XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Mercoledì 6 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Comandante dei Carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari, Gen. C.A. Angelo Agovino, e del Comandante dei Carabinieri per la tutela ambientale, Gen. Maurizio Ferla:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Agovino Angelo , Comandante dei Carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 13 
Agovino Angelo , Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 16 
Nugnes Paola  ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 16 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 17 
Braga Chiara (PD)  ... 17 
Agovino Angelo , Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari ... 17 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 18 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 19 
Agovino Angelo , Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari ... 19 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 19 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Ferla Maurizio , Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 

(La seduta, sospesa alle 15.50, è ripresa alle 15.55) ... 20 

Comunicazioni del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Comandante dei Carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari, Gen. C.A. Angelo Agovino, e del Comandante dei Carabinieri per la tutela ambientale, Gen. Maurizio Ferla.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Comandante dei Carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari, Generale C.A. Angelo Agovino, e del Comandante dei Carabinieri per la tutela ambientale, Generale Maurizio Ferla, accompagnati dal Generale Donato Monaco, dal Tenente Colonnello Gabriele Barecchia e dal Tenente Colonnello Filippo Vanni, che ringrazio per la presenza.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Ricordo che la Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo di rifiuti, nonché dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  Invito dunque i nostri ospiti a svolgere la loro relazione, sapete quali sono i nostri ambiti di interesse e quindi volentieri ascoltiamo il vostro lavoro.

  ANGELO AGOVINO, Comandante dei Carabinieri Unità forestali, ambientali e agroalimentari. La ringrazio molto, signor presidente, saluto gli onorevoli vicepresidenti e i membri di questa Commissione d'inchiesta.
  Questa occasione mi offre un'opportunità molto gradita di collaborazione istituzionale verso un organismo che ritengo abbia una responsabilità alta, e spero di dare concretezza a questa affermazione, che non vuole essere solo un atto di cortesia istituzionale, pur dovuta, nel corso della mia relazione.
  Innanzitutto mi presento. Sono Angelo Agovino, Generale di Corpo d'Armata dell'Arma dei Carabinieri, dal 22 dicembre comando il Comando Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei Carabinieri; sono sposato, ho 62 anni, ho due figli, ho 42 anni di servizio nell'Arma dei Carabinieri, fatti per poco più della metà nei reparti operativi sul territorio e per poco meno della metà nell'organizzazione centrale dell'Arma dei Carabinieri.
  Iniziamo dicendo chi siamo, qual è l'organizzazione che io dirigo in questo momento. Lo voglio dire perché è un'organizzazione relativamente giovane, che l'Arma dei Carabinieri ha approntato dopo l'unificazione Pag. 4 con il Corpo Forestale dello Stato, che ha preso le mosse dal 1° gennaio 2017.
  A seguito di questa unificazione, è stato creato questo Comando, il cui acronimo è CUFAA, Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, che si può avvalere di un Comando per la tutela forestale, che significa 14 Comandi regionali sul territorio, 83 Comandi di gruppo con una competenza provinciale e 784 stazioni territoriali.
  Il secondo Comando centrale che abbiamo è il Comando per la tutela della biodiversità e dei parchi, che si avvale di tre raggruppamenti alle dipendenze, uno per la tutela della biodiversità, che amministra le 130 riserve naturali dello Stato, quindi un'amministrazione completa di queste 130 riserve nazionali dello Stato, che rappresentano il 10 per cento del territorio nazionale, il raggruppamento parchi, deputato attraverso 148 stazioni alla tutela dei parchi nazionali, e il raggruppamento CITES, acronimo risultante da una convenzione siglata da 183 Stati nel 1973, che tutela la flora e la fauna in via di estinzione attraverso una serie di misure.
  I nuclei CITES quindi si occupano di tutto ciò che ha a che fare con il rispetto di questa convenzione, oltre che del maltrattamento degli animali, del commercio illegale di legname, che è una voce molto importante della criminalità, e di attività antibracconaggio.
  C'è poi il Comando per la tutela agroalimentare, che effettua controlli sulla regolare applicazione dei nostri regolamenti comunitari nel settore agroalimentare, si occupa della repressione delle frodi; il Comando Carabinieri per la tutela ambientale, quello che comanda il Generale Ferla qui accanto a me, che ha una particolare competenza sulle attività illegali connesse al ciclo dei rifiuti e può contare su una forza di circa 400 militari, che operano nei 29 NOE, Nuclei operativi ecologici, che abbiamo sul territorio.
  Come vedete, il Comando delle unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFAA) è un Comando ben strutturato sul territorio, opera in questi settori ed ha maturato una competenza notevole nei suoi settori di attività.
  Dopo aver detto chi siamo ho pensato di strutturare questo lavoro su due aspetti. Il primo è relativo agli elementi di analisi che emergono dalle nostre attività di indagine, il secondo è costituito dalle valutazioni che emergono dall'attività quotidianamente effettuata per la difesa e il controllo del territorio.
  Le nostre indagini cosa ci narrano? Probabilmente sono cose che avete già ascoltato più volte, ma le ripeto molto sinteticamente. Le nostre indagini nel settore specifico delle attività illegali che prosperano intorno al ciclo dei rifiuti ci dicono che, accanto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, osserviamo gruppi imprenditoriali di grande spessore, con interessi commerciali diversificati, che si avvalgono della competenza e delle prestazioni di figure professionali di elevata professionalità, evitando contatti diretti con la criminalità organizzata e con esponenti mafiosi.
  Questo ruolo è ancora più solido per quanto riguarda il ciclo della gestione dei rifiuti. Queste figure perseguono l'esercizio di attività economiche illegali, acquisendo ingenti quantitativi di rifiuti, ignorando scientemente quanto previsto dalle autorizzazioni anche al di fuori dei prezzi di mercato, omettendo successivamente di sottoporli ai trattamenti previsti.
  L'esame delle attività investigative mostra come il traffico illecito di rifiuti sovente rientri fra le scelte deliberate dell'impresa di contrarre i costi di produzione. Queste sono le imprese che operano insieme alla criminalità.
  Altre volte troviamo delle organizzazioni criminali che operano direttamente in questo settore, quindi direttamente nel business ambientale in molteplici ambiti, quali lo smaltimento illecito di rifiuti, l'inquinamento dei corsi d'acqua e delle sorgenti, l'abusivismo edilizio e, strettamente connesso ad esso, il ciclo del cemento, che meriterebbe un altro settore specifico di trattazione, il settore delle energie rinnovabili (vedremo nel corso del lavoro che ho preparato cosa voglio dire con energie rinnovabili), settori nei quali la criminalità Pag. 5organizzata si dimostra particolarmente attiva.
  Sembrerà strano, ma queste attività illegali si giovano anche di particolari congiunture non volute da nessuno, perché, se chiudono 600 imprese in Cina che prima importavano plastica ed altre tipologie di rifiuti, da qualche parte questi rifiuti devono andare a finire, quindi la chiusura del mercato cinese ha acuito il fenomeno dell'intasamento dei magazzini delle ditte operanti nel settore.
  C'è poi lo Sblocca Italia del 2014, che ha previsto l'eliminazione dei bacini di origine, quindi anche questo ha influito sul trasporto dei rifiuti in altre regioni d'Italia. Abbiamo assistito, soprattutto alla fine dell'anno scorso, a una serie di incendi nel nord Italia, che hanno portato all'attenzione del grande pubblico anche questo fenomeno degli incendi.
  Denominatore comune della criminalità organizzata ambientale è la sistematicità dell'organizzazione e la totale sovrapponibilità dell’asset societario a quello criminale. Tutti i casi riconducibili alla violazione di cui all'ormai famosissimo articolo 452-quaterdecies presentano quali elementi comuni l'essere riferibili ad attività continuativa di natura organizzata con allestimento di mezzi, perseguimento dell'illecito profitto attraverso l'illecita gestione dei rifiuti, declassificazione dei rifiuti attraverso la falsificazione della relativa documentazione.
  L'assoluta peculiarità è che nella maggior parte dei casi ad operare non sono semplicemente le persone fisiche, che per lo più pongono in essere condotte riconducibili ai cosiddetti «reati satellite», ma soprattutto anche aziende o reti di aziende che usufruiscono degli atti posti in essere dai singoli. Abbiamo visto quindi molto favorevolmente l'entrata in vigore delle norme specifiche, che individuano la responsabilità d'azienda in determinati settori.
  Vi segnalo il dato statistico dell'ISPRA nella relazione del 2017 sui rifiuti, rapporto che poi è stato integrato nel 2018. L'ISPRA ci dice che la produzione dei rifiuti urbani cresce in tutte le macroaree geografiche, con un aumento percentuale più rilevante al nord, più contenuto nel Mezzogiorno e nel centro d'Italia (al nord cresce addirittura del 3,2 per cento).
  In valore assoluto, il quantitativo di rifiuti urbani prodotti nel 2016 è pari ad oltre 14 milioni di tonnellate al nord, 6,5 milioni al centro e 9,5 milioni al sud, quindi la produzione pro capite raggiunge 497 chilogrammi per abitante ogni anno. Nella relazione troverete un'ulteriore specificazione riguardante questo rapporto dell'ISPRA.
  La grave crisi che affligge il ciclo dei rifiuti (c'è una crisi molto grande in questo settore) trae origine anche dalla mancata predisposizione di un'idonea impiantistica, che a livello regionale avrebbe dovuto garantire l'autosufficienza, e dalla contestuale inefficacia di misure idonee, tese in concreto alla riduzione dei rifiuti o alla loro riutilizzazione e rigenerazione.
  Delle due l'una: o si fanno impianti e si fanno seriamente, o si mettono in atto delle politiche efficaci per ridurre questi rifiuti, che per ognuno di noi assommano (parlo solo dei rifiuti solidi urbani e non dei rifiuti pericolosi, e tenete presente che i rifiuti speciali sono molti di più dei rifiuti solidi urbani) a 497 chili, politiche che ce li facciano ridurre a 4, cosa possibile anche se forse non proprio in questi termini. Abbiamo comunque tanti esempi di economia circolare che puntano alla riutilizzazione e alla rigenerazione dei rifiuti.
  In tale contesto, gli organi investigativi dipendenti hanno focalizzato la loro attenzione su tutta la filiera di gestione dei rifiuti solidi urbani, dove emergono maggiori profili di criticità, che vedono agire in un'ottica organizzata tutti gli attori del ciclo (produttori, trasportatori, laboratori di analisi, centri di trattamento, destinatari finali) con i relativi asset aziendali. Nel settore è stato fatto un grande lavoro sia sul piano del monitoraggio, sia sul piano dell'attività informativa, sia sul piano repressivo.
  Ho scritto anche come sono stati condotti questi controlli, quindi lo potrete leggere nella relazione. Noi partiamo dal monitoraggio di questi bandi all'approfondimento Pag. 6 informativo sulle imprese, abbiamo fatto controlli ad impianti di trattamento e stoccaggio estesi all'intera filiera, ovvero compatibili con il fine ciclo, attraverso verifiche incrociate, insomma è stata messa in campo una grande attività.
  Gli incendi, altro settore del quale vi siete occupati perché avete prodotto un documento molto interessante che ho avuto la possibilità di leggere. La fine del 2018 ha portato all'attenzione del grande pubblico questa questione degli incendi, perché si sono verificati gli incendi al TMB Salario e a Milano; l'incendio a Milano durato quattro giorni e al TMB Salario con conseguenze devastanti, quindi l'attenzione delle persone si è focalizzata moltissimo su questo argomento.
  Come dicevo, è un fenomeno strettamente connesso al ciclo dei rifiuti, che nel 2018 ha interessato dapprima il nord Italia e poi nell'estate anche aree sensibili del sud, delineando uno scenario preoccupante.
  L'aumento degli incendi dolosi, liberatori per il sovraccarico di materiale rifiuto non gestibile, trova origine in diversi fatti: criticità sorte nel trovare sbocchi esteri per rifiuti, il conseguente aumento dei costi di trattamento degli impianti italiani, l'apertura del bacino dei rifiuti al di fuori di quello di produzione.
  Il fenomeno, inizialmente connesso al solo ciclo di rifiuti industriali, ha progressivamente interessato i centri di trattamento impiegati nella filiera di gestione dei rifiuti solidi urbani, a dimostrazione che il Paese vive uno stato di emergenza. Se infatti in un primo tempo questi rifiuti potevano essere trattati solo all'interno del bacino di produzione, lo Sblocca Italia ha aperto questi confini per supportare i bacini in situazioni di emergenza nelle grandi aree del centro e del sud Italia, ha consentito la loro esportazione in altre regioni, dove vengono stoccati sia in depositi temporanei, sia in hangar affittati a privati, dispersi sul territorio in quantità e modalità che non rispettano le norme vigenti.
  Per ovviare alle contestazioni conseguenti ai controlli delle autorità, si ricorre alla combustione dei materiali, con conseguenze devastanti soprattutto per la salute dei cittadini. Il fenomeno era già sotto attenzione da tempo, poiché a partire dal 2016 ha assunto sempre maggiore rilevanza, attraverso la realizzazione di incendi di natura dolosa ai danni di impianti dediti alla gestione dei rifiuti, la cui incidenza è apparsa fin da subito come evidentemente sintomatica di una diffusa speculazione criminale, connessa al business dei rifiuti.
  Sul fenomeno si è recentemente espressa l'onorevole Commissione a cui sto parlando, che ha prodotto il documento di cui vi dicevo prima, la cui sintesi è che c'è stato un significativo aumento degli eventi nell'ultimo triennio, con il 47 per cento degli incendi verificatisi al nord, il 16 al centro, il 23 al sud e il 12 per cento nelle isole. Avete anche fatto delle valutazioni poste all'attenzione di tutti, avete parlato della fragilità degli impianti, spesso non dotati di adeguati sistemi di sorveglianza, di controlli rarefatti, una rarefazione dei controlli sulla gestione che porta a situazioni di sovraccarico degli impianti e quindi di incrementato pericolo di incendio, della possibilità determinata da congiunture internazionali, come ho detto prima, della Cina di questi incendi liberatori.
  Le regioni con il maggior numero di episodi sono la Lombardia con 21 eventi, il Veneto, la Campania e poi la Sicilia. Sulla scorta di questi approfondimenti valutativi che ha fatto la Commissione a seguito dell'analisi degli eventi segnalati, il Comando Tutela Ambiente ha disposto un'intensificazione dell'attività di controllo degli impianti di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti, anche con riferimento all'aspetto informativo.
  Dal punto di vista operativo, le attività condotte a livello nazionale hanno dimostrato, in linea con quello che la Procura nazionale antimafia sostiene da tempo, che i fenomeni incendiari non si inquadrano obbligatoriamente in dinamiche di grande criminalità organizzata, ma sono sempre spia di sussistenza a monte di importanti traffici illeciti di rifiuti.
  Sempre continuando su questo argomento, va rilevato che la gestione del traffico Pag. 7 dei rifiuti è un settore appannaggio non solo della criminalità organizzata, quanto di interesse per gruppi imprenditoriali di spessore. L'intervento della criminalità organizzata connotata dalle caratteristiche del 416-bis si registra soprattutto nel tentativo di acquisire, attraverso intimidazioni, corruttele e connivenze, gli appalti per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, che rappresentano in sostanza la prima fase del ciclo dei rifiuti, poi per tutto il resto c'è bisogno di aziende strutturate.
  Le criminali imprese di settore per il perseguimento dell'illecito profitto acquisiscono ingenti quantitativi di rifiuti anche a prezzi fuori mercato, omettono di sottoporli ai necessari trattamenti e li avviano a smaltimento e/o a riciclo, assegnando codici fasulli attraverso la tecnica del giro bolla o altre questioni che noi conosciamo. L'illecita esasperazione di simili condotte comporta alla fine l'eliminazione con il fuoco dei materiali giacenti.
  Strettamente connesse agli incendi sono le condotte delittuose tenute da soggetti spregiudicati, che sono alla spasmodica ricerca di capannoni in disuso, al cui interno stipare migliaia di tonnellate di materiali di cui si ha la necessità di disfarsi ad ogni costo. Questi soggetti in particolare si avvalgono anche di imprenditori titolari di impianti autorizzati, utilizzati come specchietto per le allodole, al fine di acquisire commercialmente le commesse sui rifiuti, per poi smaltirli abusivamente tal quali in questi capannoni dismessi, dislocati principalmente in Piemonte, Lombardia e Veneto, di fatto delle discariche abusive che diventano poi delle vere e proprie bombe ecologiche, a cui poi saranno connesse, nel momento in cui si scoprono, spese di smaltimento tutte a carico della collettività.
  In alcune zone del territorio nazionale gli incendi possono essere anche motivati dall'intento di agevolare e mantenere una situazione di emergenza, che obbliga le pubbliche amministrazioni ad intervenire sul mercato con affidamenti diretti, senza procedere a gare d'appalto, ovvero per prorogare i contratti in scadenza. Questo può essere un altro motivo di questi incendi.
  Cito solamente un'attività investigativa di particolare rilievo fatta fra Milano e Pavia, in un capannone a Corteolona (ho visto che poche sere fa ne davano conto in una trasmissione televisiva). In questa attività coordinata dalla DDA di Milano si sono scoperti gli autori dell'incendio di questo capannone a Corteolona, sono state arrestate sei persone, sequestrati mezzi e materiali, ma anche un telefono sul quale, sottoponendolo a perizia, si vede con quale spregiudicatezza operino gli incendiari in questo settore, laddove parlavano di versamenti piuttosto abbondanti di liquore al centro della torta proprio per significare il combustibile che era stato dato in particolari punti di questo capannone.
  Chiudo con il fenomeno degli incendi per parlare di un settore che secondo me nei prossimi anni ci interesserà non poco, che è quello del ciclo dei rifiuti connesso alle energie alternative. Lo sintetizzo nel seguente modo.
  Mi riferisco soprattutto al fotovoltaico: ci sono stati e ci sono tanti incentivi, gli impianti si sono fatti vecchi e vanno smaltiti. Le indagini in corso dimostrano cosa sta accadendo, ossia che le imprese criminali per ciò che concerne i pannelli fotovoltaici, che hanno una loro vita e sono caratterizzati da delle percentuali esatte di decadimento a seconda che siano fatti di silicio o di altri materiali, fanno una dichiarazione fasulla di sottoperformanza e quindi quello non è più un rifiuto, ma è un pannello che si può vendere come pannello usato in altre parti del mondo, per cui si sono aperte numerose rotte commerciali soprattutto verso Paesi del terzo mondo.
  Questa questione del ciclo dei rifiuti connesso alle energie alternative, non solo al fotovoltaico, è un argomento del quale ci dovremo sicuramente interessare.
  Il traffico transfrontaliero dei rifiuti. Anche questo è il frutto dell'enorme quantità di rifiuti che noi produciamo e della mancanza di impianti di qualunque tipo. Come ripeto sempre, i rifiuti da qualche parte devono andare a finire, quindi si devono adottare delle misure, degli accorgimenti (le scelte su quali misure adottare Pag. 8sicuramente non spettano al rappresentante di una forza di polizia).
  Il fenomeno dei rifiuti transfrontalieri è enorme, e non dobbiamo pensare solamente ai rifiuti solidi urbani. Mi sono annotato soprattutto il fenomeno della fine vita dei veicoli, cioè delle automobili. Questo è un altro fenomeno estremamente importante, che interessa il traffico transfrontaliero di rifiuti.
  Il costo di smaltimento di questa tipologia di mezzi, che produce ovviamente anche rifiuti pericolosi (gli oli esausti), ha portato alla creazione di un canale di autodemolizione illegale, realizzando guadagni in nero da parte degli autodemolitori abusivi e spesa minore per chi deve ripulire il prodotto.
  Il mercato della cannibalizzazione dei veicoli a fine vita, ove non rivenduto nel territorio nazionale, è l'estero. In quest'ultimo caso il modus operandi adottato dalla criminalità vede generalmente un privato di un Paese terzo venire in Italia, prendere il materiale proveniente da questa autodemolizione illegale ed esportarlo come materiale usato, quindi al di fuori di tutte le regole.
  Questo tipo di dichiarazione consente di non sottoporre i beni alle disposizioni di controllo fissate dalla Convenzione di Basilea, che prevede la tracciabilità integrale del rifiuto. La merce viene stipata nei container usando la tecnica del window dressing, vesti la finestra da cui ti affacci, per cui si apre il camion e vedi cose che ci possono stare come una cassetta di mele nella quale la prima fila è di mele belle e poi sotto ci sono le mele marce. Il privato spedisce la partita, che ritorna nel Paese di origine, dove le tracce si perdono.
  Simile fine fanno questi rifiuti spesso destinati a Paesi che sono in situazioni particolari di crisi, come la Siria dopo l'inizio del conflitto interno e la Libia del post Gheddafi. In questa filiera illegale, per i criminali non c'è differenza di tipologia di rifiuto da trattare e vediamo mischiarsi rifiuti elettronici con quelli meccanici, batterie, oli esausti e tutto il resto.
  Le spedizioni all'estero ovviamente causano gravi elementi distorsivi sulle matrici economiche di riferimento nazionale. Infatti, destinando ad impianti esteri tipologie di rifiuti che ben potrebbero essere trattate in Italia si incide profondamente anche sulla proiezione di sviluppo economico delle società che operano in questo settore.
  Nello scenario non va dimenticato che spesso i Paesi dove vanno a finire questi materiali presentano una legislazione molto più flessibile rispetto alla nostra nazionale, per cui i nostri criminali contribuiscono a creare delle nazioni che diventano delle bombe ecologiche. Dall'attività di monitoraggio abbiamo visto che la maggior parte del traffico transfrontaliero di rifiuti è diretto verso i Paesi più vicini (Austria, Slovenia, Francia), ma sono aperte tante altre rotte verso la Mauritania, la Tunisia, gli Stati Uniti d'America e il Giappone.
  Una trattazione a parte meritano i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Anche su questo argomento c'è da dire più di qualcosa, qui ci sono delle grandi similitudini con quello che vi ho spiegato per lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici, perché anche in questo settore il rifiuto viene truccato da materiale usato e si superano tutte le norme di settore che prevedono una tracciabilità di questi rifiuti molto importante.
  Con i rifiuti elettronici ho completato la prima parte della mia relazione. La seconda parte è dedicata alla criminalità ambientale diffusa. Cosa intendo per criminalità ambientale diffusa? Intendo una qualunque condotta anche occasionale che arrechi un danno all'ambiente.
  I comportamenti illegali svolti in maniera puntiforme da singoli sono diffusissimi, fino a trasformare questa attività da attività di singoli in attività collettive. I fenomeni più diffusi sono quelli dell'abbandono indiscriminato di rifiuti solidi urbani anche pericolosi e quello dell'abusivismo edilizio (vi ho citato prima anche la questione del ciclo del cemento) anche in aree protette e in zone a rischio idrogeologico.
  Anche se non riconducibile direttamente a fenomeni di criminalità organizzata, l'abbandono incontrollato dei rifiuti e la loro combustione, che siano essi pericolosi Pag. 9 o meno, è da annoverare tra gli elementi di maggiore e più forte perturbazione per l'ambiente, al pari dell'inquinamento del suolo, dei corsi d'acqua e dell'abusivismo edilizio di cui dicevo.
  I reparti sul territorio ci dicono quanto sia complesso il contrasto all'abbandono dei rifiuti urbani ed ingombranti, che interessano aree di campagna, lungo la viabilità secondaria, fenomeno particolarmente diffuso in alcune aree della Campania, nell'agro aversano, sul litorale domizio, da collegare, oltre che ad un'evidente carenza di senso civico, anche ad una diffusa evasione fiscale dei tributi locali, la TARI, che quindi comporta che gli evasori non possano utilizzare le isole ecologiche.
  Il fenomeno dello smaltimento incontrollato sul suolo di rifiuti speciali trova inoltre una delle sue cause principali nel lavoro nero, svolto da soggetti operanti principalmente nel settore edilizio, nel settore delle terre e delle rocce da scavo contaminate, nel settore tessile, nel settore delle carrozzerie, delle officine meccaniche, delle falegnamerie. Noi troviamo decine di lavori in nero di questo tipo che hanno bisogno di smaltire i loro rifiuti. Tali condotte consentono ad una serie di ditte marginali di ottenere notevoli risparmi sulle spese di smaltimento dei rifiuti.
  Questo genera ancora incendi, che sono funzionali sia allo smaltimento dei rifiuti sia alla creazione di nuove aree in cui sversarli.
  In questo ambito si colloca un protocollo d'intesa per il contrasto dei roghi di rifiuti nella regione Campania, sottoscritto a fine 2018 dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dai Ministri dell'interno, dello sviluppo economico, della difesa, della salute, della giustizia e per il sud. Il protocollo istituisce in via sperimentale un piano d'azione, che ha istituito un'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e una cabina di regia presso la prefettura di Napoli, con il compito di adottare iniziative per la prevenzione e il contrasto dei roghi in Campania.
  L'azione avviata dall'Arma in seno al protocollo si sta articolando sulla base di servizi dei propri reparti territoriali, anche attraverso l'impiego di strumentazione di cui siamo dotati (lo avete visto anche sui giornali), perché i satelliti e soprattutto i droni si stanno rivelando particolarmente utili.
  In questo settore, però, l'attività di polizia non è la panacea di tutti i mali, perché questi comportamenti illeciti o illegali non possono essere trattati unicamente come un problema di polizia, altrimenti la strada non è quella giusta. Il contrasto a questa tipologia criminale merita un impegno più consapevole di tutta la società civile, politiche educative penetranti e soprattutto strutturate.
  Noi collaboriamo ovviamente con il Commissario per le discariche abusive presenti sul territorio nazionale, che è un generale dei Carabinieri (non so se sia stato già audito dalla Commissione, quindi sorvolo su questo).
  Reati ambientali e cooperazione internazionale, settore non ben conosciuto. Probabilmente pochi sanno che l'Europa, solamente nel quadriennio 2018-2021, ha inserito tra le priorità criminali il crimine ambientale. In ambito europeo si stabiliscono delle priorità, che in sigla si chiamano EMPACT (European multidisciplinary platform against criminal threats). Fino ad oggi il crimine ambientale non era mai stato tra le priorità EMPACT; l'Italia ha avuto una parte rilevante nell'inserimento del crimine ambientale tra le priorità criminali dell'Unione europea.
  Tenete presente che dati Interpol e Nazioni Unite stimano questo business ambientale in 213 miliardi di dollari statunitensi: c'è una forchetta piuttosto ampia, ma la parte più alta della forchetta arriva a 213 miliardi di dollari annui. In questo progetto europeo l'Italia e l'Arma dei Carabinieri in particolare hanno assunto il ruolo di co-driver e per il 2018 l'Arma dei Carabinieri è leader di due azioni di contrasto al fenomeno emergenziale dei roghi nei depositi di stoccaggio e al traffico di veicoli a fine vita. In ambito Interpol poi è Pag. 10attivo da vari anni un gruppo di lavoro sull'inquinamento ambientale.
  Sorvolando su alcune cose che troverete nella relazione per necessità di sintesi, un altro aspetto di particolare rilievo dal punto di vista della cooperazione internazionale è la collaborazione che noi abbiamo attivato con più Paesi africani, nell'ambito dei progetti Ranger e GAR-SI Sahel. Il primo è un pacchetto addestrativo che ha visto impegnata l'Arma dei Carabinieri in Rwanda, Kenya e Uganda nell'ambito di una progettualità a supporto delle Forze di polizia africane, che proteggono fauna e flora di particolare valore, dove i ranger devono affrontare grandi organizzazioni criminali dedite al commercio illegale di animali protetti, alla deforestazione illegale, al traffico dei rifiuti e a diverse attività illecite collegate. A fine novembre abbiamo fatto un corso per questi Paesi alla Scuola di Castel Volturno.
  Il secondo progetto interessa i Paesi dell'area del Sahel, quindi il Mali, il Burkina Faso, il Niger, il Senegal.
  Conclusioni. Questo piccolo lavoro non vuole essere assolutamente esaustivo di un problema enorme, ma volevo mettere in evidenza alcune questioni. La prima: la criminalità organizzata rappresenta una delle forme più pericolose di criminalità, perché, oltre a concretizzare quel patto scellerato, che ben conosciamo, tra mafiosi, imprenditori e pubblici funzionari infedeli, produce un danno incalcolabile per gli ecosistemi, per la salute pubblica, e altera in modo consistente le dinamiche del mercato.
  La criminalità organizzata ambientale, approfittando del tardivo riconoscimento dell'allarme sociale connesso ai reati contro l'ambiente e sfruttando i solidi legami con il mondo imprenditoriale e istituzionale, ha sviluppato nuove forme di attività illegali, tralasciando in alcuni casi le tradizionali aree di operatività. I risultati devastanti di queste attività illegali purtroppo non sono immediatamente percepibili, quindi la minaccia è ancora più subdola soprattutto per la salute umana, dove le conseguenze si scontano a distanza di anni.
  All'evoluzione criminale si è contrapposta negli anni una qualificatissima attività di contrasto, attraverso azioni di profondità di Polizia, Carabinieri, magistratura, Forze dell'ordine.
  Il secondo aspetto, che è quello della criminalità ambientale diffusa, rappresenta un grave pericolo per la salute dei cittadini, per la difesa degli ecosistemi e per un corretto mercato delle attività connesse al ciclo dei rifiuti. Il fatto che il più delle volte tali atti non abbiano connessione con la criminalità organizzata non ne diminuisce il valore.
  L'attività di polizia in questo settore serve a far abbassare la febbre, ma poi è necessaria una vera terapia collettiva, fatta di educazione e cultura ad ogni livello, accompagnata da politiche educative e infrastrutturali efficaci, per avviarsi verso una stabile e radicata inversione di tendenza. Sul campo della cooperazione internazionale vi ho detto qual è l'importanza di questo settore.
  Infine, mi permetto delle considerazioni di chiusura del tutto personali. L'illegalità connessa al ciclo dei rifiuti non può essere affrontata alla stregua di un problema tecnico, che trova soluzioni in norme adeguate sia sotto il profilo penale, sia sotto il profilo amministrativo. Il tema dell'illegalità ambientale non trova soluzioni durature solo attraverso l'individuazione di fattispecie incriminatorie efficaci e funzionali all'attività di magistrati e forze di polizia, che a tutt'oggi comunque rappresentano l'argine più concreto ed efficace a tali forme di criminalità.
  La soluzione del problema passa a mio parere attraverso la divulgazione, una divulgazione capillare dell'enorme danno che i crimini ambientali producono, una divulgazione che punti a diffondere la consapevolezza collettiva e piena di quale patrimonio sottendano espressioni come «difesa del suolo, difesa degli ecosistemi, salvaguardia della biodiversità». Sono termini da non riservare solo agli addetti ai lavori o alla comunità scientifica, perché sono termini concreti, che si possono spiegare facilmente a tutti, in quanto trovano concretezza nella salute delle persone, nella salubrità Pag. 11 dei luoghi dove viviamo, dove lavoriamo, dove coltiviamo i nostri alimenti, nella conservazione delle specie animali e vegetali che garantiscono l'equilibrio e quindi la sopravvivenza dei diversi habitat, trovano concretezza nell'accesso al futuro dei giovani con opportunità almeno pari alle nostre, quindi si tratta di una ricchezza di inestimabile valore per l'umanità.
  Commettere un crimine contro l'ambiente a mio parere significa arrecare un grave pregiudizio al più grande patrimonio dell'umanità, un patrimonio che è al tempo stesso premessa e veicolo di sviluppo. Tutelare questo patrimonio vuol dire coltivare la cultura del rispetto reciproco tra cittadini, tra imprenditori, tra Stati, perché non esistono figli di un dio minore.
  Tutelare questo patrimonio vuol dire avere concreta considerazione per il futuro, e, se desideriamo un futuro, probabilmente ricominciare dall'ambiente non sarebbe male, senza condizionamenti e barriere ideologiche, ma rimettendo l'uomo e gli esseri viventi al centro dell'attenzione di tutti, per provocare un sussulto culturale vero, fatto di ampia condivisione e consapevolezza. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie in particolare per le profonde e giuste considerazioni finali. Lascio la parola al Generale Ferla.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Grazie, presidente. Sono il Generale Maurizio Ferla, Comandante del Comando Carabinieri per la tutela ambientale. Come ha già sottolineato il mio Comandante, il reparto ha due compiti primordiali: cerchiamo di prevenire ma in realtà siamo un reparto specializzato in investigazioni.
  Le nostre due leve di azione quotidiana sono quindi l'analisi criminale, nostro settore di competenza, e le investigazioni giudiziarie, che ormai, grazie alle modifiche legislative più recenti, normalmente finiscono di competenza delle distrettuali antimafia con il 452-quaterdecies, che viene rubricato, ma a tre anni dall'introduzione del Titolo VI-bis del Codice penale, dal nostro punto di vista i risultati sono obiettivamente scarsi.
  Cercherò di non ripetere le cose che ha detto il mio Comandante, perché sarebbe superfluo, ma cercherò di segnalare quali sono le più importanti difficoltà che nel quotidiano troviamo. Certamente il Titolo VI-bis, che prima non c'era e che oggi c'è, è in effetti uno strumento in più, uno strumento procedurale che ci consente di attivare delle investigazioni molto approfondite, con possibilità di intercettazioni telefoniche, di intercettazioni ambientali, con la possibilità di agire sotto copertura, con la possibilità anche, grazie alla modifica del Testo unico della legge antimafia, di prendere i patrimoni di coloro che rientrano in questa tipologia di reato.
  Al di là delle statistiche a volte abbastanza celebrative, in realtà gli articoli del Titolo VI-bis, segnatamente inquinamento ambientale e disastro ambientale (rammento a me stesso che il disastro ambientale è una figura di reato nuova, perché prima si rubricava il 434, ovvero il disastro innominato), restano sostanzialmente lettera morta o quasi, perché formulati con un preliminare «abusivamente» che sta bloccando molte Procure, molte autorità giudiziarie, molta polizia giudiziaria, particolarmente noi.
  Si è dibattuto per anni che questo «abusivamente», che è stato introdotto, non si trova nei lavori preparatori di questa legge (chi ha fatto la precedente legislatura lo può confermare); è spuntato fuori, e per la gran parte del territorio nazionale significa senza titolo autorizzativo. Pertanto, andiamo al petrolchimico di Priolo e, come è successo l'altro ieri, sequestriamo insieme ad altre Forze di polizia quattro depuratori atmosferici, tre dei quali non funzionanti e uno completamente spento. I tre che funzionavano immettevano comunque nell'atmosfera sostanze inquinanti oltre la tabella, poi una sentenza della Corte di cassazione, neppure a Sezioni unite, ha utilizzato un criterio estensivo o restrittivo (bisogna vedere da che punto di vista lo vediamo) e ha ritenuto anche fuori dall'atto autorizzativo che si è in una condizione abusiva, ma questo non è stato ancora completamente recepito da tutte le giurisdizioni. Pag. 12
  Un gruppo di lavoro di cui faccio parte sta proponendo di revisionare qualche articolo di questo Titolo VI-bis; è importante che si tolga questo «abusivamente» e anche un riferimento all'ecosistema, che non può essere oggetto di una definizione penale, visto che sono tante le teorie scientifiche più o meno concordanti sulla parola «ecosistema», ma quando si parla del diritto penale si deve parlare di un concetto che non abbia assolutamente situazioni interpretative.
  Un altro aspetto che ci rende più difficile operare è la consapevolezza da un lato che questo è un tipo di criminalità che noi non consideriamo criminalità di tipo mafioso tout court, quindi ribadisco quello che ha detto il mio Comandante, in quanto oggi non dobbiamo più pensare paradigmaticamente che il ciclo illecito dei rifiuti sia sempre appannaggio della criminalità organizzata. Questo era vero nel 1993, quando facemmo la prima operazione contro le ecomafie che si chiamava Adelphi, dove evidenziammo che i Casalesi andavano al nord, si facevano pagare e intombavano al sud, quindi nella Terra dei fuochi. Oggi, invece, il flusso dei rifiuti è al contrario.
  Ci accorgiamo comunque che i delinquenti che operano in questo settore, anche se colletti bianchi, sono sempre gli stessi, a scadenza di 4-5 anni ci troviamo sempre di fronte alle stesse entità, perché da tre anni c'è la possibilità, ma non riusciamo neppure attualmente a prendere il patrimonio di questa gente, cioè a dimostrare, così come è stato fatto in altri settori delinquenziali, che il delitto non paga.
  Adesso abbiamo il Testo unico delle leggi antimafia, che prevede la possibilità di agire con la confisca preventiva nei confronti di coloro che sono indiziati di 452-quaterdecies in combinazione con il 416. Il problema non è tanto la compatibilità logico-giuridica del 416 con il 452-quaterdecies, anche se c'è la faccenda è cacofonica; cioè un'associazione per delinquere che presume una struttura organizzativa si costituisce tra le altre cose per commettere un'attività organizzata di smaltimento illecito, il problema è che molto spesso non si riesce ontologicamente a dimostrare l'esistenza di un'associazione per delinquere.
  Faccio un esempio plastico. Nel caso più recente che abbiamo trattato, il traffico di vetture da demolitori romani alla Italferro di Bologna, che non costituisce un gruppo economico sotto il profilo commerciale, ma è un insieme di imprese che costituiscono il numero 1 del riciclo di materiali ferrosi. I titolari della Italferro avevano come referenti sul territorio di Roma vari autodemolitori, i quali non si conoscevano l'uno con l'altro e avevano solo un accordo con l'Italferro di mandare un'autovettura non bonificata, pressata tal quale, pagata quindi di meno, però conferita a prezzo di mercato all'altoforno.
  In un caso come questo io posso al limite (e l'autorità giudiziaria lo ha fatto) mettere in correlazione il demolitore con l'azienda e imputargli un concorso di persone nel reato, ma un'associazione per delinquere, posto che evidentemente non c'erano le strutture di un'associazione e che un demolitore non era d'accordo con l'altro demolitore per conferire all'Italferro. Questo significa che non possiamo fare un'indagine patrimoniale sull'illecita parte di arricchimento e dovremo attendere la confisca penale delle somme che riveleranno durante il procedimento l'illecito profitto, ma questo richiederà tempo.
  Un'altra esigenza che abbiamo è quindi santificare sotto il profilo legislativo la figura del cosiddetto «inquinatore pericoloso», per cui non debbo avere necessariamente un'imputazione di 416 e 452, ma se ho solo il 452 in un'ipotesi monosoggettiva, debbo poter fare l'indagine patrimoniale su questo singolo soggetto. Quantunque questo sia stato caldeggiato, numerose giurisdizioni non accettano questa interpretazione, e, sebbene una sentenza della Corte di Cassazione ammetta la possibilità dell'accertamento patrimoniale per la confisca preventiva, richiamando al discorso del traffico delittuoso contenuto nell'articolo 1, siamo ancora in alto mare.
  Questo per noi è essenziale, perché la pratica dimostra che dietro non c'è più il soggetto con la coppola e la lupara. Abbiamo una percezione sul territorio, anche Pag. 13nelle terre di tradizionale operatività dei cosiddetti mafiosi, camorristi, ’ndranghetisti e Sacra Corona Unita (SCU) che la criminalità organizzata tradizionalmente intesa è una sorta di collante con cui gli imprenditori di spessore non vogliono avere neppure un contatto per un caffè.
  È anche vero che, da quanto ci risulta, l'interesse della criminalità organizzata di accaparrarsi la prima fase del ciclo nelle terre «nobili», tra cui anche la mia, non è necessariamente votato ad un guadagno in termini di profitto. Se esaminiamo i bandi di gara, cosa che facciamo quotidianamente, e controlliamo la dinamica della raccolta dei rifiuti, scopriamo, ad esempio, che noleggiare un compattatore costa 100, ma il noleggiatore me lo dà a 200 e poi il 100 di differenza rientra con sponsorizzazioni. Questa cosa la scoprii a Lecce da comandante provinciale – quindi, prima di ricoprire l'attuale incarico – occupandomi di squadre di calcio di seconda o terza categoria e di altre feste, fiere e mercati. È evidente che la criminalità organizzata, che poi vende normalmente in nero quello che risulta vendibile immediatamente guadagnando circa 6-7 milioni per un ATO con 250 abitanti equivalenti (questo è il vero guadagno), ha più interesse ad immettere sul mercato 20 milioni di euro sporchi per ricavarne 7, 8 o 9 puliti.
  La dimostrazione è che gran parte delle ditte, quando arriviamo perché è stato loro bruciato lo STIR, lo stabilimento, hanno portato già i registri in tribunale.
  Questo è il nostro punto di vista sull'applicazione della normativa e sulle difficoltà che a volte si trovano. Le priorità del nostro reparto sono già state segnalate dal mio Comandante, quindi non ho molto da aggiungere.

  PRESIDENTE. Grazie. Faccio una precisazione: come Commissione ci stiamo occupando di monitorare l'applicazione della legge n. 68 e, anche vedendo la Cassazione, non risulta questa difficoltà interpretativa per quanto riguarda la parola «abusivamente» e la definizione di ecosistema, quindi adesso la aggiorneremo e faremo una verifica, anche perché ci risultano cose diverse.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Sì, presidente, comunque ci sono due sentenze della Corte di cassazione, se non vado errato, le quali precisano che il fatto di avere un titolo autorizzativo non è esaustivo; la differenza è abbastanza sottile. La legislazione ambientale va dalle sanzioni amministrative alle contravvenzioni penali, ai delitti, oggi è così. Ad ogni modo, se vado in uno stabilimento e un soggetto ha accumulato rifiuti oltre l'autorizzazione, normalmente si tratta di una contravvenzione penale o di una sanzione amministrativa con obbligo di asseveramento e bonifica, non di inquinamento ai sensi del Titolo VI-bis.
  Infatti, se il reato si rubrica in fase di indagini preliminari, poi magari in fase dibattimentale e a sentenza si trasforma in un'altra cosa. Noi prendiamo i registri delle notizie di reato dove c'è 416, 452-quaterdecies, ma questa è una rubrica di registro notizie di reato e poi magari alla fine del dibattimento non si dimostrerà l'associazione per delinquere, quindi il problema è complesso.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  ANTONIO DEL MONACO. Intervengo per richiamare quello che è successo anche ad Acerra con i Pellini, ai quali hanno tolto il 416 ed è rimasto soltanto il reato di disastro ambientale aggravato, e stanno fuori, ringraziando loro e non ringraziando il terreno che hanno inquinato.
  Spero però di poter insistere affinché questa cosa possa essere rivista; è mia intenzione almeno cercare di esacerbare le pene per quanto riguarda soprattutto il disastro aggravato ambientale, e lì non so come si possa non percepire l'associazione.
  I Casalesi inizialmente si sono arricchiti con il monopolio del calcestruzzo, poi riuscirono a capire che l'immondizia era oro forse più della droga, incominciarono a trovare la strada della «monnezza» e la portarono dal nord verso il sud (oggi, come dicevate, è il contrario).
  Voi avete evidenziato come adesso si facciano partire container contenenti rifiuti Pag. 14che vengono fatti passare per materiale usato. Mi auguro che vengano effettuati controlli e vengano individuati, anche se, come si diceva prima, abbassare la febbre non basta, la terapia è altro, è l'aspetto educativo.
  Ritengo che la cultura possa fare tantissimo per quanto riguarda il discorso della differenziata, ma vorrei sapere cosa manca a vostro avviso per avere ulteriori armi dal punto di vista strategico per intervenire su questo nuovo tipo di trasporto dei rifiuti.
  Il Generale Ferla evidenziava questo continuo attaccamento, quindi il famoso guardie e ladri, per cui voi tirate fuori una strategia e i ladri cominciano a individuare un'altra modalità per aggirarla.
  In tutto questo c'è un grande calderone che è la lavatrice, ossia il riciclaggio del denaro sporco. È lì che bisogna puntare, e credo che questo si stia facendo proprio per puntare sui soldi, perché per distruggere la criminalità organizzata bisogna toccare i soldi. Grazie.

  ANGELO AGOVINO, Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari. Per quanto attiene all'ultima parte, il discorso del Generale Ferla era mirato a questo. Lei chiede che cosa vogliamo in più e il Generale Ferla ha detto chiaramente quali sono le modifiche che noi auspichiamo, e sono proprio quelle che consentirebbero nell'andare a colpire i patrimoni.
  Per quanto attiene alla questione di quella modalità particolare di trasporto dei rifiuti, l'abbiamo scoperta proprio facendo i controlli ed è elementare come modalità. È chiaro che nel campo dei rifiuti elettronici è una cosa che può avere il suo valore, perché per vedere cosa c'è in fondo ad un Tir lo devi scaricare tutto, quindi ci sono delle ovvie difficoltà di controllo minuto su queste cose, però i controlli non si fanno solamente a caso, ma si fanno anche su spedizioni che hanno un luogo di partenza e un luogo di arrivo, si fanno anche attraverso un'attività di monitoraggio che ti dice anche dove e cosa andare a controllare.
  Penso di aver risposto in questo modo.

  PAOLA NUGNES. Dunque, parto dalla fine perché tra l'altro era la domanda che avrei voluto fare al Generale, perché non avevo sentito nominare la legge n. 68.
  Come ha detto il presidente, questa Commissione già nella vecchia legislatura ha instaurato un processo di monitoraggio e controllo dei risultati della legge n. 68 e chiaramente siamo qui proprio per raccogliere tutte le osservazioni e le rilevanze al riguardo, per poter anche porre rimedio.
  È vero che, da quanto ci risulta dall'interfaccia con le Procure, con i tribunali e con l'Arma, l'andamento della messa in campo della legge stava dando ottimi risultati, e questo ci ha molto confortato. Lei ci ha parlato di un paio di punti, che nella discussione che mi ha visto anche protagonista al Senato di questa legge erano stati molto ben focalizzati, ma nella dinamica dell'elaborazione della legge dovemmo necessariamente portare a casa un risultato, che ritengo ancora molto buono.
  Lei riporta quindi in auge un problema che credevamo in qualche modo superato dai fatti. A questo punto le chiedo, poiché le ritengo assolutamente preziose, le risultanze operative di quanto lei ci ha portato in relazione, quindi se può portarci in maniera documentata e quindi con relazione scritta i punti che lei ci ha adesso soltanto relazionato. Questa è la prima richiesta.
  Per quanto riguarda invece il Generale avevo segnato due cose, innanzitutto sull'aumento della produzione dei rifiuti, che lei giustamente ci dice sono risultati dell'ISPRA, però segnano una controtendenza rispetto agli anni precedenti. Mi chiedevo anche se forse non è una vostra funzione quella di valutare i motivi di questa produzione o che tipo di rifiuti è aumentato, se sono soltanto rifiuti urbani, se sono di produzione industriale e se ci sono dei motivi di questo aumento di produzione, di questo controvertere una statistica che oramai dal 2008 si era instaurata, anche perché non mi sembra che siano gli anni di una ripresa economica quelli segnati dall'ISTAT.
  Inoltre, ho trovato molto interessante, però non ho compreso benissimo, il rapporto Pag. 15 che fa con lo Sblocca Italia rispetto al fatto che permettendo il traffico anche in siti diversi da quello regionale ci sia stata una maggiore dispersione. Lo posso comprendere intuitivamente, ma in maniera pratica perché questo ha determinato minori controlli territoriali?

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Può darsi che io sia apparso critico nei confronti della legge, in senso negativo, però debbo dire che fino al 2015 eravamo sotto infrazione e non avevamo questo strumento, oggi sì ma rileva molto sotto il profilo investigativo. Io parlo, quindi, come polizia giudiziaria. Intendo dire che noi abbiamo strumenti di polizia giudiziaria che prima non avevamo.
  Tuttavia, nel momento in cui si passa dalla fase investigativa stretta al dibattimento in contraddittorio, le posso garantire che non ci sono più coloro che abbiamo arrestato a Casal di Principe, nonostante si chiamassero Bidognetti, o altra gente, tutte persone che purtroppo mi ricordano la mia giovane età, le ricordo con nostalgia per questo motivo. Noi ci troviamo di fronte a batterie di avvocati di pesantissimo spessore professionale, a consulenti assolutamente competenti (non voglio dire più competenti delle nostre ARPA, ma non hanno niente a che vedere). Dobbiamo dimostrare che l'attività del 452-quaterdecies, per esempio, era organizzata, perché altrimenti non arriviamo a nulla.
  Se noi prendiamo, per esempio, il classico caso, la domanda è: possiamo assorbire questo concetto di organizzazione nell'impresa? Le imprese fanno delle cose buone e una «malamente», come si dice. L'impresa di per sé è organizzazione, a parte il fatto che anche l'associazione per delinquere è un'organizzazione.
  La norma va benissimo, nel senso che ci dà poteri forti, come vi ho già prima sintetizzato: intercettazioni, la possibilità di agire sotto copertura, che non è indifferente, e quant'altro, ma poi all'atto pratico il diritto penale italiano è di derivazione romana ed è molto difficile sostenere un certo tipo di concetti nella fattispecie concreta rispetto a quella «teorica», da codice. Questo è difficile.
  Passo alla seconda situazione, rispondendo alla sua ultima domanda, perché questa è più che altro un'attività di analisi e di osservazione che abbiamo fatto noi della tutela ambientale. È aumentata certamente la parte che riguarda i rifiuti solidi urbani. Il decreto Sblocca Italia perché crea una criticità? Le dico solo che le ecoballe stanno ancora là. L'ultima gara è andata deserta, però bisogna un attimo chiarirsi su questo concetto, perché, se una gara va deserta non è sempre perché facciamo cartello, c'è la camorra e tutte queste belle cose. Faccio un esempio. Parliamo di termovalorizzatori, inceneritori, facciamo fare l’evergreen, possiamo fare tutto quello che vogliamo, però la fotografia attualmente è che ci sono dodici impianti in Lombardia, che sono nove termovalorizzatori e tre ancora inceneritori, ce ne sono otto in Piemonte e così via. Arriviamo in Campania dove ce n'è uno solo.
  Le sto spiegando il perché della crisi. Accade che nel momento in cui una regione, un comune, un consorzio, un ATO va in emergenza, l'immondizia resta là e prima o poi ce ne dobbiamo liberare. Allora che cosa accade? Accade che questa viene appaltata e che c'è un imprenditore, più o meno scrupoloso, che se la porta. Nessuna stazione appaltante mette una fideiussione sulla roba da smaltire; se la stazione appaltante di Caivano, per dirne una, mette una gara a 200 euro a tonnellata di materiale ancora da trattare, è chiaro che va deserta. Non è una questione di cartello, è chi ha la proprietà degli impianti al Nord, gestiti da pubblico o da privato, che determina la spesa della monnezza al Sud. Non so se mi sono spiegato.
  Allora, se io ho pochi scrupoli e non voglio andare a conferire a 175 euro a tonnellata all'inceneritore o comunque a un ciclo dei rifiuti completo di filiera, faccio una finta società, trovo un capannone, affitto col nome di questa finta società un capannone, stivo tutto là dentro, se mi scoprono brucio e arrivederci. Tant'è vero che nel giro di un mese noi nel Nord Italia avremo sequestrato circa una decina di Pag. 16capannoni, l'ultimo ieri in provincia di Rovigo con 3.000 tonnellate di rifiuti dentro e ne stiamo operando uno adesso nuovamente dalle parti di Alessandria.
  La stazione appaltante non si sincera che la sua roba sia andata a finire da una parte. Questo è il problema.

  PRESIDENTE. Non ho ben chiaro il senso, a parte che lo Sblocca Italia ha «sdoganato» il viaggio del tal quale, nei casi degli incendi, la presenza di impianti non è connessa, perché vanno a fuoco proprio perché non ci sono gli impianti, e soprattutto lo Sblocca Italia ha sdoganato il codice CER 20, il tal quale. Questi impianti che vanno a fuoco che rifiuto hanno?

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Lei parla degli impianti del Nord o del Sud?

  PRESIDENTE. In generale, non credo che ci sia una differenza.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Gli impianti del Nord vanno a fuoco per un eccessivo incameramento dei rifiuti, gli impianti del Sud vanno a fuoco per due ordini di ragioni: o per mantenere una questione di emergenza e, quindi, impedire di fare gare d'appalto, ovvero perché le ditte sono decotte e non hanno i soldi per andare a portare questa roba fuori. Queste sono le risultanze investigative.

  PRESIDENTE. Nei magazzini che vanno a fuoco c'è...

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Al Nord, invece, che cosa va a fuoco? Va a fuoco un deposito sostanzialmente abbandonato, che viene affittato ad hoc e viene riempito di rifiuti.

  PRESIDENTE. Tuttavia, quel rifiuto che va dentro quel capannone non viaggia come tal quale, ma viaggia probabilmente come scarto della raccolta differenziata, materiale plastico vario, un codice diverso da quello che è trattato nello Sblocca Italia.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Quando noi li troviamo certamente non ci sono appiccicati codici e FIR. Questo è poco ma sicuro.

  PRESIDENTE. Per quei rifiuti che vanno a fuoco in quei capannoni che codice CER viene dichiarato?

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Da chi? Sono là abbandonati. In linea di principio sono plastiche, a volte anche gomme, tessili...

  PRESIDENTE. Quindi non è tal quale?

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. No, sono balle non trattate.

  PRESIDENTE. Lo dico perché lo Sblocca Italia faceva viaggiare il tal quale, non le plastiche. Le plastiche già viaggiavano tranquillamente anche prima dello Sblocca Italia.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Sì, siamo d'accordo, però noi non troviamo solo plastiche, troviamo tante cose dentro. Quando riusciamo a fare la caratterizzazione e laddove riusciamo a risalire, sono prodotti che vengono da regioni del Meridione.

  PAOLA NUGNES. Vorrei solo chiedere se può relazionare con dati concreti, perché questo è molto interessante, però vorrei vedere le sue affermazioni con risultanze. Anche il fatto del Nord e del Sud e di impianti...

  PRESIDENTE. Sì, l'aveva già chiesto.

  TULLIO PATASSINI. Innanzitutto ringrazio per la vostra presenza, come hanno fatto i colleghi precedentemente, perché è chiaro che la presenza dell'Arma in questo Pag. 17settore è fondamentale, non solo nella fase di accertamento di eventuali illeciti, ma anche nella fase precedente di monitoraggio, di controllo, di verifica e di prevenzione.
  Infatti, questo è un settore particolare in cui – voi me lo insegnate e ce l'avete già espresso – chiaramente l'illecito si nasconde dappertutto e in particolare c'è uno spostamento da parte della criminalità organizzata, per cui ovviamente, anziché trasportare i rifiuti, li vanno a bruciare laddove vengono prodotti. L'incremento di incendi in alcune regioni del Nord probabilmente, come lei ha già detto, nasce dal fatto che c'è una maggiore produzione di rifiuti, anche di natura industriale e di natura speciale.
  In tutta questa vicenda, il rapporto con le istituzioni è fondamentale. Io prendo ad esempio la regione Veneto, che ha siglato un protocollo d'intesa, sia con l'Arma dei Carabinieri sia con i Carabinieri forestali e precedentemente con il NOE, per iniziare a monitorare insieme il territorio e, quindi, per prevenire eventuali potenziali illeciti. A questo proposito, vorremmo sapere se anche altre regioni hanno attivato dei percorsi simili di maggiore sintesi e di maggiore collaborazione con l'Arma.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Quasi tutte le regioni d'Italia per la verità, anche al sud, in Campania, in Puglia, in Basilicata. Non abbiamo ancora un protocollo in Calabria, mentre abbiamo qualche intesa in Sicilia, che però dovremmo vedere più avanti. Con le regioni del Nord, invece, ce l'abbiamo in linea di principio con tutte: Piemonte, Lombardia, chiaramente, come ha detto lei, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana.

  CHIARA BRAGA. Anch'io ringrazio il generale Agovino per l'audizione e ovviamente anche gli altri colleghi per il contributo. Ho soltanto due domande. In primo luogo, mi associo alla richiesta che ha già fatto la senatrice Nugnes, chiedendo se è possibile avere una relazione dettagliata sulle eventuali difficoltà di carattere investigativo-operativo che sono state determinate dall'applicazione della legge n. 68. Quali sono nel dettaglio i risultati che sono stati in qualche modo impediti dall'applicazione e dall'entrata in vigore della legge n. 68, se ci sono?
  Sul tema dei roghi degli impianti, anch'io ho le stesse perplessità che ha sottolineato il presidente e vi chiedo se ci potete fornire un'indicazione dettagliata dei casi di roghi nei quali si è verificato, a seguito delle indagini, uno stretto legame tra questi fenomeni e l'attuazione dell'articolo 35 dello Sblocca Italia. Effettivamente mi ha abbastanza stupito questo legame.
  Nel vostro intervento avete fatto riferimento al protocollo d'intesa sul contrasto dei roghi dei rifiuti in Campania. Vi chiedo se è possibile avere indicazioni più precise su quali sono e in che cosa consistono le azioni di raccordo e di coordinamento che sono previste nel piano citato, per quanto di vostra competenza, e quali risultati in questi primi mesi hanno prodotto.

  ANGELO AGOVINO, Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari. Per quanto attiene alle due relazioni, le produrremo. Io non riesco a comprendere la questione delle perplessità sullo Sblocca Italia. La colpa non è dello Sblocca Italia. Lo Sblocca Italia, fra le altre cose, annulla i vincoli di bacino e fu adottato perché le regioni del Centro-Sud erano in una crisi emergenziale. Non è una colpa, ma se noi oggi troviamo una quantità di rifiuti al Nord, se prima i rifiuti dal Nord andavano verso il Sud e oggi succede l'inverso, una ragione ci sarà. Io non sto dicendo «riportiamo i vincoli di bacino», sto cercando di fare uno sforzo di analisi per capire le ragioni di un fenomeno, ma lungi da me l'idea di dire «torniamo a come eravamo prima», è semplicemente lo sforzo di analisi di uno che fa questo mestiere, che si deve chiedere perché e fra le tante motivazioni può darsi che ci sia anche questa.
  Per quanto attiene a quello che ho detto relativamente al protocollo d'intesa che è stato siglato tra una serie di Ministeri, la Presidenza del Consiglio e una serie di enti, io penso che la cosa migliore sia andare a guardare questo protocollo, perché dice tante cose e istituisce una cabina di regia a livello territoriale. Pag. 18
  Uno dei grandi problemi che abbiamo è il collegamento tra tutte le isole dell'arcipelago, perché tra tutti gli enti interessati c'è pur bisogno di qualcuno che le metta in collegamento. Lo scopo ultimo di questi protocolli è creare un collegamento forte, una sinergia forte, tra tutte le isole che compongono questo arcipelago. Questa è un po’ la ratio ispiratrice di questo tipo di protocollo.
  Praticamente si stanno facendo una serie di attività sul territorio, che vanno dal controllo del territorio attraverso i droni all'aerofotogrammetria, passando per i controlli su aziende e terreni. L'oggetto qual è? I roghi di rifiuti che ci sono in Campania, capire perché si verificano questi innumerevoli roghi e che cosa si può fare per arginarli. Per arginarli, onorevole, bisogna trovarli quando incendiano, perché anche l'attività investigativa è molto complicata. Arrivare sul luogo di un incendio, casomai in campagna, in una via isolata, e dire che è stato Agovino è molto complicato. Questo è lo scopo di questo protocollo.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. Vorrei solo precisare una situazione, onorevole, sul discorso dello Sblocca Italia e del fatto che preveda dei codici. Non c'è legge o direttiva europea che riguardi i rifiuti che non preveda dei codici identificativi del materiale che si trasporta.
  Noi in questo momento abbiamo – è una notizia ancora coperta da segreto d'indagine – presso i porti di Ancona, Genova e Livorno tonnellate e tonnellate di rifiuti di apparati elettrici ed elettronici, pannelli fotovoltaici che alla GSE risultano smaltiti e stanno dentro il container in partenza, frigoriferi, condizionatori. La questione non è il codice che la legge consente, se io faccio un giro bolla e ci metto un codice falso, perché lì mi risultano R4 e R5, che non sono rifiuti, ma dentro ci sono rifiuti.
  Il fatto che noi in qualche capannone del Nord abbiamo trovato rifiuti che dovevano stare nei depositi, nelle discariche o negli impianti del Sud non significa che non abbiano fatto un giro bolla, anzi i reati ambientali di questo tipo si consumano attraverso un falso nella bolla, quindi un giro bolla, e una falsificazione del FIR. Questo è chiaro. Mi può fermare chi vuole evidentemente, però quello che mi ferma poi deve salire ed essere competente nel comprendere che quanto c'è scritto sulla bolla corrisponda a quello che c'è dentro il camion.
  Pertanto, non mi pare che sia un problema di ciò che la legge consente o non consente con i CER, perché peraltro abbiamo anche arrestato tipografi che facevano il CER falso o li arresteremo tra breve. Questo è il concetto.

  MARZIA FERRAIOLI. Ribadisco per l'ennesima volta che sono nuova della materia, mi sono occupata di altro, però proprio per questo forse mi pongo problemi che dal mio punto di vista sono determinanti, mentre dal punto di vista degli esperti sono domande banali, quindi mi scuso in anteprima.
  Vorrei capire innanzitutto da persone super esperte quali siete voi quanto impegna la prevenzione rispetto all'intervento successivo, perché io credo che questo sia un fenomeno nuovissimo. Tanto nuovo ormai non è, ma è nuovo rispetto alle categorie consolidate, quelle che noi conosciamo, quindi parlare di procedimento, delle misure di prevenzione da applicare anche a queste persone, in vista anche della confisca e dell'individuazione del patrimonio, è un incasellamento difficile, da quello che ho capito, rispetto a un procedimento che ha un altro presupposto e uno svolgimento più chiaro che si individuano, ovvero la famiglia mafiosa o camorristica. In questo caso, da quello che ho capito, sono imprenditori rappresentati da prestanome, che poi scompaiono gradualmente, e alla fine si dissolve l'associazione, diventa al più un concorso di persone, da quello che ho recepito prima.
  Qual è il peso che si dà alla prevenzione? Che intendo dire per prevenzione? Banalmente mi domando: il sindaco che vive su un territorio non vede, come la vedo io, l'immondizia abbandonata nelle stradine, ai margini delle campagne, lungo i binari? Io vado avanti e indietro con il treno e vedo lungo i binari della ferrovia da Napoli a Salerno, da Roma a Salerno o da Pag. 19Roma a Napoli l'iradiddio. Nessuno vede queste cose?
  Intervenire dopo è difficilissimo, perché abbiamo dei capannoni nascosti, all'interno dei quali sono occultati chissà quali rifiuti, che però non si possono identificare perché bisognerebbe tirare fuori tutto. Mi domando molto banalmente: una telecamera nel capannone non riesce a identificare quello che c'è all'interno? Un drone nel capannone ci va, funziona o non funziona? Non lo so.
  In Campania pare che si muoia quattro anni prima. Io sono campana e certamente non mi fa piacere prendere atto di questa cosa.
  Dico in aggiunta, per completezza del discorso dei quattro anni in meno, che l'onorevole Paolo Russo addirittura proponeva ai deputati campani, me inclusa, di fare una proposta di legge perché si anticipasse l'età pensionabile per i campani. Visto che morivano quattro anni prima, tanto voleva regalargli immediatamente la pensione, perché si riposassero al meglio.

  PRESIDENTE. Raccomando sempre di essere sintetici.

  MARZIA FERRAIOLI. Sì, sono sintetica, però credo che sia significativo. In Campania siamo affogati da questa immondizia. L'immondizia è visibile dappertutto, dovunque si vada. È possibile che un sindaco non riesca a controllare il suo territorio? È possibile che non gli si imponga di controllare il suo territorio? È possibile che non lo si sanzioni quando ignora il suo territorio? Io partirei di qua. Non so se è già stato fatto e non ha avuto risultati. Dal mio punto di vista, io comincerei da capo.
  Credo che quando pretendiamo di incasellare in vecchie categorie fenomeni nuovi, noi non ne usciamo più. Il fenomeno è nuovo e bisogna trovare una soluzione specifica per quel fenomeno. Io non so qual è, gli investigatori siete voi, però so che ci sono delle esigenze di prevenzione prima dell'investigazione, perché quando siamo arrivati all'investigazione vuol dire che il guaio è già fatto.

  ANGELO AGOVINO, Comandante dei Carabinieri unità forestali, ambientali e agroalimentari. Onorevole, a questo argomento è dedicata circa una metà di questa relazione. Io ho affermato che tutto l'argomento della criminalità ambientale diffusa è l'elemento di più forte perturbazione che noi abbiamo. Io l'ho messa al di sopra della criminalità organizzata, perché io sono del tutto d'accordo con l'osservazione che fa lei, ma l'osservazione che fa lei ha delle ragioni. I sindaci quando gli si va a dire «devi far questo», non hanno i soldi per bonificare. La prima cosa che viene detta è che non si hanno risorse per bonificare. Parlo del Sud, ma accade la stessa cosa nei capannoni bruciati del Nord. In quel capannone di Corteolona di cui parlavo nella mia relazione adesso si tratterà di bonificare ed è una bonifica che vale centinaia di migliaia di euro.
  Il problema qual è? Io perciò affermavo che non è un problema solamente di polizia, ma è un problema di carattere culturale, nel senso che io devo capire che quel comportamento mi sta rubando la vita. È un problema di divulgazione di questo argomento, di cui si parla pochissimo. È anche un problema di semplificazione di determinate procedure di impiantistica, quella che si vuole. Possono essere gli impianti di compostaggio, possono essere impianti di cui io non ho nemmeno l'idea, ma io devo sapere dove andare a mettere il rifiuto.
  Parallelamente ci vogliono misure che tendano alla drastica riduzione dei rifiuti. Non è possibile che ognuno di noi produca 500 chili di rifiuti all'anno. La mia busta dei rifiuti – ne parlavo con il presidente Vignaroli – da 10 chili può diventare una busta di un chilo, se qualcuno si mettesse in testa una cosa del genere e perseguisse questo obiettivo realmente. Se non ci sono indicazioni di questo tipo, noi troveremo i rifiuti sempre là e poi dobbiamo trovare la condivisione della gente. Ci siamo messi il casco in testa sulla moto, non solo quando abbiamo avuto la norma, ma quando abbiamo condiviso tutti che quel casco ti salva la vita.

  MARZIA FERRAIOLI. Sulla scorta di quanto lei ha detto, che io condivido evidentemente (abbiamo detto la stessa cosa), possiamo attivarci per una proposta di legge, in maniera che si preveda una dotazione Pag. 20per i sindaci, i quali non potranno più dire che non hanno soldi?

  PRESIDENTE. C'è un Parlamento per farlo.

  MARZIA FERRAIOLI. Infatti.

  PRESIDENTE. Visto che non ci sono altri interventi, chiudo riassumendo, anche per lavorare con la Commissione. Innanzitutto grazie per l'importante e prezioso lavoro che fate. Per noi è importante come Commissione starvi vicino. Speriamo di chiudere presto un protocollo d'intesa. Come ci siamo detti, sarebbe bene condividere le informazioni in maniera più diretta, anche per quanto riguarda, per esempio, i capannoni (ovviamente non quello con il segreto istruttorio), per farci un'idea dei codici, della tipologia dei rifiuti, che legami hanno il proprietario dei capannoni con chi ha portato lì i rifiuti, se c'è anche qualche grossa azienda dietro questi picchi, quali sono le indagini che state portando avanti sugli autodemolitori. Mi auguro di condividere presto nel dettaglio queste informazioni.
  Ho un'ultima domanda, perché avete accennato a un tema che è anche un nostro filone d'inchiesta per quanto riguarda l'abbandono dei rifiuti soprattutto nelle grandi città come Roma e Napoli. Mi domando se c'è una sorta di banca dati tra le varie Forze di polizia, soprattutto quelle stradali, perché spesso sono dei camioncini che viaggiano per strada. Infatti, ormai ci sono queste microstrutture in questi microterritori, che sono piccole. Vorrei sapere se c'è una condivisione di queste informazioni, proprio per essere più efficaci nei controlli.

  MAURIZIO FERLA, Comandante dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente. La nostra banca dati è lo SDI (Sistema di indagine), all'interno della quale vanno a finire tutti i controlli del territorio. Nella particolare fattispecie è chiaro che, se vogliamo utilizzare questo SDI per implementare le informazioni che le pattuglie della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza possono raccogliere per i trasportatori di rifiuti, sarebbe una bella idea parlarne con il Ministero dell'interno nell'ambito di un coordinamento.
  Aggiungo una piccola nota sulle bonifiche, ma che vale anche per gli abbattimenti, le demolizioni di case ed edifici abusivi. Si potrebbe pensare – ve lo dico così come più volte ne abbiamo discusso tra colleghi –, per esempio, di attivare i poteri sostitutivi del prefetto, il quale potrebbe intervenire, in un congruo termine dopo che il sindaco è rimasto inerte, a valere sul bilancio del comune. Se, per esempio, quel comune sta facendo pagare al Ministero dell'interno, al commissariato di polizia, all'Arma dei carabinieri, un affitto per la stazione, non gli si paga l'affitto per la stazione fino al concorso della somma che mi è servita per demolire o per bonificare.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 15.50, è ripresa alle 15.55.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentati dei gruppi, nella riunione appena svoltasi, ha convenuto che una delegazione della Commissione svolga una missione a Terni il 6 e il 7 marzo e una missione nella provincia di Perugia dal 19 al 21 marzo 2019.

  La seduta termina alle 16.