XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 75 di Mercoledì 17 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, Giovanni Salvi, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Salvi Giovanni , Procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 3 
Fimiani Pasquale , Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 4 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 8 
Salvi Giovanni , Procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 8 
Fimiani Pasquale , Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 8 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Fimiani Pasquale , Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 9 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 9 
Salvi Giovanni , Procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 10 
Fimiani Pasquale , Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 10 
Braga Chiara (PD)  ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Fimiani Pasquale , Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 11 
Salvi Giovanni , Procuratore generale presso la Corte di cassazione ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, Giovanni Salvi, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore generale presso la Corte di cassazione, Giovanni Salvi, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza COVID-19. È presente il sostituto procuratore generale Pasquale Fimiani, che ringrazio per la presenza. Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Noi ci stiamo occupando del problema dell'emergenza e dell'impatto che ha avuto l'emergenza COVID sulla gestione dei rifiuti. Voi potete fornirci degli elementi utili e interessanti per la nostra analisi.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Vi ringrazio per questa opportunità di condividere le informazioni. La procura generale della Corte di cassazione è un ufficio particolare, perché ha una doppia faccia: da un lato guarda verso la Corte di cassazione, con la quale interloquiamo rappresentando le conclusioni nei vari procedimenti. Dall'altra, però, ha un rapporto diretto con i procuratori generali di Corte d'appello, e anche attraverso i procuratori della Repubblica. Presso la procura generale della Cassazione è costituita la procura nazionale antimafia. La procura generale ha la possibilità e il compito di raccogliere le informazioni non sui singoli procedimenti, ma sulle organizzazioni degli uffici per realizzare gli obiettivi che sono previsti dalla legge. Noi non abbiamo né una funzione investigativa né una funzione di coordinamento investigativo; non abbiamo nemmeno un rapporto gerarchico con gli uffici in senso proprio. Abbiamo un ruolo di vigilanza, e di stimolo al coordinamento. In questo contesto, già in passato, è stato organizzato un gruppo di lavoro. L'articolo 6 del decreto legislativo n. 106, del 2006 ha previsto che i procuratori generali d'appello riferiscano al Procuratore generale della Cassazione, dopo aver raccolto le informazioni dalle procure della Repubblica, su una serie di cose, tra cui la più importante è l'uniformità e la correttezza nell'esercizio dell'azione penale, ma sono molte altre le attribuzioni. In questo quadro generale il collega Pasquale Fimiani è il coordinatore di questo lavoro, che ha sviluppato un'attività, già in passato, Pag. 4costituendo la rete dei procuratori generali nel settore specifico dell'ambiente. Vi è una raccolta sistematica di informazioni sui reati ambientali attraverso i delegati dei procuratori generali presso le corti d'appello. Quando abbiamo ricevuto la vostra richiesta di informazione, abbiamo rivolto una richiesta analoga, anche se è stato pochi giorni fa, i tempi sono molto stretti, ai procuratori generali. Ieri abbiamo convocato una riunione di tutti i procuratori generali, non di quelli delegati specificamente, ma dei procuratori generali, ai quali abbiamo rivolto la richiesta di darci immediatamente informazioni orali, che oggi vi saranno riportate dal dottor Fimiani. Però, noi ci riserviamo, in tempi molto brevi, di farvi avere una relazione specifica che tenga conto di quello che abbiamo acquisito. Adesso il collega vi spiegherà queste informazioni, in qualche caso anche aspetti di singoli procedimenti, senza riferimenti specifici. Direi che è emersa una specificità del tema COVID, per due profili, che poi si intrecciano non solo per l'aspetto normativo: la necessità di seguire le procedure che sono indicate dai vari provvedimenti che si sono susseguiti per la raccolta e smaltimento e per le precauzioni da utilizzarsi specificamente per il COVID, ma anche per gli effetti indiretti che derivano dalla situazione complessiva. Su questo noi lavoriamo molto. Abbiamo iniziato e avviato questo lavoro immediatamente, nell'ambito dell'articolo n. 6. In materia sanitaria abbiamo avviato con i procuratori generali un'interlocuzione per stabilire come ha modificato l'emergenza pandemica i criteri della valutazione della colpa medica, è molto importante ai fini dell'uniformità d'azione delle procure della Repubblica. Abbiamo mandato una prima direttiva, anche se non è una vera direttiva in senso stretto perché non vi è un potere gerarchico, vi è una sollecitazione che deriva dal lavoro preparatorio fatto in comune. Il tentativo è di arrivare ad una uniformità.
  Ancora più significativo è il lavoro che abbiamo fatto in materia di crisi d'impresa, perché il ruolo del pubblico ministero, nella crisi di impresa è fondamentale e cambia con riferimento anche alla quantità di insolvenze che noi immaginiamo di dover fronteggiare; la quantità si trasforma in qualità. Noi abbiamo affrontato con molta determinazione dividendo in due settori questo lavoro; non entro nei particolari, ma anche questo tema dell'ambiente si va a collegare a questo lavoro perché il secondo profilo di rilevanza è il fatto che l'emergenza comporta un incremento di quei problemi che noi abitualmente individuiamo nella questione della gestione dei rifiuti, perché la crisi di impresa rende possibili sia condotte di smaltimento senza il rispetto delle procedure, proprio per la situazione di crisi e di insolvenza, sia perché costituisce un'opportunità, per chi fa l'attività illecita di traffico di rifiuti, per approfittare delle situazioni di crisi di alcune imprese. Questo è un primo quadro nel quale noi lavoriamo – oggi siamo pronti a rispondere alle vostre domande – però ci auguriamo di poterlo proseguire in tempi più stretti. Nei prossimi giorni vi daremo una relazione scritta. Siamo a disposizione per eventuali altre audizioni.

  PASQUALE FIMIANI, Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione. Com'è stato detto dal procuratore generale, la procura generale opera su un doppio livello che si combina con il rapporto con la Cassazione, con tutto il mondo della legittimità e della nomofilachia, e con il rapporto dei procuratori generali. Vorrei cercare di esaminare, combinando i due profili, le varie questioni che sono state poste dai procuratori generali nelle interlocuzioni di questi giorni; mi riservo di illustrare quello che vi sto per dire in una relazione che comprenderà anche quanto è stato detto dal procuratore generale. Ora, la prima questione che è stata evidenziata riguarda l'applicazione della legislazione emergenziale; parlo di legislazione in senso proprio, perché ci sono state varie circolari, indicazioni, linee guida da parte dell'Istituto superiore di sanità, ISPRA e Ministero. Il decreto-legge n. 18, «Cura Italia», e il decreto «Liquidità». Nel Cura Italia, vi sono una serie di disposizioni che non comportano problemi interpretativi, perché riguardano la proroga di una serie di adempimenti, o di tempi dei procedimenti Pag. 5autorizzatori. La prima questione riguarda la deroga e la modifica del regime del deposito temporaneo dei rifiuti. Come ben sapete, l'articolo n. 113-bis del Cura Italia, come introdotto dalla legge di conversione, ha previsto il raddoppio del quantitativo massimo e l'indicazione del limite temporale fino a 18 mesi. Ora questa norma, che si ricollega alla precedente, la n. 113 che invece fa riferimento a una fase temporanea, cioè fino al 30 giugno 2020, come proroga dei termini, non contiene alcuna indicazione transitoria; è una norma che ha carattere definitivo, ma non si inserisce in un sistema che invece era parametrato. Punto primo, con riferimento al termine massimo al deposito di un anno, non 18 mesi, superato il quale si presume che l'attività debba essere qualificata come discarica; e punto secondo, con i principi affermati più volte dalla Cassazione della Corte di giustizia che attribuiscono al deposito temporaneo proprio quella natura residuale di attività di prossimità rispetto alla produzione del rifiuto che non può essere dilatata eccessivamente, sia nel quantum che nei tempi. L'inserimento di questa norma non coordinata con il sistema generale viene indicata come la prima criticità a livello interpretativo: da un lato perché si colloca in un contesto rispetto al quale la norma gemella, cioè l'articolo n. 113, ha un termine di scadenza; e poi in senso assoluto perché già a livello interpretativo si registrano delle difformità sull'applicabilità dei limiti che sono stati indicati da questa nuova norma, e cioè: se il termine massimo, il quantitativo massimo doppio, riguarda soltanto i 30 metri cubi o anche i dieci metri cubi, per i rifiuti pericolosi, o se riguarda anche il termine di scadenza, almeno trimestrale, indipendentemente dalla quantità indicato, come termine per lo smaltimento dei rifiuti. In alcuni interventi si ricorda il principio di precauzione, tra le interpretazioni si indica quella più rigorosa.
  La seconda questione si ricollega a un'altra norma del decreto «Liquidità», quella di cui all'articolo 4-bis che, introdotta con la legge di conversione, riguarda l'estensione a una pluralità di attività ambientali della qualifica come attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. La vera novità è che si fa riferimento a tutti i servizi ambientali, ad una serie di attività che erano già incluse nella precedente declinazione, e anche a servizi di risanamento e di bonifica dei siti. Tutto questo introduce un tema che emerge anche da alcuni interventi e che penso possa essere interessante anche per la Commissione, quello delle misure di prevenzione per i cosiddetti «inquinatori seriali». Misure di prevenzione che in teoria sono applicabili già sulla base della normativa esistente, sia per la pericolosità generica, per coloro che hanno un tenore di vita che si presume derivi da proventi di attività delittuose in tutto o in parte, sia per la pericolosità qualificata in relazione soltanto ad attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Milano ha segnalato, nei mesi scorsi, una misura di prevenzione per un cosiddetto «inquinatore seriale» che faceva riferimento all'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. Da più parti viene suggerita l'opportunità di prevedere un'ipotesi specifica dell'inquinatore seriale come soggetto potenzialmente attingibile con misure di prevenzione. Questa norma, l'articolo 4-bis, apre sia una chiave di lettura per applicare le misure ad oggi previste, sia eventuali prospettive di modifica dove viene manifestata questa necessità. La seconda questione del decreto «Liquidità», che pone alcuni problemi, è l'assimilazione dei rifiuti sanitari previsti dall'articolo 30-bis, anche questo introdotto dalla legge di conversione. L'assimilazione dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo è previsto innanzitutto solo per i rifiuti sanitari prodotti dalle strutture sanitarie. Il problema, a livello interpretativo, si è posto della gestione dei rifiuti prodotti da abitazioni in cui erano presenti in isolamento persone pacificamente infette rispetto alle quali c'è stato un intervento. Secondo l'Istituto superiore di sanità sarebbe applicabile il regolamento sui rifiuti sanitari ritenendo l'equivalente nella fattispecie a quella dei rifiuti prodotte dalle strutture, laddove non sia possibile seguire una serie di indicazioni. Questo iato non è stato superato da questa norma, Pag. 6perché fa espresso riferimento alle strutture sanitarie. La norma, sganciando la possibilità di smaltimento dei rifiuti sanitari, una volta che sono assimilati, dalle condizioni da cui prima era prevista questa soluzione, cioè l'incenerimento, oppure al di fuori della regione, in discarica, previa specifica autorizzazione. Sostanzialmente stride con quel principio di carattere generale che più volte la Cassazione ha evidenziato in materia di rifiuti, e cioè, quello del controllo incrociato tra gli impianti; altro è un rapporto diretto tra impianto di produzione e impianto destinazione, il quale è tenuto nella base di questo rapporto orizzontale a dover effettuare tutti i controlli, nella documentazione della procedura relativa al rifiuto di provenienza perché altrimenti è responsabile dello smaltimento; altro è invece l'assimilazione che sgancia completamente, per effetti di questa assimilazione, il conferimento rispetto a un controllo, ad un impianto specifico di destinazione, inserendo questi rifiuti nel mare magnum dei rifiuti urbani. Tutto ciò apre la stura a eventuali possibili illeciti relativi all'autocertificazione della correttezza sterilizzazione da parte di strutture sanitarie che rimane l'unico baluardo e l'unico presidio di legalità in questo rapporto, che secondo la Cassazione è un rapporto, un controllo incrociato, che può garantire legalità. L'altro tema è quello delle incertezze sulla classificazione dei dispositivi di protezione individuale, ad esempio mascherine e guanti, come dei rifiuti. Alcuni procuratori generali hanno lamentato, o paventato, la possibilità di divergenti opinioni in sede interpretativa, considerato che il legislatore non è intervenuto, che vi sono soltanto interventi a livello di linee guida, o di circolari che, secondo la Cassazione, non sono certamente vincolanti per i giudici in sede di interpretazione.
  Il terzo versante che viene segnalato da tutti è questa crisi come elemento di accelerazione di una crisi generale del sistema impiantistico nazionale. Per effetto dell'incremento dei rifiuti da avviare alla raccolta indifferenziata, vi sono dei segnali in questo senso; avrà un carico e una difficoltà maggiore nel rispondere alle esigenze di smaltimento, e laddove vi sono difficoltà, più probabili sono le soluzioni illecite e il ricorso ad attività illegali. Segnali in questo senso di difficoltà vengono indicati in modo specifico da Reggio Calabria che riferisce una grossa misura di prevenzione e della chiusura di indagini relativamente alle attività illecite nella materia dei rifiuti e della gestione dei rifiuti urbani. Napoli riferisce, invece, dell'accentuazione del ritardo per quanto riguarda il noto problema delle ecoballe. Segnalo che Brescia – ma lo dico solo come dato storico, anche se tocco un tema delicato – grazie alla presenza di inceneritori, nonostante in quella zona ci sia stata una maggiore difficoltà dal punto di vista igienico sanitario, il problema della gestione dei rifiuti sanitari è stato affrontato in modo adeguato, secondo quanto ci riferisce la procura generale di Brescia. L'ultimo profilo riguarda i processi penalistici delle ordinanze che sono state emesse dalle regioni per aumentare la capacità degli impianti di gestione dei rifiuti, sia smaltimento che il recupero in via transitoria; sapete bene che vi è stata una circolare del Ministero dell'ambiente che ha aperto la via perché intervenissero con ordinanze contingibili e urgenti, ex articolo n. 191 del testo unico. Qui vi sono state varie osservazioni generali, che paventano alcune perplessità sulle deroghe contenute in queste ordinanze. Le perplessità derivano dal fatto che queste ordinanze hanno aumentato la capacità per tutti gli impianti in modo indifferenziato, in tutte le zone del territorio nazionale nonostante sia stata un'emergenza differenziata a seconda delle regioni.
  Il secondo profilo. In alcuni casi vengono aggiunte delle clausole di apertura, non strettamente legate all'emergenza. In Sicilia si fa riferimento alla prevista diminuzione dei tempi per la biostabilizzazione che, si rileva da parte della procura generale di Catania, non sembra correlabile all'emergenza sanitaria la quale ha inciso sulla quantità dei rifiuti indifferenziati, ma non su questo specifico profilo, che non è esaminato né dalla circolare e del Ministero dell'ambiente né dall'ISPRA. Ora tutto questo cosa significa? Qui parlo per la Pag. 7prospettiva della procura generale, soprattutto in relazione alla giurisprudenza che concorre a formare. La Cassazione ha sempre detto: «Una circolare ministeriale non è vincolante e non ha forza di legge, e il giudice penale ha un potere autonomo di sindacare le ordinanze rispetto ai parametri legali fissati all'articolo n. 191». Perché? Perché l'ordinanza non è un'autorizzazione speciale. L'attività senza autorizzazione è un'attività illecita. L'ordinanza è una causa di giustificazione speciale di un'attività illecita che non è autorizzata. A questo punto, il giudice può sindacarla pienamente e più volte la Cassazione ha detto, fin dalla crisi degli anni Novanta, che le ordinanze contingibili e urgenti sostituivano le autorizzazioni. Se c'è questo sindacato pieno, i parametri sono due: il parametro della proporzionalità dell'ordinanza, rispetto al problema singolo, e il parametro di un'adeguata istruttoria tecnica. In una situazione in cui sono state fatte ordinanze tout-court, perché tutti gli impianti indistintamente hanno aumentato i limiti di capacità, il rischio è che il giudice, o un giudice, possa di volta in volta ritenere che per quell'impianto, quell'ordinanza non rispetti i parametri. Questo è tema che si potrebbe porre, e che ha una sua coerenza rispetto a tutta una storia giurisprudenziale. L'ultimo profilo è quello sulla criminalità organizzata e gli impianti di smaltimento nell'emergenza Covid. Questo settore ha un grande appeal per la criminalità organizzata, quindi non spendo altre parole. Vi sono alcune indicazioni su emergenze investigative specifiche, e cioè emergenze da cui risulta che questi impianti, rispetto ai quali è stata aumentata la capacità del quantitativo per lo smaltimento, sono impianti ritenuti espressamente appetibili per la criminalità; da queste emergenze risulta che importanti settori della criminalità mafiosa – non facciamo riferimento a una specifica associazione – abbiano manifestato l'interesse per l'acquisizione di queste società, che sono in una situazione di crisi di liquidità. Incrociando i due dati, è verosimile che vi sia questo rischio; tant'è che alle polizie specializzate, come ci hanno riferito alcuni procuratori generali, risulta che sia stata data questa indicazione, cioè di una specifica attenzione al problema infiltrazione.
  Che tipo di prospettive può dare l'ufficio della procura generale della Cassazione? Noi abbiamo raccolto diversi segnali di ritardo nell'evasione delle indagini, perché il blocco dovuto al Covid ha rallentato tutto. Da alcuni procuratori generali si è posta la questione del termine per la durata delle indagini, che attualmente è stato sospeso dall'articolo n. 83 del Cura Italia, per un periodo di 63, o di 64 giorni, non ricordo esattamente, un periodo che si ritiene non congruo per questo tipo di indagini. Sulla prima questione occorrerà poi fare una riflessione. La seconda questione è il rischio infiltrazioni. Ora, nel gruppo di lavoro che è stato fatto sulla crisi d'impresa, un modello operativo già è stato evidenziato. Per quanto riguarda il decreto «Liquidità», il rischio di infiltrazioni, da parte della criminalità in società in crisi, ma che possono acquisire anche rilevanti finanziamenti garantiti allo Stato, è stato esaminato sia all'interno del gruppo di studio sia dal legislatore che in sede di conversione ha inserito alcune modifiche che recepiscono espressamente anche delle indicazioni che sono emerse nel lavoro che abbiamo fatto: tra queste c'era la necessità di procedimentalizzare questi controlli. L'articolo 1-bis del decreto «Liquidità», comma 4, ha proprio previsto che «per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali si può far riferimento al protocollo d'intesa sottoscritto tra Ministero dell'interno, Ministero dell'economia e SACE, con cui sono disciplinati controlli che vengono anche svolti ai sensi del testo unico antimafia, n. 159 del 2011». In questa prospettiva la Guardia di finanza, la quale ha partecipato ai nostri incontri, ha riferito di essersi già organizzata per controlli mirati, soprattutto attraverso dati rivenienti dal registro delle imprese (cessione di quote, aumenti di capitale, cessione di aziende) e incrociando questi dati, che sono dati sensibili. Il tema, che forse è utile lasciare, è quello di ipotizzare una banca dati su queste informazioni di natura procedimentale, amministrativa Pag. 8 e di natura societaria incrociando i dati; una banca dati, che per quanto riguarda tutti i protocolli e tutti gli atti di indagine svolte dalle procure generali e dalle procure, noi abbiamo già raccolto nella nostra sezione dedicata e riservata nel nostro sito. Oggi noi siamo in condizione di dare a tutti gli uffici giudiziari nozione e notizia di ciò che hanno fatto gli altri uffici sul territorio nazionale. La prospettiva della banca dati, anche per questi versanti, mi sembra fondamentale per poter intervenire; alla fine si ha a che fare con un club, non dico esclusivo, ma un gruppo ristretto di persone, che spesso cambia sul territorio nazionale, e che probabilmente ora sarà tentato di fare il cosiddetto forum shopping, cioè di cercare uffici o regioni nelle quali ci siano impianti più o meno appetibili e controlli più o meno intensi. Rinvio alla relazione che vi manderemo.

  GIOVANNI VIANELLO. Ringrazio per l'audizione e per averci fornito degli spunti molto interessanti soprattutto sull'articolo n. 113-bis del decreto-legge Covid, e sull'articolo n. 4-bis del decreto «Liquidità» che meriterebbe qualche approfondimento. Quello che ci avete riferito in merito alla circolare del Ministero dell'ambiente sulle ordinanze, anche sui termini della giustizia, penso che sia degno di nota, come tutto quello che ci avete detto qui oggi. Sulla banca dati, vorrei avere qualche chiarimento maggiore: chi dovrà/dovrebbe creare questa banca dati? Il Ministero della giustizia, suppongo. In merito alla produzione dei rifiuti, in questi mesi di emergenza Covid è di fatto diminuita. C'è stata una diminuzione di circa mezzo milione di tonnellate, in soli due mesi e questo ci fa stare tranquilli, perché non c'è il rischio che gli impianti esplodano. In merito a comprendere i flussi e le acquisizioni, come si sono mosse le aziende, e se le regioni hanno emanato le ordinanze con queste prerogative, con i parametri da rispettare per le ordinanze, quello della proporzionalità e quello dell'istruttoria tecnica, è un altro punto da dover approfondire. Ci risulta che moltissime regioni abbiano emanato queste ordinanze. Quindi, se i rifiuti sono diminuiti e gli impianti non sono andati in affanno, qual è questa istruttoria tecnica? Vorremmo comprendere come sono articolate. Qual è il criterio di proporzionalità che è stato anche adeguato sulla questione? Su questo tipo di interventi, mi piacerebbe comprendere sia la questione della banca dati sia la questione delle ordinanze regionali.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Non è proprio una banca dati, perché sarebbe troppo grande parlare di banca dati. Noi raccogliamo tutto il materiale che vi è nei vari uffici della procura della Repubblica. Abbiamo dei referenti nei vari uffici e questo è molto utile soprattutto per le procure. Noi ci riferivamo alla necessità di incrociare i dati; non è necessaria una banca dati autonoma, perché i dati esistono già in molte banche dati. Quello che avevamo rilevato proprio a proposito delle crisi di impresa, e della questione della liquidità, è che già adesso c'è un patrimonio conoscitivo che è enorme, che va dalle Camere di commercio alla Guardia di finanza, per tutta una serie di altri aspetti, all'Agenzia delle entrate, all'INPS. Sono tantissimi i dati che possono essere incrociati, purché vi siano dei parametri chiari di riferimento. È possibile seguire anche questo profilo delle nuove esigenze e delle possibili infiltrazioni utilizzando questi parametri. Per quanto riguarda le circolari, io credo che sia abbastanza definito il rischio che si generino delle interpretazioni sul territorio differenziate, e tra loro anche difformi, che derivano dal fatto che la genericità degli interventi amministrativi ne consente poi la disapplicazione. Questo è il punto di fondo; si può generare quasi un nuovo conflitto, un contrasto tra le scelte dell'amministrazione e la valutazione del sindacato del giudice, con quello che può apparire come un conflitto, per usare una terminologia abusata, «tra politica e giustizia», mentre in realtà è un problema di specificità dei provvedimenti che vanno parametrati su questo.

  PASQUALE FIMIANI, Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione. Pag. 9Rispondo alla seconda parte della domanda. La procura generale non entra nel merito dei procedimenti, ma rileva se vi sono difformità applicative della legge e opera per cercare di ridurle tra le procure, con un'attività di orientamento che non è vincolante, ma che è soft law. Quello che viene evidenziato è un warning, cioè un'attenzione su un tema che potrebbe essere generatore di differenti interpretazioni. Questo è il problema essenziale, e poi nel merito si vedrà, però è una situazione da monitorare.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per quanto riguarda l'articolo 30-bis del decreto «Liquidità», il tema dei rifiuti sanitari a rischio infettivo è un tema complesso attenzionato per vari motivi. Negli Stati Uniti hanno provato a capire quante diossine erano emesse dai vari settori; dai rifiuti sanitari a rischio infettivo risultava fino al 25 per cento di tutte le diossine nazionali, per il mix di plastiche miste e materiale organico. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003 consente due filoni di gestione: uno classico, con il ritiro massimo ogni cinque giorni, mi risulta dalle strutture dove vengono prodotti e poi smaltiti, oppure anche la sterilizzazione in situ. Ho verificato che in alcune gare, per quanto riguarda lo smaltimento finale del rifiuto (sia che fosse sterilizzato o meno), si è visto un passaggio da 0,15 euro, oppure 0,20 euro per chilogrammo di smaltimento finale a 0,5 euro nel codice 19 12 10. Nelle gare eseguite durante questa emergenza con alcune aziende, di cui non faccio nomi, tutto questo, apparentemente, è a norma di legge, però sono aziende che si riferiscono all'area di Brescia che voi avete anche citato. In Italia ci sono ben pochi attori a valle della produzione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, e forse anche in base ad altra indagine e ad altre relazioni dell'autorità garante della concorrenza, questo sostanziale monopolio può anche essere esso stesso... non pretendo di avere la risposta a questo, però anche questo non garantisce il massimo del controllo sia ambientale che economico. In relazione alla parte economica, la media italiana è superiore a 1500 euro a tonnellata di tutta la filiera dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, non solo dello smaltimento finale, contro circa 500 euro a tonnellata, nel caso si possa fare una filiera con la sterilizzazione direttamente presso le strutture sanitarie. Sui controlli e sui rischi, ricordo che i rifiuti sanitari e con la filiera classica, con ritiro presso strutture sanitarie ogni cinque giorni al massimo e trasporto da infetti alle strutture di smaltimento finale, possono passare persino più dei nove giorni; per il coronavirus è documenta la sparizione del virus, anche se non vengono sterilizzati, e quindi alla bocca del forno o in discarica, arrivano virus o altri germi e non ce n'è neanche più traccia, anche se possono formarsi altre infezioni. Per la sterilizzazione in situ, invece viene eseguita in giornata con una normativa UNI. Il tema del controllo incrociato che avete posto è importante. La norma è stata introdotta adesso solo per la fase emergenziale, però può portare a una discussione. In tutto il mondo abbiamo circa 500 impianti importanti che trattano i rifiuti con sterilizzazione in situ, da poco ci sono impianti anche in Cina. È chiaro che il controllo deve essere possibile, e si può studiare anche qualche forma ulteriore di controllo, però è un tema sempre più importante. Abbiamo notizie di infezioni ospedaliere che sono in parte collegate a questo stazionamento dei rifiuti ancora infetti per troppi giorni in struttura. Nella struttura dove ho lavorato, si fa la sterilizzazione in situ per togliere subito la carica batterica o virale dai rifiuti. Credo che sia un tema sicuramente da migliorare. È stata una normativa scritta in emergenza, però discuterne anche in un'ottica più generale, credo che sia opportuno.

  PASQUALE FIMIANI, Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il tema dei rifiuti sanitari che stazionano presso le strutture ospedaliere è una questione che si collega anche alla responsabilità sanitaria, sulla quale è stato attivato un gruppo di studio presso l'ufficio.

  TULLIO PATASSINI. Vorrei riferirmi alla banca dati. Avete in corso, o in progetto, collaborazioni con chi sul territorio è attento Pag. 10 alla gestione dell'ambiente? Mi riferisco a ISPRA, alle ARPA. Se vi sono in corso studi, protocolli o addirittura semplici consulenze, o scambio di informazioni su questo argomento. Il suo collega ha evidenziato il fatto che questa circolare del Ministero dell'ambiente non è vincolante, che si presta a interpretazioni sia da parte dell'organo amministrativo ricevente che da parte di eventuali procure, che vadano a verificare caso per caso, concretamente, quanto sia accaduto. A vostro avviso, si sarebbero potuti utilizzare degli strumenti normativi diversi che diano maggiore certezza al diritto e abbiano istruzioni più stringenti e più puntuali, per gli organi che poi devono applicarle?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Per la prima domanda. Noi abbiamo contatti sia con l'ISPRA sia con le ARPA sul territorio, però, fino a questo momento, per una finalità diversa. Noi ci siamo dovuti occupare del tema del rapporto tra gli organi tecnici e gli organi giudiziari. Su questo principale punto abbiamo realizzato degli accordi sia di tipo generale sia su base distrettuale, che mi pare abbiano funzionato molto bene e hanno risolto possibili tensioni interpretative. Se volete vi mandiamo anche questi protocolli che riguardano un settore diverso. Noi non possiamo ambire a realizzare delle banche dati. Noi abbiamo un ruolo diverso, come ha spiegato il mio collega. Noi abbiamo questa funzione di raccordo tra legittimità e il merito; è un ruolo nuovo, perché è stato introdotto per la prima volta nel 2006, dal decreto legislativo, ma in realtà era rimasto inutilizzato e forse incompreso; solo recentemente è stato sviluppato e sta avendo un fortissimo incremento. È un ruolo importante perché finalizzato all'uniformità della condotta giudiziaria che è un punto delicatissimo. Voi sapete che l'autorità giudiziaria è potere diffuso, ed è difficile dire ad un pubblico ministero, e ancora più ad un giudice, come deve interpretare la legge. Ci possiamo arrivare attraverso questo lavoro difficile, costante, che si basa sulla collaborazione e sull'autorità. Alla fine di questo lavoro di discussione, non sono gruppi di studio, sono lavori operativi che finiscono con un dispositivo non vincolante, perché noi non possiamo dirvi cosa fare; però discostarsi da quel dispositivo è un po' come la sentenza della Corte di cassazione: nel nostro ordinamento, non è vincolante, però se ti distacchi da quell'orientamento, allora devi spiegarlo. Non possiamo immaginare di costituire delle banche dati, ma di raccogliere provvedimenti, iniziative, protocolli, accordi, stimoli, da parte delle procure generali, che le raccolgono a loro volta dalla procura della Repubblica. Questo è il nostro compito, e lo mettiamo anche a vostra disposizione per quello che può essere utile. Chi può gestire le banche dati è invece chi ha la gestione dell'amministrazione; da questo punto di vista anche la procura nazionale antimafia, per le questioni relative al crimine organizzato. I reati in materia ambientale sono divisi tra le procure distrettuali e le procure ordinarie; all'interno della procura distrettuale solo una parte è di competenza delle direzioni distrettuali e fa capo alla procura nazionale. Come procura generale della Cassazione dobbiamo assicurare che vi sia un buon coordinamento attraverso i procuratori generali che hanno il potere di imporre, questa volta è un vero e proprio potere, il coordinamento tra le procure ordinarie e le procure distrettuali. È un nodo importante per cercare di realizzare l'obiettivo che non si vada ognuno per conto suo, che è molto rischioso, perché poi determina conflitti e difficoltà interpretative.

  PASQUALE FIMIANI, Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione. È un adeguato bilanciamento tra l'indipendenza di ciascun magistrato e l'esigenza che il sistema ragioni in modo unitario. Per la seconda parte della domanda, rilevo come la circolare alla prima pagina, dopo aver descritto il quadro di criticità, esordisce: «Ove le competenti autorità si risolvono ad adottare ordinanze», cioè non suggerisce di adottare ordinanze. Vi era stata una circolare dello stesso Ministero all'ambiente del 2016, che disciplinava e indicava in modo puntuale il contenuto delle ordinanze, previste dall'articolo n. 191, che non è citata Pag. 11da questa circolare, ma che costituisce un riferimento di carattere generale, che faceva una fotografia della giurisprudenza sul rapporto tra il giudice penale e controllo sulla congruità dell'ordinanza. L'intervento del legislatore è auspicabile, tant'è che una parte della circolare, quella sul deposito temporaneo, è stata recepita dal legislatore, però non è una materia che riguarda noi. Noi applichiamo le leggi che ci sono, cercando di farlo al meglio.

  CHIARA BRAGA. Ringrazio il dottor Fimiani, con il quale anche nella scorsa legislatura avevamo avuto occasione di condividere alcuni passaggi sull'avvio di un coordinamento maggiore, in materia ambientale, dal punto di vista giurisdizionale. Una domanda soltanto rispetto alla relazione, che fornisce anche degli elementi conoscitivi utili per il nostro lavoro, sull'attività in materia di controllo: dal vostro osservatorio avete evidenziato, o vi sono state segnalate dalle procure territoriali, dalle procure distrettuali, delle criticità o dei problemi sull'attività delle polizie giudiziarie?

  PRESIDENTE. Questa era una domanda che ci tenevo a fare. Avete notato una difficoltà, visto il COVID, anche per la procura, nel promuovere l'azione penale, non solo l'attività di controllo, ma anche le attività giudiziaria. Considerati i rallentamenti che ci sono stati, come questo si è ripercosso sulle vostre attività?

  PASQUALE FIMIANI, Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione. Sulla questione specifica dei controlli di polizia giudiziaria, viene indicato un certo rallentamento, se non ritardo. I controlli in materia ambientale dei processi ambientali si fanno essenzialmente sulla base di documenti o sulla base di controlli in loco. Se lo stabilimento è fermo, se la polizia giudiziaria non può compiere queste attività ordinarie, nella fase del lockdown queste attività non sono state svolte. Questo potrebbe essere stato un problema, perché molti di questi accertamenti sono fatti a sorpresa. L'ispezione ad un impianto è un atto tipico a sorpresa, cioè senza preavviso; dilatare i tempi potrebbe comportare alterazioni sull'effettività del controllo, però qui siamo nel mondo delle ipotesi. Vi è stata una sospensione di queste attività, con una minor produzione di rifiuti, ma tutti i rifiuti che c'erano prima, ci sono anche adesso da smaltire con problemi ulteriori e nuovi. Nella polizia ambientale ci sono anche problemi di carico di lavoro. Non è così agevole svolgere un controllo capillare in questa materia, in cui vi è una micro criminalità diffusa; invece una criminalità in modo sempre più pressante, si interessa alla materia. Noi abbiamo la criminalità che si occupa della gestione e smaltimento dei rifiuti, e poi c'è tutto il problema degli impianti. L'inquinamento ambientale, il disastro ambientale, non riguarda la circolazione rifiuti, ma anche lì occorre dedicare risorse a questi controlli. Il tema delle bonifiche. Le attività da svolgere sono numerose e questo blocco comporterà la necessità, in tutte le attività, anche nella nostra, chissà quante migliaia di ricorsi dovremo esaminare! Il blocco si riflette su tutto e i problemi ce ne sono stati e ce ne saranno.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Oltre a questi profili di carattere generale, io non vedo un problema specifico di impatto del Covid sulle attività della polizia giudiziaria e del pubblico ministero. La materia dei rifiuti è da sempre un grosso problema anche per noi, perché richiede delle competenze tecniche molto specifiche. Quando si va al di là dei profili più semplici e più immediati, si innesta un contenzioso rilevantissimo sugli aspetti tecnici; si richiede una buona specializzazione della polizia giudiziaria e degli organi tecnici, che svolgono funzioni di polizia giudiziaria o di assistenza alla polizia giudiziaria, sia del pubblico ministero e del giudice. Il grande problema è che le risorse per affrontare tematiche che ci sono su tutti i luoghi di trattamento, si collegano a questioni minori, minimali. Pensate a una cosa che appare diversa, ma non lo è: il traffico di rame. È una delle catastrofi di questo Paese, che ha comportato addirittura le modificazioni delle modalità Pag. 12dell'uso del materiale; è talmente diffuso e in alcune zone del Paese è talmente grave, che comporta l'interruzione dei servizi ferroviari in maniera seria, o l'interruzione della fornitura di energia elettrica. Perché è parzialmente correlato? Perché questo determina una serie di effetti sull'ambiente, perché le guaine vengono bruciate o smaltite in maniera illegale. Il materiale viene ricettato attraverso meccanismi che passano anche attraverso il circuito di rifiuti metallici. La grande criminalità si lega all'illegalità quotidiana. Quando sono arrivato a Catania come procuratore della Repubblica (naturalmente ben visto da qualcuno, malvisto da altri) mi sono trovato con un intero quartiere, il Librino, completamente privo di energia elettrica, e nessuno me l'ha comunicato. Allora io ho chiamato il comandante dei carabinieri. «Scusate, hanno fatto un furto dei cavi ad alta tensione che per due giorni ha messo Librino al buio, e voi non comunicate la notizia di reato?» Loro hanno risposto: «Che dobbiamo fare? Qui è abituale che succede questo, poi non si trovano mai. Che notizia di reato dobbiamo comunicare?». Quando ho messo su un gruppo di lavoro sui furti di rame, è uscito un articolo il giorno dopo che richiamava il film di Benigni. «Qual è il problema di Catania? Sono i furti di rame!». In realtà, i furti di rame si possono fare se c'è il controllo del territorio, perché solo con il controllo del territorio, si può eliminare l'intero cavo coassiale del centro direzionale di Catania, perché in nessun altro luogo si potrebbe verificare. In questo settore, la grande criminalità si lega all'illegalità quotidiana e diventa estremamente difficile da colpire il vino in fondo. È un settore nel quale i problemi sono enormi anche per noi.

  PRESIDENTE. Sui punti da noi sollevati, in particolare quello sul deposito, ci siamo allarmati subito, quindi stiamo cercando di fare attività di dissuasione parlamentare, e speriamo di riuscirci per quanto riguarda l'aumento delle capacità che preoccupa anche noi. Non sono d'accordo sulla crisi impiantistica, perché i rifiuti sono diminuiti; che poi ci sia una carenza impiantistica in alcune parti del territorio e per alcune tipologie di impianti questo è così a prescindere. La criminalità organizzata non solo si lega alle realtà territoriali, ma si lega anche agli impianti. Su questi punti siamo d'accordo e li stiamo analizzando. Io vi ringrazio e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.10.