XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 27 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Sen. Erika Stefani, in ordine alle materie di interesse della Commissione parlamentare per le questioni regionali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Granato Bianca Laura  ... 6 
Corda Emanuela , Presidente ... 7 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 7 
Gariglio Davide (PD)  ... 7 
Corda Emanuela , Presidente ... 7 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 7 
Corda Emanuela , Presidente ... 8 
Granato Bianca Laura  ... 8 
Manca Daniele  ... 9 
Parolo Ugo (LEGA)  ... 10 
Pella Roberto (FI)  ... 11 
Acquaroli Francesco (FDI)  ... 12 
Campari Maurizio  ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 12 
Campari Maurizio  ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 12 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 13 
Abate Rosa Silvana  ... 13 
Corda Emanuela , Presidente ... 13 
Acquaroli Francesco (FDI)  ... 13 
Gariglio Davide (PD)  ... 14 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 14 
Corda Emanuela , Presidente ... 14 
Stefani Erika , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 14 
Corda Emanuela , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Sen. Erika Stefani, in ordine alle materie di interesse della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Erika Stefani in ordine alle materie di competenza della Commissione.
  Avverto che l'Assemblea del Senato è convocata alle ore 9.30. Pertanto, in considerazione del tempo a disposizione e al fine di organizzare al meglio i nostri lavori, al termine dell'intervento del Ministro darò la parola per il primo giro di domande a un commissario per Gruppo.
  Mi raccomando di contenere gli interventi in un tempo limitato.
  Qualora non fosse possibile per il Ministro rispondere a tutte le domande nella seduta odierna, l'audizione si concluderà in una successiva seduta, che sarà convocata in data da stabilire.
  L'intervento odierno del Ministro per gli affari regionali consente alla Commissione, che da poco ha iniziato i suoi lavori, di avviare l'interlocuzione con il Governo sui temi di comune interesse. Particolare risalto assumono, ovviamente, in questa fase, le trattative in corso per la prima attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione in materia di regionalismo differenziato.
  Mi riferisco, in primo luogo, all'elaborazione delle intese con le regioni per le quali il negoziato si trova in una fase più avanzata: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
  A tale proposito, ricordo che il Consiglio dei ministri ha, nella riunione del 14 febbraio scorso, preso atto dei contenuti e delle proposte di intesa da sottoporre ai presidenti delle regioni, condividendone lo spirito.
  A tale riguardo, siamo ovviamente interessati agli ulteriori sviluppi, e ricordo anche che altre regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Toscana e Umbria) hanno richiesto l'avvio di negoziati con il Governo per il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia.
  Anche a questo proposito vorremmo sapere quali potrebbero essere i passi successivi.
  Ringrazio sentitamente il Ministro per la sua presenza e le do la parola per lo svolgimento della relazione.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. È la prima volta che ci incontriamo in questa sede, ma credo che ce ne saranno molte altre. Forse è questa la Commissione con la quale e nella quale occorrerà soffermarci più approfonditamente sul tema dell'autonomia differenziata. Pag. 4
  Quanto alle regioni che hanno richiesto ulteriori forme di autonomia vorrei precisare che, ad oggi, si tratta di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Marche. Con la regione Campania ho fissato un appuntamento per i primi di marzo. Lo dico non per smentire quanto appena dichiarato dalla Presidente Corda ma solo per chiarire che, evidentemente, una cosa sono le dichiarazioni rilasciate alla stampa, altra cosa è ciò che viene poi effettivamente presentato al Governo.
  Oggi ho l'opportunità di fare il punto sullo stato del regionalismo differenziato su cui, tra l'altro, si è aperto un amplissimo dibattito pubblico, non solo nelle regioni interessate ad acquisire ulteriori forme di autonomia, ma nell'intero Paese.
  Si tratta, in questo senso, di una grande occasione per riflettere sul percorso dell'impianto stesso del regionalismo in Italia. È un dibattito che, però, per essere utile al Paese, a noi, a chi lavora al Governo, a chi lavora in Parlamento, deve essere ancorato al vero, un dibattito in cui il confronto deve essere il più possibile legato al merito delle questioni e non alle variabili ideologiche o a quelle costruite su parole d'ordine artificiali che rischiano solo di inquinarlo.
  In questo senso ritengo che il dibattito che si svolgerà in questa sede potrà aiutare tutti, forze politiche e sociali, a confrontarsi nel merito delle proposte che stanno maturando in questo confronto tra lo Stato e le regioni.
  Prima di entrare nel merito delle vicende anche di questi mesi, voglio ricordare che la modifica stessa del Titolo V della Costituzione, che ha introdotto la possibilità per le regioni a statuto ordinario di accedere a ulteriori forme particolari di autonomia, nasceva, già a trent'anni dall'istituzione delle stesse regioni ordinarie, come risposta a esigenze che già erano state avvertite come necessarie per migliorare l'efficienza delle risposte delle pubbliche istituzioni a un Paese che stava e sta profondamente cambiando.
  L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione è la risposta che il Parlamento, nel 2001, ha offerto al Paese e alle sue istituzioni, ed è anche l'unica àncora normativa sulla quale si fonda il nostro lavoro, stabilendo che possono essere attribuite ad altre regioni, oltre che a quelle a statuto speciale, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
  L'iniziativa appartiene alla regione, che deve sentire gli enti locali. L'attribuzione delle competenze avviene sulla base di un'intesa tra lo Stato e la regione interessata. Quest'intesa deve essere poi approvata con legge dello Stato con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Su questo siamo tutti d'accordo.
  Lo stesso articolo della Costituzione stabilisce, quindi, i limiti dell'attribuzione delle competenze, indicando quelle del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione stessa (dunque tutte le materie di competenza concorrente, su cui già oggi le regioni possono legiferare) e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo 117, alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) (norme generali sull'istruzione) e s) (tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali).
  Un ulteriore limite, che non è, in realtà, un limite ma è la cornice nella quale si lavora su tutta l'attribuzione delle competenze, è il rispetto dei princìpi dell'articolo 119 della Costituzione, che devono essere presi come un importante punto di riferimento, in particolare per la parte relativa al rispetto degli equilibri dei relativi bilanci.
  È, quindi, all'interno di questa cornice costituzionale che nel corso del 2017 tre regioni – Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna: mi soffermo sui processi più maturi dal punto di vista della trattativa – hanno formulato al Governo la richiesta di potersi vedere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Arrivano a questa richiesta con percorsi diversi: previo svolgimento di referendum popolare, le regioni Veneto e Lombardia; con una determinazione maturata in consiglio regionale, la regione Emilia-Romagna. Tutte le altre regioni che hanno fatto richiesta di autonomia hanno seguìto il percorso di una decisione maturata all'interno degli organi istituzionali della regione. Pag. 5
  A seguito dell'esito dei referendum di Veneto e Lombardia e delle consultazioni promosse in Emilia-Romagna, seguite da voti consiliari, già a novembre 2017 il Governo avviò il confronto con le regioni e venne stabilito, considerata anche la fase terminale della legislatura, di concentrare il confronto su cinque tra le materie richieste, e di avviare il confronto con le amministrazioni centrali interessate, cioè con i Ministeri, su queste cinque materie.
  I negoziati hanno portato alla sottoscrizione di tre separati accordi preliminari – le cosiddette «pre-intese» – sottoscritte il 28 febbraio tra Gianclaudio Bressa, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e i presidenti delle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
  Nel corso del mese di giugno, a seguito della formazione e della nomina del nuovo Governo, e su richiesta delle regioni, ho riaperto i negoziati al fine di conseguire l'intesa tra lo Stato e le regioni, proseguendo quel cammino già inaugurato con la stipula delle pre-intese. Le regioni Veneto e Lombardia hanno formalizzato una richiesta di attribuzione di autonomia speciale in 23 materie, mentre la regione Emilia-Romagna ha ritenuto di formulare all'origine l'accesso a 15 competenze, con due passaggi, uno dei quali in consiglio regionale a settembre.
  A partire dal mese di luglio, tenendo conto degli incontri con i presidenti delle regioni, sono stati avviati confronti con le delegazioni regionali e con i Ministeri interessati sulla base delle richieste formulate dalle regioni, che ho chiesto fossero esplicitate in specifici dossier, nei quali sono state appunto declinate le competenze. Per concludere una trattativa approfondita e per redigere un testo di intesa e la relativa legge in modo compiuto, dunque fondamentalmente per non ricorrere a una legge delega, è stato necessario chiedere precisazioni. Se infatti leggiamo il testo dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione leggendo i vari titoli (istruzione, norme generali sull'istruzione, ambiente) ci si chiede cosa significhi ambiente, cosa istruzione, cosa beni culturali.
  Ho chiesto alle regioni di indicare espressamente quali siano le competenze che intendono acquisire perché nel confronto con i Ministeri, nel rispetto del Parlamento, di chi approverà la legge, si deve sapere esattamente di quali competenze si tratti, altrimenti sarebbero attribuite delle competenze «in bianco» indicate in maniera generica. Per tale ragione, abbiamo realizzato questi dossier, per indicare, nell'ambito di queste materie, per cosa si richiedeva espressamente la competenza.
  E si è visto che ogni regione, nel formulare questa declinazione – si comprende così davvero cosa sia il regionalismo differenziato – ha avanzato richieste molto attinenti al tipo di lavoro, alle caratterizzazioni del proprio territorio e alle problematiche di quei territori. Perciò, si capisce bene che il regionalismo differenziato avviato con una scarna norma costituzionale ha veramente colpito nel segno, cioè ha dato risposta a un'esigenza, ovvero chiedere competenze parametrate, commisurate e dimensionate sulla regione stessa e sulle esigenze territoriali.
  Già da una prima osservazione si comprende che si tratta di un lavoro molto complesso e articolato, per il quale sono stati necessari moltissimi incontri sia in sede tecnica sia in sede politica, nel corso dei quali si sono misurati sempre alla mia presenza – è come se il Dipartimento per gli affari regionali avesse fatto da mediatore – i funzionari della regione competenti in quella materia con gli omologhi funzionari dei Ministeri, o direttamente i Ministri e i presidenti di regione. È stato un lavoro enorme, ma in realtà siamo riusciti a coinvolgere in questo modo tutti i Ministeri, retti sia dal Movimento 5 Stelle sia dalla Lega.
  Contemporaneamente sono pervenute le ulteriori richieste che già nei mesi di giugno e di luglio hanno formulato altri presidenti di regione. Già a luglio i presidenti delle regioni Liguria, Marche, Umbria, Toscana e Piemonte hanno manifestato l'interesse ad aprire il confronto con lo Stato, anticipando così la formalizzazione di richiesta di negoziato. Solo recentemente ho aderito anche alla richiesta del presidente della Pag. 6regione Campania di incontrarci e di aprire anche per la Campania la trattativa per il riconoscimento di ulteriori forme di autonomia.
  Questa larga convergenza da parte delle regioni testimonia veramente l'avvio di una nuova pagina del regionalismo, che non è soltanto l'esigenza squisitamente circoscritta ad alcuni territori, ma è un'impostazione che può essere veramente condivisa da tutte le regioni di tutto lo Stato. È, infatti, un'iniziativa che pone al centro degli interessi i territori, le esigenze, rimettendo anche le regioni al centro dell'agenda politica.
  È veramente una sfida per noi che siamo qui a lavorare. È una sfida anche per le regioni stesse. E più saremo in grado di fornire risposte che migliorino la vita dei cittadini, responsabilizzando le amministrazioni territoriali, più avremo reso un servizio al Paese.
  Faccio un inciso. Chiedere competenze significa acquisire anche responsabilità. Nel momento in cui la regione ottiene una competenza deve esercitarla sul territorio, ovviamente rispondendone nei confronti del territorio. È una risorsa, è un'opportunità quella di rispondere magari con l'approvazione di leggi che possono essere più adatte; allo stesso tempo, però, è anche una responsabilità verso i cittadini, perché chi sbaglia è facilmente individuabile. Nel momento in cui hai una competenza, sei tu stesso ad assumerti anche l'onere di rispondere bene a quell'esigenza.
  Ci possono essere anche opinioni diverse, secondo le quali magari le decisioni possono essere prese necessariamente meglio a livello centrale o in modo omogeneo su tutto il territorio, ma in un momento di crisi della rappresentatività – l'abbiamo accusata, lo sappiamo, sono tanti anni che si parla di una certa disaffezione per la politica, per quello che essa rappresenta – portando il centro di decisione più vicino ai cittadini si salva quella rappresentatività. Si ha, infatti, la facilità di individuazione del soggetto che agisce, una maggiore capacità di controllo sul soggetto che decide e che agisce.
  Tornando all’iter, già alla prima metà di ottobre questo grande lavoro di confronto tra le regioni e i Ministeri mi aveva permesso di redigere una prima bozza di intesa, relativamente al Veneto e alla Lombardia, dove c'era un lavoro in stadio più avanzato, con la formulazione di un testo inviato ai singoli Ministeri al fine di ottenere eventuali riformulazioni e considerazioni. E su questo processo e negoziato è sempre stato coinvolto l'intero Consiglio dei ministri, e sicuramente sono stati protagonisti i singoli Ministri sui terreni di loro competenza per tutte le singole materie.
  A valle di tutti questi numerosi incontri e sulla scorta delle tempistiche individuate dallo stesso Presidente, Conte, ho sottoposto al Ministero dell'economia e delle finanze l'impianto della bozza della parte generale dell'intesa, quella che dovrà essere applicata a tutte le regioni, per chiedere un parere sulla tenuta dell'intero sistema della finanza pubblica.
  È stata raggiunta un'impostazione condivisa con il Ministero dell'economia e delle finanze, per la parte generale, che riguarda tutte le regioni. Questi aspetti generali dell'intesa – che ho fatto pubblicare anche sul sito istituzionale del Ministero perché circolavano documenti con strani testi – individuano quegli elementi destinati a regolare, anche per il futuro, i rapporti tra lo Stato e altre amministrazioni richiedenti ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Si può cambiare, infatti, la declinazione delle materie, ma non si può cambiare l'impianto generale, che deve essere uguale per tutte le regioni, altrimenti ci sarebbe veramente una schizofrenia generale su come si costruisce il testo, soprattutto quando si parla di finanza pubblica.
  Ma cosa è stato condiviso? Le risorse finanziarie per l'attribuzione delle singole competenze saranno determinate in termini di spesa storica sostenuta dallo Stato per l'esercizio della funzione presa in esame, ovvero quanto lo Stato oggi spende per quella funzione in quella regione. Questa è la spesa storica.

  BIANCA LAURA GRANATO. Eh no....

Pag. 7

  PRESIDENTE. Prego i colleghi di intervenire dopo. Fate concludere, grazie.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Per queste risorse che saranno individuate con questo procedimento verrà effettuata l'indicazione stessa con dei decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri, e queste spese storiche andranno rideterminate in termini di fabbisogni standard.
  Trattandosi di una spesa dello Stato, l'individuazione dei fabbisogni standard sarà demandata necessariamente a un comitato tecnico per i fabbisogni della spesa statale. In realtà, esiste un'analoga commissione che sta elaborando i fabbisogni standard. Lo sta facendo per...

  DAVIDE GARIGLIO. Posso chiedere un chiarimento su spesa storica e fabbisogni standard?

  PRESIDENTE. Chiedo la cortesia ai colleghi di fare le domande dopo, così il Ministro può terminare la relazione, altrimenti perde il filo e diventa difficile. Grazie.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Se guardate, è la stessa terminologia, lo stesso impianto, che c'è nella legge sul federalismo fiscale: il superamento della spesa storica verso i fabbisogni standard.
  Già oggi i fabbisogni standard sono oggetto dell'esame di una commissione, anche abbastanza complessa, che li sta determinando in particolare per i comuni e le province, tramite la SOSE (Soluzioni per il Sistema economico S.p.A.), la società partecipata del Ministero dell'economia e delle finanze incaricata di seguire tale questione. L'obiettivo è che l'applicazione dei fabbisogni standard ci sia non solo per la singola regione che chiede l'autonomia, ma per tutte le regioni.
  Per queste ragioni si comprende bene come si tratti di un lavoro enorme nonché di una grande sfida. È la grande sfida che l'Italia già sta affrontando per i comuni e per le province e che vogliamo, chiediamo, che sia applicata anche per le regioni. Relativamente al fabbisogno standard – principio tra l'altro davvero appassionante – come viene definito nella legge sul federalismo fiscale, ciò che viene considerato è una sorta di indicatore che serve per comparare e valutare un'azione pubblica di efficienza. L'utilizzo del parametro del fabbisogno standard è finalizzato all'efficientamento della spesa pubblica.
  Come si può intuire, dunque, il superamento del concetto di spesa storica e l'adozione del parametro del fabbisogno standard rappresenta un grande salto di qualità proprio in termini di equità della stessa spesa statale. Ciò consentirà di rendere più trasparente ed efficiente la spesa dello Stato relativa a prestazioni e servizi in ogni parte del Paese.
  Vorrei essere più chiara possibile: io sono il Ministro per gli affari regionali ma di tutte le regioni, e non solo di quelle che hanno richiesto l'attribuzione di ulteriori forme particolari di autonomia, dunque il mio obiettivo è salvaguardare l'equilibrio delle prestazioni in tutto il Paese in un percorso relativo proprio all'applicazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione
  Ma come avviene questa forma di finanziamento delle dotazioni delle regioni per l'esercizio delle funzioni? Nel momento in cui viene indicato il termine originario sulla spesa storica, che deve restare sulla spesa storica finché non si adotterà il parametro dei fabbisogni standard, viene fatto in termini di compartecipazione al gettito maturato nel territorio regionale dell'imposta sui redditi delle persone fisiche ed eventuali altri tributi o con aliquote riservate nell'ambito di quelle previste dalla legislazione statale.
  Si tratta di modalità di finanziamento delle funzioni che richiedono, quindi, l'individuazione del valore della dotazione finanziaria necessaria, e successivamente la modalità con cui questo valore viene assegnato alla regione richiedente.
  Si è scelto il modello della compartecipazione al trasferimento di risorse anche per semplificare il processo del finanziamento delle competenze trasferite. In ogni Pag. 8caso, la compartecipazione è esattamente individuata in base al calcolo delle risorse storiche spese dallo Stato per quelle funzioni.
  Vorrei, inoltre, evidenziare che i livelli essenziali delle prestazioni – principio sancito dalla Costituzione – sono indicati espressamente nelle bozze di intesa, unitamente ai fabbisogni standard. La loro individuazione deve essere necessariamente, quindi, contestuale alla determinazione dei fabbisogni standard.
  Nel confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze si è sempre indicato, come è stato inserito anche negli articoli che costituiscono la proposta per la parte generale delle intese, che si deve avere un'invarianza della finanza pubblica. Non deve esserci nessun provvedimento in attuazione dell'intesa che violi l'invarianza, ciò a salvaguardia delle posizioni di tutte le regioni. A ben leggere il testo, ma sicuramente siamo in questa sede anche per migliorarlo, per accogliere dei suggerimenti, per una profonda condivisione, eventualmente anche in senso migliorativo, nel nostro Stato non deve mai essere adottato un provvedimento che possa andare a detrimento di alcuni territori o a favore di altri.
  Poi c'è un altro tema che penso sia assolutamente opportuno affrontare proprio in questa sede, ed è il rapporto con il Parlamento. Devo ringraziarvi per l'incontro di oggi, perché si deve trovare il giusto equilibrio tra l'esigenza della massima partecipazione al procedimento e le disposizioni costituzionali in merito all'intesa.
  È ovvio che la trattativa con i singoli Ministeri è molto laboriosa, molto articolata, ovviamente, si è svolta all'interno delle stanze del Governo. In Consiglio dei ministri ho presentato una bozza nella quale ho indicato le parti nelle quali le regioni manifestavano di voler aderire a delle indicazioni dei Ministeri. Vi sono ancora dei nodi, tecnici o politici, che invece non sono stati risolti, e li ho indicati. Nel momento in cui, però, ho voluto rendere pubblico questo passaggio, è ovvio che si pone il tema della partecipazione a questo processo da parte di tutto il Parlamento.
  È vero, la Costituzione dice semplicemente che la legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di un'intesa tra lo Stato e la regione interessata. Quello che si pone, quindi, è il tema della modalità con cui possa essere coinvolto il Parlamento nella formazione dell'atto, e magari anche prima che lo stesso sia sottoposto all'intesa, in modo da garantire una partecipazione consapevole e responsabile delle Assemblee legislative.
  Sono a disposizione per le volontà, le richieste da parte del Parlamento. Il Parlamento ha la prerogativa di decidere, in particolare i Presidenti di Camera e Senato, sull'emendabilità dell'eventuale intesa sottoscritta e su tutto il procedimento eventualmente da seguire prima della firma dell'intesa.
  Come dicevo, può essere veramente una grande opportunità per riconoscere alle regioni delle competenze e per imporre che queste siano esercitate con responsabilità. Quello dei fabbisogni standard è un sistema già inaugurato da anni nel nostro ordinamento. È un meccanismo che può portare a una grande soluzione per molte questioni che riguardano l'Italia, ovvero l'efficientamento della spesa pubblica.
  Penso che avremo occasione di vederci, ma se non riuscirò a rispondere oggi a tutti i quesiti potrei rispondere anche per iscritto, anche se sembra un po’ sterile. Sono dunque a disposizione per venire da voi ogni volta riterrete di chiamarmi.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Propongo di consentire l'intervento di un rappresentante per gruppo per un primo rapido giro.

  BIANCA LAURA GRANATO. Buongiorno, Ministro. Anzitutto volevo chiederle se non ritiene che la predeterminazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) sia propedeutica all'avviamento di questo processo. Diversamente andremo sicuramente incontro a enormi difficoltà, perché il fabbisogno storico, come lei sa bene, non corrisponde Pag. 9 a quanto in effetti spetterebbe alle varie regioni. In molte regioni alcuni servizi non sono mai stati erogati, proprio perché le amministrazioni locali non sono efficienti allo stesso modo in tutte le regioni. Questo è il vero gap del Paese.
  Inoltre, ci vuole una motivazione importante per concedere l'autonomia a varie regioni. La Calabria e la Campania, ad esempio, sono regioni in cui ci sono commissariamenti anche per il mancato adempimento relativo ai LEA (livelli essenziali di assistenza) nella sanità, ma anche per quanto riguarda altri settori, come la depurazione o altro. Sono regioni che, quindi, non erogano servizi di qualità nemmeno essenziale e sulle quali non è stato mai fatto alcun tipo di intervento da parte dello Stato. Se queste regioni chiedessero l'autonomia, non credo che ci sarebbero fondati motivi per poterla concedere, allo stato dell'arte.
  Oltretutto, quando il processo non parte dai cittadini, come è avvenuto per alcune regioni, come l'Emilia-Romagna, non possiamo sapere come la pensa la popolazione in merito, e credo che la popolazione comunque meriti di essere consultata relativamente a un processo del genere.
  Vorrei anche chiederle quali misure intendete mettere in campo per verificare che effettivamente in queste regioni siano mantenuti livelli essenziali di prestazione e livelli essenziali di assistenza, e quali per eventualmente intervenire qualora non siano rispettati.

  DANIELE MANCA. Ministro, la domanda che intendo sottoporle è orientata a comprendere bene il percorso che il Governo e la maggioranza intendono indicare relativamente alle competenze del Parlamento.
  Noi riteniamo che un'intesa bilaterale tra Governo e singola regione sia uno strumento che, pur essendo stato indicato dalla Costituzione con le modalità alle quali lei ha fatto giustamente riferimento, manca di una cornice nazionale indispensabile per poter esprimere una valutazione di merito e coniugare, saldare definitivamente, il concetto di autonomia nel concetto della responsabilità nazionale.
  Io credo che, quando parliamo di autonomia, di regionalismo differenziato, non si possa prescindere da una contestualizzazione nazionale della questione. Senza il termine «responsabilità», autonomia è divisione, autonomia è conflitto. Lo dico perché questo Paese presenta elementi di fragilità e anche disequilibri rilevanti tra Nord e Sud, ma anche tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, che, come sappiamo, hanno anch'esse un'autonomia differenziata già oggi. Sono diverse le autonomie presenti anche nelle regioni a statuto speciale sulle competenze, sulle funzioni.
  Per evitare il caos, a mio avviso, è indispensabile contestualizzare sul piano nazionale una cornice. Chi mi ha preceduto ha già individuato uno dei punti essenziali. Se non usciamo dalla spesa storica e non produciamo una riflessione di merito sui LEP e sui LEA, nel sistema sanitario ad esempio, si rischia di peggiorare il disequilibrio invece di ridurlo. Sappiamo bene che sono, questi, elementi decisivi per la competitività economica dell'intero Paese.
  Per essere rapido e cogliere l'occasione per chiedere alla Presidente di poter continuare questa riflessione con la disponibilità che il Ministro ci ha già dato – penso che questa sia la Commissione più importante, che deve continuare a sviluppare questo confronto, proprio insieme al Ministro, insieme al Governo – credo che sarebbe indispensabile per ora avere la conferma che il Governo non intende agire attraverso intese bilaterali che blindano il percorso e sottraggono al Parlamento lo spazio per costruire una cornice.
  Ovviamente, per quello che ci riguarda, preferiremmo affrontare subito e preliminarmente la trasformazione del concetto di spesa storica e l'individuazione dei LEP e della responsabilità nazionale per recuperare gli squilibri e garantire efficienza. Conosco meglio l'intesa dell'Emilia-Romagna per provenienza anche territoriale, per averci lavorato.
  C'è un'altra questione molto importante: non escludiamo i comuni e il confronto con il sistema delle autonomie locali. È evidente, infatti, che anche un regionalismo Pag. 10 cooperativo, solidale e responsabile, deve inevitabilmente tenere sempre presente l'insieme delle autonomie territoriali, che sono il cuore del sistema regionale. Peraltro, come sappiamo, dobbiamo rimontare un intero sistema (ambiti ottimali, aggregazioni tra comuni, sviluppo dell'innovazione istituzionale, fondamentali anche per salvaguardare il concetto di autonomia dei sistemi regionali).
  Ci piacerebbe poter avere preliminarmente, all'attenzione del Parlamento, una cornice che salvaguardi l'impianto nazionale.

  UGO PAROLO. Vorrei proporre un paio di riflessioni al Ministro. La prima riguarda la procedura. Alcuni colleghi che mi hanno preceduto, compreso il collega che è appena intervenuto, ne hanno già parlato. Se non ricordo male, vorrei far presente che la procedura ipotizzata è la stessa che è stata avviata dal precedente Governo, procedura che sostanzialmente richiama l'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Si fa riferimento alle intese che lo Stato sottoscrive con le confessioni religiose.
  Ora, il precedente Governo – sono stato testimone, essendo stato amministratore regionale nella regione Lombardia – ha avviato un percorso molto franco, molto serio, di confronto con le regioni interessate, e ha consegnato all'attuale Governo un lavoro, certamente non concluso, certamente solo preparatorio, ma molto solido dal punto di vista delle procedure.
  Il precedente il Governo non si è posto, ad esempio, la questione di come impostare la procedura in un quadro nazionale, proprio perché la Costituzione parla di regionalismo differenziato, e quindi evidentemente ogni territorio ha anche esigenze e richieste diverse. Da questo punto di vista, sarebbe interessante – lo chiedo al Ministro – valutare con attenzione il lavoro svolto.
  La seconda questione riguarda proprio la fonte normativa costituzionale che ha avviato questo percorso. Voglio ricordare che stiamo parlando della riforma costituzionale del 2001, votata – lo dico senza tono polemico – da un Governo di centrosinistra, tra l'altro con pochissimi voti di margine. Questa riforma dal 2001, pur consentendo alle regioni di avviare questo percorso, a oggi è rimasta sostanzialmente inattuata, e non che non ci siano stati tentativi precedenti.
  Voglio ricordare che la Toscana è stata la prima regione a chiedere l'avvio di un percorso differenziato nel 2003. Poi c'è stata la Lombardia nel 2006-2007, poi il Veneto nel 2006-2007, poi il Piemonte nel 2008, e poi arriviamo alle iniziative più recenti.
  Credo che sia giunto il momento, comunque, di fronte a ripetute istanze, di arrivare anche a dare risposte concrete. E il sistema preannunciato dal Ministro di garantire il finanziamento delle funzioni delegate previste dalla Costituzione attraverso la compartecipazione alle imposte, inizialmente su base storica, credo che dia una risposta anche ai timori che qui sono stati preannunciati. Parlare di spesa storica significa, sostanzialmente, non trasferire un euro in più alle regioni che fanno richiesta di autonomia.
  Voglio ricordare, anche se credo che lo sappiano tutti, ma i numeri hanno un'importanza, che se il residuo fiscale fosse marginale in alcune regioni, probabilmente i numeri anche minimi potrebbero cambiare lo stato delle cose. Se, però, parliamo della regione Lombardia, ma vale anche per il Veneto, stiamo parlando di un residuo fiscale, cioè di una differenza tra le tasse che i cittadini lombardi pagano e i servizi che i cittadini globalmente ricevono, di 55 miliardi di euro all'anno. I cittadini lombardi dunque versano un miliardo di euro di differenza tra le tasse pagate e i servizi ricevuti allo Stato come quota di solidarietà praticamente ogni settimana. Un miliardo alla settimana significa fare la Pedemontana lombarda in un anno, tanto per intenderci.
  Questa quota non viene messa assolutamente in discussione da questo percorso, anzi, Ministro, se il percorso sarà virtuoso, come tutti vorremmo e intendiamo, probabilmente all'anno zero ci sarà costo zero per lo Stato e la regione sarà chiamata a un maggiore efficientamento di servizi; negli anni successivi, se la regione efficienta i Pag. 11servizi, avrà risparmi sulla spesa storica, che garantirà in ulteriori servizi, e una crescita del PIL a livello regionale che, poiché è finanziato con una compartecipazione fiscale, evidentemente garantirà una crescita a livello nazionale.
  E possiamo mutuare integralmente questo esempio virtuoso dalle province autonome di Trento e di Bolzano. Tendenzialmente si crede che Trento e Bolzano trattengano soldi dello Stato: in realtà, anche a seguito di intese fatte con precedenti Governi, hanno aumentato il residuo fiscale garantito allo Stato. Oggi, Trento e Bolzano trattengono sette decimi reali, perché a seguito dell'accordo col Governo Berlusconi come quota di solidarietà cedono ulteriori due decimi, e comunque poco cambierebbe. Trattengono meno di quello che pagano, ma hanno servizi migliori rispetto a tutte le altre regioni. Perché? Perché sono in grado di attuare l'autonomia.
  Io credo, Ministro, che questo percorso virtuoso andrebbe emulato in quel procedimento che lei ha ricordato, che garantirebbe giustamente una solidarietà nazionale, e addirittura maggiore compartecipazione agli utili a seguito della crescita per tutte le regioni.

  ROBERTO PELLA. Vogliamo anzitutto ringraziare il Ministro Stefani per la particolare attenzione che ha voluto rivolgere a questa Commissione, riconoscendo un ruolo centrale in quello che sarà l'avanzamento dei lavori, che lei porta in campo, di raccordo con le regioni su quest'importante riforma, e soprattutto nella disponibilità massima a confrontarsi anche in merito alle intese che giustamente il Ministro concluderà con le regioni. Dopodiché si vedrà quale sarà la scelta del Presidente Fico, almeno per quanto riguarda la Camera dei deputati, o quella della Presidente Casellati per il Senato, sull'eventuale emendabilità delle intese raggiunte.
  In ogni caso, esprimiamo un concetto di base: credo che oggi dobbiamo rispettare in maniera chiara e assoluta la volontà popolare dei territori. È giusta la massima autonomia delle singole regioni di poter valutare le materie e le prospettive, come ha detto il Ministro, funzionali ai propri territori. Crediamo di poter veramente lasciare la possibilità di muoversi nella piena consapevolezza e anche conoscenza del territorio. Passo a due altre considerazioni.
  Credo che il Ministro abbia detto in maniera molto chiara, e noi condividiamo pienamente, che relativamente a questo federalismo dobbiamo entrare esclusivamente nel merito e non sull'aspetto ideologico, altrimenti rischiamo di rallentare ulteriormente un percorso che, come ha detto giustamente il collega Parolo, è iniziato nel 2001 con la riforma del Titolo V e che ancora oggi, a diciotto anni di distanza, non si è concretizzato ancora di alcuna parte nel Paese.
  È chiaro che, se vogliamo procedere su un aspetto così importante, dobbiamo partire dal lavoro svolto negli anni passati. Oggi prendiamo atto di una certa discrepanza all'interno della maggioranza anche dagli interventi che ci sono stati, come quello della collega del Movimento 5 Stelle, che evidenzia una serie di perplessità molto forti sul tema centrale della riforma regionale.
  Mentre il Ministro Stefani ha avuto un confronto molto chiaro e molto forte con diversi dicasteri, quindi anche con i Ministri del Movimento 5 Stelle, mi sembra che a livello parlamentare non ci sia tanto dialogo sulle scelte tra i membri del Governo del Movimento 5 Stelle e i membri del Parlamento. Ricordo che l’iter della proposta è in uno stato molto avanzato tanto da essere già stata discussa in Consiglio dei ministri.
  Rilevo inoltre che concordiamo pienamente sul fatto che questa scelta deve essere portata avanti – su questo concordo nuovamente con quanto diceva il collega Parolo – migliorandone i contenuti. Ha ragione il Ministro quando dice che dobbiamo superare il criterio di spesa storica e andare verso il parametro dei fabbisogni standard. Faccio un esempio molto semplice e molto chiaro, ma che sono certo ci aiuterà a comprendere: se oggi analizziamo il numero dei dipendenti – conosco meno la parte regionale, conosco più quella comunale – dei diversi comuni, tra Nord, Centro e Sud, si registra una differenza Pag. 12enorme. Se non si va verso la valutazione dei fabbisogni standard, così come ci sono enormi differenze per i dipendenti ce ne saranno per gli altri aspetti e non si migliora il quadro generale dal punto di vista economico.
  Dobbiamo andare verso l'utilizzo del criterio dei fabbisogni standard, perché non è possibile che in una regione ci sia un costo e in un'altra regione tale costo sia maggiorato non del 20 o 30 per cento ma del 200 o 300 per cento! Questo è evidentemente il sintomo di un malfunzionamento dell'apparato pubblico. E bisogna farlo realizzando un vero federalismo.
  Noi sicuramente conveniamo, inoltre, sulla scelta popolare. Il fatto che due regioni come il Veneto e la Lombardia abbiano provveduto con un referendum, dando possibilità agli elettori di esprimersi in maniera molto forte, è sicuramente più significativo rispetto alle regioni che magari pongono l'accordo solo all'interno del consiglio regionale.
  Concordo, invece, con quando detto dal capogruppo del PD, il collega Manca, circa la necessità di coinvolgere – su sollecitazione dei presidenti delle regioni più che del Ministro – i comuni, valorizzando il loro ruolo centrale. Non possiamo dimenticare che una forte collaborazione tra governo centrale e governo locale esiste, e dunque deve esserci la volontà, la forza, quasi l'obbligatorietà di coinvolgere anche i comuni.
  Concludo dicendo che il vero aspetto su cui potremmo incontrare qualche difficoltà nel raggiungere accordi è quello economico. È chiaro che non possiamo lasciare indietro nessuno, anche perché siamo una Nazione che parte dagli Appennini e arriva fino al mare della Sicilia, ma allo stesso tempo dobbiamo anche stimolare quei territori e quelle regioni che oggi hanno una spesa storica elevata a migliorarla riducendola, andando verso il raggiungimento di un fabbisogno standard più consono alle esigenze e alle disponibilità economiche di oggi.
  Ministro, credo che lei abbia detto in maniera molto chiara che intende mantenere un impianto uguale per tutte le regioni, ma anche concedendo autonomia sulle materie – a seguito dell'esame dei documenti che ha ricevuto – funzionale alle peculiarità del territorio. Anche su questo conveniamo.
  La cosa che le chiediamo – ma mi pare che lei sia già stata molto chiara in apertura della discussione – è un confronto, magari precedente la discussione parlamentare, nella Commissione bicamerale sulle questioni regionali, visto che in questa sede siamo tutti rappresentati e probabilmente su alcuni aspetti potremmo sviscerare un po’ più approfonditamente la materia agevolando il lavoro del Parlamento.

  FRANCESCO ACQUAROLI. Grazie, Ministro, per la sua presenza qui in Commissione.

  MAURIZIO CAMPARI. Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori. Vorrei ricordare che l'Assemblea del Senato è convocata per le 9.30 con ripresa televisiva diretta. Ci scusiamo con il Ministro.

  PRESIDENTE. Sì, il Ministro si è reso disponibile anche a tornare.

  MAURIZIO CAMPARI. Non vorremmo andare via, perché è un tema ben più che interessante.

  PRESIDENTE. Direi di prevedere un'altra seduta, visto che il Ministro si è reso disponibile. Per quanto riguarda le risposte, potrebbe magari inviarci in forma scritta quelle relative alle domande poste stamattina.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Presidente, penso che lo avrete già stabilito nell'ordine delle stesse audizioni. Da alcune domande colgo che ci possono essere delle informazioni necessarie per affrontare questo dibattito in modo corretto. Nella Commissione federalismo fiscale è stata già calendarizzata l'audizione sia della Commissione SOSE sia del Ministero dell'economia e delle finanze per approfondire il concetto di fabbisogno standard, come pure quello di LEP, di cosa Pag. 13si parla quando si parla di finanza pubblica, cosa è la misura della compartecipazione. Abbiamo bisogno di acquisire elementi base sui quali poter ragionare per ben costruire un confronto.
  Sono a disposizione per un nuovo incontro.

  PRESIDENTE. I colleghi del Senato devono andare. Io direi di aggiornare la seduta.

  ROSA SILVANA ABATE. Concordo con il Ministro. Forse, proprio in considerazione dell'importanza della discussione, è necessaria una risposta in questa sede per arricchire il nostro confronto.

  PRESIDENTE. Do la parola al deputato Acquaroli per concludere il suo intervento.

  FRANCESCO ACQUAROLI. Presidente, vorrei porre due questioni che reputo interessanti: quella del federalismo differenziato e quella delle autonomie. Si tratta di questioni importanti e sentite e che possono essere percepite dai territori e dalle istituzioni territoriali in maniera differente anche con riferimento alla loro collocazione geografica.
  Io credo che se davvero vogliamo procedere con questa riforma e fare in modo che funzioni, dobbiamo dare risposte che possano essere molto sentite in una parte d'Italia che non è il Nord. La questione che vorrei porre, che giudico importante, è quella di una forma di compensazione. In Italia ci sono regioni che presentano, oggettivamente, ritardi infrastrutturali importanti e credo non si possa chiedere a queste regioni uno sforzo, uno slancio verso l'autonomia, senza però garantire interventi infrastrutturali che possano ridurre il gap tra il Nord e il Sud del Paese, restituendo loro una competitività minima. Credo si tratti di una questione fondamentale.
  L'altro aspetto è dato dalla questione dimensionale. Ci sono in Italia realtà grandi, importanti, regioni con 5 o addirittura 10 milioni di abitanti con, al loro interno, realtà metropolitane, ma ci sono anche regioni con abitanti pari a poco più di un quartiere di Roma e ci sono poi regioni – come quella da cui io provengo, le Marche – con 1,5 milioni di abitanti. Secondo me, la questione dimensionale non può essere tralasciata.
  Quando parliamo di spesa storica e di fabbisogno standard, dobbiamo considerare insieme a questi concetti il parametro territorio. Se non teniamo in piena considerazione questi parametri la politica diventa inutile. La politica non può essere un calcolo matematico, un indice, una formula. La politica deve rappresentare le esigenze dei territori. Fare politica sanitaria in Lombardia, in Veneto, nel Lazio o nella città metropolitana di Roma non è come fare politica sanitaria in un entroterra dei nostri Appennini colpito oggi dal terremoto, ma bisogna saper anche andare oltre. Dobbiamo garantire l'emergenza anche in quei territori.
  Quando parliamo di questi concetti, dobbiamo farlo con la consapevolezza che non tutti i territori sono uguali né dal punto di vista infrastrutturale né dal punto di vista dimensionale. Se non teniamo in considerazione questi due concetti, rischiamo di creare discriminanti che possono allontanare l'interesse verso le autonomie.
  Noi crediamo nell'autonomia se per autonomia si intende la valorizzazione delle peculiarità, il maggiore compattamento sulle questioni che il territorio richiede. Questo aspetto ha tutto il nostro favore, ed è un aspetto che assolutamente condividiamo. Vogliamo, però, che ci sia una responsabilizzazione su tali questioni.
  Ribadisco che un'altra questione fondamentale è quella infrastrutturale. Per fare un esempio citerò la dorsale adriatica: per raggiungere Roma dal versante adriatico si impiega lo stesso tempo che si impiega da una città del nord, e stiamo parlando di una distanza tre volte superiore in linea d'aria. Questo non è possibile. Parliamo di competitività, ma spesso per questioni di dimensioni gli aeroporti non funzionano, perché non hanno un'autonomia sufficiente, e le nostre aziende, anche le migliori – io vengo dal distretto calzaturiero – non hanno la possibilità di competere, perché Pag. 14hanno perso e perdono continuamente opportunità.
  Non vogliamo che queste aziende debbano rivolgersi all'estero: dobbiamo creare le condizioni perché rimangano qua. Diversamente, l'estero, o il Nord, potrebbero diventare delle opportunità per loro, ma si continua a spogliare i territori della loro forza, della loro capacità di dare occupazione, della loro capacità di immaginare sviluppo.
  Volevo esprimere questi due concetti. Gradirei conoscere la posizione del Ministro e del Governo su tali questioni.

  DAVIDE GARIGLIO. Intervengo per un piccolo chiarimento. Anzitutto, Ministro, la ringrazio per la cortesia della sua esposizione. Lei ha fatto riferimento a documenti pubblicati nel sito istituzionale del Ministero e io sono andato a vedere mentre lei parlava. Ho trovato tre documenti: «Intesa con la regione Veneto – parte generale concordata», «Intesa con la regione Lombardia – parte generale concordata», «Intesa con la regione Emilia-Romagna – parte generale concordata». Aprendo i file, signora Ministro, si legge, ad esempio nel caso del Veneto: «Bozza Veneto 25 febbraio 2019. Testo concordato. Intesa sottoscritta tra il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e il presidente della regione Veneto Luca Zaia».
  Mi può gentilmente specificare che grado di formalizzazione è stato dato a questi documenti? Si tratta di bozze? Quando si scrive «Intesa sottoscritta», si intende bozza di intesa sottoscritta?

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Sì, sono solo delle bozze che ho deciso di pubblicare – assumendomi ovviamente la responsabilità di tale pubblicazione – perché circolavano testi non corrispondenti a quelli su cui stavamo lavorando, creando confusione.

  PRESIDENTE. Purtroppo, devo togliere la seduta, perché è convocata l'Assemblea del Senato, ma chiedo fin d'ora al Ministro la sua disponibilità per un nuovo incontro la prossima settimana.

  ERIKA STEFANI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Sarebbe opportuno audire la società SOSE prima.

  PRESIDENTE. Valuteremo l'opportunità di svolgere ulteriori audizioni.
  Ringrazio il Ministro Stefani e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.40.