XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 28 di Mercoledì 22 luglio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della SOSE:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Atella Vincenzo , Amministratore delegato della SOSE ... 3 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 7 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 11 
Russo Paolo (FI)  ... 11 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 11 
Perosino Marco  ... 11 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 13 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 
Stradiotto Marco , responsabile analisi della finanza pubblica SOSE ... 13 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla SOSE ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della SOSE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, nonché ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, dei rappresentanti della SOSE (Soluzioni per il Sistema Economico Spa). In particolare, sono oggi presenti l'amministratore delegato e direttore generale, professor Vincenzo Atella, e il responsabile analisi della finanza pubblica, dottor Marco Stradiotto. Abbiamo avuto il piacere di audire i rappresentanti della SOSE il 21 marzo 2019 in materia di autonomia finanziaria delle regioni di attuazione all'articolo 116, comma 3, della Costituzione. Con l'odierna audizione la Commissione intende approfondire i temi relativi allo stato di attuazione del federalismo fiscale e alle modalità di finanziamento dei comuni e delle province, con particolare riferimento alla ripartizione tra i comuni del Fondo di solidarietà comunale. Nel ringraziarvi per la disponibilità dimostrata cedo quindi la parola al professor Vincenzo Atella. Prego.

  VINCENZO ATELLA, Amministratore delegato della SOSE. Buongiorno a tutti e grazie, presidente. La presentazione di oggi la faremo in due, quindi a un certo punto io e il dottor Stradiotto ci alterneremo. Tutto ciò che noi oggi illustreremo è riportato anche nella documentazione che abbiamo lasciato e quindi io sarò abbastanza veloce su alcuni aspetti, anche perché i dettagli li troverete nel testo. Cercherò di concentrarmi, invece, sulle cose più rilevanti, che cerchiamo oggi di discutere con voi e presentarvi. La presentazione verrà divisa in tre pezzi. Io farò la prima e il dottor Stradiotto la seconda e la terza. Nella prima cercheremo sostanzialmente di portarvi a conoscenza di quelli che sono gli sviluppi in termini di definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), che poi sono in questo momento una delle cose più importanti e sulle quali si sta discutendo su questo tema, mentre invece gli altri due punti riguardano più da vicino una serie di temi che sono stati trattati su dei tavoli tecnici che sono stati avviati negli ultimi mesi e sui quali vi relazioneremo. Relativamente ai LEP, questo è il quadro normativo. Noi partiamo dalla definizione dall'articolo 17, comma 2, lettera M, della Costituzione, dove vengono definiti i livelli essenziali delle prestazioni. Dopodiché il decreto legislativo n. 68/2011 all'articolo 13 ha definito le attività previste, quindi la ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni effettivamente garantite nelle regioni a statuto ordinario e i relativi costi e poi la metodologia da adottare per la determinazione dei fabbisogni standard comunali. Invece nell'articolo 14 vengono definiti gli ambiti entro i quali i LEP devono essere determinati, che sono quelli della Pag. 4sanità, assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale. Ovviamente noi, come SOSE, ci limitiamo solamente ad assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale, non essendo la materia della sanità una materia di nostra competenza. Tutto il lavoro che voi vedrete presentato e che abbiamo fatto anche in passato è costituito da ricognizioni che facciamo insieme con Istat avvalendoci anche dell'aiuto del CINSEDO (Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome). Partiamo da un aspetto metodologico. Relativamente alla definizione dei costi medi, questi sono stati definiti come rapporto tra l'ammontare della spesa a livello regionale per le funzioni di cui vi ho parlato prima diviso il numero di prestazioni erogate a livello regionale. Noi abbiamo dovuto sostanzialmente fare una ricognizione sia del numeratore che del denominatore, quindi dell'ammontare della spesa e del numero di prestazioni. Questo ci ha permesso di definire dei costi medi per una serie di livelli e di prestazioni. I livelli sono quelli dei comuni, città, province, città metropolitane e regioni. Nel caso dell'istruzione, quindi, i livelli considerati sono i servizi complementari diversi dalla didattica (mensa, trasporto degli studenti e così via). A livello regionale l'istruzione, invece, riguarda la formazione professionale. Sui servizi sociali, invece, noi affrontiamo il tema a livello comunale, dove ci sono gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli oppure in associazione, cosa che negli ultimi anni si sta sviluppando sempre di più. Relativamente alle regioni, stiamo parlando di trasferimenti monetari diretti ai cittadini. Per province e città metropolitane, invece, ci sono tutta una serie di altri servizi che poi sono stati definiti dal riordino della legge n. 56/2014. Infine c'è il trasporto pubblico locale, in cui sostanzialmente noi guardiamo ai servizi offerti da regioni e comuni, quindi trasporto urbano ed extraurbano, dove è presente. A questo punto cerchiamo di capire quali sono le prestazioni che vengono erogate nelle regioni a statuto ordinario e i relativi costi. Partiamo dalla spesa. Questo è il quadro macroeconomico. I dati sono riferiti solamente alle regioni a statuto ordinario. Questi fanno riferimento al 2016, che è l'ultimo anno per il quale sono disponibili i dati. Dovrebbero essere a breve disponibili anche quelli del 2017. Comunque noi stiamo parlando di una spesa totale della pubblica amministrazione nelle regioni a statuto ordinario di 701 miliardi, dei quali poi vengono fuori 40,7 miliardi in istruzione e formazione, 37 miliardi per interventi in campo sociale e 4,6 miliardi come spesa in conto capitale nel trasporto pubblico locale. Poi vedete come per la parte istruzione e formazione e interventi in campo sociale quelle voci o quella spesa viene divisa tra i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni. Questo, quindi, vale sia per istruzione e formazione che per interventi in campo sociale. Questo sostanzialmente è per cercare di avere un quadro complessivo delle somme e della spesa che stiamo in questo momento considerando. Adesso mi limiterò solamente all'istruzione; poi nel testo troverete tutti quanti i dettagli. Questi, che sono dati aggregati, quindi quei 4,5 miliardi nel caso dell'istruzione o lo 0,6 miliardi delle province e città metropolitane e l'1,4 miliardi delle regioni, li vediamo riportati a livello regionale. Questa è la spesa lorda per bambini tra i 3 e i 14 anni. Fa riferimento ai servizi complementari, quindi stiamo parlando di servizio mensa o del trasporto pubblico (gli scuolabus, per capirsi). La parte di sinistra, invece, è semplicemente la percentuale di quella spesa che viene erogata direttamente dai singoli comuni piuttosto che dai comuni in associazione, la parte verde. Questa è la spesa storica, sono i livelli. Chiaramente ci sono differenze. Le differenze chiaramente vengono fuori da tutta una serie di fattori, non ultimo l'organizzazione della spesa per istruzione a livello comunale. Questa è la stessa informazione che però viene fuori dai certificati consuntivi. Le differenze tra la spesa lorda e i certificati consuntivi nei dettagli le trovate nel documento. Fa riferimento al prendere o non prendere una serie di voci, ma penso che siano dei dettagli in questo momento. Questa è comuni, province e città metropolitane e questa è regione e formazione Pag. 5 professionale. Anche qui, come potete vedere, ci sono grosse differenze tra le regioni. Andando avanti, questa è la spesa per l'istruzione complessiva, rapportata poi tra comuni, province, città metropolitane e regioni. Questi sono valori in euro per abitante e vi dà l'idea di quanto diversa possa essere questa spesa nelle varie regioni. Vedete che nelle regioni del Nord c'è una spesa maggiore rispetto alle regioni del Sud. Molta di questa spesa, però, dipende anche dalla modalità con la quale l'istruzione è organizzata nelle varie regioni, quindi dipende molto dal MIUR (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), nel senso che se il MIUR riesce a organizzare il tempo pieno o il tempo prolungato, allora è possibile organizzare il servizio di mensa. Quindi se il MIUR non riesce a organizzare queste cose, non c'è il servizio di mensa. Questo ha una sua importanza perché, come vedremo anche dopo, nel momento in cui si definiscono i LEP, decidere poi comunque di finanziare il servizio mensa nel momento in cui il MIUR non organizza la scuola in modo tale da avere la possibilità di fare il servizio mensa non ha granché senso. Adesso la presentazione va avanti con una serie di slide che guardano anche ai servizi sociali, ma su questo, ripeto, io andrei abbastanza velocemente. I dettagli di tutte queste cose li trovate nella presentazione che vi abbiamo lasciato. In parte queste cose le abbiamo anche raccontate in altre audizioni e su questo quindi andrei abbastanza velocemente per soffermarmi, invece, sulla rilevazione delle prestazioni erogate. Passiamo a quest'altro argomento. Prima si parlava di spesa, adesso andiamo a guardare alle prestazioni erogate. In questo caso guardiamo all'istruzione per i comuni e alle prestazioni erogate, quindi principalmente qui c'è il problema della mensa scolastica. Come vi dicevo prima, c'è tempo pieno e tempo prolungato. Ovviamente, nel caso delle regioni del Nord sembra esserci una maggiore percentuale di classi a tempo pieno, essendo i comuni e la scuola primaria statale e comunale. Anche sul tempo prolungato ci sono molte differenze, però, ripeto, tutto questo non dipende dai comuni, ma dipende da come il MIUR organizza la possibilità di avere le classi organizzate sul territorio. Ovviamente ci deve essere anche una richiesta da parte degli utenti, ma principalmente poi è un problema di organizzazione del Miur. Altre informazioni che abbiamo riguardano i metri quadrati dei plessi per utente nel caso della popolazione di studenti tra i 3 e i 14 anni. Queste informazioni ovviamente riguardano i metri quadrati totali. Purtroppo non abbiamo il numero di metri quadrati solo delle classi, ma abbiamo il numero dei metri quadri totali per utente. Anche qui, come potete vedere, c'è una grossa variabilità tra le regioni e quindi tra le varie scuole. Questi sono dati importanti perché l'aumentare dei metri quadrati impone costi maggiori, ad esempio, per il riscaldamento, l'elettricità e quant'altro. Organizzazione del trasporto scolastico e trasporto dei disabili: anche qui, vedete, ci sono grosse differenze tra le regioni nelle modalità di erogazione dei servizi. Mensa scolastica: come potete vedere, qui ritorna un po' quello che vi dicevo prima: le regioni del Sud hanno un livello di prestazioni inferiore, ma, ripeto, in questo caso molto spesso è perché non c'è la richiesta o la necessità di dover attivare la mensa. Lo stesso vale per centri estivi pre e post scuola. Qui stiamo sempre parlando della fascia d'età tra i 3 e i 14 anni. Questo poi è il quadro complessivo dell'analisi delle prestazioni per l'istruzione nelle province e nelle città metropolitane. Lo zero è la media nazionale e potete vedere gli scostamenti in positivo e in negativo riportati in termini percentuali relativamente a tutte le varie attività o prestazioni, quindi alunni con disabilità, superfici totali e superfici in zona climatica fredda, perché anche quello ovviamente fa una notevole differenza in termini di riscaldamento e quindi in termini di costi per gli enti locali. La stessa cosa vale a livello di regioni. Anche qui potete vedere che ci sono differenze notevoli anche nella composizione stessa delle prestazioni che vengono fornite. Qui adesso si continua con le analisi delle prestazioni, ma anche in questo caso direi di andare abbastanza velocemente. Si ripetono più o meno le Pag. 6stesse analisi fatte in precedenza solo per diversi servizi. Tutti i dettagli sono nella relazione che vi abbiamo lasciato. Vorrei arrivare adesso a quello che secondo me è il punto più importante, almeno per la parte che vi sto illustrando io, di questa presentazione. Cerchiamo di inquadrare meglio il problema dei LEP, in che modo SOSE può aiutare nella definizione dei LEP e dove, invece, il compito di SOSE si deve interrompere, perché poi subentra una fase politica che ovviamente non compete a noi, ma compete più a voi. Quello che vi farò vedere adesso è uno schema in cui appariranno una serie di righe. Per ogni riga ci sarà una prestazione. Per questa prestazione poi noi vi faremo vedere una serie di informazioni di sintesi e poi su quello ci sarà una domanda alla fine: se per quella prestazione è necessario definire un LEP oppure no e, se sì, a quale livello (sarebbero le ultime due colonne). Cominciamo con il tempo pieno. In questo momento noi troviamo che il livello del servizio medio della quota di classi con tempo pieno in Italia è 38,21 per cento. Non c'è contribuzione da parte degli utenti. La regione con il livello minimo di servizio è il Molise, la regione con il livello massimo di servizio è il Lazio. Questa è un'informazione di sintesi. Tutte queste cose un po' ve le ho fatte già vedere e un po' le ritrovate nella relazione che vi abbiamo lasciato. Ovviamente qui c'è una domanda di fondo, che però è una domanda politica, alla quale bisogna dare una risposta politica: per questo tipo di servizio è necessario definire un LEP? Qualora si decidesse per una risposta positiva, qual è il livello al quale vogliamo mettere questo LEP? Sostanzialmente qual è il livello del servizio? Chiaramente quello che può fare SOSE è darvi tutti quanti gli elementi per effettuare una scelta informata, ma la scelta finale non è una scelta tecnica, ma rimane una scelta politica. Quindi, così via, per tutti quanti i servizi – questo nel caso dell'istruzione – quanti metri quadrati nei plessi per la popolazione tra i 3 e i 14 anni? Al momento, come valore medio totale, includendo tutti quanti gli spazi comuni, sono 12,71 metri. Anche lì c'è la Campania con il livello più basso e l'Emilia Romagna con quello più alto. Ma questo è un servizio che va garantito attraverso un LEP oppure no? E se deve essere garantito, qual è il livello? Ovviamente noi possiamo dare dei riferimenti, ma poi mettere l'asticella da qualche parte non è compito nostro, ma è compito della politica. Così via questo per tutti quanti i servizi per i quali l'articolo 13 e 14 del decreto legislativo n. 68 stabilivano quali dovessero essere i servizi da valutare. Questo per istruzione a livello di comune. Stessa cosa, istruzione a livello di province e città metropolitane. Anche qui ci sono dei servizi che vengono erogati a livello di province e città metropolitane. Anche lì bisogna definire se dare un LEP oppure no. Ovviamente nel caso delle scuole in zona fredda non c'è da definire un LEP, per definizione. Qui stiamo parlando della formazione professionale. Per ogni mille abitanti in età tra i 15 e i 64 anni la media nelle regioni a statuto ordinario è 7,39. In alcuni casi c'è la contribuzione, in altri no. La regione con il livello più basso è la Calabria; quella col livello più alto le Marche. Anche qui bisogna decidere se vogliamo o non vogliamo definire un LEP per questo tipo di servizi e, eventualmente volessimo dare una risposta positiva, qual è il livello. È un livello corretto 7,39? Lo vogliamo raddoppiare? Chiaramente definire quel livello rispetto a quelle soglie che sono in questa prima colonna cambia poi sostanzialmente la spesa e quindi cambia le risorse che devono essere messe a disposizione. Ecco che il compito di SOSE è quello di darvi il quadro complessivo, cioè fissare dei paletti, e poi all'interno di questi paletti la decisione rimane vostra. Andando avanti, ci sono tutti quanti i vari servizi di cui vi ho accennato in precedenza. Qui invece stiamo parlando di servizi sociali esclusi gli asili nido. Anche qui ci sono una serie di servizi che devono essere forniti o non forniti. Infine, gli asili nido. Sugli asili nido ci sono state non poche discussioni al riguardo, che ci hanno visto coinvolti. Sono stati fatti poi una serie di aggiustamenti. Anche qui potete vedere che questa è la spesa storica da dati OpenCivitas al 20 ottobre del 2019; quindi questa è un'informazione abbastanza recente. Pag. 7Questo è il servizio storico in percentuale dei comuni con presenza dei servizi. Ovviamente vedete regioni, come l'Emilia Romagna, che hanno valori molto elevati. Dopo il cambiamento che è stato fatto a tutti quanti i comuni in Italia, viene riconosciuto il livello di fabbisogno standard. Queste due colonne sono delle simulazioni che SOSE ha fatto, perché anche lì noi abbiamo provato a fare una serie di simulazioni. Quindi 7,69 è il livello minimo che noi osserviamo a livello di comuni italiani e, invece, questo 28,88 non è il livello massimo, ma è il 98esimo percentile della distribuzione delle percentuali dei servizi offerti tra tutti quanti i comuni. Quindi questi li potete prendere come un limite inferiore e un limite superiore che in questo momento ci sono, che possono essere anche i livelli di LEP che vogliamo finanziarie, ma ovviamente a 7,69 c'è una certa quantità di risorse da impiegare; al 28,88 per cento ci sarà una quantità quasi quadrupla di risorse da dover impegnare. Per arrivare velocemente a una serie di conclusioni in merito alla determinazione dei livelli delle prestazioni, queste sono le prestazioni delle quali stiamo parlando. Ci sono dei compiti che spettano al decisore politico e dei compiti che spettano alla parte tecnica. Per quanto riguarda il decisore politico, innanzitutto deve decidere cosa, quindi individuare quali sono i servizi nel campo del sociale e dell'istruzione che incidono sui diritti sociali e civili dell'individuo. Quindi, tra tutta la lista di quei servizi che vi abbiamo fatto vedere c'è da scegliere cosa vogliamo diventi LEP e cosa invece non vogliamo diventi LEP. Ma anche questa è una scelta politica. Una volta che abbiamo scelto cosa, dobbiamo decidere dove mettere l'asticella. Bisogna stabilire quale livello di Governo deve garantire i diversi servizi e quando; quindi definire anche la progressione temporale entro la quale i LEP devono poi andare a regime, perché non è immaginabile che questa cosa venga fatta dall'oggi al domani. Occorre immaginare una gradualità, però questa gradualità comunque va decisa politicamente. La parte tecnica invece deve fornire il supporto attraverso una serie di informazioni oggettive e dettagliate, in modo tale che poi la parte politica possa fare la scelta nel modo più informato possibile e quindi garantire al meglio, da questo punto di vista, quelli che possono essere i servizi e i diritti essenziali dei cittadini. Io ho finito con la prima parte. Adesso lascerei la parola a Marco Stradiotto, che invece illustrerà quello che è accaduto negli ultimi mesi sui tavoli che ci sono stati in queste settimane. Grazie.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Grazie. Per quanto riguarda il comparto dei fabbisogni standard nel corso di quest'anno, perché da marzo dell'anno scorso sono passati dei mesi, abbiamo fatto una serie di attività che hanno l'obiettivo proprio di migliorare sempre più quello che è il fabbisogno standard relativo ai comuni, in particolare delle regioni a statuto ordinario, anche se abbiamo iniziato l'attività anche per i comuni della Sicilia e quindi man mano stanno arrivando anche le regioni a statuto speciale. Questo ci aiuta ad avere un quadro complessivo. Questo è il quadro di quello che è il peso delle diverse funzioni fondamentali sul totale della spesa dei comuni. La prima tabella mostra la spesa per abitante. Ovviamente questa è la media nazionale, cioè mediamente i comuni spendono 690 euro per abitante per svolgere le funzioni fondamentali, un totale di circa 34 miliardi divisi in quelle percentuali. La parte del leone la fa l'asporto e lo smaltimento rifiuti, che vale circa un 25 per cento di questa spesa; poi viene l'amministrazione generale. In questo caso, però, per convenzione e per quanto previsto dalla legge n. 42 e dal decreto legislativo n. 216, la spesa storica di riferimento viene abbattuta al 70 per cento, nel senso che si considera che il 30 per cento di quella spesa venga destinata alle funzioni non fondamentali. Questa è una scelta che probabilmente il decisore politico dovrà rivedere, perché noi abbiamo riscontrato che le funzioni fondamentali pesano molto di più del 70 per cento rispetto al totale spesa. Si arriva a circa all'85 per cento. In prospettiva questa probabilmente è una scelta politica che il decisore politico dovrà prendere Pag. 8 rispetto a quella che è la scelta provvisoria, che era quella di considerare i servizi generali al 70 per cento. A seguire, questa è la rappresentazione di quelle che sono le attività di stima. Ci sono delle stime fatte con delle funzioni di costo. Poi si va a moltiplicare il costo standard a quello che è il livello dei servizi e qua nasce il tema «LEP, non LEP», nel senso: servizi storici o servizi determinati dai livelli essenziali di prestazione? Il problema dell'asilo nido è nato qua. La tabella che mostrava prima il professor Atella sugli asili nido illustra quella che è stata la possibilità che noi abbiamo avuto, ossia di applicare sui nidi, in assenza di una decisione politica sui LEP, una normalizzazione verso il basso e verso l'alto avendo come limite il fatto che comunque i fabbisogni standard devono rispettare la spesa storica, perché la norma generica finale dice che comunque nel calcolo del fabbisogno standard non deve essere superata l'invarianza di spesa; questo è fondamentale e importante. Quindi sugli asili nido siamo riusciti a fare quel tipo di operazione che è al limite di quello che può fare la scelta tecnica, ossia di dire: «A parità di spesa, abbiamo normalizzato verso l'alto, cioè abbassato il livello di riferimento a cui viene assegnato il fabbisogno», perché si ritiene che se si supera un certo livello, il livello superiore debba essere pagato dallo sforzo fiscale e non dalla perequazione, ed è stato riconosciuto che comunque in tutti i comuni debba esserci la presenza almeno della prestazione del voucher per quanto riguarda l'asilo nido. Ma questa è una scelta tecnica, ovviamente, che si ferma nel momento in cui serve una decisione politica che possa dire di cambiare quei numeri, cioè di mettere un livello più alto affinché ci siano conseguentemente risorse in più per poter permettere che nel complesso la quantità dei servizi erogata sia maggiore. Poi abbiamo le funzioni dove i servizi non sono misurabili, dove ovviamente la fa da padrone la popolazione residente, ma in questo caso non ci sono grossi problemi. Nel caso dei cittadini che vanno in municipio a chiedere la carta d'identità, non è necessario stabilire un LEP o stabilire un livello del servizio. Questo per darvi l'idea, perché spesso e volentieri, quando vedete le nostre note metodologiche, vedete dei numeri, che sono i famosi coefficienti di riparto. Abbiamo tentato di trasformare quei numeri in euro per abitante, ossia quali sono le variabili che vanno a determinare quei famosi 690 euro di media. Ovviamente ci sono comuni che hanno 2 mila euro di fabbisogno e comuni che ne hanno 500, perché se un comune turistico produce rifiuti, per ovvie ragioni, non perché è il comune che li produce, ma perché c'è il turismo che produce rifiuti, e ne produce il doppio delle tonnellate rispetto a un altro comune, è chiaro che nel momento in cui si va a fare il calcolo, perché in quel caso il calcolo è sul costo per tonnellata, quel comune avrà un fabbisogno più alto. Per quanto riguarda i rifiuti, questi non incidono sulla perequazione perché la capacità fiscale compensa quasi perfettamente quello che è il fabbisogno standard, anche perché la norma prevede che i rifiuti debbano essere pagati completamente al 100 per cento da chi li produce. Quindi questo non produce effetti perequativi o spostamenti di risorse tra un comune e l'altro, mentre le altre funzioni sicuramente sì. Qui potete vedere nel dettaglio quali sono le variabili che incidono. Ovviamente la popolazione incide, nelle varie specificazioni. C'è la popolazione oltre i 65 anni, ma poi c'è anche la popolazione inferiore ai 14, la popolazione tra i 15 mila e i 500 mila abitanti. Vedete che i vari dettagli della popolazione incidono in quello che è il fabbisogno standard. Queste sono tutte le variabili. Potete verificarle. Non sto qui a elencarle una per una, anche perché i tempi sono molto ristretti. Vi raccontiamo quello che stiamo facendo in assenza di LEP, perché ovviamente quella che è stata mostrata prima è la ricognizione dei livelli delle prestazioni che noi avevamo già consegnato al Parlamento e al Ministero dell'economia nel 2017. Questo è l'aggiornamento con dati nuovi, in maniera da dare al decisore politico dati più freschi per poter decidere. Rispetto a questa situazione, ossia in assenza di LEP, noi stiamo aggiornando quelli che sono i metodi di applicazione per quanto riguarda le funzioni Pag. 9 fondamentali. Per queste sei funzioni rimane la metodologia approvata. Sull'asilo nido l'intenzione è quella di continuare con la decisione presa dalla CTFS (Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard) il 24 luglio dell'anno scorso, ossia di proseguire con quel tipo di normalizzazione in attesa che arrivino i livelli essenziali delle prestazioni. Per l'istruzione pubblica si mantiene la vecchia metodologia e si va solo a un aggiornamento dati. Per i rifiuti c'è una nuova metodologia, che tra l'altro dovrebbe arrivare in questa Commissione, perché tutte le nuove metodologie poi devono essere viste dal Parlamento e dovrebbe arrivarvi. C'è una nuova metodologia che ha inserito delle variabili molto interessanti. In particolare, la presenza o non presenza di impianti nel territorio è una variabile che è entrata, che è molto interessante e che è giusto che abbiate l'opportunità di verificare e poi eventualmente approvare, perché ovviamente quella è una metodologia che non ha ancora avuto il DPCM di approvazione finale. È solo stata approvata dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Poi abbiamo le funzioni generali che, come detto sopra, sono delle funzioni che sono state stimate con delle funzioni di spesa, la polizia locale idem, e il trasporto pubblico locale, dove andremo solamente ad aggiornare i dati con i dati del 2017. La nuova stima si pone due obiettivi fondamentali su due funzioni. Uno è sul sociale, dove esiste una problematica che è stata posta anche all'attenzione del decisore politico e anche dell'opinione pubblica. La prima era la questione legata alle famose dummy regionali, ossia una differenziazione regionale che coglieva la diversa spesa storica e che indirettamente classificava le regioni con questa diversa tipologia di spesa. Come proposta – e penso che la Commissione accetterà questo tipo di impostazione – vogliamo modificare questo aspetto, tenendo in considerazione che il livello dei servizi è molto differenziato tra comune e comune e tra i diversi ambiti territoriali. In questo senso l'obiettivo è anche quello di tentare di indicare quelle che potrebbero essere le risorse aggiuntive necessarie per poter garantire un riequilibrio, prendendo come riferimento i comuni di alcune province benchmark. «Benchmark» in che senso? Nel senso sia come spesa sia come livello dei servizi, perché, come abbiamo visto prima, non può essere il livello di spesa che determina, intanto, se un ente è efficiente o meno (a parte che noi non diamo patenti di efficienza a nessuno), ma soprattutto per capire se quella spesa è produttiva o no. Va sempre intersecato con quella che è la quantità dei servizi offerti. L'altro aspetto riguarda la questione dei piccoli comuni, dei comuni che si stanno spopolando e dei comuni turistici. Ci siamo resi conto, guardando anche le variabili che vi abbiamo presentato prima, che relativamente ai comuni vi è il problema nel caso in cui questi comuni abbiano poca presenza turistica legata ad alberghi o legata a strutture ricettive e magari tanta presenza legata alle seconde case; lo stesso per quanto riguarda i comuni che si stanno spopolando. Per quanto riguarda il settore ambiente e territorio, un comune che era di 100 abitanti ed è diventato di 70 non è che ha perso il fabbisogno e vi è crollato del 30 per cento, perché la manutenzione di quel territorio, di quel paese, di quel borgo, di quel verde pubblico resta immutata. Questo è un dato che secondo noi è importante, che coglie anche un'esigenza che è stata espressa anche da questa Commissione, ossia di un'attenzione particolare verso questa tipologia di comuni e dei piccoli comuni in particolare. Questa è un'attività che stiamo facendo. Non so se la Commissione l'approverà, ma la nostra intenzione è quella di fare questo tipo di elaborazioni e immagino che tutta questa attività avrà modo di essere ridiscussa anche da questa Commissione proprio perché, essendo in situazione di modifica metodologica, è previsto il passaggio parlamentare delle note metodologiche. Stiamo inserendo i panel, ossia dati su più anni. Ci garantiscono molta più robustezza della stima e molta più tranquillità nell'applicazione. Questo per quanto riguarda i fabbisogni standard. Stiamo cogliendo molte delle osservazioni che sono arrivate e, come in tutte le cose, ovviamente i nuovi modelli tengono in considerazione tutta l'esperienza maturata in questi anni e Pag. 10tentano di cogliere questi aspetti. Da un lato c'è il riequilibrio sul sociale, che è importantissimo. Il settore sociale è fondamentale; gran parte di esso è sulle spalle dei comuni ed è molto differenziato fra comune e comune. Immaginare di poter prevedere una standardizzazione a parità di spesa farebbe un danno a chi dà il servizio, a chi eroga più servizi e non consentirebbe ai comuni che hanno carenza di servizio magari di poter dare il servizio che sarebbe necessario, di avere le risorse per poter dare il servizio necessario. In questo stiamo andando un po' oltre come stima, ma ci è stato chiesto in modo specifico dalla CTFS – in modo specifico dal presidente Arachi – di dire che è inimmaginabile che a parità di spesa noi possiamo immaginare un incremento dei servizi, altrimenti si rischia di tirare la coperta da una parte all'altra scontentando tutti e soprattutto non riuscendo a dare le risorse sufficienti ai comuni per erogare i servizi. Per quanto riguarda i fabbisogni standard, io vi ho raccontato quello che è il lavoro che stiamo facendo e spero ci sia occasione di rincontrarci quando ci saranno le nuove note metodologiche. A quel punto spiegheremo punto per punto quello che è stato deciso e quelle che erano le proposte in campo. Un'altra attività che noi abbiamo svolto durante il periodo del Covid era un'attività che non era tra le nostre competenze, però abbiamo immaginato che era giusto che utilizzassimo i dati a nostra disposizione per metterli a disposizione del decisore politico. Poi il decisore politico ha scelto, con l'approvazione dell'articolo 106 del decreto-legge n. 34, di considerare anche il nostro lavoro come supporto ai tavoli per la ridistribuzione delle risorse ristorative e alcune di queste analisi sono diventate utili. Ci soffermiamo su una cosa che noi riteniamo importante, che può essere utile in prospettiva e può essere utile già dai prossimi mesi, ossia noi siamo andati a fare la mappa del profilo reddituale dei comuni, che è sicuramente utile per capire le variazioni del reddito sul territorio. È facile dire che la riduzione del reddito è dell'8 per cento, ma quella riduzione del reddito è molto diversificata nei territori; da qua poi ricavare quelli che saranno quelli che sono i nuclei familiari che entreranno nell'area della povertà. Questa è l'analisi che abbiamo fatto proprio per dare questo tipo di indicazione. Noi siamo andati a vedere l'impatto sociosanitario del Covid, quindi siamo andati a vedere i dati provincia per provincia, perché in quel caso sono solo a livello provinciale, a partire dai contagi e a partire da quelli che sono gli indicatori che rispondevano a quel tipo di situazione. Noi qui abbiamo fatto una sintesi; abbiamo un documento molto più corposo che meriterebbe ore di spiegazioni che, se serve, ovviamente mettiamo a vostra disposizione, in maniera che possiate avere chiaro il grande lavoro che c'è alle spalle di queste quattro slide che purtroppo, dato il tempo, posso presentare in questa occasione. Poi siamo andati a vedere l'impatto economico. Noi abbiamo l'opportunità, come SOSE, di svolgere l'attività sul campo fiscale – ovviamente abbiamo chiesto l'autorizzazione ai proprietari del dato rispetto a questo – e abbiamo utilizzato anche i dati delle imprese fino a 7 milioni di fatturato, quindi gran parte delle imprese, per capire cosa stava succedendo, utilizzando anche i dati della fatturazione elettronica. Da qui abbiamo ricavato una situazione. Questa è la cartina comune per comune di quello che succederà secondo noi durante il 2020 per effetto del Covid. Come vedete, la media è 8,19, però quell'8,19 prevede anche –17; cioè quell'8,19 è meno, ovviamente. Se vedete l'Italia, però, la situazione è a macchia di leopardo, nel senso che abbiamo comuni col puntino blu scurissimo, che è –17, in tutte le regioni, soprattutto – se vedete anche la Sardegna – nelle zone a vocazione più turistica. Questo è il dato. Ovviamente questo tipo di ragionamento ce l'abbiamo comune per comune e questo può essere un dato utile, perché ragionare in termini di media nazionale è una cosa, ragionare in termini di cosa succede esattamente nelle varie realtà è un altro. La situazione è chiaramente diversa nelle realtà dove esistono in proporzione più dipendenti. Ovviamente non l'abbiamo fatto sui pensionati e sui dipendenti pubblici, perché in quel caso non è Pag. 11cambiato nulla. Noi l'abbiamo fatto sulle attività e sul lavoro privato, cioè su quelli che hanno subito la cassa integrazione. Secondo noi questo è un dato importante e spero che questa nostra analisi possa essere utile non solo per il lavoro che abbiamo fatto ai fini dei comuni, ma anche per altri tipi di analisi che il decisore politico vorrà fare e, di conseguenza, le politiche che vorrà scegliere. Questo è l'indice della povertà assoluta. Questo è Istat. Loro fanno una classificazione dell'Italia in tre parti: la percentuale di famiglie intorno al 10 per cento, che sono in questa situazione, che è la parte del Sud e delle isole; la parte con un indice del 5,80 per cento delle famiglie, che è il Centro-Nord; il centro, che è 5,30. Rispetto a questo dato, che è un dato Istat, cioè storico (prima di), poi siamo andati a ragionare sulla riduzione del reddito che abbiamo visto comune per comune e l'aumento del tasso di inattività. Abbiamo visto le correlazioni. Ci siamo resi conto che a ogni punto in meno di reddito aumenta dell'1,09 per cento l'incidenza della povertà e dello 0,35 a ogni punto in più del tasso di inattività. Alla fine esce questa cartina che, come vedete, non è più a livello provinciale, ma è a livello comunale, nel dettaglio. I colori ovviamente sono condizionati dal fatto che c'è il 5,30 iniziale sul Centro Italia, il 5,80 al Nord e il 10 al Sud, ma vedete cosa succede, cioè vedete quel tipo di variazione, che secondo noi è fondamentale. Per ogni comune noi siamo stati in grado di definire quali sono potenzialmente le famiglie che possono andare in difficoltà e che busseranno alle porte del comune per il famoso minimo vitale e, in virtù di questo, quali potrebbero essere le risorse necessarie durante il 2020 a integrazione dei 400 milioni già dati dalla Protezione civile. Abbiamo stimato almeno 240 milioni in più. Abbiamo fatto una stima relativa alle maggiori e minori spese, perché ci sono anche minori spese (alcuni servizi ovviamente non sono stati erogati e conseguentemente ci sono anche delle minori spese). Questo vuol dire che, nel dare e avere maggiori e minori spese, comunque i comuni risparmieranno qualcosa, tenendo anche in considerazione questa maggiore spesa ulteriore ai 400 milioni già erogati. Questo solo per dare delle indicazioni che potranno sicuramente essere utili, perché comunque siamo in una fase intermedia in cui non si sa ancora esattamente cosa succederà. La discriminante più grossa rispetto alla stima delle maggiori e minori spese è cosa succede con la ripartenza della scuola e se la ripartenza della scuola sarà a carico dei comuni, della Protezione civile, del MIUR o di altro. Questo è fondamentale per riuscire a capire questo fenomeno. Questo utilizzo del modello può essere utile per stabilire dei ranking tra i territori, per valutare l'impatto del Covid, per valutare altri fattori esogeni. Questo è un po' il riassunto finale del lavoro che abbiamo svolto e di quello che potrà essere messo a disposizione del decisore politico nel corso dei prossimi mesi, dei prossimi anni. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Stradiotto. Ringrazio ovviamente anche il presidente Atella. Lascio ora la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o chiarimenti. Prego, onorevole Russo.

  PAOLO RUSSO. Sarò rapidissimo. Intanto, presidente, se ci fa avere queste relazioni anche in formato digitale ci sarà utile. Se ci può chiarire meglio la vicenda per la quale la norma prevede l'invarianza della spesa. Se prevede l'invarianza, non è automatico che la cifra sia data dalla media?

  PRESIDENTE. Prego, senatore Perosino.

  MARCO PEROSINO. Ho trovato molto interessante tutti i dati esposti. Penso che effettivamente la politica conta e conterà. Si vede già dai grafici laddove evidenziano certi tipi di spese nelle regioni come l'Emilia, la Toscana, che hanno fatto delle scelte politiche pluridecennali. Lì si vede una maggiore spesa con maggiori risultati. È una scelta politica, quindi la politica, lei l'ha detto, dovrà fare molta attenzione, capire e decidere per queste due questioni. Pag. 12I LEP sono difficili da stabilire in questo ambito, a differenza del campo sanitario dove si possono stabilire tecnicamente. Qui siamo nel campo dell'opinabile, di quello che viene offerto, ma cambia molto anche da regione a regione. Ho visto dei dati. Il Molise è la regione che ha meno tempo pieno a scuola, ma il Molise in realtà è più rurale, se vogliamo, e il Lazio è quello che ha più tempo pieno perché ha più necessità. Quindi lì ci deve stare una certa differenza. I fabbisogni standard /spesa storica. Tutto presupporrebbe, secondo l'analisi, che poiché la spesa storica non può abbassarsi, poiché i fabbisogni standard e quindi il finanziamento del sistema dovrà aumentare, ci dovranno essere più soldi per mantenere la spesa storica e per elevarla a quelli che sono sotto, che hanno bisogno di aumentare i servizi. Non so se sarà possibile. Adesso abbiamo i 200 miliardi, quindi ce n'è per tutti. Come amministratore di un piccolo comune da tanto tempo, mi è piaciuto l'accenno che ha fatto ai piccoli comuni. Ha detto che se un comune ha perso popolazione, i servizi essenziali li deve garantire, deve manutenere le strade. Quindi lì si potrebbe inserire il criterio della superficie, che, purché sembri banale, mi pare non sia mai stato tenuto in considerazione. Così si taglierebbe la testa al toro e alla fin fine, pur essendo tanti piccoli comuni, gli importi singoli non sono molto elevati, quindi non è un importo impossibile. Poi sulla questione Covid vi dico paradossalmente di non tenerne conto, sennò verranno abbassati i finanziamenti. Se un comune si è comportato bene, se nel periodo Covid è riuscito a economizzare delle spese, che sono quelle delle scuole, queste vengono poi ribaltate nella ripresa autunnale. In più, è vero che la rinegoziazione mutui è un debito futuro, ma io conto che quei debiti li dovrà pagare l'inflazione, se non li paga nessuno, però sono fondi; il ristoro del minore incassi dovrà essere rendicontato a giugno del 2021, ma speriamo di poterlo rendicontare. Io lo dico del mio comune, dico di guadagnarci, ma di trovare il sistema per starci abbondantemente dentro e giustificare le spese maggiori delle scuole in quell'ambito, perché non sappiamo cosa ci chiedono le scuole. Quindi bisogna fare questi studi. Mi ricredo in parte, lo confesso. La Commissione è fatta apposta per questo. Quando arrivano i questionari SOSE, la ragioneria comincia a drizzare i capelli e dice: «Devo venire di sabato, poi come faccio a inserirli? Non riesco a collegarmi con tutto». Nel mio piccolo mi ritengo un amministratori solerte (aiuto la ragioneria a compilare), quindi li vedo quegli specchietti, essendo uguali in linea di massima per Milano come per Moncenisio, e probabilmente ce ne sono tanti che per i piccoli comuni potrebbero essere eliminati. Credo che proporre uno studio di questo tipo sia valido e che confrontarsi su questo sia tecnico, politico e intelligente. Credo che determini anche la possibilità di vedere la capacità politica nel medio periodo di fare delle scelte, di gestire la cosa pubblica.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore. Prego, onorevole Ruggiero.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Grazie, presidente. Io vi ringrazio per averci portato questi dati e averci dato un quadro aggiornato rispetto all'anno scorso. Vi voglio porre una domanda. Voi innanzitutto calcolate il rapporto tra l'ammontare della spesa e il numero di prestazioni. Credo sia importante essere in possesso del numero della domanda. Nella mia regione, ad esempio, per alcuni servizi c'è una sorta di domanda sportello, se parliamo di servizi sociali per disabili. Chi prima arriva ha il servizio e l'ultimo non ha nulla. Se invece voi sapete quanti disabili ci sono, quanti bambini ci sono e quale sarebbe il servizio da offrire per tutti in egual misura, magari pensando anche a una contribuzione in base al valore ISEE (indicatore della situazione economica equivalente), potreste permetterlo a tutti in egual modo. Per quanto riguarda invece i rifiuti, è vero che la norma dice che tutti devono pagare al 100 per cento quello che producono, però abbiamo un costo in Italia a tonnellata di rifiuto che è molto differente da un comune all'altro. Questo anche perché molti comuni non hanno ancora attivato il servizio Pag. 13 porta a porta, la differenziata non parte e abbiamo un abbandono di rifiuti nelle campagne che sono a carico poi dei cittadini che pagano le tasse. Quindi vorrei sapere, secondo voi, quale potrebbe essere il sistema migliore per permettere a tutti i comuni di avere la stessa efficienza di servizio per arrivare poi alla tariffazione puntuale del rifiuto, che permetterebbe veramente di pagare quello che effettivamente un cittadino ha prodotto. Per quanto riguarda invece il trasporto pubblico locale, vorrei sapere se voi avete dei dati che permettono di capire anche il flusso dei cittadini dalle abitazioni al lavoro, comunque ai punti cardini, almeno nei grandi capoluoghi di regione, e capire se il servizio viene effettivamente poi erogato in funzione delle necessità dei cittadini oppure se sono circolari che girano a vuoto, come ci sono nella mia città, che fanno un giro circolare ma che poi non vanno a intersecare i veri punti da raggiungere che servono ai cittadini, i quali poi sono costretti a utilizzare l'auto, a pagare le strisce blu. Questi sono dei costi che poi ovviamente non sono calcolati e che tolgono spazio al resto. Per quanto riguarda l'istruzione invece vorrei sapere se potessimo riuscire a calcolare anche i contributi, i famosi contributi facoltativi e obbligatori, chiesti dalle famiglie per pagare fotocopie, carta igienica e quant'altro, quindi riuscire ad avere veramente una mappa. In conclusione, io sono veramente felicissima perché da un anno e mezzo vedo che sia con la Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard sia con voi si sta dando uno sprint e speriamo quanto prima di arrivare all'obiettivo finale, quindi avere delle scadenze che ci porteranno poi ad avere un quadro più omogeneo e armonioso a livello nazionale. L'ultima cosa che volevo dire era se è possibile avere poi un approfondimento con voi anche in maniera informale, proprio perché loro hanno dovuto stringere molto questo intervento, per poter magari entrare nel dettaglio punto per punto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Concludiamo con l'onorevole Martinciglio. Prego.

  VITA MARTINCIGLIO. Grazie, presidente. Io volevo soffermarmi, semmai ce ne fosse bisogno, sull'importanza di una chiara individuazione dei LEP nel procedimento in generale di autonomia regionale, ma soprattutto vorrei che questa analisi venga estesa anche alle regioni a statuto speciale, perché da quello che vedo è finora un'analisi limitata soltanto alle regioni a statuto ordinario. Lo ritengo necessario anche perché credo che sia un elemento fondamentale per realizzare un reale raffronto e parlare realmente di termini di costi ed efficienza tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, che sono comunque le due realtà presenti nella nostra nazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Prego, dottor Stradiotto.

  MARCO STRADIOTTO, responsabile analisi della finanza pubblica SOSE. Relativamente al quesito del senatore Russo, la ricognizione è una cosa e l'applicazione dei fabbisogni è un'altra. L'applicazione dei fabbisogni prevede in via provvisoria la determinazione in assenza dei LEP, ma con la decisione politica sui LEP. Se noi presentassimo i fabbisogni standard con un livello medio dei servizi, io penso che la perequazione si fermerebbe dopo un minuto, nel senso che le lamentele dei comuni che offrono più servizi ci sarebbero e non è detto che i comuni che non hanno il servizio poi quel servizio lo erogherebbero, perché la questione del livello essenziale delle prestazioni è importante soprattutto in un sistema dove non è prevista la chiara destinazione delle risorse. Se vengono assegnate delle risorse a un comune, ma quel comune non fa i servizi sociali, non è che qualcuno può dire qualcosa. Se invece ci sono determinati LEP sì, perché a quel punto hai riconosciuto un diritto al cittadino, che a quel punto dice: «Siccome quel diritto mi spetta perché è definito per LEP, tu comune hai avuto i soldi e quindi ho diritto a quel servizio». È fondamentale, perché sennò si rischia di fare una ripartizione omogenea di risorse senza che poi ci siano i conseguenti servizi; quindi i livelli Pag. 14senza le prestazioni sono fondamentali in questo. Per quanto riguarda il senatore Perosino, intanto ci fa piacere cogliere quello che lui ha detto sui risparmi di spesa, perché noi e la ragioneria al tavolo ci siamo trovati in difficoltà nel momento in cui i rappresentanti dei comuni dicevano che non c'è risparmio di spesa. Chi invece ha avuto esperienza diretta con le amministrazioni, parlando con i sindaci, con i ragionieri eccetera, obiettivamente sa che un po' di risparmio c'è. Bisogna vedere se poi quel risparmio dovrà essere speso nel caso in cui sull'istruzione non ci siano finanziamenti straordinari per la ripartenza, però è obiettivo che nei mesi di fermata delle scuole la spesa per il riscaldamento non c'è stata. Rispetto a questo, ci fa piacere anche la sua osservazione riferita proprio ai piccoli comuni. Le variabili che vogliamo inserire sono proprio la superficie del comune e i fabbricati, proprio perché legati ai fabbricati ci sono gli standard urbanistici, quindi strade e verde, e conseguentemente misura meglio di altri indicatori quella che è la necessità di manutenzione di quel borgo, anche se nel frattempo si è spopolato. Non so se mi sono spiegato. Questo è l'obiettivo, quindi cogliamo perfettamente le osservazioni del senatore. Per quanto riguarda le richieste dell'onorevole Ruggiero sui rifiuti, è vero, tant'è che l'attività che vi arriverà legata alla nuova metodologia sui rifiuti mostrerà chiaramente questo aspetto e mostrerà chiaramente come la presenza o non presenza degli impianti nei diversi territori comporti un diverso costo per il cittadino. Quello che però riscontriamo anno dopo anno è che sui rifiuti l'Italia sta migliorando da Nord a Sud. Ovviamente ci sono i comuni che da sempre sono capofila in senso positivo sia sulla differenziata sia sulla tariffazione puntuale. Su questo ci rendiamo conto che il fatto che il pagamento sia diretto, ossia che il cittadino abbia la diretta percezione di quello che spende il comune e quello che paga, è un buon strumento per migliorare il servizio, tant'è vero che i servizi migliori noi li riscontriamo nei comuni dove c'è la tariffazione puntuale, proprio perché il cittadino controlla direttamente sia quello che paga e sia il servizio che viene erogato. Quindi in questo senso è colto dal meccanismo di stima. Come ho ripetuto prima, sui rifiuti il meccanismo di stima dei fabbisogni standard non influisce sulla perequazione, quindi sullo spostamento di risorse fra comuni. Per quanto riguarda il TPL (Trasporto pubblico locale), ci sono grosse difficoltà, innanzitutto informative. Il MIT (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) ha messo in piedi un osservatorio da alcuni anni. Loro partono raccogliendo i dati direttamente dalle aziende che svolgono il servizio; noi raccogliamo i dati dai comuni. Mettendo insieme il tutto, siamo riusciti pian piano, anno dopo anno, ad avere un quadro abbastanza preciso, che però non riesce ad arrivare al dettaglio dell'informazione che lei ci ha chiesto. Se gli autobus sono pieni o vuoti non siamo in grado di dirlo dalle informazioni che abbiamo, ma cogliamo esattamente che oltre alla quantità c'è una questione di qualità. Ma questo riguarda un po' tutti i servizi e questo fa parte del lavoro che dovremo fare nel corso dei prossimi anni. Per quanto riguarda l'istruzione, quella parte di contribuzione degli utenti va fuori dai nostri radar perché noi guardiamo i bilanci dei comuni e normalmente queste sono risorse che sono trattenute dalle direzioni didattiche. Quindi quella cosa noi non la vediamo. La contribuzione degli utenti per le fotocopie non entra normalmente nelle casse del comune e quindi è fuori dai nostri radar che noi ovviamente riusciamo a monitorare attraverso i questionari di cui parlava prima il senatore Perosino. A proposito, i questionari sono uno strumento per capire, perché altrimenti non riusciremmo a darvi poi tutte queste informazioni. Sappiamo che sono complicati. Negli anni abbiamo tentato anche di migliorarli sempre di più e di semplificarli. Rispetto a questo, l'obiettivo è poi di riconsegnare il dato che viene fornito dai comuni e in questo OpenCivitas secondo noi è uno strumento ideale perché il sindaco, il funzionario comunale, ma anche il cittadino possono avere l'opportunità di verificare come vengono spese le risorse nel proprio comune e soprattutto confrontarsi con quello che succede nei Pag. 15comuni vicini o non vicini. Questo è fondamentale perché possono essere individuate delle best practice da seguire e magari dei comuni che obiettivamente su quel servizio o su quella determinata funzione riescono a essere più efficaci di altri. Infine, rispetto all'ultima domanda dell'onorevole Martinciglio, confermo che la norma prevede in modo esplicito (sia la legge n. 42 che il decreto-legge n. 216) che in prospettiva tutti i comuni e tutte le regioni siano sottoposti ai fabbisogni standard e all'analisi dei dati, ma non per questioni perequative, cioè indipendentemente dalle questioni legate alla perequazione dove sappiamo che per le regioni a statuto speciale c'è una normativa a parte, ma soprattutto per avere un punto di riferimento statistico. Da questo punto di vista, i primi dati che noi otteniamo dai comuni della Sicilia ci mostrano che intanto alcuni pregiudizi che un po' tutti ci eravamo costruiti sono sbagliati, ossia quell'idea di immaginare che, per esempio, in alcune regioni i comuni spendano tanti soldi. Non è così, non è sempre così. Anche quella è una situazione a macchia di leopardo. Magari ci si accorge che in alcune regioni si spende poco in funzioni importanti come l'istruzione o come il sociale e si spende di più sugli affari generali, ma nel complesso la spesa non è fuori scala. Può essere che, inserendo questi dati in OpenCivitas, ad esempio, i cittadini arrivino a pensare che il proprio comune spenda come il comune vicino complessivamente, ma dia meno servizi sociali. Magari il fiato sul collo del cittadino può spingere quegli amministratori a fare meglio e a modificare le proprie politiche. Noi riteniamo che i dati creino valore. In questo caso i dati che noi mettiamo a disposizione hanno questo obiettivo, ossia poter dare valore al lavoro che facciamo e soprattutto al lavoro che fanno le amministrazioni locali, perché in questo modo riuscirebbero a dimostrare in modo trasparente quello che fanno e, eventualmente, anche se c'è qualche pecca. Le cose son fatte anche per migliorarsi.

  PRESIDENTE. Grazie al dottor Stradiotto e al professor Atella. Sicuramente ci sarà ancora bisogno – nel prosieguo della nostra attività – di audire nuovamente la SOSE e approfondire alcuni aspetti che oggi, per evidenti ragioni, sono stati solo accennati. Organizzeremo altre audizioni. Vi ringrazio molto. Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9,40.

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