XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 34 di Martedì 2 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Briziarelli Luca , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra):
Briziarelli Luca , Presidente ... 3 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 3 
Briziarelli Luca , Presidente ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 11 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 11 
Lorefice Pietro  ... 12 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 12 
Nugnes Paola  ... 12 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 12 
Briziarelli Luca , Presidente ... 13 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 13 
Fiori Chiara , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 14 
Briziarelli Luca , Presidente ... 14 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 14 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 14 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 15 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 15 
Lorefice Pietro  ... 15 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 15 
Lorefice Pietro  ... 15 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 15 
Briziarelli Luca , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA BRIZIARELLI

  La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
  Sono presenti il dottor Fabio Pascarella e la dottoressa Chiara Fiori, che ringrazio, responsabili dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sullo stato di avanzamento dei lavori nel sito di interesse nazionale di Venezia-Marghera, dove la Commissione effettuerà una missione nel corso della prossima settimana, dall'8 al 12 luglio.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Faremo come al solito una prima illustrazione e poi daremo la possibilità ai colleghi di porre alcune domande.
  Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Buongiorno a tutti e grazie mille. Immagino che il nostro direttore si sia già scusato per non essere potuto intervenire. Il direttore è Alessandro Bratti, che voi conoscete bene.
  Abbiamo preparato alcune diapositive per avere anche un inquadramento geografico dei temi sui quali ragioneremo. Ovviamente la presentazione è basata sul SIN (sito di interesse nazionale) di Venezia-Porto Marghera.
  Mi preme fare questa premessa, seppur banale. Come voi sapete, noi come istituto siamo coinvolti nei siti di interesse nazionale solo su richiesta esplicita del Ministero dell'ambiente, che è l'ente che gestisce i siti di interesse nazionale. Noi, su loro richiesta, facciamo pareri, partecipiamo alle conferenze di servizi e facciamo riunioni tecniche. Questa non è una deminutio di quanto andiamo a presentare né un disclaimer di responsabilità, ma è solamente per dire che questa per noi è stata anche un'occasione di confrontarci con gli uffici della regione Veneto, con i colleghi dell'ARPA Veneto e con il Ministero dell'ambiente, in modo da confrontare i dati in nostro possesso e scambiarci le informazioni.
  Come vedete, noi sul SIN siamo passati da un parere nel 2015 a venti pareri nel 2019. Questo ricalca un po’ un cambio di direzione, nel senso che effettivamente dal 2015 a oggi le richieste di parere sul SIN di Porto Marghera sono aumentate.
  Sapete bene che il SIN di Porto Marghera è stato individuato con una legge, la prima legge sui siti di interesse nazionale Pag. 4del 1998. La prima perimetrazione risale al 2000. Nella prima perimetrazione, che come vedete qui è quella più vasta, rientravano anche le aree agricole e molte aree della laguna. Viceversa, c'è stata una perimetrazione intermedia, ma quella attuale è una perimetrazione del 2016. Come vedete, le aree sono passate da 5.730 ettari a 1.600, quindi l'estensione del sito si è molto ridotta e adesso riguarda solo le aree a terra, le cosiddette «macroisole» della zona industriale.
  Mi dispiace, ma questa non è visibile. Si tratta di una diapositiva presa ovviamente dalla regione Veneto, dove ci sono le società presenti nel SIN. Se voi confronterete questo elenco con quello presente nella relazione del marzo 2018 di questa stessa Commissione, nella quale brillantemente erano state elencate tutte le aree presenti, noterete che ci sono alcune difformità.
  Questo è un tema comune a quasi tutti i SIN, perché, come voi sapete, le società cambiano, le proprietà sono divise in lotti, alcune aziende sono solo in affitto e, quindi, hanno solo gli impianti ma non hanno il terreno, e molte sono società che fanno riferimento ad altre, quindi è molto difficile riuscire a identificare precisamente tutte le società che sono presenti nel sito.
  Come sapete, il SIN di Porto Marghera è stato un po’ il capostipite di tutti i siti di interesse nazionale e, quindi, in questo sono state anche applicate delle procedure che poi sono state mutuate negli altri siti di interesse nazionale.
  In particolare nel 2019, per dare nuovo impulso alle attività di bonifica, è stato fatto un accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse di Venezia. Questo accordo di programma ha coinvolto il Ministero dell'ambiente e quello delle infrastrutture, la regione Veneto, la provincia di Venezia, il comune e l'autorità portuale, quindi tutti gli enti interessati.
  È importante sottolineare il fatto che questo accordo non deroga alle leggi vigenti, ma in pratica è uno strumento per applicarle.
  Quello che noi riteniamo sia importante evidenziare di questo accordo di programma è il fatto che ovviamente è finalizzato all'accelerazione e alla semplificazione delle procedure di bonifica, agevola i programmi di investimenti e di sviluppo produttivo che favoriscano il riuso dei siti produttivi, il reinserimento dei lavoratori e il coordinamento degli strumenti urbanistici. Questa è una cosa fondamentale. Come voi sapete, il tema della congruenza degli strumenti urbanistici con le attività di bonifica è un tema molto importante in tutti i siti di interesse nazionale. Inoltre, prevede anche l'attivazione di percorsi di riqualificazione professionale dei lavoratori, perché, come sapete, Porto Marghera è stato interessato da una grossa crisi occupazionale, quindi è presente anche la tematica del recupero dei lavoratori nel sito.
  L'accordo di programma prevede dei protocolli operativi. Ce ne sono quattro in particolare che sono i più importanti. Il primo riguarda la caratterizzazione dei siti. È un protocollo operativo che cerca di facilitare tutta la fase della caratterizzazione, quindi prima di tutto prevede che il piano della caratterizzazione non necessiti di una preventiva autorizzazione. Purché il procedente segua il protocollo stesso, può iniziare tutte le indagini senza avere una specifica autorizzazione.
  Inoltre, ovviamente definisce i criteri secondo i quali fare le indagini, i documenti che sono necessari per iniziare il piano e anche il panel analitico, cioè tutti gli analiti da ricercare nei suoli e nelle acque sotterranee per caratterizzare il sito.
  Inoltre, definisce le modalità di campionamento e analisi dei suoli e delle acque sotterranee e anche il campionamento in cumuli da pareti e fondo scavo. Come voi sapete, questi protocolli sono molto importanti perché poi sono stati mutuati anche in altri siti di interesse nazionale. Sono importanti perché il campionamento in cumuli interessa ovviamente una tipologia di terreni che spesso si ritrovano nei siti contaminati, dove troviamo terreni in cumuli.
  Abbiamo poi un protocollo che riguarda le pareti e il fondo scavo, perché, come voi sapete, quando si fa una bonifica si rimuovono i terreni e si portano in discarica, l'importante è avere delle procedure certe Pag. 5per capire se effettivamente siamo arrivati a eliminare tutta la contaminazione. Ovviamente questo protocollo operativo definisce anche le attività che ARPAV (Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto) deve svolgere per garantire la validazione di tutte le attività.
  Il secondo protocollo operativo riguarda gli interventi di bonifica e messa in sicurezza dei suoli e della falda. In sostanza, individua quali sono le tipologie di messa in sicurezza e bonifica in funzione dei contaminanti presenti nel suolo e nella falda; definisce le modalità di realizzazione di interventi di messa in sicurezza, stabilendo i criteri; definisce le modalità di realizzazione delle fondazioni profonde, che sembrerebbe una banalità, ma questo nel sito di Porto Marghera è molto importante. Infatti, come voi saprete, il sito di Porto Marghera presenta un'idrogeologia abbastanza particolare, nel senso che abbiamo una serie di falde sovrapposte una all'altra che sono confinate alla base da sedimenti più impermeabili di quelli sovrastanti, che costituiscono degli aquitard, quindi l'importante quando si fanno le fondazioni profonde che attraversano questi tre acquiferi è garantire che la contaminazione non passi dalle falde più superficiali a quelle più profonde inquinanti. Pertanto, si hanno una serie di accortezze e di procedure tecniche che si utilizzano per fare queste fondazioni profonde.
  Le fondazioni profonde nel sito industriale di Marghera si fanno ovviamente perché, essendo un sito industriale, i sedimenti più superficiali non hanno le capacità portanti necessarie, per esempio, a garantire la stabilità di un camino o di un impianto e, quindi, bisogna andare in profondità per attestarsi su terreni che garantiscano la stabilità degli impianti stessi. C'è anche un richiamo al progetto integrato Fusina, che vedremo più avanti.
  Il terzo protocollo operativo riguarda le garanzie finanziarie. Come voi sapete, quando si inizia una bonifica c'è bisogno di garantire finanziariamente l'importo della bonifica stessa. Questo protocollo prevede che per gli enti pubblici e le società a completa partecipazione pubblica questa garanzia non sia necessaria, così come è necessaria per i soggetti privati che hanno sottoscritto il contratto transattivo con il Ministero, e stabilisce una garanzia finanziaria pari al 10 per cento dell'importo di bonifica per i privati che non hanno stipulato il contratto di transazione. Ovviamente tende a favorire il fatto che i privati aderiscano alla transazione.
  Il quarto protocollo rappresenta le modalità di presentazione delle proposte inerenti le attività sperimentali di bonifica. Come voi sapete, c'è un grosso tema in particolare in Confindustria. Anche le società di consulenza dicono che in sostanza è difficilissimo applicare le procedure innovative di bonifica nei siti di interesse nazionale. In effetti negli ultimi tempi devo dire che non è così, ma questo protocollo in particolare favorisce l'applicazione, perché in sostanza prevede che si possa iniziare attività sperimentali di bonifica senza avere autorizzazioni, ma solo comunicandone agli enti competenti l'inizio, le modalità di svolgimento e i risultati previsti.
  L'ultimo protocollo è un monitoraggio dell'aria indoor e outdoor. Questo è il più recente, è del settembre del 2014. In sostanza, consente di valutare l'esposizione inalatoria nei siti contaminati. È un protocollo fatto dall'Istituto superiore di sanità per quanto riguarda la parte della salute umana, dall'INAIL (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro) per quanto riguarda la parte della salute dei lavoratori coinvolti nelle attività di bonifica del sito, nonché dall'ARPAV e dalla USL.
  Quali sono i contaminanti principali nel suolo e nella falda del SIN di Porto Marghera? Sono molti e variegati, perché, come voi sapete, il sito industriale di Porto Marghera si sviluppa su terreni imboniti, ovverosia terreni conquistati alla laguna attraverso il riempimento effettuato negli anni 1950-1960 mediante gli scarti di produzione delle industrie allora presenti sulla terra ferma. Dunque, in sostanza quello che voi vedrete nel vostro sopralluogo saranno delle isole che hanno dei margini molto regolari, perché appunto sono state imbonite, conquistate alla laguna con dei riempimenti formati da scarti industriali.Pag. 6
  Immaginerete, quindi, che lo spettro dei contaminanti che troverete è molto vario. Nei suoli abbiamo arsenico, cromo, mercurio, nichel e IPA (idrocarburi policiclici aromatici), che sono i classici che troviamo dappertutto. Nelle acque di falda su per giù si specchiano gli stessi contaminanti e compaiono i composti organici volatili, che comunque non mancano in nessun sito di interesse nazionale.
  Come vi ho detto, la genesi di questo inquinamento in sostanza è dovuta all'origine stessa di queste macroisole, ma anche dalle emissioni incontrollate di varie sostanze, principalmente cloroderivati – come voi sapete, lì c'era un grosso petrolchimico che lavorava su tutto il ciclo del cloro – oltre ovviamente a una ricaduta di inquinanti dall'atmosfera.
  A che punto sono le bonifiche? Qui abbiamo mutuato, con l'aiuto dei colleghi del Ministero, che qui ringrazio pubblicamente, perché abbiamo un ottimo rapporto con loro, così come con la regione Veneto, tramite il dottor Campaci, che è stato così gentile da trascorrere con noi alcune ore e da fornirci alcuni dati per realizzare questa presentazione.
  Per quanto riguarda i terreni sostanzialmente quasi tutte le aree sono state caratterizzate, abbiamo il 75 per cento delle aree a terra con progetto di bonifica o messa in sicurezza presentato, il 69 per cento delle aree con il progetto approvato e il 16 per cento delle aree con procedimento concluso.
  Vi prego di non soffermarvi troppo sul fatto che c'è un 16 per cento di procedimento concluso, perché, a mio modesto parere, la cosa importante è che c'è quasi il 70 per cento di aree con progetto di bonifica approvato o con messa in sicurezza, perché in effetti lì abbiamo un grosso impatto sulla contaminazione. La messa in sicurezza ci permette di eliminare o di ridurre al minimo tutte le vie di migrazione della contaminazione e, quindi, l'impatto che la contaminazione stessa ha sulla salute umana e sull'ambiente. La bonifica, invece, effettivamente agisce sulle sorgenti principali e secondarie della contaminazione.
  La stessa cosa vale sulle procedure da falda, che su per giù rispecchiano un po’ lo stato di avanzamento dei terreni. Anche qui abbiamo circa un 66 per cento di aree con progetto di bonifica e messa in sicurezza approvato.
  Una cosa importante che voi vedrete durante il sopralluogo sono queste macroisole, attorno alle quali sono stati fatti dei marginamenti. Questo deriva da un accordo del 2004, che ha individuato quindici macroisole da confinare, con un sistema di marginamento delle sponde per impedire la fuoriuscita di inquinanti dalle falde contaminate e la dispersione dei contaminanti a causa dell'erosione delle sponde. È abbastanza banale, ma il fatto che queste macroisole fossero costituite in sostanza da materiale di scarto industriale ovviamente rendeva necessario agire e, quindi, sono stati progettati questi marginamenti che coinvolgono tutti il perimetro delle macroisole principali.
  Come sono fatti questi marginamenti? Come vi spiegavo, in sostanza abbiamo un primo strato che è costituito da terreni misti a scorie industriali. Come vedete, c'è un primo strato poco impermeabile che sostiene la prima falda freatica, poi ci sono una prima falda, un altro strato poco impermeabile e una seconda falda. Questo rende chiaro il motivo per il quale c'è un protocollo che prevede che quando si fanno fondazioni profonde è necessario avere accortezze per evitare che la prima falda, che è quella più contaminata, vada a contaminare anche quelle più profonde.
  Come vedete, questi marginamenti sono fatti con palancole metalliche – vi mostro anche delle foto – e c'è un cordolo sommitale, quindi in sostanza si impedisce il contatto fra le acque della laguna e i terreni, quindi conseguentemente la contaminazione.
  Questa è una palancolata, così come la vedrete nel sito di interesse nazionale di Porto Marghera. La loro costruzione non è banale, perché, come immaginerete, questi terreni non sono costipati, tendono comunque a rilasciare, ad allargarsi e, quindi, è abbastanza complicata.Pag. 7
  Questa è una foto che riprende un po’ l'attuazione delle palancole. Si fanno due palancole laterali per consentire l'infissione di quella centrale, che è quella principale. Come vedete, al tergo di queste palancolate ci sono anche dei tubi, che drenano le acque, perché ovviamente, se io isolo la macroisola, tutte le precipitazioni che afferiscono a quell'area devono essere poi allontanate, altrimenti la vasca si riempie e, quindi, deborda verso l'esterno. C'è, quindi, questo sistema di drenaggio delle acque, che ovviamente deve essere manutenuto per essere in efficienza. Questi sono gli interventi di marginamento al momento attuale.
  Scusate, prima non ho presentato la mia collega Chiara Fiori, la persona che si occupa dei pareri sul sito di interesse nazionale di Marghera, insieme al mio collega Sampetti. Ovviamente, Chiara, ti prego, nel caso mi dimenticassi qualcosa, di bacchettarmi.
  Questi sono gli interventi di marginamento attuali. Abbiamo faticato non poco a trovare queste informazioni, perché queste sono informazioni contenute in rapporti che periodicamente fa il provveditorato alle opere pubbliche del Veneto. Questo è più recente, del 2017, e ce l'hanno passato i colleghi del Ministero. Come vedete, il marginamento delle aree è quasi tutto completato, rimangono dei tratti a carico del provveditorato alle opere pubbliche e dei tratti a carico della regione.
  Perché della regione? Perché ci sono dei tratti, che qui abbiamo evidenziato e che immagino vedrete anche voi nel vostro sopralluogo, che sono in corrispondenza dell'area Alcoa, dell'area Enel e di un'area più a sud che si chiama «darsena della rana». Questi sono rimasti indietro perché sono degli interventi particolari, in quanto in corrispondenza di attraversamenti di grosse infrastrutture sotterranee. Ovviamente fare una palancolata metallica in corrispondenza di grosse infrastrutture sotterranee ha una grossa criticità e, quindi, sono rimasti un po’ indietro e sono stati affidati alla regione, che li sta portando avanti.
  Su queste cose forse troverete informazioni diverse. Su alcune relazioni del provveditorato questi tratti risultano conclusi, perché in sostanza sono state già comprate le palancole, è stata fatta la progettazione esecutiva, ma non sono state installate. Nella sostanza comunque l'impegno finanziario di questi tratti è di 23,7 milioni di euro per il tratto Alcoa, 15,8 milioni di euro per Enel e per la darsena della rana quasi 20 milioni di euro. Qui vedete le date che ci ha indicato la regione Veneto per l'implementazione del progetto esecutivo e dell'esecuzione dei lavori di questi tre tratti che sono rimasti un po’ indietro.
  Abbiamo visto l'accordo di programma, i protocolli operativi e i marginamenti. Un altro pezzo di questo mosaico importante è il progetto integrato Fusina. Questa è una cosa che si richiede in quasi tutti i SIN, cioè una gestione comprensoriale collettiva di tutte le aziende che stanno nel SIN delle matrici. In questo caso è stato sviluppato questo progetto integrato Fusina, che prevede un assetto per il quale tutte le acque prodotte all'interno del sito di interesse nazionale, ma anche reflui civili e acque di altra provenienza, afferiscano collettivamente a questo impianto integrato di Fusina, che ha diversi stadi: c'è un depuratore, c'è un impianto di fitodepurazione, c'è una vasca che serve per il trattamento dei sedimenti. Immagino che lo vedrete quando andrete a fare il sopralluogo. È una cosa molto interessante, perché ovviamente consente di riunire in un'unica rete una serie di azioni che altrimenti sarebbero difficilmente monitorabili, ma anche gestibili.
  In sostanza, come vi dicevo, qui ci sono un po’ gli assi principali di questo progetto, che prevede appunto che, per esempio, tutte le acque drenate a tergo dei marginamenti afferiscano a questo impianto di depurazione, così come le acque meteoriche. In effetti, è un'idea brillante che potrebbe essere mutuata in altri SIN, ma comunque abbiamo visto che è molto difficile farlo.
  Una cosa importante da dire è che ovviamente nelle aree in cui c'è una forte contaminazione delle acque sotterranee non è sufficiente fare il marginamento, cioè non è sufficiente garantire che le acque sotterranee che sono nelle macroisole migrino Pag. 8verso l'esterno, ma è importante agire sulle sorgenti principali della contaminazione.
  In questo caso c'è l'area del nuovo petrolchimico, in cui è stata rilevata ovviamente una significativa contaminazione delle acque sotterranee. Tecnicamente vengono chiamati «hotspot», ovvero dei punti nei quali si trovano delle contaminazioni significativamente maggiori di tutto quello che è intorno. In questo caso sono stati fatti degli interventi specifici che riguardano dei dreni orizzontali per emungere la prima falda più contaminata, delle vasche di servizio, dei dreni di prima falda, che sono dei pozzi in cui sono inserite delle pompe che sollevano la falda, e delle trincee in mare. Tutto questo per raccogliere il maggior volume possibile di acque contaminate, che vengono poi trattate, prima ancora di afferire al famoso impianto di depurazione di Fusina, in un impianto particolare di depurazione, perché ovviamente avendo delle concentrazioni molto elevate non possono andare direttamente all'impianto di depurazione, altrimenti ci sarebbe una commistione fra flussi e, come voi ben sapete, la diluizione non è prevista dalla normativa attuale, giustamente. Dunque, loro hanno questo impianto, che serve in sostanza a portare queste acque molto contaminate e a fargli una prima depurazione prima che afferiscano alla rete di Fusina.
  Una cosa molto importante, anch'essa tipica del SIN di Porto Marghera, è il fatto che la regione Veneto abbia costituito un portale nel quale sono raccolti tutti i dati inerenti i sondaggi, i piezometri e anche le relative analisi che sono state effettuate sui terreni e sulle acque sotterranee.
  Questo ovviamente prima di tutto garantisce all'ente attuatore di avere il quadro della situazione, aiuta il tecnico a capire qual è la qualità delle acque e dei terreni circostanti sui quali sta lavorando e soprattutto garantisce al cittadino la trasparenza, perché attraverso questo portale il cittadino può controllare la contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee in corrispondenza dei sondaggi.
  Non ultimo, il fatto di avere a disposizione tutti questi dati consente di fare dei modelli idrogeologici che sono stati sviluppati per il SIN di Porto Marghera che, debbo dirlo, è stato molto studiato. Ci sono dei brillanti studi fatti dal professor Beretta, ma anche dal comune di Venezia e dalla regione sull'idrogeologia del sito. Ciò ha consentito di determinare i famosi valori di fondo.
  Come voi sapete, i valori di fondo sono importantissimi, perché, una volta determinati e approvati dalla conferenza di servizi, sostituiscono le CSC (concentrazione soglia di contaminazione) e questo è molto rilevante. Ovviamente riguardano gli analiti che possono essere associati ad un'origine naturale, quindi in questo caso arsenico, ferro, manganese e ammoniaca. Ovviamente non si parla di valori di fondo per gli IPA o per i solventi clorati. In questo caso sono importanti, perché, come è evidente, i valori di fondo approvati dalla conferenza dei servizi a livello ministeriale sono più alti delle CSC. Per il ferro abbiamo circa 4.000 PPB (parts per billion) rispetto ai 200 previsti dalla tabella delle acque sotterranee, così come per il manganese ne abbiamo circa 500 rispetto ai 50. Fanno sì che queste concentrazioni siano ascrivibili all'origine naturale e, quindi, conseguentemente consentono di evitare di fare interventi di bonifica su questi contaminanti.
  Questo non è banale, perché noi abbiamo moltissimi siti di bonifica in cui stiamo spendendo moltissimi soldi per depurare ferro e manganese e ci perdiamo i solventi clorurati, il cromo esavalente e tutto il resto. Questa cosa è abbastanza limitata, nel senso che non sono molti i siti di interesse nazionale nei quali sono state determinate e approvate le CSC, ovviamente su questi parametri, ma questa è una cosa molto utile, perché consente di indirizzare le risorse sui contaminanti che sono più significativi per la salute umana.
  Ci siamo permessi di evidenziare, alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto fino adesso e delle nostre conoscenze, una serie di punti connessi ai procedimenti in corso su Porto Marghera. Mi permetto di suggerirvi di ragionarci un po’, anche magari andando lì, perché secondo noi le questioni ancora aperte che riguardano Porto Marghera, anche in base a un confrontoPag. 9 sia con la regione che con il Ministero, a parte il fatto che ci sono ancora dei tratti non conterminati, che sono sia di competenza regionale – quelli che abbiamo visto prima – sia di competenza del provveditorato alle opere pubbliche, è che ci sono delle aree in cui c'è il marginamento e il drenaggio a tergo del marginamento, ma che non sono collegate al sistema PIF e, quindi, alla depurazione.
  C'è inoltre la necessità di azioni di monitoraggio e manutenzione delle opere. Quello della manutenzione delle opere pubbliche è un problema che abbiamo quasi sempre in Italia.
  In questo caso la regione, ma anche Confindustria Veneto, ci dicono che ovviamente le palancolate, specie quelle metalliche, risentono di fenomeni di degrado, dovuti all'ambiente salmastro, ma anche al materiale stesso di cui sono fatte queste palancole. Dunque, per le palancolate metalliche c'è bisogno di un'azione di manutenzione e anche sui drenaggi che stanno a tergo delle palancole stesse. Come voi immaginerete, i sedimenti sono molto fini e, quindi, tendono ad intasare i dreni che stanno al di là delle palancole e, quindi, a inficiare l'intero sistema.
  Inoltre, ci dicevano i colleghi regionali che stanno pensando di utilizzare un altro sistema per i marginamenti che rimangono, che è stato già applicato, cioè, invece di usare le palancole metalliche, usare i cosiddetti slurry wall. In sostanza, si tratta di muri costituiti di miscela cemento-bentonite che vengono scavati con dei particolari macchinari. Si creano queste trincee, che poi vengono riempite con queste miscele che sono altamente impermeabili. Ovviamente questi materiali sono soggetti anch'essi al degrado, ma reagiscono meglio rispetto alle palancole metalliche. Comunque, in generale c'è bisogno di un'azione di manutenzione.
  C'è poi il problema che dicevamo prima: c'è un grosso viavai di cessioni, variazioni e affitti diari e questo ovviamente, come voi ben sapete, rallenta moltissimo l'iter tecnico-amministrativo delle bonifiche, perché il fatto che ci sia un passaggio di proprietà in pratica azzera completamente quello che è stato fatto prima, perché chi compra non ha generalmente degli accordi con chi vende, e quindi si presenta nuovamente, vuole sapere a che punto sa, vuole sapere come procedere.
  Poi c'è una difficoltà nell'individuazione dei soggetti responsabili. Il fatto che ci sia un passaggio di proprietà ovviamente rende la cosa ancor più difficile. La società che hai davanti non è la stessa che ha prodotto la contaminazione. La società che hai davanti in genere si ferma alla caratterizzazione, eventualmente fa delle messe in sicurezza, ma non le converrà mai fare una bonifica, e quindi non è possibile riconoscere i responsabili della contaminazione.
  Ovviamente, c'è anche la necessità di aggiornare i protocolli operativi. Nel frattempo, infatti, le tecniche sono andate avanti, le conoscenze sono andate avanti, le persone crescono, diventano più grandi, e quindi bisogna aggiornare i procedimenti.
  Nel frattempo, per non stare con le mani in mano, ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo resi conto che comunque come sistema nazionale, quindi come Ispra e come agenzie regionali siamo sempre più frequentemente interrogati sullo stato d'avanzamento sia dei siti di interesse nazionale sia di quelli regionali. Ovviamente, per noi è un onore, ma anche un onere. Comunque, la legge sul sistema nazionale della protezione dell'ambiente dice che il sistema è garante dell'informazione ambientale per tutti i soggetti pubblici, e quindi è importante per noi fare una serie di azioni, che noi pensiamo siano queste.
  Favoriamo lo scambio di informazioni sulle bonifiche dei siti si interesse nazionale, quindi ci sentiamo più frequentemente con il Ministero e con i colleghi delle ARPA. Questo scambio di informazioni ci consente di far emergere le criticità e i temi sui quali focalizzare la nostra attenzione e, in questo caso, anche la vostra. Selezioniamo le informazioni di maggior interesse per capire effettivamente quali sono gli indici che ci consentano di rappresentare al meglio lo stato di avanzamento delle bonifiche. Selezioniamo delle soluzioni grafiche per essere il più possibile comprensibili da parte di tutti.Pag. 10
  Ovviamente, in questo senso stiamo organizzando una serie di incontri con il Ministero e con le ARPA. Abbiamo avuto già degli incontri su Cogoleto, su Porto Marghera. Adesso, a mano a mano, faremo tutti gli altri siti. Questo è tutto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA NUGNES. Vi ringrazio molto. Siete stati tecnicamente ineccepibili. Mi congratulo. Siamo stati all'estero poco fa e devo dire che Ispra è unica. Vorrei, però, fare qualche domanda.
  Questo protocollo operativo che è stato messo in campo per Porto Marghera si adatta ogni volta a una situazione, o comunque Ispra lo utilizza bene o male sempre nella stessa maniera?
  Mi ha un po’ preoccupato questa mancanza delle garanzie finanziarie per quanto riguarda sia lo Stato sia i privati che intervengono. Chiaramente, questo può creare molti problemi proprio sulla fattibilità dell'opera. Mi chiedo se sia stato valutato quanto costerà e quanto dovrà durare.
  Lei ha, poi, parlato del 75 per cento dei progetti di bonifica e messa in sicurezza approvati, ma in questo 75 per cento non ho capito se è compresa la messa in sicurezza già realizzata. Che parti riguarderanno le bonifiche esattamente? La messa in sicurezza è chiara, ma quali parti esattamente saranno bonificate? Mi è sfuggito. Può darsi anche che lo abbia detto.
  Ho poi una domanda tecnica. Per quanto riguarda i valori di fondo e gli stessi inquinanti che vengono da origine antropica, mi rendo conto che è un discorso complesso, ma mi domando: se quelli di origine antropica incidono sulla salute e sull'ambiente, quelli di fondo sono sicuri per la salute umana?
  Altra domanda: in una situazione in cui i valori di fondo sono già molto alti, non è il caso poi di armonizzare tutto il resto per bilanciare quello che comunque sarà a mio parere, anche se non sono un tecnico, l'impatto su salute e ambiente?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Provo a rispondere.
  Per quanto riguarda i protocolli operativi, in pratica loro hanno fatto un accordo di programma generale e poi dei protocolli operativi. Devo essere sincero, una cosa simile è stata anche provata in altri siti. A Priolo, per esempio, è stato fatto un accordo di programma, come per Napoli orientale. Poi ci sono gli strumenti, le persone, gli organismi e tutto il resto.
  L'afflato comune che c'è per una serie di motivi nel SIN di Venezia non ha eguali, ma c'è da dire che lo strumento non è banale. Avere un accordo di programma e avere dei protocolli operativi previsti da quest'accordo di programma è molto importante, tanto è vero che i protocolli operativi che riguardano le procedure di verifica di pareti e fondo scavo, così come quelli sui cumuli, sono utilizzati universalmente. Quelli per noi sono il riferimento anche negli altri siti di interesse nazionale e, più in generale, anche nei siti regionali. Il procedimento è mutuabile.
  Porto Marghera è particolare, perché ci sono queste macroisole. Il modello concettuale è abbastanza uniforme.
  Il rischio di questi protocolli è che tu abbia, specialmente sugli analiti, un set analitico molto, molto, molto vasto, e quindi c'è il rischio che tu chieda a delle società, magari al carrozziere che ha il capannone, di fare una serie di analiti, mettendolo in difficoltà, perché ovviamente lui non ha le capacità economiche di una multinazionale.
  L'importante, come al solito, è tarare il set di analiti, ci sono pro e contro di questi protocolli bloccati.
  Per quanto riguarda le garanzie finanziarie, in effetti quello è un accordo che è stato fatto localmente. Sinceramente, non so. Che gli enti pubblici non abbiano l'obbligo di dare garanzie finanziarie è in parte comprensibile. Ci mancherebbe altro che un ente pubblico venga meno, sinceramente, però, su questo non so come esprimermi.Pag. 11
  La norma lo prevede. Loro hanno trovato questo escamotage penso anche un po’ per facilitare e per non pesare troppo. C'è da dire che comunque loro hanno fatto questi accordi transattivi, in cui la società impegna un volume considerevole di risorse per transare. La società, quindi, aderisce al progetto del marginamento, aderisce al PIF e impegna dei soldi: a fronte di quest'impegno, la garanzia finanziaria viene un po’ a diminuire.
  Per quanto riguarda il 75 per cento di messa in sicurezza e bonifiche, si tratta proprio di quello che dicevamo. Tendo a sottolineare che l'importante è che la bonifica inizi. Purtroppo, le bonifiche dei suoli e delle acque sotterranee, tranne che non siano fatte scavando e portando in discarica, ma abbiamo visto che non è sostenibile ambientalmente, hanno dei tempi molto lunghi, che possono andare da due a dieci, a vent'anni. L'importante è che inizino e che siano monitorate, che quindi gli enti e i cittadini abbiano la trasparenza per capire se quell'azione sta portando risultati o meno.
  Io dico sempre che l'importante è che inizino. Tante volte, anche le società traccheggiano un po’ sulle cose. Noi diciamo: intanto, cominciate, poi vediamo come va la bonifica e ragioniamo. Diversamente, se vogliamo dall'inizio capire come finisce, non inizieremo mai, e questo è un trucco che si usa abbastanza abitualmente, che noi stiamo cercando di evitare.
  Per quanto riguarda i valori di fondo, in effetti il ragionamento non è banale. Come sistema nazionale di protezione dell'ambiente abbiamo dei criteri per stabilire i valori di fondo. Ovviamente, qui ci sono da fare due considerazioni.
  Le attuali tabelle che abbiamo per le CSC delle acque sotterranee sono mutuate, come voi ben saprete, dai limiti per le acque potabili. Ovviamente, il fatto che ci siano ferro, manganese e solfati è una questione organolettica: se la concentrazione di ferro e manganese è molto elevata, sono le famose acque minerali, che però alla fine risultano imbevibili.
  Ovviamente, relativamente alla salute, ferro e manganese sono un discorso. Certo, deve essere sempre verificato se poi queste concentrazioni hanno un impatto. Se si parla di arsenico, ovviamente la cosa è molto differente. In quel caso, sì, si può parlare di valori di fondo, ma bisogna comunque attuare delle misure per far sì che le persone, i cittadini non bevano acqua con concentrazioni altissime di arsenico.
  In alcune zone abbiamo del cromo esavalente, comunque di origine naturale, ma in quel caso non è che diciamo che sono valori di fondo e quindi non si fa niente. Comunque si attuano delle misure di gestione del rischio, come dice giustamente la dottoressa Fiori, che ci consentono di evitare di bonificare, sennò dobbiamo bonificare intere montagne, ma interrompiamo i percorsi in modo da garantire ai cittadini che non siano impattati da questa concentrazione. Tipicamente, se abbiamo acque con concentrazione di arsenico naturale molto elevata, si usano delle tecniche di depurazione per far sì che l'acqua al rubinetto, come si usa dire, sia potabile e non abbia impatti sulla salute umana.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei, quindi, dice che su ferro e manganese la questione è organolettica e non di salute.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Ovviamente, i discorsi in assoluto sulle concentrazioni non si possono fare. Ovviamente, la concentrazione è fatta per questo. Non è sempre così. C'è da distinguere tra l'origine e il rischio. L'origine può essere naturale per il ferro e il manganese, ma le concentrazioni elevate possono comunque dare rischio.
  Secondo me, l'impegno degli enti (non solo dell'Ispra, ma anche dell'ISS, dell'INAIL, di tutti gli enti coinvolti) è quello di ascrivere le concentrazioni ai valori di fondo, ma se queste concentrazioni danno rischio per la salute umana, ovviamente questo rischio va gestito. Non si può dire che, siccome è di fondo, quindi tal quale, ce la possiamo bere o possiamo inalare o i bambini possono andare nel parco in cui c'è Pag. 12solfato di ferro e manganese. Ferro, manganese e solfati sono relativi solo alla tabella delle acque; naturalmente, non a quella dei terreni. Altro è, però, la concezione di fondo, altro la gestione del rischio. Sono due concetti diversi.

  PIETRO LOREFICE. Torno sulla domanda precedente che ha fatto anche la collega.
  Il termine generale «bonifica» spesso indica più messe in sicurezza permanenti e operative che vere e proprie bonifiche. Lei riesce a darci un dato anche percentuale su quante nel sito di Marghera sono messe in sicurezza operative e quante messe in sicurezza permanenti? Non so se sono soltanto delle semplici MISE. Se lei mi dice che si continua o dobbiamo continuare per i prossimi trent'anni, tra emungimenti e trattamenti acque di falda o altre procedure di questo tipo, parlare di bonifica già mi sembra un po’ una forzatura.
  Per quanto riguarda l'area in cui è stata implementata la cosiddetta raffineria green di Marghera, c'è una messa in sicurezza operativa o quell'area non è interessata da operazioni di bonifica? Da quando è stata attivata la raffineria cosiddetta green, dove trattano olio di palma e altro, avete verificato variazioni nei valori relativi all'area in questione?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Sulla questione delle bonifiche MISE è abbastanza difficile ragionare.
  Come sapete, la norma prevede la messa in sicurezza di emergenza, cioè una serie di azioni che si fanno quando c'è una migrazione, tipicamente dei barrieramenti idraulici.
  Ora, è ovvio, ma l'ho detto anche durante la scorsa audizione – noi battiamo molto su questo – che avere delle barriere che funzionano per trent'anni senza agire sulle sorgenti di contaminazione primarie e secondarie è inutile. Non dico che sia una cosa che diciamo in solitudine, ma è abbastanza difficile far capire a un'azienda che non basta la messa in sicurezza di emergenza. Loro dicono: abbiamo fatto la messa in sicurezza di emergenza, stiamo a posto.
  Portarli, invece, sul concetto più generale del modello concettuale, quindi fare degli sforzi per capire dove stanno queste sorgenti, fare degli sforzi per ingegnerizzare gli interventi per gestire queste sorgenti di contaminazione, è molto più difficile. Sarò sincero: noi ci riusciamo in pochissimi casi.

  PAOLA NUGNES. È tecnicamente che avete difficoltà?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). No, proceduralmente. A fronte di alcune messe in sicurezza di emergenza che durano da decine di anni, diciamo alle aziende coinvolte che quello non basta, che devono fare prima di tutto delle indagini per capire quali sono le sorgenti primarie di contaminazione e su quelle sorgenti primarie lavorare. Capisco che sia più difficoltoso. Ci vuole un po’ più di testa, un po’ più di ragionamento. Non è banale come installare una barriera, ma lo devono fare. Noi stiamo sforzandoci in questo senso.
  Oltretutto, adesso sono in commercio e sono in atto in Italia parecchi interventi che prevedono tecniche in situ con l'immissione in falda di particolari sostanze che favoriscono la degradazione. Noi le abbiamo testate e funzionano in alcuni siti, quindi è anche più facile, è anche più agevole farlo.
  Per quanto riguarda la messa in sicurezza, come sapete riguarda delle aree industriali in esercizio nelle quali non è previsto l'accesso. Sono certificate attraverso dichiarazione autenticata di un tecnico. Su questo molte volte apriamo delle polemiche. Io sono stato in raffineria e so che certe aree, che ci dicono che non sono agibili, invece lo sono. Iniziamo a discutere e, dopo un numero considerevole di Conferenze di servizi e di riunioni tecniche, riusciamo a spostare l'attenzione.Pag. 13
  Non è facile, perché a seguire i siti siamo sedici persone, mentre loro si presentano con trenta consulenti alla riunione, venticinque avvocati. È una lotta impari. Noi ce la mettiamo tutta, ma non è banale, come immaginerete. Io sono stato per tanti anni consulente, quindi so anche trattare, perché so come funziona, ma vi assicuro che non è semplice.

  PRESIDENTE. Prima di lasciare la parola al collega Zolezzi, poi credo ancora al collega Lorefice, ho un paio di domande anch'io.
  Mi ha colpito un passaggio della sua esposizione, quello relativo alle complicazioni derivanti dal passaggio di proprietà. Che cosa mi colpisce?
  Se si trattasse di un'acquisizione di qualche decennio fa, lo capirei, ma se oggi un soggetto acquista terreni o società a Porto Marghera, sentir dire che chi acquista non si pone il problema, che non c'è accordo relativo alla vendita sull'aspetto ambientale, mi colpisce particolarmente. È effettivamente un problema che chi acquista superficialmente non si pone? È un acquisto che segue logiche differenti da quelle finanziarie di mercato?
  Lei ci suggeriva, inoltre, di non soffermarci sulla percentuale relativa all'effettiva bonifica, quel 16 per cento, quanto sul 69 per cento.
  Al di là dell'aspetto percentuale, sul piano temporale come si sono assestate queste percentuali? A oggi, siamo a queste percentuali, ma le evoluzioni degli ultimi cinque-dieci anni quali sono state in percentuale? Quel 16 si è costruito lentamente? Siamo fermi ed è rimasto tale? È immaginabile un'accelerazione? Questo si ricollega in parte anche alle domande dei colleghi relativamente alla messa in sicurezza permanente e operativa.
  Per quel 69 per cento c'è una previsione temporale di trasformazioni in bonifiche effettivamente compiute da qui a cinque anni, dieci anni? Da questo punto di vista, Ispra è in grado di fornirci un'analisi di dettaglio sul piano temporale e che cosa dice?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Per quanto riguarda le cessioni, la cosa è abbastanza semplice: posso, per esempio, affittare gli impianti fuori terra e lasciare il suolo con tutte le sue passività ambientali a chi mi affitta il terreno. Il mio unico onere è quello di garantire che la mia gestione dell'impianto non contribuisca alla contaminazione.
  Posso anche comprarmi impianti e terreno e fare un accordo sulle passività ambientali dicendo: io compro questo terreno, ma la procedura di contaminazione rimane in capo a te. Generalmente, le grosse società fanno così: compro tutto il soprasuolo, ma la gestione di tutto quello che riguarda la procedura di caratterizzazione e bonifica continua. Io ho un'azienda che sta sopra e mi gestisce i serbatoi e magari mi gestisce i botoli interrati; poi ho il proprietario vecchio per attivare la procedura, ma il proprietario vecchio non è che dica di essere responsabile della contaminazione, è difficilissimo. Anche in casi eclatanti non ci si riesce. Questo è un tema.
  Non a caso, come sistema di protezione nazionale dell'ambiente stiamo stabilendo dei criteri per la determinazione del responsabile della contaminazione, e non solo. Abbiamo una convenzione in atto con la Città Metropolitana di Roma Capitale per fare anche con loro queste linee guida. Questo in effetti è il tema.
  La prima cosa che fa una società, quando la chiami a gestire una contaminazione, è dire: io non sono il responsabile, quindi faccio una serie di azioni di prevenzione, ma non sono responsabile della contaminazione. Questo è quello che nella pratica avviene tramite i ricorsi al TAR, le cose più disparate. Immagino lo sappiate meglio di me.
  Per quanto riguarda le bonifiche, su come vanno, sull'accelerazione o meno, non ho qui i dati, ma in generale un grosso impulso potrebbe essere dato da un aggiornamento delle norme, se mi posso permettere. Come abbiamo spesso detto anche nell'audizione precedente, questa frammentarietàPag. 14 delle norme, il fatto che ogni tanto si inserisca un comma o un articolo, che poi va reinserito nel corpo generale del Testo unico ambientale, non ci aiuta a gestire, non ci aiuta a velocizzare i processi.
  Insieme al Ministero, a Confindustria, alle ARPA, a ISS e INAIL, abbiamo preparato un aggiornamento degli allegati, che però non ha ancora visto la luce, ma questa è una cosa di un paio d'anni fa. Ci sono forse delle cose che ci aiuterebbero ad accelerare. Certo, noi ce la stiamo mettendo tutta con il sistema, facendo dei pareri congiunti con le ARPA, e questo accelera i processi, perché avere un parere anziché due in Conferenza di servizi aiuta molto.
  Se, invece, volete una disamina numerica su come procedono le cose, se permettete, mi riservo di andare a riprendere i dati storici che abbiamo. Comunque, un'accelerazione c'è stata. Certo, è indiscutibile che questi procedimenti siano lenti. In effetti, questo è un dato incontrovertibile.

  CHIARA FIORI, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Vorrei aggiungere solo una cosa in merito alla responsabile della contaminazione e ai passaggi societari.
  Spesso, non è semplice, anche perché parliamo di aree tra loro limitrofe, del tutto confinanti. Le varie aziende e gli stabilimenti hanno dei muri che li dividono, la falda magari è la medesima, e quindi è chiaro che anche questo complica la situazione dell'attribuzione della responsabilità della contaminazione. Un po’ c'è un gioco a dire: non sono io, è l'altro, è il vicino.

  PRESIDENTE. La contiguità è a prescindere dal passaggio di proprietà. Nella risposta, se ho ben capito, ci ha delineato l'opposto del quadro iniziale: non è che chi acquista non si ponga il problema. Proprio perché ce l'ha ben chiaro, se lo pone al punto di avere un acquisto vincolato ad escludere dirette responsabilità proprie, se ho ben capito.
  Quanto all'altra domanda, al di là del dato specifico, volevo capire il tendenziale, se c'era di fatto una sostanziale stasi in quelle percentuali o c'era comunque un'evoluzione – per quello chiedevo i dati di dettaglio – in modo da dedurre se quel 16 per cento è inchiodato lì o è presumibile che, a fronte del 69 per cento di progetti approvati, ci sia effettivamente un'evoluzione successiva.

  ALBERTO ZOLEZZI. È un intervento veloce.
  Ha fatto riferimento all'utilizzo di sostanze degradanti. Nella scorsa legislatura, avevamo visto il sito di Ferrara. Persistono le criticità sui metalli pesanti o si sta risolvendo? Lì, per esempio, stavano funzionando bene sugli idrocarburi? Ci sono esempi di altri siti in cui si stanno utilizzando queste sostanze?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Ovviamente, l'immissione di queste sostanze, specialmente in falda, crea dei fenomeni secondari, che generalmente sono l'innalzamento delle concentrazioni di ferro e manganese. Praticamente, cambiano i parametri chimico-fisici dell'acquifero, e quindi alcune sostanze vanno più facilmente in soluzione, in questo caso i metalli. Questa è una cosa abbastanza gestibile.
  Un'altra criticità dell'immissione di queste sostanze sta nel fatto che ci possono essere prodotti intermedi. Quando si lavorano solventi clorurati, come sapete, si va dal tetracloroetilene al tricloroetilene e si va al cloruro di vinile, che, come ben sapete, è cancerogeno, e quindi anche questo va tenuto sotto controllo.
  Questi prodotti che conosciamo lavorano molto bene sui solventi clorurati, sugli idrocarburi e sui metalli. Sono applicati nei siti di interesse nazionale. C'è adesso un'applicazione nel SIN di Tito. Anche in Val Basento c'è un progetto che prevede questo. In generale, il loro utilizzo si è abbastanza allargato, direi, anche perché c'è un diverso atteggiamento da parte degli enti di controllo, che Pag. 15sono adesso più favorevoli. Inizialmente, c'era forse un po’ una nostra ignoranza su questi tipi di materiali, i processi non ci erano molto chiari. Andando avanti con il tempo, abbiamo preso anche noi più dimestichezza con queste sostanze, con questi tipi di bonifica in situ, e quindi riusciamo a gestire e a monitorarli anche meglio.
  Il problema principale è che come agenzie dobbiamo avere la contezza di riuscire a monitorare completamente il procedimento, sia l'immissione, sia le fasi intermedie, sia la chiusura.

  ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, non ho sentito. Ha detto che in Val Basento c'è un progetto. L'altro SIN?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Nel SIN di Tito, in Basilicata, sono state iniettate sostanze, ma in quasi tutti i SIN sono utilizzati questi materiali, che poi ovviamente non fanno riferimento a una sola società, ma a uno spettro più ampio, per evitare appunto concentrazioni di prodotti di una società.

  PIETRO LOREFICE. A me dispiace aver perso la prima parte della vostra relazione, da quello che ho capito dalla parte finale.
  A me interessa un approfondimento per quanto riguarda nuovi insediamenti all'interno dei SIN, ma non so se voi fate riferimento ad un articolo dello «Sblocca Italia». Se non ricordo male, si dice che nuovi insediamenti all'interno di siti di interesse nazionale per le bonifiche possono essere fatti solo per i cosiddetti nuovi impianti lineari.
  Io sono andato alla ricerca di questa definizione, perché in Italia abbiamo anche questa particolarità, ci inventiamo nuovi termini, gli impianti lineari non complessi.
  Ho notato che c'è, invece, la tendenza ad autorizzare diversi tipi di impianti, anche non cosiddetti lineari. Gli impianti lineari, giusto per dare un'informazione a chi non li conosce, sono elettrodotti, pipeline. Ho notato che anche nel sito di interesse nazionale di Gela è stato autorizzato un nuovo impianto non annoverabile tra i cosiddetti impianti lineari.
  Vorrei capire come mai. Avete notato anche questo? Il riferimento è solo all'articolo dello «Sblocca Italia»?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). C'è un articolo dello «Sblocca Italia» che parla di infrastrutture lineari, appunto perché c'era la necessità negli impianti che ci fosse un procedimento più semplice per l'installazione delle pipeline o dei metanodotti. In quel caso, però, si tratta di un procedimento particolare, che prevede la caratterizzazione. Non si discosta molto da quello che facciamo per altre cose, va fatta una caratterizzazione in corrispondenza della pipeline e così via.
  Per i nuovi impianti, invece, nei siti di interesse nazionale ovviamente bisogna far sì che il nuovo impianto, o comunque l'ampliamento, sia fatto su terreni non contaminati, e che comunque le opere non interferiscano con i lavori di bonifica. Se vuoi allargare un capannone in corrispondenza di un terreno non contaminato, devi garantire il fatto che quell'ampliamento non infici eventuali opere di bonifica della falda, per esempio.
  Questa è una verifica che viene fatta principalmente dai nostri colleghi delle ARPA, che sono sui siti, e quindi conoscono molto meglio di noi il sito, e verificano questi tipi di esclusione. In generale, non è che si possano fare ampliamenti o nuove costruzioni senza bonificare. Generalmente, almeno nei siti di interesse nazionale, ciò non avviene. Si garantisce sempre il fatto che tutti gli interventi consentano comunque di portare avanti tutte le azioni di bonifica, sia dei suoli sia delle acque sotterranee.

  PIETRO LOREFICE. Poco fa, avevo anche chiesto se nel SIN di Marghera, dove c'è la green, c'è una messa in sicurezza di emergenza operativa e se quell'area è sotto monitoraggio o meno.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione Pag. 16dei suoli e dei siti contaminati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Su questo caso specifico, mi dispiace, non so rispondere. A seguire i temi locali sono i nostri colleghi dell'ARPA Veneto. Delegherei loro a rispondere. Quando andrete lì, ci saranno sicuramente, immagino, i nostri colleghi dell'ARPA. Non vorrei dare informazioni delle quali non sono ultrasicuro.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande, ringrazio nuovamente i nostri ospiti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.05.