XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 22 di Mercoledì 17 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 4 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 7 
Bonesso Franco , Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Barisone Mauro , Vice Presidente di ANCI-Piemonte ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Nugnes Paola  ... 9 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Nugnes Paola  ... 10 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 10 
Bonesso Franco , Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Bonesso Franco , Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano ... 10 
Barisone Mauro , Vice Presidente di ANCI-Piemonte ... 11 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 11 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Bianco Vincenzo , Presidente del Consiglio Nazionale ANCI ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 

(La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15.10) ... 12 

Comunicazioni del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Sono presenti l'onorevole Vincenzo Bianco, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI, il dottor Mauro Barisone, Vice Presidente di ANCI-Piemonte, l'ingegner Franco Bonesso e la dottoressa Carmelina Cicchiello, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento sui traffici illeciti degli indumenti usati. Poi magari con ANCI avremo modo di fare altre audizioni e occuparci di tanti temi che riguardano comunque la gestione dei rifiuti con i comuni.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta e invito quindi i nostri ospiti a fare una panoramica di questo settore degli indumenti usati e poi eventualmente faremo delle domande specifiche con i colleghi.

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Presidente, desidero innanzitutto ringraziarla a nome dell'ANCI per questa disponibilità che ci date oggi di affrontare una questione che riguarda un argomento vivo, reale e sentito dai comuni che noi amministriamo.
  Nel pomeriggio di oggi ci soffermeremo, così come nella relazione che mettiamo a disposizione della Commissione, esclusivamente sul tema su cui siamo stati convocati, però mi consenta, presidente, di dirle che abbiamo molto interesse come comuni italiani tutti, indipendentemente dal fatto che siano comuni del nord, del centro o del sud, con problematiche diverse, piccoli comuni o grandi città, indipendentemente dall'orientamento politico di chi guida le amministrazioni, a tornare ad affrontare il tema dei rifiuti, che è uno dei temi più sentiti e più delicati nella vita delle nostre comunità.
  Abbiamo assoluta necessità anche in questa fase, naturalmente sulla base del calendario della Commissione, di poterlo fare, se fosse possibile, anche prima della pausa estiva, perché abbiamo in questo momento il rinnovo dell'accordo quadro ANCI-CONAI, quindi per noi è particolarmente utile sentire il polso del legislatore e segnatamente di questa Commissione anche sulle indicazioni che ritenete di aver già maturato, in modo da tenerne conto per la nostra parte.
  Tra l'altro, faccio parte della delegazione che sta rinnovando l'accordo quadro ANCI-CONAI come anche i colleghi accanto a me, quindi sarebbe particolarmente utile.

Pag. 4

  PRESIDENTE. Innanzitutto vi chiederemmo di mandarci nelle prossime ore del materiale per quanto riguarda l'accordo ANCI-CONAI, così lo analizziamo e poi fissiamo un'audizione specifica.

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Perfetto, su tutti gli argomenti che riguardano sia il rinnovo, sia le esperienze maturate, che non fanno parte dell'accordo ANCI-CONAI, ma che vorremmo mettere a conoscenza di questa Commissione, ringraziando per l'attenzione che il Parlamento ha nei confronti di una tematica che riguarda la vita – ripeto ancora una volta – di tutti i comuni d'Italia, particolarmente di quelli in cui i fenomeni degenerativi legati alla raccolta dei rifiuti assumono aspetti particolarmente delicati.
  Mi fermo per una decina di minuti sulla relazione introduttiva e poi ovviamente consegneremo copia della relazione scritta.
  Gli indumenti usati che non trovano nuova vita attraverso la compravendita, lo scambio tra privati o la donazione diretta ad enti di beneficenza assumono la qualifica di rifiuti urbani e pertanto diventano oggetto di specifiche raccolte differenziate, che spesso i comuni o i gestori della raccolta affidano a soggetti terzi.
  A differenza di altre frazioni merceologiche di rifiuti, la cui raccolta e trattamento rappresentano un costo per la collettività, quella tessile può essere avviata in canali di recupero che procurano ritorni economici, capaci non solo di ripagare i costi della gestione, ma talvolta anche di produrre qualche margine e talora margini consistenti.
  Questo aspetto fa sì che il servizio possa essere affidato a costo zero per la stazione appaltante (comune o gestore della raccolta) o addirittura dietro una qualche forma di contropartita di tipo economico o anche di tipo sociale (inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, finanziamento di progetti di solidarietà).
  Purtroppo le filiere degli indumenti usati originati dalle raccolte differenziate non godono più di buona reputazione. Nella relazione del 2013 del Procuratore nazionale antimafia si legge: «Le indagini della DDA, svolte dal sostituto procuratore Ettore Squillace Greco, hanno dimostrato che buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà finiscono per alimentare un traffico illecito, dal quale camorristi e sodali di camorristi traggono enormi profitti. Certamente in parte dell'attività sono stati rilevati i tipici metodi e strumenti camorristici, nonché lo strumento della carica intimidatoria, che è patrimonio criminale del gruppo stesso». Sono stati localizzati dalla Direzione nazionale antimafia in particolare due distretti economici del settore, uno nel sud, a Ercolano, e l'altro a Prato Montemurlo, che riguarderebbe il centro-nord, e una direttrice che unisce questi due centri di raccolta con Tunisi, che è la principale destinazione dell’export italiano.
  Tra i reati più comuni nelle filiere degli indumenti usati emersi nel corso delle riunioni e dei tavoli tecnici tenutisi sul tema sono elencati i seguenti aspetti: 1) commercio in nero di rifiuti tessili e abiti usati che non sono tracciati all'origine; 2) abitudine ad aggirare le norme che regolamentano la selezione e la igienizzazione dei rifiuti tessili, ma anche a dirottarne il percorso, falsificando formulari, bolle di trasporto e quant'altro; 3) traffico internazionale di rifiuti, frodi doganali e pratica massiccia del contrabbando verso Paesi che hanno deciso di proibire l'importazione di indumenti usati; 4) riciclaggio di denaro sporco derivante dal narcotraffico e da altre attività illecite, facilitato dal carattere fungibile dei beni trattati; 5) intimidazione degli operatori del settore attraverso ogni strumento; 6) il cosiddetto transfer mispricing, che consiste nell'attribuzione di quote di prezzo artificialmente elevate ad anelli della catena ubicati in paradisi fiscali o in Paesi dove la tassazione è significativamente più bassa.
  Segnaliamo anche irregolarità diffuse, che hanno minore rilievo da un punto di vista penale, ma che contribuiscono all'opacità delle filiere e ai reati più gravi che ne conseguono. Tra queste, possiamo parlare anche di turbative d'asta, ingannevolezza sulla destinazione solidale degli indumenti, ingannevolezza o mendacia nel Pag. 5promettere risultati solidali e contributi economici, che non possono essere onorati se non falsificando le rendicontazioni. Pur avendo diversa efficacia penale, tutto questo incide sulla reputazione, che è un argomento importante in una materia come questa.
  In questo contesto, i comuni e le aziende che gestiscono il servizio integrato di igiene urbana possono svolgere un importante ruolo di prevenzione dell'illegalità. Per essere ecologicamente efficiente ed economicamente sostenibile, la gestione dei rifiuti urbani ha bisogno della collaborazione dei cittadini, che sarà accordata solo in base al grado di fiducia e alla reputazione di chi organizza e gestisce il servizio. È quindi importante preservare la credibilità della filiera, per non rischiare, a causa della condotta colpevole di qualche operatore senza scrupoli, di screditare l'intero comparto.
  Come operare è il problema che abbiamo ovviamente di fronte, su cui, presidente, può essere molto utile per noi anche un intervento del legislatore, perché in questa materia c'è probabilmente, sulla base della nostra esperienza, una qualche carenza o ambiguità nella definizione di rifiuti, che rischia di dare un eccesso di discrezionalità nelle procedure che andremo ad affrontare.
  Il decreto legislativo n. 152 del 2006, che parla di gestione dei rifiuti e di bonifica, all'articolo 183 definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». Pertanto i vestiti usati di cui il cittadino si disfa attraverso il conferimento in cassonetti stradali o presso i centri di raccolta comunali, in cui è chiaramente indicato che i prodotti conferiti sono rifiuti, si configurano a tutti gli effetti come i rifiuti urbani, ex articolo 184, comma secondo, lettera a) del citato decreto, e in quanto tali sono assoggettati ovviamente alla normativa specifica di settore.
  In questo quadro il cittadino potrebbe comunque essere convinto di donare questi abiti ad enti caritatevoli per i più bisognosi, mentre in realtà li conferisce come rifiuti. Sembrerebbe pertanto opportuna una capillare campagna di comunicazione e di sensibilizzazione a livello nazionale anche con il coinvolgimento del CONAU (Consorzio Nazionale Abiti e Accessori Usati), del Ministero dell'ambiente e del Ministero delle politiche sociali, per rendere più chiaro il reale destino degli abiti usati conferiti al servizio pubblico di raccolta.
  Rimane chiaro, inoltre, che qualsiasi altra iniziativa di raccolta di tale frazione, effettuata sia su suolo pubblico che su suolo privato, può essere avviata solo previa stipula di convenzione con il soggetto gestore e subordinatamente alla rispondenza agli indirizzi gestionali del servizio, dettati dai comuni.
  La criticità che registriamo a tale proposito è legata al posizionamento di cassonetti sul suolo privato o suolo pubblico senza autorizzazione comunale, per esempio numeri di telefono inesistenti o irreperibili, o l'effettuazione di raccolte a sacco non autorizzate. Rimane il problema della raccolta di tali beni attraverso contenitori stradali o a sacco porta a porta, in cui non appare chiaro il motivo del conferimento da parte del cittadino e dunque la gestione del flusso di tali beni anche da parte dell'azienda che gestisce il servizio per i comuni o da parte di terzi, che operano in convenzione con gli stessi. Questo sfugge a un corretto e univoco inquadramento di tale servizio, come regolato dalle norme di cui al Testo unico ambientale.
  Su questo aspetto, una più chiara regolamentazione eviterebbe l'uso distorto e deviato, che ha dato origine alle attività della Commissione d'indagine parlamentare segnatamente su questo specifico argomento.
  Un'ulteriore criticità nella gestione della filiera nasce dal fatto che il codice degli appalti, per ragioni di concorrenzialità, consente di privilegiare le associazioni no profit, inserendo o requisiti di partecipazione come ad esempio la capacità tecnica, o criteri di valutazione dell'offerta tecnica, ad esempio offerta sociale, ma non consente di limitare la partecipazione alle associazioni no profit. È possibile riservare l'affidamento a determinate categorie di operatori solo ai sensi dell'articolo 112 del Pag. 6decreto legislativo n. 50 del 2016, ma in questa ipotesi si escluderebbero operatori che si adoperano proficuamente per interventi di sostegno locale e/o internazionale, ma che non si occupano dell'inclusione dei lavoratori svantaggiati.
  Un'ipotesi percorribile potrebbe essere quella di un affidamento a procedura aperta, mediante il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che promuova l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate e premi le proposte di impiego degli indumenti usati raccolti oppure del ricavato della vendita degli indumenti usati a favore del sociale o di promozione della qualità della vita e dell'ambiente a livello sia nazionale che internazionale.
  Poiché il comune può affidare il servizio in appalto o in concessione e solamente l'affidamento avviene a titolo gratuito, affinché attraverso il ritorno economico del recupero degli abiti usati non solo vengano ripagati i costi della gestione degli stessi, ma vengano finanziati progetti di solidarietà, prima di procedere con l'affidamento del servizio i comuni effettuano formalmente tutti i controlli sui requisiti morali e di capacità tecnica e professionale.
  In quest'ambito assistiamo in taluni casi ad un'altra criticità, che nasce dalla difficoltà di un reale controllo dell'intera filiera su tutto ciò che avviene dopo lo svuotamento dei cassonetti stradali, ossia il successivo stoccaggio, la vendita e il trasferimento agli impianti di recupero. Immaginate nei piccoli comuni o nelle medie città, ma anche nelle grandi città la possibilità di fare un controllo puntuale e approfondito in questa materia addirittura sulla filiera.
  Per quanto i comuni intendano vigilare sull'effettivo rispetto degli impegni presi, obbligando l'appaltatore assegnatario a fornire le informazioni e liste di clienti e fornitori relative alla destinazione prevista dalle frazioni in uscita dal trattamento, con l'indicazione esplicita dell'identità dei clienti e dei fornitori, e a dimostrare l'avvenuta realizzazione o l'avvenuto sostegno e finanziamento dei progetti dichiarati in sede di gara, risulta pressoché impossibile per i comuni riuscire a verificarne la tracciabilità, il rispetto delle norme ambientali e fiscali, dei contratti, dei diritti dei lavoratori, dei rapporti commerciali, e fornire garanzie ai cittadini sul percorso degli indumenti e delle risorse economiche da essi ricavate.
  Sarebbe utile un albo o registro a livello nazionale con l'individuazione degli operatori, sul quale vengano attivati controlli centrali e controlli sulla tracciabilità del materiale raccolto dalla fase del primo stoccaggio alle fasi della commercializzazione, quindi una sorta di albo nazionale in cui, sulla base di accertamenti fatti da chi ha i poteri e gli strumenti per farlo, possiamo attingere perché è un albo certificato, come avviene con la lista delle aziende che hanno i requisiti richiesti dalla legge.
  Noi siamo disponibili, anche sulla base delle indicazioni working in progress della Commissione, a stipulare un accordo quadro con il CONAU, al fine di migliorare anche in questa fase di working in progress la qualità del servizio, per esempio dando il massimo di pubblicità possibile e di informazione ai cittadini, in modo che si sappia cosa succede degli abiti che da loro vengono donati, convinti di fare un'operazione di indubbio valore sociale.
  Grazie, presidente, per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie per la relazione. Innanzitutto questa proposta dell'albo registro operatori sarebbe utile, bisogna vedere però come attuarla, non so se abbiate avanzato una proposta specifica anche per capire se ci sono gli stakeholder, chi fa questa sa cosa e chi poi controlla.
  Avete detto che state facendo un accordo con il CONAU, purtroppo sono tre pagine molto generiche, quindi allo stato attuale non è molto efficace, e mi domando se abbiate fatto dei controlli anche per vedere chi c'è dentro il CONAU, perché spesso ci sono aziende che hanno diversi problemi giudiziari.
  Per quanto riguarda i piccoli comuni, abbiamo visto il caso di Vasto, dove in una gara sono arrivati ad offrire un valore fuori mercato (6 euro), mentre a Lodi c'è il problema dei contenitori abusivi. A questi comuni che magari non hanno la giusta Pag. 7competenza perché, visto il ruolo che rivestite, non date delle indicazioni di massima, per non trovare comuni che fanno bandi con prezzi talmente fuori mercato da avere gare deserte?
  Ci sono casi come Bologna, dove spesso il comune tende a indirizzare il gestore, suggerendo di evitare l'affidamento a quella cooperativa per una serie di motivi. Questa pratica di indirizzare a chi dare l'affidamento è lecita da parte dei comuni oppure va rivista? Spesso ci sono gli affidamenti diretti, quindi dare ad una cooperativa la gestione della raccolta dell'abito dipende anche dalla filiera.
  Per quanto riguarda la tracciabilità, è vero che è difficile stabilire una trasparenza, però c'è da dire che questa trasparenza è limitata soltanto a chi raccoglie, spesso c'è il logo della Caritas o ci sono delle cooperative, ma si sta facendo uno sforzo per chiedere la tracciabilità in merito a chi viene venduto e a tutto il percorso che fa?
  Per quanto riguarda i cassonetti abusivi, siete a conoscenza di questo fenomeno curioso a Lodi o a Latina? Come è possibile che non si riesca a debellare, cioè si trovino dei cassonetti e nessuno sappia chi li ha messi? A Lodi è stato dato un ultimatum di 30 giorni ai proprietari, ma, se sono abusivi, a chi è stato dato questo ultimatum?
  Per adesso le domande sono queste. Grazie.

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Rispondo a qualcuna, poi se i miei colleghi vorranno approfondire qualche aspetto, gli cederò volentieri la parola.
  Per quanto riguarda l'albo, noi siamo convinti che sia l'unica strada percorribile quella di avere un Albo riconosciuto a livello nazionale, una specie di white list su cui, con gli strumenti a disposizione di un'autorità nazionale che ha competenza in questo settore, che potrebbe essere costituita forse presso il Ministero dell'ambiente, perché su questa materia la competenza fondamentale è loro, con l'aiuto e la vigilanza di organismi specializzati che fanno indagini anche in questo campo, chi fa parte di quest'Albo sarebbe «certificato», nei limiti di quello che ovviamente si può fare, ma sottoposto a una qualche vigilanza.
  Per quanto riguarda la questione relativa al rapporto con i nostri associati, purtroppo non possiamo dare indicazioni; l'ANCI è un'associazione di diritto privato a cui i comuni aderiscono volontariamente, abbiamo chiesto e ottenuto di recente la personalità giuridica, quindi siamo sottoposti come ANCI ai controlli a cui sono sottoposte le associazioni riconosciute, quindi con tutti gli obblighi, ma noi non diamo direttive ai comuni, possiamo fornire servizi ai comuni, possiamo dare la nostra valutazione su un atto...

  PRESIDENTE. Un servizio non potrebbe essere un contratto tipo?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Certo, assolutamente sì, ed è esattamente quello che stavo per dire: mentre non possiamo dare indicazioni, tra i servizi noi possiamo fornire direttive, informazioni, allerta su singoli aspetti che meritano particolare attenzione, quindi non abbiamo il potere di imporre ai comuni la strada che devono seguire, ma abbiamo la facoltà di poterli indirizzare, consigliare, supportare anche alla luce delle considerazioni che venivano svolte.
  Per quanto riguarda i singoli casi che ha citato, non essendo a conoscenza specificamente non mi sento di esprimere una valutazione, ma credo che gli affidamenti diretti siano leciti e consentiti laddove siano richiesti alcuni requisiti di destinazione delle risorse o di impiego previsto e disciplinato dalla legge, quindi l'affidamento può essere fatto in modo diretto laddove la legge lo consenta, altrimenti rischia di essere qualcosa di completamente diverso.
  Per quanto riguarda i cassonetti, è una pratica purtroppo molto pesante e direi inaccettabile. Noi potremmo suggerire a tutti i comuni le modalità con cui la rimozione di questi cassonetti può avvenire nel modo più rapido possibile, perché normalmente viene eccepito da parte dei comuni interessati che la rimozione di questi cassonetti Pag. 8 è un costo, che non hanno gli strumenti per poterla realizzare.
  Raccoglierei quindi il suggerimento implicito nel suo intervento, presidente, suggerendo noi ai comuni una modalità che consenta la rimozione dei cassonetti, che sono evidentemente il terminale nel territorio di un'attività illegale, nel modo più rapido e incisivo possibile, senza fare diffide a 30 giorni, che rischiano di essere fatte solo allo scopo di dire che l'abbiamo fatto, ma di non essere efficaci.
  Se i colleghi desiderano aggiungere qualcosa sulle altre domande...

  FRANCO BONESSO, Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano. Il ragionamento è sugli affidamenti diretti. Dobbiamo partire dalla storia, cioè la raccolta degli indumenti usati è quella che storicamente ha mantenuto vive molte associazioni nel tempo, come anche tutto il dibattito che c'è stato sulle raccolte benefiche, che quando sono state incasellate giustamente con il decreto ambientale dentro la gestione dei rifiuti hanno creato non pochi problemi nei territori, quindi nei comuni, in cui c'era tantissimo volontariato, tantissima solidarietà, gestita attraverso la rivendita di materiali riciclabili. Averli riportati correttamente dentro la gestione dei rifiuti ha creato nel tempo delle diseconomie alle associazioni che storicamente vivevano solo di quello, quindi le sollecitazioni all'interno dei comuni per poter fare questo tipo di raccolta nel tempo sono state tante sia a livello straordinario, ma anche a livello continuativo.
  Nel mio territorio, la provincia di Treviso, la Caritas se ne era occupata in maniera sistematica, fintanto che la gestione strutturale come rifiuto le ha creato una serie di problemi e abbiamo dovuto trovare altre soluzioni, quindi capisco quando i comuni cercano di preservare l'esistente, perché altrimenti dovrebbero con fondi propri sostenere associazioni che difficilmente riuscirebbero a sostenersi.
  Un secondo aspetto è la difficoltà nel togliere i cassonetti abusivi. Nel mio territorio ci siamo riusciti solamente adesso che in Veneto c'è un grosso problema sul prezzo dei tessuti. Diverse gare sono andate deserte, poi finalmente siamo riusciti a far togliere tutti i cassonetti abusivi, perché anche loro non avevano più la convenienza e non riuscivano a trarre dei benefici economici dai materiali.
  È chiaro però che, come ha chiesto molto bene l'onorevole Bianco, una definizione più corretta e un'informazione sono necessarie anche nei confronti dei comuni, perché soprattutto quelli più piccoli, oberati da tante incombenze, non possono sicuramente andare dietro a questa nicchia, che genera qualche problema.

  PRESIDENTE. Sicuramente noi come Commissione vorremmo farci carico anche di promuovere varie iniziative, magari facciamolo insieme, perché l'unione fa la forza.

  MAURO BARISONE, Vice Presidente di ANCI-Piemonte. Vorrei toccare un argomento cui il presidente ha accennato, la tracciabilità, argomento che va a determinarsi per poi avere un quadro preciso di dove, come e chi utilizza i materiali.
  È però necessario che, come ha detto il nostro presidente, ci sia un passaggio antecedente, che è quello di creare un Albo, regolamentarlo, e regolamentare le attività e i mezzi. Questa è la prima cosa che dobbiamo fare e purtroppo richiede dei costi, come è stato per il settore dei rifiuti normali che stiamo analizzando adesso, lo è anche per quei settori che, come questo, sono stati al momento trascurati.
  Il settore vestiti è un argomento ma, vista l'economia circolare cui dovremmo riferirci d'ora in poi, tenete presente che molti settori potrebbero avere altri sviluppi oltre a quello dei tessuti.
  Sono già stati fatti ad esempio in alcune cittadine dei tentativi per fare la raccolta delle gomme delle biciclette e di tutto quello che è gomma, per poterla riutilizzare. È un esperimento che ha funzionato bene, ma che non ha ancora avuto un capo unico su cui programmare, come si è detto oggi, queste funzioni. Molti saranno i settori che richiederanno questo tipo di esigenza.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Può questo albo, che quindi è un costo, come è stato detto, rendere non più redditizia la filiera?

Pag. 9

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Io penso di no, presidente, penso che se fissiamo delle regole chiare, che non hanno un carattere punitivo, ma chiediamo soltanto che ci sia tracciabilità dell'operazione e anche requisiti dal punto di vista penale per i soggetti interessati, non è di per sé un'attività che allontana l'economicità. Altrimenti dovremmo dire che la creazione di una white list nel campo per esempio dei lavori pubblici, solo perché c'è la white list e questa naturalmente ha dei costi, rende non competitivo quel settore, e non mi pare che ci siano queste condizioni, anzi più facciamo in modo che migliori la reputazione del settore, più può essere una raccolta economicamente vantaggiosa. Il cittadino che vede che l'abito che regala va a finire in una filiera criminale magari non farà più questa operazione e l'operazione diventerà meno vantaggiosa.
  Non abbiamo paura di avere più trasparenza, presidente, anzi il contrario.

  PRESIDENTE. Invece per questo caso dei comuni tendono a favorire alcune cooperative piuttosto che altre, anche Utilitalia ha detto che questo è consueto e non è proprio normale, qual è il vostro punto di vista?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Noi diciamo che qui bisogna assolutamente e solo rispettare la legge. La legge consente di avere nei confronti di alcune cooperative che svolgono funzioni di carattere sociale, per esempio danno lavoro a persone con disabilità, di avere un accesso facilitato.

  PRESIDENTE. Sì, ad esempio a Bologna è stato detto «o la dai a quella cooperativa oppure ti togliamo il servizio», è stata presentata una mozione, se non ricordo male.

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Però mi sembra onestamente molto strano che un comune ponga in essere un comportamento di questo tipo. Ci sono dei casi previsti dalla legge, per cui si può dare un affidamento praticamente a condizioni di valutazione dell'attività sociale della cooperativa, ma non «o lo dai oppure...», perché questo non mi sembra un atteggiamento rispettoso della legge e non mi pare che una città come Bologna possa avere questa situazione.
  Se volete, su questo argomento noi chiediamo al comune di Bologna di prepararci una relazione e ve la faremo avere direttamente.

  PRESIDENTE. Perfetto, grazie. Senatrice Nugnes, prego.

  PAOLA NUGNES. Sì, grazie. Mi perdonerà se alcune domande potranno sembrare po’ strane, ma le pongo per capire bene il meccanismo della filiera.
  Un rifiuto diventa tale quando esce dalla casa, ma quando c'è una raccolta porta a porta come faccio a dire che il soggetto sta facendo un traffico di rifiuti? In quel momento si sta venendo a determinare una donazione non ad un soggetto bisognoso, ma a chi è andato a raccoglierla, quindi dal punto di vista legislativo del rintracciare il reato credo che qui ci sia un punto dolente, perché nel momento in cui vengono a bussare alla porta e io glieli do in mano non è rifiuto, quindi mi chiedo su questo come possiamo allertare il cittadino per questa azione.
  Se il problema è il cassonetto, con una giusta informazione non si può trasportare nelle isole ecologiche il transfert del rifiuto? Visto che non è un rifiuto che viene depositato quotidianamente, non può rientrare nella tipologia dei RAEE e di altri tipi di rifiuti che vengono portati alle isole ecologiche, in modo che anche la percezione del cittadino sia che il cassonetto non può essere quello del comune, perché il comune chiede che si vada all'isola ecologica?
  Un'altra domanda che le faccio è forse un po’ più complicata, perché può anche portare a falsificazioni, ma non si può valutare un'etichetta di qualità, cioè valutare che, se si rientra nella filiera in tutto il processo, l'abito alla fine riporti un'etichetta specifica che lo renda riconoscibile, Pag. 10quindi se mi reco ad Ercolano io possa riconoscere l'abito regolare da quello irregolare?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Per quanto riguarda la prima domanda, quella sui rifiuti porta a porta, da quanto ci risulta la pratica però più diffusa non è quella della raccolta porta a porta, cioè bussano a casa e uno gli consegna l'abito, l'attività che noi abbiamo registrato sulla base della nostra esperienza è quella di porre in essere dei centri di raccolta illegali, i cassonetti messi...

  PAOLA NUGNES. Però questa pratica è stata anche denunciata dagli auditi, cioè a me capita nel comune di Pozzuoli il cartello che dice «mercoledì a quest'ora verremo a ritirare», quindi come si viene a determinare l'illecito di questi soggetti?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Una possibilità a cui lei stessa accennava è quella di promuovere delle campagne informative, perché non abbiamo altri strumenti, cioè far conoscere ai cittadini, con gli strumenti di comunicazione di cui normalmente i comuni si servono, che questa non è un'attività gestita dal comune, non è un'attività propria, ma è un'attività illegale.

  PRESIDENTE. Scusate se vi interrompo, io non conosco la realtà di Pozzuoli, ma non è scontato che, siccome vengono a casa a prenderli, ciò sia necessariamente illegale.

  PAOLA NUGNES. Io però come cittadina posso valutare che siano dei soggetti che opereranno per diffondere il dono, quindi mi posso affidare a questa filiera, cioè penso che io sto donando e loro a loro volta andranno alla parrocchia a donare, quindi dove si viene a instaurare l'illecito? Nel momento in cui vengono a raccogliere io sto presupponendo che ci sia un illecito, perché se io vengo a raccogliere e lo voglio donare non sto compiendo un illecito, quindi io lo presuppongo, come lo fermo se lo sto solo presupponendo?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Allora, il comune probabilmente è venuto a conoscenza di pratiche di questo tipo e può porre in essere una campagna informativa nei confronti dei cittadini, che dice «fai attenzione perché questo tipo di raccolta sta avvenendo al di fuori delle regole».
  La seconda cosa è il controllo a monte, perché, siccome tutto questo finisce poi in filiere, se noi andiamo a razionalizzare e a controllare coloro i quali operano nel settore in questa maniera con controlli molto efficaci e con la creazione di una lista di aziende che operano nel settore, facciamo una doppia azione di intervento.
  Per quanto riguarda le isole ecologiche, strumento che lei suggeriva, purtroppo non sono in tutti i comuni, ci sono comuni di piccole dimensioni...

  FRANCO BONESSO, Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano. È uno degli elementi che di solito c'è nelle isole ecologiche, anzi nella mia esperienza è il luogo principale dove vengono raccolti gli indumenti tessili, poi noi abbiamo fatto anche una convenzione con le parrocchie, instaurando un doppio canale: io ti do il materiale che poi tu ridistribuirai ai poveri, il secondo verrà invece trattato come rifiuto.
  Poi il cittadino difficilmente si informa e quindi non è perfettamente cosciente, però...

  PRESIDENTE. Da quello che ho capito, il dono è l'1 per cento, nel senso che poi alla fine anche le parrocchie hanno poche persone, e tutto quello che è in più, che io ho donato e che però la parrocchia non è riuscita a dare al povero, poi viene venduto e sia che vada nell'isola ecologica o nel cassonetto va tutto insieme nella stessa filiera.

  FRANCO BONESSO, Assessore per la gestione dei rifiuti del comune di Trevignano. Su quella a sacco noi ci siamo battuti contro quelli che fanno la raccolta, perché dicono «me lo dai come dono», però con la modalità tipica con la quale Pag. 11raccolgo tutti gli altri rifiuti porta a porta. Dire che si possono conferire gli indumenti a sacco con la stessa modalità, che è una modalità di raccolta tipica dei rifiuti per alcuni materiali, può aprire la porta ad altre cose, perché oggi abbiamo chi raccoglie i rifiuti a sacco, domani ci sarà chi vuole venire a prendere le lattine e le bottiglie in PET a sacco, portando via tutta una serie di economia che deve andare alla collettività per abbassare la tariffa, non per arricchire qualcuno.
  Questo aspetto non è banale, quindi anche in caso di modifica legislativa o di precisazione necessita di una seria riflessione.

  MAURO BARISONE, Vice Presidente di ANCI-Piemonte. Volevo aggiungere che quello che ha detto il collega è un concetto che abbiamo espresso precedentemente. Il collega è di una zona di Treviso, Contarina è una società che da molti anni agisce e ha creato sin dall'inizio un certo tipo di raccolta, di redistribuzione, di riuso, utilizzano anche materiale che tante città non utilizzano, come ad esempio i pannolini, quindi sono già molto più avanti.
  La realtà è che però il 75 per cento dell'Italia ha molti comuni che non hanno neanche quasi la raccolta normale, quindi quello che dobbiamo costruire è che tutti abbiano ben chiaro che nei paesi ci vanno i RAEE, ma abbiamo bisogno anche di quello che possono essere oggi i vestiti, domani la gomma. Questo è il vero problema che dobbiamo affrontare, però è difficile perché i costi per i comuni ci sono.
  C'è anche da dire che la cosa importante è che questa informazione, che oggi è una realtà su Contarina, andrebbe moltiplicata, e lo stiamo facendo per le nostre possibilità, proprio utilizzando queste buone pratiche che ormai devono valere per tutti.

  ANTONIO DEL MONACO. Qualche audizione fa ci hanno indicato dei dati: oltre 130.000 tonnellate di rifiuti vengono raccolti in Italia e più della metà viene finalizzata al recupero all'interno della nostra nazione e buona parte va all'estero. I Paesi che vengono utilizzati sono, oltre alla Tunisia, l'India, il Pakistan e la Turchia, e, se vanno lì, c'è una finalità legata soprattutto a quella filiera in cui ci fermiamo a un certo punto.
  Sulla questione del porta a porta, mettono i cartelli sotto i citofoni informando che passeranno per la raccolta di abiti usati per beneficenza. Una volta che dono degli abiti alla Caritas o alla parrocchia solo poche persone possano utilizzarli, la rimanente parte – ce lo hanno detto in audizione i rappresentanti della Caritas – va a finire nel calderone, e poi li ritroviamo nei negozi di abiti usati o addirittura nuovi.
  Qualche volta, andando a depositare gli abiti all'isola ecologica ho visto arrivare il solito tizio che cercava di prendere la roba facendo addirittura una cernita. Quello che è importante è seguire la filiera e la tracciabilità sino alla chiusura, che purtroppo troviamo in Tunisia o in Pakistan.
  Sappiamo anche dalla relazione dell'antimafia che Prato ed Ercolano sono i due punti nodali, voi siete un'associazione che però può dare indicazioni affinché questo flusso possa essere fermato, soprattutto mettendo dei paletti nell'ambito del proprio comune. Cosa fa l'associazione e come sta spingendo i comuni affinché questa filiera venga chiusa e non ci sia questo spazio dove la criminalità organizzata vede il proprio vantaggio?

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. L'unica cosa che noi possiamo fare è dare il massimo di informazione possibile ai comuni, sollecitarli ad avere attenzione su questo argomento, ma l'Associazione dei comuni d'Italia non è dotata di uno strumento di contrasto alla criminalità organizzata che opera in questo campo.
  Quello che possiamo fare è sollecitare i comuni ad avere il massimo di sensibilità e di attenzione sull'argomento, di sollecitarli a buone pratiche, che possano ridurre questo fenomeno, ma l'azione di repressione della criminalità in questo campo appartiene alle forze di polizia e all'autorità giudiziaria, come ANCI non abbiamo gli strumenti.

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  PRESIDENTE. Sicuramente un supporto ai comuni è prezioso.

  VINCENZO BIANCO, Presidente del Consiglio Nazionale ANCI. Un supporto informativo lo possiamo dare, assolutamente.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15.10.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha convenuto che abbiano luogo una missione in Calabria dal 6 al 9 maggio 2019 e una missione presso la provincia di Roma il 14 maggio 2019.

  La seduta termina alle 15.15.