XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 70 di Martedì 26 maggio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Prof. Carlo Foresta, membro del Consiglio superiore di sanità:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 6 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 7 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 7 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 8 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Foresta Carlo , Membro del Consiglio superiore di sanità ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 

(La seduta, sospesa alle 11.50, è ripresa alle 13.15) ... 9 

Audizione di rappresentanti di Fise-Assoambiente e di Fise-Unicircular, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 10 
Fluttero Andrea , Presidente di Fise-Unicircular ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Roncari Fulvio , Fise-Assoambiente ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 15 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 15 
Roncari Fulvio , Fise-Assoambiente ... 16 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 16 
Fluttero Andrea , Presidente di Fise-Unicircular ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Nepi Maria Letizia , Fise-Unicircular ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 19 
Roncari Fulvio , Fise-Assoambiente ... 19 
Nepi Maria Letizia , Fise-Unicircular ... 19 
Testa Chicco , Presidente di Fise-Assoambiente ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 11.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Prof. Carlo Foresta, membro del Consiglio superiore di sanità.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del professor Carlo Foresta, membro del Consiglio superiore di sanità, che ringrazio per la presenza. Informo, l'audito, ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento, che nella seduta non è ammessa la partecipazione di persone estranee non autorizzate. La invito, pertanto, sotto la sua responsabilità, a comunicare alla Commissione i nominativi delle persone presenti. La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. Avendo già ricevuto il testo della relazione che è stato distribuito, invito dunque il nostro ospite a concentrarsi sui punti essenziali al fine di consentire ai commissari di rivolgere eventuali domande o richieste di chiarimento. Le do la parola, professore. Non so se ci sono anche altre persone presenti in stanza da voi. Se sì ce lo dice e poi ci fa una relazione, io direi, di una ventina di minuti e poi eventualmente le faremo noi delle domande di approfondimento. Grazie.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Bene. Grazie a voi, intanto, per avermi invitato. Io sono stato chiamato a parlare delle manifestazioni cliniche sanitarie associate all'inquinamento da PFAS. I PFAS sono sostanze chimiche distribuite ormai in modo pressoché ubiquitario in molte condizioni ambientali e sono presenti nei tessuti, nella carta, nella cera, nelle schiume antincendio e così via; quindi c'è un inquinamento generale. Accanto a questo inquinamento generale, le cui soglie sono abbastanza contenute e sono anche note, ci sono poi degli inquinamenti molto più importanti dovuti, però, a quelle zone che commercializzano i PFAS stessi e che li producono. Il problema ambientale è stato riconosciuto come importante da un po' di anni e ci si è rivolti essenzialmente al curare l'ambiente riducendo sostanzialmente il carico di queste sostanze chimiche, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Italia. Tuttavia, nelle zone particolarmente inquinate sono state trovate delle patologie maggiormente espresse, più frequenti. Queste patologie, riconosciute anche dall'Agenzia europea dell'ambiente, includono malattie epatiche, metaboliche, tiroidee, tumori del testicolo e infertilità. La nostra regione, che ha voluto creare un profilo sanitario della salute per le popolazioni esposte attraverso un servizio epidemiologico regionale, ha confermato la presenza di casi più frequenti: patologie cardiovascolari, Alzheimer, diabete mellito e così via. Quindi, esiste di sicuro una relazione tra inquinamento dovuto a queste sostanze e stato di salute. Dal punto di vista ambientale molto è stato Pag. 4fatto. Infatti, nelle nostre regioni l'applicazione di particolari filtri alle acque potabili ha portato a una riduzione significativa fino quasi ad annullamento di questi PFAS nell'acqua, però c'è un problema molto importante collegato all'eliminazione di queste sostanze dall'organismo. Il problema è che l'emivita di queste sostanze può durare fino a dieci anni. Quindi, anche se oggi annullassimo come per incanto l'inquinamento ad esse relativo, chi è stato esposto a queste sostanze rimane esposto per oltre dieci anni agli effetti tossici delle stesse. Vi faccio notare che sempre nella nostra regione il PFOA è stato ritrovato a 46,4 quando nella popolazione generale siamo a 3,59. Stiamo parlando di sostanze che effettivamente sono a un livello molto elevato nel sangue. Il primo dato fondamentale che ci ha preoccupato è il fatto che queste sostanze riescono a passare la barriera placentare e raggiungono il feto. Sono stati riportati studi su questo e noi abbiamo voluto capire se l'influenza di queste sostanze nel feto può indurre delle alterazioni, sia riguardo alla gravidanza sia al feto. Sempre la nostra regione ha rivolto l'attenzione nei confronti del progetto materno e neonatale delle donne che vivono in queste zone. Gli studi hanno riportato una maggiore presenza di preeclampsie di diabete gravidico, di basso peso alla nascita, in accordo con quanto si dice a livello internazionale, dove si parla anche di poliabortività e di basso peso alla nascita. Noi abbiamo trovato uno dei meccanismi attraverso i quali i PFAS possono indurre queste alterazioni, perché queste sostanze si legano al progesterone, che è l'ormone che stimola l'endometrio all'attecchimento dell'embrione e allo sviluppo embrionale stesso. Attraverso questo ne impedisce l'attività agendo sui meccanismi genetici che vengono attivati proprio dal progesterone. Questo è un fatto molto importante ed è stato pubblicato recentemente da noi un paio di mesi fa su una rivista internazionale. Già questo, però, apre uno spiraglio di possibilità di intervento farmacologico perché, normalmente, quando si suppone che la poliabortività sia legata a una carenza di progesterone, si somministra progesterone. Noi sappiamo che la carenza non è del progesterone, ma dell'attività del progesterone. Quindi, un provvedimento sanitario, chiaramente dopo aver effettuato ulteriori studi, potrebbe essere quello di somministrare progesterone alle donne con poliabortività per impedire che lo stesso possa essere poi alla base di questa manifestazione clinica. D'altra parte le giovani donne che abitano in queste zone hanno di sicuro un'alterazione del ciclo mestruale perché è più frequente questa alterazione e hanno un menarca più elevato. Il «menarca» è la prima mestruazione che si determina in età più avanzata rispetto a quella normale. Il primo segnale clinico che noi abbiamo considerato è proprio la poliabortività, l'infertilità e l'alterazione del ciclo. Abbiamo trovato il meccanismo attraverso il quale queste sostanze chimiche provocano questi effetti. Un'altra cosa importante – nasce dal fatto che questa sostanza raggiunge l'embrione – è che siamo andati a vedere se interferisce con il testosterone, che è l'ormone embrionale – e poi anche dell'adulto – che caratterizza la trasformazione dell'embrione in senso maschile. Noi abbiamo visto che il testosterone in vitro funziona un 40 per cento in meno rispetto a quello normale perché le sostanze chimiche interferiscono con il recettore per il testosterone. Questo ha indotto a capire che cosa succede nei giovani. Infatti, in duecento giovani che abbiamo studiato e che abitano in queste zone inquinate, noi abbiamo trovato una riduzione della produzione di testosterone, ma soprattutto un parametro che dà il significato dell'effetto già embrionale in questi giovani. Questi giovani nati da madri che li hanno concepiti venti anni fa, abitando ancora in quelle zone, hanno una distanza ano-genitale più corta rispetto al normale e la distanza ano-genitale rappresenta proprio l'impregnazione androgenica durante lo sviluppo embrionale. Questo dimostra che le alterazioni che noi abbiamo visto della spermatogenesi, dello sviluppo del testicolo e della fertilità sono un segnale molto forte di quello che è potuto accadere già durante lo sviluppo dell'embrione maschio. Su questo bisogna stare attenti. Ovviamente Pag. 5 a 18-19 anni individuare se esiste una caduta importante del potenziale di fertilità di questi giovani può essere utile perché si può in qualche modo intervenire per evitare che ci sia poi un'infertilità da adulto. Un'altra cosa importante, e poi chiudo questo primo capitolo, è che se l'ormone maschile funziona meno anche lo sviluppo in altezza di questi ragazzi è diverso perché l'ormone serve ad allungare le ossa lunghe e a renderle poi in equilibrio con il tronco. Se l'ormone funziona meno, le ossa lunghe crescono di più e in effetti questi ragazzi hanno le gambe e le braccia che sono più lunghe rispetto al tronco, proprio a significare che l'ormone maschile ha lavorato di meno. Ultimo dato per quanto riguarda la fertilità è che il PFOA, uno dei PFAS presenti in questo territorio, è presente nel liquido seminale e quando è presente nel liquido seminale si lega agli spermatozoi impedendone la motilità e quindi riducendo la fertilità. Questo è un dato importante che dobbiamo considerare. Andando avanti, quali sono le altre manifestazioni cliniche trovate a livello internazionale e poi trovate anche da noi? La struttura delle ossa. Ci avevano già detto negli Stati Uniti e anche nel Nord Europa che è possibile che queste sostanze si leghino all'osso e che provochino delle alterazioni strutturali con elevata possibilità di osteoporosi. Noi abbiamo studiato giovani di 21 anni che abitano in queste zone. Abbiamo trovato nel 31 per cento di questi una riduzione della massa ossea, ma abbiamo capito anche per quale motivo: queste sostanze interferiscono con la vitamina D e, interferendo con la vitamina D, impediscono che questa vitamina attivi la costituzione dell'osso sulla cellula staminale, sull'osteoblasto, ma soprattutto impediscono l'assorbimento di calcio a livello dell'intestino. La vitamina D induce proprio l'assorbimento di calcio a livello intestinale. Sono tutti quanti studi pubblicati a livello internazionale. Allora noi abbiamo suggerito anche alla nostra regione di individuare se in questa popolazione esiste una deficienza di vitamina D, perché, se esiste la deficienza di vitamina D associata ad una minore attività sul recettore, i due fenomeni si moltiplicano, ma si potrebbe intervenire somministrando questa vitamina antagonizzando così l'effetto della sostanza chimica a livello delle ossa. Non voglio farla lunga perché capisco che è difficile comunicare con chi non è addentro alle problematiche e chi non può vedere neanche tutte quante le diapositive che io avevo prodotto. Voglio darvi, però, un ultimo segnale, che è molto importante. Il segnale che è molto importante è questo: sempre a livello internazionale e poi anche nella nostra regione, quando sono stati analizzati i profili di salute della popolazione che vive in territori esposti, si è trovato un aumento delle malattie circolatorie, di cardiopatie ischemiche e cardiopatie cerebrovascolari. È un fatto molto importante e noi siamo andati a vedere se le piastrine, quegli elementi che partecipano della coagulazione, ma che se si attivano precocemente possono essere poi di danno alla circolazione stessa, in qualche modo fossero coinvolte nei fenomeni che si sono osservati nella popolazione esposta. Abbiamo trovato che le piastrine legano in modo molto vistoso il PFOA quando questo è presente nel sangue. Il legame comporta un'attivazione protrombotica delle piastrine e nei pazienti esposti ai PFAS l'attivazione protrombotica delle piastrine viene evidenziata andando a studiare in laboratorio i test di coagulazione. Anche questo è stato un lavoro pubblicato di recente e questi risultati così importanti sono stati confermati da due laboratori delle due università del Veneto, di Padova e Verona. Entrambi hanno guardato, anche con metodi diversi, se effettivamente le piastrine delle persone esposte subiscano una preattivazione indotta proprio da queste sostanze chimiche. In effetti è stato trovato da tutti e due i laboratori lo stesso risultato. Anche questo è un fenomeno che può essere in qualche modo tenuto in considerazione per provvedimenti sanitari, perché proprio l'università di Verona, ma anche di Padova, ha messo in evidenza che in laboratorio la somministrazione dell'aspirina, che normalmente viene considerata un fattore antitrombotico perché impedisce alle piastrine di attivarsi autonomamente, esercita Pag. 6 un effetto molto positivo su questo fenomeno patologico. Anche questo, quindi, è un qualcosa che può essere tenuto in considerazione. Io concludo dicendo che ad oggi, a livello internazionale, per quanto ci si sia molto preoccupati dell'inquinamento da PFAS e la preoccupazione è stata documentata anche da una più frequente patologia che colpisce le persone esposte a questo inquinamento, poco o nulla si è detto mai dal punto di vista sanitario a queste popolazioni, nel senso che si è comunicato loro che possono andare incontro a manifestazioni cliniche sempre più importanti e sempre più gravi, ma mai nulla è stato detto perché ci sia qualche soluzione che prevenga queste manifestazioni cliniche. Io vi ringrazio per avermi invitato, ma vi invito anche a considerare dei suggerimenti a chi di dovere, a chi gestisce dal punto di vista istituzionale questi capitoli perché ci sia un impegno molto forte a dare risposte di salute a queste popolazioni, non soltanto di danno che può derivare da questo inquinamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il professor Foresta per gli studi che ha effettuato e per quello che ci ha manifestato oggi in questa audizione. È chiaro, come ha detto il professore, che sono necessari ulteriori studi per passare dal laboratorio, dalla ricerca in vitro, alla ricerca applicata, però di sicuro i dati epidemiologici sono in linea con quello che ci ha raccontato. Noi abbiamo svolto diverse audizioni, addirittura già due relazioni su questo tema nella scorsa legislatura, e adesso siamo alla terza. Una delle cose che a me stupisce è che in una recente audizione ci è stato raccontato che la produzione di PFAS in qualche modo ha causato tutti questi problemi a Trissino a causa della falla che si spostava con il 96 per cento di PFAS trovati da ARPA Veneto relativi a quella zona. Ad ogni modo, in altre aziende del Veneto dove si fa una manifattura di secondo livello continuano a essere utilizzati PFAS magari di nuova generazione e nei PFAS, in termini quantitativi, come produzione di primo livello, è cambiata un pochino la molecola. Adesso si parla di GenX, di ciclo CSO4. Si dice che li si voglia produrre in quantitativi enormi, quindi più o meno con gli stessi quantitativi della Miteni di Trissino, a Spinetta Marengo, che già ne ha prodotti, anche se prima produceva altre molecole. Adesso la letteratura e la ricerca scientifica sono andate avanti. Quelli del centro sullo studio materno-fetale sono studi a dir poco impressionanti, indipendentemente dal chiudere sulla causalità, sulla vera e propria prova provata. Sicuramente qualcosa è successo in termini di mortalità per tutte le cause, non si tratta solo di un problema legato al futuro. Volevo chiedere a che punto sono, se può dircelo, le altre ricerche su questi nuovi PFAS che in qualche modo vengono considerati meno pericolosi, però, dal punto di vista della normativa, c'è una sorta di autocertificazione di chi può subire questo effetto. Dobbiamo cercare di dare qualche elemento anche in itinere, cioè capire a che punto sono le ricerche. Si è proprio tranquilli nell'utilizzare queste sostanze in quantità industriale? È vero che Spinetta Marengo ha un bacino idrico diverso, però sicuramente gli abitanti della zona limitrofa rischiano di trovarle nelle falde. È vero che vanno a finire nel Po e poi si diluiscono, ma a parte il fatto che la cosa non è legale credo si possano comunque manifestare alterazioni ecologiche molto gravi e probabilmente quello che è stato trovato nello stesso fiume in concentrazioni elevate può essere già correlato a produzioni in corso. Comunque i due problemi rimasti sono rappresentati, dopo che la Miteni ha chiuso, dalle aziende più piccole che producono manifatture con queste sostanze e dallo stabilimento di Spinetta Marengo che vuole continuare a produrre. Le chiedo inoltre se davvero dobbiamo continuare a usare i PFAS per una serie così vasta di prodotti oppure allo stato dell'arte le alternative sono già sufficienti a farci comunque evitare un rischio.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Inizio a rispondere facendo osservare che il C6O4 per alcune condizioni che sto studiando crea più problemi del PFOA.

Pag. 7

  PRESIDENTE. E non è poco.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, professore, un commento in generale sulle alternative commerciali. So che non è una domanda che dovrei rivolgere a lei, però noi ci troviamo a fare queste audizioni multidisciplinari, per cui, visto che ha seguito la faccenda non solo come medico, come ricercatore, ma anche un po' in termini più generali, vorrei sapere se ha qualche spunto relativo. Io credo che ci sia una spinta commerciale un pochino patologica sulla necessità di continuare ad andare avanti sulle produzioni collegate a PFAS vecchi e nuovi.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Onorevole, che io sappia no, ma devo dire che queste sostanze achiliche ci hanno reso la vita più semplice sotto tutti i punti di vista. Siamo abituati troppo bene, per cui a pensare di non avere più la possibilità di utilizzare con comodità moltissimi oggetti si fa veramente fatica. Non mi risulta che ci siano delle alternative a queste sostanze e se le alternative sono sostanze chimiche più o meno lunghe, più o meno fluorate, più o meno cariche di carbonio e così via, si tratta di alternative che semplicemente spostano la ricerca degli inquinanti ad altre famiglie, ad altre formulazioni, però non c'è al momento nessuna di queste che può essere esente da attività cliniche, da attività biologiche sulle cellule. La cosa più importante è che queste sostanze somigliano molto ad alcuni elementi normali della membrana cellulare. Sono gli acidi grassi, per esempio, che intercalano molto bene a livello delle membrane cellulari e all'interno di queste. Quando intercalano ne modificano la funzione, ne modificano l'attività dei loro recettori, dei loro canali cellulari. Quindi, è difficile pensare che non ci possano essere poi delle modificazioni funzionali delle cellule in presenza di queste sostanze.

  PRESIDENTE. Onorevole Patassini, prego.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente. Ringrazio il professore per la preziosa esposizione di questa mattina e soprattutto per averci inviato i suoi corposi studi, perché veramente esprimono anche la profondità dell'attività che è stata svolta in questi anni. Leggo nelle slide che ci ha fornito che la regione Veneto ha messo in piedi dei progetti sulla neonatalità, progetti sugli studi del feto, piani di sorveglianza sanitaria, il progetto DiGitPro e anche tabelle di confronto importanti tra diversi territori della stessa regione per verificare gli effetti di questi componenti chimici negli anni. Inoltre, noto che in Italia vi sono altre tre regioni particolarmente interessate dagli inquinamenti dei PFOA, dei PFAS, e di tutti questi agenti: si tratta delle aree del Po, dell'Arno e del Tevere, quindi Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Per quello di cui lei è a conoscenza, sa se simili studi sono stati attivati anche in altri territori? Se sì, a che punto sono arrivati? Sono state fatte ricerche, studi, pubblicazioni? Grazie.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Non sono stati fatti studi, anche perché l'entità dell'inquinamento delle altre regioni, anche se sono stati ritrovati agenti, è di gran lunga inferiore a quella che invece è stata trovata nella nostra regione, nel Veneto. Pertanto la nostra popolazione, ben definita anche dal punto di vista geografico, è stata direttamente interessata da un'entità veramente importante, forse la più importante che c'è al mondo, a dire il vero, parlando di inquinamento: siamo un po' i capofila di questi studi. A livello internazionale sono molto attenti ai risultati che stiamo producendo e al meccanismo attraverso il quale queste sostanze agiscono sulle cellule. A livello internazionale c'è una fitta rete di comunicazione rispetto a quello che noi produciamo e che cercano anche loro, soprattutto negli Stati Uniti, nelle popolazioni inquinate. Purtroppo, fino a poco tempo fa, noi ci siamo – ahimè – guadagnati una bandiera per quanto riguarda l'entità dell'inquinamento delle acque potabili. Ovviamente adesso non c'è più questo tipo di problema perché i filtri hanno funzionato a meraviglia, ma nelle acque non potabili e Pag. 8nel territorio esiste ancora questo inquinamento, quindi bisogna stare attenti. Ripeto, bisogna essere chiari con la popolazione del territorio. Non si può soltanto dire che queste sostanze producono danni senza mai dare loro un segnale di attenzione sanitaria. L'altro giorno, al webinar che abbiamo tenuto, abbiamo parlato molto chiaramente e c'è stata un'ampia convergenza con i medici del territorio, ai quali abbiamo cominciato a dare segnali di una buona pratica clinica che può già essere applicata in alcuni territori, in alcuni casi e in alcune patologie.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, professore. Vorrei chiederle, soprattutto a lei che è un tecnico, se non sono stati fatti studi, cosa che lei mi sta confermando, come può affermare allo stesso tempo che non vi siano livelli eccessivamente anomali, anche se non come in Veneto, nei territori che lei stesso ha attenzionato? A questo punto mi manca l'elemento scientifico.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. L'elemento scientifico che le faccio notare è che il livello medio è di 4.5 ng/ml nel sangue. Nel nostro territorio abbiamo trovato fino a 700-800 ng/ml. La differenza è sostanziale. Negli altri territori non li hanno cercati nel plasma, ma li hanno cercati nelle acque, anche non potabili. La concentrazione superava la soglia, ma non era una concentrazione così elevata come la nostra. Non so risponderle alla domanda del perché non hanno effettuato studi al riguardo, però non ce ne sono. Evidentemente non hanno ritenuto opportuno trovare ricercatori o istituti che affrontassero tematiche del genere. Per noi era quasi obbligatorio fare questi studi perché l'inquinamento era veramente molto forte e dovevamo dare una risposta chiara al territorio.

  PRESIDENTE. Bene. A proposito di oggetti di vita quotidiana, io l'altro giorno, per trovare un'alternativa alla carta da forno usa e getta, ho comprato delle tovagline in PTFE e nella confezione c'era scritto «no PFOA», «no sostanze tossiche». Poi ho comprato un accessorio del barbeque per mettere le verdure – era una specie di sacchetta grigliata – che invece è fatta in PTFE e nella confezione di acquisto non c'era scritto nulla. Il prezzo è basso, quindi presumo che contenga i PFOA, come tante altre sostanze. In quel caso devo stare attento? Si può sgretolare? Come funziona con gli oggetti che usiamo a casa?

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Presidente, all'inizio del mio intervento ho parlato di una differenza sostanziale tra una contaminazione ambientale causata da un uso quotidiano di oggetti e una contaminazione di tipo industriale. Noi stiamo parlando di situazioni che hanno avuto una contaminazione industriale. Ci sono già dei limiti per quanto riguarda i livelli di queste sostanze da utilizzare nelle diverse composizioni e anche nelle acque che non dovrebbero esserci. Comunque, in ogni caso, ci sono dei limiti che vengono dettati anche dall'Europa. Noi stiamo portando i risultati di inquinamento industriale, quindi la possibilità di trovare poi gli stessi effetti anche nell'inquinamento che è al di sotto dei limiti prefissati non è facile da dimostrare.

  PRESIDENTE. Era chiaro che gli effetti sono da inquinamento industriale, però mi domandavo se è preferibile evitare di usare questi oggetti per l'alimentazione o che accortezze bisogna avere. Invece, mi dice che posso usarli tranquillamente senza farmi problemi. Giusto?

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Non mi sento di lanciare un allarme generale perché effettivamente, se lei pensa che queste sostanze sono dappertutto, la cosa importante sa quale potrebbe essere? Quella di considerare dei limiti da non superare come sommatoria di tutte quante le situazioni in cui un soggetto si espone a queste sostanze. Di fatto però c'è già una grande attenzione, anche a livello europeo, ad abbassare sempre di più questi livelli. Non c'è una stretta correlazione, per il momento, tra livelli bassi e manifestazioni cliniche, perché è Pag. 9difficile trovare degli studi che forniscano una chiara giustificazione delle connotazioni.

  PRESIDENTE. Mi domandavo anche se basti, seppure in quantità minime, il contatto alimentare oppure si devono rompere e sgretolare delle microparticelle.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. Lei pensi che queste sostanze si possono trovare addirittura nelle creme, negli alimenti, nei vestiti, nelle schiume antincendio, nelle schiume da barba. Sono dappertutto e sono veramente terribili perché idrofobiche e lipofobiche, quindi rimangono stazionarie e non temono né il caldo, né il freddo, né l'acido. Anche i vestiti, quelli che praticamente sono insensibili alle acque, sono composti da queste sostanze chimiche. Non c'è la possibilità di dire: da domani non ne facciamo più assolutamente uso. Inventano continuamente nuovi elementi che sono i fratelli o i cugini di queste sostanze, anche se un po' diversi dal punto di vista strutturale. Comunque, se vogliamo le comodità di cui servirci nella vita di tutti i giorni dobbiamo sicuramente rivolgerci alla chimica, altrimenti dobbiamo tornare al cotone, al lino e alla carta normale.

  PRESIDENTE. Il che non sarebbe male. Onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Professore, avevo letto alcuni suoi studi sull'endometriosi. Volevo sapere se gli studi poi sono andati avanti, se in qualche modo, anche altri enti (Ministero della salute, Istituto superiore di sanità) hanno colto un po' l'occasione per dare più spessore alle sue ricerche anche attraverso applicazioni cliniche; al riguardo, mi risultano studi laboratoristici. Grazie.

  CARLO FORESTA, Membro del Consiglio superiore di sanità. I nostri studi si basavano sulla valutazione della risposta al progesterone di cellule endometriali in presenza o in assenza di PFOA. In presenza di PFOA, questo interferisce riducendo di molto l'attività del progesterone, che è quell'ormone che regola lo sviluppo dell'endometrio fino poi alla sua caduta e quindi alla mestruazione. Quindi, il progesterone subisce una caduta più lenta; infatti si verificano spesso poi alterazioni mestruali. Soprattutto, il progesterone non attiva i geni che sono deputati all'annidamento dell'embrione. La patologia dell'endometriosi è stata più volte messa in relazione anche agli inquinamenti ambientali. Queste sostanze vengono definite «endocrine disruptors», cioè disturbanti degli ormoni, perché si legano come gli ormoni ai recettori impedendo agli ormoni normali di funzionare normalmente e quando si legano al posto degli ormoni normali ne modificano la funzione. Quindi, un legame preciso fra endometriosi e PFOA non c'è, ma che queste sostanze alterino fortemente la funzione dell'endometrio è un dato di fatto.

  PRESIDENTE. Bene. Grazie, professore. Eventualmente poi, se ci saranno aggiornamenti circa la pubblicazione dei suoi studi e ce li vorrà fornire in via riservata, tramite le segreterie potrà farlo tranquillamente. Buon lavoro. Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 11.50, è ripresa alle 13.15.

Audizione di rappresentanti di Fise-Assoambiente e di Fise-Unicircular, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza dei rappresentanti di Fise-Assoambiente e Fise-Unicircular sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19. Partecipano alla seduta in rappresentanza di Assoambiente il presidente Chicco Testa e il direttore Elisabetta Perrotta e in rappresentanza di Unicircular il presidente Andrea Fluttero e il segretario Maria Letizia Nepi, che ringrazio per la presenza. Informo gli auditi che alla seduta non è ammessa la partecipazione di persone estranee non autorizzate. Li invito pertanto, sotto la loro responsabilità, a comunicare alla Commissione Pag. 10 i nominativi di ulteriori persone presenti in videoconferenza o nel vostro ufficio, nella vostra stanza. La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. Prego, a voi la parola.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Grazie, presidente. Vedrà che il mio intervento durerà venti-venticinque minuti, forse anche meno. Con me sono collegati la dottoressa Perrotta, che è la direttrice generale dell'associazione, e il dottor Fulvio Roncari. Vorrei molto rapidamente affrontare due questioni. La prima è legata all'emergenza Covid-19, che ci vede coinvolti in relazione a due problemi. Il primo problema riguarda la protezione dei lavoratori dell'igiene urbana, i quali ovviamente si sono trovati ad affrontare problemi maggiori rispetto al passato, sia per problemi di distanziamento sia per problemi di quantità di rifiuti infetti. Vi abbiamo fatto fronte. La raccolta dei rifiuti non ha subito interruzioni di alcun genere, nonostante dobbiamo anche noi lamentare una serie di difficoltà, soprattutto nella fase iniziale, per il recupero di tutti i dispositivi necessari alla protezione personale. Tutto questo porta anche a un aumento di costi. Pensate a cosa può significare rispettare il distanziamento all'interno di un camion dove si lavora in due; bisogna capire come farvi fronte. La seconda questione riguarda l'aumento, sia dei rifiuti ospedalieri (aumento consistente) sia dei rifiuti cosiddetti «infetti» provenienti da famiglie dove si sono registrati o casi di malattia o casi di positività; più tutti i dispositivi utilizzati normalmente dai cittadini. Pensate, ad esempio, a cosa può rappresentare in termini medici lo smaltimento delle mascherine. Stiamo parlando di centinaia di milioni di mascherine che sono state utilizzate e saranno utilizzate, a cui vanno aggiunti caschi, guanti, tute e altri dispositivi personali. Le indicazioni giunte dall'Istituto superiore di sanità sono state quelle di conferire questi rifiuti, pur con qualche accorgimento, all'interno della indifferenziata, e il destino dei rifiuti indifferenziati, come sappiamo, può avere solo due destinazioni: o il termocombustore di incenerimento o la discarica. Meglio il termocombustore per ovvi motivi di economia e anche di sicurezza del passaggio dell'infezione. È stato proposto da qualche parte di fare una raccolta specifica e differenziata. Una domanda di questo genere mi è stata rivolta, per esempio, da un senatore del Movimento 5 Stelle. Non si tratta di una cosa facile, anche perché oltre che mascherine e guanti, dovremmo prendere in considerazione, ad esempio, fazzolettini usati da persone malate di Coronavirus e di tante altre cose che possono essere state toccate e quindi infettate. Nello smaltimento di questi rifiuti sono emerse un'altra volta le difficoltà strutturali di questo nostro Paese. Si tenga conto che il 90 per cento dei rifiuti ospedalieri viene smaltito nelle regioni del Nord, quindi turismo interno di rifiuti e costi aggiuntivi per regioni italiane completamente prive di impianti di smaltimento moderni, situazione che riguarda in buona parte quasi tutto il Centro-Sud. Per allargare questo discorso e arrivare a una rapida conclusione, visto anche il compito specifico della vostra Commissione da cui sono stato audito in varie e diverse situazioni, posso molto tranquillamente fare riferimento alla recente relazione del Procuratore generale antimafia. In questo esauriente documento egli cerca di analizzare le cause e le vicende camorristiche o mafiose legate allo smaltimento dei rifiuti. Direi che la sua illustrazione vale al di là degli elementi criminogeni presenti in questa situazione. Il Procuratore sostiene fondamentalmente che gli eventi criminosi si innestano su due carenze strutturali del nostro Paese. La prima carenza è rappresentata dalla lungaggine, dalla complessità, dalla farraginosità di tutte le procedure autorizzative. Per prendere un rifiuto e portarlo a smaltimento bisogna ottenere non so quante autorizzazioni, ivi comprese le fasi di stoccaggio, le fasi di trasferimento, le fasi di conferimento, l'andamento degli impianti e così via. Ovviamente, più lunghe e complesse sono le procedure burocratiche e più la tentazione di trovare scorciatoie e risolvere il problema Pag. 11 in maniera meno complessa e meno costosa crea spazi per aziende di deriva mafiosa e criminale o comunque borderline. Il Procuratore sviluppa anche, a mio parere, un ragionamento logico e molto evidente. Vale a dire: se l'offerta legale di impianti di trattamento non è almeno pari alla domanda, evidentemente si crea un deficit che, ancora una volta, può essere utilizzato da chi, invece, trova scorciatoie per smaltire questi rifiuti. Ora noi abbiamo ben chiari quali sono gli obiettivi che l'Unione europea ha fissato e che mi pare il Parlamento italiano condivida. Mi consenta di dire, presidente, che provo ormai un certo fastidio quando leggo documenti programmatici che fanno riferimento alla quantità di raccolta differenziata, perché un conto è la raccolta differenziata e un conto è il riciclaggio. Per fare un esempio, circa il 50 per cento della plastica raccolta in modo differenziato non può essere riciclata e quindi deve tornare o in discarica o in termocombustione. Per ottenere il 60 per cento di riciclaggio probabilmente dovremmo arrivare a una media nazionale vicina all'80 per cento di raccolta differenziata. Realizzare il 60 per cento e più di riciclaggio si ritiene presenti limiti fisici materiali. L'Unione europea parla poi di una quantità di non oltre il 10 per cento da inviare in discarica. Rimane un 25 per cento che non può essere che avviato a recupero energetico o, come si dice, a incenerimento o a termocombustione. Sono obiettivi impossibili? Assolutamente no. Abbiamo regioni italiane che già raggiungono questi obiettivi. La Lombardia porta in discarica all'incirca il 5 per cento di rifiuti, ne ricicla effettivamente il 60 per cento, mentre il resto viene destinato a una serie di impianti a termocombustione che, peraltro, hanno la qualità di recuperare, sia energia sia calore e contribuiscono al teleriscaldamento di interi quartieri in città quali, ad esempio, Brescia. Dagli studi che abbiamo effettuato, e che possiamo tranquillamente inviarvi, emergono invece carenze strutturali in tutta la filiera. Abbiamo bisogno prima di tutto di impianti di riciclaggio, soprattutto per la frazione umida dei rifiuti, che in questi giorni è aumentata per via dei consumi familiari. Abbiamo bisogno di alcune decine di impianti di trattamento della frazione umida, sia aerobici sia anaerobici. Abbiamo bisogno di discariche perché ne abbiamo poche e le poche che abbiamo stanno andando in esaurimento, inoltre alcuni rifiuti non sono né riciclabili né bruciabili. Abbiamo bisogno di qualche termocombustore in più, soprattutto nel Centro-Sud del Paese. Ho citato prima la Lombardia con il 60 per cento di riciclaggio, il 5 per cento in discarica e il resto in termocombustione. Al lato opposto posso citare la Sicilia, la quale ha una raccolta differenziata di circa il 30 per cento, il che vuol dire che se va bene ricicla il 20 per cento e il resto va ancora tutto in discarica. Dalla Sicilia alla Lombardia possiamo vedere la gradazione di queste diverse situazioni nelle diverse regioni italiane. Diciamo, comunque, che il Centro-Sud del Paese è fortemente deficitario. Un caso per tutti è Roma, che è deficitaria dal punto di vista delle discariche, dei termocombustori e anche degli impianti di trattamento della frazione umida.

  ANDREA FLUTTERO, Presidente di Fise-Unicircular. Buon pomeriggio a tutti. Inizio il mio intervento col rammentare che sia Unicircular sia Assoambiente fanno riferimento a Fise come federazione di imprese. Noi, come Unicircular, rappresentiamo principalmente diverse filiere di impianti che si occupano di riciclare, e non quindi di effettuare la classica raccolta degli urbani, quelli giornalieri, quelli che vengono prodotti giornalmente nelle nostre case. Mi riferisco ai rifiuti durevoli quali, ad esempio, i RAEE (Apparecchiature elettriche ed elettroniche) o ai materiali speciali come quelli da costruzione e demolizione. Voi sapete che quando parliamo di urbani parliamo di 30 milioni di tonnellate l'anno. Quando parliamo di speciali, parliamo di circa 150 milioni di tonnellate l'anno. Le aziende associate nelle diverse filiere e che fanno parte di Unicircular presidiano alcuni di questi settori; quindi, io vorrei fornire alla Commissione alcune informazioni che abbiamo acquisito dalle aziende associate, dalle diverse filiere, rispetto alle criticità vissute in questi due mesi e qualche Pag. 12 valutazione rispetto ai rischi di attività criminose rispetto ai settori che conosciamo. Rispetto alla questione delle mascherine e dei dispositivi di sicurezza, le aziende che rappresentiamo non sono coinvolte in questo tipo di attività che riguarda la gestione degli ospedalieri o la raccolta degli urbani giornalieri, come l'indifferenza. Parliamo, invece, di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di pneumatici PFU, di rottamazione di auto, di materiale da costruzione e demolizione, di abbigliamento usato raccolto come differenziato dalla frazione tessile urbana. Ciò che ha caratterizzato tutte queste filiere in questi due mesi è stato il blocco dei mercati. Qualcuno ha inteso il termine «blocco dei mercati» come un provvedimento amministrativo che ha bloccato la vendita o le esportazioni. Quando nel nostro settore si parla di «blocco dei mercati», si intende dire che i mercati non comprano più. Le nostre aziende stanno a valle delle raccolte. Le raccolte, ha detto correttamente il presidente Testa, pur tra molte difficoltà, prima tra tutte quella di non trovare i dispositivi di protezione individuale per gli operatori del nostro settore, si sono svolte in maniera abbastanza regolare rispetto agli urbani. Il problema riguarda certi settori – ad esempio, quello dei RAEE e dell'abbigliamento usato – dove tutto il materiale raccolto non ha più trovato sbocco di mercato. Così come si sono fermati i consumi di prodotti nuovi, si sono fermati i consumi di prodotti usati o di materiali ricavati dal riciclo, quindi di materie prime seconde ricavate dal riciclo. È abbastanza intuitivo comprendere che se le fonderie si fermano il mercato dei metalli ferrosi si ferma; se i mercati dell'abbigliamento nuovo si fermano nessuno compra più in Italia. All'estero sono chiusi i negozi e sono chiusi anche i mercati dell'usato e gli ambulanti. Queste aziende dovevano ricevere il materiale dai raccoglitori per non fermare la raccolta dei rifiuti, che nel caso degli urbani è un servizio essenziale. Ci si è trovati in una condizione in cui non si potevano fermare gli impianti perché altrimenti il materiale non veniva trattato, si eccedeva negli stoccaggi, quindi si rendeva difficile utilizzare la cassa integrazione per agevolare dal punto di vista economico l'attività (si continuavano a pagare stipendi), ma al tempo stesso non si riusciva a fatturare perché non si verificavano le vendite. Quindi, si è presentato un problema economico legato anche al rischio di sforare nelle autorizzazioni; da qui la richiesta al Governo e alle regioni, in alcuni casi accettata, di avere un po' di elasticità nelle autorizzazioni, con un più 10-20 per cento di stoccaggi. Purtroppo in molti casi ciò non è stato consentito e laddove lo è stato spesso si sono dovute richiedere autorizzazioni alle ARPA o ai Vigili del fuoco il che, di fatto, ha reso impossibile in tempi brevi fornire una risposta a questo problema. Noi rappresentiamo un anello della filiera che da un lato ha dovuto accogliere i rifiuti e dall'altro si è trovato nella difficoltà o impossibilità di venderli. Quando anche c'è stata la possibilità di venderli, i quantitativi ridotti hanno portato, vista l'alta offerta proveniente anche da altri Paesi europei e la domanda molto bassa, al crollo dei prezzi, da qui il sorgere dei problemi economici. Le aziende che vanno in difficoltà economica perdono occupazione, know how e sono costrette a chiudere. Quindi, quando riparte il mercato ci si trova con meno impianti, meno attività in grado di essere funzionali ed efficienti, soprattutto se si vuole andare verso un'economia circolare, un riciclo di materia, un riuso del bene e non verso la distruzione; in sostanza, c'è perdita di capitale imprenditoriale. L'altro problema è rappresentato dal rischio di infiltrazioni, infatti è evidente che quando un settore è in difficoltà qualche azienda può essere più facilmente permeabile a proposte di partecipazione di capitale oppure a smaltimenti al limite, se non fuori dalla legalità. Questo a nostro modo di vedere ci insegna che il settore delle aziende coinvolte nella transizione verso un'economia circolare ha bisogno di un sistema di regole che crei una sorta di regia in grado di gestire non solo emergenze come questa, che speriamo non si ripetano più, ma anche le normali emergenze di mercato quali, ad esempio, il crollo dei prezzi causato da dinamiche geopolitiche, dal prezzo del petrolio e da altri fattori Pag. 13che non siamo in grado di determinare. Noi pensiamo che il legislatore deve realizzare uno o più strumenti in grado di governare le diverse filiere, perché ognuna ha dinamiche diverse, molto diverse. In estrema sintesi do qualche dato; credo che tra le richieste ci fossero anche questi. Relativamente alla plastica da RAEE e da fine vita delle auto, abbiamo avuto un crollo della vendita di circa il 60 per cento, causato dal calo della domanda e dal fortissimo calo dei prezzi del petrolio, quindi della plastica materia prima vergine. La produzione di metalli ferrosi è ferma da oltre un mese perché sono ferme le fonderie, vi è stato un crollo dei prezzi e una difficoltà di collocarli. I metalli non ferrosi, con l'automotive ferma e le immatricolazioni a zero, non hanno trovato più il modo di essere collocati. Si è poi avuto un 30 per cento in meno di collocamento sul mercato di PFU, polverino da pneumatico fuori uso. Le strettoie e le difficoltà sono aumentate anche perché nel caso del PFU le regole non consentono la possibilità di vendere per applicazioni diverse da quelle prescritte; si tratta di rigidità che strozzano il sistema di collocazione sul mercato. Relativamente ai rifiuti da abbigliamento, da raccolta differenziata, ferma la vendita nei negozi in tutta Europa e nei Paesi nei quali l'Europa vende l'usato, ovviamente la raccolta va fatta perché diversamente i cassonetti si riempiono di abbigliamento e le amministrazioni comunali si lamentano. I raccoglitori e i selezionatori non sanno dove vendere il materiale, quindi c'è un problema economico e un problema gestionale non indifferente. Infine, il materiale da costruzione e demolizione: capite che anche in questo caso abbiamo avuto il lockdown su tutto il settore. Non demolendo più nulla gli impianti sono rimasti da un lato senza possibilità di acquisire materiale da lavorare, e dall'altro senza possibilità di vendere gli aggregati riciclati che erano stati predisposti con i materiali da demolizione dei mesi precedenti, perché non si è costruito più nulla in questi due mesi. Per citare qualche numero riguardo alla costruzione e alla demolizione abbiamo avuto un calo di circa il 60 per cento nel mese di marzo e nel mese di aprile si è arrivati all'80 per cento. Infine, per quanto riguarda i veicoli a fine vita, le immatricolazioni sono crollate dell'80 per cento; di conseguenza, gli autodemolitori non hanno avuto materiale da lavorare. Se si vuole andare verso un'economia circolare si abbisogna di apposite leggi che consentano una certa flessibilità di governo riguardo alle diverse filiere del mercato. Altrimenti, in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo si inceppa il sistema e al suo interno si insinuano attività criminose che finiscono per introdurre nel mercato capitali di provenienza illecita.

  PRESIDENTE. Onorevole Vianello.

  GIOVANNI VIANELLO. Grazie, presidente. Ringrazio anche gli auditi per le preziose informazioni e gli spunti che ci hanno fornito. Vorrei fare alcune domande al presidente Testa. Lei ci ha parlato della situazione dei rifiuti ospedalieri e anche delle problematiche legate al traffico dei rifiuti, il cosiddetto «turismo dei rifiuti», che costringe a spostare rifiuti da una parte all'altra dell'Italia. Tuttavia, ho sentito parlare solo di incenerimento. Vorrei capire, invece, secondo il suo punto di vista, se non sia più virtuoso puntare sulla sterilizzazione in situ; in questo modo, non solo risolveremmo il problema del traffico, del turismo dei rifiuti, ma contestualmente trasformeremmo anche un rifiuto potenzialmente pericoloso, o un rifiuto pericoloso, in un rifiuto non pericoloso che potrebbe avere anche una seconda vita e potrebbe essere eventualmente riciclabile. Mi è sembrato poi che il dottor Testa abbia messo in evidenza nella sua esposizione un aumento di produzione dei rifiuti, tuttavia, a noi risulta il contrario. I rappresentanti di ISPRA ci hanno detto che la produzione dei rifiuti urbani è calata di circa mezzo milione di tonnellate solamente in due mesi, mentre la produzione dei DPI è di circa 300 mila tonnellate all'anno. Parlando degli impianti di trattamento di organico, il dottor Testa ha specificato che occorrerebbero nuovi impianti, sia di biogas – quindi, di aerobico – sia di anaerobico. Tuttavia, vorrei Pag. 14 capire, secondo il suo punto di vista, come si possa riuscire a risolvere il problema delle bioplastiche negli impianti di anaerobico, perché abbiamo nozione che non si riesca a terminare il trattamento mettendo così in crisi gli impianti di anaerobico. Non sarebbe meglio puntare sugli aerobici, visto che sta aumentando la produzione di bioplastica?

  PRESIDENTE. Prego, Presidente.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Forse su un punto sono stato frainteso. Quando parlavo di «turismo dei rifiuti» mi riferivo a tutte le categorie dei rifiuti, non solo a quelle specifiche e infette, anche se anche per quelle infette c'è questo grande turismo di rifiuti. Ovviamente per le infette ho parlato specificatamente degli impianti di termocombustione. Per il resto, come ho detto, i deficit strutturali riguardano tutte le categorie di impianti, a cominciare da quelli di riciclaggio, frazione umida, delle discariche e secondo me anche dei termocombustori. È vero, i rifiuti totali sono diminuiti perché molti esercizi commerciali sono chiusi. Facevo riferimento esclusivamente alla frazione umida nella raccolta differenziata che evidentemente, con l'aumento dei consumi familiari, ha portato qualche problema. Adesso quantitativamente non riuscirei a essere preciso. Sicuramente i numeri che lei dà, onorevole Vianello, per il totale sono corretti. Nello specifico ci viene segnalato un aumento della frazione umida da raccolta differenziata delle famiglie. Poi vorrei passare un attimo la parola al dottor Roncari per quanto riguarda la sterilizzazione. Solo una questione per quanto riguarda le bioplastiche. Le bioplastiche sono comunque un problema perché hanno tempi di compostaggio molto più lunghi rispetto alle frazioni umide, quindi sia che siamo in aerobico sia che siamo in anaerobico. Paradossalmente l'esistenza delle bioplastiche ha creato problemi alle procedure tradizionali. Qualcuno parla di una raccolta ulteriore differenziata specifica per le bioplastiche, a cominciare dai sacchetti dei supermercati. Quello che gli operatori oggi fanno è la separazione manuale di queste bioplastiche per evitare che i processi, sia di compostaggio aerobico sia compostaggio anaerobico ne vengano in qualche modo inficiati. Chiederei al dottor Roncari di rispondere sulla sterilizzazione.

  PRESIDENTE. Lei ha detto che la raccolta differenziata dell'umido urbana è aumentata, e non faccio fatica a crederlo anche per esperienza personale. Però, d'altro canto, è diminuita la produzione nelle mense e nei ristoranti, quindi potrebbe compensare questo, immagino.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Vero, sì, ha perfettamente ragione. Diciamo che in termini di costi non è esattamente la stessa cosa, perché lei può immaginare che raccogliere in cento famiglie è differente che raccogliere in una mensa. Comunque, fondamentalmente credo che siamo d'accordo.

  PRESIDENTE. Va bene, prego, dottor Roncari.

  FULVIO RONCARI, Fise-Assoambiente. Sì, grazie. In merito all'argomento sollevato dall'onorevole Vianello sulla sterilizzazione dei rifiuti, premetto che noi non gestiamo impianti di questo tipo e quindi riferisco quella che è la mia opinione acquisita da anni di esperienza diretta nel campo. In Italia esistono impianti di sterilizzazione autorizzati anche, come riportato nello stesso report recente di ISPRA, per una capacità superiore alle centomila tonnellate all'anno. Ricordo che grosso modo un quantitativo autorizzato, sovrapponibile, è leggermente inferiore, ma sovrapponibile all'intera produzione nazionale di rifiuti ospedalieri. Detto ciò e fatta questa premessa, ritengo che questa tecnologia presenti tre tipi di problematiche che andrebbero approfondite. La prima è di tipo ambientale, ovverosia qualsiasi tecnologia dovrebbe essere indagata e approfondita con riferimento all'impatto sull'intero ciclo di vita di questo processo. Nello specifico mi riferisco al fatto che utilizzare fonti energetiche, quindi tipicamente fossili, per sterilizzare Pag. 15 i rifiuti in autoclave, che utilizza quindi del vapore o altre tecnologie per portare i rifiuti a una temperatura intorno ai 100-150 gradi, sia un trattamento pressoché inutile quando poi l'output di questa tipologia di impianto deve per legge comunque essere conferito in un termoutilizzatore o in un inceneritore che distrugge tutti gli elementi patogeni a mille gradi. Quindi, c'è un primo tema di valutazione dell'impatto ambientale di questa tecnologia. Il secondo tema è tecnico, ovverosia andrebbe approfondita la capacità di questi impianti di sterilizzazione di sterilizzare l'intera massa dei rifiuti sottoposti a questo trattamento, in particolare nelle porzioni di rifiuto che rimangono incluse. Basti pensare a un rifiuto infetto o potenzialmente tale contenuto all'interno di uno o più sacchetti e che quindi può, con maggiore difficoltà, con maggiore fatica, essere raggiunto dal vapore che viene utilizzato per sterilizzarlo o dalla tecnologia di sterilizzazione utilizzata. Il terzo e ultimo problema connesso all'impiego massivo di queste tecnologie è di tipo amministrativo, ovverosia è molto difficile effettuare dei controlli sul funzionamento di questi impianti. Se immaginiamo un caso di specie di un'azienda che fosse autorizzata a effettuare la sterilizzazione, ma, poniamo, questo impianto non funzionasse a dovere, diventa molto difficile andare a controllare se nel rifiuto in uscita effettivamente tutti gli agenti patogeni sono stati annullati, azzerati oppure no, perché possiamo immaginare che non si può andare a fare un tampone a un rifiuto in uscita da un impianto di sterilizzazione. Questa difficoltà nei controlli suggerisce grandissima cautela prima di affidare i rifiuti con questo potenziale pericolo a questa tipologia di trattamento.

  PRESIDENTE. Onorevole Patassini.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente. Ringrazio gli auditi di oggi per la sintetica ma puntuale relazione svolta. Rientro un po' nel merito dell'emergenza Covid-19 perché è l'argomento di cui in questo periodo si sta dibattendo in Commissione. Vorrei porvi alcune domande di carattere specifico, perché voi in qualche modo siete quelli che in prima linea, attraverso i vostri associati, avete gestito il ciclo dei rifiuti: trattamento, raccolta, smaltimento, termovalorizzazione e così via. Avete ricevuto informazioni specifiche, puntuali e tempestive da parte del Ministero della salute e del Ministero dell'ambiente sulle modalità di azione che avreste dovuto attuare oppure vi siete dotati di tanto buon senso? Alla luce di questo, mi rifarei a quanto detto dal dottor Testa quando ha affermato che il 90 per cento dei rifiuti ospedalieri è stato gestito attraverso gli impianti di trattamento – usiamo un termine molto ampio – delle regioni del Nord. Il Ministero dell'ambiente o il Ministero della salute hanno attuato protocolli per far sì che i mezzi che giravano con questi residui, con questi rifiuti, avessero percorsi separati, avessero particolari accortezze, oppure anche in questo caso è stato tutto lasciato al buon senso e alla buona volontà dei vostri associati? Da ultimo, avete avuto la sensazione concreta che questo aumento dell'indifferenziata possa ulteriormente mettere in crisi il sistema delle discariche? Nelle precedenti audizioni ci è stato detto che il sistema della valorizzazione termica di questi rifiuti rappresenta lo strumento migliore, il più veloce, il meno nocivo alla salute dei cittadini, anche se chiaramente tante regioni non possono disporre di queste strutture. Da ultimo, poiché si tratta di un argomento dibattuto in questa Commissione ormai dalla prima audizione del Ministro Costa, vorrei chiedervi se con «blocco dei mercati» intendevate rifiuti 19 12 12, CSS o materiali tali da non essere considerati più rifiuti da un punto di vista normativo.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Grazie per le interessanti domande. Il Ministero della sanità è intervenuto quasi subito tramite l'Istituto superiore di sanità nel dare indicazioni per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti nocivi legati ai consumi familiari. Per quanto riguarda gli ospedalieri, ci sono protocolli precisi sul conferimento e sui trasporti che abbiamo continuato a rispettare. Con molta franchezza, anche se mi dispiace rilevarlo, Pag. 16sono molto critico nei confronti del comportamento del Ministero dell'ambiente che ci ha lasciati completamente soli in questa vicenda, e che io seguo regolarmente sui social network. Esso ha trovato il tempo per occuparsi dell'orso del Trentino, di un altro volatile liberato non mi ricordo dove e della Terra dei fuochi anche svariate volte nell'arco di un mese. Ad ogni modo, dal Ministero dell'ambiente non è stata manifestata né la preoccupazione né l'intenzione di affrontare con serietà e con completezza questi problemi. Abbiamo, tra l'altro, un problema aggiuntivo che vi segnalo: essendo stata sospesa la Tari in molti territori, ovviamente vengono a mancare introiti importanti per i comuni, i quali hanno convenzioni con aziende sia pubbliche sia private per tutta la fase di raccolta e di trattamento. Si sta creando un buco di proporzioni considerevoli che non so come affronteremo. Inoltre, segnalo alla Commissione che anche in audizioni che abbiamo svolto precedentemente in altre Commissioni parlamentari sono emersi problemi ulteriori relativi all'accoglimento delle direttive. Per esempio, vi segnalo che è arrivato dal Ministero dell'ambiente un testo che, relativamente alle discariche, mette pezze, paletti tali per cui non sarà mai possibile chiudere una discarica. Una discarica post mortem deve essere curata per trent'anni; con gli emendamenti introdotti dal Ministero dell'ambiente dovrà essere curata in eterno. Naturalmente questo significa un'ulteriore complicazione, un ulteriore aumento dei costi. Per quanto riguarda la domanda sulle discariche, certamente noi abbiamo pochissime discariche. I nostri calcoli ci dicono che nel giro di tre o quattro anni ci troveremo in una situazione di esaurimento. Tra l'altro, presidente, io le posso inviare il nostro rapporto con i numeri regione per regione, situazione per situazione, e lei vedrà che le cose stanno in questi termini. Infine ha già parlato molto bene il mio collega Fluttero, ma vorrei aggiungere una cosa: non è che raccolta differenziata, riciclaggio e mercati del riciclaggio sono questioni definite per legge una volta per tutte, devono rispondere a delle convenienze economiche. Se, come è successo un paio d'anni fa, Cina e India, per esempio, smettono di comprare i nostri rifiuti plastici e addirittura dicono: «non passano più, non li prendiamo più», si crea un problema enorme di mancanza di domanda di riciclaggio. Se i cementifici sono chiusi, come sono stati chiusi per circa un mese, e le plastiche non riciclabili finiscono anche nei cementifici, oltre che le ceneri dei termocombustori e così via, ecco che si crea un problema enorme. Lo stesso problema si è creato nella filiera del legno. Faccio un invito importante perché la vostra Commissione è molto autorevole. Dovremmo riflettere molto più seriamente sugli economics della filiera raccolte differenziate, consorzi e riciclaggi, perché o questa filiera trova le convenienze che le consentono di funzionare o altrimenti non è che funziona perché lo abbiamo scritto in una legge. Non so se Roncari vuole aggiungere qualcosa sugli aspetti più tecnici.

  FULVIO RONCARI, Fise-Assoambiente. No. Direi, presidente Testa, che lei è stato molto chiaro. I flussi di rifiuti che vengono inviati all'estero, sia sotto forma di 12 12 19, come ha citato l'onorevole poco fa, sia di CSS, sia di materie recuperabili, si sono tutti interrotti nell'arco di questi mesi e le difficoltà conseguenti si sono riflesse sul mercato nazionale. Se un mercato è debole e ha poche possibilità di sfogo, chiaramente in una crisi la situazione non può che aggravarsi.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Sì, poi soprattutto in questo momento in cui il problema dell'autosufficienza di un Paese è diventato un problema centrale. Si pensa di far rientrare intere produzioni per assicurare le materie prime, la logistica e così via. Oggi, mi pare, viene presentato il rapporto ISPRA sui rifiuti speciali e anche lì abbiamo un aumento dei rifiuti – i dati sono relativi al 2018, quindi probabilmente adesso avremo degli aggiornamenti – e un aumento delle esportazioni. Noi abbiamo valutato che in Italia ci vorrebbero circa 10 miliardi di investimenti che le aziende pubbliche e private quotate in borsa o non quotate sono pronte Pag. 17a fare, se avessimo certezza della normativa e della possibilità di poter lavorare con diverse decine di migliaia di nuovi occupati. Io non capisco perché continuano a esserci delle obiezioni di tipo strettamente ideologico nei confronti di tutti gli impianti, perché poi la famosa sindrome NIMBY non è che si esercita solo contro i termocombustori. Io, ripeto, non penso, come ha affermato l'onorevole Salvini, che ce ne vuole uno in ogni provincia. Secondo i nostri calcoli, con sei o sette termocombustori nel Centro-Sud la questione verrebbe risolta, ma ci sono contro gli impianti anaerobici, gli impianti aerobici, le discariche. Tutto questo ha costi enormi che si osservano benissimo nella Tari, perché paradossalmente la Tari più alta viene pagata dalle regioni del Sud a fronte di un servizio molto più scadente.

  ANDREA FLUTTERO, Presidente di Fise-Unicircular. Una piccola integrazione rispetto al tema del blocco dei mercati che ha toccato, ha coinvolto, sia la vendita di materie prime sia l'esportazione dei rifiuti come scarti di lavorazione. La nostra associazione, rappresentando aziende che riciclano, ha tutto l'interesse a riciclare la maggiore quantità di rifiuti o prodotti a fine vita possibile e a esportare il meno possibile. È chiaro che non sposiamo una visione autarchica. Ci sono esportazioni che sono corrette e razionali in una logica di mercato ampio e ci sono esportazioni che sono figlie della mancanza di impianti, di ecoprogettazione. Ecco perché insistiamo sul fatto che è necessario investire in ecoinnovazione, fare in modo che ci sia una regia di tutte le filiere dei rifiuti. Non è pensabile che l'ecocontributo sia finalizzato solo a coprire parte delle spese di raccolta e non serva anche a coprire investimenti in ecoinnovazione; infatti, meglio si ricicla meno c'è materiale di scarto da esportare e da smaltire negli impianti del nostro Paese. Abbiamo delle frazioni negative che vanno dal 10 al 20 per cento di quello che viene trattato, che deve essere smaltito. Per le nostre aziende l'esigenza di impianti di smaltimento, discariche o inceneritori, è essenziale per poter svolgere il lavoro dei riciclatori e non spendere eccessivamente per smaltire quelle frazioni. Infine, relativamente alla questione delle mascherine, i lavoratori delle nostre aziende sentivano quotidianamente da parte del Ministero dell'ambiente appelli a restare a casa, mentre dovevano giustamente andare a lavorare per garantire un servizio. Ci saremmo aspettati – lo abbiamo chiesto, ma non abbiamo avuto risposte – un po' di attenzione da parte del Ministero dell'ambiente, da parte degli assessorati delle regioni sui dispositivi di protezione individuale per gli operatori del nostro settore. Certamente veniva enfatizzato il lavoro degli operatori della sanità, della sicurezza, della Protezione civile, ci mancherebbe, ma gli operatori dei servizi legati all'ambiente hanno continuato a lavorare. Non ho mai sentito nessuno spendere una parola per gli operai, per gli addetti delle nostre imprese.

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa Nepi.

  MARIA LETIZIA NEPI, Fise-Unicircular. Volevo integrare, al di là di quello che è stato detto già dal dottor Fluttero e dal dottor Testa, per quanto riguarda queste prime difficoltà che ci sono state in relazione al reperimento dei presidi sanitari. Le indicazioni relative alla gestione dei rifiuti piano piano sono arrivate. Inizialmente c'era anche un problema nel capire se questo settore fosse tra i servizi essenziali ed è stato inizialmente chiarito, mi ricordo, dalla regione Lombardia; poi successivamente è stato detto anche che effettivamente era un servizio, come dicevo prima, essenziale perché non poteva essere interrotto. Anche la Comunità europea ha fornito delle indicazioni, in maniera ancora più tardiva, però quello che forse va sottolineato è che, al di là di queste indicazioni strettamente legate all'emergenza, quello che adesso dovremmo, guardando in avanti, cercare di capire è che chiaramente non si possono imporre tramite delle indicazioni o delle imposizioni i flussi di rifiuti. È necessario, accanto alle indicazioni pratiche e concrete su come si devono gestire i rifiuti nell'emergenza, anche nell'ottica di assicurare questo green deal che la Comunità europea sta portando avanti con grossi Pag. 18impegni economici, capire partendo dall'immediato e dal concreto come possono essere introdotte anche in Italia leve di mercato e incentivi atti a favorire, a rafforzare la diffusione dei materiali riciclati di cui prima parlavamo. Quindi, politiche di sostegno agli acquisti verdi pubblici e privati di materiali riciclati e introduzione eventuale dell'obbligo di utilizzo per alcune produzioni di una percentuale minima di materiali riciclati, diciamo una specie di plastic tax al contrario. Invece di tassare la plastica si deve favorire, incentivare il riciclaggio. Ci sono altri strumenti che sono già stati in qualche maniera sperimentati come la modulazione degli ecocontributi in relazione alla riciclabilità, alla riutilizzabilità dei prodotti su cui sono pagati. Si può pensare anche a delle misure fiscali, cioè un'IVA agevolata per i materiali riciclati; insomma, tutti strumenti a cui peraltro la Comunità europea in parte sta già pensando. Si stanno svolgendo varie consultazioni anche a livello europeo con le associazioni degli operatori per capire come si possa rilanciare questo mercato e come non perdere tutti i risultati raggiunti in tema di economia circolare. La ripresa deve avvenire in chiave circolare, oltre che economica.

  PRESIDENTE. Va bene, grazie. Senza entrare in polemica riguardo alla necessità di impianti di incenerimento, in generale sono d'accordo con quanto sostenuto dal dottor Testa e dal dottor Fluttero. Entrambi avete detto che non basta una legge per fare le cose, ma serve anche un'industria dietro, una economicità. Per fare un esempio, anche l'inceneritore non lo costruirebbe nessuno se non ci fossero gli incentivi e il guadagno, e questo in generale. Ecco perché poi servono, se si vuole attuare una politica virtuosa, degli incentivi anche per il riciclo, come è stato detto. Non è corretto dire che il 50 per cento delle plastiche non è riciclabile. Il 50 per cento delle plastiche non viene riciclato. Bisogna fare in modo che si creino dei meccanismi economico-industriali affinché questa percentuale cresca sempre di più. Capisco il punto di vista dello snellire le procedure, ma c'è sempre il contro, perché se si snellisce troppo poi si creano una serie di impianti e richieste che probabilmente hanno solo fini speculatori; comunque sia la criminalità entra dove non ci sono gli impianti, dove non c'è la legge, ma entra anche dove ci sono gli impianti, se vuole. Non è più la mafia di un tempo. I poteri finanziari sono penetrabili anche su questo.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Presidente, se posso, la interrompo su questo punto. Lei dice cose ragionevoli, però non capisco una cosa. Credo che la pervasività della mafia nelle attività economiche italiane sia orizzontale, cioè riguardi diversi settori dell'economia, a cominciare, per esempio, dalla ristorazione. Io vivo a Roma, ho visto aprire ristoranti e posti vendita. Come sappiamo e come lei giustamente ha detto, non siamo più di fronte alla lupara, ma ci dobbiamo confrontare con organizzazioni finanziariamente forti che cercano di appropriarsi di diversi settori dell'economia italiana. Ora, onestamente, non capisco perché ci sia questa accentuazione sul fenomeno dei rifiuti, perché è un po' un'associazione logica: siccome i rifiuti sono una roba brutta, vanno insieme alla mafia, che pure è una roba brutta. In secondo luogo, dubito fortemente che la complicazione delle procedure e delle autorizzazioni sia scoraggiante nei confronti della mafia. È il contrario, perché la mafia ha anche ottimi avvocati e soprattutto ha la capacità di gestire le cose che non si possono fare legalmente in maniera illegale. Dal mio punto di vista le assicuro che se fosse possibile poter contare su procedure più semplici, più snelle e aumentare, quindi, l'offerta di impianti legali, noi ridurremmo ampiamente questo fenomeno. Naturalmente è una mia opinione che le consegno e sulla quale sono sicuro lei rifletterà.

  PRESIDENTE. Sì, la criminalità non si ferma davanti a nulla, però non è che se snellisco le procedure allora automaticamente la criminalità rimane fuori. Era solo questa la mia considerazione. Però vengo al punto, perché a me interessa. Ci incontreremo Pag. 19 altre volte, ci siamo già incontrati. Servono gli impianti, serve tutto, però, visto che stiamo parlando del Covid-19, vorrei circoscrivere l'argomento. Capisco che all'inizio eravamo tutti spaesati, ma non c'è stata una chiusura per legge o per volontà; diciamo che c'è stata una contrazione, come diceva il dottor Fluttero, dei mercati. Si è prodotta meno raccolta differenziata, ma d'altro canto si è prodotto anche meno rifiuto. Quindi, i volumi si sono abbassati sia in entrata che in uscita, magari non nella stessa proporzione, per carità, ma ecco perché è stata aumentata la capacità di stoccaggio. L'Europa ha comunque fatto sapere che la raccolta differenziata non va sospesa, va portata avanti anche da chi è positivo, tra l'altro è stato detto che il virus mediamente permane negli oggetti, nelle plastiche, nei rifiuti, settantadue ore. L'altra questione è data dalle protezioni degli operatori. Che io sappia, ogni operatore già di per sé dovrebbe avere perlomeno mascherine, guanti a prescindere dal virus. Se mi dite che non è così, un po' mi meraviglia, soprattutto nella selezione, negli impianti, nei vari smistamenti. Detto questo, adesso che mi auguro siano state fornite queste protezioni minime, vi risulta che vi siano stati dei contagi superiori alla media nazionale negli operatori dei rifiuti? Grazie.

  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Guardi, sul primo punto credo di essere d'accordo con lei. Vorrei magari che Roncari facesse qualche precisazione. Non credo che, al di là dei rifiuti ospedalieri, gli altri rifiuti costituiscano un rischio particolare, a meno che non si entri in contatto in un tempo molto breve. Però vorrei che magari il dottor Roncari aggiungesse qualche cosa. Sulle protezioni individuali, intanto abbiamo avuto sicuramente un aumento del tasso di assenteismo, ma questo fa parte di un'altra questione, di una percezione del rischio, del pericolo e così via. Tenga presente che in alcuni casi mi dicono di aziende che hanno dovuto installare separatori dentro il camion tra una postazione e l'altra. Adesso, presidente, noi stiamo lentamente uscendo da questa situazione, ma certamente lei ricorderà l'allarme enorme che abbiamo avuto qualche settimana fa, non tanto tempo fa. Rispetto a questo, l'approvvigionamento, perché poi non c'erano solo le mascherine, ma anche guanti, tute e così via, è stato effettivamente molto difficoltoso. Però, ho detto in premessa che il servizio di raccolta non si è mai interrotto. In qualche modo sono rimasto sorpreso anch'io, perché mi aspettavo che trattando una materia così delicata potessero verificarsi fenomeni di interruzione importanti; invece le aziende hanno fatto fronte piuttosto bene. Roncari, non so se vuole aggiungere qualcosa.

  FULVIO RONCARI, Fise-Assoambiente. Sì, grazie. Grazie, presidente. Io posso parlare della nostra esperienza. Noi serviamo soprattutto municipalità con i nostri servizi di raccolta in Lombardia, oltre che in Liguria. Grosso modo il nostro comparto ambientale, che quindi include sia servizi di raccolta che anche servizi di trattamento, conta circa 5.900 addetti e abbiamo avuto qualche decina di casi di nostri dipendenti riconosciuti malati Covid-19, a dimostrazione del fatto che i presidi che abbiamo utilizzato, banalmente dai guanti alle mascherine, al distanziamento sociale anche all'interno delle strutture aziendali, sono stati efficaci. Noi abbiamo ovviamente sospeso immediatamente il servizio delle mense, contingentato l'accesso agli spogliatoi. Insomma, con un sistema di regole ben applicate mi sembra di poter concludere che il numero dei casi, se la statistica aziendale avesse un valore nazionale, da questo punto di vista è stato confortante considerando l'efficacia dei presidi utilizzati.

  MARIA LETIZIA NEPI, Fise-Unicircular. Solo una cosa sulle mascherine, se posso. È vero che c'era già l'obbligo di indossare le mascherine in determinate lavorazioni. Il problema è stato che i fornitori dei nostri impianti a volte hanno declinato la richiesta perché le forniture dovevano essere indirizzate alla Protezione civile o alle strutture sanitarie. Quindi, il problema è stato proprio negli approvvigionamenti normali, usuali, quelli che già loro avrebbero dovuto fare.

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  CHICCO TESTA, Presidente di Fise-Assoambiente. Credo che ci sia un tasso di rotazione molto più alto, perché un conto sono le mascherine che si usavano come protezione generica e un altro conto sono le mascherine che adesso devono essere usate per non più di un certo numero di ore e così via. Abbiamo avuto un tasso di rotazione dei dispositivi di protezione del personale molto più alto, ma comunque adesso ne siamo fuori, fondamentalmente, quindi è inutile fare polemiche sul passato.

  PRESIDENTE. Va bene. Non ci sono altre richieste di intervento. Vi ringrazio per la disponibilità. Grazie.

  La seduta termina alle 14.20.