XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 5 marzo 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia al Cairo, Giampaolo Cantini.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Cantini Giampaolo , Ambasciatore d'Italia al Cairo ... 3 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8  ... 8  ... 8

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 9.15

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione dell'Ambasciatore d'Italia al Cairo,
Giampaolo Cantini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ambasciatore d'Italia al Cairo, Giampaolo Cantini.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, come concordato, i lavori proseguiranno in forma segreta dopo l'esposizione dell'audito.
  Invito l'ambasciatore Cantini a prendere la parola ringraziandolo per la disponibilità immediatamente manifestata, nella piena consapevolezza della rilevanza del suo attuale incarico per i lavori della Commissione.

  GIAMPAOLO CANTINI, Ambasciatore d'Italia al Cairo. Desidero ringraziare lei, signor presidente, e i componenti della Commissione per l'incontro di oggi, che consente di esaminare aspetti del doloroso, tragico e sconvolgente omicidio del nostro connazionale Giulio Regeni, un caso che ha davvero pochi precedenti nella storia del nostro Paese e delle sue relazioni internazionali. Il mio intervento è stato preceduto da quelli della Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ambasciatrice Belloni, e dell'ambasciatore Massari, che hanno portato – credo – una testimonianza diretta dello scenario politico e diplomatico nonché del coinvolgimento personale relativo agli eventi succedutisi dal 25 gennaio, giorno della scomparsa, al 3 febbraio 2016, giorno del tragico ritrovamento. La mia storia di ambasciatore al Cairo inizia più tardi, il 14 settembre 2017. La mia attività per favorire il dialogo e la cooperazione giudiziaria al fine di giungere alla verità è stata illustrata dall'ambasciatrice Belloni nella sua audizione. Il mio intervento, e quindi il valore aggiunto della mia testimonianza rispetto a chi mi ha preceduto, è di portare alla vostra attenzione elementi di contesto che ho avuto modo di percepire e di vivere in prima persona nella mia missione di ambasciatore, la cui complessità e straordinarietà sono del tutto evidenti. Aggiungerò inoltre qualche informazione e annotazione più specifica rispetto a quanto vi è stato rappresentato in precedenza.
  Quando viene assegnato a una sede di servizio, il capo missione riceve una lettera di incarico dal Ministro degli affari esteri, che indica in dettaglio gli obiettivi e le linee delle azioni da intraprendere. Ho immediatamente compreso che la discriminante della mia missione non era tanto il mandato che avevo ricevuto e che avrei osservato con tutte le mie forze, quanto la complessità della situazione nella quale avrei dovuto operare. Se il sostegno alla cooperazione giudiziaria e a ogni sforzo di carattere politico e diplomatico per giungere alla verità era la priorità della mia missione, la mia principale preoccupazione era la comprensione e la declinazione delle azioni, dei contatti e delle iniziative che potessero aiutare a raggiungere l'obiettivo che tutti dicono di condividere. Prima della mia partenza ho effettuato un giro di incontri per raccogliere informazioni, suggerimenti,Pag. 4 aspettative e prospettive di coinvolgimento in una missione il cui successo aveva e ha bisogno del contributo attivo di tutti i suoi protagonisti. L'incontro del 6 settembre 2017 con la famiglia Regeni, accompagnata dall'avvocata Ballerini, assieme al direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, ministro Luigi Vignali, è stato il punto di partenza e il momento più importante e più toccante della mia missione. Mi sono state mostrate le foto del cadavere di Giulio. Ho pienamente compreso le ragioni dei genitori, la loro situazione personale e umana, l'obiettivo: la verità per Giulio. Fin dal mio arrivo vi è stato un dialogo continuo e costante, che è stato uno dei fili conduttori della mia azione al Cairo. Non poteva essere altrimenti. Il mio dialogo con la famiglia Regeni si è sempre svolto nella cornice di un'interlocuzione più ampia, che ha visto il coinvolgimento, tra gli altri, dei vertici e dei funzionari competenti del MAECI, dei magistrati della Procura della Repubblica di Roma e naturalmente dei responsabili di Governo, in particolare i Presidenti del Consiglio e i ministri degli esteri pro tempore nonché di altre personalità istituzionali, in particolare, a partire dall'aprile 2018, il Presidente della Camera, onorevole Fico. In questo contesto desidero ricordare uno dei momenti più toccanti della mia missione al Cairo: su richiesta della famiglia, la deposizione di fiori gialli sul luogo del rinvenimento del cadavere in occasione dell'anniversario, il 3 febbraio 2019, e alla fermata della metropolitana dove Giulio era entrato per l'ultima volta la sera del 25 gennaio 2016. Le immagini di quella deposizione di fiori sono passate sui telegiornali quella sera stessa.
  Altro riferimento di fondamentale importanza è stata la Procura della Repubblica di Roma. I colloqui con il procuratore capo, dottor Pignatone, e con il sostituto, dottor Colaiocco, mi hanno immediatamente fornito un quadro delle difficoltà e dei nodi da sciogliere per far ripartire un dialogo più costruttivo e continuo con le autorità giudiziarie egiziane. Dopo i fruttuosi incontri del settembre e del dicembre 2016, infatti, e fino all'agosto 2017, non si erano registrati sviluppi significativi nei rapporti tra le due procure. Al momento della mia partenza per il Cairo, le aspettative della nostra Procura si concretizzarono nelle richieste che mi furono rivolte, in particolare l'acquisizione del fascicolo istruttorio e il recupero dei filmati della metropolitana del Cairo.
  Un altro passaggio essenziale all'inizio della mia missione al Cairo fu la ricostruzione dello scenario geopolitico e regionale, in consultazione con i competenti uffici del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Alla mia attenzione fu portata una sequenza di eventi che ancora oggi rivestono una valenza del tutto eccezionale non pienamente esplorata, riguardanti la presenza italiana in Egitto: l'annuncio della scoperta del giacimento di Zohr nell'estate 2015 da parte dell'ENI, l'attentato al Consolato d'Italia al Cairo del luglio 2015, nel quale perse la vita un sorvegliante, la scomparsa e la barbara uccisione di Giulio Regeni. Prima della mia partenza, come d'uso in questi casi, ho incontrato le alte cariche dello Stato, i vertici del Governo e il Ministro degli affari esteri. Il caso Regeni è una questione di primaria importanza sul piano politico istituzionale nazionale delle relazioni tra l'Italia e l'Egitto, delle posizioni internazionali nel nostro Paese sul tema dei diritti umani. La mia percezione era che il Governo italiano stesse producendo il massimo sforzo per far avanzare il dialogo e la cooperazione giudiziaria con l'Egitto anche mediante un'intensa interlocuzione a livello politico e istituzionale. Mi si chiedeva di essere parte integrante di questo impegno complessivo non solo perché è un elemento intrinseco nelle funzioni di un ambasciatore, ma anche per dare quel valore aggiunto necessario in uno scenario successivo al ridimensionamento dei rapporti diplomatici e quindi di ridotta comunicazione a livello ufficiale con la parte egiziana susseguente al richiamo dell'ambasciatore Massari. Mi si chiedeva di svolgere un'azione funzionale a disegno più generale delle nostre autorità, di un'azione di ampio respiro che portasse a una ripresa della cooperazione giudiziaria per giungere alla verità.
  Prima di illustrare gli elementi di contesto delle attività della mia missione al Cairo dal 14 settembre 2017, desidero premettere che tutto quello di cui parlerò – a cominciarePag. 5 dalla fitta corrispondenza intrattenuta con la famiglia Regeni, gli incessanti contatti a livello politico e istituzionale con le autorità egiziane, la costante collaborazione con la Procura della Repubblica di Roma e la Procura generale egiziana – è suffragato da un'ampia, dettagliata e corposa raccolta documentale che, secondo le modalità previste da questa Commissione e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sono certo potrà essere messa a vostra disposizione per ogni utile approfondimento, come del resto ha dichiarato la stessa Segretaria generale, ambasciatrice Belloni, nella sua audizione del 18 febbraio scorso. La mia azione, svoltasi in maniera costante dal primo giorno del mio insediamento fino ad oggi, si è articolata lungo alcune direttrici principali, che proverò a schematizzare per comodità di narrazione, ma che nella realtà si sono sviluppate in uno scenario fluido, di grande intensità e di costante sovrapposizione dei piani e degli eventi. Anzitutto il sostegno alla cooperazione giudiziaria: la mia attività in questo settore è stata scandita da precise richieste che mi sono state formulate dalla Procura della Repubblica di Roma, dalla stessa famiglia Regeni e da innumerevoli miei passi di sensibilizzazione formali e informali, ma tutti documentati, presso le locali autorità politiche, istituzionali e giudiziarie. Parto dall'acquisizione del fascicolo istruttorio della magistratura egiziana: già nell'incontro del 6 settembre 2017, i genitori di Giulio e la loro avvocata mi avevano chiesto sostegno nella ricerca dell'accesso al fascicolo istruttorio richiesto in precedenza senza esito da vari mesi. Analoga aspettativa mi veniva manifestata lo stesso 6 settembre presso la sede della Procura della Repubblica di Roma dal procuratore capo, dottor Giuseppe Pignatone, e dal sostituto, dottor Sergio Colaiocco.
  Incontravo il procuratore generale egiziano, Nabil Sadek, il mio secondo giorno lavorativo al Cairo. Gli chiedevo subito la consegna del fascicolo istruttorio sul caso Regeni, ricevevo dettagliate indicazioni sulla predisposizione di una procura (power of attorney) di cui inviavo anche un modello per la costituzione di parte civile da parte della famiglia e la presentazione di un'istanza di accesso al fascicolo istruttorio che ho riversato puntualmente alla famiglia Regeni con ulteriori suggerimenti da me richiesti ai legali di fiducia dall'Ambasciata. La procedura seguita dalla famiglia stessa e dai suoi legali egiziani è stata da me sostenuta costantemente presso le istituzioni egiziane, il Ministero degli affari esteri e la Procura generale. L'intera procedura è stata seguita in raccordo costante con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, soprattutto nella persona del direttore generale, ministro Vignali. Quello che più conta è che la procedura che mi era stata indicata dal procuratore generale Sadek e che era stata seguita dall'Ambasciata, dalla famiglia e dai legali egiziani sia andata a buon fine in tempi limitati – due mesi e mezzo – e abbia prodotto il risultato auspicato e non raggiunto in precedenza. Il 14 dicembre 2017 infatti la Procura generale egiziana consegnava il fascicolo ai legali egiziani, che lo portavano il giorno stesso in Ambasciata in attesa dell'arrivo dall'avvocata Ballerini per ritirarlo. Ricordo con piacere che i genitori di Giulio esprimevano soddisfazione e apprezzamento con una loro e-mail del 17 dicembre 2017. In precedenza avevano evidenziato che tale risultato era stato perseguito senza successo nei venti mesi precedenti. Su richiesta della famiglia Regeni e della Farnesina, assicuravo inoltre l'assistenza dell'Ambasciata per far accompagnare da un funzionario l'avvocata Ballerini e il giornalista Giuliano Foschini per tutto il periodo della loro visita al Cairo il 14 e 15 dicembre. Mi sono soffermato su questa ricostruzione perché il valore politico, oltre che sul piano delle indagini della concessione del fascicolo istruttorio, forse non è stato fin qui messo sufficientemente in luce. Allora, al contrario, questo fu evidenziato dalla stampa con un articolo del giornalista che accompagnava l'avvocata Ballerini, pubblicato da Repubblica il 16 dicembre, con un commento di spalla che si esprimeva in termini positivi e anche elogiativi nei miei confronti, a firma di Carlo Bonini, che mi chiamò anche lo stesso 16 dicembre per ringraziare dell'azione svolta ed esprimere apprezzamento. Valutazioni estremamente positive sulla concessione del fascicolo furono espresse anche da parte della Pag. 6Procura della Repubblica di Roma e, come ho sopra ricordato, della famiglia Regeni. Credo inoltre che questo fascicolo sia stato acquisito agli atti di inchiesta della Procura della Repubblica.
  Un secondo momento qualificante della mia azione di supporto alla cooperazione giudiziaria è stata l'operazione di recupero dei filmati della metropolitana del Cairo e di alcuni verbali degli interrogatori. Anche su questo aspetto avevo ricevuto richieste di sostegno da parte della Procura della Repubblica di Roma. Dall'incontro del procuratore capo, dottor Pignatone, e del procuratore generale Sadek, del 21 dicembre 2017 al Cairo, emergeva infatti l'esigenza di accelerare le operazioni di recupero dei video della metropolitana del Cairo e la consegna dei verbali di alcune deposizioni. Gli argomenti sono stati da me riproposti al procuratore generale Sadek il 3 marzo 2018. Sulla base di questo incontro, di quello successivo del 5 maggio nonché dei numerosi contatti intercorsi nel frattempo, sono state poste le basi, in stretto raccordo con il sostituto, dottor Colaiocco, per arrivare a un'operazione complessa dal punto di vista tecnico e che aveva trovato notevoli ostacoli e ritardi negli anni precedenti. Tralascio i dettagli dei passaggi intermedi, ma i fatti essenziali sono che dal 15 al 29 maggio 2018 si è svolta finalmente la missione degli investigatori italiani coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica, dottor Colaiocco, che ha anche incontrato il procuratore generale Nabil Sadek in due occasioni: il 15 maggio, all'inizio dell'attività di estrazione dei video, e al termine dell'attività, quando la procura generale egiziana ha consegnato al team investigativo italiano il materiale video rilevante per le indagini nonché nuovi verbali di interrogatorio. Di questa attività detti anche conto in quei giorni in un'intervista a una giornalista del TG1 su richiesta della Procura della Repubblica di Roma.
  Dopo questa fase contrassegnata da una crescente collaborazione, si entra nello scenario dell'autunno del 2018, caratterizzato da eventi che vi sono già stati ampiamente illustrati in audizioni precedenti: l'incontro del 28 novembre al Cairo tra gli inquirenti italiani coordinati dal sostituto, dottor Colaiocco, e gli omologhi egiziani, che si concludeva senza significativi sviluppi nelle indagini; e, il 4 dicembre, l'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura della Repubblica di Roma, di cinque persone, nell'ambito dell'inchiesta sulla scomparsa di Giulio. Come è noto, si tratta di ufficiali appartenenti al Dipartimento per la sicurezza nazionale egiziana.
  A questo punto, vorrei fare due annotazioni: la prima riguarda la funzione di supporto alla cooperazione tra le procure; la seconda, il quadro politico italiano in cui si è svolta la mia azione di capo missione al Cairo in questi due anni e mezzo. Per il primo aspetto, tra le tante anomalie e il carattere del tutto unico del caso Regeni, va senz'altro ascritto il fatto che un ambasciatore abbia costantemente interloquito – talvolta anche su questioni di merito – su indicazione della Procura di Roma, non solo con l'autorità giudiziaria del proprio Paese, ma anche con quella del Paese di accreditamento. È un fatto eccezionale che non va trascurato, tanto più che all'epoca era stata ventilata anche l'ipotesi di assegnare al Cairo, all'Ambasciata, un magistrato di collegamento specificamente per il caso Regeni. Altro elemento fondamentale è che la collaborazione stessa tra la Procura di Roma e la Procura generale egiziana si svolge in assenza di un trattato bilaterale di cooperazione e assistenza giudiziaria. Quest'ultimo aspetto è stato più volte sottolineato dall'ex procuratore capo della Repubblica di Roma, dottor Pignatone, in suoi articoli apparsi su grandi quotidiani nazionali nel gennaio 2018 e nel gennaio 2020. La seconda considerazione riguarda il quadro politico italiano. La mia missione al Cairo ha avuto infatti inizio nel settembre 2017 in un contesto in cui in Italia la legislatura volgeva al termine, si tenevano successivamente la campagna elettorale e le elezioni del 4 marzo 2018 e il nuovo Governo nasceva dopo una lunga gestazione nel giugno successivo. Da quel momento, il caso Regeni è stato costantemente una priorità nei rapporti con l'Egitto anche a livello politico. Da qui le visite dell'estate 2018 di personalità del Governo Pag. 7al Cairo: l'allora Ministro dell'interno e Vicepresidente del Consiglio, senatore Salvini, il 18 luglio, il Ministro degli esteri Moavero il 6/8 agosto, il Ministro dello sviluppo economico e Vicepresidente del Consiglio, onorevole Di Maio, il 28/30 agosto. Nel settembre successivo si svolgeva anche la visita del Presidente della Camera, onorevole Fico. Il Presidente del Consiglio a sua volta faceva del caso Regeni l'oggetto prioritario dei suoi nove – finora – incontri col presidente egiziano. In occasione di ciascuno di questi incontri, la presidenza egiziana emanava un comunicato stampa, quindi una dichiarazione pubblica, in cui esprimeva in termini molto chiari e direi anche molto forti la determinazione delle autorità egiziane a pervenire alla verità sull'omicidio di Giulio e a perseguire i responsabili nelle sedi giudiziarie. Per la prima volta le autorità egiziane si esprimevano in questi termini pubblicamente sul caso Regeni. Credo che su questa affermazione da parte italiana si dovrà continuare a fare pressione in ogni sede. Al mio livello e nei miei contatti istituzionali, compresi i due successivi procuratori generali egiziani, non ho mai mancato di fare riferimento all'impegno preso al massimo livello egiziano e alle risposte che le istituzioni e l'opinione pubblica italiana si attendono di conseguenza. Proprio per questo, una delle direttrici della mia azione dopo l'arrivo al Cairo è stata quella di sollevare la domanda di giustizia sull'omicidio Regeni in tutte le sedi al più alto livello. Come ha ricordato la Segretaria generale nella sua audizione, ho subito rappresentato tale forte aspettativa alle più alte autorità, a partire dal Ministro degli esteri Shoukry, incontrato già il 28 settembre 2017, e al Presidente Sisi all'atto della presentazione delle lettere credenziali il 2 ottobre 2017 e più tardi in un incontro a margine dell'inaugurazione del giacimento di Zohr nel gennaio 2018. Ho inoltre sollevato sistematicamente il caso Regeni in occasione dei miei incontri. Tra gli altri, cito solo alcuni esempi: il presidente della Commissione esteri del Parlamento egiziano, Tarek Radwan, il 7 novembre 2017, il Ministro dell'interno, generale Magdy Abdel Ghaffar, il 16 novembre 2017, il Presidente del Parlamento, il Ministro della difesa e altre autorità. Tale azione è proseguita senza soluzione di continuità fino ad oggi e di questo ho riferito al Ministero degli affari esteri nei miei messaggi di resoconto. In risposta a queste mie sollecitazioni, spesso le autorità incontrate hanno a loro volta ribadito nella comunicazione pubblica, cioè con propri comunicati al termine degli incontri, la volontà di parte egiziana di pervenire a risultati conclusivi per la verità sull'omicidio di Giulio Regeni. Prima ancora che riprendessero gli incontri a livello politico nell'estate 2018, lo stesso Presidente Sisi aveva fatto dichiarazioni pubbliche importanti. Ricordo quelle effettuate durante una conferenza stampa in risposta alla domanda di un giornalista italiano l'8 novembre 2017 al Youth Forum di Sharm el Sheikh e quelle effettuate durante l'inaugurazione della produzione a partire dal giacimento di Zohr, scoperto da ENI il 31 gennaio 2018, quando adombrò anche l'azione di forze esterne nell'omicidio di Giulio in riferimento proprio alla portata della scoperta di questo grande giacimento e del suo impatto per l'economia egiziana e per il ruolo dell'Egitto nel Mediterraneo.
  Vorrei infine accennare a due ulteriori momenti della mia azione in sostegno alla cooperazione giudiziaria, ossia le richieste relative alla rogatoria del 30 aprile 2019 e la ripresa dei contatti tra le procure dopo la nomina del nuovo procuratore generale egiziano avvenuta nel settembre 2019. Per quanto riguarda il primo aspetto, cioè il sostegno alla rogatoria, ho sostenuto, con il precedente procuratore generale Sadek, sulla base delle indicazioni che ricevevo dalla Procura della Repubblica di Roma, le richieste specifiche contenute nella rogatoria stessa, ad esempio, circa le procedure di notifica delle iscrizioni nel registro degli indagati a cinque funzionari della National Security egiziana. Dopo la nomina del nuovo procuratore generale, Hamada al Sawi, nel settembre del 2019, ho subito chiesto di incontrarlo. Tale incontro ha avuto luogo il 12 ottobre 2019 e da esso sono scaturite due lettere indirizzate all'allora procuratore capo, facente funzioni, dottor Prestipino,Pag. 8 per mio tramite, e datate rispettivamente 20 e 22 ottobre 2019. Con la seconda delle quali si invitava il nuovo procuratore capo, allorché fosse stato nominato – e fortunatamente è stato nominato, come sapete, proprio ieri – a un incontro al Cairo. Desidero sottolineare, come elemento di contesto che può essere utile per le valutazioni di questa Commissione, che il nuovo procuratore generale egiziano mi disse, nel colloquio del 12 ottobre, che intendeva esaminare con il suo omologo «quello che è stato fatto – inclusi gli errori che sono stati commessi – quello che rimane da fare e stabilire un'agenda di lavoro comune ed elaborare una strategia e una visione comune». A seguito di questo incontro e dei successivi contatti diretti tra le procure, si è anche realizzato un primo incontro a livello tecnico tra i due team investigativi il 14 e 15 gennaio scorso. A me sembra, nei limiti delle mie funzioni e delle mie competenze, che questa sia la prospettiva a cui si debba guardare, adesso. Il nuovo procuratore generale egiziano ha espresso la sua determinazione a dare impulso alle indagini e alla cooperazione e a pervenire a risultati conclusivi. Anche sulle varie problematiche di ordine giuridico connesse alla rogatoria della Procura della Repubblica di Roma del 30 aprile scorso, ha affermato di volerne fare esame congiunto con il suo omologo. Credo che la nomina, avvenuta ieri con l'elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura, del nuovo procuratore capo della Repubblica di Roma, a sua volta, apra una nuova prospettiva. Non sono certezze; è una prospettiva che va esplorata e testata fino in fondo. L'Ambasciata ha svolto le proprie attività sotto la costante supervisione, com'è naturale, del Ministero degli affari esteri e alla cooperazione internazionale. Tutte le iniziative realizzate sono state promosse o approvate dal Ministero e realizzate dall'Ambasciata, che ha puntualmente riferito in merito. Il livello diplomatico si conforma, com'è doveroso e naturale, alle direttive e alle istruzioni dell'autorità di Governo. Promuove, facilita e prepara i contatti a livello politico, ma in nessun modo vi si può sostituire. Questo è ancora più vero in una vicenda di estrema complessità e con molti aspetti ancora non chiariti e relativi non solo alla dinamica della scomparsa, dell'omicidio e del ritrovamento del cadavere, ma anche al contesto geopolitico internazionale e regionale di quell'epoca. Alla verità si deve arrivare per via giudiziaria, attraverso una cooperazione che ha avuto sin qui fasi alterne e che rimane del tutto inedita, tanto più in assenza di un accordo bilaterale di cooperazione e di assistenza giudiziaria. Ho perseguito con la massima dedizione e determinazione la mia missione e continuerò a farlo secondo le direttive che riceverò dal Governo nella ricerca della verità. È un risultato che dobbiamo a Giulio, alla sua famiglia, all'opinione pubblica, al concetto stesso di giustizia. Grazie.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Cantini per la sua disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.20.