XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (I e XI)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 11 dicembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione sulle linee programmatiche della Ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Brescia Giuseppe , Presidente ... 3 
Dadone Fabiana (M5S) , Ministra per la pubblica amministrazione ... 3 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 13 
Alaimo Roberta (M5S)  ... 13 
Prisco Emanuele (FDI)  ... 14 
Caparvi Virginio (LEGA)  ... 15 
Zangrillo Paolo (FI)  ... 15 
Viscomi Antonio (PD)  ... 17 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 18 
Ciprini Tiziana (M5S)  ... 18 
Ciaburro Monica (FDI)  ... 18 
Berti Francesco (M5S)  ... 19 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 19 
Dadone Fabiana (M5S) , Ministra per la pubblica amministrazione ... 19 
Brescia Giuseppe , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA I COMMISSIONE GIUSEPPE BRESCIA

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione sulle linee programmatiche della Ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione sulle linee programmatiche della Ministra per la pubblica amministrazione, Fabiana Dadone.
  Faccio presente che, in considerazione degli impegni successivi delle Commissioni, l'audizione potrà proseguire fino alle 15.15. Faccio altresì presente che alla relazione della Ministra seguirà una prima serie di interventi di un deputato per gruppo, della durata di non oltre cinque minuti ciascuno; sulla base del tempo disponibile, si valuterà se procedere allo svolgimento di ulteriori interventi della medesima durata, ed, eventualmente, alla replica della Ministra, ovvero se rinviare il seguito dell'audizione ad altra seduta.
  Nel ringraziare, anche a nome del Presidente dell'XI Commissione, Andrea Giaccone, la Ministra Dadone per la sua disponibilità, le cedo la parola.

  FABIANA DADONE, Ministra per la pubblica amministrazione. Grazie presidente. Sono io che ringrazio voi e le Commissioni I e XI, riunite per conoscere quali siano le linee programmatiche che intendo portare avanti.
  Pur avendo assunto questo mandato di Governo ad un anno e mezzo dall'avvio della legislatura, ho ritenuto necessario dovermi rivolgere ai diretti interessati dalle norme che il Ministero della pubblica amministrazione approva, per riuscire a capire quali fossero le impellenze reali del Paese e delle persone sulle quali poi ricadono gli effetti della normativa. Quindi, la relazione che mi accingo a presentarvi, per sommi capi, è il precipitato della serie di incontri che ho svolto fin dalle prime settimane con i rappresentanti delle istituzioni, quelli sindacali, le associazioni di categoria, oltre che con le associazioni dei consumatori e degli enti economici, al fine di non commettere l'errore – dal mio punto di vista, commesso molto spesso – di predisporre delle norme e delle procedure con la logica dell'imposizione dall'alto, ma mai coinvolgendo i diretti interessati delle norme in fase preliminare, quasi pre-legislativa. Questa è una deformazione che mi deriva da ex presidente del Comitato per la legislazione.
  Chiarisco da subito che, a differenza dei miei predecessori, mi è stato delegato l'esercizio delle funzioni in materia di lavoro pubblico, organizzazione delle pubbliche amministrazioni, dei sistemi di gestione orientati ai risultati, semplificazione amministrativa e normativa nell'ambito degli indirizzi specifici impartiti dal Presidente del Consiglio dei ministri. Andrò, quindi, in ordine, tentando di schematizzare il sunto di questi mesi di lavoro e le prospettive.
  Come saprete, questo appuntamento era previsto nei primi giorni di novembre, ma da allora su certe tematiche, rispetto all'azione Pag. 4 programmatica del Governo, ci sono stati degli sviluppi di cui darò conto nell'intervento. La premessa d'obbligo è che il settore pubblico, che dovrebbe rappresentare una dorsale fondamentale per il Paese, versa, invece, in condizioni gravi e di criticità profonda. Dal mio punto di vista, spesso la politica ha contribuito in maniera un po’ controproducente, insistendo molto sull'immagine di un'amministrazione pubblica sgangherata, inefficace e «colabrodo». Questo circolo vizioso ha contribuito a consacrare l'immagine dei dipendenti pubblici come fannulloni, furbi, incompetenti, ampliando ulteriormente il divario tra la pubblica amministrazione e il cittadino, quindi tra la pubblica amministrazione e la percezione del servizio fornito al cittadino. Io, però, da Ministra della funzione pubblica, in questi tre mesi mi sono resa conto, ancora più che da parlamentare, che la pubblica amministrazione è piena di eccellenze. Non è un fatto territoriale, ce ne sono molte da Nord a Sud e nel Centro. Non è neanche un fatto di grandi città o di grandi amministrazioni. Ci sono delle eccellenze sia nei grandi comuni che nei piccoli comuni, nei comuni «polvere». Io vengo da un territorio costellato di comuni «polvere», e sono rimasta molto colpita dal coraggio, ma anche dalla dedizione di sindaci che, a volte da soli, tengono aperte le porte del proprio municipio per offrire servizi ai cittadini. Io con i sindaci mi sono confrontata in varie occasioni, in particolare in occasione dell'assemblea nazionale dei comuni ad Arezzo, sulla necessità di dare supporto alle attività che spesso si trovano a svolgere con una carenza di organico che ormai è fisiologica.
  Le cronache sono piene di racconti sui fannulloni, io però ci tengo a mettere l'accento sul fatto che, per ciascuno di questi, c'è invece un manipolo di lavoratori bravi, che portano avanti i servizi in maniera efficiente. È che l'occhio, purtroppo, cade sempre sulla patologia e mai sulla fisiologia. Come dice sempre una persona a me vicina, «male non fare, paura non avere». Quindi, nel momento in cui il dipendente non rispetta le regole, va immediatamente allontanato. Bisogna essere severissimi e intransigenti, chiaramente in proporzione alla violazione. Però, se ci sono dei dipendenti che, invece, sono bravi e lavorano bene, vanno assolutamente valorizzati e supportati, anche con un percorso di crescita professionale, oltre che personale, che non sia semplicemente una somma di denaro aggiunta in busta paga. Quindi, secondo me, c'è molto da insistere sulla formazione, sulla specializzazione e sull'offerta di competenze che siano più ampie e trasversali possibile, per permettere ai dirigenti di essere anche manager e ai dipendenti di essere anche dei tecnici e degli esperti in grado di offrire al Paese servizi utili, che sono in costante progressione. Sfruttare queste sfumature dei profili professionali e dei curriculum personali, dal mio punto di vista, può offrire anche agli utenti, non solo dei servizi di qualità, ma anche un diverso rapporto umano e un insieme di valori civili e di riavvicinamento tra la pubblica amministrazione e il cittadino, aspetti sui quali, secondo me, bisognerebbe investire.
  Un altro punto su cui intendo porre molto l'accento nel corso del mio mandato è il ricorso alla leva universitaria e ai migliori laureati per avvicinarli alla pubblica amministrazione. Vorrei che la pubblica amministrazione si trasformasse in uno sbocco appetibile per i giovani, garantendo una prospettiva di crescita e di valorizzazione delle risorse umane che sono impiegate. Quindi, si potrebbe creare un canale tra l'università e la pubblica amministrazione, in maniera che questa venga percepita quasi come il primo posto nel quale andare a fare domanda per lavorare. Da «ultima spiaggia» deve diventare una prima scelta, perché altrimenti il rischio è che ci troveremo sempre all'inseguimento dei giovani, che preferiscono il settore privato e il lavoro all'estero.
  Molto sinteticamente, rispetto alle linee che mi accingo ad elencare, quello su cui punto è una pubblica amministrazione che sia snella, aperta e che riparta dalle persone e dall'organizzazione del lavoro.
  Per quanto riguarda le funzioni in materia di lavoro pubblico, di organizzazione della pubblica amministrazione e di sistema Pag. 5 di gestione orientato ai risultati, va innanzitutto considerata la situazione attuale in cui ci troviamo. I dati del conto annuale sul pubblico impiego 2017 della Ragioneria generale dello Stato – Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) disegnano un quadro di depauperamento delle risorse della pubblica amministrazione, che, immagino, è noto: tra il 2008 e il 2017 il blocco del turnover ha prodotto una riduzione del numero dei dipendenti pubblici pari al 5,6 per cento, creando dei disagi organizzativi molto gravi, che, ovviamente, hanno effetti negativi sui servizi erogati. In termini assoluti, negli ultimi dieci anni la riduzione del personale è stata di 200 mila dipendenti. Questo ha significato, chiaramente, un incremento dell'età media, che ha raggiunto un valore medio nel settore pubblico di 49,8 anni per gli uomini e 51,3 per le donne, con dei valori elevati in alcuni comparti, ad esempio i Ministeri e gli enti pubblici non economici. Secondo i dati più recenti, 400 mila dipendenti hanno già superato la soglia dei sessant'anni, mentre 660 mila hanno un'età compresa tra i 55 e i 59 anni.
  All'invecchiamento dei dipendenti pubblici si è aggiunta un'evidente, e miope dal mio punto di vista, marginalità dell'investimento in formazione, che purtroppo ha un valore disarmante: meno dell'1 per cento dell'intero costo del lavoro investito in formazione del lavoratore.
  Per queste ragioni, ho fissato l'obiettivo di ripartire proprio dalle persone. Questo significa cambiare rotta, sotto certi punti di vista, per l'investimento sui dipendenti della pubblica amministrazione di ogni livello, attraverso delle misure chiare. Innanzitutto, avviare un piano di assunzioni: si era già partiti con il precedente Governo e si è proseguita questa azione; quello che serve è individuare e migliorare i profili formativi delle competenze delle persone che entreranno a far parte della macchina amministrativa. Quindi, serve implementare un sistema di profilazione orientato alle competenze che oggi sono carenti all'interno della pubblica amministrazione. Abbiamo molte competenze tecniche, ne abbiamo poche di quelle trasversali (le cosiddette «soft skill»). Quindi anche i nuovi bandi di concorso andranno improntati al reperimento di questo tipo di competenze, molto ricercate, tra l'altro, nell'ambito privato e meno nell'ambito pubblico, sulle quali, invece, bisogna porre molta attenzione. Altrettanto sulle competenze digitali.
  La digitalizzazione deve diventare un volano del processo di riforma, sia dal punto di vista dell'efficienza, quindi, per comportare minori costi, ma anche dal punto di vista dell'efficacia, quindi per migliorare i servizi. In questo senso, servono sicuramente investimenti per l'informatizzazione del settore, in particolare penso alla sanità, al lavoro e all'ambiente, anche attraverso un più proficuo utilizzo dei fondi dell'Unione europea.
  Dare slancio alle assunzioni significa, però, anche svecchiare gli strumenti di selezione. Noi abbiamo degli strumenti selettivi che si basano sulla prova preselettiva, su successive fasi di prove scritte (molto spesso, peraltro, compilate a mano piuttosto che con strumenti come i computer, che velocizzerebbero molto): la mia idea è di provare a prendere spunto dai concorsi che si fanno nelle istituzioni dell'Unione europea, con dispositivi elettronici e telematici idonei anche ad una più veloce correzione delle prove scritte.
  Campagne di comunicazione e di promozione istituzionale sono d'obbligo: penso, quindi, a giornate di «open PA», anche attraverso le convenzioni con le università, e a più concorsi, che devono essere diretti ai giovani che si distinguono nel percorso universitario. Ne ho parlato già prima: se vogliamo avvicinare i giovani alla pubblica amministrazione dobbiamo, oltre a rendere attrattiva la pubblica amministrazione medesima, dare loro delle possibilità. Non penso solo ai concorsi per il reclutamento di funzionari, ma anche a riuscire a mettere a regime il corso-concorso che la Scuola nazionale dell'amministrazione bandisce annualmente per il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni centrali. Penso, infatti, che questo possa essere un ottimo modo per riuscire ad avvicinare i giovani alla macchina amministrativa. Pag. 6
  Mi riferisco, inoltre, all'avvio e all'implementazione del Portale unico dei concorsi, sempre nell'ottica di permettere a chi esce dall'università, come è capitato anche a me, di conoscere rapidamente tutti i concorsi proposti in tutta Italia dalle varie amministrazioni. Oggi i singoli siti li riportano, ma non abbiamo un sito aggregatore che mostri ad una persona, con molta semplicità, sulla base della propria profilazione e titolo di studio, quali sono i concorsi ai quali possa accedere. Su questo è stata introdotta, all'articolo 18 del disegno di legge di bilancio, attualmente in discussione al Senato, una norma che dovrebbe fornire la base per la successiva regolamentazione.
  La formazione «on the job» – lo dicevo prima – è per contrastare l'obsolescenza professionale, accrescere le professionalità di chi già lavora all'interno della pubblica amministrazione. È vero che ci sarà questa grande fase di concorsi, ma è altrettanto vero che non ci possiamo dimenticare dell'età media dei dipendenti della pubblica amministrazione. Pertanto, penso che sia utile implementare un sistema di welfare integrativo e rafforzare le politiche di valorizzazione del personale interno, insistendo molto sulla formazione continua di chi lavora nella pubblica amministrazione. Come? Su questo, sempre con riferimento al disegno di legge di bilancio, attualmente in discussione al Senato, come Dipartimento della funzione pubblica abbiamo presentato una proposta che mira a superare il tetto di spesa per la formazione del personale. In questa maniera, dall'anno 2020 si può avviare un piano di investimenti più adeguato alle esigenze degli utenti, ma anche delle amministrazioni stesse.
  Un impulso deve essere dato al potenziamento della formazione anche in e-learning. Oggi viene offerta in maniera meno strutturata rispetto alla formazione frontale, ma credo che, invece, l’e-learning potrebbe essere potenziato, e su questo, come Dipartimento della funzione pubblica, stiamo lavorando con la Scuola nazionale dell'amministrazione per riuscire a potenziare i corsi, in maniera da permettere alle persone che lavorano nei comuni o nelle amministrazioni di non doversi spostare per venire fisicamente fino a Roma, ma di riuscire a seguire i corsi direttamente dal proprio portale.
  Altro punto è la motivazione e la valorizzazione dei dipendenti, sia come lavoratori sia come cittadini, attraverso il miglioramento del benessere organizzativo, con un impatto positivo sulla qualità dei servizi e con un'attenzione innovativa alle scienze comportamentali nella pubblica amministrazione, per rafforzare la cosiddetta «cittadinanza organizzativa». Se l'individuo si sente di stare bene, di essere rispettato e di avere anche possibilità di esprimere una capacità innovativa di contributo e di crescita al gruppo professionale con il quale lavora, migliorerà inevitabilmente la qualità del servizio che eroga ai cittadini. Quindi, la valorizzazione di questo contributo deve essere fatta rispettando le logiche sottese all'utilizzo delle valutazioni delle performance. Anche su questo c'è un ragionamento importante da fare. I criteri su cui si basano le valutazioni delle performance individuali vanno rivisti, perché non si può pensare che siano completamente oggettivi finché, come politica, non ci diamo l'obiettivo di una programmazione delle politiche pubbliche di lungo periodo. Nel momento in cui si ha una programmazione effettiva, anche la valutazione dell'operato del dipendente pubblico può essere fatta sulla base di un criterio maggiormente oggettivo.
  Contrastare l'assenteismo: assolutamente sì, ma non solo in termini sanzionatori, ma anche individuando soluzioni alternative, soprattutto rovesciando il paradigma tradizionale e propendendo verso una valutazione dell'effettiva produttività del dipendente, anche al di fuori delle sedi istituzionali. In questo senso, il discorso si aggancia proprio a quello del benessere organizzativo, con l'adozione di modelli organizzativi caratterizzati dal cosiddetto «smart working» o lavoro agile, al fine di promuovere la conciliazione tra i tempi di vita privata e quelli lavorativi. Le esperienze nel settore privato sono molto positive: un'azienda su due lo utilizza, ottenendo una produttività migliore dai propri dipendenti. Quindi, credo che implementare questo tipo di strumento Pag. 7anche nella pubblica amministrazione possa essere positivo. In questa direzione non è da escludere un intervento volto a ridefinire il ruolo del Nucleo della concretezza, introdotto con la legge n. 56 del 2019, che consenta di valorizzarne la vocazione al supporto della pubblica amministrazione, non soltanto attraverso attività di prevenzione rispetto a eventuali comportamenti non conformi, ma anche con una vera e propria attività di supporto per le pubbliche amministrazioni. Penso, in particolare, che i piccoli comuni, che si trovano in difficoltà con il personale, possano trovare un supporto non solo sulla base di un principio di sussidiarietà, ma, anche, nel Dipartimento della funzione pubblica. In questo senso, il Dipartimento medesimo si è adoperato per la presentazione di una specifica proposta di modifica al disegno di legge di bilancio che introduce queste ulteriori competenze. D'altro canto – come immagino vi sarà noto – il Garante per la privacy ha ritenuto opportuno ribadire i propri dubbi circa la compatibilità della richiamata legge n. 56 del 2019 con la disciplina, sia nazionale sia europea, in materia di privacy. In particolare, le perplessità del Garante vertono sulla previsione dell'obbligo di utilizzare contestualmente entrambi i sistemi di rilevazione delle presenze, sia quello biometrico sia la videosorveglianza. A parere del Garante, la previsione di un duplice strumento di controllo contrasta con il principio di proporzionalità e, quindi, supera la necessità della rilevazione e delle proprie finalità.
  Per tornare alla tematica del benessere organizzativo, come saprete, a seguito dell'entrata in vigore delle norme di legge che hanno riconosciuto il «lavoro agile» (la legge n. 124 del 2015 e la legge n. 81 del 2017) e della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3 del 2017, lo smart working ha trovato una prima applicazione nelle pubbliche amministrazioni, per lo più tramite progetti pilota anche all'interno dei Ministeri. Per esempio, il Ministero dell'economia e delle finanze, con la Presidenza del Consiglio, in piccola parte, stanno provando ad utilizzare questo tipo di «lavoro agile». Io penso che siamo pronti a fare il passo successivo, provando ad andare alla «fase 2» della previsione della legge n. 81 del 2017, e puntando ad aumentare la quota del 10 per cento dei lavoratori in regime di «lavoro agile», provando a portarla al 20 per cento, chiaramente monitorando molto bene la fase successiva per massimizzare l'ottimizzazione del lavoro, la produzione del lavoro e riducendo i rischi. A riguardo, il 19 novembre scorso a Bruxelles, in sede di riunione del Comitato per il dialogo sociale europeo (a guida italiana) con le organizzazioni sindacali europee sono stati approvati, in via definitiva, il rapporto di ricerca e le linee guida, con i quali si individuano e si definiscono i rischi che sono da minimizzare e le opportunità che, invece, vanno massimizzate, di queste tipologie di lavoro, in grado di favorire comunque una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in particolare per le donne lavoratrici, rendendo anche più economica e più green la modalità di lavoro. Poiché io penso sempre alle aree interne, perché vengo da un territorio di «comuni polvere», di aree interne, credo che con il «lavoro agile» si permetterebbe anche la ripopolazione di quei piccoli comuni, che oggi soffrono una mancanza di giovani stabilmente residenti anche per le difficoltà dei collegamenti rispetto ai posti di lavoro.
  Nell'ambito dell'attività del Comitato settoriale europeo per il dialogo sociale dell'amministrazione e del Governo centrale, l'Italia, su impulso del Dipartimento della funzione pubblica, ha presentato un progetto che si chiama «Migliorare la conciliazione vita/lavoro: opportunità e rischi derivanti dalla digitalizzazione», che ha ricevuto un finanziamento della Commissione europea. Il progetto, della durata complessiva di diciotto mesi, si è chiuso il 31 ottobre 2019 e ha raccolto tutta la migliore letteratura internazionale in tema di informazione sulle pratiche e sulle politiche dei vari Stati membri dell'Unione europea, anche tramite appositi questionari e interviste, per realizzare un rapporto di ricerca fee study che riguarda l'impatto della digitalizzazione sulle ipotesi di lavoro e di lavoro agile, proprio con l'obiettivo di Pag. 8migliorare la conciliazione della vita lavorativa con quella privata. Tali informazioni sono state approfondite nel corso di seminari e poi sono state utilizzate per fornire indicazioni utili alla dirigenza e ai rappresentanti sindacali delle amministrazioni centrali. In particolare, faccio presente che ci sono stati quattro eventi pubblici: nel marzo 2019 a Parigi; a Madrid nel maggio 2019; una conferenza finale a Roma nel settembre 2019; un evento dedicato alle parti sociali a Bruxelles il 14 ottobre 2019. Sulla base degli elementi che sono emersi dal fee study e da questi focus group sono state sviluppate linee guida, che concordano sull'utilità e sulla finalità positiva di questo importante progetto. Quindi lo smart working, se ben utilizzato, può essere un modo per incentivare la produttività e per conciliare i tempi di vita personali e lavorativi. Chiaramente, occorre legarlo molto bene con le prestazioni rese in modalità agili, prefiggendo degli obiettivi raggiungibili, individuando le tecnologie da utilizzare e dando una formazione ad hoc rispetto allo scopo del lavoro agile. Quest'ultima deve essere, poi, caratterizzata da un apprendimento permanente, data anche la rapida obsolescenza delle competenze e delle conoscenze in questo campo. Quindi, l'idea è quella di ripartire dall'individuo, dal personale tutto, che però non può prescindere dall'idea di creare un nuovo patto tra le amministrazioni e i cittadini, i quali sono i principali utenti dei servizi che forniamo. Una relazione che deve essere biunivoca si deve basare, dal nostro punto di vista, su un approccio partecipativo che veda non solo i cittadini, ma anche le famiglie, le imprese e gli stakeholder coinvolti tutti in un processo di valutazione delle performance. In questo senso, sono state pubblicate pochi giorni fa le linee guida rispetto alla valutazione delle performance partecipative da parte del Ministero, che prevedono proprio un percorso a valle del quale la pubblica amministrazione deve avere la capacità – e questa è la grande sfida – di trasformare i servizi per migliorarli sulla base delle indicazioni fornite da cittadini, imprese, stakeholder e da chiunque abbia interesse a partecipare a questo tipo di approccio, con l'idea sempre di migliorare il servizio.
  Oltre a migliorare la qualità dei servizi e delle attività dei servizi pubblici, la mobilitazione delle risorse e dei capitali presenti sul territorio è un altro degli obiettivi di queste linee guida, insieme alla gestione e alla riduzione dei conflitti. Per questo parlo di un nuovo patto tra la pubblica amministrazione e il cittadino. Se le persone che usufruiscono di un servizio e ne vedono soltanto gli esiti, che a volte sono negativi, avessero la possibilità di esprimersi per tentare di modificarli con idee, che possono sembrare semplici, ma che a volte non vengono in mente ai più alti funzionari ma che, invece, per gli ultimi degli utenti sono immediate, si può riuscire a costruire un percorso insieme per rendere più agili le buone pratiche che in alcune amministrazioni sono adottate, mentre in altre mancano.
  Rispetto alla contrattazione, è stata data molta attenzione da parte di questo Governo al rinnovo contrattuale per il triennio 2019/2021. Nell'ambito della manovra di bilancio relativa all'anno 2020 sono state definite le risorse finanziarie, con l'intento di prevedere un incremento retributivo superiore rispetto alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per il triennio e che fosse leggermente superiore, sulla base anche delle condizioni nelle quali abbiamo predisposto il disegno di legge di bilancio, a quanto riconosciuto nel precedente contratto collettivo nazionale 2016/2018. Devo dire con grande soddisfazione che le risorse sono state trovate dal Ministero dell'economia e delle finanze, e che, nella riunione che si è tenuta pochi giorni fa a Palazzo Chigi tra il Governo e i sindacati maggiormente rappresentativi, il Ministro Gualtieri ha comunicato, proprio per segnalare in quella sede l'ulteriore sforzo da parte del Governo, l'aumento di risorse per il rinnovo del contratto 2019/2021, con un incremento annuo, rispettivamente, di 100 milioni di euro nel 2020 e 200 milioni di euro nel 2021, portando così le risorse stanziate a 1,75 miliardi di euro per il 2020 e a 3,375 miliardi di euro nel 2021. Si tratta chiaramente di un impegno che non è solo Pag. 9strettamente economico, ma che deve essere orientato soprattutto a un percorso fisiologico di rinnovo dei contratti triennali, che per anni sono stati bloccati e non hanno rappresentato, anche dal punto di vista dei rapporti con i sindacati, un momento particolarmente positivo. Quindi, l'ottica di riuscire a raggiungere la fisiologia dei rinnovi triennali, al di là dello sforzo economico, penso che sia da ritenersi molto positiva.
  Una volta stanziate le risorse per i contratti collettivi relativi al triennio 2019/2021 e chiusa la tornata contrattuale 2016/2018 ancora in corso, si potranno definire il contratto quadro dei comparti e le aree di contrattazione collettiva e potrà essere aperta la nuova stagione contrattuale, con la definizione degli atti di indirizzo presso l'ARAN, che avranno tra i contenuti principali la valorizzazione del merito ai fini della carriera e della retribuzione e la formazione e la definizione di nuovi profili professionali adeguati alle esigenze che ci richiede la nuova pubblica amministrazione.
  È evidente la necessità di ridefinire lo spazio della contrattazione collettiva nazionale e quello della contrattazione integrativa. La certificazione operata sui contratti collettivi, soprattutto quelli integrativi, ha evidenziato come, purtroppo a causa della poca chiarezza della normativa, alcune amministrazioni hanno negoziato degli istituti esclusi dall'ambito contrattuale. Questa prassi non deve essere incoraggiata, dobbiamo tentare di riportare il tutto all'interno del contesto di legge. Quindi è opportuno intervenire chiarendo quali materie siano escluse dalla contrattazione collettiva e quali siano correttamente da ricomprendersi, in attuazione dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione.
  Ritengo opportuno informare le Commissioni che, proprio nel corso della riunione a Palazzo Chigi tra i sindacati e il Governo, è stata sollecitata – su questo ci siamo presi un impegno – l'ipotesi di sottoscrizione di un memorandum tra le parti rispetto al quadro normativo da delineare, che raccolga gli impegni e le esigenze di un percorso condiviso.
  Con riguardo alle funzioni in materia di semplificazione amministrativa e normativa, lasciatemi dire che è difficile non affermare che questo rappresenti il fulcro del rilancio della macchina amministrativa. Ciò è stato chiarito nei primi incontri che ho avuto, in particolare, con Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, ma anche con tutte le associazioni di consumatori, che hanno rappresentato questa esigenza di snellimento e semplificazione, tutti d'accordo sulla necessità che degli interventi vadano fatti per evitare le complicazioni burocratiche, che continuano ad essere un costo insostenibile per i cittadini, ma soprattutto per le imprese, e che, chiaramente, rendono poco appetibile, anche per chi vuole venire ad aprire un'azienda, il nostro Paese. Quindi, da questo punto di vista, credo che la semplificazione e la riduzione dei costi e degli oneri burocratici possano essere un grande driver del Paese per lo sviluppo.
  Penso che le criticità siano note a tutti, ma io le ripeto in questa sede per completezza: si parla di inflazione normativa e di stratificazione normativa degli adempimenti nel tempo; della frammentarietà della regolazione, a cui si sovrappongono molto spesso obblighi che derivano dalla regolazione europea, da quella statale e, poi, dalle discipline regionali, nonché da quelle dei diversi settori, che creano confusione agli occhi di chi deve riuscire ad interpretare le norme; di una proliferazione continua degli oneri, sulla quale bisogna fare un intervento strutturale, che richiede molta attenzione, come succede ogni volta che si implementano gli oneri, ma che penso possa essere un percorso molto positivo. Come nella fase delle istruttorie legislative – questa è sempre la deformazione da ex presidente del Comitato per la legislazione – se si investe molto sull'istruttoria legislativa in fase antecedente alla creazione della legge e se la si monitora anche successivamente, si riescono a capire quali sono le problematiche prima che la legge entri in vigore e, successivamente, se si valutano gli oneri, i successivi interventi si possono fare definendo Pag. 10 meglio i singoli ambiti di manovra, con interventi di cesello, non sempre con delle norme o con dei provvedimenti strutturali. La frammentazione delle competenze dei soggetti e degli adempimenti purtroppo è risalente nel tempo. Anche se certe procedure dovrebbero essere digitalizzate e snellite, continuano a essere costruite su dei modelli cartacei e questo fa sì che esse e gli adempimenti connessi non siano standardizzati in tutta Italia. C'è chiaramente anche il divario sociale che crea una complicazione burocratica, soprattutto in chi si trova a compilare i moduli. Ma io penso sempre all'ultimo e al più semplice degli utenti, che è il cittadino, quello che maggiormente si trova in difficoltà in certi casi. Persistono richieste di procedimenti autorizzativi che non sono necessari, per i quali non è prevista alcuna autorizzazione discrezionale da parte delle pubbliche amministrazioni, ma che, in assenza di un'indicazione chiara, vengono richiesti più volte. Sussistono controlli che appesantiscono le procedure, laddove dovrebbe valere invece il principio del «once only», per cui la pubblica amministrazione richiede una volta un documento o un dato e, nel momento in cui ne è in possesso, non lo dovrebbe richiedere più. Invece, gli stessi documenti o dati vengono richiesti costantemente. Purtroppo, anche i tempi lunghi delle decisioni pubbliche colpiscono direttamente la competitività e lo sviluppo del Paese. Ci troviamo di fronte a delle condizioni paradossali, in cui i numerosi interventi normativi tendono a ingabbiare il sistema anziché a snellirlo.
  Per affrontare queste tematiche ritengo che sia importante partire, anche qui, dal metodo e non solo dal merito. Quindi, è necessario coinvolgere tutti i Ministeri, sotto la guida del Presidente del Consiglio, per riuscire a realizzare azioni coordinate in ambito di semplificazione e di normazione. Non è sempre necessario fare la grande manovra, a volte sono sufficienti semplici velocizzazioni delle procedure, anche le circolari interne dei Ministeri a volte potrebbero bastare, perché è chiaro che – per esempio penso alle semplificazioni per quel che riguarda tutte le procedure in materia di «Green new deal» – potrebbero bastare semplici adempimenti da parte del Ministero indirizzati agli enti locali e alle amministrazioni. L'approccio però, chiaramente, deve essere basato sul risultato.
  Non si può sempre pensare di riuscire a raggiungere i risultati solo con l'approccio dell'annuncio della grande riforma. Dal mio punto di vista, questa è una fase in cui sono necessari gli interventi di cesello. Di riforme ne sono state fatte tantissime, fin troppe, meglio lavorare su quei singoli ambiti di intervento che ci possano permettere di semplificare le procedure che si sono dimostrate problematiche negli anni.
  Ho intenzione di predisporre un pacchetto di azioni rapide per riuscire a semplificare, senza creare un ampio testo di riforma, ma realizzando un'agenda del Governo per la semplificazione, che raccolga e faccia tesoro delle esperienze positive, delle best practice che ci sono sul territorio e le metta insieme. È chiaro che è un lavoro che va definito e fatto insieme agli stakeholder, alle regioni, agli enti locali, sotto il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Quindi, la finalità è quella di una nuova agenda sulla semplificazione con un pacchetto di azioni rapide, che, grazie all'esperienza dell'applicazione pratica delle normative che consideriamo spesso in senso astratto, ma quasi mai dal punto di vista pratico, possano fornire una risposta immediata in termini di azione già a distanza di pochi mesi. Poi, chiaramente, si possono strutturare anche delle politiche di più ampio respiro.
  Sempre sul fronte del metodo, l'ascolto – l'ho detto all'inizio – è un po’ la base del mio mandato, è un po’ la mia deformazione, in realtà. Ho inaugurato il mandato con una fase di consultazione dell'interno del Ministero e pochi giorni fa, insieme al Sottosegretario Fraccaro e al Ministro D'Incà, abbiamo portato a conclusione un lavoro, iniziato con il precedente Governo, che è il lancio della piattaforma ParteciPA e di un portale unico delle consultazioni (consultazioni.gov.it). L'obiettivo è mettere a disposizione, non solo delle pubbliche amministrazioni, ma anche dei singoli comuni che vogliono fare consultazioni, degli Pag. 11strumenti, che non siano i semplici strumenti dei social oggi più utilizzati, ma che siano forniti dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le riforme istituzionali, chiaramente grazie all'importante lavoro di FORMEZ, per consultare i cittadini. Il tipo di software open source è stato copiato da Barcellona, quindi è un software utilizzato in altri Paesi, come la Francia, e chiaramente la Spagna, e consente ai cittadini di segnalare idee e proposte. Per esempio, il Dipartimento della funzione pubblica ha aperto due consultazioni, di cui una, questa settimana, sulla trasparenza e l'anticorruzione, sugli effetti concreti della normativa anticorruzione che, nonostante, nella teoria, avesse una splendida ratio (quella di permettere la pubblicazione di tutti i documenti per garantire l'accesso da parte dei cittadini), si è trasformata sostanzialmente – e questo lo dicono tutte le persone che lavorano all'interno degli enti locali e delle amministrazioni – in una «casa di carta», obbligando a una marea di adempimenti, che portano via quasi un quarto del tempo di lavoro. Quindi, su questo dovremo tentare di garantire, da un lato, la possibilità di accesso e la trasparenza, ma, dall'altro lato, anche di non oberare, con degli adempimenti inutili, gli uffici, che hanno ben altro lavoro da fare.
  Sul fronte della consultazione non spendo ulteriori parole. Posso dire che è uno strumento fondamentale per raccogliere informazioni ed elementi conoscitivi, anche per valutare gli effetti ex post delle decisioni che sono già state prese da Camera e Senato, nonché dai diversi Ministeri. Nel momento in cui si è investito molto nella fase preliminare di valutazione, l'istruttoria approfondita nella fase pre-legislativa dà la percezione di una decisione più condivisa da parte di chi applicherà nel quotidiano la norma. Questi sono dati oggettivi, tutti i Paesi esteri fanno così. Anche quando ci troviamo a parlare di valutazione di impatto della regolazione, uno dei grandi argomenti di cui si discute sempre è insistere molto di più sul fatto che la fase pre-legislativa dovrebbe essere più lunga e dovrebbe includere, in particolare, delle fasi di coinvolgimento degli stakeholder prima che i provvedimenti vengano varati dal Governo o dalle Camere. Si vuole evitare che, al contrario, le audizioni si facciano durante i procedimenti legislativi, quindi a provvedimento in parte varato, rendendo difficile intervenire nel testo e anche riducendo la possibilità di partecipazione, portando l'utente o lo stakeholder a sentire meno l'intento normativo e l'intervento normativo.
  Il principio del «once only» – di cui parlavo prima – è uno degli interventi importanti da portare avanti. Parliamo spesso di digitalizzazione e di come rendere queste procedure più efficaci ed efficienti possibile: bisogna sicuramente insistere sull'implementazione del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, ma l'ostacolo più grande che ci hanno segnalato gli stakeholder è proprio il fatto che, nel momento in cui la pubblica amministrazione è in possesso di un dato, non dovrebbe richiederlo più volte, aumentando le incombenze burocratiche. La normativa – come accennavo – impone all'amministrazione di consentire l'accesso ai fascicoli e ai procedimenti sia al diretto interessato sia alle amministrazioni dei procedimenti coinvolti, ma, di fatto, questa è una normativa che rimane inapplicata. Quindi, il principio c'è in teoria, però poi, nella pratica, non è applicato, perché manca l'interoperatività delle banche dati, sulla quale è necessario fare un lavoro importante. Per cui, nel momento in cui il cittadino sa che la pubblica amministrazione ha un dato, non è costretto a presentarlo dieci o dodici o addirittura diciotto volte, in certe procedure.
  Un particolare impegno, poi, lo vorrei dedicare alla realizzazione delle semplificazioni, mirate a chi si trova in maggiore difficoltà o vulnerabilità, come le persone disabili, i malati cronici, anche qui con l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli all'operatività degli sportelli unici per le attività produttive, per l'edilizia, con il completamento della semplificazione e della standardizzazione dei modelli, che sono state istanze in più occasioni avanzate. Pag. 12
  L'inflazione normativa – come dicevo prima – comporta sicuramente un aggravio degli intralci alla competitività del nostro Paese; l'impegno che era stato assunto dal precedente Governo, e che verrà portato avanti da questo Governo sotto la guida del Presidente del Consiglio, è quello di riaprire una fase di riordino e di codificazione per riuscire a semplificare la normativa, che oggi è sovrapposta e frammentata, accavallandosi e creando confusione, soprattutto in molti settori importanti nei quali un riordino sarebbe, invece, fondamentale. Il primo dal quale sono partita è proprio quello dell'anticorruzione e della trasparenza, proprio perché le pubbliche amministrazioni sono state oggetto di numerosi interventi negli ultimi anni: dal 2012 ad oggi, si contano quasi dieci interventi in materia. Questo comporta frammentarietà, disomogeneità, rischi di sovrapposizione e un quadro normativo che è complesso da interpretare già per gli addetti ai lavori, non oso immaginare per chi lo deve applicare in concreto. Ecco perché penso che sia utile lavorare ed esercitare la delega sulla semplificazione in queste materie; per questo al Dipartimento ho istituito una commissione ad hoc di esperti sull'argomento, per fare un lavoro di sintesi della normativa in questione. Ho voluto fortemente che nella commissione ci fosse anche un rappresentante, in particolare, dei piccoli comuni, un responsabile dei piani anticorruzione e trasparenza dei piccoli comuni, che sono quelli che, nella pratica – come dicevo – si ritrovano spesso ad applicare la normativa che noi variamo.
  Infine un'altra questione, sempre legata alla valutazione d'impatto della regolamentazione, ma successiva al flusso di complicazioni che bisognerebbe prevenire, riguarda lo strumento del bilancio degli oneri. È uno strumento che già c'è, ma viene poco utilizzato. Si tratta di una relazione annuale, che dovrebbe essere predisposta dal Dipartimento della funzione pubblica e che si collega all'analisi d'impatto della regolazione e alla valutazione d'impatto della regolazione, grazie alla quale si può fare un calcolo degli oneri aggiunti dal Parlamento, con le riforme approvate nell'ultimo anno. Si potrebbe giungere ad una valutazione degli effetti anche di una procedura di semplificazione, perché ci siamo resi conto che, a volte, persino le procedure di semplificazione hanno introdotto maggiori oneri. Per cui, penso che questo strumento possa permettere di tenere sotto controllo gli oneri che si introducono tutti gli anni, fungendo da maggior stimolo alla valutazione delle ulteriori azioni di semplificazione che si portano avanti.
  Con riguardo alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, argomento importante, non posso non sottolineare la questione del rafforzamento delle competenze digitali del personale. Possiamo mettere tutti gli strumenti migliori del mondo nelle mani dei funzionari, ma se non abbiamo un personale formato, sul quale investiamo, è difficile permettergli di utilizzare gli strumenti che hanno a disposizione. Per evitare anche di gravare sempre sulle casse delle amministrazioni, il Dipartimento della funzione pubblica ha creato una piattaforma, che si chiama competenzedigitali.gov.it, che fa un assessment delle competenze digitali del dipendente, rispetto a quelli che sono i servizi che deve fornire all'interno del proprio ufficio, e che crea un corso di formazione ad hoc per permettere al dipendente medesimo di seguire comodamente da casa la lezione, di fare i test, che si possono ripetere, e di verificare il miglioramento del proprio livello di competenza digitale, anche per l'utilizzo quotidiano degli strumenti a disposizione (SPID, la firma digitale), promuovendo, in generale, l'approccio dell'aggiornamento continuo. Il tutto non può prescindere da un approccio sistematico, perché non si può parlare solo di digitalizzazione sul fronte dell'introduzione degli strumenti, serve la formazione, serve prevedere le digital skill nei bandi di concorso. Su questo abbiamo firmato con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, un protocollo per un approccio più strutturale alle competenze digitali, arrivando, quindi, ad includerle tra i requisiti fondamentali per chi già lavora nella pubblica amministrazione e per chi entrerà a farne parte. Pag. 13
  Da ultimo, certamente non per importanza: i comuni. Le amministrazioni pubbliche rappresentano un insieme molto variegato di organizzazioni, per le quali, dal mio punto di vista, non è ragionevole che siano previsti gli stessi obblighi e oneri, indipendentemente dalle loro caratteristiche. Ci sono comuni molto piccoli, sotto i mille abitanti (il 25 per cento), ma, se pensiamo in generale ai comuni sotto i cinquemila abitanti, essi rappresentano il 75 per cento del totale: sarebbe, quindi, surreale prevedere per loro degli adempimenti che siano i medesimi rispetto a quelli dei grandi comuni, che hanno possibilità di assumere più personale e hanno tutt'altro tipo di strumenti. I piccoli comuni, quindi, rischiano di rimanere bloccati, non solo dalla carenza del personale, ma anche dal territorio molto grande che devono gestire, spesso in modo molto capillare. Per riuscire a dare un supporto ai comuni, come Dipartimento abbiamo chiesto l'inserimento nel disegno di legge di bilancio 2020 di una norma che destina risorse alla creazione, tramite il FORMEZ, di una struttura di supporto per eseguire le funzioni primarie, come, ad esempio, la chiusura del bilancio. Tra i presenti oggi, in prima fila, abbiamo il sindaco di un comune molto piccolo, di cui conosco le difficoltà. Penso che riuscire a stabilire questo tipo di sussidiarietà, creando, quindi, una struttura che abbia dei tecnici per i bandi europei, o dei segretari comunali che possano aiutarli a predisporre dei bilanci, sia di maggiore aiuto rispetto al semplice approccio di controllo e di comando, molto spesso adottato dai Ministri, senza mai però riuscire a fornire ai comuni un aiuto diretto e una vera sussidiarietà.
  Il nodo centrale è quello dei segretari comunali. Come sapete, a breve partirà il concorso per l'assunzione di 291 segretari comunali, che si chiuderà entro l'anno in corso, e dopo si avvierà una selezione di ulteriori 171 unità. A questo riguardo, stiamo lavorando a una norma per accelerare la durata del corso-concorso e permettere a queste persone, già in primavera, di essere assunte, dando un po’ di fiato ai comuni, perché so che nell'ultimo periodo è stato molto difficoltoso per loro riuscire a garantire i servizi.
  In ultimo, rispetto alla possibilità di cambiare i criteri assunzionali da parte dei comuni, con riguardo proprio alle misure di sblocco e di rilancio della loro capacità assunzionale, è stato approvato un paio di ore fa dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto ministeriale che stabilisce i nuovi criteri per permettere, non solo in base a fattori economici ma anche di popolazione, di assumere nuove unità di personale, superando la rigidità stabilita in precedenza. È praticamente il decreto attuativo delle disposizioni dell'articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019 (il cosiddetto «decreto crescita»). La norma, nel testo proposto originariamente, presentava qualche problema di «aggancio» con la norma primaria, ma oggi siamo riusciti, anche grazie al drafting del decreto ministeriale, ad arrivare al termine, permettendo, quindi, da gennaio ai comuni di avere più fiato sul fronte delle assunzioni, in particolare a quelli sotto i cinquemila abitanti, che potranno avere, soprattutto se sono in unione, la possibilità di raggiungere questa famosa unità assunzionale che dovrebbe essere garantita per tutti. Con i parametri previsti in precedenza, invece, rischiavano, soprattutto i comuni piccoli, di rimanere tagliati fuori.
  Io con questo, presidente, ho finito, spero di essere stata breve, rispettando il tempo che avevo a disposizione.

  PRESIDENTE. Siamo perfettamente nei tempi. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  ROBERTA ALAIMO. Ringrazio il Ministro per l'illustrazione delle sue linee programmatiche, che sono state molto precise e puntuali.
  Vorrei porre una domanda in merito agli enti locali. Lei ha parlato di carenze di organico negli enti locali, in particolare nei piccoli comuni; io mi soffermerei anche sugli enti locali in dissesto e predissesto, che spesso soffrono di una carenza di organico Pag. 14 e di figure infungibili, ovvero quelle figure indispensabili che permettono la gestione della macchina amministrativa. Le chiedo se anche per gli enti locali in dissesto e predissesto sarà possibile usufruire di questa assistenza tecnica del FORMEZ – per fare in modo che si possano risolvere questi problemi di carenze di organico – o se non sia il caso, invece, di valutare una deroga alla normativa vigente sulle assunzioni straordinarie.
  Vorrei poi soffermarmi su un approfondimento riguardo all'articolo 19-bis del decreto legislativo n. 150 del 2009, sulla valorizzazione di un ruolo attivo dei cittadini nella valutazione della performance delle amministrazioni anche negli enti locali. Anche su questo il MoVimento 5 Stelle aveva presentato un'interrogazione a risposta immediata al Ministro; peraltro, la stessa interrogazione era stata posta anche al Ministro precedente, ma non erano state date risposte in merito a questo tema. Le chiedo, dunque, un approfondimento su questo aspetto. Inoltre, vorrei conoscere la sua idea sul nuovo portale «ParteciPA», chiedendole se ritiene che sia già un traguardo raggiunto o se può essere considerato come un primo passo per l'avvio di un circuito che coinvolga le pubbliche amministrazioni, i cittadini, i portatori di interesse e le imprese.

  EMANUELE PRISCO. Apprezzo molto l'umiltà di approccio del Ministro. Spesso i Ministri della pubblica amministrazione vengono qui, propongono la grande riforma per avere il proprio nome scritto a caratteri cubitali nella storia della pubblica amministrazione italiana, ma poi, di solito, la fretta determina dei disastri che poi pagano i cittadini, in termini di servizi, e la pubblica amministrazione, in termini di funzionalità e costi.
  Formulo alcune domande, perché il Ministro ha un po’ sorvolato su alcuni temi. Vorrei capire meglio il quadro di assunzioni a cui faceva riferimento, ovvero le assunzioni selettive su alcuni curriculum; si tratta di un sistema che si scontra però con le recenti disposizioni volte a favorire assunzioni attraverso il vecchio ufficio di collocamento, che spingerebbero verso un modello di pubblica amministrazione di cent'anni fa. Oggi il modello verso il quale si va è quello di una pubblica amministrazione di maggiore qualità, con meno dipendenti e più pagati. È evidente che è il quadro formativo che fa la differenza, la possibilità di immettere risorse fresche, possibilmente anche anagraficamente giovani, per poter portare questo tipo di contributo.
  Seconda riflessione e seconda domanda. Lei ha parlato dello sblocco delle assunzioni nei comuni sotto i cinquemila abitanti, ma lo stesso problema – oltre a quello già rappresentato dalla collega sugli enti locali in dissesto – vi è in tutti gli enti locali, che hanno personale molto vecchio anagraficamente, con grandi aliquote di personale in pensionamento. Questo crea inevitabilmente un disservizio, perché si riorganizza, si accorpa e si taglia, ma poi, sia che si tratti del Comune di Milano sia di un comune di cinquanta persone, i servizi da garantire ai cittadini sono gli stessi; se poi devi garantirli a milioni di abitanti, se non si dispone di personale, diventa problematico.
  Non ho sentito nulla sulla riforma della dirigenza, ma forse mi è sfuggito. Altra necessità sulla quale forse bisogna svolgere una riflessione, perché poi, ammesso che il pesce puzzi, esso puzza dalla testa. Soprattutto l'indeterminabilità dell'incarico dirigenziale diventa il punto dove è complesso anche fare attività di spoil system, così come motivare chi ricopre degli incarichi.
  Forse mi è sfuggita anche questa, quindi le faccio un'altra domanda sulle graduatorie della pubblica amministrazione. Il precedente Governo ha compiuto la scelta di bloccare tout court le graduatorie assunzionali della pubblica amministrazione; ciò, in parte, ha un senso per i profili più alti, dove il livello selettivo e di merito deve essere più alto, ma ha un po’ meno senso nei livelli più bassi, considerato che spesso si scontra con la difficoltà, soprattutto degli enti locali, di mettere in campo dei concorsi in tempi utili, al fine di fornire una risposta rispetto alle previsioni di pensionamento del proprio personale.
  Un'ultima questione sulla quale vorrei un chiarimento. In chiave di semplificazione, Pag. 15 non credo che il problema sia rappresentato dal fatto di dover portare più volte un documento; spesso si chiede più volte un documento perché si fa prima, visto che la ricerca alle volte diventa più complicata (mentre i cittadini, soprattutto le imprese, hanno bisogno di risposte veloci). Probabilmente, bisogna andare verso modelli che prevedono un testo unico – sia dal punto di vista normativo sia dal punto di vista dell'organizzazione delle singole amministrazioni – dal momento che gli stessi dipendenti hanno spesso difficoltà nel ritrovare le norme organizzative della stessa pubblica amministrazione, che poi spuntano a metà del procedimento e costringono a dover riavviare la procedura, creando problemi nell'erogazione del servizio ai cittadini e alle imprese.
  Per il resto, le faccio un grande in bocca al lupo, anche se non credo che durerà molto il suo mandato.

  VIRGINIO CAPARVI. Grazie, signor Ministro. Anch'io mi associo all'apprezzamento per la pacatezza della sua esposizione. Però mi duole constatare, in un suo passaggio, una consequenzialità di concetti un po’ particolare; infatti, nel parlare di assenteismo ha affermato di voler contrastare tale fenomeno non solo con profili sanzionatori, ma anche con soluzioni alternative, tirando in ballo il concetto del benessere organizzativo e dello smart working. Non credo che il concetto di smart working possa essere alternativo all'assenteismo: sono due cose completamente differenti. L'assenteista è assenteista, punto. Lo smart working – e glielo dico da smart worker, visto che per sette anni ho lavorato dal mio piccolo paesino di provincia con delle agenzie web famose in tutta Italia – è un tipo di lavoro che dà grandi vantaggi, è sicuramente un'opportunità che va introdotta anche nella pubblica amministrazione (penso a una donna che partorisce e che vuole spendere più del tempo previsto dalla legge a casa vicino ai propri figli). Quindi, è un'occasione assolutamente utile, è uno strumento che andrebbe introdotto nella pubblica amministrazione, e non può essere visto come una mano tesa verso l'assenteista. Non credo che sia questa la sua opinione, però il modo in cui l'ha esposta sinceramente mi ha fatto sorgere più di un dubbio.
  Detto questo, la mia domanda verte sullo svecchiamento del comparto della pubblica amministrazione. Lei ne ha parlato lungamente, è assolutamente necessario abbassare questa età media. Il precedente Governo ha iniziato con due provvedimenti – li ha ricordati anche lei («Quota 100» e il provvedimento cosiddetto «concretezza») – rispondendo ad una necessità, perché non sempre la formazione può sopperire a una forma mentis non allineata con questi tempi. Ricordo nel mio comune di aver condotto una battaglia quasi sindacale per togliere la «macchina infernale» del fax, perché i dipendenti non avevano familiarità con le email e le PEC. Nel 2013, non cent'anni fa! Quindi, alle volte, non si può sopperire a delle forme mentis differenti, ma si possono assumere persone giovani, preparate e cresciute in questa rivoluzione tecnologica che ci ha accompagnato negli ultimi trent'anni, affinché possano portare quella qualità che immaginiamo per la pubblica amministrazione. Qui la domanda riguarda una sua dichiarazione resa circa un mese fa, con la quale parlò di un decreto in corso di definizione, che sarebbe stato adottato entro un mese. Poiché è trascorso un mese, vorrei sapere se questo decreto esiste e se ha intenzione di adottarlo.

  PAOLO ZANGRILLO. Grazie, presidente. Ministro, la voglio ringraziare per la sua relazione, nella quale ho trovato importanti spunti relativamente all'organizzazione e alla realtà, in generale, della pubblica amministrazione. Devo dirle che sono contento di aver ascoltato delle parole sensate.
  Io sono all'antica, penso ancora che chi ricopre posizioni apicali – e un Ministro ricopre posizioni apicali – debba avere una preparazione adeguata per ricoprire quelle posizioni; io non so quale sia la sua formazione, però devo dire che la sua relazione mi ha molto soddisfatto dal punto di vista della capacità di toccare temi che sono cruciali in qualsiasi organizzazione, non soltanto nella pubblica amministrazione. Mi è piaciuto, in particolare, il passaggio Pag. 16 nel quale lei ha ribadito come la sua visione di pubblica amministrazione pone la persona al centro. Io ho lavorato per tantissimi anni in grandi organizzazioni e ho imparato che un'organizzazione fatta di persone funziona se si è capaci di mettere le persone al centro, se si è capaci di far capire a ciascuno la rilevanza e l'importanza del suo ruolo all'interno dell'organizzazione. Quindi, questo passaggio nel quale lei ribadisce la necessità di guardare alla persona, secondo me è fondamentale ed è l'approccio corretto. Per questo motivo, la esorto ad essere conseguente e coerente rispetto alle cose che ci ha raccontato oggi, perché devo dire che l'azione del suo predecessore, che pure aveva fatto una relazione ricca di spunti, nella pratica non si è tradotta in azioni particolarmente incisive in una logica di miglioramento della pubblica amministrazione. Devo comprendere ancora oggi il reale significato e la portata del «decreto concretezza», perché non mi sembra che sia la chiave di volta per avviare un percorso e un processo di miglioramento virtuoso per il funzionamento della pubblica amministrazione.
  Lo Stato è il più grande datore di lavoro, parliamo di milioni di persone; lei stessa ha esordito nella sua relazione ricordando come nel percepito del cittadino spesso prevalga una valutazione negativa sulla pubblica amministrazione, valutazione negativa che si riflette anche sulle persone che vi lavorano e di fatto non aiuta a motivare le persone e a sentirsi come elemento positivo nella società. Quindi, la sfida che lei deve affrontare credo sia quella di cercare di avviare un percorso che consenta al cittadino di percepire la pubblica amministrazione come un alleato, come un'organizzazione capace di fornire un servizio adeguato alle aspettative delle persone. Su questo devo dire che nella sua relazione lei ha toccato dei punti importanti. Ha parlato di formazione, ha parlato di organizzazione, ha parlato di competenze, ha parlato di motivazione; penso che questi siano effettivamente i temi che vanno «aggrediti». Sono consapevole del fatto che il lavoro da compiere è enorme, però è da qui che dobbiamo partire, la sua missione deve partire proprio da questi temi. Penso che ci sia un tema di organizzazione da affrontare. Io auspico che vi sia la capacità di dotarsi di competenze adeguate a comprendere come ripensare il sistema della pubblica amministrazione, in ragione della rivoluzione tecnologica che il nostro mondo sta vivendo, alla quale le aziende pubbliche e la pubblica amministrazione, in generale, non sfuggono. Oggi ogni azienda deve misurarsi con la necessità di ripensare i propri processi e la propria organizzazione in una logica digitale; questo è necessario al fine di evitare di uscire dal mercato. La pubblica amministrazione probabilmente non ha lo stimolo di dover stare sul mercato e galleggiare sul mercato, ma ha comunque la necessità di essere efficiente ed efficace.
  Il tema della formazione, in particolare quello della formazione digitale, credo che sia cruciale e su questo io mi azzardo a richiamare una particolare attenzione. La formazione digitale non è soltanto dotarsi della strumentazione tecnica, dell’hardware, delle piattaforme informatiche adeguate a ripensare in modo più efficiente ed efficace i processi, ma è anche una formazione sulle persone, perché chiedere alle persone di lavorare in un modo completamente diverso rispetto a quello a cui sono abituati significa metterle nelle condizioni di affrontare in modo sereno, in modo positivo, un cambiamento radicale. Concludo facendo presente che l'altro tema al quale penso lei non debba sfuggire, Ministro, è quello del merito. Io che vivo la pubblica amministrazione come utente spesso riscontro una carenza da questo punto di vista. Se noi vogliamo mettere la persona al centro, dovremmo creare le condizioni affinché le persone sappiano che l'organizzazione nella quale operano è capace di misurarle, è capace di riconoscere chi è in grado di dare un contributo e un valore aggiunto e chi invece no. Credo che l'assenteismo si sconfigga in questo modo. Non credo alla rilevazione digitale, non credo ai tornelli, credo che la vera lotta all'assenteismo si combatta mettendo le persone nelle condizioni di essere orgogliose di quello che fanno e adeguatamente motivate. Su questo io – come vede – non le faccio domande, le Pag. 17rivolgo soltanto l'esortazione a realizzare quello di cui lei ci ha parlato, sapendo che il lavoro da svolgere è enorme e che soprattutto quello che è importante è far accadere le cose.

  ANTONIO VISCOMI. Anch'io vorrei associarmi ai colleghi che mi hanno preceduto nell'apprezzamento al Ministro per la sua relazione così ampia, così completa e puntuale e così garbatamente moderata nei toni.
  È dal 1992-3 che noi viviamo stagioni di riforme costanti nel pubblico impiego: dal decreto legislativo n. 29 del 1993 in poi non c'è Ministro che non abbia vissuto la tentazione di lasciare il suo nome collegato ad una possibile riforma o potenziale riforma di tale normativa. Però proprio questa tentazione forse è all'origine di una serie di problemi che, nell'ambito della pubblica amministrazione, stiamo sperimentando ormai da più di vent'anni: la stratificazione normativa e la formazione alluvionale del corpo normativo e regolativo delle pubbliche amministrazioni. Forse dovremmo pensare di più alla capacità di affiancare o semplificare la gestione quotidiana all'interno delle pubbliche amministrazioni che non ai grandi temi di riforme. Però qualche questione di fondo dobbiamo sicuramente affrontarla, e lei stessa l'aveva accennato nel suo intervento.
  Mi limiterò in questa sede, in pochi minuti, ad affrontare tre o quattro punti, sui quali spero che il Ministero possa, in modo ancora più significativo, radicare la propria attenzione e la propria azione. Il primo riguarda l'assetto delle fonti del pubblico impiego. Lei stessa l'ha accennato parlando dei rapporti fra contratto collettivo nazionale e contratto collettivo integrativo o di secondo livello, segnalando la necessità di riportare quest'ultimo nell'alveo del primo, nei binari definiti dal primo, ma c'è, ancora più a monte, il problema di stabilire che cosa deve fare la legge e cosa deve fare il contratto collettivo. Il problema riguardante la logica operativa del Ministro che l'ha proceduta è stato determinato proprio dalla scarsa chiarezza su questa questione. Aver deciso, per esempio, di intervenire nell'ambito del potere disciplinare di controllo con delle norme legislative, trascurando del tutto il ruolo della contrattazione collettiva, credo che sia stato un vulnus per tutto il sistema, sul quale forse conviene rimettere ordine. La prima domanda sulla quale forse il Ministero dovrà porre attenzione è: qual è lo spazio dell'intervento normativo e legislativo e qual è lo spazio dell'intervento contrattuale? Mi limito soltanto a questi due macrolivelli, non ponendo in questione i rapporti fra legge nazionale e legge regionale, che pure è di estrema importanza.
  C'è un secondo punto sul quale mi piace sollecitare un'attenzione particolare del Ministero: l'assetto della dirigenza. Ovviamente questi punti sono collegati, ma parlo della dirigenza soltanto per porre all'attenzione la questione della selezione della dirigenza nel nostro Paese. Sappiamo perfettamente il peccato storico, il peccato originale nella formazione della dirigenza pubblica, sia a livello statale sia soprattutto a livello degli enti locali, però, pur consapevoli del passato, dobbiamo guardare al futuro. Quindi, dobbiamo creare un modello di selezione, di individuazione di quei ragazzi, delle migliori intelligenze e delle migliori competenze per l'ingresso nell'ambito della pubblica amministrazione. Credo che a tal fine non sia sufficiente soltanto la certezza, pure necessaria, del concorso presso la Scuola nazionale dell'amministrazione, che sia a tempo definito (annuale) e con programmi definiti, ovvero non mutevoli di anno in anno. Credo che non sia sufficiente. Forse dovremmo iniziare a sperimentare anche alcuni modelli, operativi nel settore privato, di sperimentazione on the job delle competenze reali. Si può essere magnifici conoscitori del diritto amministrativo, ma incapaci ad interloquire con un proprio dipendente.
  C'è un terzo ambito sul quale vorrei richiamare anche qui un'attenzione positiva del Ministero, quello dei controlli e del rapporto fra autorità centrale e autorità periferiche. Penso ai controlli sulle regioni, i comuni e i soggetti che operano in questo ambito, che sono tantissimi, allo stesso Ministero da lei presieduto, alla Corte dei conti – tanto per ricordarne qualcuno – e Pag. 18al MEF. Per non parlare dei controlli dell'autorità giudiziaria civile, penale e amministrativa. Se ci mettiamo nelle vesti, veramente difficili, di un sindaco di un piccolo comune, capiamo la difficoltà di operare quotidianamente, avendo alle spalle tutto questo insieme di soggetti controllori: io spero che prima o poi si possa arrivare ad un atteggiamento di controllo cooperativo, operativo, fattivo, perché, come lei stessa ha ricordato, i nostri piccoli comuni – «i comuni polvere» – hanno bisogno di essere affiancati nell'esecuzione delle loro attività.
  Ultimo punto e chiudo. Ho apprezzato tantissimo l'uso reiterato della parola «organizzazione». Forse questa è la vera rivoluzione che noi dovremmo portare a compimento: superare la regolazione a favore dell'organizzazione, perché dovremmo ricordarci che l'organizzazione è il termine medio fra le politiche pubbliche che scriviamo qui e i cittadini. Sono sicuro che, a differenza di qualcun altro che pensava di risolvere tutto con un atteggiamento autoritario, il Ministero da lei diretto in questo momento abbia a cuore la necessità di focalizzare l'attenzione sull'organizzazione, intesa come il termine medio fra le politiche che noi definiamo e i cittadini.

  PRESIDENTE. Avremmo concluso il primo giro, ma abbiamo altri tre iscritti. Poiché abbiamo tempo fino alle 15.15, considerato che la Commissione XI ha altri impegni già prefissati, se riusciste a contenere l'intervento in due minuti, daremmo la possibilità alla Ministra di replicare.

  TIZIANA CIPRINI. Grazie, Ministra. Da dipendente pubblica devo dire che ho apprezzato molto il cambio di rotta da lei intrapreso nel rappresentare il mondo del pubblico impiego, non più dipinto nell'accezione patologica – quindi i furbetti del cartellino, i fannulloni – come hanno fatto i suoi predecessori, ma nell'accezione fisiologica del buon andamento della pubblica amministrazione, facendo riferimento, quindi, allo sblocco del turnover, al reclutamento di nuove competenze digitali, alla digitalizzazione, alla nuova piattaforma di consultazione pubblica. Poi c'è la questione degli stipendi dei dipendenti pubblici e degli sviluppi interni di carriera, anche questi rimasti bloccati nel tempo, e della significativa perdita di potere d'acquisto. Si tratta di questioni che si legano con il tema della valutazione – che è da sempre stata croce e delizia della pubblica amministrazione, tra premi erogati a pioggia e suddivisione obbligatoria in fasce percentuali (25, 50, 25, con una suddivisione per fasce in bravi e somari di «brunettiana» memoria), e con il tentativo di superare quel sistema a fasce proposto dalla riforma Madia.
  Io le pongo, quindi, questa domanda (anche se in parte ha già risposto con la sua nutrita relazione): quali sistemi o modelli di valutazione della performance, connesse anche alle politiche salariali, propone il suo dicastero?

  MONICA CIABURRO. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, per l'umiltà – come ha detto il collega Prisco – ma anche per il buon senso con cui ha relazionato, mostrando conoscenza di tutte quelle che sono le difficoltà della pubblica amministrazione.
  Mi soffermo sull'ente locale, soprattutto piccolo, nel quale, quando si vengono a determinare situazioni di dissesto con un unico dipendente, si creano quei vuoti assoluti che è difficile compensare, ripristinando l'organico necessario a far fronte a tutti gli adempimenti. Lei sa bene che nella nostra provincia ci sono tantissimi piccoli comuni che hanno soltanto un dipendente, prossimo al pensionamento, per cui questa situazione potrebbe, in modo repentino, coinvolgere troppi enti, e prima di ritrovare le condizioni di buon funzionamento ci si mette molto tempo e, di solito, si perdono molte situazioni. Le chiedo, dunque, se si possa immaginare una formula per cui le amministrazioni più vicine (ad esempio le province o i comuni capoluogo), quando si viene a creare un'emergenza relativa al personale, possano in modo diretto affiancarsi al comune in difficoltà per condurre l'ordinaria amministrazione, perché di questo stiamo parlando.
  Svolgo, inoltre, una considerazione rispetto a quella bella idea di collaborare con Pag. 19tutti gli altri Ministeri per affrontare il problema in modo organico. Tra le diverse criticità che abbiamo in molti enti vi sono quelle legate a disservizi della banda larga e di internet. Io stessa oggi ho ripristinato il servizio internet nel comune dopo dieci giorni di assenza, con un consiglio comunale da convocare, quindi in una situazione molto complicata. Credo che, soprattutto nelle aree interne, sarebbe davvero una possibilità importante avere i servizi attraverso un internet veloce.
  Per quello che riguarda i segretari, ad oggi ce ne sono tanti che si occupano addirittura di quindici, sedici, diciotto comuni, con la confusione, anche mentale, che ne deriva, perché devono passare da un ente all'altro, con le problematiche di un ente o dell'altro; immaginando il corso-concorso di diciotto mesi, con 1.800 segretari che in tutta Italia mancano, avremo le coperture forse fra due anni e nel frattempo saranno peggiorate le situazioni di gestione degli enti. Mi chiedo se non si possa magari ridurre la durata del corso-concorso e fare un affiancamento sul campo a segretari con esperienza decennale che possano istruire, formare e condurre i neosegretari.
  La ringrazio per l'impegno e per quanto farà.

  FRANCESCO BERTI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, per l'esposizione delle linee programmatiche, soprattutto per un aspetto che spero la contraddistinguerà nel suo mandato: l'attenzione per la persona, per l'individuo che c'è dietro l'ufficio della pubblica amministrazione. Dobbiamo passare da una logica meccanicistica a una logica di servizio, passare dall'ufficio inteso quale luogo fisico al servizio offerto al cittadino. Questo passa dalla formazione – lei ha citato la percentuale esigua di fondi diretti alla formazione – ma passa anche, secondo me, dall'inclusività.
  È stata sollevata negli interventi precedenti la questione dell'età dei dipendenti della pubblica amministrazione. Cito alcuni dati: la percentuale di dipendenti tra i diciotto e i trentaquattro anni è secondo la media europea pari al 18 per cento (la Francia ha il 21 per cento, la Germania ha il 30 per cento); l'Italia ha soltanto il 2,4 per cento. Abbiamo una generazione completamente esclusa dall'impiego a tempo indeterminato negli uffici pubblici. Ciò deve essere compensato con le 40 mila assunzioni che sono state annunciate oggi stesso dal presidente dell'ANCI, Decaro, che rientreranno nelle 150 mila assunzioni finalmente sbloccate grazie ai provvedimenti del I Governo Conte. Oltre a questo numero molto piccolo, che spero lei si dia come obiettivo di aumentare (il 2,4 di giovani dai diciotto ai trentaquattro anni a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione italiana), c'è un altro numero che spero venga aumentato in questo mandato: solo l'8 per cento delle pubbliche amministrazioni italiane usa lo smart working. Lavorare da casa nella pubblica amministrazione deve essere una possibilità, dato che, secondo i dati dell'osservatorio sullo smart working, le pubbliche amministrazioni nel 39 per cento dei casi non lo conoscono o non sono interessate ad adottarlo. Come Stato abbiamo una Costituzione, e anche un'etica dei valori strutturalmente diversa da quella delle imprese, e abbiamo la necessità di valutare non solo l'impatto sull'individuo, sull'equilibrio vita-lavoro, dello smart working, ma anche l'impatto sulle città. Si pensi alla riduzione del traffico nelle città, specialmente di mattina, che potremmo avere grazie alle pratiche di smart working, con un impatto, quindi, in termini di riduzione dei costi per l'efficientamento energetico, di riduzione dei costi per mantenere l'ufficio, la struttura fisica che ad oggi, grazie alle nuove tecnologie e allo sviluppo dei servizi, non è più richiesta alle pubbliche amministrazioni. Quindi, chiedo se questi numeri verranno tenuti in considerazione: il 2,4 per cento di giovani dai diciotto ai trentaquattro anni e l'8 per cento di lavoratori che usano lo smart working nella pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

  FABIANA DADONE, Ministra per la pubblica amministrazione. Grazie, presidente. Proverò a rispondere a tutte le domande, Pag. 20anche se mi pare che il tempo a disposizione sia un po’ esiguo.
  Enti locali, dissesto e predissesto: c'è sicuramente una problematica e la necessità di stare vicino agli enti in dissesto. Su questo sono in corso delle interlocuzioni con il Ministero dell'interno, perché – come sapete – gli enti locali in dissesto dipendono da tale Ministero, al fine di tentare di estendere la soluzione che abbiamo adottato per gli enti molto piccoli che non siano in fase di dissesto anche a quelli che siano in fase di dissesto. Su questo sapete che ho una sensibilità notevole, perché mi rendo conto che gli enti più in difficoltà sono proprio quelli in dissesto. Per cui, se riusciamo insieme al Ministero dell'interno a dare, invece di una deroga per quanto riguarda le facoltà assunzionali, un supporto sul principio di sussidiarietà, può essere senza dubbio qualcosa di positivo. Tutto ciò, però, prevede assolutamente un'interlocuzione con il Ministero dell'interno, per evitare di superare i miei confini di competenza rispetto a quelli del Ministro Lamorgese.
  Valutazione delle performance partecipative: come coinvolgere i cittadini e le imprese? Questa è la grande sfida. Non semplicemente chiedere a chi si trova in un ufficio di fare una valutazione che, forse, dieci anni fa era un'idea abbastanza all'avanguardia, ma che oggi merita di essere sviluppata, quella di indicarci con le tre faccine se il servizio sia stato positivo o meno. Oggi l'idea, prevista dalle linee guida, è di coinvolgere un numero limitato di amministrazioni di vario tipo – proprio perché la pubblica amministrazione, come dicevo prima, è fatta di grandi amministrazioni ma anche di amministrazioni molto piccole, molto diverse tra di loro – partendo da una parte di amministrazioni centrali, in primis i Ministeri, prendendo dei piccoli comuni e delle altre amministrazioni di fascia intermedia e accompagnandole in questo percorso per sviluppare delle valutazioni, che poi però chiudano il percorso. Se, infatti, la valutazione è fine a se stessa e non arriva ad analizzare i dati e a portare al miglioramento del servizio, è chiaro che rimane tagliata a metà, non produce risultati concreti.
  Sulla piattaforma «ParteciPa», come coinvolgere: in primis devono farlo, dal mio punto di vista, i Ministeri. Il nostro è stato il primo a partire, ha promosso un'iniziativa, la settimana sulla trasparenza, che forse è più diretta e specifica per gli addetti ai lavori: quali tipi di soggetti includere, se i tre tipi di accesso sono chiari ai cittadini oppure se si sovrappongono e quindi vanno semplificati. Una seconda analoga iniziativa è prevista a breve, aperta a tutti, anche in termini di comprensione e semplicità, al fine di consentire di indicare le principali criticità in una griglia di classiche problematiche all'interno della pubblica amministrazione (le principali delle quali sono costituite dai moduli incomprensibili, dalle procedure non chiare, dalla ripetizione della richiesta di dati di cui l'amministrazione è già in possesso), in maniera da costruire delle azioni a breve termine da portare velocemente in attuazione.
  Per quanto riguarda la questione delle assunzioni, che si scontra con la politica delle stabilizzazioni, collegata alla questione delle graduatorie, da un lato c'è indubbiamente una necessità fisiologica di assunzioni, dal momento che sarà sbloccato il turnover; dall'altro lato, le procedure di assunzione sono lunghe (durano un anno, un anno e mezzo). Conto di riuscire a snellire le varie fasi di tali procedure (prova preselettiva, prima prova scritta, seconda prova scritta, prova di informatica, colloquio), al fine di rendere le procedure medesime un po’ più rapide, ma nel frattempo, mentre si fa questo tipo di lavoro, non mi posso dimenticare delle istanze, presentate in particolare dai comuni, di poter attingere dalle graduatorie per non trovarsi completamente scoperti in questa fase di transizione. L'approccio non è voler tornare indietro rispetto all'esigenza di acquisire delle competenze, che qualcuno può ritenere essersi perse nel tempo, ma l'ottica è proprio di tentare di contenerle. Nella legge di bilancio saranno previsti a partire dal 2020 limiti temporali più stringenti allo scorrimento delle graduatorie, in quanto l'idea è quella di utilizzare i concorsi. È Pag. 21chiaro però che se non velocizziamo le procedure concorsuali e ci mettiamo un anno e mezzo a fare un concorso, è difficile anche dire a un'amministrazione di bandire un concorso per un posto, perché anche a livello di costi è una soluzione difficile da imporre in questa fase. Ho quindi deciso di prendere questa decisione transitoria di prorogare le graduatorie, con dei termini molto rigidi, per questa prima fase, in vista della velocizzazione delle procedure.
  Quanto alla riforma della dirigenza, ci sono delle interlocuzioni in corso, c'è un disegno di legge all'esame del Parlamento. È un argomento importante, su cui non mi sono soffermata, perché non può prescindere in generale dal contesto degli organi indipendenti di valutazione e dagli obiettivi delle performance individuali. Però, a mio avviso, finché la politica, proprio sull'idea del dare un'organizzazione e una programmazione a lunga distanza, non ha una visione – noi in primis, parlo come membro del Parlamento – di che tipo di servizi pubblici vogliamo da qui a dieci anni, è difficile dare a un dirigente degli obiettivi. Se uno si autoimpone degli obiettivi, è chiaro che il tipo di obiettivo che si darà sarà anche raggiungibile, ma permane una carenza di programmazione strutturale da parte dello Stato, che certo non viene agevolata con i rischi di cambi di Governo costanti (questo è assolutamente sicuro). Però credo che bisogna investire molto su questo e sull'indipendenza effettiva degli organi di valutazione, perché, se questi ultimi non hanno un'indipendenza oggettiva e completa, ma sono costituiti da persone che stanno all'interno dell'amministrazione, è difficile riuscire a fare una valutazione che sia la più scevra possibile anche degli aspetti umani che in un ambito di lavoro si creano.
  Rispetto ai criteri assunzionali di cui all'articolo 33 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 (il cosiddetto «decreto crescita»), ho fatto riferimento ai piccoli comuni, ma in realtà il predetto articolo modifica i criteri assunzionali per tutti i comuni. Il riferimento ai comuni con meno di 5 mila abitanti viene dal fatto che in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali si è proposta questa modifica delle soglie, in particolare per quelli sotto i 5 mila abitanti, che rischiavano di rimanere esclusi dalle soglie assunzionali, per un'esigenza di criteri economici e di popolazione. Invece in questa maniera siamo riusciti a creare delle fasce che permettano anche a tali comuni in unione di avere la facoltà assunzionale. Gli altri comuni erano già agevolati dal decreto ministeriale, rimanevano fuori i piccoli – a cui io per vocazione territoriale ho sempre molta attenzione – e siamo riusciti a includerli in questo modo.
  Quanto allo smart working, non lo intendevo come un ramoscello di ulivo nei confronti degli assenteisti. Infatti, se ricorda bene il collega, ho anche detto subito dopo che per me chi sbaglia deve pagare, deve andare immediatamente fuori dalla pubblica amministrazione. A me, in particolare, fanno male i filmati in cui si vedono persone che effettuano la timbratura in entrata e non si presentano sul posto di lavoro. Però sottolineo che, se noi continuiamo a porre l'attenzione sull'albero che cade e non sulla foresta che cresce, rendiamo anche poco attrattiva la pubblica amministrazione per chi viene a investire nel nostro Paese. Non demonizziamoci sempre troppo. Puniamo chi sbaglia, indubbiamente, su questo è difficile non essere d'accordo, però ci tengo anche a partire un po’ di più da un approccio diverso, come può essere lo smart working, per contemperare esigenze di vita e lavorative, proprio per riuscire a far sì che la pubblica amministrazione sia al passo con il mondo del privato. Mi rendo conto che il privato è tanto avanti e il pubblico rimane sempre un po’ indietro, anche nelle sperimentazioni di queste nuove tipologie di lavoro che invece forse dovremmo provare ad incentivare, sempre monitorando con molta attenzione gli esiti del lavoro in termini di produttività, mettendo degli obiettivi chiari, altrimenti rischiamo di mancare l'obiettivo prefissato, però penso che possa essere un esperimento positivo. Nel privato gli effetti sono positivi. Non deve essere necessariamente Pag. 22 solo un lavoro da casa, può essere anche un lavoro concepito in uno spazio ampio, che permetta l'interconnessione e la possibilità di confrontarsi con i colleghi. Prendo ad esempio i Ministeri, i cui dipendenti lavorano in stanze tutte separate molto piccole, il che non permette ad un ufficio di confrontarsi con l'altro, se non spostandosi dal piano. Anche solo l'idea di avere uno spazio più agevole di lavoro può permettere un confronto e una produttività migliori. Non credo di aver annunciato un decreto, perché io sono proprio quella che ha annunciato di non voler fare provvedimenti. Se ho annunciato dei decreti, sono quelli ministeriali che facevano seguito a provvedimenti già approvati dal Parlamento, in particolare quello sui criteri assunzionali per i comuni, che mi è stato sollecitato quasi subito e che quindi ho tenuto a portare avanti con questa particolare tutela dei piccoli comuni.
  La capacità di valorizzare il merito, a mio avviso, è una questione non piccola. Far sentire che noi a livello centrale siamo fieri del dipendente che riesce a portare a casa un servizio ben fatto – passatemi l'espressione un po’ popolana – e che dedica anche più tempo di quello che dovrebbe al proprio ufficio, penso che sia un modo per rendere la pubblica amministrazione attrattiva.
  Il problema delle fonti è un problema notevole, che proviamo a risolvere anche attraverso il confronto con i sindacati, al fine di pervenire a un memorandum. Si tratta di un'esperienza positiva, raccolta dal Ministro Madia, e che ci è stata riproposta dai sindacati: penso che possa essere un'esperienza positiva in questa fase, anche per riallacciare un'interlocuzione che un po’ negli anni si è persa e ha fatto perdere chiarezza rispetto agli spazi di confronto.
  Per quanto riguarda le modalità di selezione, sicuramente non basta un corso-concorso tutti gli anni, però credo che metterlo a sistema permetterebbe che un giovane – e non mi riferisco solo ai laureati in giurisprudenza, ma anche ad esempio a ingegneri, architetti, laureati in comunicazione – uscito dalla propria università possa essere incentivato a partecipare al corso-concorso, anziché rivolgersi al privato. È chiaro che, per selezionare i migliori, bisogna prevedere altri criteri all'interno dei bandi, perché poniamo molta attenzione a che si conoscano le nozioni nello specifico, ma facciamo molta poca attenzione a tutte le competenze di adattamento trasversali (la team leadership, la capacità di avere un'intelligenza critica, di gestire le situazioni di stress) che nel mondo del privato vengono individuate per riuscire a creare un personale altamente qualificato, anche nella gestione dei gruppi di lavoro, un po’ meno nel pubblico. Quindi, quando parlo di selezione dei migliori, mi riferisco non solo all'aspetto nozionistico, ma anche a questo tipo di competenze trasversali, perché vogliamo un'azione smart e ci serve personale smart, e ciò non credo che dipenda dallo studio di un libro: lo afferma chi è uscita da giurisprudenza e di testi ne ha studiati tanti, ma che sicuramente si è resa conto, lungo anche il percorso parlamentare, che la formazione on the job serve tantissimo. La SNA si basa sull'idea dell'ENA come scuola di formazione, ma anche quella stanno modificando, proprio perché non è sufficiente la selezione all'ingresso: bisogna portarla mano a mano ad essere una formazione costante, però, per riuscire a stimolare il personale a formarsi, bisogna anche farlo sentire valorizzato (è un po’ un do ut des).
  Sul controllo cooperativo, concordo con le osservazioni che sono state formulate: non possiamo soltanto imporre le cose e poi non fornire un aiuto e un supporto, in particolare ai comuni, che sono il primo front office dello Stato sul territorio.
  Per quanto concerne i comuni in dissesto, non so se vi sia un modo per obbligare le province a svolgere un'attività di supporto. Sicuramente si può fare un ragionamento – come dicevo prima all'onorevole Alaimo – insieme al Ministero dell'interno per fornire un supporto tramite FORMEZ.
  Su banda larga e digital divide, in generale, ci sono delle cose che si possono fare sul fronte della semplificazione delle procedure, ad esempio per quanto riguarda le richieste di installazione delle infrastrutture Pag. 23 o i sistemi di supporto nelle emergenze; bisogna valutarle, anche dal punto di vista sanitario, con altri Ministeri, oltre che con il Ministero dello sviluppo economico, che è competente in materia di telecomunicazioni. Però è chiaro che non possiamo avere processi digitali se tutto il Paese non ha un servizio internet efficace ed efficiente.
  Quanto al corso-concorso per segretari comunali, diciotto mesi è un tempo molto lungo. L'ipotesi su cui si sta lavorando, per permettergli di entrare il prima possibile all'interno dei comuni, è quella di ridurre l'effettiva durata del corso, di comprimerlo il più possibile, per immetterli direttamente in servizio, affiancati chiaramente da personale già formato, in una sorta di staffetta generazionale, a fianco però ad un corso in e-learning che deve andare avanti per un adeguato numero di mesi, per evitare di essere troppo carenti sul fronte della formazione. Quindi, un'iniziale fase è indubbiamente necessaria. Anche su questo, rispetto alla selezione della dirigenza, la SNA fa indubbiamente un buon lavoro, ma bisogna implementare, a mio avviso, la parte pratica. Vorrei che, una volta usciti da lì, i dirigenti fossero in grado di risolvere le situazioni pratiche che poi si trovano a dover risolvere ogni giorno, senza dover ripercorrere tutte le volte i princìpi di diritto amministrativo, che tanto dovrebbero essere abbastanza noti a chi è un'eccellenza. Se non lo sono, si formano prima. Quando escono da lì, devono essere in grado di risolvere problematiche che dovranno affrontare nella quotidianità come dirigenti pubblici.

  PRESIDENTE. Ritengo che sia stata molto esaustiva, sia nella relazione sia nella replica, e credo che tutti i commissari siano soddisfatti.
  La ringrazio, anche a nome dei commissari, del Vicepresidente e del presidente Giaccone.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.