XVIII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 11 giugno 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Terzoni Patrizia , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone, nell'ambito dell'esame in sede referente, del D.L. n. 32/2019: C. 1898 Governo, approvato dal Senato, recante Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Terzoni Patrizia , Presidente ... 2 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 2 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 7 
Braga Chiara (PD)  ... 7 
Muroni Rossella (LeU)  ... 8 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 9 
Cortelazzo Piergiorgio (FI)  ... 10 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 10 
Cortelazzo Piergiorgio (FI)  ... 10 
Rospi Gianluca (M5S)  ... 11 
Parolo Ugo (LEGA)  ... 12 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 13 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ... 13 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
PATRIZIA TERZONI

  La seduta comincia alle 10.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera e la trasmissione diretta sulla web tv.

Audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone, nell'ambito dell'esame in sede referente del decreto-legge n. 32 del 2019 recante Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'esame in sede referente, del D.L. n. 32/2019 (C. 1898 Governo), approvato dal Senato, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici», del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), Raffaele Cantone.
  Dopo la relazione, sarà concessa la parola a un rappresentante per Gruppo e, successivamente, agli altri deputati che ne facciano richiesta, compatibilmente con i tempi disponibili per la replica del presidente Cantone.
  Ringrazio il presidente Cantone per la sua disponibilità e gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Presidente, grazie davvero di aver consentito l'audizione, sia rinviando l'originaria audizione fissata nella giornata di ieri, sia attendendo il mio arrivo stamattina. Ho avuto un imprevisto, che per me, che sono napoletano e un po’ fatalista, mi aveva fatto pensare che probabilmente l'audizione non dovesse essere fatta. Ci siamo riusciti, invece, e la ringrazio davvero della disponibilità.
  Questa è l'occasione – al di là del fatto che probabilmente ormai l'audizione riuscirà ad avere un impatto relativo, perché il decreto-legge è sostanzialmente in fase di necessaria conversione – che consentirà anche un po’ di fare chiarezza sulle posizioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, che sono state solo parzialmente esposte e anche non intese nella loro funzione, assolutamente collaborativa rispetto ai lavori della Camera e del Senato.
  Noi giudicavamo opportuno far conoscere una serie di nostre osservazioni di merito, a prescindere da valutazioni positive o negative, che non spetta a un'autorità di vigilanza effettuare.
  Il testo del decreto-legge è stato sostanzialmente collazionato negli ultimi giorni. Io ho provato a studiare nel fine settimana. Mi scuserò se la mia conoscenza non è particolarmente approfondita. Proverò, in questa mia veloce relazione, a illustrare alcuni passi in modo semplice su alcuni aspetti, eventualmente fornendo chiarimenti in fase di eventuali domande, se la presidente riterrà di farle rivolgere.
  Se sarà ritenuto utile, ovviamente manderemo anche un documento. Non abbiamo Pag. 3 ancora un documento definitivo, perché non abbiamo avuto il tempo materiale di redigere un documento in termini definitivi. Se necessario, entro la serata siamo in grado di mandare il documento definitivo.
  Inizio con alcune valutazioni di carattere complessivo.
  Malgrado il testo sia indicato come uno sblocca cantieri, cioè un provvedimento che dovrebbe in qualche modo anticipare la riforma a 360 gradi del codice, che è in via di definizione nell'ambito del disegno di legge, credo che questo provvedimento di fatto riscriva già in gran parte il codice dei contratti.
  Il codice viene oggettivamente modificato in una serie di suoi passaggi fondamentali e vengono rivalutate alcune delle opzioni contenute nel codice del 2016. Io credo che il provvedimento di fatto cambi già in modo strutturale il codice del 2016, e lo cambi soprattutto nella parte in cui ci sono alcune limitate sospensioni. Non è assolutamente vero che il codice dei contratti è sospeso, lo sappiamo benissimo, ma le limitate sospensioni previste incidono in modo chirurgico su alcune caratteristiche di sistema del codice del 2016.
  Io credo che il codice che uscirà all'esito della conversione del presente decreto sia completamente diverso da quello del 2016, e sempre più – scusatemi se lo dico – un ibrido rispetto a un'idea di codice che doveva rispettare alcune caratteristiche generali.
  Le tre sospensioni contenute nell'articolo 1 intervengono tutte e tre su elementi fondamentali dell'impianto del codice del 2016.
  In primo luogo, c'è la sospensione dell'articolo 37, comma 4, con la possibilità di far venir meno l'obbligo di avvalersi delle centrali di committenza da parte dei comuni non capoluogo che mette in discussione quello che era stato un lungo approdo che si era concluso col codice, cioè l'idea della riduzione delle stazioni appaltanti. È evidente che il 37, comma 4, di fatto manda in soffitta definitivamente l'idea di un numero ristretto di stazioni appaltanti con la logica, invece, di tornare a quella che era stata l'idea precedente, cioè le stazioni appaltanti diffuse.
  Come questa norma si contemperi con la disposizione ancora vigente, che prevede la qualificazione delle stazioni appaltanti, non si comprende e non è dato sapere, ma è evidentissimo che il 37, comma 4, se sospeso, è una nuova impostazione di chi dovrà fare gli appalti e di quante saranno le stazioni appaltanti poste in essere.
  Allo stesso modo, la sospensione dell'articolo 59 rappresenta la messa in discussione di uno dei capisaldi principali del precedente codice del 2016, che poneva quale oggetto principale la centralità della progettazione. L'appalto integrato torna sostanzialmente, sia pure fino al 2020, ma in tutta la sua intensità.
  Gli altri aspetti del decreto «sblocca cantieri» in cui si provava a ridurre gli spazi e l'appalto integrato, vengono di fatto superati dalla sospensione del 59, comma 1, quarto periodo, che di fatto fa rientrare a pieno regime l'appalto integrato.
  Su questo devo fare qualche considerazione come Autorità di vigilanza nel settore dei contratti pubblici. La scelta di abbandonare l'appalto integrato da parte del codice del 2016, che, come sapete, non era una scelta imposta dalle direttive comunitarie, era nata anche proprio dalla considerazione dei risultati veramente molto negativi che aveva dato l'appalto integrato.
  Certo, aver chiesto alle stazioni appaltanti, soprattutto a quelle dei comuni, ai comuni, soprattutto a quelle degli enti locali, di farsi carico di una progettazione di qualità, di una progettazione definitiva ed esecutiva, era un impegno rilevantissimo, ma le criticità dell'appalto integrato non possono essere superate ripristinandolo tout court.
  I problemi evidenziati in sede di lavoro del codice del 2016 non mi pare vengano in alcun modo messi nel fuoco della discussione per capire se il nuovo appalto integrato consentirà di superare i problemi. Si torna tout court all'appalto integrato, e quindi anche ai rischi dell'appalto integrato, e lo si fa anche con una logica per certi versi strana. Pag. 4
  Nel momento in cui si sospende per due anni, in qualche modo si continua a dare per scontato che l'appalto integrato non è un sistema per fare lavori di qualità, ma nello stesso tempo si consente per due anni di utilizzarlo sostanzialmente a pieno regime.
  Ultima, c'è la sospensione dell'albo dei commissari di gara, che tra l'altro contrasta con una delle norme contenute nel testo originario dello «sblocca cantieri», in cui era stata prevista sostanzialmente la partenza dei commissari di gara con la previsione di una norma che serviva a evitare i problemi che c'erano stati nella fase attuativa.
  Come Autorità, ovviamente non possiamo che dispiacerci di aver fatto un investimento anche molto cospicuo su quest'aspetto, ma tutto sommato ne prendiamo atto. Metteremo in bilancio un valore negativo di circa 500.000 euro, ma è una scelta politica che rientra nelle prerogative indiscutibili del Parlamento.
  Piuttosto, la norma mantiene una serie di ambiguità di fondo che sarebbe stato opportuno sciogliere. Viene sospeso l'articolo 77, ma non viene sospeso l'articolo 78. Non si comprende che tipo di valutazione dovrà essere fatta alla fine del biennio. Che tipo di monitoraggio dovrà essere fatto? Un monitoraggio sul sistema precedente, visto che non partirà? Forse, sarebbe stato più coerente rinunciare definitivamente alla figura dei commissari di gara estratti a sorte, anche perché di fatto dovremo prendere atto che non può partire un albo dei commissari, che non si capisce che cosa dovrebbe essere nel momento in cui viene sospesa la norma che rende obbligatoria la possibilità di riferirsi ai commissari di gara esterni.
  Questo è quanto riguarda le indicazioni contenute nell'emendamento approvato da ultimo al Senato. Faccio due ulteriori riferimenti per quanto riguarda l'emendamento approvato al Senato, per poi passare a qualche altro aspetto e andare verso la chiusura. Prima di tutto, nell'emendamento viene ricostituito il collegio consultivo tecnico, che vorrei ricordare era stato previsto nel codice dei contratti ed era stato abolito dal correttivo.
  Onestamente, non si comprende che cosa sia questo collegio consultivo tecnico. Prima di tutto, non c'è scritto chi lo paga e come viene pagato, e questo è un vulnus enorme. Viene pagato dalla stazione appaltante sulle spese dell'appalto? Viene pagato dalla stazione appaltante con propri fondi autonomi? Credo che questo, anche dal punto di vista della contabilità, sia un elemento di rilevanza non secondaria. Soprattutto, non si comprende che cosa sia davvero il collegio consultivo.
  Il collegio consultivo tecnico è una sorta di strumento di consulenza, sia pure provvisorio, in attesa che venga adottato il regolamento definitivo, ma le cui decisioni non hanno nessun valore. La norma che prevede, mi pare al comma 14 del nuovo articolo 1, che le decisioni del comitato consultivo non hanno valore neanche se accolte dalla stazione appaltante, che non hanno neanche valore di transazione, ne depotenzia assolutamente la rilevanza.
  Io stazione appaltante istituisco un comitato consultivo, che dovrò pagare profumatamente perché ci sono professionisti che ne fanno parte; eventualmente, all'esito, accolgo un'indicazione del comitato consultivo, che però poi diventa un atto dell'amministrazione che non ha neanche valore consultivo, per cui le imprese o chiunque abbia interesse potrà impugnarlo.
  A che cosa serva il comitato consultivo con queste caratteristiche è davvero difficile da comprendere, fermo restando che si fa fatica anche a capire in che modo il comitato consultivo tecnico si inserisca nel sistema degli strumenti già previsti dal codice, cioè gli accordi bonari o gli arbitrati, che il correttivo del 2017 aveva in qualche modo rilanciato.
  Sempre per restare in queste indicazioni di sistema, avanzo qualche perplessità sulla norma che consente di avviare i lavori anche quando sia finanziata semplicemente la fase della progettazione.
  Io capisco che questa è una struttura con una sua ragion d'essere dal punto di vista pratico. È evidente che questo consentirà di avviare i lavori. Tuttavia, mi Pag. 5chiedo: se, però, i finanziamenti non arrivano, che cosa succederà per quella progettazione? È vero che la legge dice che saranno inserite tra le opere prioritarie, ma non devo certamente spiegare a voi, che avete esperienza, che l'inserimento tra le opere prioritarie significa poco se non arrivano davvero i finanziamenti. Che cosa succederà e che valore avrà quella progettazione? C'è anche il rischio di un eventuale intervento della Corte dei conti, che potrebbe giudicare quella scelta di procedere alla progettazione in assenza di finanziamento anche causa di un danno erariale previsto.
  Ultimo passaggio che voglio dedicare a un tema in qualche modo di competenza dell'ANAC è quello del superamento delle linee guida. Abbiamo detto in varie occasioni e ribadiamo adesso che la scelta di superare le linee guida per tornare al regolamento è assolutamente condivisibile. Le linee guida non hanno assicurato quella certezza che doveva essere assicurata, soprattutto perché non sempre sono state accolte così come dovevano essere accolte da parte delle stazioni appaltanti.
  Le linee guida partivano dall'idea di stazioni appaltanti capaci di decidere con discrezionalità, e invece le stazioni appaltanti sono abituate, per loro modus operandi, a volere regole precise, che possono essere contenute solo in un regolamento. Mi sembra, quindi, una soluzione corretta, ma che ovviamente deve fare i conti con una serie di problemi.
  Credo che sia una scelta assolutamente giusta, di cui va dato atto, la modifica fatta nel testo del Senato sulla possibilità di intervenire nel modificare le linee guida in modo da consentire di superare eventuali infrazioni che sono state avviate dall'Unione europea. Resta, però, fermo che il periodo di adozione del regolamento, fissato in 180 giorni, è oggettivamente ottimistico.
  Vorrei ricordare, a chi non ricorda quello che è avvenuto nel 2006, che il regolamento del codice De Lise del 2006 è stato emanato appena nel 2010, dopo circa quattro anni dal precedente codice, quindi il termine di 180 giorni è oggettivamente ottimistico.
  A prescindere da questo dato, nei 180 giorni la reviviscenza o il mantenere in vigore le linee guida finisce per essere spesso un problema enorme.
  Le linee guida che l'Autorità ha fatto sull'articolo 36, per esempio, tenevano conto di un articolo 36 completamente diverso da quello che esce dal decreto «sblocca cantieri», e le stazioni appaltanti si troveranno a dover decidere in relazione a linee guida che non possono essere aggiornate, non possono essere modificate, ma che creeranno una serie di problemi di comprensione alle stazioni appaltanti non di poco momento, tra l'altro su scelte discrezionali che spesso, come tutti sanno, sono quelle più problematiche per le stazioni appaltanti, anche nell'ambito delle valutazioni dei possibili profili di abuso d'ufficio o di eventuali modifiche per quanto riguarda per esempio la responsabilità erariale.
  Questa disposizione avrebbe forse dovuto tener conto del fatto che in questo periodo transitorio tenere in vita linee guida che non possono essere aggiornate, rischia di creare in questa fase un vero e proprio ginepraio di questioni che finiranno probabilmente per incidere su uno degli ambiti su cui il decreto punta di più, cioè il sottosoglia. È proprio sul sottosoglia che la vigenza di quelle linee guida creerà non pochi problemi.
  Vengo a qualche riferimento specifico per quanto riguarda proprio la tematica del sottosoglia, poi a due o tre altre cose e concludo queste mie indicazioni di massima.
  Credo che la soluzione adottata con le correzioni ultime dello «sblocca cantieri» sia razionale, cioè di aver ripristinato le procedure negoziate fino a un milione, fermo restando che evidenzio che cosa è accaduto durante la fase dello «sblocca cantieri» che è ancora vigente. Il decreto-legge che vige a oggi è quello che è stato adottato e non quello modificato.
  Noi, che stiamo svolgendo i controlli sugli appalti del terremoto e quelli delle Universiadi, abbiamo dovuto richiedere alle stazioni appaltanti di modificare tutti i bandi di gara per le somme superiori ai 200.000, che adesso diventano 150.000 euro. Pag. 6Al di sopra di quella somma, infatti, era obbligatoria la procedura aperta. E oggi ci ritroviamo senza neanche una norma transitoria a tornare al regime di prima. Questo creerà oggettivamente una serie di problemi di non poco momento.
  Poi, giusto perché sia chiaro, credo che la decisione di ridurre i limiti di scelta da parte delle stazioni appaltanti dei preventivi da valutare solo a tre sia oggettivamente pericolosa, e non ne faccio un problema semplicemente di eventuali rischi di corruzione. Questi rischi ci sono, devo dire, e le ultime vicende giudiziarie in qualche modo lo dimostrano, ma io credo che sia soprattutto una scelta che rischia di mettere in discussione la qualità degli uffici e degli appalti e di creare anche una tensione non semplice nella gestione degli appalti medesimi.
  Nei giorni scorsi, un parlamentare di questa legislatura è venuto a segnalare all'Autorità anticorruzione una vicenda che si è verificata in un comune della cinta romana: l'amministrazione comunale con una delibera ha indicato agli uffici il soggetto a cui doveva essere assegnato l'appalto, sul presupposto che ormai di fatto il sistema andava nella direzione, rispetto a questa funzione, di ridurre espressamente i soggetti che dovevano essere indicati.
  Devo dire che la giunta, nel caso di specie, ha spiegato dicendo: usciamo dalle ipocrisie; ormai, con lo «sblocca cantieri» possiamo indicarli direttamente noi.
  Io credo che questo non sia il viatico migliore per mantenere la differenza che c'è tra gli organi politici e gli organi amministrativi. Quella norma, che, ridotta a 150.000 euro, oggettivamente non ha un tasso di pericolosità enorme, aumenta la discrezionalità – fatemelo dire – in un settore nel quale non c'è mai stato il blocco degli appalti.
  Noi abbiamo fatto la verifica estraendo i dati dalla nostra banca dati, sulla quale, come sapete, confluiscono tutti gli appalti fatti nel nostro Paese: ebbene, dal 2016 al 2018, in due anni, gli appalti tra 40.000 e 150.000 euro, con riferimento alle aggiudicazioni, sono aumentati del 16 per cento, in misura nettamente superiore all'aumento complessivo che c'è stato su tutti gli appalti. C'era veramente poco da sbloccare. Quello è un settore che non si è mai bloccato, neanche nella fase più dura che c'è stata del periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore del codice n. 50 del 2016. Io credo che quella sia una norma che ha dei profili di pericolosità. Ovviamente, è una scelta assolutamente legittima del Parlamento, ma era giusto evidenziarlo.
  Vengo a due ulteriori elementi e mi taccio. Io credo che sia particolarmente pericolosa la norma che consente di valutare i requisiti ai fini dell'attestazione delle SOA (società organismi di attestazione) retroagendo a quindici anni. Questa è veramente una disposizione che finisce per incidere in modo determinante sulla qualità dei lavori.
  Vorrei ricordare, e lo ricordo a me stesso – voi conoscete benissimo le norme – che già prima del codice del 2016 era previsto che i requisiti dovessero essere valutati nell'ambito di un quinquennio. Si era intervenuti con una norma del «mille proroghe» per spostare a dieci anni.
  Lo spostamento a quindici anni fa sì che di fatto si valuteranno i requisiti di imprese che probabilmente non staranno neanche più lavorando, ferme restando le difficoltà di dover individuare la documentazione che consentirà di valutare, soprattutto per quanto riguarda i CEL (certificati di esecuzione dei lavori) privati. È una questione anche molto specifica, ma molto importante per le SOA, quella di requisiti maturati quindici anni fa. È una norma oggettivamente molto pericolosa, che rischia di fatto di annacquare il valore delle qualificazioni su cui è fondata l'idea della qualificazione degli imprenditori del settore.
  Come ultimo passaggio c'è la questione del subappalto. Credo che la scelta di aver individuato un limite tutto sommato in linea con il limite del precedente codice sia corretta.
  Ovviamente, tutti sappiamo che qui c'è un braccio di ferro con l'Europa, a cui però andrebbe spiegato perché il nostro sistema adotta limiti per il subappalto. Il nostro sistema non ha previsto limiti del subappalto per divertimento. I problemi del subappalto Pag. 7 sono oggettivamente collegati alla presenza enorme della criminalità organizzata nel settore dei lavori pubblici.
  Io sono rimasto assolutamente esterrefatto nel vedere, cosa che nemmeno avevo verificato, preparando la relazione, il numero enorme di interdittive che crescono. Le interdittive oggi iscritte nel casellario dell'ANAC, che riguardano quindi solo soggetti che partecipano agli appalti pubblici, sono oltre 2.000. Ci sono 2.000 imprese ad oggi interdette, a dimostrazione che l'infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici del nostro Paese non può essere considerata alla pari di quello che avviene in Finlandia o in Svezia. Forse, è alla pari di altri Paesi europei, che certamente fingono di non vedere la presenza delle mafie, ma noi la abbiamo.
  Del resto, le interdittive sono uno strumento adottato con forza dai nostri prefetti, che dobbiamo ringraziare per il lavoro svolto, ma sono certamente un segnale. Credo che sia una scelta corretta quella di aver mantenuto il limite. Anche la sospensione della terna, a mio modo di vedere, ha una sua ragion d'essere, assolutamente opportuna, perché il meccanismo della terna aveva creato eccessivi problemi anche dal punto di vista delle difficoltà da parte degli imprenditori.
  Onestamente, non ho ben capito come funziona il meccanismo della sospensione delle verifiche per quanto riguarda i subappaltatori in sede di gara; che cosa significa quella sospensione, cosa significa che vengono sospese le valutazioni sui requisiti dei subappaltatori di cui al quinto comma?
  Non voglio pensare che quella norma consentirà di non valutare i requisiti dei subappaltatori, e quindi di non ritenere indispensabili le valutazioni sui requisiti dei subappaltatori, che a maggior ragione devono essere rigorosamente valutati. Quella disposizione, però, oggettivamente rischia, se interpretata male, di creare problemi.
  Ultimo, c'è il tema dei commissari. Credo che la norma sui commissari sia oggettivamente troppo ampliativa. Il modello Genova viene esteso, sostanzialmente, a tutti i lavori prioritari – e quindi la sospensione del codice degli appalti, con la conseguente applicabilità delle direttive comunitarie, che è un vero e proprio ginepraio per chi legge le direttive comunitarie – rischia anche di evidenziare possibili profili di legittimità costituzionale anche in relazione ai limiti del principio di legalità.
  Di fatto, i casi di sospensione non vengono individuati direttamente dal legislatore, così come era avvenuto per il decreto Genova, che individuava con precisione i casi nei quali veniva sospeso il codice degli appalti. Oggi, la sospensione viene ricollegata semplicemente a una scelta, con un DPCM, sia pure fatta attraverso la collaborazione di vari soggetti istituzionali, ma senza l'individuazione di precisi requisiti e presupposti. Di fatto, nelle opere prioritarie può essere inserito di tutto, e l'inserimento nelle opere prioritarie, fatto con un atto amministrativo e non con un atto legislativo, ha l'effetto di sospendere norme legislative.
  Credo che su questo profilo ci possano essere dubbi anche sul piano della legittimità costituzionale. Quello che consente l'intervento dell'autorità amministrativa è un parametro eccessivamente elastico, anche perché non vengono indicati i presupposti per individuare le opere prioritarie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA BRAGA. Mi facevo scrupolo a intervenire, avendo parlato molto, prima. Volevo lasciare spazio ad altri colleghi.
  Voglio ringraziare il presidente Cantone per aver portato il suo punto di vista, anche in una condizione, come lui ha ben ricordato, particolare. L'esame del provvedimento in questa Camera è molto costretto dai tempi, ed è abbastanza di forma.
  Credo, però, per quanto possibile, che sia importante – questo è quello che stiamo provando a fare, e lo ringrazio per gli stimoli che ci ha fornito oggi – lasciare tracce e accendere un elemento di attenzione su alcuni aspetti particolarmente critici contenuti in questo codice. Pag. 8
  Mi fa piacere che ora sia arrivata anche la relatrice, l'onorevole Lucchini, che penso potrà tenerne conto, insieme all'altro relatore, nell'esame dei pareri che ancora dobbiamo dare, in particolare sull'articolo 1. E mi fa piacere, comunque, che, seppure in condizioni così ristrette, almeno la Camera abbia potuto riparare al fatto che l'Autorità anticorruzione, che ha dei compiti importanti sull'attuazione della disciplina del codice degli appalti, non fosse stata sentita durante il vero esame del provvedimento al Senato.
  Mi limito solo a porre due questioni al presidente Cantone, nella ristrettezza dei tempi che abbiamo, condividendo in larga misura le sue osservazioni e aggiungendone una brevissima. L'elemento di preoccupazione che abbiamo espresso più volte su questo decreto, che interviene in maniera così pesante sull'attuale disciplina dei contratti pubblici, è legato proprio al fatto che non si tratta di modifiche correttive parziali, ma, lette nella loro complessità, di una serie di disposizioni che sostanzialmente stravolgono la filosofia e l'impostazione del codice attuale.
  Penso al tema della centralità della progettazione, della fase del progetto, della qualità del progetto. Penso al tema della qualificazione del sistema pubblico delle stazioni appaltanti. Penso alla scelta che è stata fatta di rivedere in maniera sostanziale una decisione che aveva segnato in modo significativo l'adozione del codice del 2016, cioè l'affermazione della prevalenza – come criterio di affidamento dei lavori e dei contratti – della valutazione sull'offerta economicamente vantaggiosa.
  Di fatto – non l'abbiamo detto, ma questo mi consente di farle la prima domanda – questo decreto equipara, per tutti i contratti sottosoglia, i criteri di affidamento, quello del massimo ribasso, che nella nuova era si chiama minor prezzo, ma di fatto è il massimo ribasso, e quello dell'offerta economicamente vantaggiosa.
  Questo punto, letto in parallelo alla modifica apportata sul tema del subappalto, è un elemento, dal mio punto di vista, particolarmente preoccupante e distorsivo del sistema. Laddove si dà il via libera all'affidamento secondo la sola valutazione del criterio del prezzo e si aumenta la soglia del ricorso al subappalto, peraltro togliendo una serie di limitazioni anche ai settori a maggiore rischio di infiltrazione della criminalità (movimento terre, ciclo del calcestruzzo), credo che questo sia un elemento preoccupante.
  La domanda è: come avete letto, come avete valutato questo doppio intervento della modifica della disciplina del subappalto e della reintroduzione di fatto della regola del massimo ribasso? L'altra domanda, molto più breve, riprende il tema dell'adozione del regolamento. Tralascio tutte le considerazioni, che giustamente lei ha fatto, anche sulla difficoltà dell'affermazione di un sistema di soft law nel nostro Paese.
  Confesso che non ho ben capito che cosa succederà alle linee guida emanate da ANAC in questi anni che hanno regolato alcune materie oggi richiamate nell'articolo che disciplina il regolamento. Sarà un limite mio – lo scopriremo, e magari lei è in grado di fornirci qualche informazione in più – ma mi preoccupa anche in relazione al fatto che questo nuovo regolamento non solo viene previsto che sia scritto in tempi impossibili senza il coinvolgimento delle Commissioni parlamentari, e questo è un problema che riguarda il Parlamento, ma anche senza il coinvolgimento di ANAC, dovendo andare a scrivere o a recepire, e dipenderà dalla scelta, alcune disposizioni su cui l'Autorità ha prodotto in questi anni delle linee guida.

  ROSSELLA MURONI. La ringrazio per essere venuto in Commissione nonostante sia lei sia noi non possiamo che limitarci a mettere agli atti le osservazioni che stiamo facendo a questo provvedimento, ma ritengo che sia fondamentale farlo.
  Questa riforma, questo decreto, mentre non avrà la potenzialità che si prefigge, almeno nel titolo, cioè quella di sbloccare i cantieri, dal mio punto di vista avrà invece moltissime conseguenze negative. Questo è un decreto che ha l'obiettivo di accelerare su un dato economico, quello appunto dei lavori pubblici, senza tener conto minimamente di quello che vuol dire smontare un sistema senza avere l'ambizione di costruirne Pag. 9 uno in alternativa, anche in maniera legittima per una forza di Governo.
  Le voglio fare una domanda molto diretta: vorrei sapere se a suo parere il decreto «sblocca cantieri» ha anche la funzione di svuotare le competenze dell'ANAC. Abbiamo sentito le dichiarazioni del Presidente Conte di alcune settimane fa. Sostanzialmente, Conte ha detto che l'ANAC non ha portato i risultati attesi e non ha nascosto il fastidio per l'intervento di un'autorità di questo tipo, che dal mio punto di vista ha garantito e sta cercando di garantire la legalità in questo Paese, ma evidentemente la legalità rallenta troppo quello che invece bisogna accelerare.

  PAOLO TRANCASSINI. Grazie, presidente Cantone, per essere qui, per la difficoltà – che abbiamo avuto anche noi tutti – di studiare una materia a lei sicuramente più vicina rispetto a noi, ma molto complessa, e per di più nel fine settimana.
  Io vorrei fare una considerazione di carattere complessivo, per la verità riallacciandomi a quello che ci siamo detti la prima volta che ci siamo incontrati qui. Nella mia veste di sindaco ci siamo incontrati molte altre volte.
  Partirei dalla considerazione se siamo d'accordo o meno che il sistema degli appalti, di come gli amministratori si interfacciano con questa materia, su quello che viene realizzato sui territori, che tutto questo grande sistema oggi dà frutti o, al contrario, crea problemi, ansia, distanza tra cittadini e pubblica amministrazione, cioè se il sistema degli appalti sia o no la sublimazione di quel male che attanaglia tutta la nostra Italia, ossia la burocrazia.
  Io credo che questo sia un presupposto fondamentale per discutere di questa materia. Se non partiamo da questo, ci dividiamo tra chi considera migliore il bianco rispetto al nero e non entriamo nel cuore del problema. Io credo che in questo Paese abbiamo un problema diffuso che si chiama burocrazia. Nel dettaglio, abbiamo il problema relativo all'esecuzione delle opere pubbliche. Se ricorda, quando ci avete portato i grafici sui risultati dell'ultimo periodo, io le dissi che avreste dovuto fare un corso agli amministratori e ai cittadini perché la percezione che si ha è tutt'altra. Non siamo convinti che ci sia un sistema veloce. Non arriva questo. E – mi perdoni – io credo che non sia questo.
  Anche l'aspetto dei contenziosi che genera un sistema così farraginoso e complesso finisce per essere un elemento fondamentale della discussione. Ecco perché non concordo con lei sul modo negativo in cui questa riforma approccia il tema delle stazioni appaltanti. La centralità delle stazioni appaltanti ha creato grandissimi problemi agli enti pubblici e ha anche limitato la realizzazione di opere pubbliche in maniera molto diffusa.
  Concordo con lei, invece, sulla questione dell'ambiguità del monitoraggio al termine di questa cosiddetta prova, ma io la valuto come una mancanza di coraggio. Questa riforma è di fatto una transazione tra due forze politiche, e nella transazione, come lei sa, finiamo anche per scrivere un po’ come ci siamo arrivati. A scrivere che sospendiamo il codice degli appalti, ma tra due anni comunque ci ripensiamo, diciamo un'ovvietà, perché il legislatore ci può sempre ripensare, ma avevamo bisogno di scriverlo perché probabilmente c'è qualche esigenza social, che però poi diventa abbastanza complicata, da un punto di vista normativo, da spiegare e da raccontare.
  Per concludere sull'osservazione dell'osservazione Muroni, non conosco l'idea del Presidente del Consiglio relativamente all'ANAC, ma credo che anche su questo dobbiamo fare una riflessione. Voi lavorate moltissimo, anche perché siete diventati, vostro malgrado, uno strumento di contrapposizione politica. La gente vi scrive di tutto. Gli amministratori vi scrivono di tutto. Io vi ringrazio personalmente per aver archiviato tre procedimenti a mio carico per le ordinanze che ho emesso durante il periodo del terremoto, ma per quello che mi riguarda siete stati interessati perché ho messo in sicurezza due campanili di chiese del Cinquecento.
  Io credo che anche questo sia un tema da affrontare. Se oggi nel nostro Paese l'ANAC è considerata la caserma dei Carabinieri a cui bisogna andare a dire se il vicino ha sconfinato nel taglio dell'erba, Pag. 10probabilmente quella che arriva è un'immagine distorta di quello che invece è il vostro ruolo. Probabilmente, anche questa è la conseguenza di una complessità di norme di riferimento e di quel male che credo sia il principale male nella nostra nazione, che è appunto la burocrazia.

  PIERGIORGIO CORTELAZZO. Farò una brevissima considerazione e le rivolgerò un paio di domande, quantomeno sul provvedimento e su come la pensa il presidente Cantone.
  Considerato – l'ho detto poc'anzi – che si tratta di un intervento postdatato, tutto legato a scadenze, in un sistema come quello (particolare, molto tecnico e molto raffinato) dell'attribuzione degli appalti, con tutte le diversità e modalità del mondo, cambiarlo o lasciarlo in sospeso per un anno e mezzo non è sicuramente un bene per il sistema, tutt'altro. Questo è un tema importante.
  A proposito dei tecnici comunali, venerdì ho fatto una battuta sul presidente Cantone: negli uffici, hanno sostituito la fotografia della moglie e del figlio con la sua. Tutti guardano a Cantone prima di qualsiasi tipo di provvedimento, sperando che siano funzionarie donne, così lei ha anche una capacità attrattiva maggiore rispetto a quella assegnata.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Di questo la ringrazio.

  PIERGIORGIO CORTELAZZO. È un auspicio, presidente, di tutti noi. Mi permetta solo una battuta: il comune, il sindaco, l'amministratore, la giunta, che ha fatto quell'improvvida delibera con quell'indicazione diretta che ci ha riferito – se non fossimo in un'aula importante, in una Commissione importante, la definirei più una... Si sa che non si può. Si sa che non si fanno queste cose. È da tempo che c'è la distinzione dei ruoli tra organo politico e organo amministrativo.
  Il tema, secondo me, presidente, è quello di aver ingessato e impaurito – mi consenta questo termine – i funzionari addetti alla scelta delle aziende. In un albo – dico io universale – se si iscrive nel comune di Cremona un'azienda di Parigi, si può non inserirla nell'albo? Secondo me, no.
  Poi c'è la seconda fase: questo benedetto funzionario addetto, il RUP (responsabile unico del procedimento), come sceglie nella negoziata le quindici o le venti aziende? Si può annidare, eventualmente, una sorta di diffidenza, di preoccupazione, ma per taluno anche una possibile eccessiva vicinanza di chi sceglie queste venti aziende e la localizzazione delle aziende stesse. Succede anche spesso che i funzionari dicano: io so che quell'azienda lavora bene, che non ha mai creato problemi, non ha mai fatto riserve, ha sempre eseguito i lavori con precisione e nel rispetto delle regole e delle tempistiche; che problema c'è?
  So che lei è molto preciso. C'è stato un periodo in cui le stazioni appaltanti acquistavano i software per scegliere le aziende e scattava un algoritmo, per cui non si sapeva mai. La rotazione veniva fatta da un software che sceglieva diversamente rispetto a quanto potesse fare un funzionario.
  Al di là poi di tutte le considerazioni e delle riflessioni che si possono avere su questo provvedimento, avete mai immaginato una procedura che non sia «terrorizzante» per chi deve scegliere queste benedette quindici o venti aziende? Se hai un albo di 300 aziende, come cavolo scegli quelle venti? Soprattutto, se una stazione appaltante fa venti appalti al mese, una rotazione è anche quasi implicita.
  Inoltre, adesso torniamo alla possibilità che anche il comune piccolo possa farsi da stazione appaltante. Io dico sempre, conoscendo i nostri territori, i nostri comuni, e non è una battuta, che talvolta il funzionario dei lavori pubblici del comune di 1.500 abitanti fa anche l'autista del pulmino, fa anche il cuoco della mensa della scuola, per cui si comprende che non può avere questa predisposizione ad attuare ogni sei mesi, ogni anno, modifiche che il legislatore, purtroppo spesso in maniera squilibrata, propone e approva. Questo è il tema dei temi. Pag. 11
  L'altra questione che pongo – avevo proposto un emendamento, ma conoscendo la blindatura del provvedimento, sappiamo che non sarà mai preso neanche in considerazione – riguarda la previsione negli albi delle stazioni appaltanti, fino a un certo importo da decidere, una sorta di individuazione di aziende territoriali, regionali o provinciali, non lo so.

  GIANLUCA ROSPI. Ringrazio anch'io il presidente Cantone per l'audizione.
  Formulerò delle brevi domande. Tra i soggetti auditi al Senato, l'ANAC non c'è. Non so se non sia stato invitato o per quale motivo non sia andato. Dato che comunque siamo in una situazione per cui il decreto non è modificabile, forse, sarebbe stato più giusto intervenire nell'altro ramo del Parlamento.
  Per quanto riguarda il decreto «sblocca cantieri», farei una breve introduzione. Si è intervenuti con lo «sblocca cantieri» perché a gennaio abbiamo avuto una procedura di infrazione europea, che ci diceva che erano undici le disposizioni non conformi del codice degli appalti, diversi erano gli articoli non conformi. Penso che questo provvedimento sia stato fatto soprattutto per ovviare a quello che diceva la Commissione europea.
  Tra l'altro, è in istruttoria anche al Senato un disegno di legge delega sul nuovo codice degli appalti, e quindi mi auguro che anche questa venga svolta nel più breve tempo possibile, per poi venire anche qui alla Camera e poterlo analizzare.
  Detto questo, una delle procedure era relativa proprio al discorso dei subappalti. Relativamente ai subappalti, conosciamo la situazione italiana, totalmente diversa rispetto a quella europea, ma purtroppo per l'Europa porre dei limiti sui subappalti, indicare delle terne anche quando effettivamente non ce n'era bisogno, costituivano e costituiscono attualmente dei problemi.
  Le chiedo, quindi, come poter risolvere questo problema. Anche se col decreto «sblocca cantieri» la percentuale è passata dal 30 al 40, quindi è aumentata in maniera irrisoria, a mio avviso, anche questo aumento di percentuale non andrà bene all'Europa. Com'è possibile intervenire su questa situazione?
  Per quanto riguarda il discorso dell'appalto integrato, secondo me dovremmo partire da un'altra ottica, quella di rivedere un po’ le fasi progettuali. Tra il progetto definitivo e quello esecutivo cambia sostanzialmente ben poco. Quello esecutivo è solo il progetto che si manda per ottenere determinate autorizzazioni. Sono del settore, e quindi so benissimo che per fare un progetto definitivo c'è bisogno di fare anche i calcoli delle strutture, i calcoli degli impianti, il piano particellare di esproprio, il computo metrico, l'analisi prezzi e, se va in gara il progetto definitivo, c'è anche lo schema di contratto, capitolato speciale d'appalto e altro.
  A mio avviso, l'appalto integrato può essere utile soprattutto quando si va con il progetto definitivo, perché obbliga l'impresa a fare l'esecutivo, e quindi una serie di riserve che poi fanno le imprese sulla progettazione dopo aver firmato l'avvio dei lavori, quindi dopo aver fatto il verbale di inizio lavori, viene eliminata, perché la parte di progettazione esecutiva è a carico dell'impresa.
  Un passaggio importante previsto dal decreto «sblocca cantieri», che va in direzione della tutela della fase progettuale, è che il progetto viene pagato direttamente dalla stazione appaltante. Questo fa sì che il progetto esecutivo venga fatto in garanzia totale, quindi per bene.
  A mio avviso, forse andrebbe riguardato un po’ tutto questo tipo di normativa, e chiedo anche dei suggerimenti ad ANAC, ora che parleremo della legge delega sugli appalti, relativa alle varie figure di direttore lavori, collaudatore e progettazione. Il collaudatore già è staccato dalla progettazione, ma a mio avviso forse anche il direttore dei lavori dovrebbe essere un'altra figura staccata dalla progettazione.
  È vero, avere stazioni appaltanti uniche, che quindi gestiscono gli appalti, va bene, ma forse solo per i grandi lavori, per le opere un po’ più grandi. Se immaginiamo una serie di situazioni, come rifare la facciata di una scuola, sostituire una caldaia in una scuola o sostituire alcuni elementi Pag. 12radianti all'interno di una scuola: immaginare delle procedure semplificate è utile, perché risolvo subito il problema, non mando i bambini per strada e non li faccio stare al freddo. È utile anche perché l'amministrazione può intervenire nell'immediatezza.
  Naturalmente, per una serie di opere possiamo indicare dei tetti massimi di spesa, ed è utile andare con stazioni appaltanti qualificate, e quindi più competenti.

  UGO PAROLO. L'occasione è troppo ghiotta e non sono riuscito a non chiedere la parola per approfittare della presenza del presidente Cantone, innanzitutto per ringraziarlo per l'esposizione e l'analisi che ha fatto, assolutamente competente, ma anche pacata ed equilibrata.
  Vorrei raccontarle, però, presidente, anche dal mio punto di vista, ma l'hanno già fatto i colleghi che mi hanno preceduto, il vissuto del Paese.
  Io ho un'esperienza abbastanza lunga, ahimè, di amministratore pubblico a vari livelli, dal livello comunale al livello provinciale, al livello regionale, e le garantisco che la percezione che il Paese, e soprattutto l'apparato pubblico, ha dell'Autorità anticorruzione non è quella che lei anche oggi ha cercato di descriverci in maniera, come ho detto, assolutamente competente e tranquillizzante. È, invece, la percezione – mi passi il termine – di un giudice supremo senza appello, per cui nessuno più firma un documento o una carta.
  Forse, l'errore commesso in questi anni è stato quello di non percepire, di non capire che stava succedendo questo, che sta succedendo questo nel Paese. C'è paura. Il termine giusto è paura.
  Da un lato, ci sono i cittadini che chiedono risposte, che vogliono che i lavori vengano eseguiti, che vogliono trasparenza, evidentemente, che vogliono procedure corrette; dall'altro, però, ci sono i funzionari pubblici e, mi permetta, anche gli amministratori pubblici che tantissime volte non sono posti nelle condizioni di poter assumere gli atti che bisogna assumere nei tempi che i cittadini ci chiedono.
  Voglio aggiungere un'altra considerazione. Al di là di tutte le modifiche che sono state fatte – e che probabilmente, come ha detto anche lei, e su questo posso essere d'accordo, non hanno una logica coordinata, perché nascono forse proprio per dare una risposta anche un po’ spasmodica al sentire del Paese – ci sono alcune questioni che meriterebbero di essere approfondite.
  La maggior parte dei problemi, da quel che ho potuto vedere, non nasce dalla malafede o dalla corruzione negli apparati pubblici o degli amministratori pubblici. Mi sento di dire che la stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici e degli amministratori pubblici sono persone perbene. Poi, come in tutta la società civile, esiste anche la mela marcia, e quella ovviamente fa notizia, o esiste lo stupido che fa delibere come quelle che lei ha citato.
  Non sono stato d'accordo, però, quando ha detto che le modifiche che oggi si introducono possono essere sintetizzate sostanzialmente con quel comportamento. Quello è un comportamento che abusa, ed è anche stupido, perché lo fa in maniera stupida. Credo tuttavia che il problema non stia nella corruzione o presunta corruzione nell'apparato pubblico, bensì in due elementi deboli del nostro sistema: il livello di progettazione e il livello delle imprese.
  Questi sono i due temi che meriterebbero, anche con l'aiuto dell'Authority anticorruzione, di essere esaminati ed esplorati affinché si possa arrivare finalmente a progetti che si assumono la responsabilità del progetto. Dico dei progetti, non dei progettisti, ma proprio dei progetti che si assumono la responsabilità del progetto, un progetto che sia veramente tale, eventualmente con un percorso che ci possa portare anche delle garanzie accessorie prevedendo che se il progettista sbaglia, paghi. Io sono un progettista, e credo che si debba arrivare al progetto che di per sé è già responsabile delle fasi successive degli eventuali contenziosi.
  Dall'altra parte, c'è il sistema della certificazione delle imprese. Certo, sul tema specifico delle SOA non posso che convenire con lei. Credo che anche quello delle SOA non sia un sistema assolutamente garantista, così come concepito, per la qualità Pag. 13delle imprese. Quello dell'avvalimento è un sistema pericoloso anche se ce lo chiede l'Europa. Capita spesso che vengano date garanzie che, anche se dovrebbero essere concrete, in realtà non ci sono più, e quindi ci si trova in situazioni per cui il contadino esegue – adesso, esagero – un appalto pubblico, magari anche complesso, per i quale sono previste strutture tecnologiche complicate, e il garante non garantisce niente. Comunque, nel mezzo rimangono l'amministratore pubblico e il cittadino, che alla fine si trovano con i cantieri bloccati, i ricorsi al TAR e contenziosi a non finire.
  Queste credo siano le questioni: la percezione che hanno i cittadini, gli amministratori pubblici e i dipendenti pubblici dell'Authority, e i due temi del progetto e delle imprese. Questi sono gli elementi sui quali vorrei anche capire che cosa pensa l'Autorità.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Cantone per la replica.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Mi piacerebbe su tutti gli argomenti potermi dilungare parecchio. Sarò veloce, ma cercherò di rispondere su tutto.
  Devo dire che il criterio del prezzo più basso in materia di opere pubbliche sottosoglia, al di sotto del milione, era già molto utilizzato. Secondo i dati di cui disponiamo, comunque anche prima veniva utilizzato nella stragrande maggioranza dei casi al di sotto del milione.
  Ovviamente, se teniamo conto di quali sono in genere i risparmi chiesti al subappalto, in media intorno al 20 per cento, qualche problema ce lo poniamo su come possa essere compatibile il prezzo più basso del subappalto. Se io vinco un appalto già facendo un ribasso del 30 per cento – questa è la media tipica degli appalti fatti nel Paese – e chiedo a un altro soggetto di farlo con un risparmio ulteriore del 20 per cento, quel soggetto o sarà un benefattore o dovrà trovare il modo per risparmiare su alcune voci, che sono quelle dei dipendenti, della qualità dei materiali e così via.
  Questo è un dato che a mio modo di vedere sconsiglia l'istituto del subappalto, ma su questo punto – lo si diceva anche nell'ultimo intervento – noi abbiamo dei riferimenti europei che sono di tutt'altro livello. C'è l'idea in Europa che si possa garantire il subappalto al 100 per cento o si possa garantire quest'istituto, assolutamente contrario alla nostra cultura e veramente problematico, che è l'avvalimento. Io credo che questo sia il vero grande problema del subappalto, e cioè che l'aumento del subappalto incide sulla qualità delle opere.
  Per quanto riguarda le linee guida, anche noi abbiamo molte perplessità su come funzionerà il sistema, ma voglio tranquillizzare con un dato.
  Il Ministro delle infrastrutture ha avviato già un tavolo per la scrittura del regolamento, ha chiesto all'ANAC di partecipare, e ovviamente l'ANAC ha dato immediatamente la disponibilità. Il dottor Candia, il nostro responsabile dell'ufficio affari giuridici, insieme al dottor Cucchiarelli, che si occupa proprio di linee guida, fanno parte della commissione, quindi siamo stati completamente coinvolti.
  Detto questo, nel dare atto doverosamente al Ministero delle infrastrutture, ovviamente c'è una serie di problemi che potranno emergere nella fase dell'emanazione del regolamento, che potranno porre il problema di rivedere tutte le linee guida.
  Del resto, c'è una norma abbastanza ambigua che è stata inserita nel testo attuale. Si dice all'articolo 213, comma 2, che il regolamento comunque prevale su tutte le linee guida, che è anche un'affermazione banale: il regolamento è, infatti, una fonte di legge e le linee guida no, quindi era scontato.
  Vedremo come sarà fatto il regolamento. Il mio auspicio è che il regolamento sia il più ampio possibile, cioè che davvero sia in grado di risolvere tutte le questioni che riguardano la fase dell'esecuzione. Se così è, 180 giorni non saranno sufficienti, ma si farà chiarezza. Io mi auguro che non sia un miniregolamento a cui seguirà un regolamento. Pag. 14
  Una cosa mi sento di dire sulla base di quest'esperienza lunghissima che dura da cinque anni: le stazioni appaltanti, sempre evocate sotto tanti profili, hanno certamente un'esigenza, che è la certezza delle regole. Questo ci viene chiesto da tutti, anche da quelli più terrorizzati, a maggior ragione da quelli terrorizzati. Vorrebbero sapere che cosa devono fare. Se cambiamo continuamente le regole, diventa difficile. Vedremo che cosa sarà fatto con il regolamento.
  Il nostro auspicio – lo abbiamo detto in tutti i modi, lo segnaleremo anche alla commissione istituita dal Ministro – è che il regolamento sia il più ampio possibile. La legge lo consente, perché prevede tantissimi ambiti sui quali il regolamento può intervenire. Un regolamento il più ampio possibile risolve certamente tanti problemi.
  Per quanto riguarda le competenze dell'ANAC, non credo che l'ANAC sia stata svuotata delle proprie. Certo, ci sono competenze diverse. Devo ricordare per un fatto di correttezza che il Presidente Conte ha cambiato la posizione, ribadendo e precisando le sue indicazioni, ma io non credo che il problema sia quello che si pensa eventualmente dell'ANAC.
  Il punto è che l'ANAC è un'autorità di vigilanza che nel sistema degli appalti pubblici è sempre stata prevista. Si chiamava Autorità di vigilanza dei contratti pubblici, ma c'era già. Tra l'altro, nell'ambito delle attività anticorruzione, l'ANAC non è un'autorità creata per un capriccio del Paese, ma perché lo prevede la Convenzione di Merida, all'articolo 6, che prevedeva obbligatoriamente l'istituzione di un'autorità indipendente.
  Quali debbano essere poi i poteri dell'ANAC, credo che sia giusto lo stabilisca il Parlamento nel ritenere quello che vuole fare in questa materia.
  Per quanto ci riguarda, non riteniamo che in questa fase ci sia stata una riduzione dei nostri poteri. Alcuni, come quelli delle linee guida, oggettivamente ci sono stati sottratti, ma credo sia stata un'operazione corretta, perché questo veniva chiesto dal mercato.
  Per quanto riguarda la domanda che faceva l'onorevole Trancassini – ovviamente, mi piacerebbe poter parlare molto – non credo affatto che l'ANAC sia nata nell'idea della contrapposizione con la politica. L'ANAC è intervenuta per occuparsi soprattutto delle questioni degli appalti, così come faceva l'Autorità di vigilanza dei contratti pubblici.
  È vero, a volte qualcuno ci scrive lamentandosi di com'è stata tagliata l'erba dal vicino. Ovviamente, però, bisognerebbe chiedersi perché tutte queste persone scrivono. È evidente che tante persone scrivono perché nel Paese c'è qualche volta un'esigenza di legalità che non sempre trova il suo sbocco naturale. Noi, però, di questo non ci occupiamo. Archiviamo tutto, come è giusto che sia.
  A proposito di percezione, decidiamoci sul carattere della percezione, lo dico con chiarezza. Io sono uno dei pochi che sostiene che la percezione non è un dato senza valore. Al contrario, io penso che la percezione sia un dato significativo. Quello che credono i cittadini, non lo possiamo sottovalutare come se fosse un dato di poco momento.
  A proposito di percezione, onorevole, mi consenta di dire che negli ultimi quattro anni la percezione del Paese vede una riduzione significativa del tasso di corruzione del Paese, anche grazie alle attività messe in campo dall'ANAC e dall'autorità giudiziaria.
  Se vogliamo discutere di percezione, la percezione certamente va anche in linea con quello che lei dice, ma c'è anche un'altra percezione del Paese che finalmente ci ha portato al di fuori degli ultimi posti della graduatoria. Credo che questo debba essere un elemento di soddisfazione per l'intero Paese e non per qualcuno in particolare.
  Quanto al tema della centralità delle stazioni appaltanti, io credo che l'idea che c'era nel codice del 2016 non fosse sbagliata. Le stazioni appaltanti potevano fare, purché dimostrassero di avere gli strumenti. Non significava, come ha detto l'onorevole Rospi, che se c'era da fare un intervento su una scuola, non poteva essere Pag. 15fatto. Non era questo il sistema, anzi il contrario.
  Ovviamente, ci poniamo la domanda, se un comune di 300 anime oggi deve fare un appalto di 3 miliardi di euro, in quali condizioni lo faccia. L'idea che c'è dietro l'impostazione culturale tradizionale è che le stazioni appaltanti siano onnipotenti, e lei, che ha lavorato in un'amministrazione comunale, tutto può dire, tranne che le stazioni appaltanti sono onnipotenti.
  Questa è una filosofia ormai superata dal codice, ma perché non dire «io sono in grado di fare questi appalti e lo dimostro»? E non c'era nessun limite che riguardava i singoli enti. Bisognava solo dimostrare i presupposti. «Non sono in grado? Mi rivolgo a un'altra stazione appaltante».
  Lei ha ragione nel dire che il sistema non ha funzionato, perché le stazioni, soprattutto le stazioni uniche appaltanti, hanno fatto solo perdere tempo, ma questa era un'altra cosa rispetto a quella prevista dal codice. Ormai, però, discutiamo di una vicenda che appartiene al passato.
  Il tema è: qual è l'idea di stazione appaltante che c'è nel codice? Non si comprende, detto con chiarezza. Sospendiamo una norma, ma non la aboliamo. Non procediamo sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, che era uno degli elementi caratterizzanti. Rimane tutto in mezzo al guado. Questo è un dato.
  Quanto al tema della rotazione, vorrei segnalare un dato: credo sia il legislatore a dover stabilire i criteri. Nell'articolo 36 la rotazione viene un'altra volta ripresa. Allora, decidiamoci: questa rotazione va fatta o non va fatta? Mia moglie lavora in un piccolo ufficio pubblico, si occupa ogni tanto di appalti piccolissimi e diceva: che senso ha la rotazione per un appalto di mille euro? Sono d'accordo, ma perché lo scrivete nelle norme, scusatemi?
  Se la norma prevede, ancora una volta, la rotazione, o la rotazione si fa o non si fa... Io, per esempio, sono convintissimo che negli appalti al di sotto dei 40.000 euro la rotazione non sia assolutamente utile e che, anzi, spesso rappresenti un limite. Se, però, la norma lo prevede, e la norma riprende gli albi, i famosi elenchi, come si può estrapolare dagli elenchi evitando che si facciano scelte discrezionali?
  Io non conosco altri strumenti. O l'estrazione a sorte o la scelta volontaria del funzionario pubblico. Per quanto mi riguarda, credo che il funzionario pubblico che abbia il coraggio di sceglierli, anche in relazione alla qualità, ben venga, ma dobbiamo mettere anche le norme che consentano al funzionario pubblico di fare le scelte e non lasciarlo nella scelta ideale. L'articolo 36 non consente neanche oggi tutto questo.
  Quanto alle aziende territoriali, parliamoci chiaro: per gli appalti al di sotto dei 150.000 euro con i tre preventivi, di fatto la territorializzazione è avvenuta. Ed è inutile che ci giriamo intorno: la ragione per la quale è stata prevista quell'indicazione dei tre preventivi serve a consentire la territorializzazione delle aziende con un escamotage, perché nessuno lo potrebbe prevedere in una norma che ci verrebbe censurata dall'Europa. Si è raggiunta attraverso quel sistema.
  Io, però, mi chiedo: perché in Europa non si prova ad andare a spiegare le esigenze? In materia di subappalti, per esempio, è vero che l'Europa sostiene la tesi del subappalto libero, ma abbiamo davvero spiegato in Europa quali sono i problemi che possono portare al nostro subappalto?
  A me è capitato di andare a discutere in Europa della questione delle sedi delle SOA, che sembrava un problema assolutamente risolvibile. Quando abbiamo spiegato ai funzionari, vi assicuro con grande difficoltà – parlare con i funzionari della Commissione europea è veramente complicatissimo – perché le sedi delle SOA dovevano essere in Italia, alla fine sono arrivati alla posizione giusta. Quando hanno capito il problema, il risultato c'è stato.
  Abbiamo provato a spiegare in Europa che, per esempio, l'eccesso di avvalimento è un pericolo, che l'eccesso di subappalto potrebbe non essere la soluzione corretta? Forse, non del tutto.
  Mi avvio a concludere. Non credo che l'appalto integrato, onorevole Rospi, vada nella direzione del miglioramento della progettazione. È il contrario. L'idea che c'era Pag. 16nel codice del 2016 era che una progettazione più chiara possibile, più precisa possibile, impediva il vero grande problema dei lavori pubblici, e cioè le varianti. Non si tratta solo dell'aumento dei costi, ma dell'aumento enorme del contenzioso.
  Oggi, non abbiamo discusso del vero grande problema che c'è nel sistema dei lavori pubblici: un contenzioso enorme, mostruoso in termini economici. Vorrei ricordare che l'ANAS fino a poco tempo fa aveva in pancia 8 miliardi di riserve, 8 miliardi, che sono un pezzo rilevantissimo della finanziaria del Paese, che a oggi stanno liquidando con tassi che non arrivano al 5 per cento.
  Decidiamoci: quelle riserve erano vere o erano finte? Erano riserve che servivano semplicemente a scrivere nei bilanci delle imprese cose non corrette o erano riserve corrette e poi qualcuno adesso sta facendo l'estorsione non pagando? Ci dobbiamo porre il problema.
  Io penso che il problema vero sia la progettazione. Una progettazione ben fatta impedisce o rende molto più difficile le riserve. E una delle ragioni per cui l'appalto integrato doveva essere messo in discussione era proprio che una progettazione ben fatta è certamente l'alternativa alle riserve e alle varianti. C'è una diversa valutazione. Ne prendiamo atto.
  Allo stesso modo, ribadisco che il sistema del codice del 2016 non ha mai impedito agli enti di fare le attività urgenti. Fino a 150.000 euro, anche nella qualificazione di stazioni appaltanti, anche le stazioni appaltanti non qualificate potevano fare gli appalti. Ovviamente, nessun comune sarebbe stato non qualificato al di sotto dei 150.000 euro. Il comune medio avrebbe potuto fare, nell'impostazione della qualificazione di stazioni appaltanti, la maggior parte degli appalti, tranne quelli particolarmente complicati.
  Sono assolutamente d'accordo con quello che lei diceva, onorevole, sul tema della progettazione del lavoro delle imprese. Quando sarete disponibili, noi saremo molto interessati a parlare.
  Io credo che il vero problema del Paese sia la qualità della progettazione, su cui avevamo proposto al precedente Governo di fare un investimento particolarmente approfondito per consentire, questo sì, alle stazioni appaltanti di essere supportate nella fase della progettazione.
  Il più grande problema del codice è stato di essere partito senza porsi davvero i problemi delle stazioni appaltanti, e ovviamente anche del lavoro delle imprese. Bisognerebbe porsi il problema del numero di imprese sempre più in difficoltà economiche, ma questo non deriva dal fatto che non si fanno gli appalti, bensì dal fatto che spesso gli appalti si cominciano e non si concludono, non certo per colpa dell'ANAC, e soprattutto dal fatto che spesso le stazioni appaltanti non pagano. E di tutto può essere colpevole l'ANAC, tranne che del fatto che non si paghi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Raffaele Cantone per essere intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.10.