XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 66 di Giovedì 7 maggio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Alessandro Bratti, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Frittelloni Valeria , Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 8 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 9 
Frittelloni Valeria , Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 9 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 10 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Ferrazzi Andrea  ... 10 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 11 
Frittelloni Valeria , Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 11 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 11 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 
Frittelloni Valeria , Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 13 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 13 
Frittelloni Valeria , Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 13 
Lanz Andrea Massimiliano , Responsabile dell'area contabilità di rifiuti del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 13 
Frittelloni Valeria , Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 14 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 14 
Frittelloni Valeria , Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 15 
Lanz Andrea Massimiliano , Responsabile dell'area contabilità di rifiuti del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare ... 15 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 16 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 16 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Alessandro Bratti, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza del direttore generale dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Alessandro Bratti, che verterà sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19. Partecipano alla seduta l'ingegner Valeria Frittelloni, responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare, e il dottore Andrea Massimiliano Lanz, responsabile dell'Area contabilità di rifiuti del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare, che ringrazio per la presenza. La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico, considerate le modalità di svolgimento della seduta, che sarà pubblica per tutta la sua durata. Qualora l'audito dovesse ritenere di riferire argomenti che richiedono di essere assoggettati al regime di segretezza, la Commissione valuterà le modalità più opportune per consentirgli di farlo in altro momento e con diverse modalità. Informo inoltre l'audito che, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento interno della Commissione, alla seduta non è ammessa la partecipazione di persone estranee non autorizzate, ad eccezione di quelle che ho elencato. Eventualmente, se ci saranno altre persone nel corso della seduta, oltre a quelle già annunciate, invito il direttore Bratti a comunicarmelo. Dunque, come abbiamo detto, ci stiamo occupando di fare un focus specifico per quanto riguarda la gestione dei rifiuti alla luce dell'emergenza del Covid-19. L'Unione europea ha invitato a non sospendere la raccolta differenziata, nemmeno per i soggetti infetti. Noi abbiamo scelto una via un po' restrittiva, però è nostro interesse capire come è andata nei momenti più critici, e soprattutto come varierà il flusso dei rifiuti nell'immediato futuro per quanto riguarda i dispositivi di protezione. Riguardo invece a necessità di impianti o di autorizzazioni vorremmo capire se cambierà qualcosa ed eventualmente in che modo.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Grazie, signor Presidente. Saluto tutti i deputati e i senatori che ci seguono. Se è d'accordo proverei a dare un inquadramento generale, ma non troppo, ovviamente trattando le tematiche che mi sono state richieste, poi chiederei ai colleghi e all'ingegner Frittelloni per quanto riguarda la parte più specifica. Noi abbiamo predisposto un documento inviato in mattinata dove viene trattato Pag. 4 il tema che riguarda soprattutto la questione dei cosiddetti «DPI» (dispositivi di protezione individuale). Inoltre, ci siamo anche permessi di fare qualche simulazione, con tutte le difficoltà del caso, perché non ci sono ancora dei dati puntuali, precisi, rispetto ad alcune situazioni. Oltre a questo documento, ci siamo permessi di inviarvene un altro, che credo sia molto interessante per la Commissione. Questo documento riguarda un'indagine internazionale di Interpol (organisation internationale de police criminelle), che riporta alcuni casi giudiziari importanti rilevati proprio in Paesi, un po' lontani da noi, come la Thailandia ed altri Paesi asiatici. In questi Paesi sono state scoperte organizzazioni criminali che lucravano, lucrano e stanno ancora lucrando su questa emergenza, attraverso una commercializzazione del tutto fuori legge e molto pericolosa riguardante i DPI. Credo si tratti di un documento da prendere in serissima considerazione perché, pur riguardando Paesi lontani, se non si determinerà una situazione di mercato controllato dei costi delle mascherine, mi riferisco soprattutto a quelle cosiddette «chirurgiche» (quelle meno sofisticate), questo rischio potenziale potrebbe anche interessare altri Paesi. Detto questo, come veniva ricordato, l'assetto impiantistico del nostro Paese in condizioni normali presentava e presenta una serie di difficoltà. Queste difficoltà, oggi, potrebbero manifestarsi anche con l'introduzione massiccia di DPI e nel documento che citavo prima vi abbiamo riportato anche le diverse situazioni riguardanti i principali Paesi dell'Unione Europea, da cui potete verificare come siano state adottate le nostre stesse linee. Per i rifiuti di origine sanitaria, quelli con codice 18 che possono essere sia pericolosi che non pericolosi, la situazione dal punto di vista impiantistico è abbastanza tranquilla. Ad oggi, grazie anche ai dati forniti dal Ministro, si desume una certa capacità di trattamento di questo materiale proveniente dagli ospedali, o da dove ci sono conclamate situazioni infettive. Cosa abbiamo fatto come agenzia, come istituto, e anche come sistema? Noi, fin dal 18 marzo, abbiamo prodotto una serie di linee guida, riprendendo anche indicazioni dell'Istituto Superiore di Sanità per quanto riguarda il tema della sanificazione degli ambienti esterni delle strade, delle città, perché anche questo era un tema molto delicato. Si sono registrate situazioni in cui si pensava di utilizzare tutta una serie di sanificanti in maniera un po' indiscriminata: abbiamo dato qualche regola al riguardo. Questi documenti sono a disposizione e sono stati recepiti da diversi sindaci. Il 23 marzo abbiamo emanato, sempre come sistema, una serie di linee guida che riguardavano le modalità di classificazione, anche qui riprendendo tutta una serie di indicazioni dell'Istituto Superiore di Sanità. Non sfugge infatti che in questa discussione, sia l'Istituto Superiore di Sanità sia il Ministero della salute, ovviamente, rappresentano il punto di riferimento principale, fondamentale. Abbiamo dato tutta una serie di indicazioni, non solo riguardo alla classificazione dei rifiuti, ma anche riguardo alla possibilità di aumentare le capacità di stoccaggio temporaneo e di facilitare i selezionatori e i produttori rispetto a un blocco del mercato che, anche in questo periodo, rimane ancora abbastanza critico. La produzione è calata molto, è calata per i beni tradizionali, ma anche per tutti i beni che derivano dalla selezione del trattamento: plastica, legno, carta, tutto ciò che in qualche modo interessa la raccolta differenziata. A queste linee guida, sempre emanate a livello tecnico, si sono riferite molte delle ordinanze regionali. In alcuni casi le ordinanze hanno addirittura preceduto le linee guida trovando una certa assonanza nelle indicazioni. Successivamente lo stesso Ministero, con il quale abbiamo mantenuto un rapporto sempre molto stretto, ha emanato una circolare, facendo proprie tutta una serie di indicazioni che già avevamo fornito. Ecco, voglio ricordare che durante tutto questo periodo, ma anche oggi, abbiamo mantenuto uno stretto rapporto con le organizzazioni che si occupano di gestione del ciclo integrato dei rifiuti, perché sono loro di fatto che hanno il polso della situazione. Siamo in un periodo molto particolare, perché tutta questa situazione capita in una fase dove stavamo, e siamo in Pag. 5pieno recepimento delle direttive sull'economia circolare. A supporto della discussione riguardante il collegato ambientale a cui stiamo lavorando abbiamo elaborato delle proposte che alla luce di questa emergenza diventano ancora più urgenti e interessanti. Si tratta di semplificazione e valorizzazione rispetto ad alcuni percorsi di raccolta e, soprattutto, di differenziazione richiesta da alcune categorie produttive. Che cosa è successo in questo periodo per quanto riguarda in generale la gestione dei rifiuti? Come ha anche riportato correttamente il Ministro, oggi ci troviamo in una situazione di diminuzione significativa della produzione dei rifiuti perché abbiamo percentuali che si attestano oltre il 10 per cento. Sapete che, purtroppo, anche in condizioni di normalità, non c'è ancora il cosiddetto «disaccoppiamento» tra produzione di rifiuti e il GDP (gross domestic product), cioè l'andamento dell'economia. Purtroppo, nonostante si sia spiegato che la raccolta differenziata continuava, non c'era motivo perché cui si potesse fermare, ad oggi ne abbiamo registrato un calo. C'è stato il parziale blocco dell'esportazione di alcune tipologie di rifiuti; mi riferisco soprattutto ai rifiuti cosiddetti «pericolosi», per intenderci quei rifiuti per i quali oggi non abbiamo assolutamente impianti di smaltimento. Si è trattato di un blocco temporaneo da quello che mi hanno detto le stesse aziende, per cui il flusso per questa tipologia di rifiuti molto particolari si è normalizzato. Rimanendo sempre sul tema dei rifiuti in generale, soprattutto della raccolta differenziata, il sovraccarico dei depositi temporanei, o degli impianti di selezione di trattamento è un tema che va in un qualche modo tenuto sotto controllo. Se da un lato è giusto che si siano concesse deroghe per andare incontro a queste esigenze nel proseguo dell'attività, è anche giusto cercare in un qualche modo di rinforzarle per quel che è possibile: dirò in seguito qualcosa anche sulla difficoltà da parte del sistema generale delle agenzie di eseguire oggi verifiche e controlli. Riguardo allo smaltimento dei DPI (mascherine e guanti), sui quali potranno successivamente approfondire, sia l'ingegner Frittelloni sia il senatore Ferrazzi, riteniamo che oggi la stragrande maggioranza siano classificati come «rifiuti urbani», e vanno di fatto a finire nel cosiddetto «indifferenziato». I quantitativi in surplus nell'arco di un anno potrebbero aumentare anche di molto. Facendo un po' di conti con i grammi e i pesi, abbiamo stimato un utilizzo dei DPI ammontante ad alcuni milioni di unità, si tratta più o meno di un'ampia forbice che va dalle 150 mila alle 350-400 mila tonnellate di materiale ulteriore, che potrebbe essere immesso degli impianti di smaltimento. Comunque, se si tiene presente il calo della produzione riferito agli impianti di trattamento, allo smaltimento, in questo momento non vediamo grosse criticità. Abbiamo fortemente suggerito al Ministero, che si sta attivando, la promozione di un tavolo di confronto con gli operatori del settore poiché al riguardo, visto che la situazione è in continuo cambiamento e dati certi non ce ne sono, è opportuno monitorare costantemente anche questo aspetto. Riteniamo invece che potrebbero verificarsi delle criticità nell'immediato, anche se speriamo che ciò non accada e che tutti tengano comportamenti disciplinati gettando mascherine e guanti in appositi contenitori, se a disposizione, o nei contenitori dei rifiuti urbani indifferenziati. Sto parlando di quei rifiuti e di quelle mascherine sanitarie utilizzate normalmente dal cittadino che sale sulla metropolitana e si reca sul posto di lavoro e non di quelle particolari. Mi riferisco al materiale che il cittadino compra in farmacia e potrebbe comportare un problema legato al suo abbandono. Sarebbe quindi importante avere un confronto con i gestori che si occupano di raccolta al fine di minimizzare questo rischio. Va effettuato uno studio logistico per comprendere dove collocare eventuali punti di raccolta, tenendo sempre presente che in questo caso non stiamo parlando di rifiuti particolari che possono presentare un rischio di tipo infettivo. Riguardo alle mascherine fornite dal datore di lavoro abbiamo valutato che si tratterebbe nel caso specifico di rifiuti speciali classificati con codice 15, un «codice a specchio». Voglio dire che queste Pag. 6mascherine potrebbero essere assolutamente non pericolose nella stragrande maggioranza dei casi, ma è anche vero che se vi fosse una situazione accertata di coronavirus all'interno di una di queste aziende, automaticamente i rifiuti verrebbero classificati sempre con codice 15, ma in questo caso come «pericolosi»: mi correggano l'ingegnere Frittelloni e il dottor Lanz nel caso avessi detto qualcosa di sbagliato. Non vi sfugge che, ad oggi, nel caso dei rifiuti urbani eventuali maggiori costi sarebbero a carico della tariffa, della tassa pagata dal cittadino, a meno che non intervenga un provvedimento particolare del Governo o del Parlamento; per i rifiuti speciali invece eventuali costi o eventuali situazioni di carattere organizzativo sarebbero a carico ovviamente del produttore e quindi dell'azienda. È sempre bene anche ragionare quando si parla di queste situazioni su che cosa potrebbe significare una modalità di raccolta o un'organizzazione anche rispetto al costo che questa comporta, dopodiché, il Governo e il Parlamento sono sovrani e volendo possono assolutamente decidere di intervenire. Quindi, rispetto ai DPI, ci troviamo in questa situazione: se provengono da rifiuti urbani (per esempio le mascherine) come tali sono classificati con il codice 15, se invece provengono da luoghi specifici, dove il rischio infettivo è altissimo (gli ospedali), vengono classificati con il codice 18 e soggetti a percorsi assolutamente differenti. Il sistema delle agenzie ambientali e regionali preposte ai controlli autorizzativi sui vari tipi di impianti ha registrato una situazione di stallo: pensate solamente alla situazione che si è determinata in Lombardia al momento della crisi. Attuare verifiche e controlli all'interno delle poche imprese che avevano proseguito la loro attività è diventato estremamente complesso e noi al riguardo ci siamo permessi di fornire qualche indicazione rispetto alle priorità. Vi sono infatti delle situazioni che riteniamo possano essere posposte non essendo addirittura necessarie poiché costituiscono solo un aggravio di natura burocratica. Le difficoltà in cui ci si muove non sono assolutamente poche, quindi è necessario mantenere un presidio ambientale importante; d'altra parte, non possiamo neanche aggravare ulteriormente la situazione delle imprese preposte ai controlli. Ad esempio, una cosa molto utile in questa fase sarebbe quella di coordinare i controlli effettuati dai vari enti: non è possibile pensare infatti che in un giorno uno stesso imprenditore debba sopportare la presenza in azienda di USL, ARPA, NOE e chessò, magari anche Carabinieri forestali. Dopodiché, in questa fase, oltre alla semplificazione e alla razionalizzazione dei controlli e delle verifiche, sarebbe anche utile ragionare su che cosa potrebbe essere introdotto sul mercato, ad esempio, per affrontare determinati problemi. Pensate che prima di questa grave crisi è stata portata avanti una giusta campagna da noi condivisa riguardante l'impiego della plastica monouso; non sfugge a nessuno che in un contesto come questo il tema va riproposto. Quello che voglio dire è che qualche pratica virtuosa potrebbe forse essere introdotta. In ogni caso, oggi rimaniamo in presenza di una situazione di grandissima criticità che, lo ripeto, va monitorata da un lato per mettere le imprese nelle condizioni di poter ripartire, di operare nella piena legalità e dall'altro anche per cercare di far sì che questo materiale venga gestito in maniera corretta, sia dal punto di vista della raccolta e dello smaltimento sia dal punto di vista della definizione dei costi e dei controlli. Io ho finito la mia lunga introduzione e se me lo permette, signor Presidente, lascerei la parola all'ingegnere Frittelloni che vuole approfondire alcune tematiche.

  PRESIDENTE. Prego, ingegner Frittelloni.

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Buonasera al Presidente e a tutti i Commissari. Quello che mi interessava approfondire rispetto a quanto già detto dal direttore generale è il contributo forse più originale della relazione che abbiamo presentato oggi: mi riferisco alla quantificazione, alla stima dei dispositivi. Perché abbiamo fatto questa stima? Per Pag. 7cercare di capire di quanto si stava parlando, di quali sono i quantitativi in gioco, e se il nostro sistema impiantistico, oggi, è in grado di supportare un incremento di queste quantità. Non è stato facile riuscire a dare qualche dato su questo, perché anche il fabbisogno di mascherine e di guanti in questo momento non è un dato consolidato. Non è un dato certo, non ci sono dati forniti ufficiali, e quindi ci siamo un pochino basati sui dati che abbiamo sentito emergere dalle dichiarazioni, sia del Commissario Arcuri sia del dottor Borrelli della Protezione Civile. Noi abbiamo prodotto in una forma molto cautelativa per capire, nelle condizioni peggiori, se il nostro sistema sia in grado o meno di supportare queste quantità. Come diceva il direttore, abbiamo valutato per un utilizzo di circa 35 milioni, 40 milioni di pezzi di mascherine al giorno. Abbiamo supposto un utilizzo di due guanti per ogni mascherina. Queste sono supposizioni che noi abbiamo fatto, e sulla base delle quali abbiamo poi proceduto alla stima del quantitativo. Per le mascherine, noi abbiamo verificato le schede di prodotto per capire i pesi. Ci sono mascherine di tipologie molto, molto diverse tra loro che vanno dalla classica mascherina, quella chirurgica, che ha un peso intorno ai 3 grammi, 5 grammi, alle mascherine più complesse, che arrivano fino a 30 grammi. Abbiamo analizzato 33 modelli di mascherine e valutato un peso medio di circa 11 grammi. Come capite, questo peso medio è molto cautelativo rispetto alla stima finale; immaginiamo che la stragrande maggioranza delle persone utilizzeranno le mascherine chirurgiche, quelle del tipo più semplice, che hanno anche il peso minore. Considerando a livello cautelativo un peso di 11 grammi per unità, verrebbe fuori un quantitativo, da qui a fine anno, di circa 100 mila tonnellate; quindi non stiamo parlando di quantità tali da poter essere considerate critiche rispetto ad un'eventuale gestione. Stessa cosa abbiamo fatto sui guanti valutando varie schede di prodotto. Anche i guanti sono fatti di più materiali (neoprene, lattice, nitrile) e sono molto diversi tra di loro. Quindi abbiamo valutato circa 63 modelli di guanti diversi, e abbiamo fatto una media (anche in questo caso per coppia di guanti, con un peso di circa 11 grammi) per arrivare anche qui – a fine anno – ad avere una stima di circa 300 mila tonnellate medie di rifiuti. Quindi, in generale, sommando le 100 mila mascherine con le 200 mila di guanti, arriveremo alle 300 mila totali. Però, come vi dicevo, sono stime che anche a livello medio sono molto cautelative, perché immaginiamo che questo peso medio di 11 grammi delle mascherine, in realtà, sarà molto più basso, perché la maggior parte delle persone tenderà giustamente ad utilizzare le mascherine chirurgiche, che hanno un peso inferiore. Perché lo abbiamo fatto? Lo abbiamo fatto per valutare se oggi il sistema è in grado di sopportare questo nuovo carico. In effetti, valutando la riduzione della produzione totale (nel bimestre marzo-aprile dei rifiuti urbani), abbiamo potuto rilevare, è uscito proprio qualche giorno fa, il dato di PIL con una riduzione dell'8, o il 9 per cento. Infatti, questo corrisponde più o meno alla prima rilevazione biometrica che abbiamo effettuato sulla produzione di rifiuti urbani, che si aggira intorno al 10 per cento, come diceva il direttore generale. Questo ha comportato, in questi due mesi, una riduzione di circa 500 mila tonnellate di rifiuti che, come vedete, compensano abbondantemente la produzione di eventuali rifiuti di DPI usati (in due mesi compensiamo l'eventuale produzione fino a fine anno). Quindi il sistema è assolutamente in grado, al momento, di sostenere questa produzione dei rifiuti. L'altra analisi che abbiamo sviluppato partendo dai dati del «Modello unico dichiarazione ambientale», è quella dei rifiuti prodotti dal sistema sanitario. Anche in questo caso, ogni anno, rileviamo la produzione di rifiuti del sistema sanitario; i rifiuti sanitari sono disciplinati dal DPR n. 254 del 2003, che in gran parte assimila i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie a dei rifiuti urbani, tranne i rifiuti che provengono da reparti infettivi o i rifiuti pericolosi, che hanno problemi di radioattività o di tossicità di altra natura. Quindi, valutando la quantità di rifiuti che hanno una pericolosità, sia di origine infettiva Pag. 8 sia di altra natura, (codice 18, provenienti dalle strutture sanitarie) ogni anno abbiamo rilevato una quantità dei rifiuti che va dalle 170 alle 180 mila tonnellate (nel 2018, circa 170 mila tonnellate). Abbiamo verificato la potenzialità degli impianti che trattano questi rifiuti (il DPR n. 254 del 2003 stabilisce per questi rifiuti di origine sanitaria, soprattutto per quelli a rischio infettivo, come smaltimento prioritario l'incenerimento, o la sterilizzazione e l'avvio in impianti di discarica). Abbiamo valutato gli impianti attraverso le autorizzazioni per verificarne le potenzialità. In effetti, abbiamo rilevato, fra incenerimento e sterilizzazione, una potenzialità di circa 340 mila tonnellate di cui 120 mila sono degli impianti di sterilizzazione. Nel 2018 sono state trattate circa 96 mila tonnellate in impianti di incenerimento, e circa 50 mila tonnellate in impianti di sterilizzazione. Valutando le potenzialità, ci si può rendere conto che gli impianti dedicati alla gestione di questa tipologia di rifiuti reggerebbero la produzione. Dopodiché, sulla questione della classificazione dei DPI – giusto una piccola integrazione rispetto a quanto detto dal direttore generale –, normalmente i dispositivi di protezione individuale sono utilizzati dal settore sanitario, oppure dal settore produttivo nei cicli industriali, ove necessario. La norma già prevede che nel caso dei rifiuti sanitari debbano essere classificati come n. 180103; altrimenti dagli altri reparti possono essere assimilati a rifiuti urbani (questo già lo prevede il DPR n. 254 del 2003). Per le utenze industriali la norma prevede che questa classificazione venga fatta in base alla funzione del prodotto, e quindi con codifica CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) pertinente a quella del n. 150203 che rappresenta le sostanze assorbenti filtrati (gli stracci, gli indumenti protettivi) che hanno, come diceva il direttore generale, «la voce specchio». Su questo quadro, chiaramente si è inserita l'emergenza coronavirus, che ha fatto sì che questi DPI, in realtà, non siano più soltanto prodotti da questi due flussi, ma siano entrati prepotentemente nel flusso dei rifiuti urbani perché chiaramente vengono utilizzati quotidianamente da tutti noi a scopo protettivo. Quindi la novità sta proprio nel fatto che questi rifiuti, i DPI usati, vengono in questo momento prodotti al di fuori dei circuiti ordinari (che normalmente eravamo abituati ad osservare), ma anche nel settore sanitario queste quantità di rifiuti venivano assimilate agli urbani, e quindi gestite con le quote degli indifferenziati normali. Questa classificazione, che è stata fatta dall'Istituto Superiore di Sanità con la prima nota di marzo, in realtà, si è appoggiata fortemente a quanto già era disciplinato dalla normativa dei rifiuti sanitari a livello italiano e questo ci tenevo a precisarlo. Io ho finito, ma se ci sono altre domande, chiaramente rimango a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie per l'esposizione. Cedo la parola all'onorevole Vianello.

  GIOVANNI VIANELLO. Grazie, signor Presidente. Ringrazio ovviamente il direttore Bratti e l'ingegner Frittelloni che hanno riportato dati puntuali e svolto un'ottima ricostruzione relativa alle disposizioni normative introdotte per affrontare questa emergenza Covid. Io avrei due argomenti da trattare: il primo riguarda le linee guida che ISPRA insieme ad ARPA, hanno emanato per la sanificazione degli ambienti esterni, in merito all'utilizzo dell'ipoclorito di sodio (candeggina). Vorrei sapere se il rispetto di queste linee guida è obbligatorio per i comuni; qualora non ci fosse un obbligo, volevo capire se era previsto qualche tipo di monitoraggio per comprendere lo stato delle falde. Il resto delle domande sono invece sulla situazione dei rifiuti. Mi sembra di aver capito dalle esposizioni che oggi abbiamo ascoltato che i timori espressi dai gestori fortunatamente si sono rilevati infondati. A proposito della nota dell'ISPRA del 23 marzo 2020 il punto due recita: «Garantire il prioritario avvio all'incenerimento dei rifiuti sanitari aventi rischio infettivo.». Perché non si è anche considerata la sterilizzazione in situ, come fanno alcuni ospedali in Italia? Vorrei anche comprendere se abbiamo un dato riferito al flusso di rifiuti che sono stati smaltiti in discarica nei casi in cui si dovessero Pag. 9 presentare difficoltà di destinazione e se si è verificata la situazione prevista dal punto tre. Inoltre, vorrei anche sapere se ci sono state delle sospensioni dei regimi di autocontrollo e di controllo nei casi di accertata difficoltà di accesso ai servizi tecnici-ambientali.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Chiederei all'ingegner Frittelloni di fornire le risposte di natura tecnica io dirò qualcosa sul monitoraggio. Prego, ingegnere.

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Sulla questione dell'utilizzo delle linee guida, chiaramente sono linee guida, quindi non sono obbligatorie. Però, abbiamo avuto moltissime domande dai comuni, molte richieste. In effetti, registriamo che più o meno le stanno adottando. Questa è la sensazione che noi abbiamo. Quindi, al momento non abbiamo esiti particolari, o situazioni di criticità da questo punto vista. Non siamo noi di ISPRA che facciamo il monitoraggio sul territorio, le ARPA hanno la situazione più sotto controllo di noi: d'altro canto, questa era una linea guida SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) prodotta insieme a tutte le agenzie. Rispetto ad un eventuale inquinamento in falda, noi abbiamo sconsigliato un utilizzo massivo di ipoclorito di sodio. Ci sembra che i comuni stiano considerando la linea guida così come richiesto, forse le agenzie regionali su questo potrebbero avere maggiori indicazioni di noi. Per quanto riguarda la situazione degli stoccaggi, rispetto al quadro che oggi abbiamo descritto, va fatta una specificazione: quella richiesta di ampliare, in fase emergenziale, le capacità di stoccaggio, di deposito temporaneo è avvenuta nella primissima fase dell'emergenza. Inoltre, va anche riferita a specifiche tipologie di rifiuti. Il quadro che noi abbiamo analizzato riguarda la gestione dei rifiuti urbani ed eventualmente delle mascherine, o i rifiuti sanitari che hanno un loro percorso normativo ben individuato. I problemi nel nostro Paese ci sono per alcune specifiche tipologie di rifiuti: mi riferisco, ad esempio, alle ceneri leggere prodotte dagli inceneritori che non vengono gestite in Italia, o ad alcune specifiche tipologie di rifiuti che non hanno una collocazione nel nostro Paese, non trovano una destinazione e in quei casi vengono destinate agli impianti esteri. La richiesta era proprio per cercare di dare un minimo di elasticità ai nostri impianti, in modo tale che potessero essere compensate delle situazioni di eventuali criticità rispetto a destinazioni di queste specifiche tipologie di rifiuti. Anche per quanto riguarda la raccolta differenziata molte aziende colpite da contagi del personale facevano fatica a svolgere un servizio efficace. Il fatto di poter consentire, per esempio, ai produttori di ampliare il deposito temporaneo presso il luogo di produzione, consentiva di non avere il problema della raccolta. Quelle indicazioni fornite a marzo (in una prima fase emergenziale) avevano e hanno a tutt'oggi una loro validità data dal concedere elasticità al sistema impiantistico italiano. Voi sapete (perché siete specialisti della materia) che sono presenti delle rigidità per alcuni flussi di rifiuti perché il sistema italiano è carente di alcune tipologie di impianti: stiamo parlando di specifici flussi. Per quanto riguarda poi l'avvio prioritario all'incenerimento indicato nella linea guida si tratta dei rifiuti urbani, non dei rifiuti sanitari. Quindi, stiamo parlando di rifiuti, la linea guida si riferiva alla gestione dei rifiuti urbani. I rifiuti sanitari sono normati dal DPR n. 254 del 2003 che continua a valere e viene applicato per la gestione dei rifiuti prodotti dalle aziende sanitarie, dai reparti ospedalieri. Noi abbiamo fornito indicazioni per la gestione dei rifiuti sanitari, trattasi di milioni di tonnellate che non potevano essere inviate a sterilizzazione in loco. Come vi ho detto la capacità di sterilizzazione nel nostro Paese non è in grado di sopportare la sterilizzazione di tutti i rifiuti prodotti dal sistema dei rifiuti urbani. Per cui, se si vuole fare una sterilizzazione dei rifiuti prodotti dagli urbani bisogna necessariamente fare una raccolta selettiva delle tipologie di rifiuti da avviare Pag. 10alla sterilizzazione. La stessa risposta la darei rispetto al flusso in discarica perché le erano indicazioni riguardavano il flusso dei rifiuti urbani in una situazione in cui non vi era la possibilità di fare una raccolta dedicata per le utenze in molte regioni. Sono state emanate delle ordinanze regionali – che sicuramente conoscete – perché non c'era la possibilità di effettuare una raccolta dedicata per le utenze in cui c'erano malati, o in cui c'erano dei casi di positivi in quarantena. Quindi, tutto finiva nel circuito dei rifiuti urbani e l'indicazione è stata data proprio per conformare la gestione di quei rifiuti a quello che già prevede la norma per i rifiuti sanitari, gestione che presenta meno rischi di carattere infettivo. Voi dovete sapere che, per quanto riguarda il recupero e la raccolta, molti degli impianti che fanno selezione delle raccolte differenziate in Italia lavorano manualmente: la selezione manuale è molto più efficace. Ci sono degli operatori specializzati, quindi anche per questo motivo è stato prescritto dall'Istituto Superiore di Sanità di limitare la raccolta differenziata proprio perché il nostro sistema, il sistema italiano, ha come caratteristica la raccolta e la selezione anche manuale della raccolta differenziata.

  GIOVANNI VIANELLO. Scusi, Presidente. Voglio ringraziare l'ingegner Frittelloni per la spiegazione esauriente sulle questioni che avevo posto. C'era un'ultima cosa che forse non ho compreso bene sul punto quattro: «la possibilità di agevolare la programmazione, la sospensione dei regimi di autocontrollo e di controllo nei casi di accertata difficoltà di accesso ai servizi tecnici- ambientali». Vi risulta che ci siano state effettuate queste riprogrammazioni?

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Questo è da verificare non solo per la questione rifiuti, ma anche per gli impianti di altro genere dotati di autorizzazione ambientale integrata. In accordo con il Ministero abbiamo inviato un questionario per cercare di capire questa situazione di difficoltà. Abbiamo elaborato una serie di domande per capire in che situazione si potessero trovare e per poter poi eventualmente riprogrammare. Si tratta di un'iniziativa assolutamente in essere. Tenete presente che c'è stata la vicenda dell'ordinanza del sindaco relativa all'Ilva con una discussione in sede TAR per cui ci sono stati chiesti tutta una serie di elementi relativi al monitoraggio di un periodo che non corrispondeva a quello dell'atto. Quindi riprogrammare un certo tipo di attività è assolutamente possibile, perché a nostro avviso ciò non inficia il controllo ambientale. Tenete presente che in una situazione di lockdown anche le imprese che dovevano fare i controlli non potevano disporre dei laboratori di riferimento perché erano stati chiusi; c'è stata tutta una serie di difficoltà che abbiamo cercato di verificare e di monitorare. Uno tra i tanti problemi che si potrebbe verificare è dato da un uso massiccio di ipoclorito per l'attività di depurazione: come sapete le attività di depurazione sono costituite, oltre che dal trattamento chimico-fisico, anche da un trattamento biologico. Al riguardo, va detto che i monitoraggi obbligatori non sono stati tralasciati. C'è stata una sospensione, ci sono stati dei ritardi, però le situazioni di emergenza sono state monitorate dalle agenzie preposte ai controlli anche in una situazione di difficoltà come quella che si è attraversata.

  PRESIDENTE. Grazie direttore. Prego, senatore Ferrazzi.

  ANDREA FERRAZZI. Grazie, Presidente. Grazie anche al direttore e all'ingegnere per la chiarezza e l'esaustività della spiegazione. Se ho capito bene i DPI sono indifferenziati e vanno nei rifiuti urbani, ma nel caso di contagio, di cittadini positivi al coronavirus, al Covid-19, cambierebbe la tipologia. Vorrei capire come funziona dal punto di vista materiale. I cassonetti relativi a quella persona vengono monitorati, vengono controllati? È stata data una disposizione alle aziende locali per gestire in maniera differenziata? Volevo poi chiedere se avete fatto un approfondimento sull'impatto, l'importanza, la necessità o l'irrilevanza Pag. 11 della sanificazione delle strade. Molti sindaci in alcuni comuni hanno attivato degli interventi di questo tipo ormai da parecchie settimane. A vostro parere sono scientificamente fondati oppure no? L'ultimissima cosa che poi si collega a questa domanda: sono usciti parecchi studi in queste settimane su una correlazione reale, sembrerebbe positiva, tra il grado di inquinamento (in particolare il particolato) e la diffusione del virus. Volevo capire se avete fatto anche voi alcuni studi, e se potete fornirci i relativi dati. Grazie.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Per le prime due domande lascerei di nuovo la parola all'ingegner Frittelloni, in seguito vi spiegherò molto volentieri quello che stiamo facendo sul tema sollevato dal senatore Ferrazzi.

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Sì, grazie senatore. In realtà, al momento i DPI rientrano nel flusso degli urbani e a livello locale si stanno organizzando delle raccolte dedicate sulle utenze – ne abbiamo notizia – che riguardano dei malati o dei positivi, ma questo non vuol dire che tale tipo di rifiuto esca dal regime di classificazione dei rifiuti urbani. Si tratta semplicemente di una modalità individuata nel primo documento dell'Istituto superiore di sanità che aveva fornito le seguenti indicazioni: riuscire a portare avanti una raccolta dedicata laddove la cosa fosse percorribile, anche se non vi sfugge che non si tratta di una cosa semplice; questo implica il possedere tutta una serie di informazioni che sono anche soggette a privacy. Quindi all'inizio della fase emergenziale è stato molto difficile pensare di poter realizzare questo tipo di raccolte; da subito lo ha fatto la regione Toscana con un'ordinanza attraverso cui sono state fornite delle indicazioni sul come effettuare la raccolta differenziata. La ASL segnalava alle aziende di raccolta le utenze dove si trovavano malati o positivi. Le aziende effettuavano questo servizio specifico però i rifiuti raccolti venivano trattati come indifferenziati applicando le cautele individuate dall'Istituto Superiore di Sanità nel suo documento. Quindi non c'è un monitoraggio al cassonetto, ma una gestione separata attuata dall'azienda municipalizzata che ha potuto così organizzare questo servizio. Tutto ciò non è stato possibile farlo nella prima fase dell'emergenza perché, soprattutto in alcune zone del Paese, dove il contagio è stato molto veloce nei primi giorni, la priorità delle aziende è stata quella di mantenere effettivo e operativo il servizio, evitando di sovrapporre l'emergenza data dalla raccolta dei rifiuti all'emergenza sanitaria in atto in quel momento. Inoltre, nelle zone più colpite, è stato difficile monitorare fin dall'inizio le utenze che presentavano casi di positività poiché le informazioni erano molto meno strutturate se confrontate con la fase attuale. Con il passare del tempo le regioni hanno fornito le necessarie indicazioni, gli enti locali si sono mossi e a livello comunale le organizzazioni si stanno avviando rapidamente allo smaltimento tramite incenerimento in discarica, naturalmente previa sterilizzazione o igienizzazione in modo da garantire la sicurezza del processo. Riguardo alla sanificazione stradale noi come ISPRA non abbiamo fatto un monitoraggio di questo tipo. Lascio la parola al direttore per l'ultima risposta.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Al riguardo non ci risultano monitoraggi particolari. Noi abbiamo fornito delle indicazioni su base scientifica riguardanti le concentrazioni relative all'ipoclorito di sodio.
  Per rispondere all'altro interrogativo posto dal senatore Ferrazzi ritengo importante informarvi circa la promozione di un'indagine, attraverso la collaborazione dell'Istituto Superiore di Sanità e la rete italiana ambiente e salute (RIAS), sulla correlazione tra inquinamento atmosferico in Italia ed epidemia da Covid-19. Ora, un «preprint» che ha creato molto allarmismo ha individuato il particolato come carrier, «come trasportatore di particelle virali». Questa affermazione, oggi mi sento di dirlo, non poggia su una sperimentazione adeguata, Pag. 12 si tratta di una suggestione che può essere interessante, ma è assolutamente tutta da verificare. Si sono poi succedute altre prese di posizione tra cui quella della Rete Italiana Ambiente e Salute con cui noi di ISPRA abbiamo condiviso un documento ufficiale che mette seriamente in discussione questa affermazione. Il documento sottolinea il fatto che in situazioni dove esiste un inquinamento atmosferico elevato e quindi dove le popolazioni sono esposte a pressioni ambientali di un certo tipo, non vi è dubbio che vi possa essere una suscettibilità maggiore a essere infettati da organismi di natura batterica oppure da virus; si tratta sicuramente di un tema da prendere in considerazione in maniera assolutamente seria. D'altronde, come voi ben sapete, è già stato dimostrato ampiamente dalla letteratura scientifica che elevate concentrazioni di particolato sono foriere di patologie diverse anche di natura cronica; al riguardo, c'è una dimostrazione confermata da dati statistici e tecnico-scientifici che nessuno può assolutamente mettere in discussione. Noi siamo i promotori di un progetto che studierà specificatamente questo problema e che abbiamo reso pubblico oggi insieme all'Istituto Superiore di Sanità. C'è poi un altro progetto promosso circa quindici giorni fa che si chiama PULVIRUS e che ha coinvolto anche ENEA, Istituto Superiore di Sanità, ISPRA e, di fatto, tutte le agenzie regionali. Hanno aderito con particolare interesse le agenzie del Nord Italia, quindi l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) del Veneto, ARPA Lombardia, ARPA Emilia-Romagna, ma anche ARPA Lazio, ad esempio, perché il tema delle polveri sottili in questa regione è abbastanza presente. Il progetto è complesso, consta di sette obiettivi, e prevede uno studio sui livelli di concentrazione dei principali inquinanti che si sono determinati durante il periodo del lockdown. Tra l'altro, questo stesso studio ci è utile anche per comprendere le influenze dovute alla diversità delle varie attività antropiche. Durante il periodo del lockdown c'è stato un indiscutibile crollo relativo al livello del biossido di azoto, ma è sempre presente la necessità di studiare in maniera più approfondita gli scenari emissivi attraverso lo studio delle simulazioni. Sempre durante il lockdown si è manifestata una situazione strana riguardo al particolato: in alcune città la concentrazione delle polveri è rimasta abbastanza elevata nonostante si fosse attuato il blocco del traffico. Dobbiamo effettuare analisi in grado di farci comprendere la natura di questi fenomeni e prendere i provvedimenti necessari per tornare al più presto alla normalità. Stiamo effettuando una valutazione dell'impatto sulla riduzione delle emissioni e sulla composizione e la concentrazione dei cosiddetti gas serra. Ci sono tre stazioni di monitoraggio della CO2 molto importanti in Italia, gestite da enti diversi, ENEA, CNR e noi. Anzi, noi in realtà coordiniamo, l'altro soggetto è rappresentato dall'RSE (Ricerca sul Sistema Energetico). Questi enti misurano le emissioni di CO2, quindi era importante verificare la situazione relativa anche ai gas serra. Si è notata una riduzione di quasi il 7 per cento dei gas serra in questo periodo, ma ovviamente abbiamo bisogno di approfondire. Infine, concludo rappresentandovi uno tra gli studi più sperimentalmente intriganti di questo periodo che analizza le interazioni fisico-chimiche e biologiche tra polveri sottili e virus.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Ringrazio il direttore Bratti e l'ingegner Frittelloni. La prima domanda riguarda la sterilizzazione in situ e chiedo perché non si ritenga di forzare un po' di più la mano e obbligare almeno le strutture ospedaliere e sanitarie a sterilizzare i rifiuti in situ. Si potrebbe trattare di una pratica quotidiana fatta in giornata che ci dispenserebbe dal portare il virus in giro per l'Italia. L'ingegner Frittelloni ha detto, se ho ben capito, che sono state sterilizzate in situ circa 50.000 tonnellate di rifiuti a rischio infettivo nel 2018. Volevo capire se ci potete fornire dei dettagli, capire dove è successo. Forse si riferisce ai rifiuti dei porti. Secondo alcune legislazioni i rifiuti delle navi da crociera devono essere sterilizzati. Era per capire se questa attività viene fatta anche in strutture sanitarie oppure solo in ambito portuale, anche perché il Ministro dell'ambiente ci ha detto in una recente Pag. 13audizione che nessuna regione ha chiesto di utilizzare questa pratica che è legale e normata dal DPR n. 254 del 2003. L'ospedale Covid di Rimini utilizza questa metodica fondata su un brevetto italiano utilizzato in cinquanta Paesi del mondo e fra poco anche in Cina. Ricordo che i costi si riducono del 70 per cento e il volume dell'80 per cento con meno trasporti e meno emissioni e, sicuramente, come ha detto il direttore Bratti, ridurre le emissioni è sempre importante. Risulta poi che nelle aste per lo smaltimento dei rifiuti sanitari forse si stiano verificando dei cartelli; a Bergamo per esempio si parla di 0,5 euro al chilogrammo per lo smaltimento finale, quando il prezzo di mercato classico è tra 0,15 e 0,2. È chiaro che facendo così si toglie valore alla sterilizzazione in situ e su questo attenzionerò anche l'Autorità Garante per la Concorrenza. Oltretutto la normativa potrebbe evolvere consentendo il recupero di materia dei rifiuti ormai sterilizzati. Io ho lavorato in Zimbabwe dove si fanno le capanne con i rifiuti sterilizzati. Riguardo poi al documento dell'ISS sui fanghi di depurazione in Emilia-Romagna, che il direttore Bratti conosce bene, il 95 per cento dei fanghi viene trasformato in gessi di defecazione secondo quello che ha detto il dirigente regionale all'ambiente a Ecomondo di quest'anno. Il gesso di defecazione viene confezionato attraverso diverse metodiche basate per lo più sul fast environment, per cui in poche ore si può avere un prodotto da spandere. Queste poche ore non sempre sembrano così adatte a sterilizzare, proprio sulla base del fatto che il virus per un po' di tempo persiste anche nei fanghi di depurazione. L'ultima domanda riguarda il regime di responsabilità estesa per i produttori di guanti e mascherine.

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Posso dare la risposta sulla prima questione posta dall'onorevole Zolezzi circa la sterilizzazione, poi magari lascio la parola al dottor Lanz per la parte relativa ai fanghi e al direttore sulla questione più generale dei costi e dei cartelli perché magari può fare delle valutazioni di carattere più generale. Sulla questione della sterilizzazione in situ certamente quella è la soluzione più efficace perché evita il trasporto di questi rifiuti e quindi sarebbe la situazione più efficace. Sicuramente però tutta la questione sanitaria è normata da questo DPR n. 254 del 2003. Oggi siamo nel 2020 e quindi potrebbe essere aggiornato prevedendo l'obbligatorietà per le strutture sanitarie di introdurre certi trattamenti in situ, cosa che oggi non è prevista come lei sa. Sulla questione delle 50.000 tonnellate di rifiuti trattati non mi riferisco a trattamenti in situ, ma a impianti di sterilizzazione autorizzati sul territorio nazionale che effettuano la sterilizzazione di rifiuti sanitari a rischio infettivo. Abbiamo le dichiarazioni del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) e abbiamo le autorizzazioni. Queste 50.000 tonnellate di rifiuti sanitari 180103 sono trattate in queste tipologie di impianti autorizzati alla sterilizzazione.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, potete far avere alla Commissione, anche in forma riservata, questi MUD degli impianti?

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Sì, certo, assolutamente. Lascio la parola al collega per la parte relativa ai fanghi.

  ANDREA MASSIMILIANO LANZ, Responsabile dell'area contabilità di rifiuti del Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Grazie, solo una precisazione sul dato degli sterilizzatori, una piccola aggiunta. Si parlava degli impianti portuali. Va effettivamente detto che in quei sedici sterilizzatori che abbiamo censito ci sono anche due sterilizzatori che sono due impianti portuali di sterilizzazione, localizzati in aree portuali e tipicamente rivolti alla sterilizzazione dei rifiuti provenienti dalle navi. Parliamo di sterilizzatori conto terzi, quindi di soggetti autorizzati a gestire non i propri rifiuti. Non stiamo parlando di sterilizzatori in situ presso le aziende ospedaliere che tra l'altro non sono attualmente molto diffusi. Per quanto riguarda la questione Pag. 14 dei fanghi di depurazione, sappiamo bene che l'utilizzo agronomico dei fanghi è una questione aperta da diversi anni. Noi sicuramente come ISPRA abbiamo sempre evidenziato la necessità che il fango da destinare in agricoltura può avere il suo apporto benefico al suolo perché apporta nutrienti, ma deve garantire anche la non contaminazione e il non inquinamento dei suoli. Tra gli aspetti che noi abbiamo sempre evidenziato come prioritari c'è la necessità che il fango, come peraltro è richiesto anche dal decreto legislativo n. 99 del 1992, sia preventivamente sottoposto a processi di stabilizzazione, quindi a processi di trattamento in particolar modo, quindi il fango deve essere preventivamente trattato. Senza entrare nel merito del trattamento che porta alla produzione dei gessi da fanghi ovvero se il gesso sia da ritenersi un tipo di materiale da apportare al suolo disciplinato dalla normativa sui rifiuti oppure al di fuori della normativa sui rifiuti, va detto questo. Da un punto di vista del trattamento, il trattamento con calce, benché non in grado di stabilizzare il fango dal punto di vista biologico, se condotto nella maniera opportuna, quindi con tempi sufficienti, con un'adeguata miscelazione del fango, un adeguato contatto tra i reagenti, portando il PH a valori elevati e quindi superiore a dodici con dei processi anche di tipo esotermico, può consentire una sterilizzazione. È chiaro che qui il fattore fondamentale è che il trattamento sia condotto, passatemi il termine, con la migliore tecnica possibile. Deve essere gestionalmente trattato nella maniera opportuna, in maniera corretta. Però chiaramente il trattamento del fango, anche di tipo chimico, può determinare comunque una riduzione della carica patogena. È chiaro che dipende tutto da come il trattamento va fatto, poi sulla questione della persistenza del virus COV-2 sulle varie matrici le conoscenze sono limitate perché è un virus nuovo su cui non si hanno molte conoscenze. Però quello che sostanzialmente viene detto anche dagli epidemiologi è che questa tipologia di virus è quella più sensibile alle condizioni esterne ambientali. Sono i virus più sensibili alle temperature e alle variazioni di PH, quindi sicuramente non sono da questo punto di vista i virus più resistenti nell'ambiente.

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. L'istituzione di un regime di responsabilità estesa prevede dei tempi di attesa. Se si pensa di poter rispondere con un regime di responsabilità estesa alla situazione emergenziale, questo non ci pare possibile. Su una questione di lungo termine andrebbe valutato se è utile, nel senso che in condizioni normali questi DPI fondamentalmente vengono prodotti dalle strutture sanitarie o da alcune aziende e alcune industrie che li utilizzano. Bisogna capire se in condizioni ordinarie è utile e se ha un senso da un punto di vista economico istituire un regime di responsabilità estesa su questo specifico flusso. Ci sono flussi al momento che invece lo richiederebbero. Penso per esempio alle plastiche non imballaggio che oggi vanno quasi tutte nel rifiuto indifferenziato perché la raccolta differenziata delle plastiche è limitata agli imballaggi e quindi c'è la mancanza di un regime di responsabilità estesa su quel flusso che invece è consistente perché parliamo di quasi due milioni di tonnellate di rifiuti prodotti l'anno, quindi forse in quel caso avrebbe più un senso. L'istituzione di un regime dà sempre un'efficacia di monitoraggio sul flusso, quindi è comunque un fatto positivo. Bisogna capire se in condizioni ordinarie il flusso dei DPI richiede l'istituzione di un regime di responsabilità estesa. Certamente non lo vediamo come uno strumento utile in fase emergenziale perché l'istituzione di un sistema richiede tempi troppo lunghi che non risponderebbero all'emergenza.

  TULLIO PATASSINI. Grazie, Presidente. Ringrazio il dottor Bratti, il direttore generale, per l'esposizione sempre puntuale e attenta e l'ingegner Frittelloni che ha assistito il dottor Bratti in questa videoconferenza. Io vorrei puntualizzare e avere chiarimenti da voi su un paio di aspetti. Da una parte ho sentito che teoricamente, e voi avete avuto anche evidenza, c'è un aumento Pag. 15di produzione di rifiuti solidi urbani. Questo potrebbe portare in sofferenza alcune zone d'Italia riguardo al conferimento in discarica per una questione di capienza spaziale o comunque le discariche avrebbero una vita più breve per il maggiore conferimento di questa tipologia di rifiuti. Vorrei avere da voi un parere in questo senso. È chiaro che tutto sarebbe più facile, come diciamo più volte e come abbiamo già detto al Ministro Costa nella precedente audizione, se venisse colmata la carenza impiantistica che abbiamo in alcune parti d'Italia, in particolare in ordine ai termovalorizzatori. Tra l'altro, come anche il Ministro Costa ci ha confermato nella precedente audizione, è evidente che portare ad altissime temperature un rifiuto, ancorché sia potenzialmente contagioso con residui di Covid, è lo strumento più veloce, più semplice e ovviamente più economico. L'altro aspetto è dato dalla questione dei DPI. In alcuni casi questi DPI vengono gestiti, permettetemi il termine, come rifiuti solidi urbani. In alcuni casi ho sentito, come anche nella vostra relazione, che sono considerati rifiuti speciali. Su questo argomento io vi chiederei un supplemento di verifica e anche di istruttoria. Non vorremmo trovarci nella condizione in cui il mondo delle imprese a causa dello smaltimento di questo tipo di rifiuti si trovi a dover gestire registri, controlli, verifiche e, potenzialmente, multe. Non capisco quale sia la differenza tra una mascherina utilizzata da me in questo momento e quella che utilizza il falegname nella sua falegnameria. Su questa cosa vi chiederei chiaramente di rivalutare, se possibile, la vostra posizione, assolutamente lodevole e importante. Il dottor Bratti parlava anche di una questione sui DPI, sul costo delle mascherine e sull'adeguatezza. È chiaro che servirebbe un impegno molto forte che nella precedente audizione non abbiamo riscontrato da parte del Ministro Costa. In realtà, l'unica cosa che ci ha detto Costa è che il Ministero si è semplicemente limitato a mettere insieme ISPRA e l'Istituto Superiore della Sanità per l'emanazione di linee guida, tra l'altro una circolare di quattro pagine di cui io vi ringrazio. Ringrazio soprattutto ISPRA per il grandissimo lavoro che ha fatto in questo periodo. Il Ministro martedì scorso ci ha detto che non è in grado di emanare decreti ministeriali, quindi secondo il vostro parere è corretto dire che dovranno provvedere le regioni e le singole ARPA su questo?

  VALERIA FRITTELLONI, Responsabile del centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Rispetto alla prima domanda posta dall'onorevole Patassini, noi in realtà abbiamo registrato una riduzione della produzione dei rifiuti urbani. Chiaramente è una riduzione essenzialmente ascrivibile alla riduzione dei consumi che si è avuta in questi due mesi e al fatto che le utenze commerciali che normalmente incidono in maniera sostanziale sulla produzione dei rifiuti urbani, essendo chiusi la maggior parte degli esercizi commerciali, non hanno conferito il loro consueto flusso di rifiuti. In realtà in questi due mesi noi abbiamo visto una riduzione della produzione dei rifiuti. Per quanto riguarda la questione della classificazione dei DPI, poi magari lascio la parola, se il Presidente autorizza, al Dottor Lanz che è più esperto di me sulla parte della classificazione, però voglio dire soltanto due cose. La classificazione dei rifiuti si fa per provenienza del rifiuto e quindi anche la stessa cosa prodotta in luoghi diversi può avere una classificazione diversa. Una classificazione che ritiene il rifiuto più pericoloso comporta un incremento dei costi per l'azienda. C'è però da dire che in molti casi, attraverso le ordinanze regionali, questi rifiuti sono stati assimilati ai rifiuti urbani con ordinanza e quindi questo problema non si è posto. Molte utenze di artigiani, ma anche utenze produttive, sono già per regolamenti locali assimilate ai rifiuti urbani e quindi incidono sul relativo flusso con tutte le conseguenze del caso, compresi i costi. Lascerei pertanto parola al dottor Lanz che magari può dare una spiegazione più incisiva sulla classificazione e su come si opera per attuarla.

  ANDREA MASSIMILIANO LANZ, Responsabile dell'area contabilità di rifiuti del Pag. 16Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare. Aggiungo qualche piccola parola perché l'ingegner Frittelloni ha già risposto in maniera abbastanza esauriente. Faccio solo una precisazione proprio sulla procedura ordinaria di classificazione dei rifiuti. Noi sappiamo che la procedura di classificazione dei rifiuti è disciplinata da una normativa europea e quindi da una decisione che dà delle indicazioni ben precise su come i rifiuti devono essere classificati. Come diceva bene l'ingegner Frittelloni, rifiuti anche analoghi con caratteristiche analoghe sono comunque classificati in maniera diversa in funzione della provenienza del rifiuto, proprio perché la classificazione fa riferimento ai settori produttivi da cui i rifiuti vengono generati. Nel caso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) il criterio fondamentale di classificazione su cui si basa la normativa europea è più sulla funzione che rivestiva il prodotto. È una tipologia di rifiuto che proviene da un uso trasversale perché può giungere da settori produttivi diversi ed è stato individuato uno specifico capitolo al quale fanno ricorso i vari settori produttivi. Però se un'impresa prevede nel proprio ciclo produttivo l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale, quindi un'industria che prevede l'utilizzo dei DPI nella condizione ordinaria, quei rifiuti dovranno essere classificati con il capitolo 15 e sono rifiuti speciali prodotti da un ciclo produttivo. Chiaramente è diverso il caso di rifiuti di DPI che vengono utilizzati in questa fase per l'emergenza Covid che possono essere prodotti da utenze commerciali che sono dispositivi utilizzati da utenze assimilate e quindi che producono rifiuti assimilati agli urbani. In questo caso l'operatore che nell'utenza commerciale utilizza il DPI farà riferimento al circuito di raccolta urbana e quindi questa tipologia di rifiuto rientrerà nel circuito dell'assimilazione, quindi rientrerà nel rifiuto urbano. Quando noi abbiamo specificato le varie fattispecie di provenienza, abbiamo voluto indicare quella fattispecie di rifiuto non assimilato perché sono quelli che in condizioni ordinarie non conferiscono il rifiuto al sistema di gestione dei rifiuti urbani e che si ritroveranno a dover gestire i DPI che derivano dalla propria azienda attraverso un sistema di raccolta che loro dovranno organizzare necessariamente. Va detto che alcune regioni hanno già emanato delle ordinanze in cui hanno in parte esteso l'assimilazione a questi specifici flussi di rifiuti per consentire anche ad alcune aziende di avere un minor carico e per poter gestire questi rifiuti.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Le cose che sono state dette dai due colleghi sono ovviamente basate su quelle che sono le regole in corso. Storicamente chi si occupa dei rifiuti come me da un po' di anni sa bene che sui criteri di assimilazione anche in tempo «di pace» non si è mai riusciti ad avere un decreto attuativo dell'allora decreto Ronchi che in qualche modo disciplinasse in maniera chiara a livello nazionale questo percorso e la situazione che vi è stata illustrata. Sia il dottor Lanz che l'ingegner Frittelloni ricordavano che questa è tutta una scelta politica. Nel momento in cui la regione nella propria ordinanza contingibile e urgente assimila questi rifiuti di carattere aziendale agli urbani, è evidente che fa una scelta politica e carica una parte di costi di questa roba sulla tariffa d'igiene urbana. Chi non ha fatto questa scelta continua a lasciare in capo alle aziende questo costo ulteriore. Quindi è evidente che probabilmente questa più che una decisione tecnica che ha delle sue basi giuridiche da cui non si può spostare, è più una scelta di carattere politico. Mi permetto di dire che anche in tempo di pace i comuni, per esempio, quando determinano una tariffa, a seconda o meno se vogliono gravare più sulle attività produttive o sui cittadini, modulano attraverso i loro regolamenti di igiene urbana questa situazione. Questo è un tema più politico che tecnico-giuridico.

  TULLIO PATASSINI. Scusi, direttore generale. Mi permetto di chiudere il discorso di prima perché almeno poi affrontiamo anche quest'altro discorso insieme. Io non mi riferivo all'evidenza tecnica perché giustamente il tecnico fa il tecnico, ma poi il Pag. 17tecnicismo va calato nella realtà. Noi conosciamo benissimo la natura dei rifiuti, ma qui siamo in una situazione speciale e siccome il Ministero non emana dei decreti ministeriali, siccome ci si rivolge a linee guida che sono per loro natura al limite tra normazione giuridica e «consigli generici» – mi permetto di usare questo termine – magari ci potrà sempre essere qualcuno che dirà: «Non hai seguito le linee guida di...». Per questo ho ribadito questa cosa. Io ringrazio entrambi i tecnici per la risposta tecnica, ma ci è sembrata una iperspecializzazione della normazione. Grazie direttore.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Io posso anche concordare con un certo tipo di approccio, però purtroppo quelle sono le regole anche in questa situazione, quindi o si cambiano le regole e si decide che tutto ciò viene assimilato agli urbani, sennò ci si deve muovere come sulle uova per cercare di andare incontro alle esigenze di tutti ed è quello che si è provato a fare né più né meno, ma con la normativa attualmente in vigore. Per quanto riguarda invece l'altro ragionamento, dicevo che in tutta questa disgrazia il fatto che le regioni più colpite fossero anche quelle più attrezzate da un punto di vista della gestione e del ciclo dei rifiuti, ha fatto sì che queste agissero in maniera molto proattiva. Devo dire che lo hanno fatto la Lombardia e l'Emilia-Romagna, ma la Lombardia sicuramente in primis perché noi abbiamo avuto degli scambi continui con i nostri colleghi direttori delle agenzie regionali che hanno subito messo in atto una serie di operazioni nei confronti delle categorie produttive che andavano in una determinata direzione. Quando prima dicevo che in alcuni casi le nostre linee guida hanno preceduto e in alcuni casi siamo stati preceduti, intendevo proprio dire questo. Le regioni hanno reagito in modo molto proattivo, già dando delle indicazioni abbastanza precise. Dopodiché, ripeto, abbiamo sempre avuto un'interlocuzione con il Ministero com'è giusto che sia. Ci sono poi delle decisioni di carattere generale, ma anche di tipo normativo e di tempistica che sono in qualche modo legate alle modalità con cui si agisce, alla legiferazione e che esulano ovviamente dal nostro campo. Noi ci siamo limitati a dare, e continueremo a farlo, tutte le indicazioni tecniche del caso.

  PRESIDENTE. Bene, non c'è più nessun iscritto a parlare. Io ho delle considerazioni che provo a riassumere. Da quanto ho capito, a parte la questione emotiva, all'inizio c'è chi ha gridato che bisognava fare qualcosa, servivano impianti di incenerimento. Alla fine anche l'Europa ha detto che comunque la raccolta differenziata non andava sospesa. Addirittura lo ha detto anche per i positivi, anche perché spesso i positivi sono asintomatici, quindi è anche difficile avere l'illusione di poter separare i due flussi. L'Europa ha detto di continuare a fare la raccolta differenziata anche perché nelle plastiche e in quei materiali il virus è debole e dura relativamente poco. Nei vari passaggi tra raccolta, stoccaggio, preselezione, il virus nel momento in cui arriva nella bocca del forno già non c'è più da tempo. Quindi alla luce dei fatti la capacità di incenerimento è già in grado di assorbire quel surplus di rifiuti di un certo tipo, perché poi abbiamo visto, purtroppo dico io, che la produzione di rifiuti è legata al PIL, quindi addirittura si è abbassata per adesso. La preoccupazione futura sarà purtroppo quella dei dispositivi di protezione e quindi domando se si sta studiando, come immagino, anche per quanto riguarda gli imballaggi. Magari teniamoci in contatto, in virtù del nostro protocollo, per monitorare questa situazione perché con il proliferare dei take away e quindi degli imballaggi, presumo e penso che ci sia un aumento anche da questo punto di vista. Magari mi sbaglierò, vediamo come evolve la situazione. Noto che, sull'onda dell'emotività, ogni categoria vuole essere più protetta possibile. Tra un po' magari ci sarà la categoria dei barbieri che vorrà anche le ginocchiere usa e getta per proteggersi dal virus. Sto notando, magari mi sbaglio, che ognuno fa a gara a volere maggiori protezioni, spesso anche inutili. Faccio l'esempio dei guanti. Basta lavarsi le mani, quella è la cosa basilare che abbiamo sempre detto Pag. 18tutti quanti. Ho visto persone avere due mascherine, una sopra l'altra, quindi una doppia mascherina. Vorrei capire se esistono, e ho visto anche che si vendono in commercio, delle mascherine riutilizzabili. Vorrei capire perché non le usiamo, io sarò il primo a comprarle perché non voglio cambiarle. Non le cambio tutti i giorni, ci mancherebbe, le tengo il più possibile, però non capisco perché le mascherine riutilizzabili e lavabili non garantiscano le stesse prestazioni di una usa e getta. Un'altra cosa. Leggo che nei bar c'è questa prassi dell'usa e getta, infatti molte industrie hanno detto che adesso non seguiranno più le nuove direttive europee. Dove sta scritto che è meglio un piatto di plastica monouso che deve essere prodotto, trasportato, toccato da chissà chi, portato, buttato e raccolto invece di un semplice piatto in ceramica dentro un ristorante che faccia avanti indietro con la cucina, opportunamente lavato, come sempre avviene, a temperature superiori ai 65 gradi? Faccio un esempio anche sul compostaggio. Nel compostaggio aerobico ci sono delle temperature che nell'umido ammazzerebbero il virus. Da un lato vedo che non c'è tutta questa grande preoccupazione per la gestione dei rifiuti in generale, cioè non è cambiato tanto. Però per quanto riguarda l'usa e getta per il futuro sono preoccupato. Mi domando una cosa, visto che il Ministero della salute giustamente pensa alla salute. Mi domando se c'è questa consapevolezza e una pressione da parte del Ministero dell'ambiente e da parte di ISPRA nel dire di non esagerare e di cercare di privilegiare il riutilizzabile. Questo è il mio punto di vista e volevo sapere se ho detto qualcosa di sbagliato e poi se eventualmente sono previste, per quanto riguarda gli impianti, il rinnovo di AIA e se è previsto qualche cambiamento significativo, alla luce dell'emergenza sanitaria. Per alcune tipologie, ovviamente.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Le considerazioni del presidente Vignaroli sono sicuramente da tenere in conto. Bisogna anche rendersi conto delle condizioni in cui ci siamo trovati. Adesso c'è la riapertura del lockdown, ma solo quindici, venti giorni fa o un mese fa vi garantisco che avevamo un collegamento diretto con i colleghi del Nord Italia e i problemi erano innumerevoli, compreso il fatto che anche chi doveva fare verifiche e controlli ha avuto molti casi di coronavirus e ha dovuto chiudere intere sezioni. In alcune zone d'Italia, mi permetto di dire, forse non si è recepito completamente lo stato di difficoltà in cui ci si è trovati. La cosa di cui ci si è preoccupati immediatamente è stata innanzitutto quella di cercare di non cedere sulle questioni importanti, sulla tutela ambientale. Si è cercato di capire ciò che poteva essere messo da parte in questa fase senza diminuire la tutela ambientale. Oggi stiamo procedendo, soprattutto sul tema dei rifiuti, dopo aver affrontato questa fase di grande difficoltà, non sapendo neanche quanta roba andava e come doveva essere classificata, ma alla fine ci siamo perfettamente allineati. Ripeto, in quel documento che vi abbiamo dato vedrete che anche in altre parti d'Europa che vengono considerate più attente ad alcune questioni non hanno fatto né più né meno quello che si è fatto qui da noi. Si è cominciato ad affrontare il tema, dando una priorità rispetto anche alle urgenze. Oggi siamo in una fase non risolutiva, nel senso che siamo ancora in una fase di grandissima criticità; c'è una riapertura di attività produttive e la necessità di riprendere certi tipi di ragionamento. Il recepimento delle direttive sull'economia circolare e al contempo l'impostazione del collegato ambientale credo rappresentino due aspetti molto importanti. È chiaro che il tema del coronavirus apre altri problemi, è inutile negarlo, che devono essere affrontati e forse con una logica diversa. A mio parere in primis, ma credo di rappresentare tutto il mood dell'istituto, andando sempre in quella direzione che l'Europa ci ha indicato del recupero, del riciclo, del Green Deal. Si tratta di tutte le cose che ci siamo detti e che ci dicevamo prima di questa grande emergenza. Tutto ciò dovrà essere visto con delle lenti, a mio parere, profondamente diverse rispetto a quelle di prima. Però nulla toglie Pag. 19che non si possano, anche in queste situazioni, non verificare dei comportamenti virtuosi che vadano nell'ottica del risparmio della materia e dell'efficientamento energetico.

  PRESIDENTE. Riguardo alle mascherine, anche il Parlamento ci fornisce mascherine usa e getta e in generale non vedo una grande diffusione di quelle riutilizzabili. Anzi, forse qualche azienda lamenta pure delle difficoltà per farsele certificare e approvare, quindi sarà un tema che secondo me varrà la pena approfondire. La domanda precedente era anche sull'AIA, se ci saranno delle novità che salteranno agli occhi oppure no. C'è un'altra domanda che non avevo fatto e aggiungo adesso. Visto quello che dicevo, come dice l'Europa, si può fare la raccolta differenziata anche per chi è positivo, basta usare cautela. Gli operatori ecologici anche prima della vicenda Covid-19 hanno sempre avuto guanti e mascherine, quindi basta un minimo di accortezza. Mi domandavo se avete registrato, per quanto riguarda gli operatori che gestiscono i rifiuti, un contagio del virus superiore rispetto alla media nazionale, alla media della popolazione che non gestisce rifiuti oppure no.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) Credo che su quest'ultima domanda bisognerà sicuramente sentire l'Istituto Superiore di Sanità o le USSL perché noi non abbiamo questo dato. Sappiamo che ci sono state certe discussioni, anche di carattere sindacale, all'interno del mondo delle imprese private e pubbliche che si occupano di rifiuti, ma né più e né meno. Per quanto riguarda quello che aveva chiesto prima anche un altro collega, l'onorevole Vianello, mi riservo di fare il punto della situazione perché non conosco lo stato dell'arte. So che i nostri colleghi ci stanno lavorando e sarà mia cura, Presidente, raccogliere tutti i dati. Ve li farò avere in tempi brevissimi.

  PRESIDENTE. Grazie per la lunga e approfondita audizione. La dichiaro chiusa, grazie.

  La seduta termina alle 16.05.