sono vecchissimi, quindi è inutile anche commentarli. Si ha proprio la percezione di usare sempre questo metodo, tutto all'italiana, per veicolare soldi dall'Europa. Veramente pensate di farci credere che i progetti esclusi rientreranno e saranno finanziati con i fondi strutturali nei prossimi sette anni, Commissario Gentiloni? Le ricordo che ci sono 26 miliardi di euro fermi nel cassetto e non spesi relativi alla programmazione 2014-2020. Vengo, allora, alla domanda fondamentale. Mi piacerebbe sapere dove volete cominciare, se volete lavorare con progetti di lavoro seri, con step e lavori affidabili: diteci quali sono i progetti fattibili per il Nord, per il Centro e per il Sud.

  MARIASTELLA GELMINI. Rivolgo alcune brevi domande al Commissario Gentiloni. Dal suo osservatorio privilegiato è a conoscenza della volontà di altri Paesi di accedere alle risorse del cosiddetto «Fondo salva Stati»? Nel caso in cui l'Italia decidesse di ricorrere al MES, quali sarebbero eventualmente i tempi per l'erogazione delle risorse? Alla luce anche della situazione economica certificata dai dati ISTAT sul secondo semestre, ritiene che il ricorso al Pag. 13MES potrebbe contribuire ad agevolare un atteggiamento diverso da parte della Commissione sui tempi e le modalità di erogazione del Recovery Fund? Per quanto riguarda il fondo SURE, vorremmo capire qual è il meccanismo di erogazione di tale strumento, infatti, in Italia nella pubblicistica quotidiana si parla di SURE come di nuove risorse disponibili per finanziare ulteriori misure per la disoccupazione. È così? In che modalità si possono ottenere queste risorse? Da ultimo, il tema delle infrastrutture. La collega Prestigiacomo tiene al fatto che le rivolga una domanda relativa al ponte sullo Stretto di Messina. Può essere inserita questa infrastruttura tra quelle da concretizzare oppure no?

  EMMA BONINO. Io credo che questa audizione sia stata molto utile e ringrazio il Commissario Gentiloni. Spero che non ce ne dimenticheremo, perché il Commissario Gentiloni ha affermato tre cose fondamentali. La prima è che i piani sono redatti dai Governi nazionali, non sono fatti da Bruxelles, e che devono essere in linea con le priorità, quindi, per esempio, sul dissesto idrogeologico è l'Italia che decide se vuole investire in tale settore o se vuole investire in altro. Penso che questo aspetto ce lo dobbiamo veramente ricordare. La responsabilità di dove investire il 35 per cento sulla transizione ambientale spetta al Governo nazionale e non al tavolo di Bruxelles. Ciò vale per questo come per altro. La seconda cosa che non ci dobbiamo dimenticare sono i tempi, che il Commissario Gentiloni ha chiarito. Entro aprile saranno presentati i piani; la Commissione, in otto settimane, verificherà o chiederà anche delle correzioni, e siamo a fine giugno; il Consiglio avrà poi quattro settimane e siamo a fine luglio. Quindi dobbiamo essere chiari e capire che di questo Next Generation EU prima dell'autunno 2021 non se ne parla. È inutile che cincischiamo avanti e indietro. Questo aspetto deve essere chiaro anche per programmare il periodo da ora a tra un anno, in modo da chiarire dove reperiremo le risorse per quest'anno, con tutte le emergenze che ci sono. Infine, Commissario, le pongo una domanda: nella transizione sociale (scuola, sanità eccetera) quale rilievo ha, secondo lei, la riforma della giustizia, in particolare della giustizia civile, proprio per attrarre investimenti privati o pubblici per la ripresa? La Commissione ritiene, come io ho letto, che è un punto essenziale. Nel dibattito nazionale mi sembra, invece, sottotraccia. Lei, Commissario, che conosce anche il nostro Paese, ritiene che la riforma della giustizia, oltre che un tema di giustizia sociale, sia anche economicamente indispensabile per attrarre investimenti, che siano pubblici o privati?

  LAURA BOTTICI. Commissario Gentiloni, all'inizio del suo intervento lei ha detto che ci troviamo a una svolta storica dell'Unione europea: siamo però pronti ad andare fino in fondo o no? Quando si parla di pareggio di bilancio, di sospensione del Patto di stabilità, siamo pronti a rimettere in discussione queste regole del tutto o si tratta solo di una sospensione limitata al periodo dell'emergenza? Come lei sa, però, il periodo dell'emergenza non sarà sufficiente per far ripartire tutta la nostra economia, perché serviranno almeno dieci anni. Sulla questione del reperimento delle risorse proprie, siccome noi abbiamo previsto la web tax e la plastic tax, che sono state introdotte anche per aumentare il bilancio europeo, siamo pronti per realizzare un disegno che punti ad armonizzare tutto il sistema fiscale europeo, anche per evitare che alcuni Paesi che hanno un sistema fiscale più agevolato del nostro procurino effetti distorsivi sulla concorrenza all'interno della stessa Unione europea? Io mi chiedo se l'Unione europea è pronta, quindi, a muoversi come continente e a mettersi in concorrenza con gli altri continenti o se gli Stati membri continueranno a mettersi in concorrenza tra di loro.

  DARIO STEFANO. Innanzitutto, ho il dovere anch'io di ringraziare il Commissario Gentiloni per questa sua audizione che considero molto utile nella dimensione in cui ci ha chiarito alcuni spazi e anche una serie di obiettivi strategici ai quali noi dobbiamo provare a puntare. Questi chiarimenti hanno evidenziato, a mio avviso, come l'Europa non sia più il problema, Pag. 14come qualcuno ha detto per troppo tempo, ma forse rappresenti la soluzione. In questo senso, io credo che l'audizione di oggi sia prodromica all'avvio in Parlamento di una discussione vera, franca, leale, non solo dei progetti per come vengono individuati dal Comitato interministeriale per gli affari europei, che è un organismo tecnico, ma in senso più politico, profondo, autentico. Io credo che il Parlamento debba essere chiamato in prima linea a disegnare quale Paese vogliamo nei prossimi quindici, venti anni. È questa la sfida alla quale ci ha chiamato il Commissario Gentiloni. Io credo che a questa sfida noi abbiamo la necessità di rispondere. Dobbiamo ammettere che il pericolo che abbiamo di fronte e che dobbiamo scongiurare in ogni modo è che il Recovery Fund diventi una sorta di lavoro di risulta. Ha detto bene la collega Lucaselli: non possiamo immaginare di costruire le ambizioni di questo Paese attraverso un collage di progetti dicasteriali che vengono tirati fuori dai cassetti in queste settimane. In questo senso, io credo che sia essenziale un lavoro parlamentare che apra una fase squisitamente politica, che richiama una sorta di top-down delle evidenze che abbiamo ricevuto e che riceveremo nel lavoro bottom up fin qui svolto. Non voglio peccare di ingenuità, ma io credo che ci sarà la necessità di fare una sintesi in questa miriade di interventi che sono stati evidenziati e provare a inserire, con la necessaria chiarezza, un disegno di sistema Paese che metta al centro tre elementi: sostenibilità ambientale, innovazione digitale e resilienza. Una volta definiti questi pilastri, sarà indubbiamente più facile individuare poi i progetti, nell'ambito delle indicazioni che ci arriveranno dall'Europa. In questo senso, però, io voglio dire una cosa, e la dico già oggi in questa sede, immaginando che poi debba essere anche una riflessione da svolgere all'interno delle nostre Commissioni: io credo con grande preoccupazione che vada respinta l'idea che ho sentito evidenziare da qualche parte, che è quella di immaginare il piano di recovery come un allegato alla Nota di aggiornamento al DEF. In questo caso saremmo di fronte a un rischio troppo grande. Mi permetto di correggere, se posso – lei me lo consentirà –, la collega Bonino: il Commissario Gentiloni non ci ha detto che i piani nazionali li fanno i Governi dei Paesi membri, ma che li fanno i Paesi, e io credo che noi abbiamo la necessità di evitare che ci sia una deriva di tipo governativo. Il Paese è chiamato a questa sfida. Io credo che nel Parlamento ci siano competenze e sedi adeguati, perché se è vero che il CIAE svolge un lavoro di tipo tecnico, non possono essere che le Commissioni Politiche dell'Unione europea di Camera e Senato a dover svolgere un lavoro politico. Quindi, io credo che questa prima audizione del Commissario Gentiloni apra una strada per un lavoro parlamentare che dobbiamo svolgere insieme, maggioranza e opposizione, perché si tratta di una sfida epocale alla quale non possiamo rispondere soltanto con un lavoro di tipo tecnico. Quindi ringrazio il Commissario Gentiloni. Per quanto mi riguarda, io credo che la chiameremo ancora per entrare nel dettaglio, via via che questo lavoro andrà definito, perché se è vero come è vero, come dice sempre la collega Bonino, che abbiamo tempo fino ad aprile per misurare la nostra capacità progettuale, io credo che ci sia il tempo per approfondire e dare il giusto taglio agli interventi che questo Paese non può più rimandare.

  PRESIDENTE. Do la parola al Commissario Gentiloni per la replica.

  PAOLO GENTILONI, Commissario europeo per l'economia. Ringrazio tutti i deputati e senatori intervenuti per questa discussione, che credo sia entrata in moltissimi aspetti dei problemi che abbiamo davanti e, quindi, meriterebbe moltissimo tempo. Io cercherò di essere il più rapido possibile, perché in effetti siamo di fronte anche a un territorio abbastanza inesplorato. Usiamo molto spesso l'espressione «senza precedenti», vuol dire che in effetti non ci sono precedenti e, quindi, ci sono molte questioni aperte. Sui tempi, l'onorevole De Luca si domandava se ci fosse spazio per anticipare il finanziamento iniziale del 10 per cento. Mi pare che la Pag. 15senatrice Bonino parlasse dell'autunno. Mettiamola così: innanzitutto prevedere il 10 per cento come pagamento che avviene all'atto dell'approvazione dei piani nazionali è stata una decisione positiva del Consiglio europeo ed è stata una relativa novità. All'inizio si pensava che le risorse sarebbero state erogate solo a seguito del raggiungimento delle diverse tappe di questi piani. Poi diversi Paesi hanno chiesto che, invece, ci fosse un iniziale finanziamento all'atto dell'approvazione del piano, come succede per molti progetti europei, e su questo aspetto si è concordato. Il finanziamento iniziale, però, avverrà all'atto dell'approvazione del piano: non è prevista una trattativa su questo punto. L'approvazione del piano avverrà quando il Consiglio dell'Unione europea lo approverà, dopo la proposta della Commissione. La Commissione propone l'approvazione del piano e il Consiglio lo approva a maggioranza, dopo aver svolto una discussione esaustiva. Su questo aggettivo, «esaustivo», credo che ci siano state nottate di discussione. Capisco l'onorevole Raduzzi che ne paventava la genericità; tuttavia credo di sapere, anche se ovviamente non ho partecipato a questa discussione, che questa genericità è stata un modo attraverso il quale il Consiglio europeo ha evitato che si arrivasse ad affermare la necessità dell'unanimità. C'è stata una discussione per giorni e giorni, perché alcuni Paesi volevano una decisione unanime del Consiglio dell'Unione europea, mentre con questa espressione, frutto di un compromesso di drafting negoziale, si è arrivati a escludere la decisione all'unanimità. La decisione sarà a maggioranza, dopo una discussione molto ampia. Quindi il 10 per cento arriverà quando saranno approvati i piani. Il Governo può presentare i piani formalmente a gennaio, a febbraio, a marzo, ad aprile. Da quando li presenta formalmente, la Commissione ha otto settimane per sottoporli al Consiglio dell'Unione europea, che ha poi quattro settimane. Quindi, in sostanza, da quando arriva il piano definitivo, ci vorranno due o tre mesi per l'approvazione finale. Se si vuole lavorare bene, saranno due mesi. Dopo due mesi, c'è un primo finanziamento del 10 per cento; quindi tali risorse potranno arrivare anche un po' prima di quanto diceva la senatrice Bonino, ma certamente non è in corso una trattativa per ottenere queste risorse nel 2020. Per il 2020 ci sono i prestiti, MES e SURE, e ci sono i trasferimenti diretti del fondo REACT-EU, di cui ancora non è stata decisa l'allocazione precisa, ma certamente l'Italia può considerarli.
  Sempre l'onorevole De Luca, insieme all'onorevole Fassina e all'onorevole Padoan, poneva un problema che sarà assolutamente fondamentale nella nostra discussione europea, direi soprattutto l'anno prossimo, ma che comunque è giusto cominciare a discutere, cioè le regole. Ci sono due temi. Il primo è: quando tornare a regole condivise? Adesso, come sapete, le regole sono state sospese e questo crea lo spazio di bilancio per le operazioni di cui stiamo discutendo questa mattina. Il primo problema riguarda la durata e bisogna stare molto attenti nella scelta dei tempi per eliminare questa clausola che sospende le regole europee. Farlo troppo presto, soprattutto vista l'incertezza della situazione che tutti stiamo constatando, presenterebbe dei rischi notevoli. Ad esempio, nella crisi precedente, quella finanziaria, a un certo punto la Banca centrale europea assunse la decisione, sostenuta anche dal punto di vista politico, di dare una stretta economica immaginando che si fosse già in una fase di ripresa sicura. Questo provocò la cosiddetta «recessione a due punti», cioè ci fu una seconda recessione. Dobbiamo assolutamente evitare questo rischio. Penso che ci sia una discussione da fare; c'è bisogno di un consenso nella Commissione e nelle istituzioni europee per evitare che queste regole siano reintrodotte troppo presto. La seconda questione riguarda l'opportunità di tornare a delle regole condivise. Io credo vi sia questa necessità. Non possiamo immaginare che un'area economica come quella dell'Unione europea, in particolare per quanto riguarda i Paesi che condividono addirittura la stessa moneta, non abbia delle regole comuni. Come per altre cose del dopo-pandemia, tornare a delle regole comuni non significa tornare alle Pag. 16stesse regole comuni di prima, e su questo punto credo che svolgeremo una discussione molto importante, che investirà sia la possibilità di creare delle modalità per favorire gli investimenti – altro tema di cui parlava l'onorevole Padoan – sia i target e i ritmi che riguardano deficit e debiti. Si tratta di una discussione che si svolgerà la prossima primavera, ma che dev'essere avviata già nei diversi Paesi, nei diversi Parlamenti, anche attraverso un dialogo con la Commissione, che ovviamente è molto importante.
  L'onorevole Bagnai poneva una grande quantità di questioni. Io cercherò di rispondere telegraficamente almeno alla maggior parte di queste. Innanzitutto, chiedeva se c'è una stima dell'impatto macroeconomico da parte della Commissione. Sì, c'è una stima. La stima prevede all'incirca un impatto dell'1,8 per cento nel 2021-2022, che dovrebbe aumentare al 2,3 nel 2024. Naturalmente bisogna tener conto di due cose. Prima di tutto, questi impatti saranno ovviamente molto maggiori nei Paesi più indebitati. Infatti, diverso è il caso di un Paese come l'Italia, in cui il piano è un piano di volumi – parliamo di 200 miliardi di euro –, da quello di altri Paesi che, non facendo ricorso ai prestiti, hanno un volume di interventi molto minore. Inoltre, come il senatore Bagnai sa perfettamente, l'Unione europea non è uno Stato federale; quindi, quando parliamo di «impatto macroeconomico» di questi interventi, non possiamo fare un paragone con gli Stati Uniti. Vi sono gli interventi dei singoli Governi nazionali, incluso quello italiano, che quest'anno credo abbia speso circa 100 miliardi di euro per tali interventi, che grossomodo costano il 4 per cento del PIL, in termini di spese discrezionali, e il 25-26 per cento del PIL, in termini di spese per garanzie e differimento di termini fiscali. Quindi stiamo parlando di interventi pari al 30 per cento del PIL. Le risorse comuni europee si aggiungono agli interventi dei singoli Paesi. Hanno, tuttavia, un valore strategico fondamentale, oltre ad avere l'impatto macroeconomico che, secondo i nostri calcoli, prima ricordavo, perché trattasi di debito comune per obiettivi comuni e questo è davvero senza precedenti. Non solo è senza precedenti, ma fino a tre o quattro anni fa solo evocare questa possibilità sarebbe apparso una follia o un'ingenuità.
  Per quanto riguarda l'impatto delle emissioni di titoli europei, la Commissione, avendo la tripla A, avrà condizioni di borrowing molto favorevoli e credo che ciò avrà delle conseguenze anche molto interessanti, perché un debito comune denominato in euro, in questo momento, diventa un asset sicuro molto ricercato sui mercati finanziari. Noi non solo non abbiamo particolari preoccupazioni rispetto questa operazione, che, anch'essa, è senza precedenti per la Commissione, ma pensiamo che possa anche dar luogo a qualcosa di molto importante: la creazione di questo asset comune potrebbe rafforzare il ruolo della moneta unica a livello internazionale. Naturalmente questo non ha nessun impatto negativo sul debito dei singoli Paesi. Non è solo un mio auspicio, perché ne abbiamo sperimentato gli effetti in questi mesi. Dopo l'annuncio di queste grandi operazioni europee, abbiamo visto via via diminuire il famoso spread e, comunque, i nostri tassi di interesse. Questo è rassicurante. È chiaro che nel medio termine la rassicurazione non dipende soltanto dalle iniziative che possono prendere la BCE o le istituzioni europee, ma dipenderà anche dalla fiducia nelle politiche di bilancio nazionali, cioè dal fatto che gradualmente – non troppo presto, non ripetendo pedissequamente le regole precedenti – il percorso del debito italiano riprenda a stabilizzarsi e, nel medio-lungo periodo, a ridursi. Non possiamo immaginare che questa grande operazione europea abbia cancellato il problema del debito italiano.
  Per quanto riguarda la seniority, come voi sapete bene, si tratta di un tema molto astratto e teorico. A parte il fatto che è discutibile che sia senior il debito contratto con la Recovery and Resilience Facility, anche qualora lo fosse, il tema della seniority è rilevante solo nel caso in cui si debba far fronte alla ristrutturazione dei debiti nazionali e voi sapete che questa prospettiva non c'è nel modo più assoluto. In Italia Pag. 17è facile verificare come il Ministero dell'economia e delle finanze si stia finanziando molto facilmente presso i mercati e noi, a livello europeo, abbiamo attestato da poche settimane la sostenibilità del debito per tutti i Paesi dell'Unione, proprio in funzione dei prestiti del MES.
  Infine, per quanto riguarda la differenza tra MES e SURE, io penso che certamente il senatore Bagnai conosca la risposta. Innanzitutto, SURE è un'iniziativa della Commissione, per cui sono in grado di rispondere pienamente su tutti i suoi aspetti, ma rispetto al MES non ho alcuna responsabilità. Ovviamente posso rispondere per sentito dire. Prima mi veniva chiesto se io so di altri Paesi che hanno fatto richiesta del MES; questo forse lo può sapere meglio il Governo italiano che non la Commissione europea. Il MES non dipende dalla Commissione; SURE dipende dalla Commissione e noi siamo molto soddisfatti del suo esito. Ci può essere sicuramente una prudenza da parte di alcuni Paesi, in particolare – devo dire, senatore Bagnai – da parte dei Paesi che nel corso degli scorsi dieci anni sono stati oggetto dei programmi di aggiustamento macroeconomico del MES. In Italia è in corso una grande discussione, ma immaginate questa grande discussione trasferita in Paesi nei quali l'intervento del MES è storicamente legato alle vicende dei piani di rientro stabiliti e della Troika. Quello che posso dire io è che oggi tutto questo non ha niente a che fare con i crediti per il sistema sanitario relativi alle linee per la pandemia previste dal MES, non solo perché così ha stabilito il consiglio di amministrazione del MES, dopo aver ricevuto una lettera da parte mia e del vicepresidente Dombrovskis che questo richiedeva, ma anche perché – lo dico per ulteriore chiarezza sul piano formale – noi abbiamo proposto il 19 giugno scorso di emendare il Regolamento del 2013 così da chiarire in modo definitivo che i Paesi che beneficeranno delle linee di credito del MES non sono tenuti a nessuna delle forme di reporting che erano previste da quel Regolamento. Questo emendamento è stato approvato dal Parlamento europeo, quindi è pienamente legale, e prevede che gli unici reporting dei Paesi che richiedono la linea di credito per il sistema sanitario riguardano la destinazione di queste risorse al sistema sanitario. Non ci saranno missioni specifiche, non ci saranno report specifici, non ci saranno richieste legate alla situazione macroeconomica.
  Condivido il fatto che, come diceva l'onorevole Pettarin, sui Balcani occidentali si trovi una delle nostre sfide geopolitiche fondamentali e sono prontissimo a discuterne in una futura occasione. In questa sede mi limito a dire che uno degli strumenti che noi usiamo sul piano economico, di cui si parla molto poco, sono i programmi di assistenza finanziaria che la Commissione concede ad alcuni Paesi del vicinato (Balcani, Nord Africa, Europa dell'Est): io credo che questo sia uno strumento molto importante dal punto di vista geopolitico. L'onorevole Lucaselli giustamente sottolineava che, nel raggiungere il compromesso finale su Next Generation EU, sono state sacrificate alcune voci di bilancio nell'ambito del programma del bilancio pluriennale dell'Unione europea e questo lo sottolineava anche l'onorevole Fassina in relazione all'atteggiamento del Parlamento. Comprensibilmente, il Parlamento denuncia il fatto che ci siano stati tagli di questi programmi. Io aggiungo che la Commissione è particolarmente dispiaciuta che questi tagli si siano indirizzati, in modo particolare, ai programmi di ispirazione comunitaria. Per intenderci, non si è tagliato nei programmi in cui le chiavi di allocazione nazionale erano già definite. I programmi che avevano dei portafogli comunitari sono stati quelli sui quali, per raggiungere il compromesso – e per fortuna che vi è stato un compromesso –, ci sono stati dei sacrifici, ma ha ragione l'onorevole Lucaselli nel sottolineare che questo è un sacrificio e ha ragione l'onorevole Fassina nel dire che il Parlamento è molto attento a questa questione. Io mi aspetto che il Parlamento, condividendo l'ispirazione di Next Generation EU e avendo addirittura molto aiutato la Commissione e i Governi ad andare in quella direzione, approvi l'aumento del tetto delle risorse proprie, ossia la misura preliminare che Pag. 18consentirà che questi fondi europei siano raccolti sui mercati finanziari, e confido che questo avvenga alla metà di settembre. So bene che il Parlamento sta lavorando, invece, per ottenere alcune modifiche su alcune voci del bilancio pluriennale e penso che, senza modificare i saldi, queste modifiche possano essere approvate. Ricordo solo all'onorevole Fassina, che lo sa benissimo, che queste difficoltà nel bilancio pluriennale non derivano dalla pandemia o dal fatto che si è dovuto fare queste norme per finanziare Next Generation EU, perché purtroppo il precedente vertice dei Capi di Stato e di Governo sul programma di bilancio pluriennale, tenutosi prima della pandemia, non aveva dato alcun risultato particolarmente positivo e incoraggiante.
  Credo di aver risposto all'onorevole Del Barba sulle condizionalità del MES, dicendo, cioè, che non ci sono. Per quanto riguarda le priorità della Recovery and Resilience Facility, penso che abbia detto bene la senatrice Bonino. Nel gergo bruxellese si parla molto di ownership degli Stati nazionali e si cerca di non usare per la Recovery and Resilience Facility l'espressione «condizionalità», piuttosto di usare l'espressione «priorità». L'unica condizionalità di cui si è molto discusso nelle attività preparatorie relative a questo fondo di recovery sono le condizionalità legate al rispetto delle regole dello Stato di diritto da parte di diversi Paesi europei, ma, in generale, rispetto al contenuto dei piani si parla di «priorità». Tali priorità sono rappresentate dalle tre grandi sfide che ho ricordato (sostenibilità ambientale, innovazione e resilienza sociale) e dalle raccomandazioni che negli ultimi due anni la Commissione ha individuato per i Paesi membri. Questo è il cesto in cui i Governi saranno chiamati a scegliere, ovviamente non viene stabilito cosa si deve fare, anche perché certamente non tutto può essere fatto.
  Ho già risposto all'onorevole Raduzzi. All'onorevole Padoan mi pare di aver risposto rispetto agli investimenti. Alla domanda relativa alla possibilità di utilizzare questi fondi per questioni fiscali o per ridurre la tassazione, io direi che il loro impiego in questo campo dovrebbe avvenire in maniera molto mirata e limitata. Infatti è verosimile che un certo percorso di riforme su un certo obiettivo di riduzione delle differenze tra aree più forti e più deboli del nostro Paese possa prevedere degli interventi anche limitatamente e temporaneamente di natura fiscale, ma lungi dal pensare che si possano utilizzare questi 200 miliardi di euro per ridurre le tasse. Scusate se la metto in modo semplicistico, ma questo sarebbe davvero un messaggio sbagliato. Del Patto di stabilità mi pare che già abbiamo parlato.
  Rispetto alla possibilità di contribuire alla qualità delle proposte, l'onorevole Bossi temeva il riciclo di vecchie idee. Io ho anche un'esperienza di Governo in Italia, come sapete, e quindi so che certamente vi sono anche idee un po' stagionate. Bisogna fare lo sforzo – ed è anche uno sforzo affascinante – di dire che usiamo queste risorse non per tornare all'economia precedente sic et simpliciter, ma per riconvertirla, nel senso della sostenibilità ambientale e della competitività. Non tutto è già scritto, non tutto è già presente. Penso che il Governo sappia benissimo che non basta una collezione di progetti presenti nei cassetti.
  Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Gelmini, ripeto che io non sono nella cabina di regia del MES. Il MES è un organismo intergovernativo che la Commissione forse dieci anni fa ha persino un po' subito. Infatti, una delle cose più importanti del nuovo piano di recovery è che sia, invece, un piano europeo, non un piano prevalentemente intergovernativo. Dopodiché, so che comunque i tempi per fare ricorso al MES sarebbero immediati, nel senso che la valutazione di sostenibilità del debito è già stata fatta e un Paese che volesse avvalersi di queste risorse dovrebbe semplicemente comunicare al MES la finalizzazione delle linee di credito che chiede di attivare, così come l'ha comunicata alla Commissione per quel che riguarda SURE. Certamente, per Paesi con tassi di interesse più elevati si tratta di un vantaggio. Credo che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano abbia valutato in alcuni miliardi Pag. 19 di euro il vantaggio per il bilancio italiano del prestito di SURE e nel caso del MES sarebbe alcuni miliardi più qualcosa, perché sarebbe di 6 o 7 miliardi di euro maggiore. I tempi per averlo possono essere immediati; i tempi per chiederlo, almeno stante l'attuale accordo tra i Governi, non sono illimitati, nel senso che la proposta è valida soltanto per due anni. Sulla questione dell'anticipo dei tempi di cui parlava la senatrice Bonino mi pare che fondamentalmente ella giustamente ci richiamava a non pensare che tutto si risolva dopodomani. I tempi sono quelli che ho cercato di chiarire e su questo non mi ripeto. Diciamo che il 10 per cento delle risorse può essere concesso dopo due o tre mesi dalla presentazione formale del piano di Recovery and Resilience Facility. Per quanto riguarda, invece, l'altra questione che poneva la senatrice Bonino, cioè quella della giustizia civile, la Commissione tiene molto in considerazione la questione dei tempi della giustizia civile. Tale questione è tenuta in considerazione non solo dalla Commissione, ma – credo – anche da qualunque imprenditore e da molte autorità di Governo, incluso il mio Governo, che hanno cercato di lavorare in questa direzione. Quindi non sarò certo tra coloro che faranno facile questa questione, perché facile non è, ma certamente la Commissione ha sempre sostenuto la rilevanza economica della riduzione dei tempi della giustizia civile, altrimenti non sarebbe una delle raccomandazioni fondamentali del nostro semestre di coordinamento economico: lo è e continuerà ad esserlo e penso che il Governo italiano abbia abbastanza chiaro questo aspetto.
  L'onorevole Bottici poneva una questione delicatissima, che però è di grande rilevanza. L'espressione «armonizzazione fiscale» non si può usare: i trattati la escludono nel senso di un intervento della Commissione teso a uniformare i diversi sistemi di tassazione, che sono prerogativa dei singoli Paesi membri. Detto questo, tuttavia la Commissione, anche in quelle raccomandazioni che prima ricordavo relativamente all'Italia sulla giustizia civile, è stata chiara – e lo è stata forse ancor di più recentemente – nel dire ad alcuni Paesi che vanno superate le loro politiche di «tassazione aggressiva»: questa è la definizione che la Commissione usa per le politiche fiscali di alcuni Paesi europei che si pongono in competizione con altri per attirare imprese e investimenti nel loro territorio. Così come ci sono Paesi, come l'Italia, per i quali, nelle nostre raccomandazioni, i tempi della giustizia sono considerati molto importanti, ci sono altri Paesi per i quali la questione dell'aggressive tax planning è considerata molto importante. Quindi, nel valutare le diverse proposte, la Commissione cercherà di tener conto di questo aspetto e, contemporaneamente, avvierà un lavoro fondamentale per rafforzare le cosiddette «risorse proprie» dell'Unione europea. Su questo vorrei concludere, onorevoli senatori e onorevoli deputati. La restituzione del debito durerà trent'anni e comincerà, almeno come contributo iniziale, già con il prossimo bilancio di sette anni della Commissione, cioè comincerà nel 2026. Per far sì che questa grande operazione senza precedenti sia un'operazione di successo, ci sono tante condizioni, tra cui la qualità dei piani nazionali e la qualità del lavoro che si fa qui a Bruxelles, ma un'altra condizione di successo è avere un incremento delle risorse proprie che consenta alla Commissione, che ha emesso il debito comune, di rimborsarlo con risorse proprie. Voi capite che, se si fa questo, l'operazione che abbiamo concepito, in modo assolutamente straordinario, in seguito alla pandemia verrà considerata un successo. La storia della costruzione europea dice che le operazioni che hanno successo possono essere ripetute. Questo non tocca a me dirlo, so benissimo che ci sono molti Paesi che insistono sul fatto che questa è una operazione una tantum. Io dico solo che, conoscendo la storia dell'evoluzione del progetto europeo, questa operazione, per avere futuro, deve avere successo e per avere successo, oltre alle tante cose di cui abbiamo parlato in questa audizione – per la quale ringrazio in modo particolare i presidenti, apprezzando le parole finali del presidente Stefano –, questa operazione deve anche essere Pag. 20 ripagata dalle risorse proprie dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Gentiloni da parte mia, da parte dei presidenti Stefano, Pesco e Melilli e anche da parte dei colleghi di Camera e Senato. Le auguro un buon lavoro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.40.