XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 9 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per il Sud, Barbara Lezzi, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Lezzi Barbara , Ministra per il Sud ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 6 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 6 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 6 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 6 
Russo Paolo (FI)  ... 8 
Errani Vasco  ... 8 
Ferrero Roberta  ... 9 
Perosino Marco  ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
Osnato Marco (FDI)  ... 11 
Saviane Paolo  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Lezzi Barbara , Ministra per il Sud ... 12 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 15 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 16 

ALLEGATO: documentazione presentata dalla Ministra per il Sud ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per il Sud, Barbara Lezzi, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, nonché ai sensi dell'articolo 5, comma 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, l'audizione della Ministra per il Sud, senatrice Barbara Lezzi, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Si tratta dall'undicesima audizione della Commissione, occasione particolarmente significativa in ragione del lavoro che la Commissione sta svolgendo in tema di attuazione del principio di autonomia degli enti territoriali locali e del relativo regime finanziario e sui temi delle iniziative in atto relative all'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Nel ringraziarla per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola alla Ministra Lezzi.

  BARBARA LEZZI, Ministra per il Sud. Buongiorno a tutti. Presidente, gentili colleghi, ringrazio la Commissione che mi offre quest'oggi l'opportunità di affrontare il tema del regionalismo differenziato.
  Innanzitutto ribadisco che l'articolo 119 della nostra Costituzione fissa il principio dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali sulla base delle funzioni pubbliche loro attribuite. Tale autonomia di entrata e di spesa è limitata dal rispetto dell'equilibrio di bilancio e del concorso al rispetto dei vincoli dell'ordinamento dell'Unione europea. Questo significa che, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale, il rapporto Stato-regioni risulta oggi guidato dal principio del coordinamento per obiettivi nel rispetto del criterio di proporzionalità e ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione.
  In questo quadro, orientato alla piena autonomia regionale in materia finanziaria, si prevede un intervento dello Stato mediante il meccanismo di previsione del Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante e con la destinazione da parte dello Stato di interventi speciali e risorse aggiuntive, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere, a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni.
  Come ministro e come Governo, in considerazione dell'importanza di questo tema, stiamo lavorando da diversi mesi per rispondere Pag. 4 alle condivisibili richieste di alcune regioni del Paese, nell'assoluto rispetto del principio di solidarietà che tutte le regioni devono osservare, questo perché, come tengo a sottolineare, le richieste di autonomia previste nel contratto di governo devono essere accolte, senza però che questo rappresenti uno strumento per favorire alcune regioni a scapito di altre. Il completamento del suo iter non dovrà in alcun modo comportare un surplus fiscale trattenuto al nord.
  Nello specifico, nel contratto di governo al punto 22 è stato scritto che il legame dei docenti con il loro territorio non può essere declinato in chiave semplicemente autonomistica o regionalistica, nelle parti in cui ciò si traduce in una mera duplicazione di procedure e competenze che rischiano di inficiare il buon andamento del sistema scolastico.
  In tal senso, è opportuno mantenere una prospettiva grandangolare, dal momento che con tali forme di differenziazione, non solo si verrebbe a creare un vulnus difficilmente sanabile, ma si istituirebbe un precedente che potrebbe influire in modo determinante nel sistema nazionale dell'istruzione su talune possibili derive a carattere localistico.
  Ci troviamo in una fase di transizione significativa. Nel prossimo triennio, infatti, è previsto un turnover importante, anche per via dell'entrata in vigore di Quota 100 e dei pensionamenti stimati, che rischia di avere un impatto negativo se associato alla duplicazione di ruoli, reclutamento e mobilità del personale scolastico.
  In particolare, mi vorrei soffermare sugli articoli 10 e 11 in materia di istruzione. Parto dall'articolo 11, con la giustapposizione tra funzioni e competenze statali e regionali che si verrebbe a creare circa la definizione dei ruoli, nonché le procedure di reclutamento stesso del personale della scuola, ovvero dirigenti, personale docente e ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario). In sintesi, si andrebbe contro un principio di semplificazione, dal momento che la creazione di identici ruoli e funzioni sarebbe disciplinata indifferentemente dallo Stato o dalla regione. Ad esempio, due scuole in uno stesso comune potrebbero avere in organico un dirigente scolastico statale o regionale e il personale docente in parte statale e in parte regionale.
  Veniamo ora in particolare all'articolo 11, commi 9, 11 e 12. Le norme in ordine alla mobilità regionale del personale scolastico e la tempistica a essa correlata non si conciliano e non tengono conto di quanto previsto attualmente dalla normativa nazionale in materia di assegnazione provvisoria.
  Vengo ora all'articolo 10. La disciplina dei criteri del riconoscimento della parità scolastica e conseguentemente dell'assegnazione dei contributi a essa relativi nonché delle funzioni di vigilanza non può essere demandata tout court alle regioni in alternativa allo Stato, senza creare una differenziazione nel trattamento fondata su base localistica e territoriale, che in questo caso andrebbe in contrasto con i princìpi di ordine generale, incidendo indirettamente anche sul dettato costituzionale.
  Sempre in merito all'articolo 10, vi è il rischio, in merito alla programmazione dell'offerta formativa integrata, di un appiattimento delle funzioni dell'apprendimento didattico-formativo sulle esigenze correlate alla formazione professionale. Si addiverrebbe così al rischio di un ulteriore depauperamento di quelle competenze maggiormente correlate al libero sviluppo della persona piuttosto che a necessità meramente legate a prospettive economico-professionali.
  Un'altra perplessità importante che nutro concerne l'attuale mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP (livelli essenziali delle prestazioni), definiti solo in parte nell'ambito sanitario, con l'inevitabile conseguenza dell'assenza di un riferimento per la definizione del giusto livello di risorse per ciascun ente. È allo Stato che spetta definirli e, quindi, garantirli su tutto il territorio nazionale, in quanto a essi sono associati i fabbisogni standard necessari ad assicurare tali prestazioni.
  Ciò evidenzia in particolare che, a seguito della mancata definizione dei LEP, unitamente alla carenza di risorse finanziarie, Pag. 5 diventano complesse le scelte per il progressivo abbandono del criterio della spesa storica in favore del criterio dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard.
  Il problema fondamentale in materia di livelli essenziali rimane quello della loro definizione e del loro aggiornamento, un passaggio fondamentale perché i diritti sociali non rimangano sulla carta, ma siano effettivamente esigibili. L'esigenza di una chiara definizione dei livelli essenziali è tanto più urgente se si considera che la legge n. 42 del 2009, la legge-delega sul cosiddetto «federalismo fiscale», agli articoli 7, 8 e 9, delinea un sistema basato sulla distinzione fondamentale fra spese essenziali, quelle destinate a finanziare i livelli essenziali delle prestazioni, e spese cosiddette «libere». Per le prime è previsto il finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard, finanziato appunto in base ai costi standard e non più secondo il criterio della spesa storica, mentre per le seconde non è previsto il finanziamento integrale.
  Oggi ancor più di ieri, dunque, i livelli essenziali diventano la misura dell'uguaglianza e rappresentano la chiave di volta per garantire che il processo del federalismo fiscale sia davvero finalizzato a perseguire obiettivi di efficienza, nella garanzia di un elevato grado di uguaglianza nel godimento dei diritti fondamentali, e non aggravi, invece, situazioni di disuguaglianza di fatto già presenti fra le diverse aree del territorio italiano.
  Per quanto concerne, invece, il tema degli effetti finanziari dell'eventuale definizione di intese ai sensi del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, il Ministro Tria durante la sua audizione ha segnalato che in alcuni casi le richieste regionali non sono del tutto coerenti con i princìpi costituzionali e che, pertanto, vista la tassatività del disposto costituzionale, non possono essere oggetto di attribuzione.
  In particolare, tra le norme costituzionali che non possono essere derogate deve ricomprendersi l'articolo 117, secondo comma, lettera e), che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato.
  Purtroppo a oggi con gli schemi d'intesa che abbiamo visionato nei mesi scorsi non siamo in grado di definire quanto costa l'autonomia e questo perché le bozze da noi esaminate illustrano solo un quadro generale di intenti. Solo successivamente all'entrata in vigore delle leggi di approvazione dell'intesa e, quindi, dei singoli decreti del presidente del Consiglio dei ministri si renderà concretamente operativo il complesso disegno di autonomia differenziata.
  Nello specifico, a oggi le perplessità che abbiamo sono anche e soprattutto dovute all'impossibilità di esprimere una valutazione degli impatti sulla finanza pubblica, che, invece, sarà possibile – ribadisco – solo dopo l'approvazione dei singoli decreti del Presidente del Consiglio.
  In un'ottica di tutela degli interessi della comunità e quale autorità politica per la coesione, lavoro costantemente a misure omogenee per tutto il territorio nazionale e, come ho già detto in altre sedi, non posso che avere cura di partecipare attivamente all'azione del Governo, per fare in modo che le misure adottate e le iniziative future assicurino al sud le risposte di cui ha bisogno per poter colmare quel gap con il nord cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni, che ha generato un ulteriore ampliamento del divario, nonché cittadini di serie A e serie B.
  In una logica di necessaria complementarietà e sinergia all'interno di uno sviluppo dei processi di crescita attesi, l'articolo 119 della Costituzione opera nella convinzione che uno stretto legame tra decisioni di spesa e di prelievo contribuisca a migliorare l'utilizzo delle risorse e a rendere la spesa più rispondente alle preferenze dei cittadini.
  Purtroppo il nostro Paese ha diversi gradi di sviluppo ed è inevitabile immaginare che in qualche regione sia più utile o venga ritenuto dai cittadini più utile ridurre la pressione fiscale, perché questo serve allo sviluppo economico, e in altre può essere ritenuto utile aumentare la pressione Pag. 6 fiscale per finanziare investimenti pubblici necessari allo sviluppo economico.
  Questa dovrebbe essere un po’ la nostra linea di azione: raccogliere le richieste dei singoli territori e stimarne il fabbisogno, per consentire loro di operare nelle diverse condizioni, al fine di scongiurare la cristallizzazione delle disuguaglianze esistenti tra le regioni, in particolare quelle con il sud. Nessuno ne deve uscire, quindi, penalizzato.
  Vi ringrazio per l'ascolto. Sono pronta per le vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, ministro. Adesso, come di consueto, procediamo con un primo giro di domande per Gruppo. Una volta esaurite quelle e data la possibilità di replica al ministro, vedremo se c'è tempo per altre domande o approfondimenti.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITA MARTINCIGLIO. Ringrazio il ministro per la relazione.
  Nelle bozze di accordo presenti sul sito del Dipartimento per gli affari regionali, unico documento ufficiale al momento in nostro possesso, è prevista una norma che sembra colpire direttamente il sud sul delicato tema dell'istruzione. Mi riferisco alla regola che prevede dopo tre anni l'applicazione del costo medio pro capite della spesa trasferita alle regioni, la cui voce più consistente è appunto quella relativa all'istruzione.
  Ebbene, nelle regioni del sud, nello specifico Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, la popolazione studentesca è pari al 15 per cento della popolazione. In Veneto, Lombardia ed Emilia, regioni con il più alto tasso di invecchiamento, gli studenti sono soltanto il 12 per cento della popolazione. Appare, quindi, del tutto evidente che il rapporto tra la spesa per la scuola e il totale degli abitanti porta a risultati più bassi nei territori dove vi sono meno studenti in rapporto agli abitanti, senza che ciò possa essere considerato un dato che ne misuri l'efficienza.
  Tutto ciò, sommato a fattori come il diverso grado di anzianità professionale degli studenti, notoriamente più elevato nel Mezzogiorno rispetto al nord, rende il meccanismo proposto fortemente distorsivo e penalizzante per la scuola del sud.
  Pertanto, vorrei chiederle se si sta valutando di cancellare o quantomeno ridimensionare tale regola e se questa sia una precondizione per il proseguimento del confronto e, quindi, dei lavori.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Grazie, signora ministra. La ringrazio anche per la relazione, proprio perché finalmente stiamo riuscendo a spiegare qual'è il dettato costituzionale e, quindi, spiegare quanto sono fondamentali in primo luogo i livelli essenziali delle prestazioni.
  Chiedo, quindi, al Governo di iniziare a definire quanto prima possibile i livelli essenziali, perché solo a partire da questi possono essere stabiliti i fabbisogni standard e soprattutto in questo modo potremmo forse iniziare ad applicare l'articolo 120, in base al quale lo Stato può entrare negli enti territoriali inadempienti.
  Nella definizione dei LEP non crede possa essere utile definire i livelli essenziali di tutte le prestazioni degli enti territoriali legandoli anche agli assi dei fondi europei? Infatti, molto spesso in passato abbiamo avuto una spesa ridotta, dei fondi europei che sono tornati indietro e che hanno poi accentuato questo divario e questo gap, non solo tra nord e sud Italia, ma anche tra nord e sud Europa.
  Per quanto riguarda il percorso procedurale utilizzato dalle regioni che hanno fatto richiesta di autonomia, non è previsto e formalizzato nelle norme costituzionali. Non è, quindi, necessaria una procedura uniforme, in modo tale che qualsiasi regione d'Italia voglia chiedere l'autonomia abbia un canovaccio da seguire?
  Per il resto, la ringrazio per essere stata molto puntuale nel precisare alcuni punti fondamentali.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Grazie, ministra. Noi abbiamo chiesto l'audizione del Ministro per il sud proprio perché volevamo Pag. 7 capire anche qual è l'impostazione, avendo chiesto poi di audire i vari presidenti di regione interessati dal referendum. Giustamente lei stamattina ci ha fatto un discorso molto importante rispetto all'accordo di governo, ma secondo noi c'è un tema altrettanto importante che è legato all'espressione della volontà popolare, con referendum altrettanto importanti in Lombardia e in Veneto.
  In qualche modo stamattina noi ci aspettavamo e ci aspettiamo ancora a breve che si riesca a formare qualcosa in più di una pre-intesa, perché siamo passati dalle pre-intese agli accordi blindati che il Parlamento non poteva modificare. In seguito, leggiamo dai giornali che siamo quasi arrivati a un disegno di legge che è tranquillamente emendabile dal Parlamento. Vorremmo capire in primo luogo da un punto di vista procedurale qual è la sua idea rispetto a questo percorso, che è fondamentale, e a quello che in qualche modo è già avvenuto, anche con l'espressione della volontà popolare.
  Vorremmo capire perché continuiamo a sentir parlare dei rischi di questo processo di autonomia differenziata, senza però riuscire ad avere uno strumento da valutare e da giudicare. Nulla è pervenuto ancora di ufficiale. Continuiamo a sentire questo mantra dei LEP e dei fabbisogni. Noi abbiamo audito qui il SOSE e abbiamo detto che come è stato fatto per i comuni, con uno strumento molto chiaro legato a fabbisogni standard e capacità fiscali e conseguentemente a un Fondo di solidarietà perequativo, si è andati avanti, cioè sono state fatte delle proposte. Qui, invece, siamo in un'assoluta impasse, dove ci vengono evidenziate le criticità, ma non troviamo uno strumento di discussione.
  Dal Governo, con i suoi vari riferimenti, la Stefani, lei e tutti gli altri, ci aspettiamo che ci produca qualcosa, perché va bene evidenziare le possibili derive localistiche... A questo proposito, sul grande tema dell'istruzione noi pensiamo che bisognerebbe iniziare a parlare anche di regole chiare e nette rispetto alle procedure di reclutamento del personale pubblico, perché ci sono ancora l'articolo 97 e l'articolo 28 della Costituzione, ci sono dei limiti sui funzionari pubblici, c'è un tema che dalla Costituzione discende.
  Dunque, ci aspettiamo che da questo punto di vista, se c'è una difficoltà di interpretazione su una di queste possibili materie trasferite, si discuta anche sulle procedure che possono arginarla, ma questo non faccia venire meno una volontà di andare verso una maggiore autonomia differenziata.
  Al netto della questione politica che conosciamo tutti e dei rapporti interni alle intese di Governo, penso che tutti in questa Commissione ci aspettiamo qualcosa in più. Non possiamo sentir evidenziare tutti i giorni le problematicità. Non stiamo audendo i sindacati, le forze datoriali, le forze sociali che ci raccontano le problematiche di un provvedimento; qui stiamo audendo il Governo, che ha anche un percorso già avviato dal precedente Governo, eppure non riusciamo ad avere nessuno strumento da giudicare.
  È chiaro che per noi del Partito democratico pensare che tutto possa essere arginabile sul tema della spesa storica non è concepibile, nel senso che noi crediamo nell'efficientamento, crediamo nelle procedure di miglioramento del rapporto tra Stato e regioni e fermarci al fatto che, siccome c'è qualche problema, allora dobbiamo rimanere sulla spesa storica, facciamo fatica a pensare che una riorganizzazione dello Stato non voglia cogliere questa sfida dell'efficientamento complessivo. Concludo sperando che in qualche modo si faccia un ragionamento molto chiaro.
  Rispetto al gap che giustamente è evidenziato da sempre tra alcune regioni d'Italia, mi chiedo perché in questo ragionamento non si riesca a inserire anche il tema di un fondo serio per gli investimenti che cerchi di ridurre il gap, lavorando in parallelo. C'è un tema di efficientamento della spesa corrente e c'è un tema di differenziazione. L'abbiamo visto con la Ministra Grillo sul tema della sanità. Allora affianchiamo a questo un percorso di recupero del gap da parte di alcune regioni, con dei fondi di investimento, ma questo non precluda Pag. 8 la possibilità di andare verso un efficientamento dell'autonomia.

  PAOLO RUSSO. Innanzitutto ministra mi consenta di esprimerle l'apprezzamento per la chiarezza. Il combinato disposto delle due audizioni, la sua e quella del Ministro Tria, esprimono un elemento di straordinaria chiarezza su questo percorso.
  Mi pare di capire che in primo luogo i LEP e in secondo luogo la comprensione dell'impatto sulla finanza pubblica di questa riforma, come da più parti si chiede, siano i due elementi cardine sui quali il Ministro per il sud si va muovendo. È evidente che sono due elementi cardine, ma sono anche due macigni rispetto all'allegro entusiasmo giovanilistico a cui ho assistito negli ultimi mesi da parte dei più.
  Vengo alle questioni, ministra. La prima è la procedura. È evidente che il tutto è viziato da un'anomalia procedurale che viene dalle famose pre-intese, che in sé rappresentano un'anomalia dal punto di vista procedurale. Avrei piacere di comprendere, secondo lei e secondo il Governo che ella rappresenta, qual è il percorso sul quale bisogna misurarsi e sul quale il Parlamento può provare a esprimere un suo sentimento.
  Inoltre, lei ha parlato di fondo perequativo. Ovviamente parliamo di fondo perequativo per servizi. Rimane l'altro aspetto, che è il gap infrastrutturale. Mi permetterei di suggerirle, se lo ritiene utile, di prestare maggiore attenzione sulla norma, peraltro entrata in vigore già dal primo gennaio di quest'anno, che dovrebbe garantire una percentuale di risorse pari alla percentuale degli abitanti nel Mezzogiorno. Misurando i primi mesi di quest'anno, è evidente che questa norma non è rispettata.
  Dico questo perché non vorrei che, mentre proviamo a discutere di LEP, di fondo perequativo e di fondo perequativo infrastrutturale, il gap, la distanza tra il Mezzogiorno e la restante parte del Paese diventasse ancora più profonda, rendendo ovviamente più difficile qualunque percorso di regionalismo differenziato. In questo senso, avrei piacere di sapere quali sono le sue determinazioni.

  VASCO ERRANI. Grazie, ministra. Devo dire che anch'io ho apprezzato la chiarezza. Per questo le mie domande, molte sintetiche, sono forse banali, però a questo punto forse è arrivato il momento di capire come si intende procedere, perché francamente rischiamo di girare attorno al problema come in una rotonda e, a seconda delle dinamiche giornalistiche, il tema assume un indirizzo oppure un altro, e questa è una cosa che non ci possiamo permettere.
  Se il punto è «bisogna fare l'autonomia differenziata perché è nella Costituzione», sono d'accordo. In secondo luogo, per fare questa autonomia differenziata è indispensabile sì o no determinare i livelli essenziali delle prestazioni? Io lo sottolineo. Mi sembra un tema abbastanza sottovalutato, che tuttavia lei ha posto correttamente in relazione alla questione dell'istruzione.
  Noi, col 116, terzo comma, andiamo a «decentrare» l'ordinamento scolastico. Bisogna determinare quali sono i princìpi fondamentali dell'ordinamento scolastico, cioè quali sono i princìpi fondamentali attraverso cui una singola regione può operare la sua autonomia. Senza questi due riferimenti fondamentali, la forma di autonomia rischia di essere quello che io chiamo «un fai da te», espropriando il Parlamento, unica fonte legislativa per quello che riguarda il decentramento e l'articolo 116, e lasciando alla Corte costituzionale il compito di definirne i confini. Ciò non è accettabile. Questo ci è già accaduto indiscutibilmente con l'applicazione del Titolo V, in modo tale per cui una sentenza e l'altra hanno profilato i confini tra regioni.
  Non è arrivato il momento, ministra, di togliere questa importantissima questione da un confronto politico/politicista e di mettersi a lavorare con un programma serio sulla costruzione dei LEP, sulla definizione dei princìpi fondamentali e, conseguentemente, sulle condizioni finanziarie?
  Lei ha detto una cosa giustissima: il 116, terzo comma, non è il 119. È giusto, la questione del residuo fiscale non esiste in relazione al 116. La questione dell'efficienza e del rapporto tra prelievo e governo in sede locale, dai comuni a salire, non è Pag. 9legata all'aspetto del residuo fiscale o della contribuzione fiscale. Il tema del gap tra nord e sud sulle infrastrutture, sui servizi, sui costi, è un tema che prevede un percorso, a mio parere, almeno decennale, programmato, altrimenti noi, con l'intento migliore e più positivo di fare il bene del nostro Paese, rischiamo di trovarci in un perenne cortocircuito.
  Ciò che si chiede, secondo me, al Governo è a questo punto definire un percorso, con tempi e ambiti reali di discussione, così finalmente potremmo fare un passo in avanti.

  ROBERTA FERRERO. Ringrazio la ministra per l'esposizione. Nella sua relazione ha affermato che negli ultimi vent'anni la differenza tra le regioni, nello specifico tra nord e sud, è cresciuta a dismisura. Questo è un dato di fatto, che ci fa ovviamente pensare che fino adesso abbiamo seguito delle strade non adeguate, quindi obiettivamente c'è bisogno di una svolta. La soluzione è sicuramente quella dell'autonomia. Stiamo parlando ormai da mesi del fatto che l'autonomia va sviluppata comunque in qualche modo. È il metodo da individuarsi la cosa più difficoltosa.
  Fatte queste brevi considerazioni, lei nella sua relazione ha affermato che la pressione fiscale potrebbe essere differenziata tra regione e regione, quindi ha parlato di fiscalità. Siamo nella Commissione federalismo fiscale, ma spesso si amplia il discorso all'autonomia in generale. Per quanto riguarda la pressione fiscale, lei ha accennato al discorso della differenziazione. Vorrei capire qual è la sua opinione o comunque la sua soluzione rispetto alla capacità di riscossione tra regioni, tema che è stato già affrontato in altre audizioni, ovvero la capacità di riscuotere i tributi.

  MARCO PEROSINO. Mi pare di aver capito che lei, signora ministro, coerentemente, essendo un Ministro per il Sud e per la coesione – so bene cosa voglia dire, si può tirare la coesione da una parte o dall'altra – abbia detto che il federalismo con queste basi, con quello di cui si parla in questi mesi, non si può fare. Io l'ho capito così e provo a spiegarle perché.
  Alla fine è una questione di numeri. Forse bisogna mettersi d'accordo, come diceva il collega Errani, sui princìpi a monte. Non ci siamo capiti, ognuno tira la coperta dalla sua parte e capisco che ci sia una forte differenza tra chi interpreta le esigenze del nord, legittime, in particolare di alcune regioni che hanno fatto il referendum, e chi interpreta quelle del resto d'Italia, soprattutto del sud, che cerca di frenare, e di qualche ragione intermedia che cerca di inserirsi nel meccanismo.
  Essendo una questione finanziaria, la maggior parte dei comuni che sono in dissesto sono oggettivamente al sud, anche se ce ne sono tanti al nord che ne hanno fatte di tutti i colori (mi riferisco a Parma, ad Alessandria). «Di tutti i colori» vuol dire di tutti i colori politici, raccontiamo i fatti. Tuttavia, il sud, a parte alcune situazioni, tipo Napoli o Catania... Per noi al nord – faccio una battuta – la stessa Roma in certi casi è considerata sud, non centro. Roma ha un deficit che è quello che è, che è nascosto sotto i tappeti, nelle pieghe del bilancio.
  Inoltre, viaggiamo sui rottami della Delrio. La Delrio è una catena del federalismo, perché riguarda le province e in parte i comuni. Le province hanno a che fare con le regioni, perché una parte del personale è stato trasferito alle regioni, così come una parte delle competenze. Ora si dice: «L'abbiamo sbagliata, torniamo dove eravamo». Ha interferenze di tipo gestionale e anche di tipo finanziario. Credo che sia stata una legge sommamente sbagliata, ma credo altresì che non si possa tornare indietro sulle competenze. Le province, che fanno parte del meccanismo a cascata della gestione degli enti locali – è anche una questione di federalismo regionale – debbono essere mantenute e fatte funzionare nell'attuale funzione, tornando al voto popolare, con adeguati fondi affinché possano soddisfare le esigenze fondamentali, soprattutto strade e scuole.
  A mio avviso, tutto questo fa parte di un discorso che riguarda il federalismo. Ci sono poi oggettivamente situazioni come quelle che abbiamo sentito nelle precedenti audizioni da parte dei governatori. L'Emilia- Pag. 10Romagna richiederebbe – vado a memoria – sei deleghe, la Lombardia ne vorrebbe sedici, il Veneto non ricordo. Creeremmo un caos funzionale nel sistema di gestione dello Stato. Allora forse sarebbe bene, prima di provare a fare queste intese – chiamiamole come vogliamo – che hanno un risvolto finanziario che non vedo al momento possibile nel bilancio dello Stato... Non lo vedo possibile per lunghi anni, se non si procede sulla strada degli investimenti, perché i soldi che vengono erogati, se sono soltanto per la spesa corrente, vanno tranquillamente persi nei rivoli della distruzione della ricchezza. Bisogna creare la ricchezza, quindi bisogna fare investimenti.
  Se non ci mettiamo d'accordo su cosa vuol dire federalismo, mantenendo un'unione di fondo dello Stato – oltre alle materie che sono di sua esclusiva competenza ai sensi della Costituzione, ce ne sono altre che sono di fatto gestite dal centro – se non ci mettiamo d'accordo su chi fa veramente cosa, noi faremo dei discorsi che ci incattiviscono, che creano confusione e caos, ma non vanno da nessuna parte. Dal punto di vista politico, possono provocare delle rotture sia all'interno della compagine governativa – lo dico come giudizio esterno, essendo di Forza Italia – sia trasversalmente a tutti gli altri partiti. Ce n'è per tutti.
  Allora, o riusciamo a capire che non perdiamo tempo e che vogliamo fare alcune cose, ma in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale... Infatti, non è che ognuno decide: «Io voglio queste competenze e me le dovete dare; io ne voglio di più, io ne voglio di meno». Ci vuole un'unità dello Stato affinché si possa perseguire un modo di funzionare che sia uguale per tutti i cittadini e che sia sostenibile dal punto di vista economico.
  Una delle funzioni – valutiamolo – di questa Commissione, con l'aiuto degli esperti che arriveranno ancora nelle prossime settimane e sui quali io confido che possano darci qualche lume... Ognuno la vedrà secondo una certa ottica o secondo un certo settore e sarà specialista di quel settore. Mettiamoci veramente d'accordo su ciò di cui parliamo e su dove vogliamo andare.

  ROGER DE MENECH. Grazie, presidente. Noi siamo convinti che la sfida dell'autonomia sia la vera possibilità di rivoluzionare ed efficientare il sistema della pubblica amministrazione.
  Il tema vero – mi ricollego alle parole del collega Errani – è: quando la politica italiana uscirà dalla propaganda per entrare in una proposta politica concreta. Le faccio degli esempi. Se noi non smettiamo di alimentare le folle a seconda di dove dobbiamo prendere i voti – la dico così, in modo che ci capiamo fino in fondo – noi non riusciamo a portare a casa l'obiettivo vero, che per me è quello dell'autonomia dei cittadini e dei territori. Avvicinare i servizi agli ambiti ottimali e ai cittadini produce un efficientamento, un maggior controllo e, quindi, provoca, secondo il mio personale parere, ma anche quello del nostro Gruppo, un miglioramento del servizio che dobbiamo dare ai cittadini.
  Quando lei esordisce giustamente, come ormai hanno esordito praticamente tutti i ministri, dicendo che non esistono surplus fiscali fra nord e sud, che non ci può essere vantaggio fiscale in questo tema, io le ricordo che i partiti che compongono la maggioranza per anni – lo ha detto il collega Errani, ma lo mostrano anche le cronache degli ultimi vent'anni della storia del nostro Paese – hanno alimentato l'idea che dentro l'autonomia ci sia l'erosione del famoso residuo fiscale.
  Dico questo proprio perché dopo otto mesi di lavoro parlamentare e di audizioni siamo ancora al punto di partenza, perché non usciamo da questa diatriba, dalla propaganda. Noi vogliamo uscire dalla propaganda, quindi, se la maggioranza è disposta innanzitutto a darci le carte, quindi a produrci degli elementi normativi... Infatti, le norme si costruiscono se abbiamo delle bozze su cui lavorare. Questo è un tema enorme, perché sono passati tanti e troppi mesi. Questa è una richiesta che facciamo anche a lei in maniera ufficiale, perché non è possibile continuare a inseguire. Anche oggi abbiamo sentito dai colleghi il numero delle materie. Mi risulta che l'Emilia abbia Pag. 11circa sedici materie. Ancora oggi, se non c'è nulla di ufficiale, non riusciamo a capire fino in fondo dove dobbiamo arrivare.
  Uscendo quindi dalla propaganda ed entrando nella proposta politica seria, possiamo iniziare a capire fino in fondo qual è l'iter, perché è il secondo ministro che viene in audizione e ci dice che non sappiamo quanto costa l'autonomia. Mi pare che sia una frase un po’ pesante, perché bisogna capire quale sarà poi l'iter. L'iter è di procedere con una firma dell'intesa al buio, senza capire quali saranno gli effetti, o l'iter è quello di definirli prima? Li definiremo tutti dopo e, quindi, di fatto andiamo verso una legge delega? Noi siamo disposti a collaborare su tutto, però vorremmo iniziare a capire, e credo che il tempo sia ormai scaduto.
  Sui LEP la stessa considerazione: i LEP si costruiscono se il Governo dà formalmente e ufficialmente gli incarichi per la loro predisposizione (perché così funziona la pubblica amministrazione) alle società del Ministero dell'economia e delle finanze, perché continuare a dire che mancano i LEP e nessuno fa niente sembra anche questo oltremodo preoccupante.
  Colgo invece con favore (voglio però essere sicuro di aver capito bene) il fatto che su alcuni punti lei abbia posto alcuni elementi di chiarezza. Sulla scuola mi pare di aver capito che preferisca l'idea di autonomia regionale dell'Emilia-Romagna rispetto a quella del Veneto e della Lombardia. Su questo voglio capire, perché ha fatto un lungo ragionamento sui docenti, che non saranno regionalizzati e che non saranno regionalizzati il reclutamento e la mobilità, però voglio capire anche questo, perché allora vuol dire che avete iniziato a guardare le tre tipologie di intesa che, come ci hanno detto i presidenti, sono leggermente diverse, e avete iniziato a dire qual è una possibile via d'uscita.
  Le faccio tutte queste domande che però si riconducono a quello che ho detto all'inizio: noi abbiamo bisogno per la nostra attività parlamentare finalmente di uscire dalla propaganda e iniziare a lavorare su una proposta politica, che abbia una caratteristica unica per tutte le forze di Governo, perché altrimenti è complicato per noi lavorare su proposte politiche diverse rispetto a quali esponenti e a quale parte politica viene qui in audizione.

  MARCO OSNATO. Sarò breve perché, come spesso capita, l'onorevole De Menech ha anticipato tutti gli argomenti che avrei voluto trattare.
  Parto da un dato. In un'audizione precedente dissi che io, ma Fratelli d'Italia in genere non è sicuramente per cultura politica un Partito autonomista, e questo ha anche sollecitato la verve mass-mediatica di alcuni colleghi miei conterranei, che si sono dedicati su alcuni giornali a dire che l'autonomia non si fa per colpa di Fratelli d'Italia. Questo ci ha fatto molto piacere, perché vuol dire che siamo determinanti in molte scelte di questo Paese, finalmente dopo un po’ di tempo siamo riusciti a tornare a questo ruolo!
  Ho anche detto in quella sede che l'autonomia, se serve a responsabilizzare i territori e a far sì che vengano amministrati con più attenzione, più oculatezza e più risultati positivi per i cittadini, sicuramente ci pone come minimo in una situazione di attenzione, la situazione di attenzione che abbiamo avuto (la ringrazio, presidente) in tutto questo ciclo di audizioni e di approfondimenti che abbiamo fatto, che è stato veramente completo (credo manchi soltanto il Sottosegretario Giorgetti, non so se il Ministero dell'interno non verrà audito), per cui credo che a questo punto ci siamo fatti un'idea.
  L'idea che io mi sono fatto è che il Governo, i ministri e le strutture centrali dello Stato non ritengano possibile l'autonomia che è stata proposta principalmente da Lombardia, Veneto e in parte Emilia-Romagna, le quali invece ritengono che addirittura non ci sia neanche l'ipotesi di dover approfondire in Parlamento il tema e dovrebbe essere quasi un automatismo bilaterale tra loro e il Governo l'ammissione di questa autonomia.
  Il senatore Errani ci dice di voler capire il metodo con cui arriveremo a una dialettica, a una discussione, io vorrei capire invece se ci arriveremo, se a qualcuno interessi arrivare, perché il collega De Menech Pag. 12 ha ragione, se non ci sono i LEP, se nessuno sta andando a capire come si fanno i LEP, se il Ministro Tria ci ha detto che è impossibile, anzi addirittura che ci sono «alti profili di incostituzionalità» (sono state le sue parole)...
  L'onorevole Russo ha parlato di gap infrastrutturale, io ricordo che Maroni disse che il residuo fiscale della Lombardia poteva essere in gran parte utilizzato proprio per cercare di colmare il gap infrastrutturale che c'era tra il nord, in questo caso la Lombardia, e tante regioni del sud, cioè probabilmente 50 miliardi di residuo fiscale si poteva utilizzare per finanziare opere che allentassero questo gap infrastrutturale. Lo ha detto Maroni quando era Presidente della regione e presentò il Referendum, che è stato votato in Lombardia e in Veneto.
  Io quindi ringrazio i ministri di essere venuti qua, di averci spiegato con sincerità e con puntualità tutte le problematiche, però forse la senatrice Ferrero ha ragione, torniamo a parlare di federalismo fiscale; se non siamo in grado di fare l'autonomia, almeno cerchiamo di valorizzare i territori, torniamo a parlare di quello, vediamo se possiamo fare una riforma magari meno audace, ma che sia praticabile e plausibile, e andiamo a vedere i municipi e le province.
  Anche qui, decidete cosa volete fare delle province, noi siamo pronti ad ascoltare, io sono stato consigliere metropolitano a Milano e sinceramente non è stata un'esperienza molto gratificante se uno la pensa come un servizio ai cittadini, quindi se vogliamo valorizzare i territori noi siamo disponibili, vediamo se vogliamo concedere magari a territori più ristretti un'autonomia.
  Io sono originario di Belluno, una provincia che soffre per una questione orografica, soffre perché è circondata da una regione autonoma e due province autonome, è una provincia di confine, abbiamo presentato la prima proposta a metà degli anni ’60 per chiedere l'autonomia della provincia di Belluno, so che in regione Veneto se ne discute, quindi cominciamo a parlare di questo, noi siamo qua.

  PAOLO SAVIANE. Grazie, Ministra. Essendo stato tirato in ballo dal collega e compaesano Osnato, parto proprio da quell'articolo in cui è stato travisato... io dicevo che l'autonomia è una grossa esigenza, perché sappiamo benissimo che in Veneto vogliamo l'autonomia per il semplice motivo che vediamo la differenza che c'è tra gli abitanti della provincia di Belluno, che è incuneata tra due regioni a statuto autonomo, c'è una differenza notevole, tanto che un comune, Sappada, nella precedente legislatura ha ottenuto il trasferimento dal Veneto al Friuli.
  Ne è un altro esempio l'istituzione di fondi comuni di confine. Lo Stato dice a Trento e Bolzano di mettere a disposizione 80 milioni all'anno per i comuni di confine, che siano Lombardia o Veneto, quindi queste disparità ci sono. È giusto avere le perplessità che anche lei ha sottolineato, però io non davo la colpa in quell'articolo al PD o a Fratelli d'Italia, ho solo detto che noi, che come Lega siamo sempre stati autonomisti e federalisti, con loro non abbiamo ottenuto niente, non ha ottenuto il PD che ha fatto la riforma Delrio che poi è morta e ha messo in difficoltà, perché anche le province non sono alla pari in tutti i territori, a Belluno, dove siamo tanti comuni piccoli, la provincia è vitale, tanto che a Belluno tutti vogliono la provincia, mentre in altre zone come Trieste, dove la provincia è il comune di Trieste più altri due o tre comuni piccoli, è ovvio che magari ci sia meno necessità.
  Credo che l'autonomia che abbiamo sentito tutti sia responsabilità, non egoismo, sia avvicinare al territorio le decisioni politiche; solo da due forze giovani (giovani nel senso di cambiamento) che sono state premiate dall'ultima elezione dell'anno scorso, Lega e Movimento 5 Stelle, riusciremo ad ottenere l'autonomia, che deve essere giusta, tenuto conto anche di tutto il territorio da nord a sud.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Lezzi per la replica.

  BARBARA LEZZI, Ministra per il Sud. Grazie a tutti per i vostri interventi, cercherò Pag. 13 di essere non troppo lunga e di rispondere a tutti.
  Onorevole De Menech, alcune volte si confonde la propaganda con il coinvolgimento dei cittadini in una decisione che interessa tutte le regioni e tutti i cittadini. Vede, noi non avremmo mai e poi mai intrapreso un percorso come quello che c'è stato durante la scorsa legislatura, in cui nessuno sapeva niente del presidente del Consiglio dei ministri che siglava un accordo, una preintesa con due regioni, forse a scapito delle altre. Non è nel nostro costume, io mi rendo conto che era in quello del Partito Democratico, ma sicuramente tra noi e la Lega ci possono essere anche dei toni accesi, ma le diverse posizioni e il dibattito diventa pubblico e trasparente, in modo tale che tutti i cittadini siano pienamente al corrente di una riforma che è sicuramente complessa, significativa, che comporterà dei cambiamenti, ed è la ragione per cui io sono contenta di essere qui e di poterlo dire, così da parlarne anche sui media e che ci sia un dialogo molto franco su questo tema.
  Non abbiamo mai creduto come Movimento 5 Stelle che le decisioni prese in silenzio siano decisioni giuste. Voglio inoltre ricordare a lei e al suo Gruppo che sul sito del Ministero degli affari regionali sono già depositate e pubblicate delle prime bozze, che sono sostanzialmente degli scheletri su cui sono state già date delle opinioni, io mi aspetto e mi auguro che abbiate già iniziato il vostro lavoro per fare la vostra proposta politica, che potrà sicuramente entrare a far parte del dibattito, perché esiste già una scocca su cui lavorare, e non è da poco, su cui esprimersi e portare il proprio contributo, come è giusto che sia.
  Molti di voi hanno affrontato il problema della procedura, ebbene voi sapete che al momento non è molto chiara e definita, ci sono le prerogative da rispettare assolutamente dei presidenti di Camera e Senato, che individueranno il percorso per attuare questa autonomia, queste intese. Come Consiglio dei ministri abbiamo offerto il nostro contributo ai presidenti, che chiaramente poi saranno liberi di decidere, contributo che sarebbe questo: siglare una preintesa, che poi va in Parlamento per essere emendata e poi recepita nuovamente da presidente del Consiglio con le regioni.
  Sembrerà un percorso lungo, ma è necessario e doveroso, proprio perché è una riforma complessa che impatta su tutto il Paese, ed è questa la nostra opinione, soprattutto come Movimento 5 Stelle.
  Senatore Errani, una preintesa non è una legge. È una preintesa che arriva in Parlamento per essere oggetto di risoluzioni, mozioni, suggerimenti da parte del Parlamento. È chiaro che quello che io dico deve essere comunque stabilito dai due presidenti di Camera e Senato, perché è un percorso nuovo, perché il tema che il Movimento 5 Stelle ha posto in Consiglio dei ministri è che tutti i Parlamentari, tutti i rappresentanti del territorio debbano avere la possibilità di esprimersi, sia quelli del Veneto che quelli della Lombardia che quelli della Calabria, tutti, in modo tale che si raggiunga un'intesa fatta bene, non frettolosa, non raffazzonata.
  Lei ha fatto riferimento alla riforma del Titolo V, che purtroppo poi ha portato diversi contenziosi, noi vorremmo cercare di fare una riforma fatta bene. Con quest'ultima frase dico anche che è nelle nostre intenzioni rispettare quei Referendum e rispettare la Costituzione, quindi avviare il percorso dell'autonomia. Noi non stiamo ostacolando niente, vogliamo invece che venga perseguito questo obiettivo, anche perché lo abbiamo inserito nel Contratto di Governo, così come abbiamo inserito nel Contratto di Governo la riduzione del gap tra nord e sud.
  Senatrice Ferrero, la questione di recuperare l'evaso, il non versato non credo che sia materia che attiene soltanto alle regioni del sud. Intendo fare eventualmente qualsiasi riforma o provvedimento che tenda a sburocratizzare, a snellire e ad aiutare tutti coloro che devono sanare i loro debiti con il Fisco, che si parli di nord o di sud a me non interessa, la contrapposizione non mi ha mai appassionato onestamente, quindi non intendo rispondere alla sua domanda di come voglio intervenire nella capacità di recupero nelle regioni del Mezzogiorno, mi interessa di più rispondere alla richiesta su Pag. 14come ridurre il gap infrastrutturale tra nord e sud.
  Vi è stato un riferimento alla clausola del 34 per cento, che entro il 30 giugno vedrà finalmente il decreto attuativo fatto dal Ministro dell'economia e delle finanze per poter monitorare. Di pari passo, in realtà in tutti i nostri provvedimenti stiamo già cercando di rispettarlo e, come voi sapete, in legge di bilancio quella clausola è stata non soltanto resa più cogente, ma anche estesa al settore pubblico allargato, quindi ANAS ed RFI, proprio perché è indiscutibile che negli ultimi 25 anni, a causa della classe dirigente che ha amministrato fino adesso (parlo sia a livello nazionale che a livello locale) c'è stata una sciatteria, una negligenza nel tenere le regioni del Mezzogiorno (parlo delle otto regioni, quindi anche di quelle obiettivo che sono nel centro), nel mantenere un livello appena di sopravvivenza – sostanzialmente – di quelle regioni e ci sono state, a mio avviso, della colpe, delle responsabilità che purtroppo ancora quella classe politica non intende assumersi malgrado i numeri parlino abbastanza chiaro.
  Sto sollecitando e avrete già visto che nel Decreto Crescita ho tra l'altro richiesto una riorganizzazione del Fondo sviluppo e coesione, che ha fatto levare gli scudi ad alcuni Presidenti di regione, ma in realtà io non intendo togliere alcuna risorsa di quelle appostate su quel fondo a quei territori, ma intendo dare delle scadenze ben precise perché vengano fatti progetti e vengono spese quelle risorse che sono ferme e rappresentano quello che chiamerei un delitto politico, perché avere una percentuale di spesa del 2 per cento su un fondo che è destinato per l'80 per cento al sud a causa della negligenza di molti Presidenti di regione del centro-sud...
  Non voglio adesso farne una questione politica, ma qui si è parlato di propaganda, e allora facciamo un po’ un esame di coscienza e andiamo a vedere il colore della bandiera di questi amministratori che tengono delittuosamente queste risorse ferme.
  Tengo qui a ribadire, dal momento che stiamo parlando del 34 per cento, che quelle risorse verranno mantenute su quei territori, ma ci saranno delle scadenze improrogabili, entro le quali dovranno essere spese per investimenti, perché al sud c'è bisogno di scuola, di servizi, di istruzione, di treni, di ferrovie, di strade almeno decenti, infatti in Sicilia siamo dovuti intervenire anche con un commissariamento.
  All'onorevole Ruggiero volevo dire che il tema dei fondi europei si sposa con quello del divario, perché soprattutto dalle amministrazioni centrali fino adesso sono stati letti come fondi destinati alle regioni più svantaggiate, ma sono stati considerati come unici anziché aggiuntivi.
  Questo è un paradigma che noi stiamo cambiando, perché quei fondi strutturali devono essere aggiuntivi, quindi in realtà non c'è stato un tema di perdita di fondi, noi abbiamo sempre perso pochissimo, quando l'abbiamo perso, ma più che altro non sono stati accompagnati da una quota nazionale di investimenti in quelle regioni, per cui hanno soltanto messo delle toppe. Se invece vengono utilizzati come davvero devono essere utilizzati, quindi come risorse aggiuntive, è chiaro che anche qui c'è un tema di responsabilità degli amministratori del come vengono spesi.
  A volte non basta spendere, perché si è detto tante volte che spesso i fondi strutturali sono stati spesi per fare rotonde, per fare marciapiedi, in alcune regioni ci sono stati dei Presidenti di regione che avevano previsto anche il crocifisso sotto casa, però quelli non sono gli investimenti che servono alle regioni del sud.
  È chiaro che non posso scendere nelle decisioni dei Presidenti di regione, ma con un affiancamento molto deciso stiamo riuscendo a fare anche quelle opere che fino adesso erano rimaste incompiute.
  Ho parlato molto di istruzione perché mi interessa particolarmente, ma c'è un tema che in questa discussione nel dibattito parlamentare vorrei che non venisse trascurato, che è quello che è il diritto degli studenti veneti o lombardi di avere continuità didattica. Questo è un tema che deve essere necessariamente affrontato, pur mantenendo il diritto degli insegnanti a voler ritornare nei luoghi di origine, anche quello è un tema che deve essere affrontato, chi Pag. 15ha a cuore l'istruzione non può marginalizzare quella che diventa sempre più una criticità in alcune zone del nostro territorio. Io sono per la coesione, guardo al nostro Paese come intero, a tutta l'Italia, quindi non si può non considerare anche questa criticità, che è molto importante.
  Così come nelle richieste di Veneto e Lombardia c'è una assegnazione di maggiori fondi pubblici alle scuole private. Anche qui ritengo che per salvaguardare l'istruzione degli studenti veneti e lombardi ci debba essere una particolare attenzione, in modo tale che la scuola pubblica in quelle regioni non venga depauperata a scapito degli studenti e degli insegnanti.
  Ribadisco che non amo e non mi ha mai appassionato la contrapposizione nord/sud, so che adesso per l'autonomia ci sono delle bozze su cui si può lavorare; sicuramente non avrei scritto libri, non avrei parlato di secessione dei ricchi, al posto di tanti media e tanti commentatori non l'avrei mai fatto, perché non si può criminalizzare né la richiesta, né chi coglie quella richiesta ed è pronto alla mediazione, non tutto si può e non tutto si deve dare, ma è tutto frutto di una mediazione che deve guardare sempre all'impatto sui cittadini, tutti i cittadini italiani.
  Penso di aver risposto più o meno a tutto, e vi do una ulteriore informazione: la Ministra Stefani ha aggiornato, in base alle osservazioni soprattutto del Ministro Tria, la bozza, che ancora non è disponibile. Su questo voglio dire che non sono questioni semplici, sono questioni complesse, e, siccome abbiamo intenzione sia noi che i colleghi della Lega di fare un buon lavoro, è chiaro che il Ministro Stefani si è preso il tempo necessario per recepire in maniera puntuale anche le osservazioni del Ministro Tria, così come quelle dei Ministri della sanità, dell'istruzione, dell'ambiente, della cultura e le mie richieste, perché è chiaro che come autorità politica delegata alla coesione ho posto degli interrogativi, delle domande e delle questioni, che sono tese a salvaguardare quella parte del Paese che fino adesso è stata trascurata e che abbiamo inserito nel Contratto di Governo come questioni da risolvere.
  È chiaro che le due riforme, i due intenti del Governo del cambiamento non devono confliggere, ma in piena serenità noi siamo aperti alla discussione, alla mediazione, e soprattutto per quanto ci riguarda a nostro avviso il Parlamento deve potersi esprimere in questa e in altre Commissioni, perché sono adesso ministro, ma sono prima di tutto una senatrice, sono una rappresentante del popolo già dalla scorsa legislatura e ritengo che non ci sia questione e principio più importante di quello che il Parlamento è e deve restare sovrano.
  Credo che se noi riuscissimo ad avere un percorso di questo genere, quindi una preintesa che venga discussa in Parlamento in un dibattito pubblico, non possa essere che arricchita e resa migliore. A me non interessa raggiungere l'obiettivo per forza domani, lo vorrei raggiungere quanto prima perché voglio rispondere ad un'esigenza che è venuta da due regioni e da quei cittadini che si sono recati a votare un referendum, ed è giusto rispondere. È chiaro che, così come quelle bozze sono state costruite all'inizio, non potevano andar bene, perché andavano a scapito di un'altra parte del Paese, e questo noi non lo possiamo accettare.
  Ora però non ho dubbi sul fatto che il Ministro Stefani abbia recepito tutte le osservazioni che le sono state poste, adesso noi aspettiamo di vedere l'altra bozza, in Consiglio dei ministri siamo prontissimi ad analizzarla puntualmente, se ci saranno ancora problemi di divario, problemi di ricaduta negativa su alcuni cittadini, andremo nuovamente a chiedere delle correzioni già noi in Consiglio dei ministri prima che raggiunga il Parlamento, dove sicuramente ci sarà, come dicevo, un nuovo livellamento a favore di tutti, perché quel principio costituzionale di coesione nazionale non può essere derogato, né marginalizzato. Questo è l'aspetto a mio avviso più importante.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Lei all'inizio ha esordito dicendo che c'è questa bozza che possiamo vedere, poi in tutto il suo intervento ha replicato dicendo che va integrata, quindi noi abbiamo una bozza su cui possiamo pensare che ci sia uno pseudo Pag. 16accordo oppure non c'è ancora niente? Eventualmente ce la trasmetta, così iniziamo a lavorare. La trasmettano alla Commissione!

  PRESIDENTE. Ho già annunciato in Ufficio di Presidenza che abbiamo già inviato una lettera al Ministro Stefani per avere la documentazione. Questa è una questione che abbiamo già affrontato.
  Ringrazio il Ministro Lezzi per il suo intervento. Dispongo che la documentazione prodotta sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.45.

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