XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 27 di Giovedì 25 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione del professor Giampaolo Arachi, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS):
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 11 
De Menech Roger (PD)  ... 11 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Saviane Paolo  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Russo Paolo (FI)  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Presutto Vincenzo  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 13 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) ... 13 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 14 
Ricciardi Sabrina  ... 14 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) ... 14 
Ricciardi Sabrina  ... 14 
Arachi Giampaolo , Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) ... 14 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 15 

ALLEGATO: documentazione consegnata dal Presidente della CTFS Giampaolo Arachi ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del professor Giampaolo Arachi, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, nonché ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, del professor Giampaolo Arachi, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard. Abbiamo avuto il piacere di audire il professor Arachi quasi un anno fa, il 29 giugno del 2019, sulle prospettive di definizione delle metodologie ed elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard delle regioni e degli enti locali, nel quadro anche dello sviluppo delle intese in materia di autonomia differenziata. L'occasione di oggi è importante per fare il punto della situazione sul lavoro svolto dalla CTFS in questo periodo. Altro tema che la Commissione intende approfondire, anche con una prossima audizione della SOSE (Soluzioni per il Sistema Economico) è quello dei criteri di ripartizione fra i comuni del Fondo di solidarietà comunale. Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola al Presidente Arachi. Prego.

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS). Grazie, presidente. Ringrazio per l'invito. Oggi proverò ad affrontare il tema dello stato di attuazione del federalismo fiscale, soprattutto con riferimento ai comuni, ma anche alle province e alle regioni, partendo innanzitutto da una descrizione dell'attività che la Commissione ha svolto nell'ultimo anno. Mi concentrerò, come ho detto, in particolare sui comuni, ma accennerò anche allo stato dei lavori della Commissione sulle regioni, sulle province e città metropolitane. Per i comuni l'attività è stata molto intensa. La Commissione ha approvato due revisioni dei fabbisogni standard e sta lavorando per un aggiornamento della base dati e della metodologia per il resto delle funzioni. Ovviamente la crisi legata al Covid-19 ha influenzato l'Agenda della Commissione. La Commissione ha concordato di continuare a lavorare sull'aggiornamento dei fabbisogni standard, ma, tenendo conto dell'esigenza di stabilizzare un po' anche le aspettative degli amministratori locali in un contesto di grande incertezza, ha scelto anche di rinviare l'affinamento dei fabbisogni nelle funzioni meno problematiche e di concentrare il lavoro in particolare sulla funzione che riguarda il sociale, in cui anche la crisi ha indicato delle criticità, e su alcuni aspetti che evidenzierò e che riguardano fondamentalmente i piccoli comuni e i comuni turistici. Dividerò la relazione in tre parti. Nella prima ripercorrerò in termini sintetici le attività svolte e per i comuni descriverò l'effetto che le innovazioni che abbiamo proposto nell'ultimo anno hanno avuto sulla ripartizione del Fondo di solidarietà Pag. 4 comunale. Passerò poi a illustrare le iniziative in corso e mi soffermerò in particolare sulle finalità che intendiamo perseguire con la revisione dei fabbisogni standard nell'ambito dei servizi sociali. Poi chiuderò con alcune riflessioni sulla necessità di determinare i livelli essenziali delle prestazioni per portare a termine il percorso di determinazione dei fabbisogni standard e per consentire una corretta valutazione della corrispondenza fra risorse complessivamente a disposizione degli enti locali e i fabbisogni di spesa necessari per il finanziamento delle funzioni fondamentali. Parto rapidamente e sinteticamente, come vi ho detto, con il descrivere lo stato dell'arte per quanto riguarda, in primo luogo, province e regioni. Per province e regioni siamo ancora in una fase di raccolta dei dati necessari per sviluppare una metodologia di calcolo dei fabbisogni standard. Per le province e le città metropolitane la Commissione ha validato un questionario relativo alle annualità dal 2010 al 2018 con un duplice obiettivo: monitorare la spesa sostenuta e i servizi effettivamente erogati da questi enti a seguito della legge 56 del 2014 e poi cercare di valutare anche gli effetti che questa legge ha avuto tra il 2010 e il 2018. Come avevo già accennato, le misure restrittive del Covid hanno rallentato questa attività; in particolare il decreto n. 17 del 2020 ha spostato la scadenza per la chiusura del questionario di 180 giorni e quindi l'attività potrà riprendere a settembre 2020, quando saranno disponibili i dati dei questionari. Per le regioni – mi riferisco alla determinazione dei fabbisogni standard delle regioni nell'ambito del decreto legislativo n. 68 del 2011, cioè dei fabbisogni relativi al cosiddetto «federalismo simmetrico» – anche qui la Commissione ha ritenuto necessario raccogliere ulteriori dati perché, dato il numero limitato di enti per sviluppare una metodologia, è necessario avere più annualità. Quindi è in corso l'acquisizione di dati BDAP (Banca Dati Amministrazioni Pubbliche) per le annualità 2016, 2017 e 2018 e nelle prossime settimane, dopo il blocco dovuto al Covid, sarà somministrato un miniquestionario per definire alcuni aspetti relativi alle spese e ai relativi input, in particolare per le funzioni istruzione e sociale. Riguardo alle regioni vorrei segnalare una problematica che è emersa nell'ambito dei lavori della CTFS ed è la difficoltà di definire esattamente l'ambito e l'esatto perimetro delle materie oggetto della stima dei fabbisogni standard per la compresenza di due insiemi di norme: quelle del decreto-legge n. 50 del 2017 e quelle del decreto legislativo n. 68 del 2011. Il decreto-legge n. 50 sembra richiedere la definizione di un fabbisogno standard genericamente per tutte le materie trattate dalle regioni a statuto ordinario, esclusa la sanità, ma richiama i criteri dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 68, che invece fa riferimento esclusivamente alla ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle sole materie dell'istruzione, del sociale e del trasporto pubblico locale. La Commissione, in questa fase, ha ritenuto opportuno continuare a raccogliere i dati per tutte le funzioni, quindi cercare di avere una base dati, una metodologia per calcolare i fabbisogni standard in tutte le funzioni, anche per fornire elementi informativi utili per eventuali chiarimenti del quadro normativo. Passo adesso a descrivere l'attività svolta per quanto riguarda i comuni, che, come ho preannunciato, è stata abbastanza intensa. Ho già segnalato che la Commissione ha approvato due revisioni dei fabbisogni standard. Una prima revisione ha riguardato i fabbisogni standard utilizzati per calcolare i coefficienti di riparto del Fondo di solidarietà comunale per il 2020, quindi il Fondo che è stato già distribuito quest'anno. Questo aggiornamento ha riguardato solo le funzioni degli asili nido e del trasporto pubblico locale. Per le altre funzioni la Commissione ha deciso di considerare già validi i valori che erano stati approvati nel 2018 e che, però, non erano mai stati applicati a seguito della cristallizzazione del Fondo 2018 per il 2019. La seconda revisione ha riguardato, invece, il fabbisogno standard per quanto riguarda il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. In questo caso l'approvazione è avvenuta successivamente all'approvazione dei coefficienti di riparto del 2020, quindi questo aggiornamento non ha avuto impatto Pag. 5sul Fondo di solidarietà comunale 2020, ma ha avuto rilevanza perché i nuovi fabbisogni sono stati utilizzati dai comuni per l'individuazione delle tariffe Tari (tariffa sui rifiuti) nell'ambito della predisposizione dei piani economico-finanziari. Provo a descrivere un pochino più nel dettaglio queste novità. Per quanto riguarda gli asili nido, l'aggiornamento dei fabbisogni è avvenuto introducendo una prima normalizzazione dei livelli di servizio da considerare nel calcolo del fabbisogno standard, ma voglio ricordare che in questa funzione il fabbisogno è calcolato moltiplicando un costo standard che è differenziato per tener conto del modo in cui è fornito il servizio e per tener conto anche delle caratteristiche del comune in cui questo servizio è fornito. Questo costo standard viene moltiplicato per il numero di utenti del servizio. In passato la Commissione, in assenza di una definizione dei LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) in questo servizio, prudenzialmente aveva deciso di quantificare i fabbisogni utilizzando come livello di servizio il livello storico di copertura dei bambini tra zero e due anni, però questa valorizzazione prudente può essere considerata soltanto il punto di partenza per un graduale percorso di allineamento dei fabbisogni standard ai LEP perché ovviamente non abbiamo nessun motivo per ritenere che gli utenti effettivamente serviti corrispondano a un livello essenziale delle prestazioni. Per questo motivo la Commissione ha ritenuto di proporre una prima standardizzazione dei livelli di servizio che riconoscesse la presenza di un livello essenziale delle prestazioni. Mancando un riferimento chiaro nelle norme, la standardizzazione che abbiamo effettuato ha operato prevedendo dei livelli minimi e dei livelli massimi di servizio. In particolare, la definizione di un livello minimo di fabbisogno ha richiesto di introdurre due modifiche: sono stati introdotti dei livelli minimi di copertura della popolazione tra zero e due anni, che sono differenziati per fasce di popolazione – troverete i dati nella tabella 1 della memoria che ho messo a disposizione – e poi è stato definito un costo standard minimo. L'introduzione di questi livelli minimi di copertura per il servizio degli asili nido ha avuto l'effetto di ridurre da 3.635 a 50 il numero di comuni per cui non viene riconosciuto il fabbisogno per gli asili nido. I residuali 50 enti sono enti che non hanno popolazione tra zero e due anni. Adesso il maggior numero dei comuni con fabbisogni per asili nido valorizzati si concentra nell'intervallo di copertura del servizio che va tra il 7 e il 7,75 per cento e corrisponde ai livelli minimi introdotti per i piccoli comuni fino a 10 mila abitanti. Il livello minimo di copertura supera il livello storico anche in molti comuni del Sud e delle aree interne e periferiche indipendentemente dalla dimensione. La descrizione dell'incremento della copertura è contenuta in due figure, sempre nella memoria che ho depositato: nella figura 1 e nella figura 2. Siccome l'innovazione di queste regole di applicazione è avvenuta nell'ambito di un aggiornamento a metodologia invariata che prevede un iter di approvazione semplificato, le scelte della Commissione hanno avuto un impatto minimo sul peso relativo al fabbisogno degli asili nido rispetto alle altre funzioni fondamentali. Infatti, l'aumento della percentuale di copertura, che è passata in media dal 13,29 al 15,42 per cento, è avvenuta sostanzialmente a invarianza del totale dei fabbisogni standard per gli asili nido. Questo risultato è stato ottenuto, come preannunciavo prima, riducendo il livello di copertura massimo riconosciuto nei fabbisogni, che attualmente è stato portato al 28,5 per cento. La tabella 2 riporta i dati per i comuni aggregati per fascia di popolazione relativi al confronto tra i fabbisogni prima della standardizzazione e quelli che si ottengono successivamente. Con la stessa logica è stata introdotta una standardizzazione del trasporto pubblico locale. Per questo servizio il fabbisogno è stato riconosciuto a tutti i comuni capoluoghi di provincia e a tutti le città metropolitane indipendentemente dalla presenza della spesa storica, quindi nella logica di mantenere inalterate tutte le altre regole di calcolo e di riconoscere il fabbisogno sulla base delle caratteristiche dei comuni che fanno presumere una domanda potenziale Pag. 6di questo servizio. Voglio sottolineare che, tuttavia, nonostante questi passi in avanti, siamo ancora ben lontani dal riconoscimento di un fabbisogno standard compatibile con il livello essenziale delle prestazioni in quanto quest'ultimo non è stato ancora definito dal Parlamento. Questa operazione di normalizzazione all'interno di una soglia massima e minima ha una valenza tecnica rivolta a una più corretta applicazione dei modelli vigenti, seguendo il principio fondamentale che il riconoscimento del fabbisogno per una finalità perequativa deve prescindere dalla presenza di un servizio storicamente erogato. Come vi ho detto, c'è stata anche un'innovazione molto importante nel campo della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Ora non scenderò nei dettagli di queste innovazioni, che sono comunque descritte nel dettaglio nella memoria che ho messo a disposizione; ovviamente posso tornare sul punto, se sarà necessario. Ripeto che in realtà questi fabbisogni per la raccolta e smaltimento dei rifiuti sono importanti per la predisposizione delle tariffe Tari all'interno dei piani finanziari dei comuni, ma non hanno un impatto significativo sulla ripartizione del Fondo di solidarietà comunale perché, per realizzare il principio della copertura integrale del costo del servizio da parte dei cittadini residenti, nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale il fabbisogno relativo ai rifiuti è sterilizzato, calcolando per ogni comune una capacità fiscale che è esattamente pari al fabbisogno che è stato calcolato. Segnalo soltanto che alcune delle novità metodologiche che sono state sviluppate nella revisione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti saranno utilizzate anche per gli ulteriori aggiornamenti proposti per il Fondo di solidarietà comunale 2021 in altre funzioni, in altri servizi. Fondamentalmente, queste innovazioni riguardano il superamento delle dummy regionali, su cui tornerò successivamente perché è importante nell'ambito del sociale, e riguardano anche una nuova definizione di gruppi omogenei di comuni rispetto ai quali tarare la misurazione del fabbisogno standard. Nella memoria che ho depositato si cerca poi di illustrare quali sono stati gli effetti di queste innovazioni sul Fondo di solidarietà comunale, in particolare per i comuni delle regioni a statuto ordinario. Descrivere e ricostruire il Fondo di solidarietà comunale è particolarmente complesso perché all'interno del Fondo vi sono diversi criteri che convivono per distribuire le risorse, criteri che risentono anche delle modifiche che sono intervenute nella fiscalità locale negli ultimi anni. Nella memoria vengono ricostruite in dettaglio tutte le innovazioni che hanno inciso sul Fondo di solidarietà comunale 2020 e vengono presentati sia gli effetti finanziari aggregati del Fondo distintamente per i comuni delle regioni a statuto ordinario e per i comuni di Sicilia e Sardegna (questo viene fatto nella tabella 4 e nella tabella 5) sia le variazioni nell'assegnazione del Fondo nel passaggio tra il 2019 e il 2020 (questo viene descritto con una cartina nella figura 3). La variazione dell'assegnazione del Fondo tra il 2020 e il 2019 è stata in primo luogo determinata dalla ripresa del percorso di transizione del riparto redistributivo verso il criterio perequativo. Ricordo che nel Fondo convivono due criteri: un criterio per perequativo e un criterio legato alla spesa storica. È previsto un percorso di transizione che gradualmente porterà il Fondo a essere distribuito solo sulla componente perequativa. Questo percorso di transizione è stato riformato con il decreto-legge n. 124 del 2019 e attualmente prevede che il Fondo arriverà a regime, quindi la parte perequativa sarà integralmente distribuita sulla base dei fabbisogni delle capacità standard, a partire dal 2030. Questo è un percorso graduale, quindi si svolgerà fino al 2030. Le variazioni tra il 2019 e il 2020 sono in parte causate dall'avanzamento di questo percorso. Ma sono rilevanti anche altri fattori, come l'aggiornamento dei fabbisogni, la revisione della capacità fiscale, l'aggiornamento dei dati sulla popolazione e il ricalcolo di alcuni correttivi presenti nel Fondo. Ho preparato una tabella, la figura 4, che presenta una scomposizione di questi effetti per classi di comuni. Questa figura evidenzia un punto rilevante che riprenderò poi successivamente. Fa vedere come l'effetto della variazione Pag. 7 della popolazione si muove spesso nella stessa direzione dell'effetto prodotto dalla variazione dei fabbisogni standard. Quindi un decremento della popolazione fa diminuire i fondi ricevuti attraverso il Fondo di solidarietà comunale, ma fa diminuire anche il fabbisogno riconosciuto. Questo accade perché le variabili demografiche sono largamente utilizzate all'interno della standardizzazione delle spese comunali. Questa figura fa vedere anche che complessivamente le dinamiche demografiche sembrano riflettersi in modo più amplificato, più forte, per i comuni di piccole dimensioni, soprattutto nei casi in cui è assente una standardizzazione del livello del servizio. Su questo punto ritornerò poi successivamente perché questo è un punto che è all'attenzione della Commissione. Un altro elemento importante è che nel 2020 l'ammontare del Fondo di solidarietà comunale è stato integrato con risorse aggiuntive. Un ammontare di 5.500.000 è stato destinato ai piccoli comuni incapienti; ulteriori 100 milioni sono stati assegnati come ristoro parziale del taglio previsto a suo tempo dal decreto legislativo n. 66 del 2014. Questi fondi, in particolare i 100 milioni, sono stati distribuiti parallelamente alle altre componenti del Fondo, quindi a valle del Fondo, con dei criteri distinti da quelli del Fondo. In particolare sono stati seguiti due criteri: per il 60 per cento i fondi sono stati ripartiti in base al ristoro effettivo del taglio del 66; per il 40 per cento sono stati distribuiti per attenuare gli effetti perequativi negativi. L'impatto della distribuzione di questi fondi è descritto dalla cartina nella figura 5. Se si confronta la figura 4 con la figura 5, è evidente che la distribuzione di questi fondi aggiuntivi tende a compensare l'effetto della componente redistributiva del Fondo di solidarietà comunale sulla base dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard. Quindi questi fondi aggiuntivi tendono a compensare l'effetto perequativo del Fondo di solidarietà comunale. A questo riguardo, la Commissione, che è stata chiamata a formulare un parere sui criteri, ha formulato un parere positivo sui criteri applicati quest'anno per il riparto dei 100 milioni, ma ha rimarcato la necessità che i criteri definiti per il riparto 2020 siano transitori e che per il periodo tra il 2021 e il 2024, in cui questi fondi verranno ulteriormente integrati, ci sia una convergenza tra i criteri utilizzati per il riparto di questi fondi e i criteri utilizzati all'interno del Fondo di solidarietà comunale in un assetto condiviso e stabile del percorso perequativo. Come ho sottolineato, il Fondo di solidarietà comunale andrà a regime nel 2030. Ho tentato nella memoria di provare a dare una valutazione del punto di arrivo del Fondo di solidarietà comunale per comprendere anche gli effetti che gradualmente si esplicheranno nel periodo di transizione. Per cogliere gli effetti della transizione del Fondo verso la perequazione, credo che sia utile considerare il concetto di «squilibrio fiscale» di ogni ente. Questo squilibrio fiscale può essere definito come la differenza tra le risorse che i meccanismi perequativi dovrebbero assicurare... Nel disegno del Fondo di solidarietà comunale i sistemi perequativi dovrebbero assicurare a ogni comune l'80 per cento del fabbisogno standard e un 20 per cento della capacità fiscale standard, quindi le risorse obiettivo che ogni fondo dovrebbe avere secondo la perequazione e le risorse standard effettivamente a disposizione dei comuni. La perequazione piena si realizza quando questo scarto tra le risorse che vorremmo assegnare e quelle che effettivamente assegniamo è nullo. Al contrario, se lo scarto è positivo, il comune si trova in una posizione di deficit e ha meno risorse di quelle che sarebbero richieste; se lo scarto è negativo, il comune ha risorse in eccesso rispetto a quelle che il sistema dovrebbe assegnare. Nella memoria la figura 6 illustra la distribuzione di questi squilibri fiscali. La prima cartina mostra il punto di partenza, cioè gli squilibri fiscali in assenza di trasferimenti perequativi, quindi è l'oggetto, il problema, a cui il sistema perequativo cerca di rispondere. È chiaro che c'è un elemento di tipo territoriale. I comuni in deficit sono principalmente localizzati nel Sud; i comuni in eccesso sono invece principalmente localizzati nel Nord, anche se la tabella fa vedere che esistono anche situazioni molto eterogenee Pag. 8 all'interno delle regioni. Quindi la cartina A è il punto di partenza. La cartina B fa vedere qual è l'effetto del Fondo del 2014, che era stato ripartito sulla base della spesa storica. Questa cartina fa vedere che il Fondo del 2014 riduce un po' questi scarti, ma questi scarti permangono, e quindi mostra che c'è la necessità di superare, di andare oltre la spesa storica. Le altre due cartine mostrano la situazione al 2020 e la situazione che si dovrebbe verificare, sempre che non intervengano ulteriori novità normative, nel 2030. Si vede già nel 2020 che la progressione della perequazione dalla spesa storica ai criteri del fabbisogno standard della capacità riduce questi scarti. Nel 2030 gli scarti sono quasi completamente annullati. Non sono, però, zero. Perché non sono zero come ci si aspetterebbe? Non sono zero perché all'interno del Fondo continuano a esistere delle componenti che sono distribuite parallelamente alla componente perequativa e sono fondamentalmente le componenti che riguardano i tagli che sono stati effettuati in passato e dei trasferimenti verticali che riguardano il rimborso dell'IMU (Imposta Municipale Unica) e della Tasi (tassa sui servizi indivisibili offerti dai comuni) sull'abitazione principale, quando questa è stata abolita. Quindi ci sono dei trasferimenti verticali che transitano parallelamente ai criteri perequativi. La cartina fa vedere che anche a regime, qualora questi trasferimenti restassero al di fuori del Fondo, non si raggiungerebbero gli obiettivi perequativi in pieno. La figura 7 fa anche vedere come questi scarti prodotti da questi trasferimenti paralleli alla perequazione tendono ad avere un effetto differenziato anche tra comuni di diverse dimensioni. In particolare mostra come queste componenti tendono a penalizzare i comuni di piccole dimensioni e, invece, ad avvantaggiare i grandi centri urbani. A questo punto passo a descrivere le iniziative che la Commissione sta cercando di portare a termine. Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha cercato di individuare una serie di problematiche. Un primo aspetto – l'ho già segnalato – riguarda i piccoli comuni, ma parallelamente c'è una problematica che riguarda, nello spettro opposto della dimensione, anche il comune di Roma, che ha una dimensione e specificità tali per cui probabilmente sarebbe meglio trattato con un regime specifico separatamente dagli altri comuni. A titolo di esempio, la dimensione di Roma è tale per cui a regime assorbirà circa il 19 per cento dei flussi perequativi. Inoltre, un regime distinto probabilmente consentirebbe di coordinare meglio il finanziamento delle funzioni fondamentali con gli altri trasferimenti senza vincoli di destinazione che Roma già oggi riceve al di fuori del Fondo di solidarietà comunale. Una seconda problematica riguarda i comuni turistici. Per questi comuni viene colta correttamente una maggiore capacità fiscale perché tipicamente in questi comuni sono maggiormente presenti le seconde case, quindi c'è una maggiore capacità fiscale legata all'IMU, ma stiamo cercando di cogliere meglio, più correttamente, le esigenze di spesa che emergono dai servizi resi ai non residenti, che attualmente non vengono colte adeguatamente dai fabbisogni standard. Un terzo tema riguarda l'opportunità, quella che ho appena segnalato, che in prospettiva questi trasferimenti paralleli riguardanti i tagli e i ristori vengano inglobati nel Fondo. Oltre a questo, la Commissione ha individuato come priorità la necessità di intervenire nel fabbisogno della funzione del sociale. Nella funzione del sociale viene erogata una serie di servizi, spesso a domanda individuale, per cui manca una chiara definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Il livello e le caratteristiche di erogazione dei servizi sono molto diversificati lungo territorio e variano anche in relazione alla dimensione del comune. Inoltre è molto complicato in questa funzione misurare correttamente il livello dei servizi offerti sia a causa dell'eterogeneità degli strumenti che vengono utilizzati (si va dai contributi economici alla presa in carico degli utenti presso le strutture), sia perché a volte i dati non sono completi sulla platea dei potenziali aventi diritto. In passato queste difficoltà di misurazione hanno suggerito di stimare il fabbisogno con una funzione di spesa che cercasse di spiegare le differenziali di spesa tra regioni basandosi su caratteristiche strutturali Pag. 9 dei comuni. In questo tentativo, questa funzione di spesa è stata stimata ricorrendo a delle cosiddette «dummy regionali», cioè a delle variabili che colgono differenze di spesa che non sono spiegate dalle caratteristiche strutturali dei comuni, quindi non sono spiegate da variabili che dovrebbero influenzare la domanda, ma che sono correlate a livello regionale, tra regioni. Quando si è passati dalla stima all'applicazione, nell'applicazione si è scelto in passato di riconoscere ai singoli comuni questo differenziale di spesa. Quindi, al momento, solo per la funzione del sociale, i comuni si vedono integrato o ridotto il proprio fabbisogno standard a seconda della loro collocazione geografica, a seconda della regione a cui appartengono. La CTFS ha iniziato a valutare delle proposte di evoluzione di questa metodologia predisposte da SOSE con la collaborazione di IFEL (Istituto per la Finanza e l'Economia Locale). Le innovazioni principali sono finalizzate a raggiungere due obiettivi: individuare con maggior precisione, a livello territoriale, l'impatto delle variabili di contesto che influenzano la domanda di servizi in modo da superare l'utilizzo delle dummy, quindi in modo da sterilizzare le dummy anche in fase di applicazione, e poi tener conto, nella determinazione del fabbisogno, dell'intensità del servizio in modo da legare il fabbisogno all'effettiva erogazione dei servizi. Questo è l'obiettivo. Nel momento in cui verrà proposta questa revisione metodologica, in sede di applicazione si porrà il problema di come normalizzare il livello di intensità del servizio. Per questo motivo la Commissione ha più volte sottolineato la necessità che siano determinati dei LEP per questa funzione che possano dare alla Commissione un riferimento per individuare in maniera uniforme il livello di servizi da riconoscere nel fabbisogno. Inoltre, l'orientamento attuale della Commissione è che, nel momento dell'applicazione, l'intensità dei servizi che dovrà essere riconosciuta sarà superiore a quello che registriamo nella spesa storica. Questo perché in molte realtà comunali questa intensità di servizi oggi appare così bassa da apparire del tutto inadeguata a quanto richiesto per la tutela dei diritti civili e sociali. Tuttavia, la Commissione è orientata a indicare in sede di applicazione un'intensità di servizi che sia superiore a quella storica, ma segnala la necessità che questo avvenga con un'integrazione verticale del Fondo di solidarietà comunale, perché questa standardizzazione si tradurrà in un aumento del fabbisogno del sociale che, se non verrà finanziato con un trasferimento verticale, produrrà un effetto di riduzione delle risorse sulle altre funzioni, data la natura orizzontale del Fondo, oppure una riduzione del livello di finanziamento dei servizi nei comuni che già hanno dei livelli adeguati. Inoltre, la Commissione si sta muovendo in questa direzione perché questa revisione del fabbisogno standard possa anche garantire un più adeguato trattamento dei piccoli comuni, garantendo maggiore stabilità dei fabbisogni nei casi di spopolamento. Termino con qualche riflessione sulla relazione tra LEP e fabbisogni standard. Come si è visto, l'assenza dei LEP rende complicati i lavori della Commissione; ne ha spesso condizionato le scelte e quindi è necessario che si giunga rapidamente a una definizione di questi LEP. Provo a fare alcune riflessioni che emergono dall'esperienza maturata dalla CTFS su due punti fondamentali: se è necessario definire per tutte le funzioni i LEP oppure no (io credo che non sia strettamente necessario definirli per tutte le funzioni, ma per alcune funzioni invece è assolutamente prioritario) e poi qualche riflessione su come coniugare un percorso di convergenza ai LEP con i vincoli di finanza pubblica. Quando sono necessari i LEP? Gran parte delle funzioni fondamentali dei comuni è costituita da funzioni che riguardano la fornitura di servizi indivisibili prestati a beneficio della collettività nel suo insieme; pensiamo alle attività amministrative, contabili, la viabilità, l'anagrafe, il protocollo, l'urbanistica. Per questi servizi, per queste funzioni, sebbene spesso la legislazione non codifichi un diritto soggettivo esigibile da parte degli utenti, sono previsti degli obblighi in capo alle amministrazioni. Questi obblighi e vincoli normativi implicitamente definiscono un livello Pag. 10 essenziale delle prestazioni che i comuni devono garantire ai cittadini. In questi casi, se si analizzano i dati storici, è possibile ricostruire dai dati storici questo livello minimo di prestazioni che è garantito dalla normativa. Quindi l'analisi dei dati storici, in questo ambito, può essere sufficiente per individuare il fabbisogno standard. Questo è quello che accade nei casi dei servizi dell'amministrazione e del servizio della Polizia locale. Viene realizzato attraverso la stima di quella cosiddetta «funzione di spesa». All'interno delle funzioni fondamentali, però, sono presenti numerosi servizi, solitamente a domanda individuale, per i quali il quadro normativo attuale concede un'ampia discrezionalità nell'attivazione e nel livello di fornitura. Si tratta di prestazioni che riguardano per la quasi totalità le materie dell'assistenza, dell'istruzione, del trasporto pubblico locale, tutte funzioni che sono strettamente legate e correlate ai diritti civili e sociali. Viene anche questo riconosciuto dal decreto n. 68 del 2011 e per questi servizi sarebbe necessaria una definizione del LEP. In assenza di LEP i fabbisogni standard possono essere definiti, come ho già cercato di dire, solo provvisoriamente, con un approccio prudenziale, dato che non possiamo basarci sui dati storici per individuarli, perché il livello storico di servizio potrebbe non essere coerente con la tutela dei diritti civili e sociali sia a livello di singolo ente sia a livello aggregato. Nella memoria si tenta un'analisi più dettagliata di questi servizi cercando di segnalare in maniera più specifica quali LEP andrebbero definiti. Ovviamente, come ho già avuto modo di dire, andrebbero definiti nel servizio del sociale e anche, aggiungo, nel servizio degli asili nido, dove la prima standardizzazione che la Commissione ha effettuato deve considerarsi provvisoria. Per andare avanti in questa standardizzazione la Commissione ha bisogno di un riferimento chiaro sul livello di copertura e sulla tipologia di servizio, che deve essere assicurata in ogni comune. Sono necessari i LEP nei servizi dell'istruzione, dove è necessario innanzitutto chiarire se tutti i servizi non obbligatori presenti in questa funzione devono essere garantiti attraverso i LEP o se alcuni vadano esclusi. Poi è anche necessario nell'istruzione che la definizione dei LEP avvenga, come peraltro prevede la normativa, non solo a livello comunale, ma anche a livello di pubbliche amministrazioni, perché, come descritto nella nota, molti dei servizi erogati dai comuni sono servizi complementari, in particolare, all'istruzione statale. Si pensi, ad esempio, al servizio mensa che viene erogato ove sia presente il tempo pieno. Quindi nel campo dell'istruzione, in particolare, il LEP andrebbe definito per il complesso delle pubbliche amministrazioni. Infine, nell'ambito del trasporto pubblico, il punto cruciale da chiarire è se è necessario prevedere un livello essenziale delle prestazioni in tutti i territori comunali oppure per quelle realtà che presentano particolari caratteristiche strutturali. In altri termini, si tratta di stabilire se il LEP debba fare riferimento alla presenza di una rete di trasporto pubblico urbano, e questo significherebbe limitare il LEP e quindi il fabbisogno ai centri urbani di maggiori dimensioni, o, più in generale, occorra garantire un sostegno pubblico alla mobilità urbana. In questo caso il LEP andrebbe anche alla totalità dei servizi. Finisco: come ho già segnalato, la definizione dei LEP ha una ripercussione sui fabbisogni e quindi ha un impatto sugli equilibri di bilancio. Da questo punto di vista, la memoria segnala che sarebbe opportuno riprendere le indicazioni presenti nella legge n. 42, che prevedeva un percorso graduale di avvicinamento ai LEP. Una volta definiti i LEP, i LEP non venivano garantiti immediatamente, ma si prevedeva un percorso di graduale avvicinamento ai LEP con l'indicazione di obiettivi intermedi, chiamati «obiettivi di servizio», che dovevano anche essere monitorati. Sarebbe opportuno riprendere queste indicazioni sia perché questo consentirebbe di attenuare le tensioni sugli equilibri di bilancio della definizione dei LEP, garantendo un avvicinamento graduale, un assorbimento graduale delle maggiori esigenze di spesa, ma anche perché sarebbe importante anche reintrodurre il monitoraggio, perché voglio ricordare che le assegnazioni che Pag. 11arrivano dal Fondo di solidarietà comunale sono senza vincolo di destinazione, mentre un monitoraggio con la previsione di elementi di premialità e di correzione sarebbe necessario per garantire che al finanziamento poi corrisponda un adeguamento del livello dei servizi. Io ho terminato, spero di non averci messo troppo tempo e sono a disposizione per le domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, i suoi interventi sono sempre apprezzati e sicuramente preziosi per i nostri lavori. Grazie anche per la l'opera di sintesi che compie sempre. Capiamo che ovviamente la materia è complessa e lei riesce sempre e comunque a renderla completa nella sua esposizione. Ha chiesto di intervenire il collega De Menech, prego.

  ROGER DE MENECH. Innanzitutto grazie per la puntuale e precisa relazione e anche per la mole di sollecitazioni che ci ha dato. Il tempo è sempre abbastanza tiranno, ma sono temi talmente complicati e complessi che meritano una riflessione il più approfondita possibile. Il primo tema è di carattere generale: non pensa che, nel sistema e nell'impianto che abbiamo costruito in tutti questi anni, oggi la questione che la capacità fiscale e quindi il prelievo fiscale è nelle mani degli enti locali... Parlo soprattutto della parte IMU relativa alle seconde case. Quindi abbiamo oggi un sistema per cui nei confronti dei cittadini il comune preleva le risorse e poi queste risorse vengono ridistribuite a livello centrale. Io aprirei un focus su questa questione, perché è una questione che è molto collegata al rapporto fra i fabbisogni standard e la capacità fiscale e ovviamente – si vede anche dalle tabelle, da quello che ci ha detto lei oggi – quando questo scarto è molto evidente si creano assolutamente delle fibrillazioni sui territori, perché è chiaro che un comune raccoglie x e poi ci vede y, destinato giustamente in base al fabbisogno. Questa prima valutazione di carattere generale mi serve per dire che lei ha messo il focus su comuni turistici, comuni che hanno esattamente questa diversità fra la grande capacità di raccolta, fra pezzi importanti dei servizi che non sono strettamente collegati alla popolazione residente proprio perché i flussi variano la pressione della cittadinanza nel corso dei mesi dell'anno, essendo comuni turistici. Quindi si crea una tensione territoriale che spesso vede questi comuni insorgere per avere la giusta attribuzione delle risorse destinate a mantenere i servizi che devono essere sovradimensionati rispetto alla popolazione residente perché devono cogliere le esigenze anche della popolazione turistica. Chiudo questo ragionamento velocemente con un passaggio. Lei ha fatto il passaggio sul comune di Roma, la capitale d'Italia. Io ampio quel ragionamento: non pensa che sia arrivato il tempo in cui, oltre alle specifiche tabelle che abbiamo fatto sui livelli delle prestazioni, sui fabbisogni standard eccetera, su tutto quello che abbiamo costruito ci debba essere una più forte differenziazione territoriale? Intendo dire una valutazione più precisa rispetto al costo dei servizi in base alle caratteristiche morfologiche dei territori. Abbiamo visto che non c'è solo un tema di diversità fra comuni grandi e comuni piccoli, ma c'è anche un tema riguardante il dove sono quei comuni piccoli: sono nella cintura metropolitana, sono nell'area interna del Paese o nella montagna? Io provengo da quei luoghi, quindi ne capisco il senso finale, cioè che i fabbisogni standard riescano in maniera più autentica a riconoscere le differenze e le difficoltà, perché un comune di 5 mila abitanti nella cintura metropolitana di Roma o di Milano è un piccolo comune che ha delle caratteristiche, ma che può avere il beneficio dei servizi della grande città metropolitana; un comune di 500 abitanti all'interno delle Alpi, come sappiamo, deve per forza avere maggiori risorse. Parlo delle Alpi o degli Appennini; sto parlando delle aree interne di montagna di tutta l'Italia, delle isole o delle piccole isole. Secondo me noi dobbiamo fare un ulteriore sforzo per capire ancora di più quali sono i fabbisogni reali rispetto alle caratteristiche, ripeto, morfologiche, fisiche, di questi comuni. Chiudo solo con una battuta: è chiaro che su tutto questo argomento c'è anche, e c'è Pag. 12nel dibattito politico da tanti anni, una probabilmente necessaria revisione del sistema catastale e quindi della stima del giusto valore del catasto immobiliare in tutto il territorio nazionale; ma questo è solo un flash, perché è un tema di cui dovremmo discutere per molto. Grazie comunque per la relazione.

  PRESIDENTE. Senatore Saviane, prego.

  PAOLO SAVIANE. Grazie, presidente. Velocemente, perché alle 9,30 noi abbiamo Aula in Senato. Sposo completamente ciò che è stato appena detto dal collega De Menech perché effettivamente anch'io ho raccolto tantissimo dai sindaci, soprattutto dei comuni di montagna, piccoli comuni, una sorta di frustrazione in quanto questi comuni di montagna hanno tantissime seconde case. Ma questo perché tantissimi abitanti sono andati ad abitare altrove, sono andati ad abitare in città. Quindi ci si trova di fronte a un incremento di seconde case, ma effettivamente seconde case non di valore. Non è la casa in Costa Smeralda o a Cortina. Anche in provincia di Belluno ci sono tantissimi altri comuni periferici che soffrono veramente di questa situazione, soprattutto dopo l'epidemia Covid. Lì tutti i comuni sono in difficoltà finanziaria. Ecco che questi veramente mi hanno segnalato che loro devono imporre l'IMU ai loro cittadini, a chi ha gli opifici, soprattutto le seconde case, e i cittadini vedono il comune che introita le tasse e dopo in realtà sul territorio nulla rimane. Io chiederei al presidente se fosse opportuno, magari, rinviare anche questa discussione effettiva, che mi sembrava importante, per affrontare vari aspetti. Io ripeto la stessa situazione della montagna. Magari altri hanno altre situazioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Russo, prego.

  PAOLO RUSSO. Grazie, presidente. Intanto grazie, professore. Come sempre ci illumina in un quadro definito. Telegraficamente, alcune questioni. La prima: non crede che le simulazioni prudenziali che voi fate in assenza di LEP possano in qualche misura essere ardite, non avendo una certezza normativa rispetto al punto di riferimento dei livelli di prestazione da raggiungere e da garantire? Seconda: come misurate i fabbisogni standard nel contesto sociale? Mi spiego meglio. Abbiamo ascoltato qui alcune vicende specifiche, come quelle dei piccoli comuni di montagna, dei piccoli comuni scollegati dal contesto organizzativo territoriale delle grandi comunità. Incide sul fabbisogno standard il contesto sociale di un territorio? Misurate anche questo dato in chiave non soltanto di perequazione, ma di valore stesso del fabbisogno? Terza e ultima domanda, questa è dovuta proprio a una mia incapacità nel comprendere: ho provato a leggere e a rileggere nella relazione la vicenda delle dummy regionali. Questo comporta delle gabbie regionali?

  PRESIDENTE. Senatore Presutto, prego.

  VINCENZO PRESUTTO. Grazie, presidente. Grazie anche al presidente Arachi per l'illustrazione dettagliata che ci ha fatto. In pratica ci consente di capire, attraverso i dati che lei ha riferito, prima la difficoltà nell'andare a definire, ad esempio, i fabbisogni standard in mancanza dei LEP, perché poi nella parte conclusiva lei lo ha ribadito: in pratica la stessa indicazione di raggiungere nel 2030 una valutazione più o meno perequata in maniera equa, con delle distorsioni legate soprattutto ai trasferimenti da parte dello Stato, denota un impegno notevole che la Commissione fa, però in mancanza di un elemento essenziale quale quello dei LEP, che terrebbe conto anche, come hanno detto prima i colleghi, di quelle differenziazioni territoriali come quelle dei comuni che si trovano in zone montane oppure, eventualmente, quelle dei comuni che si trovano in una difficoltà di natura economica-sociale. Poi lì bisognerebbe anche andare a valutare l'aspetto del monitoraggio per la qualità degli amministratori locali. Purtroppo noto che c'è un dato negativo, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Ma vorrei capire se c'è un problema solo di natura sociale, economica locale, oppure anche di qualità nelle amministrazioni. Pag. 13 Io penso che uno degli elementi più importanti in assoluto sia anche la famosa applicazione dell'articolo 120 della Costituzione, cioè consentire allo Stato di poter andare a monitorare come gli amministratori gestiscono gli enti locali e non solo, ovviamente. Io mi riferisco ai comuni, ma dopo ci sarà modo di parlare anche dei LEA (Livelli essenziali di Assistenza). Quindi vorrei capire sostanzialmente dove vi è una condizione oggettiva e dove vi è, invece, una condizione soggettiva. In pratica non ho domande precise rispetto a quello che lei ha indicato, tranne che apprezzare uno sforzo che, però, protraendosi nel tempo, crea dei problemi rispetto al livellamento delle differenze. Poi, invece, una domanda la vorrei fare: dal suo punto di vista quanto può impattare l'effetto Covid nei confronti, ad esempio, delle entrate locali e anche delle difficoltà che avranno le finanze statali rispetto a questo processo? La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie. Avevo anche io una domanda, collegandomi all'ultima parte dell'intervento del senatore Presutto, proprio sull'effetto che il Covid avrà non soltanto sulle entrate degli enti locali, ma anche – questo attiene più alla sua funzione – sulla definizione dei LEP e dei fabbisogni standard. Presumo che anche voi siate in una fase prudenziale, però lei può darci una stima seppur, per ora, non basata sulla precisione assoluta? Fino a che punto ritiene che il Covid possa avere un effetto sul vostro lavoro e, auspicabilmente, anche su quello che dovrà essere il nostro? Grazie.

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS). Grazie. Nel rispondere, parto dalle domande dell'onorevole De Menech. Qui ci sono due temi: c'è un tema estremamente tecnico e un tema più politico. Sul piano tecnico il finanziamento dei comuni basato sui tributi propri, in particolare sull'IMU, ovviamente crea un problema perché il tema tecnico è la sperequazione di questo tributo sul territorio. È chiaro che idealmente il finanziamento dovrebbe essere assicurato a degli enti locali con dei tributi che siano il più possibile uniformi nel territorio e qui, invece, a seguito dell'esenzione dell'abitazione principale, si è creata una base imponibile che è estremamente differenziata. A questo si collega anche il problema delle sperequazioni tra valori effettivi e valori catastali che, ovviamente, richiederebbe una correzione. Questo, però, dal punto di vista tecnico crea semplicemente maggiore pressione sul Fondo. Più le basi imponibili sono sperequate, tanto più il Fondo deve intervenire. È chiaro che, dal punto di vista politico, si crea un problema di percezione da parte degli amministratori che effettivamente potrebbe essere attenuato con un maggior finanziamento verticale del Fondo. Questo si ricollega, però, a quello che ho cercato di dire. Credo che sia importante pensare a un riassorbimento di quel flusso relativo al taglio dell'IMU-Tasi all'interno della componente perequativa. Al momento è fuori. Se fosse portato all'interno, renderebbe la componente perequativa maggiormente finanziata da flussi verticali e credo che attenuerebbe in parte questo problema che viene generato da questa contribuzione molto sperequata sui fabbisogni. Poi c'è il tema che ha sollevato relativo alle tipologie dei comuni. Già oggi i fabbisogni standard tengono conto delle caratteristiche morfologiche dei comuni. Ho cercato di indicarlo, forse troppo sinteticamente. All'interno dei fabbisogni standard si tiene conto della collocazione dei comuni in categorie omogenee, i cosiddetti «cluster». Questi cluster sono stati rivisti. L'ho segnalato con l'aggiornamento della funzione sui rifiuti e quindi adesso nell'applicazione che faremo utilizzeremo questo aggiornamento che dovrebbe meglio cogliere le caratteristiche dei comuni. La Commissione è perfettamente cosciente che ci possono essere degli ulteriori affinamenti. Si possono fare ulteriori miglioramenti per cogliere le problematiche relative, ad esempio, ai piccoli comuni di montagna che si spopolano. Ne ho accennato nella relazione. Qualcosa cercheremo di fare. In questo passaggio di quest'anno, come ho cercato di dire, stiamo anche provando a focalizzare Pag. 14 le innovazioni su alcuni punti più rilevanti, tenendo conto del fatto che in questo contesto di grande incertezza riteniamo che sia opportuno non introdurre troppi scossoni nel sistema. La problematica è chiara, in parte è affrontata; la possiamo sicuramente migliorare ed è all'attenzione della Commissione. Passo alla questione della poca prudenza. Credo che la Commissione sia stata prudente. La Commissione si trova ad agire sapendo che da un lato l'utilizzo dei dati storici, come ho cercato di dire, sicuramente è sbagliato; quindi noi dobbiamo muoverci in una direzione. Abbiamo cercato di muoverci con passi che non pregiudicassero il punto di arrivo. Un esempio emblematico è quello degli asili nido. Ci sarà un LEP; un LEP sarà collocato da qualche parte. Sarà tra un minimo e un massimo e noi abbiamo cercato di aumentare il minimo e di abbassare il massimo per avvicinarci senza pregiudicare, ovviamente, una scelta che, come ho ribadito, è chiaramente una scelta politica. Mi sembra che cerchiamo di contemperare queste esigenze con molta prudenza. Sulle dummy regionali sì, quello che accade oggi nell'ambito del sociale è che ogni comune che fa parte di una regione vede o aumentato, nel caso alcune regioni, il fabbisogno per il solo fatto di appartenere a quella regione o lo vede diminuito. Questo è un aspetto che stiamo cercando di superare. Finisco con il Covid. Ovviamente la Commissione si è posta il problema del Covid. Noi parliamo di fabbisogni standard, quindi dei fabbisogni che si realizzano in condizioni normali. Quindi la domanda è: il Covid modificherà queste condizioni ordinarie oppure no? Al momento non abbiamo evidenza e quindi prudenzialmente la Commissione ha deciso di andare avanti supponendo che non avrà effetti permanenti. Gli effetti temporanei vengono affrontati con le misure straordinarie che sono state varate d'urgenza. Anzi, pensiamo che tarare meglio per l'anno prossimo il finanziamento ordinario garantisca anche un miglior riferimento nel caso in cui ci dovessero essere ulteriori interventi straordinari, perché sapere che la parte ordinaria corrisponde meglio ai reali fabbisogni in condizioni ordinarie consente anche di dare un benchmark per disegnare lo straordinario. Quindi, per il momento non abbiamo evidenze per dirci che il Covid modificherà l'ordinario. Ovviamente, se l'anno prossimo lo farà, avremo anche maggiori elementi per muoverci e per intervenire.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente. C'era la senatrice Ricciardi che voleva intervenire. Prego, senatrice.

  SABRINA RICCIARDI. Grazie, davvero un flash perché volevo semplicemente un chiarimento. Lei parla di un fondo: il Fondo perequativo. Lei lo definisce «fondo orizzontale», se ho ben capito. Il target di questo Fondo perequativo è stato ridotto dal 100 per cento al 45,8 per cento nel 2015? Questo volevo capire.

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS). In realtà questo Fondo perequativo ha due componenti, al momento: una componente perequa alle risorse sulla base della spesa storica e un'altra componente la perequa sulla base dei fabbisogni e delle capacità fiscali. Gradualmente la parte storica si riduce e la parte basata sui fabbisogni e sulle capacità aumenterà. Attualmente la percentuale della quota perequativa è del 27,5 per cento. Nel 2030 sarà del 100 per cento. Ci stiamo muovendo gradualmente da una perequazione basata sulla spesa storica a una perequazione basata correttamente sui fabbisogni e le capacità.

  SABRINA RICCIARDI. Avranno incidenza, a questo punto, i LEP su questa determinazione?

  GIAMPAOLO ARACHI, Presidente della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS). Assolutamente. I LEP saranno fondamentali per determinare meglio i fabbisogni che descrivono il funzionamento della parte perequativa.

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  PRESIDENTE. Grazie, presidente Arachi, per il suo intervento. Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9,45.

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