XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Martedì 30 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Briziarelli Luca , Presidente ... 3 

Audizione del presidente del III municipio di Roma Capitale, Giovanni Caudo:
Briziarelli Luca , Presidente ... 3 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 3 
Briziarelli Luca , Presidente ... 5 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 5 
Briziarelli Luca , Presidente ... 10 
Nobili Luciano (PD)  ... 10 
Briziarelli Luca , Presidente ... 10 
Nobili Luciano (PD)  ... 10 
Briziarelli Luca , Presidente ... 10 
Nobili Luciano (PD)  ... 11 
Briziarelli Luca , Presidente ... 11 
Nobili Luciano (PD)  ... 11 
Briziarelli Luca , Presidente ... 11 
Nobili Luciano (PD)  ... 11 
Briziarelli Luca , Presidente ... 11 
Nobili Luciano (PD)  ... 11 
Briziarelli Luca , Presidente ... 11 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 11 
Raimo Christian , assessore alla Cultura del III municipio di Roma Capitale ... 12 
Muroni Rossella (LeU)  ... 12 
Briziarelli Luca , Presidente ... 13 
Muroni Rossella (LeU)  ... 13 
Briziarelli Luca , Presidente ... 13 
Muroni Rossella (LeU)  ... 13 
Briziarelli Luca , Presidente ... 13 
Muroni Rossella (LeU)  ... 13 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 13 
Briziarelli Luca , Presidente ... 14 
Ferrazzi Andrea  ... 15 
Braga Chiara (PD)  ... 15 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 15 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 15 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 18 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 18 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 19 
Caudo Giovanni , presidente del III municipio di Roma Capitale ... 19 
Briziarelli Luca , Presidente ... 20 

(La seduta, sospesa alle 14.35, è ripresa alle 14.40) ... 20 

Comunicazioni del Presidente:
Briziarelli Luca , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA BRIZIARELLI

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito.

Audizione del presidente del III municipio di Roma Capitale, Giovanni Caudo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del III Municipio di Roma Capitale, Giovanni Caudo, accompagnato dall'assessore Christian Raimo e dal capo staff Gabriele Basile, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione ha come oggetto l'incendio avvenuto l'11 dicembre 2018 – quindi proseguiamo con le audizioni – presso l'impianto di trattamento meccanico biologico di via Salaria in Roma.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Ricordo che la Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, nonché dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito i nostri ospiti a svolgere la relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste da parte dei commissari.
  Do la parola la nostro ospite per lo svolgimento della relazione.

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. Grazie, presidente. Sono molto onorato di essere qui questa mattina. Grazie anche agli onorevoli che sono presenti.
  Le vicende per cui sono stato chiamato qui oggi per essere ascoltato attengono, come diceva adesso il presidente, all'impianto di trattamento meccanico biologico TMB di proprietà dell'AMA, l'azienda municipale ambiente, che a sua volta è di proprietà del 100 per cento del comune di Roma. Si tratta, quindi, di un bene pubblico.
  Ebbene, questo impianto ha limitato e in alcuni momenti cancellato per molti anni un diritto naturale e sacrosanto dei nostri cittadini, cittadini della Repubblica italiana, il diritto a respirare e ad avere una vita dignitosa.
  Le vicende che mi appresto a raccontare restituiscono un quadro per lo più fatto di rimozioni, di negazioni, di sottovalutazioni del rischio ambientale prodotto da quell'impianto che non è meno rilevante o importante di altre situazioni di inquinamento e di conflitti ambientali che sono presenti nel nostro Paese.
  La posizione del sito sostanzialmente all'interno del centro abitato, l'eccessiva quantità di rifiuti che entravano nel sito, in parte per essere trattati e in parte per essere trasferiti, il mancato aggiornamento Pag. 4dell'impianto alle migliori pratiche di gestioni prescritte dalla normativa comunitaria e ancora la fragilità complessiva del ciclo dei rifiuti della città di Roma, sono stati tutti fattori di rischio e di pericolo che si sono mostrati plasticamente l'11 dicembre del 2018 quando, come ricordava il presidente, in seguito a un incendio divampato nell'impianto, una nube tossica si è sollevata e ha coperto la città di Roma, la capitale del Paese e una delle capitali dei sette Paesi più industrializzati; una nube tossica estesa cinque chilometri e larga un chilometro.
  Dalla Salaria all'Eur tutti i romani hanno sentito quello che gli abitanti del Municipio hanno sopportato per tanti anni, un'aria irrespirabile e probabilmente dannosa alla salute.
  Si tenga conto di questa evidenza plastica nel valutare le cose che dirò di seguito quando metterò in evidenza il mancato ascolto, ripetuto nel tempo e aggravato poi anche dalla negazione dell'evidenza con cui i cittadini del Municipio sono stati trattati dalle istituzioni, dai soggetti che avevano la responsabilità di assicurare il miglior funzionamento possibile di quell'impianto, la sua chiusura e la sua rimozione.
  Andiamo con ordine. Ho avuto occasione di consegnare al presidente della Commissione davanti a piazza Montecitorio il parere formulato il 16 novembre del 2018 dall'Agenzia regionale per la protezione ambiente del Lazio. Eravamo a poco più di un mese dalla manifestazione del 6 ottobre quando, in modo del tutto civile, ordinato e composto, quasi duemila persone sono scese a manifestare lungo la via Salaria dinanzi all'ingresso dell'impianto.
  La parola d'ordine di quella manifestazione fu «noi sappiamo che si può chiudere, ma voi fate di tutto per non farlo». E per farlo, per farlo chiudere, chiedemmo alla sindaca, alla regione, all'AMA di attivare una cabina di regia che accompagnasse, in modo trasparente e programmato, tutti i passaggi per arrivare alla chiusura dell'impianto di TMB di via Salaria, come era stato più volte annunciato, entro il 2019; un annuncio che veniva, però, sempre accostato al raggiungimento per la città di Roma di una percentuale di raccolta differenziata pari al 70 per cento, mentre eravamo e siamo ancora appena sopra il 43 per cento.
  Negli ultimi tre anni l'incremento è stato di pochi punti percentuali. L'orizzonte della chiusura senza l'attivazione di azioni e decisioni precise e programmate che accompagnassero seriamente il processo di progressiva dismissione era da considerare solo un annuncio senza fondamento. Ecco, i cittadini negli anni avevano perso la fiducia nelle istituzioni, ma non solo questo, avevano anche la sensazione, per non dire la certezza in alcuni casi, che le istituzioni li stessero prendendo per il naso o li trattassero come cittadini di serie B.
  Mentre si proclamava la chiusura, non si faceva nulla per conseguirla. È evidente a tutti che un impianto di quel genere non si chiude con un giro di chiave. Anzi, mentre si proclamava la chiusura, si faceva il contrario.
  Vi prego di prendere nota di quanto sto per dirvi. Il 6 ottobre, quando convocammo la manifestazione, era un sabato. Ebbene, il giorno prima l'amministrazione comunale, nella figura dell'assessore Montanari, e l'amministratore delegato dell'AMA indicono una conferenza stampa nella quale annunciano che, in partnership con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, l'ARPA Umbria, avrebbero finanziato l'installazione di nasi elettronici lungo la Salaria e nel quartiere e avrebbero svolto un monitoraggio per capire da dove venivano i cattivi odori.
  In una successiva riunione svoltasi a fine ottobre, questa volta convocati sempre dall'AMA e dell'assessore presso la sede dell'assessorato a Porta Metronia, una riunione nella quale doveva essere spiegato a noi e ai colleghi di Rocca Cencia, che però non si presentarono, il modo in cui sarebbe avvenuto il monitoraggio e cosa dovevano fare i Municipi, monitoraggio che sarebbe andato avanti per diverso tempo e diversi mesi, mentre si diceva che si chiudeva, si metteva in moto un meccanismo di rilevazione con soldi pubblici che doveva dimostrare in modo scientifico, parole dell'allora assessore Montanari, quali erano le Pag. 5fonti odorigene nella zona e in fin dei conti certificare se i miasmi provenivano dal depuratore ACEA, che sta dall'altra parte del fiume, o dall'impianto AMA.
  Non era coinvolta ARPA Lazio, ma ARPA Umbria e soprattutto non era coinvolta ACEA, titolare dell'impianto di depurazione e anche essa azienda pubblica, però, al 51 per cento e quotata in Borsa. Io rimasi basito da quanto prospettato: soldi pubblici per svolgere un monitoraggio di un impianto che doveva chiudere di lì a pochi mesi, il cui esito poteva avere conseguenze su una società pubblica quotata in Borsa senza che si sentisse il bisogno di coinvolgere questa stessa società fin dall'inizio del monitoraggio.
  Cari onorevoli, in quei mesi in cui protestavamo perché la mattina e la sera le nostre vite erano molestate dai miasmi e dai cattivi odori che si espandevano sempre di più nel territorio, segnalazioni dei cattivi odori venivano ormai sempre più spesso non solo dal Municipio, dal III Municipio, ma anche dal II Municipio, da piazza Verbano e anche oltre. Mentre le persone e i cittadini subivano queste molestie, le istituzioni si presentavano con proposte insensate, direi quasi offensive.
  Per questo, quando abbiamo letto il parere dell'ARPA Lazio presentato per la Conferenza di servizi aperta presso la regione Lazio per la revisione dell'AIA, l'autorizzazione integrata ambientale, abbiamo avuto per la prima volta la conferma che quanto da noi sostenuto in tutte le sedi e con tutte le forze non poteva più essere ignorato e soprattutto che la rilevanza di quanto avveniva in quell'impianto interessava non solo il Municipio o la città di Roma, ma il territorio nazionale, non fosse altro che per le implicazioni dovute ai luoghi dello smaltimento dei prodotti che uscivano da quell'impianto.
  Dei contenuti della relazione voi siete avvertiti, avete avuto modo di approfondirli, ma ci sono alcuni passaggi che ritengo utile riprendere e rimettere alla vostra attenzione oggi.
  Riporto: «Dalle considerazioni sopra riportate emerge che l'impianto, nella sua gestione ordinaria, presenta rilevanti criticità che riguardano le modalità e l'efficacia dei trattamenti effettuati».

  PRESIDENTE. Può ripetere l'atto che sta citando?

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. Si tratta della relazione dell'Agenzia regionale protezione ambiente Lazio, consegnata il 16 novembre del 2018 alla regione Lazio.
  Riprendo il virgolettato: «Dalle considerazioni sopra riportate emerge che l'impianto, nella sua gestione ordinaria, presenta rilevanti criticità che riguardano le modalità e l'efficacia dei trattamenti effettuati e la conseguente produzione di rifiuti che non hanno le caratteristiche qualitative e quantitative previste dall'atto autorizzativo, nonché i conseguenti impatti ambientali derivanti dalla gestione in stoccaggio dei rifiuti prodotti dall'impianto (pagina 13 della relazione dell'ARPA)».
  Ancora, a proposito degli odori molesti, la relazione certifica che l'impianto produce odori molesti. Infatti, «si rileva, inoltre, che nella documentazione tecnica degli atti del procedimento non vengono fornite puntuali ed esaustive indicazioni riguardanti la modalità di gestione degli stoccaggi adottati per gli scarti di raffinazione. Tali informazioni risultano ancora più rilevanti ai fini della problematica degli odori molesti prodotti dall'installazione nel momento in cui il citato rifiuto risulti non stabilizzato e ancora putrescibile (pagina 10 della relazione)».
  Paradossale è poi il dato sulla produzione degli scarti derivanti dal trattamento che, come si evidenzia dalla relazione, nel 2017 risultano in quantità maggiore dei prodotti derivati dal trattamento del combustibile da rifiuti.
  Cito ancora tra virgolette parti della relazione: «Rispetto alla produzione prevista dall'autorizzazione, dalle migliori tecniche disponibili di settore e dal piano di gestione rifiuti in quantità pari al 35 per cento di combustibile derivato dai rifiuti l'impianto di cui parliamo ne ha prodotto una quantità inferiore pari al 22,4 per cento nell'anno 2016 e al 19,6 per cento Pag. 6nell'anno 2017 originando, al contempo, una notevole quantità di scarto primario in quantità pari a 21,7 per cento nell'anno 2016 e al 25,6 per cento nell'anno 2017, ovvero nel 2017 una produzione addirittura maggiore rispetto a combustibile da rifiuto stesso destinato per la maggior parte a smaltimento» (pagina 27 della relazione). Quell'impianto produceva più scarti che prodotti, produceva il 25,6 per cento di scarti contro il 19,6 per cento di combustibile da rifiuto.
  Questo è il paradosso che non solo i cittadini del Municipio, ma tutti quanti gli italiani hanno vissuto in un impianto che produceva, come viene accertato dalla relazione per la prima volta, più scarti che rifiuti.
  Ancora: «L'impianto, pur lavorando ampiamente sotto soglia, non risulta in grado di produrre, quale riferimento alla frazione organica stabilizzata, un rifiuto conforme a quanto previsto dall'atto autorizzativo e a quanto previsto dai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. Ci sono evidenze che l'impianto produce rifiuti che presentano ancora caratteristiche di putrescibilità costituendo, pertanto, una fonte maggiormente odorigena e che pertanto non possono essere identificate dal gestore quale frazione organica stabilizzata. Ne consegue che in virtù dei requisiti previsti dalla disciplina vigente in materia di smaltimento in discarica i medesimi dovrebbero essere riprocessati ai fini del loro smaltimento».
  Il paradosso è un impianto che produce più scarti che prodotti e gli scarti dovrebbero essere sostanzialmente rimessi in lavorazione. Per tutto ciò quella relazione si chiuse con queste parole: «La valutazione della documentazione allo stato attuale agli atti non può che determinare un parere negativo di ARPA Lazio a riscontro della medesima».
  Cari onorevoli, quella relazione certificò che i cittadini avevano ragione e tutti gli altri torto.
  I cittadini avevano elementi fattuali che potevano e dovevano essere ascoltati per tempo dalle autorità preposte per evitare che tutto quello che poi è accaduto accadesse e invece veniva per lo più nascosto e per farlo – richiamo qui la vostra attenzione – si è negato per anni che quell'impianto provocava molestie alla vita quotidiana delle persone.
  Sarebbe facile fare delle speculazioni anche sulle sorti, sulla salute, sulle persone che si sono ammalate, ma non mi voglio spingere su questo terreno. Mi voglio fermare all'evidenza delle molestie alla vita quotidiana quando ogni giorno, ogni santo giorno che sorge il sole, puoi essere in piena forma e ti vuoi fare una corsa per strada, puoi essere malato e ti devi chiudere in casa, puoi essere un anziano non autosufficiente, puoi essere un bambino che va all'asilo, che sta a cinquanta metri da quell'impianto e vorresti uscire per giocare nel giardino. Potresti essere una qualunque di queste persone, ma non puoi fare niente senza che il cattivo odore ti entri nelle narici e respirando ti molesti. In tanti casi ti fa arrossare gli occhi e ti fa venire la tosse.
  Sono stati i più deboli, i bambini e gli anziani, che ci hanno rimesso per anni. Ecco perché oggi siamo qui. Lo dobbiamo tutti insieme a quei cittadini. Da qui, da queste stanze, dalla vostra presenza e dalla vostra attenzione si dovrebbe sollevare una sola voce e una sola parola: scusate, scusate se non vi abbiamo ascoltato, se abbiamo negato l'evidenza, scusateci perché potevamo evitare tanti rischi e tante conseguenze, ma soprattutto potevamo avviare da tempo una riflessione seria sulla modernizzazione della chiusura del ciclo dei rifiuti a Roma.
  Quello che vi vorrei riportare è che il TMB del Salario è stato, in realtà, la punta dell'iceberg sotto il quale si nascondeva un sistema che non funzionava e che tuttora non funziona. Per molti anni questo malfunzionamento si è scaricato addosso alla vita di migliaia di cittadini che abitavano a poche decine di metri dall'impianto.
  In preparazione della manifestazione del 6 ottobre, quindi nei mesi di agosto e settembre del 2018, abbiamo autopromosso, come Osservatorio municipale permanente per la chiusura del TMB del Salario, un monitoraggio delle emissioni odorose. Pag. 7
  Le rilevazioni effettuate hanno seguito un modello che abbiamo preso in prestito dalla regione Lombardia. Abbiamo raccolto 240 schede e 240 famiglie, per circa due mesi, hanno ogni giorno segnato su questo foglio il momento in cui si percepivano gli odori e l'intensità di questi odori.
  Su 3.483 punti di rilevazione in 1.672 casi non è stato rilevato nessun disturbo, ma negli altri 1.800 casi, cioè il 52 per cento, sono stati segnati casi di nausea, vomito, mal di gola, difficoltà di respirazione.
  L'abbiamo fatto in forma del tutto volontaria. I dati rilevati sono stati geolocalizzati e correlati con gli orari di percezione dell'odore ed è emerso con evidenza che il fattore delle correnti d'aria condizionata dalle temperature provocavano dei moti ascensionali che portavano la sera i cattivi odori provenienti dall'impianto in quota e quindi gli odori erano in prevalenza percepiti dalle parti alte dei quartieri abitati, mentre la mattina i cattivi odori stazionavano di più lungo la Salaria a Castel Giubileo.
  Parliamo di evidenze alle quali l'AMA e Roma Capitale opponevano un atteggiamento negazionista che si è rivelato poi falso. È evidente a tutti noi che da quando c'è stato l'incendio l'impianto non è più funzionante. È inutile dire che la problematica della molestia degli odori è totalmente sparita.
  È soprattutto irresponsabile il comportamento che è stato assunto in tutti questi anni. Vorrei sottolineare questo aspetto citando alcuni fatti avvenuti anche a ridosso dell'incendio, in cui si è reiterato questo atteggiamento di profonda irresponsabilità. Non c'è stata alcuna comunicazione da parte delle autorità del comune di Roma sui valori di diossina emessi nell'aria.
  La sindaca non ha ritenuto di venire, anche se invitata dal Municipio per incontrare i cittadini e tranquillizzarli. L'ARPA Lazio ha installato giustamente un impianto di monitoraggio nel cortile della scuola Jean Piaget a piazza Minucciano, ma il Dipartimento ambiente e nessun altro ufficio istituzionale di Roma Capitale ha mai fornito ufficialmente i dati di quelle rilevazioni per essere portati a conoscenza delle insegnanti e del consiglio scolastico.
  Come Municipio abbiamo convocato l'ASL competente e comunicavamo i dati pubblicati dall'ARPA, ma vorrei ricordare che la responsabilità della salute pubblica è della sindaca e non del presidente del Municipio.
  Nei giorni immediatamente successivi l'incendio, le diossine e i furani sono risultati anche 60 volte più alti dei valori di riferimento. Sebbene l'esposizione è stata di pochi giorni, circa quattro, con valori molto al di sopra dei limiti, su questo è stato fatto un monitoraggio dall'ASL che poi mi premurerò di lasciare insieme alla relazione per farvi capire come è stato l'andamento dei valori all'interno delle rilevazioni che sono state fatte nei sette giorni successivi all'incendio.
  Non abbiamo fatto allarmismi, ma il silenzio con cui è passata la nube tossica sulla città per me appare incomprensibile e indica ancora una progressiva sottovalutazione delle questioni di rischio di incidente rilevante a cui la capitale può essere sottoposta.
  L'altro giorno per una banale allerta meteo è arrivata la convocazione da parte della Protezione civile del Centro operativo, la Centrale Operativa Centrale. Nessuna procedura di emergenza è stata attivata in occasione dell'incendio, a parte la mattina in cui si è riunita la cabina di regia presso l'impianto stesso. Nei giorni a seguire l'incendio nessuna notizia è stata data sulla gestione della fase post incendio.
  Per sapere qualcosa sulle condizioni dell'aria, sull'impianto abbiamo richiesto e ottenuto la convocazione della Commissione trasparenza dell'Assemblea capitolina che è venuta presso la sede del Municipio a piazza Sempione dove sono stati convocati l'AMA, l'assessore Montanari, il Dipartimento ambiente di Roma Capitale. Da lì è stato possibile conoscere ufficialmente i dati delle emissioni di PM10 e delle diossine da parte dell'ARPA e il monitoraggio che fu svolto dall'ASL sui prodotti agricoli. Soprattutto, venimmo a sapere del quantitativo di rifiuti che ancora era dentro l'impianto, alcuni sequestrati altri in via Pag. 8di rimozione. Si è parlato di circa 2.000 tonnellate di rifiuti tra quelli sparsi nel piazzale e quelli ancora dentro la fossa, oltre la frazione organica stabilizzata, la FOS, che abbiamo scoperto, in un sopralluogo successivo fatto nell'impianto il 4 marzo scorso, che ammontava ad oltre 5.000 tonnellate e che per lo più, ci risulta, sono ancora lì.
  Onorevoli, parliamo di 2.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati rimossi dalla fossa di conferimento da parte dei Vigili del fuoco per procedere e assicurarsi il totale spegnimento dell'incendio; 2.000 tonnellate erano quelle che la mattina dell'11 dicembre, quindi prima dell'incendio, erano presenti nella fossa di conferimento. Dovrebbe bastare questo dato a chiarire il paradosso di quell'impianto autorizzato per 750 tonnellate al giorno e ne riceveva in media circa 500-550, ma non riusciva neanche a lavorare queste e quindi si accumulavano dentro la fossa, fermentavano e diventavano putrescenti.
  Ecco la prova evidente di quello che noi avevamo cominciato a denunciare già nell'agosto del 2018 quando la Commissione di controllo prevista dal contratto di Roma Capitale inviò ai Municipi il rapporto annuale del 2017 sul servizio dell'AMA che oltre ad analizzare la soddisfazione, si fa per dire, del servizio si dava conto del flusso dei rifiuti e del loro trattamento.
  Il dato dell'impianto del TMB del Salario era incredibile, nel senso letterale del termine. Tra il 2016 e il 2017 il conferimento nell'impianto, il conferimento di rifiuti indifferenziati nell'impianto era aumentato del 32 per cento arrivando quasi a 160.000 tonnellate l'anno. Una montagna di rifiuti indifferenziati che per essere smaltiti richiedevano giorni di attesa con le conseguenze di cui dicevamo prima.
  Era l'unico impianto tra tutti quelli del comune di Roma, tra pubblici e privati, che presentava dati del conferimento in incremento. Tutti gli altri impianti riducevano il conferimento, sia quelli di AMA Rocca Cencia, sia quelli del privato COLARI, quelli di Malagrotta, gli impianti TMB di Malagrotta che, però, se non erro, in quel periodo erano già sotto il controllo di un commissario prefettizio.
  Per chi vi parla fu l'evidenza che le istituzioni avevano nascosto in quegli anni la verità ai cittadini. Il Salario era diventato l'impianto principale della città. Trattava quasi la metà dei rifiuti indifferenziati di AMA e bisognava, per scongiurare presunte emergenze, negare e negare, far finta di niente. C'è qui anche una responsabilità della precedente amministrazione del Municipio, che nonostante fosse organica a quella di Roma Capitale non ha sentito il dovere di conoscere e diffondere i dati sui flussi per richiamare l'attenzione dei responsabili alle conseguenze che quell'incremento stava determinando sulla vita delle persone.
  In questioni di questa rilevanza non ci devono essere veli di natura partitica e di appartenenza politica. Per questo la mia prima azione da presidente è stata quella di convincere i tanti comitati e cittadini, che da anni lottavano spesso su fronti opposti, a unirsi tutti insieme e a costituire l'Osservatorio municipale permanente per la chiusura del TMB.
  Dal 24 luglio del 2018, quando fu convocata la prima riunione, fino ad oggi sono state fatte decine di riunioni. Si è rivelato uno strumento decisivo e importante per l'attività di conoscenza che abbiamo saputo produrre, per l'attività di divulgazione che abbiamo saputo diffondere, per l'attività di mobilitazione che abbiamo saputo organizzare e di lotta che abbiamo saputo svolgere con il ruolo del presidente del Municipio quale garante dell'Osservatorio in tutti i rapporti istituzionali e anche nei confronti delle forze dell'ordine.
  Io stesso mi sono assunto in prima persona la responsabilità per organizzare le manifestazioni e i presidi di cui vi ho in parte fatto cenno. Oggi la battaglia per la chiusura dell'impianto non è vinta. Manca un atto ufficiale e formale che dichiari chiuso quell'impianto e soprattutto manca la cancellazione dell'autorizzazione integrata ambientale.
  Il 16 febbraio abbiamo organizzato una nuova manifestazione, anche questa molto partecipata, per ribadire questo obiettivo e Pag. 9chiedere ancora una volta che si formi un gruppo di lavoro per valutare la nuova utilizzazione di quell'area dato che l'impianto e nessun tipo di rifiuto potrà più entrare all'interno di quell'area.
  In un incontro in Municipio abbiamo consegnato alla sindaca una lettera in cui ribadiamo che al momento non risulta che alla regione sia pervenuta una chiara e inequivocabile manifestazione di volontà di dismissione dell'impianto, così da procedere con la revoca dell'autorizzazione integrata ambientale.
  La preoccupazione è che il permanere di questa autorizzazione possa consentire di riattivare in parte l'uso dell'area per il trattamento dei rifiuti. Soprattutto la nostra preoccupazione è per quello che concerne l'attività di trasferenza. Si tratta di un'eventualità che, come cittadini e istituzioni, riteniamo inaccettabile ancor più dopo quanto accaduto.
  Ribadiamo, se ancora ce ne fosse bisogno, che il sito in questione è all'interno di una zona urbana distante solo 50 metri dalle prime case e 150 metri da un asilo nido e non risulta, quindi, assolutamente idonea per nessuna attività che prevede il trattamento o la trasferenza di rifiuti.
  Questa lettera che abbiamo inviato alla sindaca non ha ancora avuto alcuna risposta. Nella lettera chiediamo, e lo ribadiamo anche oggi alla vostra presenza, che si deve considerare che l'attività nell'impianto è stata probabilmente svolta senza un'adeguata attività di analisi sulle emissioni prodotte dall'impianto. Più volte si è chiesta un'analisi approfondita dell'impatto del TMB sulla salute degli abitanti delle zone circostanti.
  C'è stata, per anni, una condotta tesa a negare qualunque problema dovuto ai miasmi e diversi interventi, anche strutturali, effettuati non si sono rivelati né adeguati, né efficaci.
  In conclusione, ribadisco qui quanto abbiamo chiesto in queste ultime settimane anche in occasione del sopralluogo fatto dalla Commissione ambiente della Camera negli impianti. I cittadini chiedono la revoca immediata dell'autorizzazione integrata ambientale quale conseguenza della dismissione dell'impianto, la definitiva rimozione dei rifiuti dal sito di via Salaria 981 e la comunicazione dell'analisi ambientale che scongiura qualsiasi tipo di contaminazione dovuta al prolungato stoccaggio di materiali diversi da quanto codificato e dai residui di combustione del rogo, il cambio di destinazione dell'uso dell'area da definire anche attraverso un vero percorso partecipato. Noi abbiamo solo due paletti nella trasformazione di questo sito. Il primo, che all'interno di quell'area non può entrare più nessun tipo di rifiuto e il secondo che i cittadini vengano risarciti non in moneta, ma aprendo quel sito alla possibilità di una fruizione pubblica di un parco.
  Villa Spada, che è il quartiere immediatamente adiacente, è un quartiere che non ha nessuno spazio pubblico, neanche un metro quadro. Sarebbe del tutto normale risarcire gli abitanti di Villa Spada consentendo l'accesso pubblico di quest'area e l'affaccio sul fiume che è proprio prospiciente all'area stessa.
  A proposito del cambio di destinazione d'uso e per sottolineare ancora come si persegue, nonostante tutto, con atteggiamenti irresponsabili, vorrei qui citare la vicenda del rendering, del progetto del TMB diffuso dalla sindaca poche ore prima del consiglio straordinario sui rifiuti. Era solo una tesi di laurea vecchia di oltre dieci anni. È incredibile, si è tentato di sminuire questo gesto e invece non si deve, secondo me. Si tratta di un fatto gravissimo, in qualche modo una messa in discussione della credibilità e dell'autorevolezza delle istituzioni.
  Si disse: «Prati verdi e soluzioni innovative per un progetto di riconversione dell'area del TMB in via Salaria 981 all'avanguardia». Così la sindaca aveva comunicato quella che definì la soluzione che la Giunta capitolina proponeva per cambiare il volto dell'area. Si trattava solo di un rendering, di una tesi di laurea del 2006, redatta da un neo ingegnere. Mi chiedo come è possibile che in una capitale europea argomenti così delicati come le questioni ambientali, la salute e la vita delle persone vengano trattati dal massimo rappresentante dei cittadini con questo livello Pag. 10di sciatteria. Quale credibilità può avere la dirigenza dell'AMA per avere spacciato come un progetto innovativo poco più di un disegno, pure datato?
  Concludo, cari onorevoli, ringraziandovi della vostra attenzione. Noi abbiamo fiducia nel vostro lavoro, abbiamo fiducia nel lavoro che state facendo. Abbiamo lavorato in tutti questi mesi per ristabilire un rapporto di fiducia il più possibile stretto tra le istituzioni e la politica, per ristabilire e risanare in parte quella ferita che si è creata in tutti questi anni.
  Abbiamo fiducia nel vostro lavoro. Vorremmo che da queste stanze, dai vostri documenti uscisse una condanna chiara, inequivocabile di come è stata gestita la questione del TMB in tutti questi anni, non solo negli ultimi tre, da parte intanto della società che lo ha in proprietà.
  Vorremmo anche che fosse scongiurato che situazioni simili possano ripetersi in altre situazioni; situazioni che occultano i dati di verità, che segnalano la totale mancanza di ascolto delle esigenze e di quanto i cittadini andavano affermando e di una totale assenza del coinvolgimento dei cittadini soprattutto quando questi danno prova, come è avvenuto in questi mesi, di una modalità di lotta non solo civile, ma anche garantita da un soggetto istituzionale che agisce al di sopra e oltre ogni appartenenza politica.
  Ci auguriamo anche che da queste stanze possa venire, ancora più forte di quanto non lo sono state le nostre grida fino ad oggi, la necessità di avere una risposta alle nostre richieste che, ribadisco, sono la revoca immediata dell'AIA, la definitiva rimozione dei rifiuti – ancora oggi ci risulta che ci sono 5.000 tonnellate di frazione organica stabilizzata all'interno dell'impianto – e di avviare un percorso partecipato per il cambio di destinazione di quell'area.
  Grazie per il tempo che ci avete dedicato e per la vostra attenzione. Buon lavoro a tutti noi. Ne abbiamo bisogno. Grazie molte, presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente del Municipio. Io ho alcune domande, ma ovviamente lascio prima la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCIANO NOBILI. Sono lieto che si sia potuto audire il Municipio. Ringrazio il presidente Caudo per averci portato questa così accurata relazione. Non entra nelle competenze della nostra Commissione, ma c'è un dato politico generale riguardo alla vicenda del TMB Salario ed è un dato sostanziale assenza delle istituzioni. La presenza del Municipio invece ha permesso di interloquire e gestire una serie di preoccupazioni crescenti sul territorio.
  La nascita dell'Osservatorio, la promozione di questo strumento, le associazioni e i cittadini coinvolti sono stati uno strumento che ha consentito la gestione della rabbia e della frustrazione incanalandole nelle sedi istituzionali, che non sempre hanno risposto come avrebbero dovuto. Anzi, raramente lo hanno fatto.
  Come diceva il presidente, è un problema annoso, perché non possiamo concentrarlo solo sugli ultimi mesi o sugli ultimi anni. C'è da dire anche che incidenti si erano già sviluppati in quell'area. Penso a un incendio nel 2015, anche se non della portata definitiva di questo. Al di là del dato politico e del fatto che, purtroppo, è molto faticoso discutere serenamente di quella questione, perché poi la questione, oltre a incrociare, come ci veniva ricordato, la vita delle persone che hanno sostanzialmente pagato un prezzo relativo, senza entrare nel merito dei danni alla salute potenziali dimostrati e dimostrabili, ma un danno oggettivo alle condizioni di vita delle persone. Però, c'è il dato politico: intorno a questa vicenda c'è stata anche tanta – rimane fuori verbale – speculazione politica, perché poi intorno alla chiusura di quell'impianto sono state consumate...

  PRESIDENTE. Scusi, collega. Non esiste il fuori verbale in una seduta della Commissione.

  LUCIANO NOBILI. Ha capito cosa voglio dire, presidente.

  PRESIDENTE. Non ho capito e non lo voglio capire.

Pag. 11

  LUCIANO NOBILI. Possiamo metterlo a verbale, non c'è problema. Lo mettiamo a verbale.

  PRESIDENTE. Io sto concedendo di allargare l'argomento, che per noi è l'incendio dell'11 dicembre 2018, cosa che concederò ovviamente a tutti...

  LUCIANO NOBILI. Mi concentrerò su quello.

  PRESIDENTE. Rimaniamo, però, in una sede istituzionale e non politica da comizio. Grazie, collega.

  LUCIANO NOBILI. Non sto svolgendo un comizio, presidente, e la invito a ritirare questa valutazione perché non le compete.

  PRESIDENTE. Collega, ho detto che non siamo in una sede da comizio. Non sto dicendo che lei sta facendo un comizio. Se lei si sente chiamato in causa...

  LUCIANO NOBILI. Siccome si riferisce al mio intervento, la prego di ritirarlo. Dicevo, c'è un dato politico che è stato ampiamente sviscerato e non ci torno. C'è un dato di futuro, cioè cosa accade da adesso in poi. Non compete direttamente ai nostri lavori, ma il presidente ci ha detto che c'è una richiesta di revoca che viene forte dai cittadini e che è ancora senza alcuna risposta. Al momento, ad oggi, non c'è risposta. C'è soprattutto un tema che in qualche modo ci incrocia, perché ci sono ad esempio oltre 5.000 tonnellate di FOS ancora presenti. Però, c'è un'altra cosa che incrocia il nostro lavoro, e su questo vorrei fare una domanda ulteriore al presidente: cosa è accaduto fino ad oggi? Questo ci riguarda. Abbiamo ascoltato tutte le realtà coinvolte, abbiamo ascoltato due volte ARPA che ci ha fornito un quadro abbastanza dettagliato di quello che è successo, ci ha fornito anche informazioni sul fatto che alcuni dei rifiuti non erano stati catalogati nella maniera corretta, perché, secondo le analisi di ARPA, che abbiamo ascoltato qui in Commissione, alcuni rifiuti hanno prodotto esalazioni ben superiori alla media di quella tipologia di rifiuto.
  Evidentemente, lì dentro, oltre ai volumi di cui il presidente ci parlava, le 2.000 tonnellate accumulate e rimosse dai Vigili del fuoco, c'era anche un problema di tipicità e di tipizzazione del rifiuto.
  Al di là di questo, ci sono state grida d'allarme e appelli più e più volte ripetuti a ogni livello istituzionale che non hanno riguardato solo gli odori, anche se mi preme ricordare che anche quando AMA e il Campidoglio sono stati interessati sul tema degli odori e dei miasmi, la risposta è stata in un'occasione addirittura che fosse figlia delle attività di prostituzione sulla via Salaria e non della presenza dell'impianto. Al di là di questo, quali segnalazioni puntuali nei mesi antecedenti l'incendio il Municipio ha fatto ad AMA e all'azionista al 100 per cento di quell'azienda, il comune di Roma, e a quali non è stato dato esito?
  Forse con un briciolo di attenzione in più, al di là del tema complesso della gestione dei rifiuti e della chiusura del ciclo, quell'episodio così grave avrebbe potuto essere evitato.

  PRESIDENTE. La domanda, al di là delle premesse, è sulle segnalazioni puntuali da parte del Municipio in quanto istituzione, ovviamente, per il suo mandato, ma, se ne è a conoscenza, anche per i mandati precedenti.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. Non sono a conoscenza di segnalazioni nei mandati precedenti. Noi abbiamo raccolto le 240 schede della rilevazione fatta dalle famiglie. Sono 3.280 punti di rilevazione.
  Questo materiale è stato scansionato. È stata fatta una relazione, che è stata presentata anche all'AMA, che è stata acquisita anche dal pubblico ministero che sta indagando. Come sapete, è in corso un'attività di indagine precedente all'incendio. Noi abbiamo consegnato tutte queste schede, con la relazione sintetica, di cui vi ho letto solo l'ultimo dato, anche al pubblico ministero. Pag. 12
  La risposta a questa segnalazione è stata la convocazione il 30 ottobre per il monitoraggio, cui facevo cenno nella relazione, cioè l'installazione dei nasi elettronici attraverso un accordo con ARPA Umbria da parte dell'AMA, perché si sosteneva che i cattivi odori non provenivano unicamente, quantomeno, dall'impianto del TMB di via Salaria 981, ma potevano provenire anche da altre fonti odorigene lungo la Salaria, in particolare dal depuratore ACEA che si trova dall'altra parte del Tevere verso la zona di Saxa Rubra.
  Per noi queste affermazioni fatte nel corso di questa riunione con l'assessore Montanari e con l'AMA sono state veramente offensive. Ci siamo sentiti veramente offesi. Era evidente da anni che le molestie odorigene provenivano dall'impianto AMA. I nostri dati lo dimostravano, anche con tutta l'autorappresentazione. Certamente non sono monitoraggi di tipo scientifico, ma i dati erano talmente chiari ed evidenti, anche correlati alle diverse fasce orarie, che potevano già indurre un'evidenza. Non c'era bisogno di fare ulteriori indagini, soprattutto indagini che mettevano in evidenza un'azienda pubblica partecipata, anche se al 100 per cento, del comune con un'altra azienda pubblica partecipata al 51 per cento, senza coinvolgerla in questo tipo di indagini.
  Io ho trovato assolutamente privo di qualsiasi galateo e grammatica istituzionale ciò che ci venivo proposto. Si chiedeva al Municipio di essere coinvolto in questa attività mettendo a disposizione i cittadini, che potevano essere in qualche modo coinvolti in questa attività di monitoraggio. Io ho trovato particolarmente offensiva la risposta che ci è stata data.

  CHRISTIAN RAIMO, assessore alla Cultura del III municipio di Roma Capitale. Io sto seguendo questa battaglia da tempo. Sto sostenendo in tanti modi diversi questo Osservatorio che siamo riusciti a mettere in piedi con la Giunta del presidente Caudo.
  Volevo fare semplicemente una richiesta, visto che, appunto, come è stato ricordato, questo non è un argomento specifico di questa Commissione, ma da un punto di vista politico quello che è mancato in questi mesi è semplicemente, come ha più volte ribadito il presidente Caudo, un tavolo dove mettere insieme comune, regione, AMA e Ministero dell'ambiente per fare un incontro. Quell'incontro è avvenuto soltanto per pochi minuti dopo l'incendio.
  Oggi chiediamo la revoca dell'AIA. Abbiamo chiesto la revoca dell'AIA anche prima che avvenisse l'incendio. Tutto quello che è stato raccontato dal presidente Caudo potrebbe essere ampliato e potrebbero essere messe qui tutte le testimonianze di cittadini, perché, ovviamente, dietro quei dati ci sono le violenze subite, i disagi, il fatto che quell'area sia completamente desertificata, ci sono dei nomi e cognomi, c'è un asilo che ha subìto violentemente l'impatto di quell'impianto. Però, senza adesso fare un lungo excursus, quello che chiedo è semplicemente se c'è una volontà politica, un sostegno, una capacità di mettere insieme a un tavolo i quattro soggetti che possono in qualche modo pensare di revocare l'AIA, perché questo tavolo, che è un tavolo molto semplice, finora non c'è stato. Non c'è stato prima dell'incendio, non c'è stato successivamente all'incendio.
  Oggi è il 148° giorno dopo l'incendio. Ci sono 5.000 tonnellate di FOS e una parte di rifiuto tal quale che ancora deve essere portato via dall'impianto, c'è un'AIA ancora possibile e domani quell'impianto in qualche modo come sarà?
  Questo punto è qualcosa su cui forse potremmo avere qualche risposta in più.

  ROSSELLA MURONI. Il presidente della Commissione mi correggerà se sbaglio, però il ruolo della Commissione in questione, occupandoci noi in particolare della gestione del tema dei rifiuti e delle attività illegali connesse al ciclo dei rifiuti, credo sia particolarmente pertinente. Questa non è un'opinione. È scritto nella relazione dell'ARPA, datata – come è stato ricordato – 16 novembre 2018, che quell'impianto, per le attività descritte, ovvero rifiuti che uscivano con codici CER diversi da quelli giusti, da quelli attinenti e scarti che superavano nell'uscita quelli dei prodotti, l'ho già detto in questa Commissione, ma lo ripeto e me ne assumo la responsabilità, credo si configuri proprio come traffico illecito dei Pag. 13rifiuti. Quando un rifiuto viaggia con un codice diverso da quello che è in realtà, così si chiama. Anche nella mia esperienza precedente, quando abbiamo parlato di traffico di rifiuti, abbiamo sempre inteso esattamente questo modo di procedere. La questione è particolarmente grave, me ne rendo conto, perché in questo caso si prefigura il fatto che AMA, che è un'azienda pubblica, ha prodotto una situazione di questo tipo.
  La storia del TMB Salario è antica, è una storia molto lunga. Parte nel 2011. La verità è che lì quell'impianto non doveva esserci, che quello non era un luogo pensato per un TMB, che in quel luogo già c'erano insediamenti abitativi, che negli anni sono addirittura cresciuti. Si faceva accenno prima: quel TMB non solo ha creato disagio, ma ha creato anche desertificazione economica, con un crollo del valore delle case e delle attività commerciali davvero importante, drammatica direi.
  L'ARPA Lazio certifica una situazione che, secondo me, è assolutamente oggetto precipuo e legittimo di attenzione da parte di questa Commissione, così come lo è il tema della sicurezza. Quell'impianto non è mai stato sicuro. Personalmente, come neo deputata, e prima di me tanti altri colleghi con più esperienza hanno presentato davvero moltissime interrogazioni parlamentari per verificare se quello fosse un impianto sicuro e se doveva stare lì. Naturalmente si trattava di una domanda retorica, perché la situazione poi si è vista.
  Vi è un altro episodio in questa vicenda. Le telecamere di sicurezza dell'impianto da tre giorni non funzionavano. Nessuno aveva segnalato questa condizione. C'è chi crede al destino. Io non credo molto alle coincidenze. Il fatto che le telecamere fossero spente, come spesso accade, peraltro, negli incendi degli impianti che gestiscono i rifiuti nel nostro Paese, credo debba essere motivo di attenzione e di ulteriore preoccupazione.
  La situazione attuale l'abbiamo verificata con la Commissione ambiente la scorsa settimana, una decina di giorni fa. Ci sono 5.000 tonnellate di FOS. Si stanno aspettando le ultime analisi affinché vengano definitivamente...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, collega.

  ROSSELLA MURONI. Mi sto allungando troppo.

  PRESIDENTE. Alle 14 cominciano i lavori alla Camera.

  ROSSELLA MURONI. Mi scusi.

  PRESIDENTE. Possiamo andare avanti fino alle 14.30. Ci sono sei interventi. Non ha ancora fatto la domanda.
  Lo dico per chi interverrà dopo: non più di due minuti per la domanda, perché immagino che chi interviene voglia avere risposte, che potrà dare il presidente di Municipio e non altri.
  Ho anche io delle domande da rivolgere.
  Mi scusi se l'ho interrotta, ma ho preferito dirlo adesso per tutti.

  ROSSELLA MURONI. Ha perfettamente ragione, presidente. Non mi ero resa conto del tempo che passava. Passo alla domanda. Per quanto riguarda la revoca dell'AIA, quali sono stati i passi da parte del Municipio e le risposte non solo da parte del comune, ma anche da parte dei vari livelli istituzionali? Lì c'è un concerto: c'è l'ARPA, c'è la regione e c'è il comune. Prima si chiedeva a questa Commissione di spingere su una cabina di regia, ma in realtà questo è più un compito della Commissione ambiente. Vorrei sapere, anche da questo punto di vista, a che punto siamo.

  ANTONIO DEL MONACO. Cercherò di essere rapidissimo. Diceva che l'impianto, più che produrre, tira fuori scarti. Faceva percepire, quindi, le difficoltà di questo impianto. Una risposta è già stata data. Questo impianto risale al 2011 e da allora ha creato questi problemi.
  Al di là del problema degli odori e dell'incendio, dal punto di vista della sicurezza e delle misure antincendio, questo impianto veniva normalmente ispezionato? I dati che lei ha fornito, dai quali risulta che il 52 per cento delle persone ha avuto problemi, sono dati rilevati da voi, dall'ASL Pag. 14o dall'ARPA? Vorrei sapere se hanno una rilevanza scientifica.
  Inoltre, se l'AIA è stata rilevata da parte della regione, come mai non è intervenuta la regione in tal senso per quanto riguarda questo problema? Dulcis in fundo, per quanto riguarda il fatto che parliamo di 5.000 tonnellate di umido, avete pensato in maniera progettuale dove dovrebbe andare questa quantità di rifiuti, visto che conosciamo la situazione dei rifiuti a livello nazionale, oltre a quella regionale e comunale?
  Mi fermo qui per il momento, visto che le domande sono già tante.

  PRESIDENTE. Io ho tre domande da porre. La ringrazio per la dovizia di particolari e le informazioni che ci ha fornito, insieme a un resoconto. Due cose mi hanno colpito in particolare, lo dico come mini-premessa, auto-contingentandomi i tempi. Tutti gli intervenuti – anche lei nella relazione lo ha scritto più volte – hanno parlato di «problema annoso». Abbiamo cominciato a mettere i paletti: 2011-2019. In un passaggio in particolare lei ha detto che è un problema talmente grande da non essere del comune di Roma, ma nazionale, saltando l'anello della regione che ha la gestione dei rifiuti e dimenticando e omettendo – lo faccio io in un passaggio particolare – il livello addirittura europeo.
  Nella relazione che ci è stata consegnata (lo faccio per dare la possibilità di rispondere alla seconda domanda), in merito ai comitati che abbiamo audito (documento 12.1), si fa riferimento alla Commissione petizioni del Parlamento europeo che, a seguito di una petizione presentata dai cittadini, ha effettuato un sopralluogo il 29 ottobre 2012 e si è pronunciata pesantemente contro l'impianto. Nel documento datato 22 febbraio 2013 raccomanda vivamente di prestare maggiore attenzione, in linea con le pertinenti direttive dell'Unione europea, alla selezione degli impianti per i rifiuti e per lo smaltimento dei rifiuti, rilevando che l'impianto biomeccanico di Villa Spada si trova indubbiamente nel posto sbagliato e auspicando nella delocalizzazione, data la sua vicinanza al centro abitato; sottolinea che il IV Municipio e il suo consiglio municipale hanno più volte approvato atti ufficiali che ribadiscono il forte disagio subìto da migliaia di residenti e lavoratori dalle attività limitrofe all'impianto di via Salaria e che si ricorre all'integrazione del Piano industriale AMA 2013-2015, che prevede la possibilità di attivare le procedure di delocalizzazione dell'impianto stesso (2013).
  La prima domanda è la seguente. Lei ha richiamato tre problemi: posizione del sito, aggiornamento dell'impianto, ciclo dei rifiuti. Vorrei sapere perché nella relazione non ha tenuto conto e richiamato la regione e se da parte della regione c'è stata qualche azione rispetto al TMB Salario. Ricordo che la Commissione sta svolgendo anche un affare assegnato – come lo chiamiamo in Senato – relativamente al TMB del Lazio.
  Le pongo la seconda domanda, sfruttando la sua importante conoscenza. Lei è stato assessore della Giunta Marino – mi corregga se sbaglio – da giugno 2013 al 13 ottobre 2015, con delega all'urbanistica. Il sindaco Marino il 4 novembre 2014 ebbe a dichiarare che avrebbe garantito la chiusura del TMB Salario entro il 31 dicembre 2015 (ho qui, ovviamente, i richiamati articoli e le dichiarazioni), il che presupponeva una scelta di carattere urbanistico. Richiamo anche la sua dichiarazione del 13 ottobre 2015, quando ebbe a dire che non ci furono nell'interruzione della Giunta Marino problemi politici o programmatici, ma difficoltà amministrative e organizzative. Che cosa ha fatto nel corso del suo mandato, visto che a ottobre del 2015 si è interrotta l'Amministrazione? È a conoscenza di iniziative da parte dell'Amministrazione Marino per la chiusura concreta del TMB? Glielo chiedo visto che lei richiamava come la fatalità della quantità di tonnellate ritrovate sia casualmente quella ritrovata. Ovviamente, se il problema fosse stato risolto nel 2015 non si sarebbe protratto fino al 2019. Quindi, regione, questioni inerenti all'attività nel corso di quel mandato e precedenti iniziative. Spezzo una lancia. Lei richiamava il fatto che eravate riusciti a chiudere Malagrotta. Lei dice: «Avremmo potuto fare di più». Difatti, Pag. 15 Marino diceva: «Come Malagrotta, chiuderemo anche il TMB».
  La terza domanda la lascio eventualmente per dopo, quindi la taglio per recuperare tempo.

  ANDREA FERRAZZI. Sarò molto più veloce del vicepresidente. Due questioni. Alla prima ha già risposto il presidente. Devo dire che sono finalmente soddisfatto della presenza, oggi, del presidente della Municipalità. Non è stato facilissimo audirlo, ma noi abbiamo ritenuto di insistere perché è del tutto evidente che il livello istituzionale più vicino ai cittadini è proprio quello che va audito con maggiore attenzione. Sarebbe stato veramente paradossale non avere la possibilità di ascoltare l'istituzione locale, in base al principio di sussidiarietà e, dunque, di ascolto e di rappresentanza, in una questione così complessa, che ha complicato la vita a decine di migliaia di persone della nostra Capitale.
  Non è la prima audizione. Abbiamo ascoltato l'ARPA, abbiamo audito altri e altri ne audiremo. Ognuno di noi immagino si sia fatto una bella idea della questione. Dal punto di vista parlamentare, ognuno di noi ha fatto tutto quello che doveva fare (interrogazioni, mozioni, eccetera) sulla questione oggi di competenza di questa Commissione.
  La domanda che voglio rivolgerle è la seguente. È del tutto evidente che qui c'è un triplice problema di questo impianto. Il primo è la localizzazione, e mi pare che su questo siamo tutti d'accordo. Vorrei chiedere un'opinione. Mi riferisco alla questione degli scarti che sono più dei prodotti. A parer suo, da cosa dipende questo? Dalla tipologia dell'impianto? Dalla tipologia di rifiuto entrante? C'è un problema di collegamento generale per quanto riguarda la raccolta e la differenziazione dei rifiuti nella città di Roma? È un fatto solamente localizzato lì, in quel TMB, oppure è una questione generale?
  Siccome lei a livello istituzionale è a contatto con i cittadini di Roma, ci può dire se, per esempio, la tipologia del prodotto entrante, risponde o meno a quanto richiesto?

  CHIARA BRAGA. Presidente, intanto invito lei e tutti noi, ovviamente, a rileggere la relazione su Roma e Lazio fatta nella precedente legislatura, che dice molte cose in merito allo stato dell'arte e alle previsioni anche su questo impianto. Lo dico a memoria di tutti noi.
  Su questo punto vorrei fare una domanda al presidente Caudo. Lei ritiene che, rispetto allo specifico impianto del TMB Salario, il fatto che il precedente progetto di riconversione, a seguito della chiusura, degli attuali trattamenti che era stato previsto da AMA (presidenza Fortini), l'accantonamento di quel progetto da parte della nuova Amministrazione abbia ulteriormente aggravato la situazione del TMB Salario?
  La seconda questione riguarda, invece, il tema ACEA. Lei ha citato nel suo intervento più volte il fatto che la situazione di questo TMB si colloca in un quadro più complesso degli impianti pubblici e privati di gestione dei rifiuti, e forse non solo di gestione dei rifiuti, in questa città. Ha detto che ACEA non è stata convocata in quella famosa riunione, l'unica che avete avuto. Siccome su questo tema, al netto delle considerazioni politiche, anche in questi giorni sono emersi molti elementi che fanno riflettere sul ruolo delle partecipate, in particolare di ACEA, tema che già la Commissione precedente aveva sollevato sull'ipotesi di un interessamento di questa partecipata del comune su un settore specifico del trattamento dei rifiuti, cioè quello più redditizio, lei crede che questo tema esista e sia uno di quelli da affrontare per provare a dare una risposta strutturale al tema della gestione dei rifiuti? A partire, ovviamente, dal TMB Salario.

  TULLIO PATASSINI. Presidente, visti i tempi, preferisco ascoltare le risposte.

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. Grazie per le sollecitazioni e per tutte le richieste che avete fatto. Provo a rispondere velocemente per stare nei tempi.
  Onorevole Muroni, noi abbiamo immediatamente inviato una lettera e una richiesta Pag. 16 esplicita a tutti i soggetti per avere la revoca dell'AIA. In particolare, nella Commissione trasparenza dell'Assemblea capitolina che si è riunita nella sede del Municipio è stata posta la questione ed è stato posto con evidenza che il primo atto per la revoca dell'AIA è la comunicazione alla regione che l'impianto non è più nell'interesse del soggetto gestore, che in questo momento è anche proprietario, ossia l'AMA. Essendo l'AMA al 100 per cento di Roma Capitale, prevede, secondo noi, anche un atto da parte di Roma Capitale. Bisognerebbe procedere con un atto formale di Giunta. Tra l'altro, pare che nel nuovo piano industriale, che al momento non c'è, questo impianto non sia contemplato. Bisognerebbe, quindi, procedere con un atto esplicito di non interesse a che quell'impianto funzioni. Di conseguenza, automaticamente la regione, che a quella proposta dà l'autorizzazione, fa decadere l'autorizzazione integrata.
  La richiesta di questa filiera decisionale oppure di un tavolo comune, tutti insieme, per cercare di chiudere definitivamente questa vicenda penso sia un atto doveroso. Noi lo abbiamo chiesto anche con una lettera esplicita, mandata sia alla regione che a tutti gli altri soggetti, ma al momento non abbiamo avuto alcuna risposta.
  Questa è una vicenda molto annosa. Parte nel 2011 e ha avuto diverse fasi nella sua costruzione. C'è stato un monitoraggio interno abbastanza assiduo fatto dall'ASL, che ha riguardato anche i lavoratori. Ricordo che sono presidente dal 1° luglio dello scorso anno. In questi mesi abbiamo avuto un incontro e abbiamo chiesto relazioni alla ASL per comprendere il monitoraggio, soprattutto sulle condizioni degli operai che lavoravano all'interno dell'impianto, e non sono state rilevate, nella coorte che è stata analizzata da parte dell'ASL, particolari problemi.
  Per quanto riguarda l'ARPA, invece, il monitoraggio si è essenzialmente rivolto all'interno dell'impianto, mentre non c'è stato un monitoraggio all'esterno dell'impianto in fase di attivazione in tutti questi anni. Una cosa ci sorprende, e in qualche modo dovrebbe interrogare circa le responsabilità che negli anni si sono succedute. Nella relazione consegnata il 16 novembre 2018 molti dei dati che l'ARPA cita si riferiscono a sopralluoghi fatti nel 2016 e nel 2017. Un'attività di monitoraggio aveva già evidenziato che vi erano delle cose che non funzionavano. Questa evidenza, evidentemente, non è stata presa in considerazione.
  Il 52 per cento dei campionamenti che abbiamo prodotto, in cui si segnalava qualche elemento di malessere, di molestia, non ha un contenuto scientifico. Quello che mancava lo abbiamo autoprodotto insieme a tutti i cittadini e agli abitanti nel mese di agosto e di settembre del 2018 proprio per uscire da questa condizione. I cittadini si lamentavano semplicemente su Facebook o su WhatsApp. Sembrava si desse poco peso. Abbiamo, quindi, assunto una scheda, che viene utilizzata in Emilia-Romagna, con un disciplinare. Non esiste nella regione Lazio una legge sulle emissioni odorose. Abbiamo preso in prestito quello che avviene in Lombardia. Abbiamo istruito le persone dell'Osservatorio che hanno fatto questa rilevazione. Ovviamente, il fatto che solo il 53 per cento abbia segnalato fastidi significa che è stata fatta con attenzione, cioè non è stata fatta semplicemente per mettere in evidenza o sottolineare l'elemento di malessere. Non era scientifica. Era semplicemente l'evidenza fattuale di cose che tutti quanti, secondo me, sapevano, ma che venivano negate.
  Per quanto riguarda le 5.000 tonnellate di rifiuti di FOS, di frazione organica, all'interno dell'impianto, il dirigente dell'AMA, con il quale abbiamo fatto il sopralluogo il 4 marzo, ci ha detto stanno classificando il rifiuto. È un rifiuto che non può essere portato negli stessi luoghi in cui è stata portata la FOS in precedenza. Questo rifiuto è rimasto sostanzialmente fermo, perché è venuta a mancare l'energia elettrica nell'impianto per diverse settimane. Quindi, può anche darsi che non abbia le caratteristiche specifiche della FOS e può darsi che debba essere trattato come un rifiuto speciale.
  Rispondo alle due considerazioni del vicepresidente. La prima riguarda la gestione Pag. 17 del ciclo dei rifiuti e come questo impattava sull'impianto di Via Salaria 981. Penso sarebbe opportuno sentire l'allora assessore Estella Marino, il collega che si occupava dell'impianto. Ricordo che nel 2015 fu progressivamente ridotta la lavorazione fino a 200 tonnellate al giorno – nel 2017 siamo arrivati a quasi 520 tonnellate al giorno – proprio in previsione della sua dismissione prevista a dicembre 2015, cosa che poi non avvenne. Ricordo che la Giunta Marino cadde il 30 ottobre 2015.
  In particolare, il mio ruolo di assessore all'urbanistica fu quello di coadiuvare l'allora presidente dell'AMA, dottor Fortini, nell'individuare i luoghi per gli ecodistretti. Noi individuammo tre luoghi per la localizzazione degli ecodistretti, ossia il progetto a cui si riferiva, in parte, l'onorevole Braga. Individuammo questi siti e il progetto fu poi presentato alla regione per avere l'autorizzazione, ma è stato – come diceva prima l'onorevole Braga – del tutto legittimamente messo da parte dalla nuova Amministrazione.
  Penso di aver fatto, anche nella veste di assessore all'urbanistica, tutto quello che c'era da fare perché questo impianto, come effettivamente è stato detto più volte, venisse rimosso da quell'area, in quanto non idoneo.
  L'onorevole Ferrazzi ha posto una domanda sulla questione degli scarti. Io so che anche nell'impianto di Rocca Cencia, in realtà, sono state rilevate situazioni di questo tipo, cioè di una mancata coincidenza con i codici attribuiti ai rifiuti. Vorrei semplicemente sottolineare questo aspetto: probabilmente c'è una difficoltà nel modo in cui vengono raccolti i rifiuti indifferenziati nella città, ovviamente, però anche nella relazione dell'ARPA è chiaramente evidenziato che se la FOS di conferimento non viene svuotata, quindi non viene pulita, ma accumula nel tempo e nelle settimane una quantità di rifiuti che l'impianto non riesce a lavorare, cioè se io ne porto 550 al giorno, ma l'impianto ne lavora sì e no 150-200, quei rifiuti che si accumulano giorno per giorno fermentano, producono cattivi odori – questa è l'origine di quell'impatto sugli abitanti – e producono anche una qualità del materiale che poi viene trattato scadente. Per cui, alla fine di questo processo, gli scarti sono certamente maggiori rispetto al combustibile da rifiuto. Questo è uno degli elementi centrali di differenza rispetto al periodo tra il 2015 e il 2017 o il 2018.
  Non a caso io ho rilevato più volte che i dati del 2018 che presentavano al TMB Salario un incremento del conferimento pari al 32 per cento sono scandalosi, perché hanno un doppio impatto: impattano sugli abitanti e, soprattutto, impattano sulla qualità del rifiuto. Noi questa cosa l'abbiamo segnalata fin da subito anche alla regione.
  A proposito della regione, vorrei dire – come si legge nella relazione che è stata consegnata dai comitati che fanno parte dell'Osservatorio – che abbiamo audito l'assessore ai rifiuti Valeriani nel mese di settembre. La stessa richiesta è stata fatta all'assessore Montanari, che invece non ha accettato il nostro invito. L'assessore Valeriani è venuto e ha documentato quello che stava facendo la regione. Ciononostante, l'Osservatorio e i comitati hanno presentato tutte le osservazioni necessarie in fase di revisione dell'AIA. C'era la Conferenza di servizi aperta, quella per cui è servita la relazione dell'ARPA del 16 novembre. L'Osservatorio ha partecipato alla Conferenza di servizi aperta nel mese di novembre, segnalando in tutti i modi che la Conferenza di servizi di revisione dell'AIA si doveva chiudere con una messa in discussione del prosieguo dell'attività dell'impianto. Da questo punto di vista, non abbiamo fatto sconti a nessuno, se questa poteva essere l'obiezione. Le carte e l'attività che abbiamo fatto parlano con tutta evidenza.
  All'onorevole Braga rispondo, ovviamente, sì. L'accantonamento, secondo il mio modo di vedere, del piano industriale che era stato presentato dall'AMA quando era presieduta dal dottor Fortini ha messo ulteriormente in crisi la città di Roma. Vorrei tornare brevemente su una questione. Ricordo benissimo, dal momento che ero assessore all'urbanistica, quando nel settembre Pag. 18 del 2015 fu data in house la nuova concessione ad AMA, per quindici anni, per il servizio di raccolta dei rifiuti, per un importo di circa 800 milioni di euro l'anno. Fu presentata in Consiglio comunale una relazione di terze parti che dava la congruità di questo esborso rispetto all'impegno. Quell'affidamento fu accompagnato da una relazione dell'Avvocatura. Da quel momento in poi i romani sapevano che pagavano 800 milioni di euro a una società che per quindici anni avrebbe svolto quel servizio e che quella cifra era congrua. A me risulta che nel 2016 e nel 2017 questo piano sia stato modificato senza il vaglio di terze parti che potevano stabilire se, effettivamente, 800 milioni di euro erano sempre congrui rispetto all'impegno che AMA si prendeva.
  In questo momento abbiamo una società a cui i cittadini di Roma danno circa 800 milioni di euro l'anno, tra TARI ed extra TARI. Non sappiamo bene che cosa faccia questa società con questi 800 milioni. Non esiste un contratto di servizio e non esiste un piano industriale di AMA. Non so se è chiara la situazione di particolare irresponsabilità in cui ci si viene a trovare. Credo che l'accantonamento di quel progetto sia uno dei motivi per cui la città di Roma è entrata in crisi.
  Sulla questione ACEA mi pronuncio solo dicendo che, secondo me, in una realtà come quella di una Capitale e di un Paese importante come l'Italia non può esserci una gestione dei rifiuti affidata, sostanzialmente, a un soggetto che nasce in un'altra epoca, in un'altra storia, che non ha una vocazione industriale. Era essenzialmente formato da soggetti che avevano un altro tipo di know-how. Non per citarmi, ma proprio due giorni fa ho pubblicato sull'Huffington un articolo invitando la sindaca a occuparsi in questi altri due anni di Amministrazione proprio di questo tema, di come le aziende che si occupano di acqua, energia, rifiuti nella città di Roma siano una grande chance di sviluppo di questa città e non un luogo in cui i cittadini vengono costretti quotidianamente a scansare i rifiuti o ad avere difficoltà. Io l'ho denunciato in una riunione del Consiglio comunale dell'Assemblea capitolina. Noi abbiamo strade – almeno nel mio Municipio – in cui ACEA spegne molto spesso la luce pubblica. Non si capisce perché la spegne. C'è una vera crisi dei servizi di base di questa città. È importante che questo quadro di riorganizzazione, di riferimento complessivo dell'AMA, dell'ACEA, della suddivisione tra impiantistica e operazioni più semplici ci sia.
  Non so se ho risposto a tutte le domande. Vi ringrazio molto per avermi dato questa opportunità.

  GIOVANNI VIANELLO. Sarò estremamente veloce formulando domande mirate. Mi sembra di capire che non ci siano dati scientifici di ASL e ARPA che affermino l'esistenza di un'emergenza sanitaria o ambientale. Inoltre, vorrei capire una cosa. L'AIA è di competenza regionale. Perché la regione non l'ha riaperta? La regione è l'ente competente per l'AIA del TMB. Quindi, in caso di violazioni di dati o di conferimenti o anche di violazioni nelle procedure dell'AIA...
  Chiedo scusa, colleghi. Cerchiamo di capire di chi sono le competenze, cioè chi deve fare cosa. È importante. Se l'AIA è di competenza regionale, è la regione che deve intervenire. Mi sembra di aver capito che vi sono state violazioni dell'AIA sul conferimento dei rifiuti. Giusto? Quindi, mi chiedo anche come mai la regione non ha applicato quanto previsto dal codice dell'ambiente per le violazioni delle procedure dell'AIA.
  Un'ultima cosa. Nel caso in cui chiudesse questo trattamento meccanico biologico, quindi ci trovassimo con rifiuti, di fatto, indifferenziati, con il RUR (rifiuto urbano residuo), che ancora non è stato trattato e che, quindi, deve corrispondere a un principio di prossimità, non potendo uscire dall'ATO, dove verrebbero trattati questi rifiuti?

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. L'impianto del 2011 ha un'autorizzazione integrata ambientale di dieci anni, fino al 2021. Ogni cinque anni è previsto che all'autorizzazione Pag. 19 integrata venga fatta una revisione. Questa revisione è partita nel 2016 con l'apertura della Conferenza di servizi. Nel novembre 2018, nell'ambito della Conferenza di servizi tenuta dalla regione Lazio, viene presentata la relazione di cui parliamo, quella dell'ARPA. Il RUP (Responsabile unico del procedimento) della regione chiede all'AMA di controdedurre, evidentemente. L'11 dicembre avviene l'incendio. Di conseguenza, la Conferenza di servizi, che stava facendo la valutazione sulla revisione dell'AIA, viene congelata. Questo è ciò che è successo. Per chiudere la Conferenza di servizi servono, ovviamente, tutti i documenti, il che significa che anche l'AMA deve fare la sua controrelazione o controdedurre alla relazione che ha fatto l'ARPA.
  Arrivo alla nostra richiesta. Invece di procedere ulteriormente con la revisione dell'AIA, di controdedurre, di fare le diverse valutazioni, essendo avvenuto un evento così tragico (l'impianto, sostanzialmente, non funziona), chi può comunicare alla regione che l'impianto è sostanzialmente dismesso e non è più di interesse dell'AMA? Lo può fare solo l'AMA. L'ARPA è un soggetto che ha già fatto la sua relazione. Lo può fare solo il soggetto titolare dell'impianto. La regione dà un'autorizzazione in virtù del fatto che un soggetto che vuole aprire un impianto chiede di poter avere l'autorizzazione. In questo caso, l'AMA ciò che non ha fatto è stato chiedere alla regione di comunicare in maniera inequivocabile che quell'impianto non serve più.
  A oggi noi non abbiamo alcuna comunicazione, che mi risulti, dell'AMA alla regione. Forse una comunicazione sull'incendio, perché era evidente dal punto di vista anche della pubblicità, ma nessun atto dell'AMA dice: «Questo impianto a me non serve più». Eppure la sindaca, che è proprietaria, visto che l'AMA è al 100 per cento del comune di Roma, ha più volte detto, anche di recente, nel nostro Municipio che l'impianto è dismesso e non tratterà più rifiuti. Noi vogliamo semplicemente che questa presa di posizione di una comunicazione alla stampa diventi un atto. Le Amministrazioni parlano con gli atti. Quindi, si faccia un atto in Giunta capitolina che dica che quell'impianto non serve più, che autorizzi l'AMA a comunicarlo alla regione. In questo modo, automaticamente tutto si rimette in fila.
  Insisto. Qui non vi è un problema politico tra regioni e comuni. Su questa questione dell'impianto siamo tutti uniti. Noi abbiamo anche una mozione unitaria del Consiglio municipale. Si tratta – credo – di valutare che questo atto, che è un atto dovuto, alla luce di quello che sta succedendo, venga fatto anche tutelando gli interessi di AMA. AMA è una società pubblica, quindi anche mia e sua. Penso che questo sia un giusto rilievo, eventualmente: fare un atto nel modo migliore per tutelare anche gli interessi pubblici di AMA.

  TULLIO PATASSINI. Una domanda semplicissima. Prima dell'incendio del TMB, vi sono state comunicazioni da parte del Municipio inerenti a difficoltà di gestione del TMB Salario?

  GIOVANNI CAUDO, presidente del III municipio di Roma Capitale. Appena insediato – mi riferisco all'attività che ho svolto io, ovviamente – lo abbiamo immediatamente comunicato. Appena insediati, con tutti gli assessori e il presidente abbiamo fatto un sopralluogo nell'area insieme ai tecnici e al responsabile impianti dell'AMA. Il 17 luglio, la prima riunione pubblica importante che ho fatto con la Giunta come presidente l'ho svolta con l'amministratore delegato di AMA, dottor Bagnacani, responsabile degli impianti, e con il direttore tecnico Bagatti. Abbiamo svolto una riunione di circa cinque ore in Municipio. Le prime tre ore le abbiamo passate, sostanzialmente, a contrastare il fatto che dicessero che la puzza, i miasmi non venivano dall'impianto.
  Da quel momento in poi non abbiamo fatto altro che sollecitare tutta l'attività istituzionale che abbiamo svolto, senza mai andare fuori dalle righe, per segnalare l'insistenza che veniva soprattutto dai cittadini e l'evidenza delle schede che, pur non scientifiche, testimoniavano la partecipazione piena degli abitanti, dei cittadini nel rilevare le sofferenze, i fastidi che venivano da questa attività. Pag. 20
  Addirittura, a un certo punto si scopre che c'è un treno di 750 tonnellate di rifiuti fermo nella stazione di smistamento, sotto le case delle persone. Questo non era stato mai comunicato a nessuno. In quel caso, noi non abbiamo creato un allarme «bomba ecologica». Io, l'assessore Raimo e il vicepresidente siamo andati a vedere questo benedettissimo treno e abbiamo detto ai nostri cittadini che il treno c'era, ma non puzzava, non c'era una bomba ecologica in atto e abbiamo comunicato in quel momento noi all'ARPA che se quel treno entrava nel TMB era importante che ci fossero tutti i soggetti preposti per fare la valutazione dei rifiuti rimasti per oltre un mese al sole di luglio sotto le case dei romani. Quando questa cosa è avvenuta, cioè il 14 agosto, eravamo lì – come Amministrazione municipale – a presidiare questa attività. Lo abbiamo fatto con il massimo senso di responsabilità, proprio per evitare proclami. Abbiamo sempre condotto questa attività, in questi mesi, con il massimo senso di responsabilità, senza alcuna voglia di fare bagarre politica.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 14.35, è ripresa alle 14.40.

Comunicazioni del Presidente

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha convenuto che la missione in Calabria, prevista dal 6 al 9 maggio 2019, abbia luogo dal 3 al 6 giugno 2019.

  La seduta termina alle 14.45.