XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 57 di Lunedì 27 gennaio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di ARPA Piemonte:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 3 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 6 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 8 
Briziarelli Luca  ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Briziarelli Luca  ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Briziarelli Luca  ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Briziarelli Luca  ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Robotto Angelo , Direttore generale di ARPA Piemonte ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti di ARPA Toscana:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 13 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 13 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 13 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 14 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 14 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 15 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 15 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 15 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 15 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 15 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Spinelli Guido , Direttore tecnico di ARPA Toscana ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 

Audizione di rappresentanti dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 16 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 17 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 23 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 23 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 24 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 24 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 24 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 25 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 25 
Berutti Massimo Vittorio  ... 25 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 26 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 26 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 27 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 27 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 27 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 27 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 28 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 28 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 28 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 28 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 28 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 28 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 28 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 28 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 28 
Briziarelli Luca  ... 29 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 29 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 30 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 30 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 30 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 31 
Diotto Andrea , Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo ... 31 
Briziarelli Luca  ... 31 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 31 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 31 
Bigini Stefano , Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay ... 31 
Colatarci Marco , Country manager di Solvay Italia ... 32 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 32

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 16.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di ARPA Piemonte.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di ARPA Piemonte, è presente il direttore generale, dottor Angelo Robotto, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno dell'inquinamento da PFAS sul territorio nazionale e verterà prevalentemente sulla regione Piemonte sulle attività della Solvay di Spinetta Marengo.
  Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito il nostro ospite a svolgere una relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Grazie, Presidente. Ho con me una relazione sintetica che lascio al Presidente in forma cartacea e poi eventualmente anche in formato elettronico, mentre ho una breve presentazione per fissare alcuni aspetti e poi ovviamente sono a disposizione per risposte a domande oggi o eventualmente, qualora non fossi in grado di rispondere immediatamente, raccogliere dei dati, a trasmettere le risposte a stretto giro di posta.
  L'oggetto dell'audizione l'ho inteso sul fenomeno dei PFAS, parlerò del brevissimo panorama su queste sostanze perfluoroalchiliche, concentrandomi poi sulle attività che ARPA Piemonte ha svolto nel distretto di Alessandria, di Spinetta Marengo sull'azienda Solvay.
  Mi si permetta di fare un brevissimo punto della questione a livello normativo europeo e nazionale. Stiamo parlando, per acque superficiali, di limiti fissati, definiti, di standard di qualità ambientale per sei sostanze, tra le quali PFOS e PFOA, e per le acque sotterranee definiti i limiti di qualità ambientale per cinque sostanze. Questi limiti sono in vigore in Italia dall'anno scorso, dal 2019, mentre non sono mai stati fissati limiti per le acque di scarico. Mi permetto di sottolineare che è proprio di questi giorni una fitta interlocuzione del Sistema nazionale di protezione ambiente che vede ARPA Piemonte comunque come uno degli attori, oltre al Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, con Pag. 4ISPRA, per individuare questi limiti che ad oggi non sono limiti fissati, limiti cogenti.
  Sottolineo anche, perché ci servirà per la presentazione successiva, che il PFOS è tra le sostanze incluse nell'allegato XVII del Regolamento REACH, quindi il divieto d'uso dall'anno scorso, mentre dal 2020, quindi da quest'anno, anche il PFOA non dovrà più essere prodotto e commercializzato. Questo è giusto per dare lo sfondo dei luoghi. Alessandria, che è il concentrico urbanizzato sulla sinistra in alto della slide, il fiume Bormida, la frazione di Spinetta Marengo e il riquadro è quello che vede nell'area industriale Solvay, Arkema che è un'industria che si occupa di perossidi, e il Consorzio per il trattamento degli effluenti.
  Nella sintesi, che in relazione è maggiormente approfondita e che tratteremo tra poco, nella zona del polo chimico di Spinetta Marengo si vanno ad individuare dove sono stati effettuati i monitoraggi sia per le acque superficiali sia per le acque sotterranee sia per i piezometri a livello di bonifica e sia sulle acque superficiali del fiume Bormida che scorre a fianco del comprensorio.
  La ricerca dei PFAS è partita con attività di ARPA Piemonte già nel 2008 e 2009, dopo la segnalazione di enti di ricerca, in particolar modo il CNR, che aveva individuato la presenza di questi composti nel Po. Ricordo ancora che i composti cosiddetti PFAS sono più di quattromila specie, quindi è un sistema ampio e complesso. Nel 2009 ARPA Piemonte inizia un monitoraggio sperimentale per PFOS e PFOA su quattro punti della rete di monitoraggio dei corpi idrici superficiali, e fu riscontrata una contaminazione non episodica per il PFOA (acido perfluoroottanoico). Nessuna evidenza del PFOS nell'Alessandrino.
  Sottolineo che fu riscontrata assenza nei due punti di prelievo di acqua ad uso idropotabile. Questo è un aspetto di particolare rilevanza, perché il bersaglio poteva essere colpito. In realtà è a monte idrogeologico dell'area dello stabilimento.
  Successivamente (2010-2013) prosegue il monitoraggio di PFOS e PFOA sui punti di rete di monitoraggio dei corpi idrici superficiali, ma fu integrato dall'indagine sui piezometri interni allo stabilimento del polo chimico. A valle di riscontri che noi abbiamo avuto, come poc'anzi ho sottolineato, sono state intraprese come iniziative la trasmissione innanzitutto degli esiti in procura e a tutti gli enti interessati di quello che era stato riscontrato. Importante ricaduta è il divieto di utilizzo delle acque sia ai fini idropotabili che agricoli, a causa della presenza di altri inquinanti. Quindi mi permetto di sottolineare che il tema dei PFAS è all'attenzione di ARPA Piemonte dal 2008/2009, ma i primi limiti fissati per le acque superficiali sono dello scorso anno. Quindi, quando si emanò il divieto di utilizzo delle acque ai fini idropotabili e anche agricoli, era sia perché noi avevamo riscontrato anche queste sostanze, ma il motivo principale è che c'erano altre sostanze normate che consigliavano il divieto d'uso. Fu anche prescritto in ambito AIA (autorità competente la provincia di Alessandria) la riduzione dell'uso dell'acido perfluoroottanoico. La Solvay dismette completamente il PFOA nel 2013. Questo è evidente da un grafico che ho illustrato. Poi, Presidente, ho sottolineato che, qualora la Commissione intendesse acquisire anche tutti i rapporti di prova che oggi non ho portato, perché ho portato una relazione sintetica del tutto, ovviamente ARPA Piemonte è a disposizione. Però, essendo pacchi di tante analisi, non ho ritenuto oggi di portare il tutto, ma ovviamente sono a disposizione. Questo è un grafico che raccoglie una parte di queste analisi, e credo sia interessante vedere come nel 2014, quando Solvay non fa più uso del PFOA, scendono i valori in modo importanti, il picco l'abbiamo avuto negli anni precedenti. Per cui è una verifica della mitigazione nel corso del sessennio della contaminazione di PFOA. Dal 2014 al 2018 abbiamo anche avuto tre riscontri di PFOS, però si è avuta una conferma dell'efficacia delle misure adottate, perché dal picco siamo poi scesi a valori più bassi. Poi vedremo che tipo di valori sono. Così come dal 2016 al 2018 si è effettuato anche il monitoraggio nella zona di acque sotterranee per verificare l'andamento rispetto alle misure effettuate Pag. 5 nel 2010 e 2013, e si è avuta conferma della diminuzione di PFOA.
  Una breve panoramica del fatto che, in base alla direttiva 2060/CE per PFOA e PFOS, il monitoraggio è esteso a tutta la regione Piemonte – ripeto – ancorché gli obblighi siano dal 2019. Sono stati individuati un certo numero di punti per le acque superficiali e per le acque sotterranee, quindi si è dato avvio a una serie di controlli su tutto il territorio regionale. Ovviamente la conferma dell'incidenza di contaminazione è nella zona di Spinetta Marengo e a valle del polo chimico. Quindi abbiamo ritrovato una correlazione.
  Nel 2019 la ditta Solvay trasmette comunicazione di modifica dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) per la conversione di impianti esistenti per l'utilizzo nel processo di sintesi del cC6O4. Ora non deve trarre in inganno: il cC6O4 è un nome commerciale, ma trattasi sempre di PFAS in soluzione acquosa basificata, e qua mi si permetta di fare soltanto un brevissimo excursus tecnico. Per effettuare l'analisi di queste sostanze è necessario, oltre ad attrezzatura sofisticata, che come ARPA abbiamo acquisito malgrado la riduzione del finanziamento che è cosa cronica dal 2010 ad oggi (si parla di più di 10 milioni di euro in meno all'anno), comunque siamo riusciti ad acquisire una nuova strumentazione, ma la difficoltà di analizzare queste sostanze (più di quattromila) è acquisire anche degli standard per poter fare l'analisi e utilizzare un termine di paragone. Questi standard per le prime analisi sono stati acquisiti direttamente dalla Solvay, perché è la detentrice del brevetto e della conoscenza della sostanza. Solo recentemente siamo riusciti a trovarla a livello commerciale, e dovrebbe arrivare a breve. Questa è la spiegazione del perché in qualche parte della relazione io parlo di analisi semi-quantitativa. Non perché sia un'analisi malfatta: è fatta con le migliori tecniche, ma utilizzando lo standard che ci è stato consegnato. Quindi è impossibile valutare la bontà di quello standard. Non so se sono riuscito a spiegarmi.
  Questo anche per sottolineare come comunque stiamo parlando di chimica complessa e stiamo parlando di chimica che, anche da un punto di vista di limiti e di metodi analitici, è ancora da approfondire proprio come stato dell'arte. Comunque l'ARPA ha condotto monitoraggi regionali su numeri consistenti di campioni, indagini mirate su falde e acque superficiali all'interno del polo chimico e un'estensione del protocollo analitico anche a molecole non previste dalla normativa attuale, tipo proprio questo cC6O4 che non è previsto. Lo lascio poi allo studio, qui faccio solo passare il forte incremento del numero di campioni negli anni, per sottolineare che le sostanze, anche in Piemonte, sono state da tempo ricercate e continuiamo a cercarle. È ovvio che nel momento in cui la normativa sta venendoci incontro anche a fissare dei limiti, l'impulso delle attività è ancora più marcato nel recente passato.
  Sulla base dei risultati già disponibili, perché è chiaro che sulla direttiva Acque le analisi sono complesse e alcune sono ancora in corso dell'ultimo frammento del 2019, perché avremo i dati nel primo semestre del 2020, non si registrano superamenti di valori di soglia per le molecole considerate. Parliamo di monitoraggio acque sotterranee. Nei punti di monitoraggio individuati si è registrata una positività di cC6O4 nel comune di Montecastello, a fianco di Alessandria, nei pressi del fiume Tanaro, a valle dello stabilimento Solvay. Quindi il Bormida confluisce nel Tanaro, poi il Tanaro nel Po. Questo è alla confluenza con il fiume Tanaro.
  Nelle acque superficiali – ora io qui vado abbastanza velocemente, perché poi questi dati devono essere sedimentati, sono tutti nelle tabelle e vanno valutati – dal 2019 abbiamo i limiti fissati, nove positività per il cC6O4 che non ha limiti fissati. Quindi continuiamo l'analisi dei PFAS, quelli che non hanno i limiti fissati li valutiamo, ma non abbiamo un termine di riferimento. Abbiamo comunque positività perché lo troviamo, e diamo anche il valore riscontrato. Quattro campioni prelevati da giugno a settembre nel Bormida, a valle dello scarico Solvay: un valore medio di 30 microgrammi/litro; cinque campioni nel fiume Po, a valle della confluenza Tanaro-Bormida, e un valore medio di 0,11 microgrammi/litro. Ricordiamo solo Pag. 6che ci fu una richiesta della regione Veneto nel passato e nel recente passato all'Istituto superiore di sanità, vennero formulate delle raccomandazioni alle quali noi tendiamo ad attenerci, che in somma sintesi – poi i dettagli andando ad approfondirli – parliamo, sempre in microgrammi/litro, di 0,5 di sommatoria e/o di singoli PFAS dei sei normati. Eccezion fatta per il primo che è il PFOS, che è 0,065. Sempre da indicazione. Ricordo anche che ad oggi, anche per le acque potabili, non abbiamo ancora fissato un limite. C'è una raccomandazione dell'Istituto superiore di sanità fatta propria dal Ministero della salute, ma questo è quanto.
  Ora tutti questi elementi sono inseriti nella relazione, io mi scuso, se, parlando anche a braccio, magari commetto qualche imprecisione, ma i dati precisi sono nella relazione che lascio.
  Un solo passaggio ancora, perché la Commissione mi chiedeva dei controlli, sul tema dell'autorizzazione integrata ambientale, perché è tema importante. Questo è lo schema di collegamento degli impianti di fabbrica. Come vedete, nel comprensorio non c'è soltanto la Solvay ma c'è anche la ditta Arkema, che non tratta segnatamente queste sostanze, non tratta PFAS, però è nel comprensorio, e siccome tutto va a confluire nel Consorzio del trattamento degli affluenti, e a valle del Consorzio c'è l'immissione nel Bormida, si capisce come il tema, anche a livello di polo chimico, è abbastanza complesso. L'azienda ha richiesto una modifica non sostanziale dell'AIA per utilizzare – questo in somma sintesi – il cC6O4, quindi potenziale utilizzo del cC6O4 che ha un numero CAS solo da pochi mesi. Il CAS è il Chemical Abstract Service...

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, lo ha chiesto la Arkema o la Solvay?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. La Solvay. Questo numero individua la sostanza all'ECA, quindi la comunicazione all'ente di normazione della classificazione delle sostanze. Per cui sostanza nuova.
  La Solvay comunica già nel 2013 la completa dismissione del PFOA e dopo di ciò – e arriviamo al recente passato – presenta istanza di modifica non sostanziale della produzione per modificare la propria autorizzazione AIA, se nonché ARPA si esprime a fine maggio 2019 sostenendo che la modifica invece è sostanziale. Questo ha comportato la richiesta, perché l'autorità competente ha fatto proprio il parere di ARPA, di un approfondimento ulteriore e quindi non è ancora stata concessa l'autorizzazione.
  Qua c'è lo stabilimento Solvay che immette nel Consorzio di trattamento effluenti del polo di Spinetta Marengo le acque reflue del processo. C'è anche la barriera idraulica. Adesso parleremo un secondo, visto che sono sempre attività di controllo, del tema bonifica dello stabilimento, e poi per correttezza, non vengono utilizzati presso Arkema dei PFAS, ho segnato anche la linea di flusso che sta andando.
  Anche un flash sulle attività di bonifica, perché, per parlare del polo chimico di Spinetta Marengo, ci sono veramente tanti elementi. Qui in sintesi per la procedura di bonifica, avviata nel marzo del 2001, è ancora vigente il decreto ministeriale n. 471 del 1999, poi ricondotto alla procedura prevista dal n. 152 (Testo unico). Nel maggio 2008 è stata aperta la fase emergenziale allo scopo di attivare urgentemente interventi per la risoluzione della situazione di inquinamento della falda superficiale per il parametro cromo 6. Quindi il tema è il cromo 6 che ha comportato – ed è noto – anche l'avvio del processo e di quant'altro, sentenze della Cassazione, eccetera. Non entro nel merito perché non è tema dell'audizione. In questo ambito noi abbiamo effettuato le altre analisi. Ci tenevo a sottolinearlo, perché altrimenti pare che il Piemonte non si sia occupato dei PFAS. Si è occupato dei PFAS, ma il problema emergente era quello di sostanze già normate, che già avevano dei limiti e che erano in quantitativi ben superiori a quelli previsti. Attualmente sul sito è attiva una messa in sicurezza operativa, perché, terminata la fase emergenziale, le indagini di caratterizzazione integrativa hanno confermato un'importante contaminazione delle matrici suolo, sottosuolo e acque sotterranee. Pag. 7
  Non entro nel merito dei vari passaggi, perché credo che siano da approfondire uno per uno. Il 20 dicembre 2019, quindi pochissimo tempo fa, è stata avviata una messa in sicurezza di prevenzione costituita da sei pozzi di emungimento nell'area in cui sono state riscontrate concentrazioni più elevate di cC6O4, perché oltre a tutti gli altri parametri oggi teniamo in importante considerazione anche i PFAS. Siccome l'oggetto dell'audizione era questo, l'ho evidenziato. In queste tabelle, che sono presenti nella relazione, raccolgo che nei vari monitoraggi abbiamo sul PFOA e sul cC6O4 delle individuazioni per le attività di bonifica, quindi nei piezometri, delle presenze e delle concentrazioni di queste sostanze anche fino a valori massimi consistenti di 12,9 per i PFOA e di oltre i 38 per il cC6O4.
  Questi sono semplicemente i numeri dei campioni, però stiamo parlando di più di tremila campioni. In sostanza, per riassumere, nelle acque sotterranee non si registrano superamenti dei valori di soglia definiti dalla direttiva Acque; nei punti di monitoraggio individuati si è registrata una positività di cC6O4 nel comune di Montecastello, come abbiamo già sottolineato, quindi a valle dello stabilimento; abbiamo individuato sulle acque superficiali positività di cC6O4 per quattro e per cinque campioni prelevati più vicini e più lontani dallo stabilimento. Ovviamente le elaborazioni che noi stiamo facendo – qui ce n'è una – mettono anche in correlazione le concentrazioni di questi contaminanti con la portata del Bormida, e si vede che sono inversamente proporzionali, perché più c'è portata e più si diluiscono. Quindi significa che comunque le immissioni nel Bormida sono di non poco conto. Fermo restando che non abbiamo limiti allo scarico, perché allo scarico proprio non ci sono, non sono normati.
  Siccome a livello regionale abbiamo visto che qualche traccia, qualche presenza l'abbiamo riscontrata, ancorché in concentrazioni infime, vicine al limite strumentale, al limite analitico. Qui c'è una tabella riassuntiva sul fiume Bormida e ci sono ancora delle analisi in corso per via della direttiva Acque e quindi dobbiamo ragionare su tutto l'anno, i dati ci saranno nel primo semestre del 2020. Però ci siamo prefissati come ARPA di andare a ragionare anche su un po’ di scarichi del territorio, ovviamente andando a individuare quelle aziende che o erano del ciclo del tessile o della cromatura, della depurazione oppure del trattamento dei rifiuti, e abbiamo riscontrato a livello regionale dei risultati che sono riassunti in queste due tabelle, sono affiancate: una è limitata alla provincia di Alessandria; l'altra sulle altre province in Piemonte. Per gli scarichi individuati i dati puntuali superano i limiti medi nei seguenti casi: cinque campioni di superamento, compreso il cC6O4, nello scarico della Solvay nel Bormida, e questo lo si poteva anche aspettare; abbiamo riscontrato per la verità solo tre campioni di superamento, due di PFOS nella zona del Novarese in due scarichi, e un campionamento di supero nel lago Maggiore di cC6O4. Stiamo parlando sempre di valori tutto sommato contenuti, però abbiamo delle positività che sono state riscontrate non solo a Spinetta Marengo, anche se ho pensato di estendere gli elementi per l'audizione di oggi dicendo che a livello regionale questi, ricercati negli scarichi, li abbiamo trovati.

  PRESIDENTE. Gli scarichi provengono da dove, sempre della Solvay?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Scarichi di altre aziende.

  PRESIDENTE. Ma è uno scarico dedicato di altre aziende?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Scarichi di altre aziende, quindi nel momento in cui...

  PRESIDENTE. Quali sono queste aziende?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Un'azienda è l'azienda Righi a Novara, delle altre due aziende vi fornirò gli elementi precisi perché oggi avevo dato, concentrandomi su Spinetta Marengo, Pag. 8solo l'avviso che comunque questa è una problematica che è da tenere in considerazione non solo per chi è grande produttore, come la Solvay, ma anche in altre tipologie di aziende. Ripeto che però diventa importante avere un limite fissato da una norma, perché in questo momento noi possiamo fare delle valutazioni, possiamo dire che c'è, però è difficile poter avviare eventuali procedimenti. Non entro nel merito.
  Io mi fermerei. Non so se ho centrato il mandato, ma comunque ci ho provato.

  PRESIDENTE. Nella relazione che ci avete inviato si parla di una barriera idraulica, e mi interesserebbe fare un approfondimento sull'argomento perché non viene spiegato come è fatta, chi la controlla, e avrei anche alcune domande specifiche: da quanti pozzi di emungimento è attualmente costituita la barriera idraulica di contenimento della falda? Qual è la portata complessiva dell'acqua emunta dai pozzi e quale quella per singolo pozzo? Quanti pozzi nella barriera sono ubicati all'interno del perimetro dello stabilimento e quanti invece fuori dallo stabilimento? I pozzi di emungimento vengono sempre tenuti tutti in esercizio alla massima portata oppure c'è una varianza? Quanti sono i piezometri di controllo posti a valle della barriera idraulica per la verifica dell'efficacia, ovviamente? Con quale frequenza vengono monitorati i piezometri di controllo posti a valle della barriera e quali sono stati finora gli esiti di tali controlli su tutti i PFAS, non solo cC6O4 o PFOA, e qual è l'andamento di questi valori? L'acqua emunta dalla falda viene depurata prima di essere scaricata e, se sì, con che tipo di processo viene depurata e con quali valori residui di PFAS viene scaricata dopo la sua depurazione? Se l'impianto di depurazione dell'acqua emunta della falda dopo la barriera idraulica è a carboni attivi, con che frequenza vengono sostituiti questi carboni esauriti e come viene monitorata e controllata la perdita della loro efficacia?
  Questo per quanto riguarda la barriera idraulica, poi ne ho altre che riguardano l'impianto di depurazione e i terreni.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Mi sento a Rischiatutto, perché a livello qualitativo posso ovviamente darle un inquadramento, però io riterrei più efficace, anche perché sono domande assolutamente puntuali e di assoluto interesse, abbiamo tutti i dati, se lei avesse la bontà di consentirmi di avere il testo delle domande stesse, come struttura di ARPA io metto in moto i miei tecnici perché forniscano le risposte puntuali e corrette. Questa è una proposta, semplicemente perché sul tema della bonifica io l'ho inserita nelle slide per dare un'indicazione, ma non sapendo esattamente l'oggetto dell'interrogazione di oggi vorrei evitare di dare dei dati che possono essere poco precisi. Pertanto io la pregherei, se ha la bontà anche di fornirmi le altre domande, poi o mi prendo degli appunti oppure un testo scritto...

  PRESIDENTE. Glielo forniamo anche sull'impianto di depurazione e anche sui terreni, se è stato previsto un piano di caratterizzazione per i terreni interni.
  Un'ultima domanda. Vedendo anche la trasmissione di Report, dove non sono direttamente collegati ma probabilmente sì, quell'acqua che veniva servita alle case circostanti, senza entrare nello specifico, evidentemente era anche inquinata non solo delle sostanze ma anche dei PFAS, e soprattutto mi ha colpito il fatto che la regione Piemonte diceva «controlla l'ARPA», la quale replicava dicendo di non sapere nulla di questa cosa. Qual è il suo punto di vista?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. La rete privata di Solvay che serve alcune abitazioni private nel concentrico di Spinetta Marengo è un oggetto complesso, perché noi abbiamo tentato, ed è per questo che ARPA diceva «non ne so nulla», ma la domanda di Report era su un'altra cosa, poi l'hanno inserita in una maniera che forse si comprendeva un po’ meno bene, perché la posizione di ARPA è che nelle case private noi abbiamo tentato più di una volta di effettuare dei prelievi, ma non ci hanno mai permesso i privati di entrare in casa, se non per prelevare e fare delle analisi su quelle acque distribuite da questa rete privata. Pag. 9
  Al momento, siccome riteniamo invece importante avere delle informazioni puntuali su questa rete di distribuzione, abbiamo e stiamo avviando una campagna, le cui notizie potrebbero essere leggermente più riservate da rappresentare, tant'è che proprio la prossima settimana tenteremo di avviare, anche con le forze dell'ordine, dei campionamenti puntuali per comprendere oggi che cosa sta distribuendo quella rete privata, perché, se è pur vero...

  LUCA BRIZIARELLI. Sull'ordine dei lavori. Non so se, viste le affermazioni che ha appena fatto, l'audizione potrebbe diventare un po’ più riservata. Non so se sta seguendo, Presidente.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Io posso fermarmi anche a questo.

  PRESIDENTE. Forse ho interpretato male: diceva che sarà riservata, oppure adesso vuole dire delle cose che potrebbero...

  LUCA BRIZIARELLI. Il fatto che stiano per fare dei controlli, non so se magari sono cose...

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Non aggiungo altro, dico soltanto questo.

  LUCA BRIZIARELLI. Scusi se mi sono permesso, Presidente.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Non aggiungerò altro al fatto che ci sia poi...

  LUCA BRIZIARELLI. Eventualmente si può proseguire in segreta. Dato che lei ha detto pochi secondi fa «quello che sto per dire acquisisce una valenza leggermente più riservata», io...

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Ha perfettamente ragione, senatore, però io qui, se non ci sono ulteriori domande, a quel punto va in segreta, ma per richieste.
  Io sto solo dicendo che stiamo avviando e avvieremo delle attività per riuscire a entrare più nel merito delle reti private. Questo si può anche dire pubblicamente.

  PRESIDENTE. Mi domando, ma i privati – questo è già curioso – che non fanno entrare per dei controlli su acque che usano loro, quindi è anche per la loro tutela, però questa rete privata non è che ha solo il terminale che è l'utente, ha anche tutta una filiera, compresa quella interna Solvay, dalla quale parte la rete: neanche lì voi avete avuto la possibilità di andare a misurare la qualità?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Sottolineo anche che i prelievi delle acque per uso umano, acqua potabile, non sono competenza di ARPA, sono competenza della ASL. Noi ci occupiamo dell'ambiente e prelievi specifici come ARPA non li abbiamo fatti. Ripeto, abbiamo un progetto di approfondimento importante su questi aspetti, che avrà avvio nei prossimi giorni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Non ho capito se attualmente avete presente attività di produzioni, attività produttive di vario genere da parte della Solvay o di altre aziende, in particolare in quel distretto, dove vengono manipolate o comunque ci sono manifatture di PFAS o di cC6O4 e anche altre attività produttive in altri distretti, Novarese e altre zone del Piemonte, se pensate di fare una mappatura delle attività produttive che le stanno utilizzando e per quali tipi di prodotti farlo.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Come ho fatto vedere, abbiamo avviato una campagna di analisi negli scarichi proprio andando a individuare aziende in AIA che potenzialmente abbiamo pensato possano o potessero trattare questi materiali. Non perché sono dei produttori, ma ad esempio come concentrazione nei fanghi di depurazione, e i risultati che abbiamo trovato sono ancora Pag. 10rappresentati in questa slide: oltre allo scarico della Solvay abbiamo trovato altri tre campioni con dei valori positivi. Questo però – lo sottolineo ancora una volta – finché non abbiamo un valore limite allo scarico che ci permetta di dire che 1,12 microgrammi/litro di cC6O4 è superiore o inferiore a quanto previsto dalla legge, noi oggi possiamo solo farne una fotografia. Abbiamo certamente in avvio anche ulteriori campagne in tal senso. Ad oggi abbiamo trovato questo su un numero abbastanza consistente di campioni effettuati, circa un centinaio.

  PRESIDENTE. Voi siete stati contattati come consulenza per trovare i valori per lo scarico: anche per i terreni, per le concentrazioni sui terreni?

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Sui terreni no. Adesso stiamo lavorando sulle concentrazioni negli scarichi. È certamente un altro tema, perché anche nei terreni mancano questi valori. Assolutamente. E diventa complicato per i tecnici andare ad effettuare dei prelievi e poi, mentre sulle altre sostanze – banalizzo, il cromo 6, non è banale, è ben normato – abbiamo i valori e anche i valori limite e le metodiche, su queste sostanze invece ci riferiamo e possiamo riferirci a pareri dell'Istituto superiore di sanità, che però non toccano assolutamente tutte queste sostanze normate. E sono pareri, non sono valori di legge. Non so se ho risposto.

  ALBERTO ZOLEZZI. Mi interessa capire, anche perché adesso proverà il Parlamento ad occuparsi del tema, anche sulla base di quelle che possono essere produzioni sostituibili perché non particolarmente necessarie o trovare sostituti dei PFAS per quanto riguarda le produzioni di articoli e di prodotti un po’ più necessari, quindi le chiedo se questa campagna negli scarichi è stata fatta sulla base di determinati prodotti e quali sono i prodotti maggiormente finalizzati su cui avete trovato dei PFAS negli scarichi.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. È chiara la domanda, però credo di avere già risposto; sono aziende che si occupano di cromatura, ci sono aziende che si occupano di trattamento delle acque, la lavorazione dell'acciaio, per cui questi sono impianti di trattamento delle acque. A fronte di un numero consistente di campionamenti e di analisi, su queste aziende abbiamo riscontrato presenza di PFOS in due casi e di cC6O4 nell'altro caso. Queste sono sostanze di largo utilizzo, quindi in tanti campi della produzione industriale queste sostanze sono utilizzate. Il fatto che in alcuni casi li abbiamo riscontrati dà ragione del fatto che ci sono, ma in altri casi non li abbiamo reperiti, non sono stati analizzati.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, le confermo che le saranno inviate queste domande puntuali, che ci interessa focalizzare sulla barriera della Solvay, anche perché si è parlato molto della Miteni, ma qua crediamo che ci siano motivi preoccupanti, quindi dobbiamo approfondire necessariamente questa questione.

  ANGELO ROBOTTO, Direttore generale di ARPA Piemonte. Le confermo la disponibilità di ARPA Piemonte eventualmente anche a venire a illustrare il documento, che predisporrò in base alle domande che verranno rivolte.
  Ringrazio e rimango a disposizione per domande e approfondimenti.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione di rappresentanti di ARPA Toscana.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di ARPA Toscana. È presente il direttore tecnico, dottor Guido Spinelli, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno dell'inquinamento da PFAS sul territorio nazionale e verterà principalmente sull'inquinamento da PFAS nel fiume Arno e nei relativi Pag. 11affluenti, nonché in taluni corpi idrici della costa. La Commissione è interessata a conoscere le cause di tale inquinamento.
  Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito il nostro ospite a svolgere una relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Grazie, Presidente. Mi dispiace, non sapevo che ci fosse la possibilità di mostrare delle diapositive, altrimenti le avrei preparate senz'altro, perché vedere delle immagini è senz'altro più significativo.
  Nella vostra richiesta per l'audizione di stasera veniva richiesto un aggiornamento di una relazione che abbiamo inviato nel 2017 sull'andamento della contaminazione da PFAS delle acque dei vari comparti acquiferi della Toscana. Noi abbiamo già inviato un aggiornamento di quella relazione nel novembre 2019, quindi pochi mesi fa, che non era citata, e io mi sono permesso di allegarla nuovamente a questo ulteriore aggiornamento che abbiamo prodotto nella giornata odierna, che quindi troverete nella documentazione.
  Nella relazione inviata nel novembre del 2019 era ripercorsa la strategia che, come Agenzia regionale, abbiamo adottato per la ricerca di questi contaminanti, che inizia nell'anno 2016 con la messa a punto di un metodo di determinazione per questi composti, basandoci sulle risultanze prodotte dallo studio del CNR nel 2013, pubblicate nel 2014. Abbiamo quindi messo a punto una metodica adatta a questa determinazione, confrontandoci proprio con il CNR e rianalizzando dei campioni che avevano analizzato precedentemente proprio nei fiumi della nostra regione. Una volta messa a punto questa metodica che – come ben sapete, immagino, a questo punto – richiede delle strumentazioni abbastanza sofisticate, visti i livelli di determinazione che vengono richiesti dalla normativa, siamo partiti nel 2017 con un programma di campionamento e di analisi delle acque dei vari comparti, sia le acque superficiali che le acque dei laghi, le acque di transizione, acque sotterranee e acque marine. In realtà non sono state campionate proprio le acque marine, ma successivamente sono stati campionati i pesci per determinare la concentrazione di PFAS nei loro tessuti. Questa è stata una metodica abbastanza innovativa anche a livello nazionale, siamo stati tra i primi a mettere a punto un metodo adatto, perlomeno sui pesci.
  Le risultanze del 2017 sono riportate in questa relazione, da cui si può vedere che i nostri fiumi mostrano la presenza di questi composti. La ricerca si è basata su un numero abbastanza ridotto di questi composti, vale a dire quelli previsti dalla normativa nel decreto n. 172 del 2015, il PFOS e altri che vanno a determinare la valutazione dello stato chimico, gli altri cinque che vanno a determinare la valutazione dello stato ecologico. Più le altre molecole previste ai sensi delle acque sotterranee, quindi il decreto MATTM del 6 luglio 2016.
  Nel 2018 abbiamo ripetuto questo programma di indagine e i risultati del triennio, quindi del 2017 e del 2018, sono stati riportati nel nostro annuario, scaricabile all'indirizzo che vi ho riportato nella relazione. Anche in questo caso cosa si nota come risultati complessivi? Che le acque superficiali sono contaminate da questi prodotti; ad eccezione del PFOS che è l'unico che riporta uno standard di qualità ambientale con una media annuale molto bassa, dell'ordine di 0,065 microgrammi/litro, gli altri non superano mai gli standard di qualità ambientale. Invece per il PFOS questo superamento è diffuso su molte delle stazioni che abbiamo considerato: nel 2017 tredici stazioni delle quattordici considerate Pag. 12 e nel 2018 un buon numero (diciotto punti di campionamento). Si tratta di punti di campionamento di corsi d'acqua a rischio, quindi con un monitoraggio operativo già pesante, in quanto sono compromessi da forti pressioni antropiche, quindi erano quasi...

  PRESIDENTE. Questi riguardano la falda superficiale quindi?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Queste sono le acque superficiali, quindi i corpi idrici fluviali.
  Per quanto riguarda le acque sotterranee, nonostante si noti una presenza di queste sostanze, non si è registrato nessun superamento del valore soglia. Invece un'altra particolarità è l'indagine che abbiamo condotto sulle specie ittiche, quindi sul biota, dove anche in questo caso non si ha nessun superamento per l'unico parametro che è normato (il PFOS), ma si ha la presenza in tutti i campioni analizzati di questa molecola. Il valore limite è abbastanza elevato (9,1), e non viene mai superato.
  Io ho prodotto e ho consegnato stasera un ulteriore aggiornamento dove si riportano i numeri a livello quantitativo dell'indagine condotta nell'anno 2019. Non sono ancora terminate le analisi, perché siamo a metà gennaio, quindi fino al 31 gennaio vengono ancora immessi i campioni prelevati nell'ultima fase dell'anno, quindi seguirà una elaborazione di questi risultati. Numericamente siamo sempre fermi su questa quota di circa quarantotto campioni su fiumi e laghi, otto campioni di biota per le acque marine costiere e una cinquantina di campioni per le acque sotterranee, in quanto la capacità analitica dei laboratori di ARPAT è fortemente compromessa dalla particolarità della strumentazione necessaria per fare queste analisi, poiché l'unica strumentazione a disposizione è già impegnata per fare altre analisi di contaminanti organici, quali glifosate, AMPA e tutti i fitofarmaci. Solamente a dicembre 2019 siamo riusciti finalmente a concludere la lunga fase di acquisto di una nuova strumentazione, che verrà installata nel mese di aprile. Quindi ci si auspica che nel prosieguo del 2020 sia possibile incrementare lo spettro di indagine.
  Da questi risultati si ribadisce quanto già evidenziato nella relazione del CNR, che, per esempio parlando del fiume Arno (uno degli oggetti di questa audizione), evidenzia che nel tratto iniziale del fiume non si ritrovano contaminazioni da queste sostanze, mentre, quando si arriva in vicinanza dei primi centri abitati e ai primi depuratori di reflui urbani, per non parlare poi della città di Firenze, si comincia a notare la loro presenza. Un significativo apporto è senz'altro dovuto agli affluenti del fiume che derivano dalla riva destra, quindi dalla zona di Prato e di Pistoia dove ci sono due importanti distretti: in quello pratese c'è un distretto tessile molto importante, nel Pistoiese c'è invece un distretto vivaistico molto importante. Un altro contributo sicuramente arriva sulla riva sinistra dell'Arno dal canale Usciana che colletta i reflui dei depuratori della zona del conciario di San Miniato e di Fucecchio.
  La particolarità è che anche nei campioni di pesci prelevati in mare si ritrovano contaminanti di questo tipo. Queste sostanze quindi si bio-accumulano e si bio-magnificano nelle specie ittiche. Solamente in una postazione di tutta la regione, parlando sia del mare che dell'interno, non abbiamo trovato specie ittiche con questo tipo di contaminazione. Questo a dimostrazione che ormai questi composti sono largamente diffusi in tutti i comparti.
  Per quanto possa riguardare le cause...

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, prima ha detto a Pistoia distretto vivaistico, perché usano queste sostanze?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Perché questi composti hanno un impiego estremamente largo e anche nei fitofarmaci sono impiegati. Quindi c'è da aspettarsi che laddove vengono impiegati i fitofarmaci, come nel distretto vivaistico, ci siano anche di queste componenti. Sono ampiamente utilizzati in una moltitudine di processi produttivi e possono arrivare nell'ambiente da una molteplice quantità di fonti. Si possono ritrovare in primo luogo là dove vengono prodotti, quindi nelle industrie Pag. 13 che producono fluoropolimeri o questi prodotti come materia prima. Poi vengono impiegati in tantissimi comparti quali il tessile, il conciario, nelle schiume antincendio, nelle pitture, nelle vernici, come impermeabilizzanti nei tessuti, come coadiuvanti degli antiparassitari...

  PRESIDENTE. In Toscana non ci sono aziende che lo producono proprio?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Arrivando all'ultima domanda posta (se c'era una qualche relazione con il distretto industriale di Rosignano Solvay), nel distretto di Rosignano insistono diverse aziende, tutte sottoposte ad AIA ministeriale; nell'arco degli anni queste AIA sono state revisionate in seguito a scissioni societarie – di questo vi ho relazionato nel documento che vi ho lasciato stasera in segreteria – oltre la Solvay vera e propria, la Solvay Chimica Italia, c'è la società Inovyn, la centrale termoelettrica Rosen, la centrale termoelettrica Rosenelectra, la società INEOS. Tutte queste anni fa erano riconducibili alla Solvay, poi le AIA ministeriali sono state spezzettate, ma fanno tutte riferimento agli impianti produttivi già in essere, quindi cloro-soda, clorometani, perossidati, sodielec e cloruro di calcio. A nostra conoscenza non sono mai state prodotte o impiegate sostanze fluoroderivate. Non ci sono linee produttive di questi prodotti. Anche nella falda della Solvay, dove è in atto la bonifica da anni, sono stati ricercati e ritrovati composti clorurati ma mai composti fluorurati. D'altra parte la Solvay – come ben sapete – ha un polo industriale che produce questi composti nel Nord Italia, a Spinetta Marengo.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei ha in parte risposto, ma vorrei capire se per caso avete pensato di monitorare con maggiore precisione i quantitativi di PFAS ancora manipolati presso le varie attività produttive, se qualcuno si è dotato di un registro di carico e scarico per fare qualche ricerca anche su scarichi specifici e per avere dei suggerimenti. So che c'è un tavolo tecnico per capire come impostare i limiti agli scarichi, però se voi come ARPA Toscana avete fatto qualche valutazione, se avete un'idea, anche grossolana, di quali siano i settori dove oggi si utilizzano di più e soprattutto per attività vitali – penso a farmaci antiasmatici piuttosto che schiume antincendio – confrontati con settori non vitali come tessile o settori ludici.

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Vista la larga diffusione di questi composti e la loro possibilità di tornare nell'ambiente, anche se non manipolati come materie prime, questo tipo di ricerca per adesso non ha dato risultati concreti. Nel senso che il distretto tessile di Prato, per esempio, non è che usa questi composti, ma tratta i tessuti, li ricicla, tessuti che sono stati originariamente trattati con questi composti, quindi poi li ritroviamo nelle acque di scarico. L'unico comparto in cui effettivamente potrebbe essere condotta questa tipologia di studio è il comparto conciario, perché lì vengono proprio impiegati come materia prima per la concia del cuoio. Tra l'altro, non vengono adoperati prodotti che si ritrovano e che noi andiamo a monitorare, ma vengono utilizzati dei fluorotelomeri, che poi danno questi prodotti per successiva degradazione.
  Attualmente non c'è nessuna restrizione sull'impiego di questi prodotti né a livello comunitario né a livello italiano; le uniche restrizioni attualmente in vigore sono quelle per i due capostipiti (PFOA e PFOS), uno dei quali è stato inserito nella lista dei componenti dei contaminanti organici persistenti, l'altro invece è stato proprio soggetto dal REACH a delle restrizioni sull'immissione in commercio. Sugli altri si può fare un'indagine sul carico e scarico, ma non c'è, allo stato attuale, alcuna limitazione.
  Quello che come ARPA Toscana e come sistema nazionale per la protezione ambientale stiamo cercando di fare è impostare una rete di monitoraggio basata proprio su questi dati. Sono state pubblicate lo scorso anno delle linee guida da parte della SNPA per la messa a punto della rete di monitoraggio, e le premesse sono basate su quello che lei chiedeva: su quali sono le particolari tipologie di industrie manifatturiere Pag. 14 che le utilizzano e su quanto dichiarano o meno. Tuttavia, anche leggendo questa pubblicazione, si notano errori abbastanza grossolani: fa riferimento a delle liste di industrie, tra le quali vi sono quelle che hanno un'autorizzazione integrata ambientale. Il conciario per esempio di Santa Croce e Fucecchio in questa rappresentazione non è neanche menzionato, perché le imprese sono molto piccole e non sono soggette a questo tipo di autorizzazione. Per cui mancano completamente. Già questo le dice che non è così semplice andare a valutare concretamente le possibili pressioni sul territorio, se non per conoscenza diretta di noi che ci lavoriamo.
  L'altra cosa che come sistema stiamo facendo è di impostare una campagna sugli scarichi degli impianti di depurazione sia di reflui civili che di reflui industriali. Cosa anche questa non banale, perché già dal punto di vista analitico e di determinazione questo comporta di avere degli strumenti dedicati, perché le quantità in gioco, anche come contaminanti generali, sono molto differenti, quindi andrebbero a inficiare il monitoraggio. Quindi stiamo anche lì lavorando per avere delle linee dedicate. Ma la prima cosa che stiamo cercando di fare come sistema è di avere dei riferimenti normativi sui valori limite di scarico. Proprio in questi giorni il direttore della SNPA si è incontrato con il Ministero per arrivare alla definizione dei valori limite per gli scarichi, perché gli unici valori limite che per adesso abbiamo sono quelli sulle acque superficiali, sulle acque sotterranee dal decreto ministeriale. Per gli altri comparti abbiamo solo dei pareri dell'Istituto superiore di sanità, che servono come indirizzo ma non sono cogenti.

  TULLIO PATASSINI. Da quello che lei ha espresso è evidente che la questione in oggetto è localizzata in più zone della Toscana. Mentre noi abbiamo visto in altre regioni d'Italia che è localizzata in uno stabilimento specifico, in una zona specifica, in un territorio specifico, in Toscana, per svariati motivi (dallo sviluppo economico, dalle imprese...) è una questione localizzata, per cui la prima domanda che le vorrei fare è questa: avete dei monitoraggi sistematici, avete fatto un monitoraggio regionale sull'argomento o avete ragionato in maniera episodica?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Come dicevo prima, abbiamo impostato dal 2017 un monitoraggio regionale su tutto l'ambito. Ovviamente i numeri non ci permettono di eseguire un campionamento su tutti i punti delle nostre acque superficiali, sotterranee ed altro, perché si tratta di duecento punti sulle superficiali, oltre trecento sulle sotterranee, diciotto sul comparto marino e altre acque di transizione e laghi, quindi abbiamo concentrato in un primo momento le analisi sui bacini più importanti e interessanti (si veda la relazione del CNR), quindi sull'asta del fiume Arno e sugli altri fiumi principali (il Serchio, il Cecina, l'Ombrone ed altri); poi, una volta fatta questa prima campagna nel 2017, abbiamo cercato, oltre che ribadire i punti più interessanti sull'asta dell'Arno, di estenderlo ad altri punti per vedere se ci fossero situazioni significative.
  Ci tengo a precisare una cosa. Nelle altre regioni si sono focalizzati su alcuni luoghi, perché lì si parla di una contaminazione – per darle un'idea – di centomila microgrammi/litro, qui si sta parlando di pochi microgrammi/litro, di frazioni di microgrammi. Addirittura il limite normativo è 0,065 microgrammi/litro, quindi si sta parlando di ppb, una misura infinitesima. Un ppb è una goccia di acqua in una piscina olimpionica, per dare un'idea. Mentre invece laddove ci sono comparti produttivi, quindi l'inquinamento è di una consistenza molto maggiore, si parla di centinaia di microgrammi, se non migliaia di microgrammi.
  Una situazione analoga a quella toscana, dai risultati del primo sondaggio fatto a livello nazionale dal sistema, è una situazione diffusa in tutte le altre regioni. Vale a dire tutti i comparti acquiferi presentano queste contaminazioni, livelli di questi contaminanti molto bassi quasi senza nessuna localizzazione ben precisa. Questo perché purtroppo si ritrovano in tutti i depuratori di scarichi civili, in quanto tutti i prodotti che noi indossiamo, quasi tutti, ad esempio i vestiti, materiali in gore-tex e Pag. 15quant'altro, presentano questi composti e, lavandoli, vanno a finire nei depuratori, i quali non riescono minimamente a trattenerli, quindi poi si ritrovano nelle acque dell'ambiente. Quindi la situazione toscana non è particolare: è analoga a quella ritrovata su tutto il territorio nazionale.

  TULLIO PATASSINI. Quindi fino al 2017 il monitoraggio è stato episodico e dal 2017 è diventato sistematico?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Per essere precisi, fino al 2017 non li analizzavamo questi prodotti, perché non c'era una metodica analitica adatta. L'abbiamo messa a punto nel 2016 in collaborazione con il CNR, che aveva svolto questa indagine sulla base di una precedente indagine svolta a livello comunitario.

  TULLIO PATASSINI. Quindi avremo i primi dati in questo periodo, perché i dati arriveranno...

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Abbiamo già tre anni di dati, che non sono pochi.

  TULLIO PATASSINI. Quindi finora lei mi conferma che non ci sono stati in nessuna zona della Toscana casi particolari in cui si è ritenuto opportuno dover essere più precisi o intervenire in maniera più attenta, perché magari si è individuato un dato superiore alla media toscana.

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Direi di no.

  PRESIDENTE. Nel comparto del distretto tessile sono stati fatti dei controlli più approfonditi? A Prato, per esempio, rispetto alle altre zone? Anche per quanto riguarda la Solvay abbiamo visto come tonnellate di mercurio, arsenico e altri materiali vengono sversati a mare. Anche in questo caso è stato controllato nello specifico il PFAS?

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. I PFAS sono stati controllati in tutti i comparti ambientali, ancora non sono stati mai controllati negli scarichi di nessuna impresa produttiva del territorio. Vorrei che questo fosse chiaro. Stiamo cercando di arrivare a dei limiti sugli scarichi a cui fare riferimento, perché sono stati suggeriti dei limiti dall'Istituto superiore di sanità, ma ancora non hanno alcuna valenza. Neanche a livello comunitario ci sono dei limiti sugli scarichi. Oltretutto la metodica analitica sugli scarichi differisce da quella del monitoraggio ambientale.
  Noi quindi per adesso, nel 2017, 2018 e 2019, abbiamo analizzato soltanto il comparto ambientale. Non vorrei che ci fossero fraintendimenti.

  PRESIDENTE. Era per evidenziare perché altre regioni invece... però, visto che non ci sono ancora limiti... Vorremmo capire l'origine dell'inquinamento, sapere se c'è un soggetto, una ditta che immette più del dovuto nell'ambiente è un'informazione importante.

  GUIDO SPINELLI, Direttore tecnico di ARPA Toscana. Ha perfettamente ragione. Per arrivare a vedere quali sono i comparti da indagare successivamente, era necessario fare questo primo screening ambientale, che non ha fatto altro che confermare che ci sono dei punti che hanno sicuramente delle immissioni significative nell'ambiente di queste componenti. Da qui ad andare a fare l'indagine sugli scarichi, c'è bisogno di avere dei limiti di riferimento.
  Io credo che le uniche due regioni che abbiano fatto qualcosa del genere siano il Veneto e il Piemonte, per la presenza di impianti che li producono. Il Piemonte aveva proprio nell'autorizzazione ambientale integrata della ditta – ma vado a memoria – la ricerca di queste componenti e quindi li ha dovuti mettere a punto per forza. Ugualmente nel Veneto è successo quello che ben conoscete, quindi da lì l'attenzione è stata posta su tutti i comparti. Ma una delle problematiche del Veneto, rappresentata proprio nelle ultime riunioni, è quella di avere dei limiti cogenti, altrimenti non sanno Pag. 16come costringere le aziende a investire per cercare di eliminare queste componenti dai loro reflui, perché di metodiche impiegabili allo stato odierno economicamente sostenibili non ce ne sono molte. Ho partecipato nel dicembre scorso a un seminario a Milano che trattava proprio questo argomento, e sembra che le metodologie siano solamente due e siano abbastanza costose, e siano applicabili solo a particolari tipologie di reflui, come il percolato delle discariche. A un depuratore civile o industriale di una certa portata questi metodi non sono facilmente applicabili, questa è la realtà dello stato delle cose. Questa situazione è riprodotta anche a livello internazionale da quello che veniva fuori dagli esiti di questa giornata.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione di rappresentanti dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo, sono presenti Marco Colatarci, Stefano Bigini, Andrea Diotto, Fabio Cintioli, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul fenomeno dell'inquinamento da PFAS sul territorio nazionale e verterà principalmente sulle attività svolte dallo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito i nostri ospiti a svolgere una relazione al termine della quale faremo qualche domanda di approfondimento.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Grazie, Presidente. Sono il legale rappresentante della società cui fa riferimento il sito di Spinetta Marengo. Abbiamo una piccola presentazione per l'illustrazione del tema richiesto e abbiamo anche fornito alla segreteria un documento di approfondimento, qualora ce ne fosse bisogno. Ovviamente siamo a disposizione per tutto quanto si rendesse necessario.
  Vorrei solo farvi un'introduzione sulla Solvay. Il nostro è un gruppo multinazionale belga che ha ventiquattromila dipendenti, un fatturato di circa 10 miliardi, presente un po’ in tutto il mondo; ha un modello di business to business, non ci trovate, salvo piccoli esempi, sul mercato finale ma siamo fornitori di catene di valore abbastanza importanti. Siamo una società che si sta spostando sempre di più da una chimica di base verso una chimica per la realizzazione di materiali speciali, utili al mondo di oggi. Dopo ne vedremo qualche esempio. Abbiamo a livello mondiale ventuno centri di ricerca, centoquindici siti industriali. Questa è la distribuzione a livello mondiale: siamo equilibrati fra Europa, Nord America, Sudamerica e l'Asia pacifica che sta crescendo.
  È una società belga, però siamo da 108 anni presenti in Italia. Devo dire che tutte le maestranze, tutto il management è italiano da diverse generazioni. L'Italia esporta manager in tutto il mondo nel nostro sistema industriale.
  Solvay sono sette siti, diverse legal entity. Da sottolineare il centro di ricerca di Bollate dove lavorano quattrocentosessanta persone, di cui duecentocinquanta sono dedicate alla ricerca, e il sito di Spinetta Marengo su cui andremo a focalizzarci. Poi il sito storico di Rosignano Solvay, focalizzato sulla chimica di base ma anche la chimica di specialità, in Toscana.
  Solvay in Italia. Siamo quasi duemila dipendenti, forniamo una filiera di più di ventimila persone, un miliardo e mezzo di Pag. 17fatturato nel 2018. Siamo il primo gruppo straniero per la chimica o fra i primi in Italia, il secondo gruppo dopo l'ENI.
  Estremamente importante è sottolineare che al centro di ricerca di Bollate, ma anche a Spinetta Marengo, realizziamo circa settantotto brevetti in Europa. Siamo la società italiana che più deposita brevetti nel corso dell'anno. Stiamo muovendoci, abbiamo fatto grossi investimenti sulla realizzazione dei nostri fabbisogni energetici. Siamo totalmente «carbon free», le nostre cogenerazioni in tutti gli stabilimenti sono tutte ad alto rendimento e a bassissimo impatto ambientale. Questo perché crediamo che nella transizione energetica dei prossimi trent'anni sia un asset importante avere il metano come vettore energetico.
  Entrando ovviamente nello specifico di Spinetta Marengo, passo la parola al direttore Andrea Diotto che ci accompagnerà nella storia e nelle tematiche di quanto dobbiamo discutere.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Buonasera a tutti. Vogliamo fare una breve introduzione sulla produzione del sito di Spinetta Marengo, poi arriveremo nel vivo dell'oggetto di questa audizione.
  Il sito rappresenta una presenza industriale storica, in attività da più di cento anni, che è partita con l'attività di purificazione dell'oro non andata a buon fine, poi è passato diversi decenni attraverso la chimica inorganica e la chimica tradizionale (acido solforico, pigmenti, biossido di titanio). È stata di proprietà della Montecatini già a partire dagli anni Trenta, quando ci fu una fusione di due aziende. Una scelta importante, anche nell'ottica dell'audizione di oggi, è avvenuta negli anni Sessanta e Settanta, quando è iniziata la diversificazione delle produzioni del sito, al tempo di proprietà della Montedison, ovvero l'introduzione delle produzioni di fluoroderivati. I primi fluoropolimeri sono proprio di questi anni: il PTFE che da noi si chiama con il nome commerciale Algoflon. Qui ovviamente abbiamo riassunto le tappe principali.
  Un altro punto fondamentale nella storia del sito di Spinetta è il 2002 con l'acquisizione della società, che al tempo si chiamava Ausimont del gruppo Montedison, da parte della Solvay. Di qui è iniziato ovviamente un ciclo di grandi investimenti per il sito di Spinetta che si riassume anche solo con gli investimenti di questi diciotto anni, 500 milioni di euro che la Solvay ha investito nel sito di Spinetta, di cui 200 milioni destinati proprio ai temi di sostenibilità e ammodernamento degli impianti.
  Quindi è iniziato nel 2002 un periodo molto importante per il sito, infatti possiamo dire nel 2020 che il sito di Spinetta è tra i più strategici del gruppo, lo testimoniano tutti gli indicatori, se non altro anche per il fatto che venga spesso scelto come sito pilota dalla Solvay proprio per sperimentare tutte quelle nuove tecnologie e modi di lavorare, tant'è vero che siamo il sito pilota per la trasformazione digitale nella nostra industria manifatturiera.
  Noi iniziamo sempre tutte le nostre riunioni parlando di sicurezza, ovviamente siamo un sito a rischio Seveso: la sicurezza per noi è il punto di partenza. Chiaramente non è questo il luogo dove elencarvi tutte le attività che abbiamo in pista nell'ambito della sicurezza, vi ricordiamo un indicatore che noi riteniamo essere significativo dell'attenzione della sicurezza: il numero di infortuni per milioni di ore lavorate. L'industria manifatturiera italiana si posiziona intorno a tredici infortuni per milione di ore lavorate; l'azienda chimica che storicamente è stata abituata a degli standard molto più alti fa molto meglio: nove infortuni per milione di ore lavorate; chi appartiene a quel gruppo ristretto Responsible care (un'iniziativa di ispirazione americana che ha stabilito degli standard ancora più elevati rispetto ai minimi requisiti di legge) fa ancora meglio: sei infortuni per milione di ore lavorate; noi a Spinetta con orgoglio diciamo che ormai da diversi anni ci attestiamo intorno a un infortunio per milione di ore lavorate. E non è un dato sporadico, non è un dato di quest'anno: è un dato consolidato nel tempo, proprio a testimonianza dell'attenzione sui temi di sicurezza.
  Questi sono i numeri che riguardano Spinetta. Parliamo di seicento dipendenti diretti Solvay, abbiamo circa trecento persone Pag. 18 di imprese esterne che comunque sono presenti quotidianamente sul sito, perché assicurano alcuni servizi come la manutenzione, la logistica e altri servizi di appoggio. Esiste anche una società presente nel polo chimico di Spinetta che non è Solvay, quindi un centinaio di persone. Pertanto, se sommiamo le persone che quotidianamente gravitano intorno al sito di Spinetta, parliamo di circa mille addetti. Abbiamo una rete ferroviaria molto sviluppata, perché le principali materie prime arrivano tramite treni. Un dato importante su tutti è quello dell'export: oltre l'85 per cento. Quindi circa un terzo rimane in Europa, un terzo nelle Americhe e un crescente terzo verso l'Asia. Quindi siamo un sito a forte vocazione export. Vedrete anche perché dai nostri prodotti.
  Questa è un po’ la fotografia demografica delle nostre persone. Non entro nei dettagli, ma sottolineo due aspetti che noi riteniamo chiave. Più della metà dei nostri dipendenti risiede nella città di Alessandria, molti anche nel sobborgo di Spinetta Marengo, più del 90 per cento nella provincia di Alessandria. Questo a conferma che siamo una realtà molto importante del territorio dal punto di vista economico ma, anche e soprattutto, occupazionale.
  Un dato che noi spesso condividiamo anche con i nostri clienti è quello del titolo di studio. Dei seicento dipendenti, centoventi, quindi parliamo di un quinto dei nostri dipendenti, hanno almeno una laurea o comunque, nella maggior parte dei casi, un master o un PHD. Questo non è affatto standard per una realtà manifatturiera europea, dove di solito il management è laureato, quindi ci attestiamo di solito fra il 5 e il 10 per cento: l'avere il 20 per cento di persone con un'elevata istruzione è proprio indice dell'alto contenuto tecnologico delle nostre produzioni che richiedono, anche localmente, quindi non nel centro di ricerca di Bollate, sul sito una presenza con alto profilo.
  Un altro dato che ricordiamo sempre, siamo una forza lavoro molto giovane: l'età media dei nostri dipendenti è di quarantadue anni.
  Questi sono i prodotti che facciamo a Spinetta. Se prendiamo la piramide dei polimeri, delle sostanze materie plastiche o elastomeriche, la nostra Global Business Unit Specialty Polymer si posiziona all'apice di questa piramide (nella slide colorata in azzurro). Questi sono i polimeri che commercializzano, quelli cerchiati in rosso sono quelli che produciamo a Spinetta. Questa piramide rappresenta alte performance e volumi medio-bassi. Quindi noi siamo nel settore delle specialty. Noi non produciamo, ad eccezione forse del PTFE, delle commodities. Quindi i nostri prodotti hanno questo alto valore aggiunto per le loro proprietà essenziali per le applicazioni. Per riassumere, sono dei polimeri che resistono a estremi veramente ampi, ad esempio, di temperature o ad ambienti molto aggressivi, ambienti chimici basici o acidi. Questo deriva dal legame del carbonio e del fluoro. Noi produciamo fluoropolimeri, questo legame molto stabile tra carbone e fluoro conferisce indubbiamente delle proprietà che danno un vantaggio competitivo, applicativo alle nostre sostanze.
  Non entro nel dettaglio di tutti i prodotti. Alcuni, ad esempio il Fomblin – lo vedremo, se avremo tempo, alla fine della presentazione –, sono dei lubrificanti. Tutto il sistema di lubrificazione aerospaziale – ricorderete negli anni Novanta il robottino Pathfinder che era stato mandato su Marte – era fatto proprio con un lubrificante prodotto a Spinetta Marengo, unico sito al mondo in grado di produrre quel polimero, proprio perché riusciva a dare delle caratteristiche di viscosità, quindi le proprietà ad estremi di temperatura molto ampi. Questo è solo un esempio tra i tanti che potremmo fare.
  Arriviamo adesso al punto oggetto, immagino, del vostro interesse di questa audizione, ovvero i PFAS. Come ho avuto modo di dire, le nostre produzioni sono produzioni di polimeri fluorurati. Ci teniamo a chiarire la definizione di PFAS. «Sostanze fluorurate» è un nome molto generico, le sostanze fluorurate di fatto sono tutte quelle sostanze chimiche, organiche o inorganiche, che contengono almeno un atomo di fluoro: i PFAS sono un Pag. 19sottogruppo di questa famiglia di sostanze fluorurate. Quindi è solo una parte di tutte le sostanze fluorurate. Lo sappiamo tutti, PFAS significa sostanze per o polifluoroalchiliche. Perdonate se entriamo in dettagli più tecnici, però che cosa definisce un PFAS? Sono innanzitutto sostanze organiche, sono alifati con i gruppi benzenici e devono avere un atomo di carbonio completamente fluorurato, quindi un atomo di carbonio legato, se è terminale, a tre atomi di fluoro o, se è intermedio nella catena, a due atomi di fluoro. Questa è una definizione sviluppata proprio dall'industria e dagli accademici per stabilire di fatto un lessico comune. In questa trattazione, anche nel documento che abbiamo depositato, intenderemmo come PFAS tutti quegli ingredienti chimici ausiliari usati come emulsionanti nei nostri processi di sintesi dei fluoropolimeri. Di fatto sono quelli che sono stati nel recente passato considerati sul piano regolatorio o sono ad oggi sotto l'attenzione e sotto lo scrutinio, sia a livello nazionale che internazionale, a livello legislativo regolatorio. Quindi questi sono i PFAS che andiamo a trattare.
  Qui vedete rappresentato l'atomo di carbonio legato al fluoro. Questo è l'unico punto comune tra tutti i PFAS, perché PFAS è un termine molto ampio, raccoglie più di 4.700 sostanze che hanno caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche e impatti ambientali profondamente diversi. Quindi dal nostro punto di vista non c'è una logica scientifica valida per cui è possibile trattare tutti i PFAS allo stesso modo, perché PFAS possono essere sostanze gassose, liquide; possono essere sostanze solide molto stabili, non mobili, oppure, al contrario, possono essere sostanze con profili di tossicità di un certo tipo, più mobili nell'ambiente perché magari solubili in acqua. Quindi PFAS è un concetto molto vago e, a nostro avviso, quando si parla e si tratta il tema PFAS, è opportuno essere chiari, specifici e descrittivi.
  La stessa norma attuale, mi riferisco ad esempio al decreto-legge n. 127 che stabilisce dei parametri di standard di qualità delle acque superficiali, fa una profonda distinzione tra i PFAS dove troviamo il PFOS con alcune concentrazioni medie annue ammissibili, ma troviamo anche il PFBA, con concentrazioni diecimila volte più alte. Quindi già in realtà la normativa attuale sembra in alcuni ambiti, almeno in questo che ho citato, fare già una distinzione tra un PFAS e l'altro.
  Arriviamo finalmente a Spinetta. Cosa sono i PFAS e cosa sono stati i PFAS a Spinetta. Come vi dicevo, nascono negli anni Sessanta e Settanta, quando lo stabilimento ha iniziato a diversificare le produzioni verso i fluoroderivati, al tempo era Montedison. Compare la produzione del fluoropolimero tradizionale che noi tutti conosciamo (PTFE), da noi il nome commerciale è quello riportato, che al tempo veniva sintetizzato utilizzando questo ingrediente: il PFOA. Non abbiamo elencato tutti i passaggi fondamentali. Nel 1988 viene ufficializzato il limite massimo di esposizione per i lavoratori, il limite accettabile (TLV). Si è iniziato a investire molto nei miglioramenti degli impianti già sotto la proprietà Montedison, tant'è vero che nei primi anni Duemila sono stati potenziati in maniera importante tutti i sistemi di abbattimento dei reflui, e nel 2002 è stata avviata la prima campagna di biomonitoraggio dei lavoratori potenzialmente esposti, quindi con analisi del sangue. In quell'occasione il tema PFOA è stato presentato anche agli enti, in particolare alla ASL. In un'ottica anche di economia circolare nel 2003, proprio per abbassare il quantitativo di PFOA che veniva acquistato – vale la pena ricordare che a Spinetta non è mai stato prodotto il PFOA, non c'è chiarezza su questo, ci teniamo a puntualizzarlo, è stato solo acquistato dall'esterno e consumato come ingrediente – si è proceduto al recupero del PFOA da quelle resine che venivano utilizzate negli abbattimenti dei reflui acquosi, così che una parte potesse essere riciclata e non acquistata «vergine». Un importantissimo passaggio è stato nel 2006, quando (al tempo era già Solvay) la società ha deciso di aderire, in maniera del tutto indipendente e autonoma, a quell'iniziativa americana (EPA Stewardship) che prevedeva di fatto la terminazione dell'utilizzo del PFOA nel 2015, ma ancor prima, Pag. 20nel 2010, una riduzione delle emissioni del 95 per cento. Analogamente, in sede di autorizzazione integrata ambientale, la provincia ha chiesto alla Solvay di terminare l'utilizzo di PFOA. Quindi c'era sia un impegno volontario della società, ma anche una prescrizione AIA ufficiale da parte degli enti, di terminare l'utilizzo del PFOA. Cosa che è avvenuta nel 2013. Dal 2013 l'impianto di Spinetta Marengo non utilizza più PFOA.
  Ovviamente negli anni precedenti è stato sviluppato il sostituto, il ciclo cC6O4. Ne parleremo nella presentazione, quindi non mi dilungo. Quindi dal 2013 il ciclo cC6O4 è entrato nel normale ciclo produttivo del sito di Spinetta Marengo, seguendo tutto l'iter normale che si segue quando si introduce una nuova molecola: la registrazione presso l'Ente europeo delle sostanze chimiche (ECA) sulla base del regolamento europeo REACH, quindi questo già negli anni 2012 e 2013 è stato presentato come società registrante (la Solvay era la società registrante, perché era la società che produceva il ciclico e lo consumava) il dossier al REACH corredato di tutti gli studi tossicologici necessari. Lo vedremo in una slide dedicata. Da allora è diventata la molecola di riferimento per le nostre sintesi di fluoropolimeri. Recentemente, nel gennaio 2019, abbiamo inoltrato una richiesta di estensione del consumo di questa molecola e anche della produzione, perché questa molecola viene prodotta nel sito di Spinetta per uso interno, procedura che è ancora aperta: stiamo lavorando con gli enti su questo fronte.
  I PFAS a Spinetta sono quelli che abbiamo indicato prima, sono ingredienti chimici ausiliari che sono usati nella polimerizzazione, nella sintesi dei polimeri. Vi chiederete «ma perché dovete proprio usare queste sostanze, questi agenti emulsionanti?». Per due motivi. Uno, la nostra tecnologia di polimerizzazione (tecnologia coperta da segreto industriale) prevede l'utilizzo di questi agenti emulsionanti, di questi ingredienti chimici per permettere un buon controllo di temperatura. Le nostre reazioni sono esotermiche, producono calore, pertanto bisogna avere un ottimo controllo di temperatura e questi sistemi permettono di averlo. È chiaro che parliamo di ingredienti, quindi sono utilizzati in soluzioni, in piccole quantità all'interno dei nostri processi di sintesi. Non fa parte necessariamente della catena del polimero, è proprio usato in piccoli quantitativi. Quindi un ottimo controllo di temperatura e una gestione sicura delle nostre reazioni, altrimenti non sarebbe possibile. In secondo luogo perché conferiscono ai nostri polimeri quelle caratteristiche, quelle performance che li rendono unici rispetto alle altre materie plastiche e alle altre materie elastomeriche.
  Come abbiamo detto, nel 2013 è stato un punto di svolta: è terminato l'utilizzo del PFOA ed è iniziato l'utilizzo del cC6O4, molecola che è stata appositamente sviluppata dal gruppo di ricerca di Solvay di Bollate in diversi anni proprio per avere un profilo tossicologico migliore rispetto al PFOA. Ovviamente ci veniva chiesta come prescrizione AIA, avevamo preso anche un commitment volontario in sede EPA, e in tutti quegli anni la ricerca ha cercato di sviluppare una molecola che costituisse uno sviluppo tecnologico soprattutto dal punto di vista tossicologico.
  Ci sono molti dati, molti sono tecnici, gli studi effettuati sono tutti dettagliati nel documento che abbiamo depositato. Riportiamo tre parametri fondamentali che chiariscono questa differenza che noi riteniamo essere sostanziale rispetto al PFOA. Il primo è il NOEL: l'assunzione di una certa sostanza chimica che è ammessa, con la quale non si osserva nessun effetto avverso sull'organismo considerato. Come vedete il valore ammesso per cui non si osserva nessun affetto, è un test codificato con dei protocolli standard, il quantitativo per il cC6O4 è un milligrammo, invece per il PFOA è molto meno, vuol dire che basta molto poco PFOA per vedere iniziare a vedere degli effetti avversi, ce ne vuole decisamente di più, la differenza tra 1 e 0,06 milligrammi/chilo al giorno per non avere ancora degli effetti. In realtà è il livello per cui non si osservano ancora degli effetti. Quindi una grossa differenza tra i due. Ma ancora più importante è il tempo Pag. 21di emivita, ovviamente su cavie, in ore, che rappresenta il tempo necessario per dimezzare la concentrazione nel sangue degli animali esposti a questa sostanza. Vedete, c'è un'enorme differenza tra il cC6O4 e il PFOA sulle cavie analizzate: quattro ore per ridurre della metà la concentrazione nel sangue, invece ci vogliono tra le centoquaranta e le duecento ore per i PFOA. Questa è un'evidenza significativa della minore biopersistenza del cC6O4 all'interno dell'organismo. Legato agli altri due parametri è il limite ammesso occupazionale per i lavoratori potenzialmente esposti: c'è una differenza di sette volte tra il PFOA e il ciclico. Ovvero nella vita lavorativa di un dipendente sono ammesse concentrazioni fino a sette volte più alte nel caso del cC6O4. Questo limite è largamente rispettato nel nostro sito. Anzi siamo a valori decisamente molto più bassi rispetto al valore indicato.
  Questi sono solo alcuni parametri, in realtà la normativa REACH dell'ECA prevede un protocollo rigido, e la Solvay – anche qua per noi è importante fare chiarezza, perché il punto non è necessariamente chiaro – prima di poter introdurre e utilizzare questa molecola nel sito ha commissionato ventotto studi di tossicità a laboratori e ad enti accreditati esterni, seguendo il protocollo REACH, nel periodo dal 2008 al 2014. Tra l'altro la società ha scelto a suo tempo, quando la sostanza è stata registrata, perché noi siamo i registranti di questa società, anche l'opzione pubblica per i dati. Quindi, a ulteriore riprova della trasparenza da parte della Solvay, non si è scelto di secretare molti di questi dati, ma si è dato accesso alla comunità scientifica con una pubblicazione pubblica.
  I laboratori che hanno condotto questi studi non sono della Solvay, ma sono dei laboratori accreditati che seguono dei protocolli di buona pratica di laboratorio, definiti dall'OCSE, quindi seguono un rigido protocollo e sono laboratori in Italia, molti in Germania e in Svizzera. Quindi questi studi sono disponibili e i riferimenti sono presenti nel documento che abbiamo depositato.
  Qual è l'impatto sulla salute dei lavoratori e sull'ambiente. Qui abbiamo riportato alcuni dati. Per quanto riguarda i lavoratori, in Solvay e in Spinetta Marengo noi abbiamo un protocollo di sorveglianza medica, oltre alla visita annuale integriamo anche con trentotto analisi che vengono ripetute ogni anno, e – come avete visto – già a partire dal 2002 con il PFOA, e ovviamente dal 2013 con l'introduzione del C6O4, abbiamo integrato il piano di sorveglianza medica con il biomonitoraggio dei lavoratori. Quello che possiamo dire è che non sono mai stati ad oggi osservati effetti patologici relative all'esposizione ai PFAS, almeno per il sito di Spinetta Marengo. Qui avete riportato in questo grafico l'evoluzione della concentrazione media nei livelli ematici: in blu avete il trend del PFOA che parte dal 2003/2004, in costante discesa; i dati tratteggiati sono i dati reali (la linea blu è la linea di tendenza), vedrete un aumento anomalo nel 2016, ma è giustificato dal fatto che quell'anno non si utilizzava più il PFOA da ormai tre anni, si era ristretta la coorte di lavoratori analizzati, quindi in realtà non c'è stato alcun aumento, anche perché al tempo non lo si utilizzava. Però è in costante decrescita. In rosso avete riportata la concentrazione, il livello ematico medio dei lavoratori per il ciclo cC6O4, ed è lampante che il valore è molto più basso. Ad esempio, se prendiamo la concentrazione media dell'ultimo anno in cui si utilizzava il PFOA (il 2012) e la concentrazione, invece, in cui si è assestata la concentrazione di cC6O4, abbiamo una differenza di più di cento volte. Ovvero troviamo cento volte – molto di più in realtà – meno di cC6O4 rispetto al PFOA. Non solo questo, nella maggior parte dei lavoratori non riusciamo nemmeno a trovarlo. Quindi questa è una prova tangibile della minore biopersistenza. Ci sono poi dati più precisi nel documento. Questo per quanto riguarda l'impatto sulla salute.
  Per quanto riguarda l'ambiente, proprio in occasione della presentazione di questa modifica AIA abbiamo aggiornato le simulazioni per quanto riguarda l'impatto sul comparto aria e l'impatto sul comparto acqua. Per quanto riguarda l'aria abbiamo Pag. 22riaggiornato il modello di ricaduta, che era già in possesso anche degli enti, e l'abbiamo incrociato con le analisi di rischio sanitario. Questi hanno mostrato degli scenari di rischio largamente accettabili. Questa è una metodologia per cui ci siamo avvalsi di un consulente esterno accreditato, e segue le linee guida dell'ECA. Quindi non è una metodologia scelta da Solvay, è una metodologia prestabilita.
  Lo stesso dicasi per il comparto acqua. Abbiamo fatto due valutazioni, una eco-tossicologica, quindi siamo andati a vedere se c'erano gli estremi per creare danni all'ambiente acquatico, e una sanitaria legata eventualmente all'utilizzo come acqua potabile. Ci siamo ovviamente posti nelle condizioni – come si dice in gergo – «worst case» (nelle condizioni peggiori), anche spesso non reali, ma anche in questo caso il rischio è risultato accettabile. C'è un parametro (RCR) che deve essere minore di 1 per poter giudicare il rischio accettabile, noi eravamo largamente al di sotto dell'unità.
  Giusto per riassumere, come viene utilizzato il cC6O4 a Spinetta? Noi lo produciamo e lo utilizziamo in piccole quantità anche nei nostri processi di sintesi. Abbiamo già parlato della richiesta di modifica AIA, perché intendiamo farne l'ingrediente chimico ausiliario di riferimento per le produzioni dei nostri fluoropolimeri, e l'emissione principale, visto che parliamo di impatto, di questa molecola è nel comparto acque, perché ha una certa solubilità nell'acqua, ha una maggiore affinità verso l'acqua; nelle nostre produzioni noi utilizziamo delle acque per lavare i nostri prodotti in alcuni step produttivi, quindi questa molecola tende a spostarsi nelle cosiddette «acque di processo reflue». Noi – e questo valeva anche per i PFOA – a Spinetta applichiamo le migliori tecnologie disponibili, le famose BAT, per l'abbattimento delle emissioni. Questo è vero sia per il comparto aria, dove ne troviamo molto meno, dove abbiamo di fatto degli scrubber e anche dei carboni attivi, con delle efficienze di abbattimento che superano il 99 per cento (sono costantemente monitorate e superano il 99 per cento), e molto più importante è il comparto acqua dove ad oggi utilizziamo la migliore tecnologia disponibile, quella delle resine a scambio ionico, dove otteniamo efficienze variabili fino al 99 per cento.
  Detto questo, proprio nell'ottica del miglioramento continuo, soprattutto nell'ambito della sostenibilità, che è anche un impegno interno alla società, la nostra stessa strategia lo rappresenta bene, stiamo studiando nuove tecnologie, nel caso specifico la nanofiltrazione e l'osmosi inversa, per migliorare ulteriormente queste efficienze di abbattimento, comunque già molto alte, per arrivare a dei valori nel comparto acqua ben oltre il 99 per cento, e, al tempo stesso, per permetterci di recuperare, anche in un'ottica di economia circolare, l'acqua all'interno dei nostri cicli industriali. Abbiamo attivi ormai da diversi mesi dei piloti proprio nel sito di Spinetta, stiamo anche lavorando con degli enti accademici nazionali su questo tema, per essere noi di fatto a stabilire una nuova BAT nel settore. Abbiamo chiesto un tavolo proprio con gli enti interessati nella modifica AIA per condividere con loro i risultati di questa sperimentazione, che potrebbero portare anche all'installazione su scala industriale di questi nuovi abbattimenti sul sito. Questa è la descrizione dei PFAS.
  I materiali prodotti con i PFAS di Spinetta sono dei materiali che hanno un alto valore e trovano applicazione nelle sfide di sostenibilità che il pianeta vive al momento. Molti dei nostri materiali vanno nell'industria dei semiconduttori e molti di questi materiali sono necessari per l'implementazione anche delle tecnologie di nuova generazione, su tutte il 5G. Ancora più di interesse per la nostra società sono i materiali che vanno nell'ambito della mobilità elettrica: noi produciamo materiale che trova applicazione sia all'interno della batteria al litio ma, ancor più, nel fuel cell. Questi materiali sono proprio prodotti nel sito di Spinetta Marengo. Altri materiali sono necessari per poter abbattere le emissioni, sia quelle dirette delle attività industriali: facciamo materiali che vanno in sistemi di filtrazione che permettono di ridurre il particolato, e altre sostanze, ma anche le emissioni di CO2 e NOx perché molte applicazioni, Pag. 23 ancora legate al motore ibrido o a combustione, sono possibili proprio grazie all'utilizzo dei nostri materiali e comportano una riduzione dei livelli di emissione. Qui ne abbiamo citati alcuni. Non entro nel dettaglio, anche la presentazione è stata depositata. Ad esempio citiamo spesso le nostre guarnizioni in fluoroelastomeri, proprio perché resistono ad un ambiente aggressivo e alle altissime temperature permettono al motore a combustione di essere esercito in punti di utilizzo così da minimizzare le emissioni di CO2 e NOx. Lo stesso dicasi ad esempio per tutto quello che riguarda l'industria dei semiconduttori, la produzione di chip da wafer in silicio. Questi richiedono un sistema di guarnizioni ad alte performance con il nostro fluoroelastomero completamente fluorurato. Questo è molto importante, perché permette una nuova tecnologia di questi chip. Parlavamo del 5G. I nostri materiali vanno nei cavi ad alte prestazioni. Questa è un'applicazione nota. Citiamo sempre la seconda di questa slide, i motori a combustione turbo hanno un sistema di riciclo degli scarichi che va proprio a migliorare l'efficienza del motore stesso, questo è possibile solo con i fluoroelastomeri perossidici prodotti nel sito di Spinetta Marengo. Altri gradi simili sono utilizzati e permettono, anche nelle fasi di avviamento a freddo del motore, di ridurre notevolmente le emissioni del motore, proprio perché vanno in componenti particolari. Questo è possibile solo grazie a questi composti. Abbiamo già citato i motori elettrici; sapete che questi funzionano a velocità molto più elevate, cosa possibile con l'utilizzo dei nostri prodotti.
  In conclusione, per noi è essenziale essere chiari, specifici e descrittivi quando parliamo di PFAS. Non tutti i PFAS sono uguali, e l'abbiamo visto. Anche all'interno della stessa famiglia, quella degli ingredienti chimici ausiliari, il PFOA era molto diverso rispetto al ciclo cC6O4, quindi non tutti i PFAS sono uguali. Parlando di cC6O4, era stato proprio sviluppato appositamente negli anni Duemila dalla Solvay per avere un profilo tossicologico migliore, e molti dei dati a nostra disposizione ce lo testimoniano, ed era stato introdotto proprio anche in risposta a una prescrizione AIA. I PFAS in utilizzo oggi a Spinetta sono tutti gestiti in linea con le migliori tecnologie disponibili per gli abbattimenti, inoltre stiamo anche studiando dei sistemi che vadano ad aumentare questi abbattimenti. Abbiamo visto che la potenziale esposizione dei lavoratori è costantemente controllata. Non l'ho citato, ma abbiamo anche un contratto con il Policlinico di Milano che ci aiuta nell'analisi statistica di questi dati, come consulente proprio in questo ambito. Da questi dati non sono stati osservati effetti patologici relativi all'esposizione professionale.
  Come ho detto, abbiamo in atto proprio in questi mesi delle prove pilota per testare queste nuove tecnologie, e i primi risultati sono decisamente molto promettenti. I fluoropolimeri prodotti con i PFAS sono utilizzati in applicazione ad alto contenuto tecnologico che contribuiscono ad affrontare in modo concreto le sfide in termini anche di sostenibilità.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io vorrei un'informazione sui quantitativi di cC6O4 annuali che producete, se potete fare magari una proporzione. Gli studi tossicologici mi risulta che siano in corso anche su questo sostitutivo e non sono tutti così concordi sulla sicurezza, per cui in ogni caso ci potranno essere ulteriori richieste di modifica. Vorrei capire, tra quello che producete, che cosa ritenete più vitale, perché è chiaro che siamo tutti connessi in rete e vogliamo muoverci sui motori elettrici, però vorrei capire se producete anche basi per farmaci, per prodotti antincendio e quant'altro, e comunque la quantità è prodotta.
  Ci avete raccontato dell'abbattimento che riuscite a ottenere e che volete arrivare al 99 per cento, vorrei capire se recuperate anche il cC6O4. Mi risulta per esempio che a Trissino ci fosse una sorta di recupero da stabilimenti esteri, dall'Olanda e da altre nazioni, sul cC6O4: se lo fate anche voi o se lo producete solamente.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Sui quantitativi, Pag. 24questa è una molecola proprietaria che va ad essere utilizzata nella fase di sintesi dei polimeri, che è ovviamente un segreto industriale, è un nostro vantaggio competitivo come Solvay, ma siamo disponibili a fornire tutti questi dati. Sono stati forniti in sede di modifica AIA, quindi quegli stessi documenti possono essere resi disponibili. Però, se noi dessimo adesso pubblicamente un valore di emissione, questo potrebbe essere correlato anche ai quantitativi utilizzati e quindi potrebbe di fatto costituire un rischio per il segreto industriale della nostra produzione. Siamo assolutamente disponibili a condividere questi dati, è già stato fatto in sede di modifica AIA, e possiamo fornire questi documenti senza alcun problema.
  Per quanto riguarda la domanda sul riciclo, al momento il ciclo cC6O4 non è riciclato nei nostri sistemi, noi lo produciamo e lo consumiamo; viene recuperato, viene assorbito da queste resine a scambio ionico che ottengono quell'efficienza di cui abbiamo parlato, poi viene mandato a termodistruzione. È vero che in passato c'era un recupero presso Miteni, però è terminato nel 2018. Quindi ad oggi non c'è alcun recupero.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Se posso aggiungere una cosa, proprio all'interno delle nuove tecnologie che stiamo cercando di mettere a punto per l'abbattimento a livello degli effluenti stiamo anche cercando di studiare la possibilità di recuperarlo. Questo è attualmente allo studio, chiaramente per noi arriverà una seconda priorità rispetto a quella di limitare al minimo le emissioni in ambiente di questa sostanza.

  ALBERTO ZOLEZZI. La Commissione ha seguito una serie di inchieste nel passato sul vostro territorio. Per quanto riguarda la produzione del ciclo cC6O4 a voi non risulta nessun tipo di inchiesta?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Fino a un anno e mezzo fa ero anche il direttore di Spinetta, l'ho fatto per dieci anni, quindi magari rispetto al collega ho un po’ più di storia.
  Non ci risulta nessuna inchiesta, anzi inchieste nel passato sono state fatte per i PFAS nell'acqua potabile: c'è stato uno studio, fatto dal CNR nel 2013, che ha dimostrato come nelle acque potabili non ci fosse presenza di contaminanti di questo tipo. Un'inchiesta c'è stata, credo che proprio ARPA all'epoca, nel 2013 – noi non eravamo assolutamente a conoscenza di questo studio – ne parlò a livello della comunità alessandrina. Questo venne fuori perché è lo stesso studio che poi mise in evidenza, sempre in quell'anno, la situazione in Veneto. Lo studio del CNR/ISPRA del 2013. Però non ci risultano su questo specifico tema altre cose. Ci sono state inchieste su altre tematiche, cromo esavalente essenzialmente, che comunque dal punto di vista dell'acqua potabile si sono risolte nella dimostrazione che l'acqua potabile non è mai stata a rischio, e anche quella distribuita nello stabilimento. Su questo ci sono le analisi di tutti i consulenti, incluso quello del pubblico ministero, ci sono le risultanze di un procedimento penale che è passato in Cassazione recentemente. Anche in quel caso l'accusa di avvelenamento dell'acqua potabile è caduta perché il fatto non sussisteva.
  Aggiungo, perché su questo ci sono state polemiche e confusioni in merito alla distribuzione di acqua potabile fatta dallo stabilimento. Questo è un vecchissimo accordo Montecatini-Montedison che risale a tanti anni fa, quindi ci sono alcuni vicini ai quali abbiamo fornito dell'acqua, questa acqua è sempre stata potabile; dal 2008 l'acqua che forniamo a questi «vicini di casa» è l'acqua dell'acquedotto pubblico. Quindi abbiamo visto ancora qualche polemica su questa distribuzione d'acqua, noi oggi facciamo passare attraverso una nostra tubazione interna, peraltro rifatta molto di recente, sempre in questi anni, e distribuiamo l'acqua dell'acquedotto comunale. Poi ognuno può avere le sue opinioni, va bene tutto, però dire che quell'acqua non è controllata ci sembra un po’ eccessivo.

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  PRESIDENTE. Se ho capito bene, l'acqua che viene distribuita è dell'acquedotto, ma, vedendo la trasmissione Report, è acqua che utilizzano anche per innaffiare, perché in teoria l'acqua dell'acquedotto non si può utilizzare per uso agricolo. Soprattutto perché non c'è un controllo della rete di distribuzione. Perché non è stato mai possibile ad ARPA misurare dei valori in modo di fare chiarezza su questo punto?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Se ARPA desidera fare dei campionamenti in quella che è la nostra proprietà e fino a che il tubo è di nostra proprietà, non c'è alcun problema. Facciamo una presa campione e ARPA avrà modo di controllare quest'acqua.
  Questa è una storia vecchia, c'è un accordo firmato dal comune di Alessandria dall'AMAG, l'ente che distribuisce acqua potabile sul territorio, e da Solvay, anzi credo che forse addirittura il primo accordo fosse ancora fatto da Ausimont, quindi dal precedente proprietario, per cui noi dobbiamo dare quest'acqua a queste persone. Gliela diamo, il comune lo sa, l'AMAG lo sa, c'è un protocollo firmato da tutti alla luce del sole. Se ARPA vuole fare un campionamento su questa rete, ho detto: noi non possiamo andare nel giardino delle persone, ma fino a che si tratta di proprietà Solvay, se c'è l'interesse da parte di ARPA di prendere dei campioni – ora parlo sotto il controllo del mio successore, perché adesso il responsabile è lui – non c'è assolutamente alcun problema.

  PRESIDENTE. È curioso perché i privati si sono invece opposti. Gli utenti. Altra curiosità che ho, vale ancora quindi quell'accordo che risale all'epoca che fu: «ti forniamo l'acqua in cambio, però, non ci fai alcuna rivalsa sugli eventuali inquinamenti»?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Non c'è niente di tutto questo. È stato un accordo pubblico del 2000, firmato dal comune di Alessandria, quindi non da privati cittadini.

  PRESIDENTE. La regione non sapeva nulla, neanche ARPA, secondo la loro versione, quindi solo il comune ne era a conoscenza. È stato coinvolto solo il comune?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Comune e AMAG, che è l'ente che distribuisce l'acqua sul territorio di Alessandria. È un documento pubblico che è stato credo nel 2008 messo sui giornali almeno cento volte. Non credo che la società abbia fatto una comunicazione ufficiale ad ARPA. Non mi risulta. Può darsi pure. Ma ai tavoli tecnici – e lì io c'ero – nel 2008 fatti con AMAG e con ARPA, quest'ultima era sicuramente presente, così come era presente il comune, così come la provincia, l'accordo fu quello. Ci fu chiesto proprio dal sindaco di fare questa cosa, anche con una certa urgenza. Nonostante le analisi della nostra rete interna fossero completamente rassicuranti, il sindaco volle fare questa operazione, e al tavolo c'erano tutti. Quindi si possono magari ritrovare i verbali delle Conferenze di servizio del 2008 e vedere chi fossero i presenti. È storia, non lo so se ha un senso andarla a rivangare, da parte nostra non c'è alcun problema.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Io direi che, se ARPA è interessata per motivi istituzionali, se così si può dire, a fare tutte le prove su questa distribuzione, noi siamo ben felici, anzi auspichiamo che vengano a fare queste prove. Forniremo noi le prese campione proprio per sfatare questa diceria.
  Tutti abbiamo visto Report, io non so, andando a casa di qualcuno, se è felice di fare il prelievo o meno: in casa nostra noi siamo disponibili, anzi auspichiamo che ARPA venga domattina e faccia tutte le analisi del caso sull'acqua distribuita. Questa è la nostra posizione.

  MASSIMO VITTORIO BERUTTI. Alla luce delle considerazioni e di quello che avete presentato, anche per tutto quello che è girato nei mezzi di comunicazione, voi vi sentite di tranquillizzare gli abitanti Pag. 26di Spinetta, di Alessandria e naturalmente tutto l'hinterland?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Abbiamo cercato di farlo. Nei dieci anni che ho passato a Spinetta, quando questa cosa aveva preso una grande evidenza, anche mediatica, abbiamo organizzato una serie di riunioni con delle persone molto rappresentative del borgo di Spinetta per cercare di dialogare. L'abbiamo fatto per anni, abbiamo fatto due o tre incontri all'anno parlando proprio delle analisi e facendo vedere tutti i vari aspetti, da come stava procedendo la bonifica alla questione dell'acqua potabile, che è stata la prima e la più sentita da parte di tutti, il tema delle emissioni in aria e in acqua. Quindi abbiamo cercato su questo di avere un dialogo con la popolazione.
  Cito un dato. La popolazione siamo noi, Spinetta ha ottomila abitanti circa – ora non vorrei dire una stupidaggine – e io ho abitato a Spinetta per dieci anni, sono umbro di nascita, toscano di adozione e ho passato dieci anni a Spinetta, non vivevo in collina da qualche parte nel Monferrato, e molte delle persone che sono a Spinetta, che lavorano a Spinetta e che sono dei laureati, in chimica o in ingegneria chimica, vivono tranquillamente a Spinetta. Io questo elemento lo vorrei far presente, perché credo che sia importante. Ci vivono loro, ci vivono con le loro famiglie e ci crescono i figli.
  Noi questa tranquillità ce l'abbiamo. È difficile riuscire a trasmetterla all'esterno. Il mondo anche della comunicazione è complesso, gli ingegneri non sono assolutamente bravi nella comunicazione, quindi scontiamo un po’ questo fatto, però ci sentiamo di tranquillizzare la popolazione e siamo disponibili a fare ulteriori iniziative e sforzi perché ci sia un dialogo corretto fra noi e la comunità, che in buona parte siamo noi e le generazioni che hanno lavorato prima di noi in questo stabilimento.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Se posso aggiungere, da ingegnere, quindi con dei numeri, lo stabilimento è fortemente presidiato, quindi la qualità dell'aria dello stabilimento è controllata, abbiamo trenta centraline installate nello stabilimento, più di un milione e mezzo di analisi che vengono fatte all'anno, quindi è costantemente monitorata la qualità dell'aria, e abbiamo anche delle centraline all'esterno del centro abitato che sono gestite indipendentemente da ARPA. Noi forniamo consulenza per quanto riguarda la manutenzione. Quindi il livello di controllo è molto alto. Abbiamo anche uno studio di ricaduta che teniamo costantemente aggiornato, come abbiamo visto per il ciclo ogni volta che c'è un cambio, e questo studio di ricaduta non è solo un modello teorico, ma è stato provato anche con delle analisi puntuali che sono state fatte al perimetro dello stabilimento, e hanno confermato la validità del modello teorico. Modello che ha dato risultati molto rassicuranti.
  In aggiunta sul comparto acqua l'ingegner Bigini ha già citato lo studio del 2013, che indicava che non c'erano problemi di acqua potabile a Spinetta, in parte per il punto di prelievo dell'acqua potabile; i dati stessi e il livello di monitoraggio e di controllo che noi abbiamo come polo chimico è una garanzia della tranquillità. Io mi unisco alla lista di persone che risiedono a poche centinaia di metri dallo stabilimento, a riprova della tranquillità.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Io vorrei aggiungere un'altra riflessione. Abbiamo visto dalle slide per cui noi siamo da centosette anni in Italia – siamo tutti italiani – e nel sito di Spinetta noi siamo arrivati nel 2002, 2003, abbiamo ereditato una situazione importante, la stiamo gestendo io credo bene e comunque da responsabili, e stiamo investendo soldi perché crediamo che questo sia un asset strategico per il gruppo. Strategico in tutti i sensi. Oggi non si può fare industria o chimica cercando di non rivolgersi ai territori piuttosto che al nostro personale interno.
  Come diceva l'ingegner Bigini, non siamo dei buoni comunicatori. Abbiamo parlato di Report, noi abbiamo mandato le nostre risposte a Report, anche abbastanza precise Pag. 27in tre tranche, però purtroppo non sono state valutate importanti per la trasmissione.

  PRESIDENTE. Non è ancora stato affrontato un argomento che ritengo fondamentale: la barriera idraulica. Io ho delle domande abbastanza specifiche che riguardano la barriera idraulica, gli scarichi e il terreno.
  Sulla barriera idraulica. Da quanti pozzi di emungimento è attualmente costituita la barriera idraulica di contenimento della falda? Qual è la portata complessiva dell'acqua emunta dai pozzi e qual è la portata per singolo pozzo? Quanti pozzi della barriera sono ubicati all'interno del perimetro dello stabilimento e quanti fuori? I pozzi di emungimento vengono sempre tenuti in esercizio alla massima portata oppure vi sono pozzi che vengono periodicamente spenti o mantenuti per una varianza nella portata? Quanti e quali sono i piezometri di controllo posti a valle della barriera idraulica per la verifica della sua efficacia? Con quale frequenza vengono monitorati i piezometri di controllo posti a valle della barriera e quali sono stati finora gli esiti dei controlli su tutti i PFAS analizzati? Qual è l'andamento dei valori di PFOA, in particolare dei cC6O4 riscontrati nei piezometri di controllo? L'acqua emunta dalla falda viene depurata prima di essere scaricata? Se sì, con che tipo di processo viene depurata e con quali valori residui di PFAS viene scaricata dopo la depurazione? Per ultimo, se l'impianto di depurazione dell'acqua emunta dalla falda con la barriera idraulica è a carboni attivi, con che frequenza vengono sostituiti i carboni esauriti e come viene monitorata e controllata la loro perdita di efficacia?
  Per quanto riguarda gli scarichi. Avete installato un sistema di abbattimento dei PFAS prima di essere scaricati nel fiume Bormida? Qual è la tecnologia e quali sono risultati ottenuti?
  Per quanto riguarda l'acqua di raffreddamento che viene riutilizzata nei processi produttivi. Solvay ha effettuato un'indagine per accertare l'origine della contaminazione e un piano di caratterizzazione dei terreni? Se sì, per quanto riguarda i suoli, quali sono i risultati?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Scusi, la penultima domanda che ha fatto? Prima di quella dei suoli ne ha fatta una che non sono riuscito a catturare.

  PRESIDENTE. Se prima di scaricare nel fiume avete qualche impianto che abbatte o tenta di abbattere i PFAS e quali sono i risultati di questa operazione, di questo abbattimento.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Per quanto riguarda il numero di pozzi abbiamo cinquantacinque pozzi attivi che costituiscono la nostra barriera idraulica, per un totale di portata intorno ai 450 metri cubi/ora. Quindi tendenzialmente ogni pozzo ha un prelievo intorno agli 8/10 metri cubi/ora. Sostanzialmente la barriera idraulica è sempre in utilizzo. Esistono delle procedure concordate con gli enti di massimizzazione dell'efficacia della barriera nei periodi in cui il livello di falda cresce, nei periodi magari autunnali quando a seguito di piogge copiose ci può essere un innalzamento della falda. Questo prevede una procedura di informazione settimanale, con gli enti, del livello di falda che noi teniamo costantemente monitorato, proprio perché si creano queste condizioni eccezionali.
  Esistono diversi pozzi a valle, fuori dalla proprietà della Solvay, a livelli diversi di falda. Il numero esatto non lo ricordo, ma parliamo di una ventina, nell'ordine di venti/trenta pozzi. Adesso il numero esatto non lo ricordo.
  La frequenza. Noi abbiamo un piano di monitoraggio definito con gli enti, per cui analizziamo specifici contaminanti oggetto della messa in sicurezza operativa della bonifica, le concentrazioni in vari punti dello stabilimento, misuriamo il livello di falda e periodicamente forniamo agli enti i dati e anche un modello di come sta evolvendo la contaminazione. Proprio parlando dell'esterno della barriera, ormai da diverso tempo, oltre a vedere un generalizzato Pag. 28 abbassamento dei contaminanti, vediamo anche il cosiddetto «effetto richiamo», quindi di pulizia nella parte a ridosso della barriera verso l'esterno proprio per il richiamo della barriera.
  Nel caso specifico chiedeva dei PFAS. Abbiamo iniziato un'attività a partire dall'estate del 2018 di estensione del piano di monitoraggio di falda anche ai PFAS, di cui abbiamo parlato nella presentazione, tra cui il PFOA e il ciclico, sia all'interno che all'esterno. È stato recentemente esteso. Siamo alla terza campagna, stiamo raccogliendo proprio in questi giorni i dati della terza campagna e la settimana prossima li condivideremo con gli enti. Questi hanno evidenziato la presenza in zone limitate all'interno dello stabilimento e in qualche zona a ridosso della barriera, e quello che stiamo facendo, che abbiamo già fatto in risposta ai primi risultati, abbiamo attivato in una zona localizzata dello stabilimento la cosiddetta «messa in sicurezza operativa» che utilizza di nuovo la migliore tecnologia disponibile: le resine a scambio ionico. Quindi andiamo a trattare nella zona più interessata, e i primi risultati – che non abbiamo ancora avuto occasione di condividere con gli enti, abbiamo chiesto loro un tavolo tecnico proprio la settimana scorsa, e lo faremo quindi a giorni – sono molto promettenti. In effetti queste resine a scambio ionico anche in questa applicazione risultano essere molto efficaci.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Un paio di integrazioni sulla frequenza del monitoraggio. Credo che sia trimestrale, quindi ogni tre mesi viene fatto tutto il set delle analisi. Parliamo di un numero di analisi veramente copioso, proprio perché tanti sono i piezometri e tanti sono gli elementi che vengono ricercati.
  L'altro aspetto sull'acqua che viene pompata, se viene...

  PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, ma i controlli li fate solo voi o li fate insieme ad ARPA, in contraddittorio?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Li fa anche ARPA.

  PRESIDENTE. Insieme, con la stessa cadenza? Come funziona?

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Questo onestamente non me lo ricordo.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Non tutto il set analitico. Nel caso specifico dei PFAS in contraddittorio vengono fatte anche da ARPA tutte le stesse analisi e poi le condividiamo, tant'è vero che c'è anche un discorso di allineamento dei metodi di analisi, che è importante in queste prime fasi perché non sempre i numeri sono generalmente coerenti.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. L'altra precisazione la vorrei fare sulla barriera idraulica. L'acqua prima di essere riutilizzata viene depurata. C'è un'estrazione dei solventi con degli scrubber per estrazione dei solventi clorurati, poi ci sono dei letti a carbone attivo che vengono utilizzati. Quindi la barriera idraulica non è solamente un trasferimento di contaminazione da un mezzo a un altro mezzo, ma è effettivamente un metodo per rimuovere la contaminazione. Credo che negli anni sono state estratte molte tonnellate di solventi clorurati e di cromo. Adesso non ho i numeri in testa, ma li possiamo fornire.

  PRESIDENTE. Per i numeri specifici vi chiederemo un approfondimento scritto.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Per completare le sue domande, come diceva l'ingegner Bigini, c'è questo trattamento di acqua finalizzato alle contaminazioni oggetto della messa in sicurezza operativa, solventi clorurati e cromo, quindi c'è la riduzione del cromo a cromo inerte (cromo 3), e anche la rimozione dei solventi clorurati su carboni attivi, che abbiamo anche testato recentemente quando si è aperto il capitolo PFAS e abbiamo visto essere anche efficaci su quel discorso. Per questo motivo non ci sono piani ad oggi di monitoraggio della Pag. 29contaminazione dei terreni, però, qualora venisse concordato con gli enti, ovviamente daremo seguito.
  Gli scarichi, chiedeva come abbattiamo i PFAS. Come abbiamo citato nella presentazione, e lo richiede proprio il documento tecnico a livello europeo di trattamento dei reflui, richiede che questi vengano fatti a piè di impianto dove le concentrazioni sono più elevate e dove l'efficacia si può esprimere al meglio. Quindi per noi il trattamento dei PFAS a Spinetta è la tecnologia di riferimento, ovvero resine a scambio ionico, e viene fatta in impianti di trattamento a monte dello scarico dove sono più concentrati.
  Il trattamento finale. Il nostro consorzio dei trattamenti reflui non ha un effetto, perché l'abbattimento avviene prima all'interno del sito. Ed è proprio quello che richiede la normativa, di andare ad aggredire il contaminante laddove è più concentrato e dove si possono avere più probabilità di successo.

  LUCA BRIZIARELLI. Faccio una premessa, con il massimo spirito collaborativo. Io prendo atto che l'audizione di oggi riguarda esclusivamente i PFAS, mentre la sentenza, confermata in Cassazione, il 12 dicembre scorso di fatto riguarda altri aspetti. Ne prendo atto. Anzi invito il Presidente, sentendo rapidamente i colleghi, se potessimo integrare per altri argomenti domande in modo da non cogliere impreparati e non mettere in difficoltà gli auditi, però due considerazioni su quanto è stato detto negli ultimi dieci minuti me li dovete concedere, due domande.
  In primo un luogo, chiaro è che, se si viene qui a dire «forse abbiamo sbagliato nella comunicazione, nel come ci siamo posti forse qualcosa va migliorato» e si leggono i comunicati che avete rilasciato credo il 25 dicembre, in cui sostanzialmente, rispetto a una comunicazione ufficiale di ARPA, so che c'è stato uno scambio molto forte tra la società, ARPA e la ASL, quindi non un comitato, con tutto il rispetto per i comitati, qualsiasi, ma l'ente preposto che richiama la società quantomeno a considerare l'oggettività dei dati – e cito il virgolettato del comunicato di risposta al vostro – in cui si dice: «è vero, è una partenza, ma i dati oggettivi vengono dal Sistema sanitario nazionale, sono stati prodotti dei dati ulteriori che addirittura distinguono all'interno del centro abitato percentuali differenti», quantomeno prendo atto del fatto che voi stessi diciate che forse sulla comunicazione qualcosa c'è da sistemare.
  La seconda considerazione, che è anche una domanda, è questa. Voi ci avete qui illustrato una particolare attenzione, non possiamo al momento che prendere per buoni i dati delle trenta centraline, la ricaduta, l'analisi sull'effettiva corrispondenza fra il modello teorico e quello pratico, il milione e mezzo delle analisi, eccetera, però io penso che i responsabili, gli addetti, l'attenzione, il piano realizzato dall'azienda non credo che ce ne sia uno per sostanza – brutalizzo, è una provocazione – ma che, se attenzione c'è, c'è complessiva. La domanda è: come spiegate la dicotomia fra una situazione di così forte attenzione da un lato, considerando che è una sentenza passata in giudicato, quindi su questo mi sento di essere netto, e una sentenza così netta dall'altro sull'attenzione ai controlli? Adesso al di là del rapporto e del nesso causale con le patologie – non entro – però stessi responsabili, stesso impianto, un atteggiamento e un approccio così diverso personalmente a me balza agli occhi, quindi vorrei capire se siete nelle condizioni di poter rispondere in questo momento. Dato atto che l'audizione è su altro, ve ne sarei grato. Diversamente, mi riservo di poter inviare domande scritte.

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. La ringrazio per la domanda, perché ci offre anche l'opportunità di fare chiarezza su questo punto. In realtà la Solvay non ha mai inteso criticare – lei faceva riferimento agli studi epidemiologici che sono usciti nel dicembre 2019 – gli studi, anzi nel nostro comunicato abbiamo confermato che li prendevamo in seria considerazione, e abbiamo anche valutato, anche avvalendoci di consulenti esterni, la bontà di questi studi. Gli studi, sia di morbosità che di mortalità, sono ben fatti, sono studi complessi e non abbiamo mai preteso e non abbiamo mai criticato. Quello che è stato riportato sulla stampa è Pag. 30stata la nostra citazione di conclusioni già contenute negli studi, perché abbiamo attraversato alcuni giorni in cui a livello mediatico la verità dei fatti, quello che era contenuto negli studi non veniva riportato sulla stampa e c'erano invece delle accuse che non trovavano fondamento. Quindi quello che noi abbiamo fatto in quei comunicati, oltre a ribadire i livelli di controllo che abbiamo attivi sul nostro sito, è stato il riprendere le considerazioni dello studio. Adesso non glielo cito, ma abbiamo citato quello che l'ARPA e che la ASL dicevano e che in effetti sembrano indicare non necessariamente un effetto di esposizione generalizzata nella popolazione, un'esposizione ambientale, ma invitano tutti a valutare molto bene anche gli effetti dei rischi individuali, proprio perché l'incidenza delle patologie non è distribuita equamente tra i due sessi. Questa è una forte indicazione che ci possano essere anche dei fattori di rischio individuali.
  Quindi noi non intendevamo, e me ne dispiaccio se questo è passato anche a livello locale, criticare gli studi che riteniamo essere fatti molto bene. Lo dico con cognizione di causa, lo dicono i massimi esperti a cui ci siamo rivolti.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Su questo ricordiamo che proprio nello studio c'è scritto che il tasso di mortalità nella popolazione di Spinetta è esattamente uguale a quello della regione Piemonte e delle altre coorti, come vengono chiamate in gergo, prese a riferimento. Ci sono degli eccessi su delle patologie, ma la media è esattamente la stessa.
  Quando poi il titolo sul giornale è «Si muore di più a Spinetta», la nostra forte risposta è che nello studio di ASL e ARPA non c'è scritto quello. Noi non abbiamo dati e non abbiamo chiaramente nessuna possibilità per fare quel tipo di studio, ci mancherebbe altro; abbiamo delle persone in grado di valutare quegli studi. Sono degli studi fatti bene, siamo in grado di andarli a leggere. Ci sono degli elementi in quegli studi per cui i nostri consulenti ci hanno detto che sono studi, per quello che può essere un aspetto di impatto sulla salute pubblica da parte delle attività dello stabilimento, estremamente tranquillizzanti. Questa è la valutazione del nostro specialista. E ho detto, basterebbe dire quello che sui giornali non è apparso per niente, che la mortalità nella frazione di Spinetta è esattamente uguale a quello di riferimento. Non è assolutamente più alta. Quindi «si muore più a Spinetta» è uno slogan che non ha una corrispondenza nella realtà, nelle misure fatte da ARPA e da ASL. Questo ci tengo a dirlo, perché noi da quello siamo partiti, non c'è nessuna polemica nei confronti degli enti, al contrario: c'è la volontà che però i risultati vengano letti nella loro complessività e non solamente andando a scegliere un aspetto che può essere sensazionalistico.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Noi crediamo che questi temi non debbono essere affrontati sulla stampa, perché sono temi importantissimi anche per quanto si diceva prima di tranquillizzazione sul territorio. Noi siamo totalmente disponibili, anzi lo auspichiamo, a un confronto scientifico, tranquillo, sereno fra tecnici, e anche fra altre componenti del sistema sociale di Spinetta e di Alessandra, per analizzare e valutare insieme questi temi, perché riteniamo che lo studio sia uno studio serio che abbia degli output importanti da dover considerare.
  Una cosa importante che ci ha creato qualche problema, personale anche, è quella di aver estrapolato da questo studio tre, quattro, cinque, dieci parole che magari potevano essere utili per passare un certo messaggio. Non è stato mai citato sulla stampa che la media è uguale in Alessandria, piuttosto che in Spinetta, piuttosto che in Piemonte. Questo è un dato di fatto uscito dallo studio, che è anche qua. Comunque su questo tema noi siamo volentieri a disposizione per entrare, anche con questa Commissione, in tutti i dettagli possibili e necessari. Noi ci viviamo lì tutti.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Fermo restando che la realtà di Spinetta ha mille altre complessità di tipo ambientale che Pag. 31non possono essere dimenticate. Non c'è solamente lo stabilimento Solvay in questa realtà.
  Inoltre, andando a guardare quali possono essere gli eccessi su una patologia, c'è da andare a capire eventualmente quali possono essere i fattori ambientali che generano quella patologia. Le tipologie di patologie messe in evidenza, rispetto ai prodotti che noi utilizziamo nei nostri impianti, non necessariamente troviamo delle correlazioni. Quindi dal nostro punto di vista quello studio è tranquillizzante e siamo veramente ben disposti a discuterne.

  ALBERTO ZOLEZZI. C'è stato un periodo in cui voi avete venduto, se si può dire, il cC6O4 alla Miteni?

  ANDREA DIOTTO, Direttore del sito Solvay di Spinetta Marengo. Non si è trattato di vendita, era quell'ottica di economia circolare che citavamo prima. Loro avevano un processo proprietario di recupero della molecola dalle nostre resine a scambio ionico esauste, le stesse resine che noi usavamo negli abbattimenti dei reflui acquosi, queste resine tendono a intrappolare la molecola, la rimuovono dall'acqua prima che questa venga emessa; una volta esauste queste resine venivano date, con un regolare contratto che era stato stipulato, e da qui veniva recuperata la molecola, purificata e mandata a noi.
  Questo era lo stesso processo che si utilizzava a partire dal 2003 – come abbiamo visto nella presentazione – già con il PFOA. Molto simile.

  LUCA BRIZIARELLI. Io aspetto ancora la risposta alla domanda che ho posto, che non mi è stata data, rispetto a come sia possibile una forte attenzione rispetto ai PFAS e un determinato sistema di controllo rispetto al fatto che la magistratura abbia, con sentenza in Cassazione, dato atto che ci siano state delle responsabilità evidenti per disastro ambientale per la mancanza di controlli da parte dei soggetti interessati.
  Solo per completezza per i colleghi e agli atti, una domanda e due precisazioni. La domanda: è possibile avere l'elenco delle trentotto analisi complementari alle quali sottoponete i dipendenti?
  Relativamente allo studio, ricordo che rispetto alla media complessiva uguale a Spinetta piuttosto che nell'intero Piemonte, ASL e ARPA, con nota integrata, hanno specificato che anche all'interno del borgo ci sono differenze man mano che ci si avvicina al polo chimico. E relativamente alla patologia in cui si riscontra effettivamente una maggiore incidenza per gli uomini rispetto alle donne, facevano notare le note di ARPA e di ASL che riguarda una patologia in particolare a carico dell'apparato urogenitale che, per sua fisiologia, essendo differente, potrebbe giustificare una differenza fra i due sessi. Questo per completezza, in modo che le due «campane» siano entrambe riportate.
  Però mi interessava molto di più la risposta alla domanda relativa ai sistemi di controllo.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Lungi da noi voler fare polemica, quindi per parlare di queste cose è necessario un confronto serio sui numeri fra tecnici. Quello che lei ha citato a noi non risulta, però questo avrebbe bisogno di un confronto su altro tavolo.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Sulla prima domanda sul cromo 6 che ha posto il senatore, può rispondere l'ingegner Bigni che magari l'hai vissuta direttamente.

  STEFANO BIGINI, Direttore della divisione polimeri speciali di Solvay. Come ha detto l'ingegner Diotto nella sua presentazione, il cromo 6, ma anche l'altra grossa contaminazione che è stata alla base del disastro ambientale sono produzioni che fanno parte della storia dello stabilimento di Spinetta Marengo. In particolare il cromo è stato abbandonato negli anni Settanta, quando è iniziata la produzione di polimeri fluorurati. La contestazione mossa a dei tecnici dell'azienda è stata quella di non aver preso tutte le attenzioni necessarie per evitare una cosa o l'altra, però questi sono Pag. 32fenomeni estremamente complessi che risalgono a quaranta, cinquant'anni prima. Noi dal 2002 abbiamo iniziato a fare la caratterizzazione, abbiamo iniziato a fare i primi pozzi barriera, abbiamo iniziato a prendere le prime azioni; c'è stato lo sviluppo di un processo amministrativo con gli enti che ha preso del tempo, ma sicuramente la causa di queste contaminazioni è assolutamente antecedente. Ci sono – e questo lo voglio dire perché ci sono due elementi fondamentali per ricordare la storia, anche perché anche lì si dice «nel 2008 ci siamo accorti di alcune cose» – ci sono le analisi del laboratorio chimico provinciale degli anni Sessanta (1960) che mostrano delle concentrazioni di cromo nella falda di un ordine di grandezza dieci volte superiori, o forse più, rispetto a quelle degli anni Duemila. Nel 1998 ARPA ha fatto un progetto (Progetto LINFA), in cui ha fatto una caratterizzazione delle acque all'esterno dello stabilimento e dove certe contaminazioni apparivano in maniera abbastanza evidente. Quindi è una storia lunga, la società si è presa le sue responsabilità, ha speso 30 milioni di euro nella bonifica fino adesso, ne abbiamo 27 (milioni), che in gergo tecnico vengono definite «provision», che abbiamo messo da parte per i prossimi quindici o vent'anni. Quindi ci stiamo facendo carico di un problema antecedente alla gestione Solvay, e lo stiamo facendo credo con dei risultati. Poi giudicheranno gli altri, però abbiamo estratto delle tonnellate di contaminanti dalla falda, cosa che prima non era mai stata fatta. Questo vorrei metterlo in evidenza.

  MARCO COLATARCI, Country manager di Solvay Italia. Vorrei dare un senso temporale alla cosa. Le produzioni di cromo 6 che servivano per pigmenti, per vernici prodotte da Montedison sono state fermate negli anni Settanta, poi le scorie a quei tempi sono state gestite in una certa maniera; noi siamo arrivati alla fine del 2002, siamo entrati in fabbrica nel 2003, abbiamo cominciato a cercare di capire come girava il sistema e abbiamo avuto tre/quattro anni, e nel 2008 è scoppiato il problema che tutti conosciamo. Quindi la problematica noi ce la siamo trovata a gestire dal 2004, 2005 in poi. Ad oggi mi risulta che non sia stato ancora individuato il responsabile della contaminazione del sistema.
  Ripeto il solito discorso che teniamo a sottolineare: noi siamo a Spinetta, a Spinetta ci vogliamo rimanere, ci vogliamo rimanere in perfetto ordine e correttezza nei rapporti con il nostro personale, con i nostri clienti, con il territorio. Ci stiamo facendo carico di tutte le azioni di bonifica, anche se il responsabile non è stato ancora individuato. Noi siamo titolari della bonifica come proprietari non responsabili, lo facciamo con correttezza, ci mettiamo dei soldi sopra, guai se non ce li mettessimo, il gruppo è totalmente in linea con queste strategie, quindi lavoriamo in maniera responsabile. Quello è cosa vogliamo trasmettere. Poi ovviamente in tutti i dettagli, che non sono dettagli, sono cose importantissime, totalmente aperti a una discussione corretta con gli enti, con cui noi collaboriamo in maniera tranquilla e serena. Magari a volte sulla stampa ci sono delle posizioni un po’ strumentali, sia le nostre che le loro.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.50.