XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Mercoledì 30 gennaio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 6 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 6 
D'Arienzo Vincenzo  ... 7 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 9 
Potenti Manfredi (LEGA)  ... 9 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 9 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 10 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 11 
Braga Chiara (PD)  ... 11 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 12 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 13 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 13 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 14 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Cantone Raffaele , Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 

(La seduta, sospesa alle 9.45, è ripresa alle 14.15) ... 14 

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 

Audizione del Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, Giuseppe Vadalà:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 20 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 21 
D'Arienzo Vincenzo  ... 21 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 22 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 23 
Trentacoste Fabrizio  ... 24 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 25 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 26 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 26 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 26 
Vadalà Giuseppe , Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale ... 26 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 26

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 8.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, dottor Raffaele Cantone, che è accompagnato dalla dottoressa Angela Lorella Di Gioia, segretario generale, dal dottor Federico Dini, capo segreteria del Presidente, dal dottor Paolo Fantauzzi, portavoce del Presidente, dalla dottoressa Caterina Bova, funzionaria di staff del Presidente, e dalla dottoressa Nadia Pierantoni, funzionaria della segreteria del Presidente, che ringrazio per la presenza.
  La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, su richiesta, consentendolo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta. Nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento. Si invita, comunque, a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito il nostro ospite a svolgere una relazione sulle attività dell'Autorità nelle materie oggetto della nostra inchiesta, al termine della quale ci saranno eventuali domande da parte dei commissari, ma diamoci un ordine di grandezza del tempo, visto che il dottor Cantone ha poi un altro impegno. Ci diamo all'incirca un'oretta come tempo?

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Sì, al massimo, se possibile.

  PRESIDENTE. Se le domande saranno di più, magari ce le segniamo e ci rivediamo o magari ci invia una relazione scritta.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Grazie dell'invito. Presenterò, e quindi in questo senso la mia relazione iniziale sarà particolarmente breve, una relazione sulle attività che sono state effettuate dall'Autorità anticorruzione nella materia dei rifiuti. Abbiamo fatto una sorta di riassunto delle specifiche attività di cui ci siamo occupati.
  Tendenzialmente, il tema che sottoponiamo alla sua valutazione riguarda soprattutto gli appalti connessi alle questioni dei rifiuti, gli appalti che riguardano la rimozione dei rifiuti solidi urbani, ma in generale gli appalti connessi alla situazione in materia ambientale.
  In relazione anche alle attività di vigilanza svolta dall'Autorità, abbiamo rilevato numerosissime, significative e reiterate criticità, Pag. 4 individuate nelle considerazioni introduttive di questa relazione, che riguardano sia la fase di programmazione degli appalti, sia quella di aggiudicazione, la fase di gara, sia quella dell'esecuzione.
  In estrema, estrema sintesi, nel riportarmi allo scritto, evidenzio che la situazione degli appalti dei rifiuti, dal nord al sud, senza grandi differenze, è caratterizzata da una violazione sistematica delle regole del codice degli appalti; da un significativo utilizzo indebito nel meccanismo della proroga tecnica, che, come è noto, non esiste nel codice degli appalti; da un utilizzo di ordinanze contingibili e urgenti in numero molto significativo, ordinanze che poi rappresentano esse stesse la base di proroghe, malgrado le ordinanze per loro natura non dovrebbero essere prorogate; dalla difficoltà significativa in materia di esecuzione, spesso con l'utilizzo di meccanismi di fatto di varianti che incidono moltissimo sui costi.
  Nella seconda parte della relazione abbiamo individuato tutte le attività di vigilanza che l'Autorità ha svolto o gran parte, nella quasi totalità, distinte per due aspetti.
  La vigilanza ordinaria ha riguardato alcuni appalti distinti per regioni, e c'è gran parte delle regioni d'Italia: ci siamo occupati sia degli aspetti di violazione delle regole del codice degli appalti sia di eventuali altri illeciti, che per esempio hanno portato al commissariamento, purtroppo numeroso, di aziende che hanno commesso illeciti nel settore degli appalti.
  C'è un altro aspetto, particolarmente qualificante, che evidenziamo e che attiene alla tematica della vigilanza collaborativa.
  La vigilanza collaborativa, come è noto, è un istituto che era stato sperimentato dall'Autorità e che poi è entrato a pieno titolo nel codice degli appalti, ed è un istituto attraverso il quale l'Autorità collabora con le stazioni appaltanti, consentendo a queste lo svolgimento di una situazione di gara in termini di regolarità.
  Noi abbiamo, in questo momento, nel settore di rifiuti numerose e significative vigilanze collaborative, alcune delle quali, pur comportando un grande sforzo da parte dell'Autorità, non sono riuscite a risolvere i problemi concreti. Cito il caso di Catania, dove la gara è andata più volte deserta. Poi ci sono stati anche gli interventi della magistratura, ma il tema della vigilanza collaborativa tende anche a individuare best practice.
  Poi, abbiamo introdotto un piccolissimo e breve paragrafo, anche su indicazione del presidente, che riguarda le attività di regolazione che l'Autorità sta svolgendo, attività che si sono concentrate sui CAM, sui criteri ambientali minimi, argomento previsto dal codice degli appalti e che prevede che in tutte le commesse ci sia la necessità di rispettare i criteri ambientali minimi.
  Questa necessità si è tradotta a oggi in una serie di interventi in alcune linee guida, per esempio quelle relative all'offerta economicamente più vantaggiosa, ma l'idea dell'Autorità è di tradurre una serie di regole attraverso una linea guida dedicata specificamente ai CAM, ed è stato avviato un tavolo di confronto con il Ministero dell'ambiente e con altri stakeholder per individuare il modo in cui i criteri ambientali minimi davvero possono confluire nei contratti.
  Ovviamente, qui si pone il tema di sempre: molto spesso, le regole stabiliscono criteri molto alti, asticelle molto alte. Quando si tratta, però, di far sì che queste regole si traducano in fatti, si utilizza l'argomento della burocratizzazione per evidenziare le difficoltà, soprattutto da parte degli enti locali, a far fronte a questi problemi.
  Purtroppo, i CAM sono una di queste classiche situazioni, cioè una norma di civiltà, ma una norma che impone anche oneri complessi per quanto riguarda la gestione dei singoli appalti, perché richiede, ovviamente oltre che competenza, anche una capacità e un'incidenza di tipo economico. Quando si tratta di andare all'attuazione pratica di princìpi da tutti in teoria condivisi, le resistenze, soprattutto da parte di chi deve occuparsi degli appalti, sono davvero significative.
  Nei primi lavori del tavolo, queste resistenze emergono già con chiarezza, con l'indicazione di una serie di problematiche, che rendono di fatto a oggi quest'istituto dei criteri ambientali minimi un'interessante Pag. 5 e auspicabile affermazione di principio che si è tradotta quasi in un nulla di fatto. Ho precisato questo perché era ritenuto un tema di rilievo.
  Sulle vicende specifiche abbiamo anche fatto un piccolissimo riferimento a un tema che pure giudichiamo particolarmente rilevante, quello dei rifiuti nucleari, di cui ci siamo occupati e che sono stati già oggetto di un'altra audizione.
  Relativamente ai rifiuti nucleari, ci siamo occupati come Autorità del commissariamento del principale appalto che c'era stato del sito dove doveva essere fatto lo stoccaggio, il quale era stato oggetto di un'indagine penale che aveva visto coinvolta l'azienda che aveva vinto l'appalto, ma ci siamo occupati anche e soprattutto delle modalità con cui quest'appalto avrebbe dovuto essere effettuato.
  In sede di esecuzione, si verificò che la società che aveva vinto l'appalto non aveva le specifiche tecniche per portare a termine il lavoro medesimo. Aveva provato, attraverso un meccanismo che veniva indicato come di acquisizione di materiali, di fatto a subappaltare all'esterno l'intera attività, cosa che non era possibile. Quell'appalto, sostanzialmente, si è bloccato, ma non perché il parere non fosse positivo: fin dall'inizio, il soggetto che aveva vinto l'appalto non aveva proprio le condizioni per occuparsi di questa tematica così specifica.
  Questo è uno dei temi che si ritrova spesso nelle tipologie di gare e tra le problematiche di come vengono gestiti e costruiti i bandi di gara in materia di rifiuti, caratterizzati spesso dal meccanismo dell'abito su misura, con gare effettuate fin dall'inizio sostanzialmente con l'indicazione di chi avrebbe dovuto vincere. Citiamo un caso toscano, quello dell'ATO Sud Toscana, Sei Toscana: le indagini della magistratura hanno fatto emergere gravissimi episodi di corruzione, ma sostanzialmente il bando di gara (vent'anni di affidamento del servizio) era stato costruito in modo che ci fosse un unico possibile soggetto a partecipare e a vincere, come si è verificato.
  Abbiamo commissariato per due anni la società Sei Toscana. Adesso, il commissariamento è finito, ma di fatto quell'appalto conseguito attraverso un'attività illecita di tipo corruttivo continua più o meno irregolarmente.
  È un sistema, quello degli appalti in materia dei rifiuti, che vede soprattutto le criticità da parte degli enti che devono svolgere le attività di stazione appaltante. I criteri indicati dal codice dell'ambiente con la costituzione degli ATO e degli ARO hanno rappresentato, dal punto di vista astratto, un'affermazione utilissima; dal punto di vista concreto, hanno individuato problematiche enormi, che si sono sviluppate in termini non dissimili in Emilia-Romagna, nelle Puglie, per non citare il caso in assoluto più eclatante, di un sistema dei rifiuti che, malgrado varie leggi regionali, non riesce assolutamente a decollare, che è quello della Sicilia.
  Il tema, soprattutto sotto questo profilo, forse richiederebbe – presidente, mi permetto di evidenziarglielo – anche un ripensamento dal punto di vista normativo. Fino a quando il sistema degli appalti non sarà regolarizzato, si verificherà, e questo è l'ultimo argomento che per flash tocco, l'altra delle problematiche che riguarda il sistema degli appalti nel ciclo dei rifiuti: la massiccia infiltrazione di organizzazioni criminali, che ha visto numeri elevatissimi di imprese sottoposte a interdittive antimafia, che ormai non riguardano solo le regioni dell'Italia meridionale. Un'azienda che si occupava di rifiuti è stata oggetto di interdittiva antimafia anche in una regione in cui la criminalità organizzata non dovrebbe essere presente, come l'Umbria.
  Il tema dell'infiltrazione mafiosa o paramafiosa nel sistema dei rifiuti è, quindi, diventato purtroppo una quasi costante, malgrado l'impegno, io dico davvero molto forte, delle prefetture, che però spesso, nonostante le interdittive, non riescono a far sostituire davvero le imprese. In certi contesti, e la vicenda di Catania lo dimostra, è difficile individuare soggetti che riescano a sostituire le imprese anche interdette.
  Credo che questo sistema dipenda proprio dalla difficoltà di far partire appalti realmente competitivi, realmente trasparenti Pag. 6 e realmente in grado di individuare operatori che abbiano le caratteristiche fin dall'inizio di potersi occupare del servizio.
  Consegno, se lei ritiene, questa nota non breve, ma nella quale, oltre a queste considerazioni espresse ovviamente in modo più organico, di carattere generale, vengono esaminate tutte le questioni o le più importanti questioni di cui si è occupata l'Autorità anticorruzione, distinguendo tra vigilanza ordinaria, vigilanza collaborativa e attività di regolazione.
  Ho dimenticato di dire un'ultima cosa. L'Autorità si è anche dedicata – ne avevamo parlato ieri, signor presidente – a una parte del piano di prevenzione della corruzione del 2018. Abbiamo ritenuto, utilizzando la funzione di atto di regolazione del piano di prevenzione alla corruzione, di dare alle stazioni appaltanti, attraverso il piano, alcune indicazioni su come potessero essere redatti gli appalti in materia di rifiuti. È un capitolo del piano molto denso, che è stato oggetto di un lungo tavolo di lavoro, coordinato dall'Autorità, ma di cui hanno fatto parte l'ANCI, le rappresentanze regionali e anche gli stakeholder privati. Prova ad analizzare le criticità, dando anche possibili indicazioni alle amministrazioni su come uscire dalle criticità medesime.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO DEL MONACO. Lei ha parlato di questi sistemi di appalto che dovrebbero essere regolamentati, e quindi ha dato anche un'indicazione al presidente di muoverci in tal senso; d'altra parte, la questione di Catania ci fa ancora di più percepire, come diceva lei, questa grossa difficoltà.
  Mi chiedo, come tutti noi, se altre ditte sono obbligate a non partecipare, o magari non esistono altre ditte, o magari non conviene partecipare, non lo so. In questo caso, chiedo proprio, visto che lei ci sta lavorando, soprattutto sulla questione degli appalti, quali potrebbero essere secondo la sua esperienza gli elementi che anche a livello legislativo questa Commissione, o il Parlamento, potrà inserire per poter dare un maggiore input proprio sugli appalti.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Non è semplice dare indicazioni. L'impressione, qualcosa più di un'impressione, il dato che viene dalla lettura complessiva delle attività di vigilanza dimostra che ormai c'è una serie di grandi realtà, alcune anche di dubbia provenienza, o comunque con rischi di significativa infiltrazione, che operano spesso in specifici contesti e che di fatto impediscono l'ingresso di nuove ditte e di nuovi soggetti. Il paradosso è che il cane si morde la coda: meno si fanno gli appalti, meno c'è lo stimolo all'ingresso di nuovi operatori.
  Ci sono realtà in cui ormai il sistema delle proroghe dura da anni e anni, e gli operatori si sono consolidati, dando per scontato che quello che dovrebbe essere un affidamento temporaneo è diventato un monopolio definitivo. Si può fare un minimo di attività per impedire i cartelli, per esempio la previsione in lotti.
  Relativamente alla vicenda di Catania, più volte abbiamo segnalato all'autorità comunale come fosse assolutamente indispensabile ridurre i lotti per consentire una maggiore partecipazione da parte di piccole e medie imprese. C'è stata una scelta, assolutamente legittima, di non andare in questa direzione, ma io credo che il problema vada affrontato a monte.
  Prima di tutto, rappresentano ancora una scelta corretta gli ATO e gli ARO? Spesso, la difficoltà di individuare un'unica struttura provinciale o intraprovinciale è reale, come nel caso della regione Toscana, dove gli ATO individuano tre province (l'ATO Toscana Sud è Grosseto, Arezzo e Siena, un territorio grande quanto molte regioni del nostro Paese), e i cui i singoli comuni spesso hanno richieste ed esigenze completamente diverse una dall'altra. Costruire un appalto unico per un intero ATO o ARO è un'operazione ai limiti dell'impossibile. Si è verificato persino in una delle regioni in cui il sistema della raccolta dei rifiuti è in assoluto il migliore, in Emilia-Romagna, Pag. 7dove però non c'è un appalto a oggi fatto, sono tutti sostanzialmente in proroga.
  Io credo che ci sia forse la necessità proprio di ripensare a monte il sistema della gestione degli appalti. Forse, potrebbe essere una soluzione persino quella di consentire il ritorno, in molte situazioni in cui gli ARO e gli ATO non sono stati costituiti, al mantenimento della struttura comunale, eventualmente utilizzando il sistema delle stazioni uniche appaltanti. Spesso, infatti, è molto più facile, apre molto di più alla concorrenza la possibilità che vengano fatti appalti medio-piccoli piuttosto che grandi, enormi appalti, che consentono a pochissimi operatori di partecipare e vincere le gare.

  VINCENZO D'ARIENZO. Ringrazio il presidente Cantone per quanto ci ha detto. Penso che sarà utile poi acquisire la relazione e fare un approfondimento.
  Io non farò domande dirette. Esprimo una considerazione di carattere politico. Penso che sia doveroso complimentarsi con il presidente Cantone per i risultati che ha consentito all'Italia. Ieri, se non ricordo male, è stato presentato un rapporto che ha certificato che c'è un mondo prima dell'ANAC e un mondo dopo ANAC. Quello dopo ANAC è un mondo che ha consentito all'Italia di risalire nella classifica dei Paesi meno corrotti. Anche in questi giorni al Senato abbiamo trattato il decreto semplificazione, e allora quando leggo di un dibattito assolutamente provinciale, sarebbe bene che tutti leggessimo questi risultati.
  Ho partecipato alla sua audizione anche nella mia Commissione lavori pubblici al Senato, e molto spesso le difficoltà che derivano dall'attuazione degli appalti – vengo dall'amministrazione pubblica, quindi non ho dubbi – sono legate alla scarsa propensione all'assunzione di responsabilità da parte della dirigenza pubblica e non dai cavilli burocratici dettati dall'ANAC.
  In ogni caso, ci sarà occasione di affrontare il codice degli appalti, così come lei sicuramente saprà, nel momento in cui sarà stata stralciata dall'articolo 5 del «Decreto semplificazione» una serie di emendamenti che io ritenevo in maniera molto chiara vere e proprie aggressioni al diritto che nel nostro Paese si sta producendo.
  Per quanto riguarda le cose che ha detto, io sono convinto, anche per esperienza personale, che vi sia uno stretto legame tra gli appetiti della malavita organizzata, della criminalità organizzata, e il traffico dei rifiuti, lecito e illecito. Non ho bisogno di leggere tanto i giornali. Ne ho cognizione diretta, soprattutto nella nostra regione, che non dovrebbe avere quel radicamento della criminalità organizzata, perché si immagina sempre che sia in altre realtà, ma è proprio quel legame che esiste che dovrebbe farci drizzare le orecchie in modo che da parte di questa Commissione, presidente, vi sia un mirato e cosciente approfondimento delle cose che il presidente Cantone ci ha detto, delle esperienze che hanno maturato, che hanno vissuto sul campo, anche esperienze buone – vi è una forte differenza nei comportamenti dei vari enti locali del nostro Paese – per poi arrivare a una soluzione.
  Penso che questa soluzione debba arrivare in tempi certi, presidente. Penso che uno dei primi impegni di questa Commissione debba essere proprio questo, cioè valutare quali siano l'approccio e le soluzioni che intendiamo proporre al Parlamento per fare in modo che si riduca sempre più quel grave problema degli appetiti illeciti sul traffico, sullo smaltimento, sul riciclaggio dei rifiuti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Non è facile fare domande. Ringraziamo il presidente Cantone, con il quale già nella scorsa legislatura c'è stata una preziosa collaborazione.
  Ascoltandola, però, adesso, mi venivano in mente altri monopoli, come quello che stiamo affrontando anche in Commissione ambiente, quello del CONAI. Ho una domanda, ma è complessa, per cui aggiungo anche qualche premessa.
  Da anni stiamo affrontando questi temi con perizia, conoscenza e coscienza, insieme ad altre autorità, e penso all'Agcom, che ha prodotto un importante rapporto pochi anni fa, alla nostra Commissione, all'ANAC. Ultimamente, ho proposto al presidente – lo annuncio qui alla Commissione – di sentire Unioncamere per avere Pag. 8qualche dato per questioni come gli incendi dei capannoni di rifiuti e altro.
  Probabilmente, andrebbe fatta una mappatura più chiara, di cui potrebbe occuparsi la nostra Commissione, dei contratti di gestione scaduti o in deroga per evidenziare un po’ meglio i cartelli. Abbiamo dei comuni, anche piccoli, con gestione della raccolta in economia che hanno dei risultati economici e gestionali migliori che non con la famosa economia di scala. La situazione nazionale è peggiorativa. Credo che sia un po’ questo il tema. Ogni attore che ho citato – ce ne sono molti altri, compresa la magistratura – può fare una parte, ma forse con una sinergia maggiore si può anche migliorare. La concorrenza resta scarsa.
  Io faccio un esempio assolutamente fresco, ma in divenire, su cui sono in corso accertamenti. A un'azienda era scaduta l'iscrizione all'albo dei gestori ambientali nel giugno scorso, però il capannone di rifiuti era rimasto pieno e domenica è andato a fuoco. Andando a vedere, c'era una serie di appalti vinti anche recentemente, anche dopo la scadenza delle iscrizioni.
  I dati ci sono e basterebbe avere forse un po’ più di informatizzazione per riuscire a informare le autorità locali che c'è una situazione un po’ strana e magari andare a fare i controlli prima di trovare tutto bruciato o prima di trovarsi dei bilanci complessi perché si sta spendendo troppo.
  Scusi, chiaramente sono considerazioni, ma proviamo a continuare a collaborare ancora di più, dandoci degli obiettivi. Grazie.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Il tema CONAI andrebbe affrontato. La stessa ANCI, nella precedente legislatura, aveva inviato una segnalazione anche sui criteri con cui il consorzio è diventato sostanzialmente monopolista. Il tema che lei pone, che è stato posto anche dal precedente intervento, riguarda una serie di questioni di fondo, che abbiamo anche accennato e affrontato nel piano di prevenzione dei rifiuti.
  La questione degli incendi deriva, come lei ha detto e in parte sta emergendo anche dalle indagini, dal dato che in alcuni settori si è lavorato moltissimo per l'incremento, ovviamente auspicabile e che rappresenta per il nostro Paese un fiore all'occhiello, della raccolta differenziata. I dati dimostrano, però, che questa raccolta differenziata ha portato poi allo stoccaggio di materiali che, per esempio non più raccolti anche dai mercati stranieri, hanno creato un problema che forse qualcuno ha pensato di risolvere in modo assolutamente criminale.
  È evidente che nel ciclo complessivo dei rifiuti si era creato un buco nero di cui nessuno si stava occupando, e quel buco nero alla fine la criminalità organizzata lo risolve nel modo più semplice.
  La presenza di roghi di rifiuti che riguardano realtà per certi versi similari, che vanno dalla Lombardia alla Campania, è certamente un elemento che, al di là dell'individuazione specifica dei responsabili, che spetta alla magistratura, evidenzia delle patologie nel ciclo dei rifiuti che credo vadano evidenziate.
  Se c'è questo iperstoccaggio di materiali plastici, segnalato dall'ISPRA nel 2017, e questo non trova uno sbocco di nessun tipo, c'è evidentemente un baco nel sistema di cui bisogna occuparsi. Forse, la capacità che possono avere gli enti locali, comprese le regioni, di occuparsi di tematiche così complesse, che vanno al di là della competenza del singolo ambito territoriale, della singola regione, richiede anche un intervento centrale per capire che cosa stia accadendo in un sistema complessivo.

  PRESIDENTE. Prima parlavamo dei CAM, e mi permetto di sottolineare, vista l'attinenza di questo discorso, che gran parte di quei materiali che vanno a fuoco, ci vanno perché non hanno un mercato del recupero materia. L'applicazione dei CAM, che purtroppo, come lei stesso ha detto, sono ancora lettera morta, sarà una spinta grossa per dare un mercato a queste materie.
  Dal 2017, coraggiosamente, questi CAM sono obbligatori. A voi come ente spettano anche il controllo e la possibilità di bloccare Pag. 9 i vari bandi se non rispettano i criteri ambientali minimi. Lei ha detto che la situazione è ancora quella che è. In futuro, sarete in grado di controllare effettivamente l'applicazione di questi CAM?

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Presidente, mi scusi se rispondo in modo un po’ provocatorio, riprendendo anche qualche considerazione che è stata fatta prima dall'onorevole D'Arienzo, ma credo che su questo punto dobbiamo anche essere un po’ coerenti con le scelte di fondo. Diciamolo con chiarezza: i CAM sono un passaggio epocale nel sistema degli appalti, ma richiedono oneri rilevantissimi nei confronti di chi fa gli appalti.
  Se le leggi prevedono queste asticelle particolarmente alte e qualcuno poi cerca di farle rispettare, bisogna stabilire se a fare la burocratizzazione è la legge o chi cerca di farla rispettare, la legge. Se qualcuno oggi provasse a imporre i CAM, il sistema degli appalti nel Paese verrebbe bloccato. Glielo metto per iscritto. E chi sarebbe responsabile di aver bloccato il sistema degli appalti, chi sta facendo rispettare la legge o chi la legge l'ha fatta senza preoccuparsi delle conseguenze che sarebbero venute?
  A volte, l'impressione – lo dico davvero anche facendo un piccolo sfogo – sembra quella che nel Paese non sia la tematica della corruzione a essere preoccupante, ma la tematica dell'anticorruzione, ovviamente intesa in senso deleterio, come tentativo di bloccare il Paese.
  È chiaro che il rispetto delle regole in qualche caso, soprattutto se fatto in modo miope, e noi cerchiamo di non farlo in modo miope, può rappresentare un blocco del Paese, ma su questo devono arrivare scelte politiche chiare.
  Noi riteniamo che i CAM siano una scelta di civiltà, però dobbiamo anche mettere in condizione soprattutto gli enti locali, in cui c'è una burocrazia non in grado di funzionare, invecchiata, che spesso non è in grado di utilizzare i computer, di dare risposte. Se alziamo sempre più le asticelle, però poi quel salto in alto lo chiediamo ai nani, è chiaro che i nani non riusciranno mai a saltare le asticelle sempre più alte che mettiamo.
  Allora, noi vogliamo lavorare sui CAM e stiamo provando con il Ministero dell'ambiente a fare anche le linee guida, però è evidente che dobbiamo mettere poi in condizione gli enti locali soprattutto di rendere attuabili i CAM. Ci sono uffici nei quali gli appalti vengono copiati sistematicamente dai precedenti perché è l'unico modo per fare gli appalti. Figuriamoci se proviamo a spiegare a questi uffici che devono introdurre i CAM! Ci guarderanno come se fossimo dei marziani.

  MANFREDI POTENTI. Dottore, grazie di essere qua con noi. Ho due domande.
  Come state affrontando il problema della sovrabbondanza di richieste di pareri che pervengono all'ANAC da parte soprattutto delle stazioni appaltanti comuni, che so che stanno mettendo un certo carico di lavoro sulla vostra struttura?
  La seconda domanda è questa: avete avuto modo di fare un focus su modelli europei che potrebbero essere portati a esempio sul corretto, buono, ottimale, efficiente funzionamento del sistema degli appalti, che potrebbe risultare interessante, per quanto attiene alla posizione italiana? Parlo di assumere alcuni possibili esempi, e magari imitare alcune situazioni virtuose. Avete avuto modo di affrontare questa tematica?

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Rispondo a questa seconda domanda: no, non abbiamo avuto questa possibilità. Per scelta, non ci siamo in questo momento preoccupati di fare uno studio, perché tale dovrebbe essere, su modelli europei. Anche la prima domanda è la dimostrazione della necessità di dover far fronte ai casi concreti.
  Tra l'altro, sarei scettico sulla possibilità di far passare automaticamente modelli europei, che sono espressione di culture e di posizioni diverse. Come giustificheremmo nella nostra realtà, per esempio, il modello viennese, che comporta un termodistruttore all'interno della città? A che servirebbe, Pag. 10 detto con assoluta franchezza? È, però, un tema che noi siamo ben disponibili ad affrontare.
  Noi abbiamo una marea di enti che si occupano di attività ambientali. Abbiamo un Ministero dell'ambiente che io credo abbia un know how di grandissima rilevanza. Abbiamo un codice degli appalti che dà delle indicazioni. Io credo che, più che inseguire modelli europei, che tutto sommato riguardano realtà sociali, economiche e tecniche diverse, dobbiamo provare a individuare un nostro modello. Ci sono delle realtà virtuose nel Paese: credo che su quei modelli possiamo lavorare.
  Quanto al tema della sovrabbondanza dei pareri, stiamo provando a risolverlo soprattutto dicendo a monte quali sono i pareri che rilasciamo alle amministrazioni, non i pareri che riguardano vicende specifiche. Non possiamo sostituirci nell'ambito della discrezionalità delle stazioni appaltanti. I pareri che a volte giungono all'Autorità riguardano modalità specifiche. In un caso – lo ripeto come una sorta di mantra – ci è stato chiesto persino come dovessero essere aperte le buste di un appalto. Lei ride. A me, onestamente, fa piangere, detto con franchezza.
  Abbiamo, però, individuato una serie di dati che servono a individuare i pareri che diamo, i pareri su vicende di carattere generale che possono rappresentare indicazioni di massima alle autorità, fermo restando che ovviamente poi noi abbiamo un potere di parere specifico, che è quello che riguarda i pareri di precontenzioso, che sono richiesti nell'ambito di una vicenda di un appalto e che sono strumenti alternativi rispetto al ricorso giurisdizionale. Su questi abbiamo l'obbligo di dare il parere.
  Purtroppo siamo, questo sì, un po’ in ritardo. Stiamo provando a riorganizzare l'ufficio. È evidente, però, che questi meccanismi hanno ricevuto un grande successo per una ragione evidente: sono pareri gratuiti. Chi conosce il sistema degli appalti, sa che cosa significhi rivolgersi a un giudice amministrativo in termini economici. Questo significa che per gli appalti al di sotto di una certa cifra non vale nemmeno la pena rivolgersi a un giudice amministrativo, perché si rischia di dover pagare in termini di impatto economico quanto potrebbe essere il guadagno che poi deriva da un appalto. Su tutta quella specifica materia siamo sommersi da quei pareri. Stiamo provando anche, a questo punto, a rinforzare l'ufficio che si occupa di precontenzioso per dare risposte in tempi ragionevoli.
  Nell'ambito di una specifica categoria di precontenzioso, cioè quello in cui i pareri sono vincolanti tra le parti e che la legge prevede che debbano essere dati entro trenta giorni, rispettiamo il termine di trenta giorni, cioè quei pareri vengono dati nel termine previsto dal codice degli appalti.

  GIOVANNI VIANELLO. Ringrazio anch'io il presidente Cantone per il lavoro svolto e per le preziose informazioni.
  Vorrei chiedere una specifica ulteriore per quanto riguarda il discorso degli ARO e degli ATO, che mi interessa particolarmente, partendo proprio da una deliberazione dell'ANAC di marzo 2016 fatta sul territorio pugliese. Sostanzialmente, si mettono in evidenza tre punti, tre criticità: la mancata vigilanza, il problema delle proroghe e le ordinanze contingibili e urgenti, che si ripetono in maniera sistematica.
  A seguito di quella relazione, la normativa regionale è anche stata modificata, ma non credo in senso positivo: abbiamo avuto un ampliamento degli ARO e i sei ATO sono diventati un ATO unico. Adesso, anche con i dati aggiornati dell'ISPRA, abbiamo una raccolta differenziata ferma al 40 per cento; comuni che lamentano i costi del servizio per l'affidamento in ARO, che sono maggiori rispetto agli affidamenti sempre tramite bando di gara, ma per singolo comune; per quanto riguarda la questione dello smaltimento, recupero e riciclo, cioè dei compiti affidati all'ATO, abbiamo avuto un aumento del trasporto dei rifiuti in tutta la regione, perché l'ampliamento dell'ATO ha fatto sì che da Lecce arrivassero a Foggia, da Bari a Taranto e così via.
  Vorrei capire se la strada di ampliare gli ATO e gli ARO, e quindi quella che ha intrapreso la regione Puglia, possa essere una soluzione positiva o, visti i risultati che fino adesso sono arrivati, dovremmo andare Pag. 11 nel senso opposto, cioè permettere più autonomia, e soprattutto che gli ATO non siano così grandi da permettere che i rifiuti possano girare per tutta la regione. Grazie.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. In linea di principio, onorevole, opterei per la tesi che lei propone. A me a oggi non sembra che gli ARO e gli ATO stiano dando i risultati sperati, però credo che sia difficile dare una chiave di lettura che vada al di là di capire come è organizzato all'interno della regione il ciclo. Noi parliamo, ormai, di un sistema in cui l'accavallamento della normativa nazionale con le indicazioni regionali – spetta alle singole regioni individuare come viene gestito il ciclo dei rifiuti – rende difficilissima una risposta in termini generali.
  Se, per esempio, all'interno di una certa regione vengono previsti sistemi di smaltimento tutti collegati nell'ambito di un unico ATO, di un unico ARO o di una provincia, ha un senso l'esistenza dell'ARO, dell'ATO, di questi sistemi integrati. Laddove, invece, a volte non esistono sistemi di smaltimento che danno un senso, forse la centralizzazione del sistema non ottiene risultati.
  Ci siamo molto concentrati, proprio perché è stato oggetto di un commissariamento – abbiamo fatto una serie di approfondimenti con i commissari – sull'ATO Toscana sud e sui problemi che ha creato in una realtà in cui c'era un'alta raccolta differenziata e un sistema dei rifiuti che funzionava discretamente, e la creazione di un gestore unico ha avuto effetti oggettivamente negativi.
  Se questo sia un modello negativo dovunque, non sono in grado di dirlo. L'esperienza è che in tutti i luoghi in cui siamo andati a vedere come funzionava il sistema degli ARO e degli ATO non ha dato rilievi positivi, forse a eccezione dell'Emilia, dove all'interno dell'ARO e dell'ATO sono individuati criteri di smaltimento, ma gli ARO e l'ATO lì hanno creato la criticità che gli appalti comunque non sono mai stati fatti.
  Io credo che su questo punto sarebbe davvero meritorio se, all'esito, si potesse dare una chiave di lettura, che ovviamente però si deve porre il problema: se c'è un ambito regionale in grado di fatto di rimettere completamente in discussione il sistema nazionale, diventa difficile fare un unico monitoraggio. Sarebbero necessari venti monitoraggi, perché la situazione delle regioni e le indicazioni che le leggi regionali danno sulle modalità dello smaltimento dei rifiuti, hanno un'incidenza rilevante anche sulle tecniche da utilizzare.
  Se io dovessi individuare una best practice, non ci penserei nemmeno a poterla dire, perché la realtà della Lombardia, dove il sistema dei rifiuti funziona bene, non ha nulla a che vedere nemmeno con quella dell'Emilia-Romagna, né del Piemonte, men che meno con quella della Campania o delle altre regioni.

  CHIARA BRAGA. Ringrazio anch'io il presidente Cantone.
  Vorrei porle un paio di questioni che intrecciano sia gli ambiti, i campi di attività dell'Autorità, sia i settori di cui ci occupiamo.
  In particolare, mi sembra che quello emerso in maniera evidente dell'importanza di investire nella qualificazione delle stazioni appaltanti, che devono essere messe nelle condizioni di attuare le importanti novità, dal CAM alle norme del codice, sia sicuramente un tema che anche questa Commissione ha toccato e toccherà.
  Vorrei capire, però, come vede dal vostro osservatorio il rischio di aprire nuovi spazi alla possibilità di infiltrazioni della criminalità organizzata o di meccanismi distorsivi dei criteri della concorrenza, con la norma che sappiamo entrata in vigore con questa legge di bilancio, che alza la soglia sotto la quale possono essere affidati senza procedure pubbliche, quindi senza gara, gli appalti di lavori e di servizi.
  In particolare, abbiamo visto che anche in questi ultimi provvedimenti la soglia dei 150.000 euro non è stata modificata. C'è un aspetto che preoccupa. Oltre a sottrarre uno spazio di concorrenza, che mi sembra invece sia auspicabile come elemento di trasparenza e di rottura dei meccanismi di monopolio che possono esserci nel settore dei rifiuti, toglie anche un'importante verifica della normativa antimafia. Come vede Pag. 12quest'aspetto nel campo specifico della gestione dei rifiuti?
  L'altra questione riguarda il tema della tracciabilità. Si è deciso di cancellare uno strumento come quello del SISTRI, che sicuramente ha messo in luce molte criticità. Oggi, però, ci troviamo in una condizione di mancanza di strumenti di tracciabilità dei rifiuti, di contro, anche dalle sue parole, si evince una rilevante possibilità di flussi incontrollati di rifiuti. Anche in ragione di una debolezza della dotazione impiantistica in alcune aree del Paese, questa mancanza non denota, dal vostro punto di vista, un elemento di preoccupazione di cui comunque è necessario occuparci?
  L'altra questione riguarda il tema della regolazione. Sappiamo che l'ARERA ha assunto un compito rilevante nel definire un quadro di regolazione nel settore della gestione dei rifiuti: avete come autorità un rapporto, un lavoro in itinere? Ritiene di indicarci, eventualmente, quali dovrebbero essere i temi di regolazione più importanti per consentire che questo sistema superi le rigidità e le criticità che ha evidenziato nella sua relazione? Grazie.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Grazie, onorevole. Velocemente, sul tema dell'aumento della soglia mi sono in più occasioni espresso. Io credo che sia una scelta pericolosa sul piano delle conseguenze, sul piano della trasparenza, e anche dei rischi di corruzione. Soprattutto, abbiamo rilevato in passato che per esempio l'utilizzo della soglia dei 40.000 euro aveva portato una tendenza molto significativa a spacchettare. Abbiamo verificato che tantissimi enti utilizzavano 39.999 come regola, utilizzando il meccanismo dello spacchettamento. Ovviamente, 150.000 consente un ampliamento, ma voglio ricordare che la norma vale solo per un anno, e quindi mi auguro che ci siano le condizioni per fare un monitoraggio e una scelta.
  Soprattutto, credo che bisognerebbe avere il coraggio di fare la verifica se queste norme portino davvero più efficienza. Io ho il dubbio che queste norme portino più efficienza. Tutti ricordano la famosa vicenda delle casette dell'Umbria, in cui potevano essere fatte le norme in deroga, e la regione scelse di fare un appalto aperto. Molto spesso, i funzionari pubblici, pur avendo la possibilità di utilizzare norme di semplificazione, non le utilizzano proprio per paura.
  Mi chiedo, quindi, se queste norme non finiscano – lo dico per paradosso – per favorire quelli a cui, disonesti e spregiudicati, non importa proprio nulla del sistema, e di fatto non aiutino quelli che invece vogliono rispettare le regole.
  Io sono convinto che in questa materia poche regole chiare siano meglio della deregulation, ma lo verificheremo. Mi auguro che alla fine dell'anno saremo in grado di capire se quest'aumento c'è stato. Lei sa bene che io fui molto critico sulla norma dello Sblocca Italia del precedente Governo, anzi fui criticissimo, soprattutto perché evidenziavo quanto quella norma non avrebbe portato alcun effetto benefico sul PIL. I dati, purtroppo, ci hanno dato ragione. Mi sembra, comunque, che il rischio sia che questi meccanismi vengano considerati panacea laddove panacea non sono stati.
  Le norme che, per esempio, avevano consentito l'utilizzo delle procedure in deroga per le scuole sono state utilizzate in modo assolutamente ridottissimo. Sto parlando, prima, della Buona Scuola, quando ci fu nello Sblocca Italia la possibilità di utilizzare le norme in deroga. Non le ha utilizzate quasi nessuno.
  Allora, il tema vero è: sono utili o rischiano semplicemente di mettere un baco poco utile nel sistema? Devo dire, però, che con riferimento ai rifiuti escludo che questa norma possa avere un significativo impatto. Soprattutto, la norma riguarderà i lavori, e 150.000 euro in materia di rifiuti non è una soglia di interesse.
  Del tema della tracciabilità ho avuto occasione di discutere, sia pure molto rapidamente, col Ministro Costa. Credo, detto con franchezza, che l'abrogazione del SISTRI sia stata una scelta corretta. Il SISTRI è stato uno strumento che ha inghiottito danaro senza aver avuto alcun effetto pratico. Pag. 13
  Le indagini giudiziarie hanno fatto emergere probabilmente solo la puntina dell’iceberg di un sistema che nasceva con una logica certamente corretta, ma che dal punto di vista dell'attuazione pratica ha portato solo dispendio di energie economiche senza ottenere nessun risultato in termini di reale tracciabilità sui rifiuti.
  Certo, il tema della tracciabilità si pone. Come lei diceva, e non posso che concordare, le vicende che riguardano questi stranissimi incendi di rifiuti, tra l'altro di capannoni con rifiuti che non si capisce neanche bene da dove vengano, dimostrano che c'è un'esigenza di capire come avvenga lo smaltimento.
  Io sono convinto che alcuni meccanismi che hanno caratterizzato soprattutto la prima ecomafia siano sostanzialmente superati, ma non sono affatto convinto che i meccanismi illeciti di smaltimento di chi è in grado di fare offerte faraoniche, positive, soprattutto al mondo dell'impresa privata, facendo intravedere chissà quali risparmi, siano del tutto venute meno. Il tema della tracciabilità si pone con forza. Io direi che si pone con forza soprattutto per i rifiuti speciali, perché è lì che molto spesso si verificano situazioni di particolare problematicità.
  Con il nuovo presidente dell'ARERA abbiamo avviato un rapporto di collaborazione, che porterà anche in termini brevi alla stipula di un protocollo. Devo dire che, però, non gli invidio che dovrà fare una regolazione in materia soprattutto di tariffe sui rifiuti, che rischiano di rappresentare, questo sì, il parafulmine di quello che sarà un sicuro aumento delle tariffe, con la difficoltà di individuare tariffe applicabili.
  C'è una differenza enorme tra la gestione dell'acqua e quella del ciclo dei rifiuti. Al presidente dell'ARERA, con cui ripeto che c'è un rapporto, oltre che di cordialità personale, di collaborazione anche dal punto di vista istituzionale, abbiamo messo a disposizione il nostro know how, ma noi per fortuna di tariffe non capiamo molto e vogliamo essere il più lontani possibile da questo tema.

  MARZIA FERRAIOLI. Sarò veloce. Sono neofita del tema, quindi ho bisogno di fare domande anche banali, ma devo capire.
  Mi domando, in base all'esperienza che lei ha enucleato e sintetizzato, se sia possibile che l'ANAC – magari, è già così, quindi posso anche dire una sciocchezza – dia delle direttive in via di prevenzione enucleate dall'esperienza che ha già consolidato.
  Non è detto che la corruzione debba necessariamente manifestarsi. Può essere prevenuta attraverso un controllo, che non deve eccedere, aumentare o caricare ancora di più la burocrazia, della quale abbiamo parlato, ma un controllo a monte di linee alle quali bisogna conformarsi. So bene che le regioni hanno delle loro specificità e delle autonomie, ma il problema secondo me va risolto con delle direttive preventive. Tutti i guasti che sono stati registrati devono essere evidenziati a monte affinché non si ripetano.
  È possibile, questo? Dico una sciocchezza? Grazie.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. No, non dice una sciocchezza. Si tratta di un potere che l'Autorità ha, ha esercitato e intende continuare a esercitare, un potere di regolazione che può essere esercitato sia nell'ambito – mi scusi se utilizzo un termine tecnico – di soft law, cioè di quei meccanismi che non sono vincolanti, ma rappresentano indicazioni date alle stazioni appaltanti, in generale, o alle amministrazioni, sia in alcuni casi con indicazioni di carattere vincolante.
  Noi abbiamo già fatto quest'atto di soft law nel piano di prevenzione della corruzione del 2018, che è entrato in vigore adesso. C'è un capitolo che riguarda proprio le tematiche dei rifiuti. In quel capitolo abbiamo individuato le criticità e consigliato – più di questo non si può fare, come è giusto che sia, perché la discrezionalità deve spettare all'amministrazione attiva – possibili interventi. Questo è stato fatto.
  Lo faremo anche con riferimento, per esempio, ai criteri ambientali minimi. Lì faremo delle linee guida su come le amministrazioni Pag. 14 possono utilizzare i criteri ambientali minimi. Abbiamo, per esempio, inserito nei bandi tipo i riferimenti ai criteri ambientali minimi. Forse, ed è un'idea che mi veniva anche dalla precedente domanda, si potrebbe pensare, lavorando con l'ARERA, di stabilire un bando tipo, che significa indicazione di come viene strutturato un bando per la gestione dei rifiuti.
  Questo potrebbe essere veramente un meccanismo molto utile per le stazioni appaltanti. Ferme restando le specificità, infatti, nel bando tipo potrebbe essere individuata una serie di clausole per aggirare i problemi di carattere concreto.
  Questo del bando tipo in materia di rifiuti può essere una strada da perseguire, ma va perseguita in accordo con l'ARERA, che si occupa del tema tariffario, ma sulle questioni di regolazione siamo già intervenuti col piano di prevenzione alla corruzione.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il dottor Cantone per la sua presenza.
  Chiederei alla presidenza, visto che ormai il tempo è brevissimo e gli argomenti ancora molti e molto interessanti, di chiedere al dottore di riaggiornare a una prossima puntata la sua interessante relazione. Le domande sarebbero tante, ma il tempo è tiranno. Rivolgerei solo questa proposta alla Commissione.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Ovviamente, da parte mia c'è grande disponibilità. Piuttosto, chiederei, anche alla luce della relazione che è stata presentata, se ci siano specifiche esigenze di approfondimento. La relazione prova a individuare anche vicende specifiche di vigilanza, che possono essere utili, anche nella prospettiva che diceva prima l'onorevole, per comprendere quali possano essere le criticità su cui intervenire in futuro.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Innanzitutto leggeremo la relazione, che vedo abbastanza approfondita. Evito di fare domande, ad esempio, sul caso Colari, sull'interdittiva. Lo leggeremo.
  Soprattutto, quando intraprenderemo un argomento come le fideiussioni, magari scambiamo un dialogo, se per lei va bene, su alcune informazioni più approfondite. Se andremo in Calabria, se ci segnalate qualcosa su cui vale la pena approfondire, ne saremo ben lieti.

  RAFFAELE CANTONE, Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Sono assolutamente a disposizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Cantone.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 9.45, è ripresa alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, Giuseppe Vadalà.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, Giuseppe Vadalà. Il commissario è accompagnato dal maggiore Aldo Papotto, dal capitano Alessio Tommaso Fusco, dal maresciallo ordinario Emanuela Bergamo e dall'appuntato Manuela Somalvico, che ringrazio per la presenza.
  La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti. Pag. 15
  Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, su richiesta, consentendolo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta.
  Nel caso in cui le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento.
  Si invita, comunque, a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Invito il nostro ospite a svolgere una relazione, al termine della quale i componenti della Commissione potranno approfondire alcune questioni e rivolgere qualche domanda.

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Signor presidente, grazie. Un saluto deferente a lei, alla Commissione, ai signori onorevoli, ai signori senatori e ai consulenti tutti, per l'occasione che quest'ufficio del Commissario, che sta operando da ventidue mesi, ha di poter dire e ricevere tutti i supporti e le indicazioni per la continuazione del lavoro.
  È stata predisposta una relazione riassuntiva. Su quel filone mi atterrò. Ovviamente, poi siamo a disposizione per qualunque ulteriore approfondimento o domanda.
  Con me ci sono i due ufficiali, di cui non ripeto i nomi, e altre due unità, il maresciallo e l'appuntato di supporto per queste attività che stiamo svolgendo.
  Il Commissario alle bonifiche sulle discariche abusive sotto infrazione dall'Unione europea, ma la dizione esatta è questa che si riporta, Ufficio del Commissario straordinario di Governo per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale, sta operando da ventidue mesi, dal 24 marzo 2017, quando una prima delibera del precedente Governo – era allora Presidente del Consiglio Gentiloni – ha assegnato questo compito al Commissario.
  A me allora è stato comunicato dal Comandante dell'Arma. A fine 2016, si era cominciato a organizzare quella che poteva essere la struttura dall'allora capo del Corpo forestale Patrone, dal 1° gennaio 2017 Carabinieri forestali, e noi abbiamo continuato ad avere, a organizzare questa missione e a svolgerla.
  Sin dal primo momento e sin dalle notizie, dalle informazioni, dagli approfondimenti che c'erano, quello delle discariche abusive e delle bonifiche, con tutto quello che succedeva dopo, era un settore in cui, anche per il richiamo e l'utilizzazione dei fondi, evidentemente c'era la possibilità dell'esistenza di infiltrazioni o di attività irregolari, se non criminali. Questo è un po’ l'antefatto.
  Si è, allora, immediatamente pensato che, se questa missione andava svolta, avesse bisogno del supporto dell'Arma dei carabinieri, quindi il Commissario generale dell'Arma sì, ma svolge la sua attività – lo dico immediatamente – insieme a dieci o undici uomini, militi dell'Arma, a livello centrale, che sono stati incardinati presso il CUFA, il nuovo Comando unità forestali ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri. Svolgiamo questo compito di raccordo e di approfondimento per tutto quello che vedremo, e si stanno organizzando, riverberando e svolgendo le attività insieme a tutta l'organizzazione territoriale dell'Arma e anche a quella specialistica. L'idea era che, se una missione di questo tipo doveva essere svolta con efficienza ed efficacia, così dovesse essere.
  Devo dire che dopo ventidue mesi indubbiamente così è stato. Sia per i risultati ottenuti, e vedremo quali, sia per le attività di accertamento delle responsabilità, in senso generale, effettivamente così è stato.
  Quando c'è stato il commissariamento, una prima delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 24 marzo ha assegnato al Commissario 500 siti di discarica abusivi; una successiva, del 22 novembre 2017, ne ha assegnati altri 22, per un totale di 79, più una, che già c'era, sono 80. Sono gli 80 siti obiettivo del commissario, cioè che il Governo ha dato al commissario. Devo dire che nel passaggio di Governo Pag. 16stiamo continuando a operare. L'obiettivo che dobbiamo portare a termine è quello di bonificare o mettere in sicurezza 80 siti di discariche abusive. Perché?
  Qual è il vulnus? Torniamo indietro al 2003, alla prima infrazione che l'Unione europea ci ha comminato; al 2007, alla prima sentenza secondo cui dovevano essere messi a posto questi siti; al 2014, anno della seconda sentenza con l'inizio della sanzione, dagli importi molto importanti. Per questi 80 siti, la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 2 dicembre 2014, ha condannato l'Italia a pagare 200.000 euro ogni sei mesi per ogni sito di discarica abusiva di RSU (rifiuti solidi urbani), mentre 400.000 euro sono quelli per rifiuti speciali. Ogni sei mesi, sommando, si è cominciato a pagare, dal 2 dicembre 2014, 42.800.000 euro, rata che però via via è andata scendendo.
  Facendo un altro passo indietro, si è iniziato non dagli 80 dati al commissario nel marzo 2017, ma da 200 siti. E perché la sentenza della Corte di giustizia europea ha colpito questi 200 siti? Il perché sta un po’ nelle vicende, ma non sempre così su tutto il territorio nazionale, legate ai rifiuti, alla gestione dello smaltimento. Non si riesce a trovare degli idonei smaltimenti e riutilizzi.
  Che cosa accadeva negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta? Ci siamo ritrovati con due tipologie, due situazioni.
  Dai sindaci, dalle amministrazioni comunali in senso lato, che non sapevano come smaltire bene questi rifiuti, il più delle volte – li abbiamo visti, perché abbiamo effettuato i sopralluoghi – venivano smaltiti attraverso un getto, materialmente un abbandono dalla sommità delle colline alla profondità degli alvei torrentizi. Dall'alto in basso venivano buttati rifiuti abbancati, molte volte senza studiare la componente litologica, senza sapere quello che c'era sotto, quindi con un rischio quantomeno di produzione di inquinamenti. Questo è quello che era e che effettivamente abbiamo trovato.
  L'altra tipologia è quella dei depositi temporanei, anche se molto meno. Abbiamo sei siti attorno all'area di Marghera, a Venezia, di questo tipo, e il campo sportivo Fontana, ad Augusta, dove per anni, ma come in tutta l'area di Augusta, che è anche un SIN, sono state abbancate le ceneri di pirite che venivano fuori dal trattamento dell'anidride solforica, che allora si faceva. Non solo questo campo sportivo, ma anche altri edifici sono stati costruiti sulle ceneri di pirite, ma è accaduto che dall'unico campo sportivo di Augusta a un certo punto queste ceneri di pirite, questi rifiuti, residui rossastri, siano venuti fuori. Poi il campo sportivo è stato sequestrato, come ancora adesso. Questo è uno dei casi a cui stiamo lavorando.
  Questo è quello che accadeva, ripeto, negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. E questo è ciò per cui l'Unione europea allora ha detto all'Italia, ma non solo all'Italia: ci si deve mettere in regola. Le condizioni sono tre.
  Vi anticipo subito che l'Unione europea, nelle notifiche che fa all'Italia, dice: che non sia più una discarica abusiva, quindi sia recintata e non vi vengano più gettati rifiuti; se ci sono rifiuti pericolosi, devono essere portati via, bonificati; la terza condizione è che i rifiuti che ci sono non producano inquinamenti. Diremmo che queste sono le tre condizioni che ogni Paese vuole attuare, ed è nell'interesse anche dei comuni, delle regioni e di tutti, in modo che effettivamente ci sia una prevenzione degli inquinamenti, ma anche dei dissesti idrogeologici, che molte volte questi rifiuti abbancati nelle zone rurali e montane, zone esterne alle cittadine, producevano. Questo è stato l'interesse manifestato dall'Unione europea, e poi c'è stata la sentenza, e a questo stiamo lavorando.
  Riferisco in maniera molto oggettiva – il nostro compito è bonificare, mettere in sicurezza – che diciamo sempre agli organi amministrativi, ai comuni, alle regioni e ai sindaci, che a volte possono non vivere in maniera serena questa sanzione, che comunque c'era un vulnus iniziale non piccolo, che c'era una produzione di inquinamenti, e che se si fa questo, e lo si deve fare, lo si fa nell'interesse della comunità, della collettività. Da ventidue mesi, messo in moto quest'esercizio, si sta proseguendo su questa via. Pag. 17
  Torno forse all'ultimo addendum che può essere di interesse: come si è arrivati a questi 200 siti. L'allora Corpo forestale dello Stato, nel 1986, 1996, 2002, 2008 e 2016, ha effettuato progressivamente monitoraggi sul territorio. I 200 siti rimasti sono il «succo» del lavoro allora svolto dal Corpo forestale, che già nel 1980 aveva individuato un incrocio a volte nefasto, pericoloso tra cave e discariche. Allora, i reparti, soprattutto nelle zone rurali e montane, dove allora il Corpo insisteva e dove insistono attualmente i Carabinieri forestali, avevano cominciato a verificare, e addirittura da un numero di 5.800 siti, non tutti abusivi, sì è scremato fino a 200 siti. Una volta messo a fuoco questo dato e comunicato, l'Unione europea ha detto: è il caso di bonificarli e metterli in sicurezza per dare sicurezza ai cittadini. Questo è il fatto finale.
  Che cos'è accaduto? Dal 2 dicembre 2014 fino al 22 marzo, se vogliamo dare questa data, il Ministero dell'ambiente ha lavorato – ovviamente, non è rimasto con le mani in mano – per abbassare la soglia di 200 siti fino agli 80, quando poi è stato nominato il Commissario. Per cercare di far cosa? Di velocizzare, sì, ma noi diciamo sempre: veloce, ma bene. Dobbiamo sicuramente cercare di essere più veloci possibili per gli ovvi motivi di finanza pubblica, dobbiamo cercare di far rimanere questi soldi nel nostro Paese, però contemporaneamente dobbiamo fare le cose per bene, e da due punti di vista: uno, quelle delle gare amministrative e di come si svolgono gli iter amministrativi; l'altro, che sia bonificato bene il sito, non ci siano inquinamenti, e se ci sono percolati devono essere controllati in vasca. In questo modo, si dà la sicurezza che ci sono quelle tre condizioni.
  L'Unione europea, in un certo senso, ci è venuta incontro. Intanto, questa sanzione è decrescente: dai 42,8 milioni del 2 dicembre 2014, arrivati alla settima semestralità – sono due semestri ogni anno – siamo arrivati a 11,6. Attualmente, l'Italia paga 11,6 ogni sei mesi. Il 2 dicembre 2018, data dell'ottava semestralità, l'ultima rimasta, che facciamo?
  Intanto, si realizzano i lavori, e vedremo poi il modus operandi che stiamo applicando; si bonificano; si fanno dei dossier; si fa una determina che assume il Commissario, che viene inviata alla struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri, quella che amministra tutte le infrazioni nazionali; insieme al Ministero dell'ambiente, prima del 2 dicembre, qualche giorno prima, ci si vede, si esamina il dossier, dopodiché la documentazione va alla rappresentanza permanente a Bruxelles dell'Italia, di là alla Commissione.
  Che cosa sta facendo la Commissione da ora fino a circa febbraio-marzo? Sta esaminando i dossier, quindi vede sulla carta se quello che è stato comunicato ha una sua logica. Molto spesso, è avvenuto che i dossier siano stati rinviati per ulteriori approfondimenti. Verso febbraio-marzo, si rinviano i dossier. L'ultima volta ne abbiamo inviati otto.
  Noi speriamo che, dagli 80 siti assegnati, 28 siano fuoriusciti, perché bonificati o messi in sicurezza, a cui speriamo di aggiungerne altri 8, questi dell'ultima semestralità. Quindi, 28 più 8, volendo ricapitolare i numeri, sono 36; con 80 meno 36, ne rimangono a questa data, se tutto va bene, 44.
  Stiamo lavorando con un cronoprogramma inserito sul sito del Commissario: con questo cronoprogramma stiamo lavorando almeno su 20 siti quest'anno, 10 speriamo entro il 2 giugno e altri 10 entro il 2 dicembre, in modo da abbassare, dico sempre speriamo, a 24. Presumibilmente, al 2020-2021 ci vorranno tutti, forse anche qualcosa in più, perché i siti presentano una complessità di vario tipo, di lavori, di oneri e di altro. Questo è, per grosse linee, il lavoro strategico che si sta facendo.
  Come lo si sta facendo? Come questa struttura dell'Arma, dell'ufficio del Commissario, sta lavorando? Intanto, per la parte realizzativa, stiamo lavorando per bonificare o mettere in sicurezza, cioè c'è da fare i lavori, da indire delle gare, da affidare dei lavori. Lo stiamo facendo attraverso le stazioni appaltanti.
  La normativa, che il Commissario ha mutuato dalla normativa regionale che riguardava Pag. 18 la depurazione e il dissesto idrogeologico, ovviamente in caso di infrazione, dava la possibilità al Commissario di utilizzare le stazioni appaltanti iniziando dal comune, per andare alle regioni, alle province se potevano, ai provveditorati alle opere pubbliche, all'ANAS, ai consorzi di bonifica, alle società interamente a capitale pubblico. A questo ci siamo attenuti. Questa era la possibilità che la norma ci dava, e abbiamo fatto così. Come l'abbiamo fatto?
  Nel luglio 2017, poi reiterato nell'agosto 2017, è stato pubblicato sul sito dell'Arma, ma allora è stata data anche ampia pubblicità, un avviso pubblico: chiunque voglia fare da stazione appaltante, ovviamente di un certo range, lo può fare, e questo fondamentalmente per allargare la concorrenza anche nelle stazioni appaltanti. Così abbiamo fatto.
  Volendo sintetizzare molto, utilizziamo come stazioni appaltanti due società a capitale interamente pubblico che si sono offerte (Invitalia e Sogesid), tre provveditorati alle opere pubbliche (Sicilia e Calabria, Lazio e Abruzzo e mi pare Sardegna sono interregionali, l'altro interregionale Veneto-Friuli).
  Poi abbiamo due società venete a capitale pubblico, che già operavano, Veneto Acque e ASPO, l'Azienda speciale del porto di Chioggia, che ha una sua problematica, ma sta continuando a lavorare in un passaggio di competenze. Poi abbiamo l'ANBI, che rappresenta i consorzi di bonifica, quindi, quando c'è qualche consorzio di bonifica che ha cominciato a operare, lo possiamo fare. Avevamo inviato anche delle lettere di invito, ma l'ANAS allora non aveva risposto, oggi stiamo colloquiando, e vedremo. Questo ci fa anche un po’ separare sia gli oneri, che a volte sono un po’ diversi, sia la concorrenza tra loro.
  Quando c'è da mettere a punto un sito, operiamo attraverso queste stazioni appaltanti. Sono loro che producono materialmente la gara, che viene pubblicata sul nostro sito, e si svolgono i lavori. Una volta iniziati i lavori, c'è la parte che abbiamo messo in campo del controllo dei lavori, sia quelli tecnici, attraverso le figure predisposte (RUP, direttore dei lavori), sia dal punto di vista di quello che succede nei cantieri, quindi per la prevenzione di qualunque infiltrazione e per ausilio alle ditte.
  Per questo è stato siglato, il 21 marzo 2017, allora col Ministro dell'interno Minniti, un protocollo di legalità, che ci dà adito di costituire una banca dati, che stiamo materialmente realizzando in questi giorni, con la parte del software, in queste settimane, ma ci lavoravamo già da tempo, in cui dovranno essere inseriti – ne è riconosciuto un onere alle stazioni appaltanti o alle ditte – i mattinali degli operai e degli automezzi che entrano ed escono da questi cantieri per i necessari motivi di prevenzione.
  Gli 80 siti sono distribuiti in sette regioni: Veneto, Lazio, Abruzzo, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La Toscana, per il sito dell'Isola del Giglio, è uscita subito. Sono rimaste queste sette regioni, con 27 province.
  Siamo andati a incontrare i 27 prefetti. Abbiamo trovato le porte della collaborazione assolutamente aperte. Stiamo realizzando questa banca dati. Quando sarà realizzata, loro avranno le chiavi per entrare e per verificare il popolamento di questa banca dati.
  È ovvio che da parte nostra continuerà un lavoro di continuo monitoraggio di quello che c'era e di quello che avviene. Qua aggiungo l'altra parte del nostro lavoro. C'è, sì, quella realizzativa di bonifiche e di messe in sicurezza, ma accanto a questo non potevamo dimenticare l'accertamento in senso lato delle responsabilità, dove si riesce ad arrivare, sia per le gare sia per la parte ambientale.
  Una parte del nostro ufficio sta lavorando dai primi mesi del 2017, da quando c'è stata la nomina del commissario, per operare i sopralluoghi, quindi capire effettivamente come stanno questi siti, che pericolosità, che situazioni presentano, acquisire documenti e proporre delle informative all'autorità giudiziaria. Questa è l'altra parte del lavoro. C'è, quindi, la parte realizzativa, e dall'altra vediamo quello che è successo.
  Sono state fatte a oggi 19 informative, poi specificherò meglio il potere, la potestà Pag. 19di quest'ufficio, a undici procure della Repubblica, essenzialmente per due tipologie di reati. Anche nella relazione abbiamo operato una divisione delle informative per regioni e per tipologia di reati rintracciati, che sono soprattutto reati contro la pubblica amministrazione. Abbiamo visto che per l'effettuazione delle gare o, molte volte, per l'affidamento diretto dei lavori, c'era più di qualche problema. L'altra tipologia è quella ambientale: o l'omessa bonifica di questi siti, che può essere riscontrata in maniera più precisa, il traffico dei rifiuti, il cambio di tipologia del rifiuto, tipologie che sono un po’ classiche. Questi sono quelli essenziali.
  Che cosa sono queste informative? L'ufficio del commissario non fa attività di polizia giudiziaria: di quello che vediamo e che acquisiamo attraverso i documenti organizziamo un rapporto che mette in evidenza delle fattispecie di reato, che però devono essere sviluppate. Una volta che le consegniamo, le procure proseguono e stanno proseguendo, e il lavoro che stiamo svolgendo è quello di vedere che lavoro si sta facendo e se serve.
  Sicuramente, all'inizio diamo un apporto di approfondimento, di conoscenza, ma le indagini vere e proprie non le svolge quest'ufficio, per due motivi: per separazione delle funzioni; per un impegno e impiego del personale che non potrebbe essere.
  L'altro fronte che abbiamo aperto accanto a questo è quello del protocollo firmato il 7 novembre 2018 con la Direzione nazionale antimafia.
  Avevamo visto dai primi approfondimenti, dai primi nomi che venivano fuori, che una contiguità con certi fenomeni conosciuti da vent'anni a questa parte sicuramente c'era. Abbiamo iniziato questo rapporto, e devo dire che anche qua abbiamo trovato porte aperte da parte del procuratore nazionale Cafiero De Raho a poter confrontare delle situazioni, soprattutto dei nominativi, con la Direzione nazionale antimafia.
  Dai riscontri che stiamo facendo, tra i casi che finora abbiamo approfondito, ce ne sono stati tre per i quali la Direzione nazionale antimafia ha sentito degli impulsi – evidentemente, è stata costruita – e delle procure hanno potuto investigare sui fenomeni di 416-bis, di 416, o anche sul traffico di rifiuti, reato ormai di competenza anche della DNA.
  I presìdi che abbiamo messo in moto sono quelli di cercare sì di essere veloci, ma di vedere quello che è successo. Che cosa accade?
  Se il sito ha una sua definizione da un punto di vista di disinquinamento in senso lato e ci sono delle situazioni da approfondire, stiamo cercando intanto di far diminuire questa sanzione, quindi di far fuoriuscire il sito, ma per le altre 19 informative inserite, tra poco 20, stanno continuando a lavorare. Di queste 20, tre hanno ricevuto un'attenzione dalla Direzione nazionale antimafia con le DDA, e delle indagini stanno iniziando, stanno proseguendo o si stanno approfondendo per capire meglio.
  Quindi, se stiamo parlando di 28 siti più 8 fuoriusciti, è «merito» di questa struttura commissariale dell'Arma dei carabinieri, del lavoro d'insieme che si è fatto con le regioni e i comuni che hanno compreso forse che agli obiettivi si arriva insieme, che si deve cercare di mettere a fuoco nelle Conferenze di servizi, dove molte volte abbiamo trovato degli imbuti, dei blocchi, anche per mesi, che una situazione doveva essere o sì o no, o si doveva bloccare o si doveva sbloccare, ma non si poteva rimanere fermi.
  Stiamo operando, quindi, con le regioni e con i comuni di interesse. Stiamo lavorando – anche questo è un dato che si troverà nella relazione – e ormai siamo arrivati a 270 riunioni, che l'ufficio del commissario e i due ufficiali più il terzo ufficiale in forza alla struttura stanno facendo da giugno 2017 per sbloccare tutte queste situazioni.
  Sono due, fondamentalmente, le situazioni di blocco che abbiamo trovato, e a volte veramente non si riesce a parlare: tra progettisti, comune e quello che serve a disinquinare, e quindi il sistema agenziale, oggi SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente) o il sistema delle Pag. 20agenzie. Abbiamo trovato un'incomunicabilità, a volte anche di linguaggio. A volte, non c'erano progetti o progettisti molto specializzati, per cui si creava questo blocco.
  Anche per riconoscimento della Commissione europea, che annette grande importanza al sistema agenziale, spesso, anche in situazioni variegate e difficili, dalla Sicilia fino al Veneto, i funzionari e le agenzie hanno fatto veramente da freno, da limite.
  Siamo riusciti ad accelerare molto le bonifiche e le messe in sicurezza quando abbiamo «richiamato» i funzionari dell'Agenzia – abbiamo firmato un protocollo anche con il presidente Laporta dell'ISPRA – che sono venuti ai tavoli. Sin dai primi momenti, infatti, l'Agenzia si deve esprimere, pur nella sua competenza, che le lascia totale autonomia alla fine per dire se il sito era buono o meno, ma si deve esprimere sulla bontà del progetto. Se perdiamo due o tre anni e poi lo sappiamo alla fine, è veramente disastroso.
  Il modus operandi è, quindi, quello di lavorare insieme, di lavorare soprattutto – lo dico con grande umiltà della struttura – senza poteri emergenziali. Il vero potere di questo Commissario sta: nell'Arma, che sicuramente ha una forza di numeri per cui riusciamo a lavorare e a lavorare bene nelle riunioni; nella contabilità speciale, altro punto importante a cui non avevo accennato, nel senso che il commissario è stato dotato in contabilità speciale di 110 milioni di euro per queste bonifiche, che ci siamo ritrovati dai piani che avevano le regioni.
  Abbiamo richiamato qualche fondo che la Sicilia e la Calabria avevano, tra quelli non ancora impegnati, e lavoriamo su 110 milioni. I 110 milioni sono in contabilità speciale, e questo significa, come molte volte ci ricordiamo tra noi, che è una competenza e cassa immediata. A volte, abbiamo trovato che, tra le ragioni per cui non si riusciva a portare a termine queste bonifiche, c'era il fatto che dovevano arrivare i fondi dal Ministero dall'ambiente, da quello alle regioni, che molte volte avevano le loro difficoltà, per cui poi non arrivavano ai comuni.
  Tranne che per queste riunioni e questo lavorare assieme non abbiamo utilizzato il potere di deroga per gli appalti. Per la soglia dei 40.000 euro c'è un cambiamento in atto, ma quella è una soglia importante, che si può sicuramente raggiungere, ma diciamo sempre che i preventivi vanno chiesti. Quanto agli affidamenti diretti, stiamo cercando di fare in modo, almeno nella gestione dei 110 milioni, che almeno i preventivi ci siano. In questo senso non li sta utilizzando il commissario.
  Direi che questo è un quadro il più completo possibile, anche se rapido.

  PRESIDENTE. Questi 110 milioni, che fetta sono? Sono una fetta importante, sufficiente, marginale? Sono cifre congrue?

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Ai 110 milioni aggiungiamo 200 milioni di fondi regionali o fondi europei che le regioni utilizzano e che la norma comunque dice che rimangono in potere alle regioni. Il commissario, però, deve comunque autorizzare il tipo di spesa. Sono, quindi, 110 più questi 200 delle regioni.
  I 110 sono una cifra, almeno per questi 80 siti, di cui ripeto che 36 sono andati via, più che sufficiente. Forse, sbilanciandomi e sbilanciandoci, potrebbero avanzare. Ne saremmo contenti. Sicuramente, quindi, alla domanda rispondo nettamente che sono sufficienti per questa tipologia.
  Almeno la parte essenziale l'avrei finita.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO DEL MONACO. Ringrazio il generale Vadalà dell'esposizione. Inizialmente, si parlava di 200 siti, poi diventati 80. Vedo, ad esempio, nella mia regione, la Campania, che sono tre le province, ahimè quelle che vivo, un po’ più «pulite»: le Pag. 21province di Avellino, Benevento e Salerno. Le due province in cui, invece, sussiste, ed è stato un po’ alla ribalta a 360 gradi, la cosiddetta Terra dei fuochi, sono fuori da questa realtà.
  Sicuramente, non è tra i vostri compiti, ma tutti sappiamo che la regione Campania, e d'altra parte l'Italia, ha dovuto pagare 20 milioni di euro di multa all'Europa, e paga ogni giorno – ogni giorno – 120.000 euro perché non è in linea per la questione dei rifiuti, e anzi un Ministro tempo fa, nel 2014, diceva che ci sarebbero voluti almeno quindici anni per lo smaltimento delle balle, che stanno ancora tutte lì. Le ho riviste qualche giorno fa.
  Vorrei sapere come è stata fatta la scelta tra queste province che per natura – so che anche lì c'è stata una serie di problemi – potrebbero evidenziare minori problemi rispetto a Caserta e a Napoli. Grazie.

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. In effetti, la domanda di chi vive il territorio, di chi lo vive in maniera importante, con tanti fattori che conosciamo, è assolutamente giusta e pertinente. Tra l'altro, è la domanda che a volte i cittadini e gli amministratori fanno giustamente a un Commissario.
  Io ritengo che forse due fattori abbiano influito su questo. Da una parte, ripeto che l'inizio di questo vulnus è stato nei monitoraggi che allora il Corpo forestale dello Stato ha iniziato a fare, incrociando sempre discariche e cave, e soprattutto nelle zone rurali e montane, dove eravamo presenti o siamo ancora presenti.
  La questione, e ho visto anche questo dai documenti, era anche di verificare l'eventuale influenza – questa era la competenza che il Corpo aveva, oltre a quella ambientale – del famoso vincolo idrogeologico, quindi andare a vedere se si impattava con i disequilibri o con gli equilibri delle pendici.
  Penso che questa sia una spiegazione: si è dato risalto più a quelle zone dove evidentemente c'era una montuosità. Dall'altra parte, forse su quelle zone c'è stata una mancanza generale per quelle situazioni e non si è andati minimamente a vedere quello che stava accadendo. Se in quei tempi si fosse andati a vedere quello che stava accadendo, si fosse fatto in montagna come là – alzo le mani se non è stato fatto per altre situazioni – evidentemente non sarebbe accaduto quello che invece purtroppo è accaduto.
  Secondo alcuni, se non ci fosse stato questo monitoraggio, l'Unione europea non avrebbe saputo niente e non ci sarebbe stata la sanzione. Sappiamo bene che questo non è un ragionamento logico, ma illogico. Per fortuna, c'è stato quel monitoraggio: almeno, si è scoperto, e si sta cercando ora di riparare. Laddove non si è visto nemmeno, è successo quello che è successo.
  Ritengo che nella maggior parte dei casi sia comunque stato quello, un peccato originale di andare a vedere solo la montuosità in quelle zone. Questo ha fatto mancare un bersaglio importante che allora c'era. Ora si tratta di dati che l'ISPRA comunica continuamente. I siti nazionali sono quei 41, per circa 170.000 ettari. I nostri sono 80, ma sono 127 ettari, poca cosa. Poi ci sono questi 22.000 siti che l'ISPRA dice che esistono di discariche abusive. Su 11.000 si sta lavorando, le regioni stanno lavorando. Leggevo che la Lombardia ne ha circa 5.500. Ci sono poi le altre su cui non si sta lavorando.
  Quella mancanza di monitoraggio che lei giustamente ha rilevato è stata un peccato che ci si è trascinati dietro, questo sì, penso per questa motivazione.

  VINCENZO D'ARIENZO. Mi solleva una cosa che apprezzo: l'esperienza del Corpo forestale continua, e anche bene, all'interno dell'Arma dei carabinieri. Ricordo le difficoltà che ci sono state nel momento in cui c'è stato l'approccio e poi la decisione rispetto a questo provvedimento di recente attuazione.
  Mi permetto anche un apprezzamento per l'approccio nel momento in cui lei ha fatto riferimento alla soglia del codice degli appalti, portata da 40.000 a 150.000, ma ho capito che nel vostro modus operandi c'è comunque un approccio di un certo tipo, Pag. 22come quello, anche nell'affidamento diretto, di chiedere più preventivi. Questo mi fa dire, rispetto alle cose che abbiamo dibattuto anche in questi giorni, oltre che nella legge di bilancio, che anche se il codice non lo prevedesse, le persone perbene sanno sempre come comportarsi. Lo dico a beneficio di tutti, ovviamente non solo per quanto riguarda voi stessi.
  Avrei fatto una domanda, ma il presidente mi ha anticipato, sui fondi. La mia domanda sarebbe stata anche un'altra: dove vanno a finire i soldi che fate risparmiare al nostro Paese? Non è il caso di portarli al vostro ente?
  Passo alle questioni che invece restano in campo. Mi pare di aver capito che lei abbia fatto riferimento a delle criticità importanti nelle Conferenze di servizi per procedere alle bonifiche. Sarebbe utile, poi approfondiremo nel corso dei lavori della nostra Commissione, quali sono le best practice che suggerite perché anche qualche norma possa essere cambiata per dare una mano.
  La seconda domanda è: chi decide se la discarica abusiva rientra nelle vostre competenze? Ogni giorno, leggiamo dai giornali, come pochi giorni fa in riferimento alla mia provincia, di scoperte di discariche abusive di prodotti post lavorazione in agricoltura. Prima che quel sito arrivi a voi, chi decide quali sono le caratteristiche perché arrivi a voi? Quali sono le caratteristiche fondamentali perché poi si provveda alla bonifica attraverso di voi?

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Parto da quest'ultima. Per mandato ci stiamo occupando in forma commissariale, intervenuta solo perché c'è stata un'infrazione e solo perché c'è stata una sentenza della Corte di giustizia europea, su questi 80 siti residui, che quindi facevano parte di un dispositivo di sentenza. Erano 200, poi il Ministero dell'ambiente ha lavorato. In questo caso, l'oggetto del nostro mandato è semplice, sono questi 80 siti.
  Rimangono sul territorio migliaia di siti, a parte i SIN, delle zone casertane e napoletane, come di tante altre, che effettivamente ci interessano. A volte chiedono perché non facciamo. Questo forse si ricollega alla prima domanda della Conferenza di servizi.
  Credo, ma mi esprimo sulla base del dato esperienziale da operatore di servizio, quindi al di fuori di qualunque opinione che non attiene a me, che il metodo collegiale della Conferenza di servizi è un po’ come quello della soglia: se attuato, se messo in campo bene, è un elemento di grande forza. Si acquisiscono pareri assolutamente interessanti, ma anche condivisi, ciò che fa arrivare all'obiettivo un po’ più facilmente, senza escludere nessuno.
  Ci si chiede perché siano rimasti tanti siti fermi senza che si mettessero a regime. Come dato esperienziale, allora non si sapeva come smaltire i rifiuti, e quello era il male minore in un certo senso. D'altra parte, magari si credeva di non dover disinquinare la discarica più vecchia. Sicuramente, da parte degli enti territoriali, che a volte non hanno proceduto velocemente, c'è stata un po’ di superficialità.
  Inoltre, abbiamo visto che nei comuni le parti amministrative non sono molto forti, come numero e forse a volte come qualità. In alcuni casi, quello che ha fatto scattare è che qualunque bonifica, se si vuole farla, si deve farla con il sistema nazionale di protezione ambientale, cioè con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, ufficiali pubblici professionisti che, a parte certificare, capiscono effettivamente se lo 0,1 di berillio, di cadmio, di qualunque cosa, sia un problema o meno, se quel valore di fondo sia un problema o meno.
  Tornando alle Conferenze di servizio, sicuramente sono di grandissima utilità, però non possono rimanere ferme. Il nostro impegno è quello che, comunque, o A o B, la Conferenza può essere rimandata di una settimana, forse di un mese se dobbiamo fare approfondimenti tremendi, ma alla fine deve chiudere, non può stare ferma.
  In questa situazione, quello che ha anche funzionato, a parte l'apporto di questa struttura, è stato innanzitutto l'interessamento Pag. 23 della Corte dei conti, che c'è, anche se non in tutte le regioni, ma in molte regioni, su questa vicenda. C'è anche la questione della rivalsa, meccanismo in atto. Mi sembra che nel precedente Governo – non ricordo se fosse gennaio dello scorso anno, all'incirca – sia stata attivata questa rivalsa dello Stato sulle regioni e le regioni sui comuni, perché evidentemente qualcosa si doveva fare. La cosa più grave di tutte è che dal 2003 al 2014 il sito è rimasto fermo. Ci sono stati casi in cui, se un impegno c'era si poteva far prima. Questa rivalsa preoccupa i comuni, e quantomeno per assurdo un'accelerazione c'è stata.
  Non so se ho risposto in maniera esaustiva, ma la Conferenza di servizi è utile, per i motivi detti, ma devono essere fatte, non so se richiamando a una responsabilità o a un meccanismo per cui dopo un tot evidentemente si deve prendere una decisione.
  Sicuramente le bonifiche hanno bisogno dell'ARPA, altrimenti rimangono due mondi che non si parlano, che si scontrano. In molti casi, un altro organismo coordinatore a funzionare potrebbe essere la regione. Se la regione fa da ausilio in molte situazioni in cui i comuni veramente hanno difficoltà, può essere positivo.
  L'altra cosa che posso dire è che, al di là della questione del Commissario, un qualunque organismo che faccia da sintesi può essere utile.

  PRESIDENTE. Ovviamente, scendere nel dettaglio in quest'audizione è difficile. I siti sono tanti.
  Noi affronteremo anche tematiche regionali, andremo in Calabria, e mi viene in mente la discarica di Amantea, di Cosenza, dove è stato smaltito il carico della Jolly Rosso. Potrebbe darci qualche ulteriore approfondimento. Comunque, per ogni area geografica che affronteremo magari ci teniamo in contatto per un approfondimento specifico. Mi viene in mente anche la cava di Piana Perina a Riano, coi suoi 20.000 fusti. C'è stato anche un registro per le malattie leucemia e cancro. C'è la discarica Puglianello, a Benevento, dove hanno vinto i fratelli Pellini: come è stato possibile questo, essendo vicino ai Casalesi?
  Infine, come già accennava l'onorevole D'Arienzo, di discariche sotto procedura di infrazione ce ne sono tante. Recentemente, è stata segnalata anche quella di Aprilia, dove ci sono dei fusti interrati, che però non fa parte di quelle sotto procedura di infrazione. Mi viene in mente anche la discarica di Malagrotta, dove è stata temporaneamente chiusa la procedura di infrazione, ma visto che non si è proceduto alla bonifica del sito, basta un semplice aggiornamento, una segnalazione dei cittadini, eventualmente, per riaprire un'altra procedura d'infrazione.
  Vorrei sapere se si sta lavorando anche a questi siti a margine, che sono comunque, soprattutto quella di Malagrotta, delle discariche grandi.

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Rispondendo alle domande del presidente, anche a integrazione di quella dell'onorevole, posso dire che so come pervengono questi siti. Penso sia anche informazione comune che ci sono rischi di infrazione per altri siti che il Ministero dell'ambiente sta gestendo. Sono 41 siti, soprattutto in Basilicata, che potrebbero andare in infrazione, non per violazione di queste normative, ma di altre. È una delle possibilità. Teoricamente, spereremmo di no, ma così potrebbe essere, sia per l'importanza, sia un po’ per le tipologie, Malagrotta.
  Alla fine di ogni anno, abbiamo un incontro con la struttura di Bruxelles, della DG Ambiente, che controlla questi nostri dossier, e tra l'altro controlla tutte le infrazioni comunitarie ambientali, e quindi anche i 120.000 euro al giorno che l'onorevole richiamava. Quel dossier è in mano a loro, e infatti ogni tanto chiedono di questa situazione.
  Anche Malagrotta è o potrebbe essere a rischio di infrazione. La discarica ha questo problema che non si riesce a chiudere, il post mortem ancora non si sta attuando. Teoricamente, se seguiamo gli indici per cui queste discariche sono andate sotto infrazione, ammesso che Malagrotta o altri siti Pag. 24non si riuscissero a chiudere, l'Unione europea ci chiederebbe perché per discariche così importanti non riusciamo a fare il post mortem o a bonificarle, a tirare fuori tutti i rifiuti, a dare sicurezza a una certa situazione.
  Indubbiamente, quella di Malagrotta è una situazione che la DG Ambiente, la Commissione europea, hanno non dico all'ordine del giorno, ma hanno attenzionato, sempre perché siamo un Paese membro e dobbiamo chiudere le discariche come la normativa europea richiede. Malagrotta potrebbe essere una di queste. Non ce ne occupiamo, però è una situazione che potrebbe venire all'occhio. Poi conosciamo l'estensione degli ettari, le problematiche di percolato. È una situazione da attenzionare.
  Di Amantea non parliamo. È uno di quei siti – ci sono atti di Commissione – in cui potrebbe... Se si dice «potrebbe», è ovvio che questa struttura commissariale non può non cercare di mettere in atto tutto quello che è possibile per capire. Quello è un sito che si deve bonificare o mettere in sicurezza. Sinceramente, sarebbe l'ultimo dei miei intendimenti, tra dieci anni, sentirmi dire che sotto Amantea c'era lo sproposito di rifiuti. Allora, abbiamo cominciato ad approfondire Amantea. Stiamo iniziando a muoverci e, prima di fare degli scavi, a capire che siano in sicurezza le persone che intervengono.
  Quello che forse possiamo aggiungere è che su Amantea, come su altri due siti, abbiamo fatto intervenire l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che almeno ci dica se ci sono rifiuti ferrosi. Può non voler dire niente, ma se già ci dicono che ci sono delle macchie ferrose estese, qualcosa ci dice.
  Amantea è, quindi, molto attenzionata. Ci stiamo muovendo anche con la procura, ovviamente. Dobbiamo fare il possibile. Al di là del fatto che quest'ufficio rimane a disposizione della Commissione per tutto, ma su Amantea in particolare ci serve proprio particolare attenzione anche da parte della Commissione, se mi posso permettere.
  Quella di Riano è l'altra grande questione attenzionata, che va avanti da molto, per quello che mi riguarda già da ventott'anni, da quando, prima che per i Carabinieri forestali, lavoravo per il Corpo forestale, e Riano sta là, tra Tiberina e Flaminia con quest'interramento di rifiuti. Negli anni, sono stati portati fuori i fusti. Abbiamo portato fuori, almeno da quando siamo intervenuti noi, un altro numero di fusti. Stiamo lavorando in maniera pedissequa per dare certezza, nel momento in cui si ricoprirà, che là effettivamente non ci siano inquinanti, almeno nella zona di bonificare, nel sito che ci è stato assegnato.
  Stiamo lavorando anche alla questione delle falde. C'è qualche limite superato nelle falde: c'è da capire se questo limite che supera proviene dalla discarica o da altre cose. Anche a questo la procura si è interessata. E noi stiamo lavorando su quel sito.
  Certo, a volte capita anche una cosa che devo dire. Noi lavoriamo sul sito che ci è stato assegnato dalla Corte di giustizia europea: se nelle vicinanze avessimo sentore che ci sono altre situazioni, comunque facciamo la segnalazione. Riano è un'altra grande questione.
  Anche quella dei Pellini è una questione su cui stiamo lavorando. Le attenzioni massime ci sono. Si sta lavorando per capire questa situazione. L'abbiamo attenzionata.

  FABRIZIO TRENTACOSTE. Ringrazio il generale Vadalà e i rappresentati dell'Arma, la cui presenza ci è di conforto, anche perché è testimonianza di un'attenzione capillare sul territorio e del lavoro che siete chiamati a svolgere.
  Partendo dai dati contenuti in una tabella nella relazione che ci avete consegnato, con riferimento alla Sicilia vedo una percentuale interessante di siti regolarizzati, e ancora più interessante dei siti che ci si propone di regolarizzare entro la fine di quest'anno.
  È terribile la situazione, che mi viene anche testimoniata da alcuni colleghi parlamentari, relativa alla Calabria, ma mi lascia anche qui ben sperare che l'azione entro la fine di quest'anno possa essere portata avanti in misura adeguata. Pag. 25
  Partendo da queste realtà territoriali, mi chiedo e vi chiedo: nella vostra azione, qual è il livello di collaborazione da parte dei comuni e degli enti locali in generale, soprattutto da parte degli organi tecnici? Metto in mezzo anche il Genio civile e a latere, considerando parte essenziale la società civile, la collaborazione, se esiste, da parte degli ordini professionali, come quello dei geologi.
  Penso, per esempio, alla mia realtà territoriale, alla provincia di Enna: per quanto piccola, una provincia sostanzialmente montana, conta ben 32 corpi di discarica abbandonati, che continuano ad avere una rilevanza di criticità sul piano ambientale con emissioni di percolato. Penso anche a siti minerari dismessi, purtroppo non ancora censiti, che sono diventati siti di discariche abusive di cui non si sa neanche quale possa essere il contenuto. E questo accade in una Sicilia molto variegata, che vede anche esempi di discariche all'interno di siti industriali ancora oggi in uso. Di questa realtà variegata, però, spesso non abbiamo, se non magari per notizie di carattere giornalistico, piena contezza.
  Allora, è rilevante lì il ruolo che possono avere gli enti locali, ovvero gli attori che a livello territoriale hanno un ruolo e una maggiore conoscenza del territorio. Grazie.

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. In effetti, è più che calzante l'esperienza di lavoro con i comuni, intanto con i comuni e con la regione. Con gli enti territoriali è stata quasi sempre molto buona.
  Organi tecnici che – lasciatemi passare il termine, giusto per capire – si sono messi «di traverso», che proprio non hanno collaborato e non vogliono collaborare, sono pochissimi. Abbiamo tracciato e rintracciato molte persone che, nel momento in cui si interviene, nel momento in cui si vede che cosa si deve fare e si vuole fare, ci hanno messo del loro. La Sicilia in questo non si differenzia da altre regioni.
  Si sta procedendo, come ha visto anche dalla tabella, discretamente, siamo quasi a metà.
  Quello di Augusta è molto importate, ma la situazione è anche molto complessa, però sugli altri si sta procedendo. Anche là ci sono delle situazioni di accertamento delle responsabilità e forse anche un po’ di livello criminale su qualche sito cui stiamo dando spazio e fuoco, se così possiamo dire. Però, con la regione e con i comuni si sta procedendo discretamente bene. Da questo punto di vista, volendo focalizzare molto la Sicilia, va bene.
  Per quanto riguarda gli ordini professionali, ha assolutamente ragione. Proprio in questi giorni, abbiamo avuto un incontro per verificare possibili collaborazioni con il consiglio nazionale degli ingegneri, che però vede anche architetti e geologi.
  Ricollegandomi alla domanda sulle best practice, quello dei progettisti è un punto essenziale per due motivi. Se non fanno barriera loro di fronte alle illegalità, se non fanno i preventivi, dove andiamo? Saranno scelti sempre gli stessi. Uno, quindi, è questa barriera fondamentale. L'altro è rappresentato dall'innovazione. Il fatto che a volte si tende a restringere la concorrenza porta il fatto che, nonostante le innovazioni e le migliorie di chi lavora bene, poi quello non riesce a entrare. Sono importanti, quindi, i progettisti, sono importanti eventuali collaborazioni, anche con l'ordine dei geologi, che sono i primi nella materia. Molte professionalità dentro l'ISPRA sono geologi. È una delle questioni fondamentali per poter meglio mandare a regime queste situazioni.
  Stiamo operando in provincia di Enna, sul sito di Leonforte, con la CUC (Centrale unica di committenza) dei monti Erei, che ha delle difficoltà, ma insite. Una cosa importante da ricordare è che, nel passaggio dal vecchio al nuovo codice degli appalti, è ovvio che qualche difficoltà si stia scontando, ma tutto può essere messo in atto.
  Come scelta, dove queste stazioni appaltanti sono quelle territoriali, perché no? E anzi ci aiutano a fare meglio. Certo, dove ci sono, e purtroppo le abbiamo riscontrate, o Pag. 26perdite di tempo, superficialità, o procedure disinvolte, le mettiamo da parte. La situazione siciliana è questa.
  Quella calabrese, a cui ha accennato, sicuramente è più imponente, perché è quella dal numero maggiore, 22. Quest'anno, speriamo, di queste 20 su cui stiamo lavorando, che almeno 10 siano calabresi. È una situazione sicuramente di particolare difficoltà per la numerosità. Sono tutte piccole discariche, microdiscariche. Ogni paese buttava rifiuti giù nei valloni e così finiva. Andando a vedere i siti, abbiamo trovato impervi abbancamenti di rifiuti, alcuni sono anche crollati. Stiamo lavorando su uno in Abruzzo, dove veramente avevano fatto cose da pazzi, che non poteva proprio stare in piedi. Capisco che a volte, e alzo le mani, delle difficoltà per i sindaci devono esserci state a quel tempo, ma alcune situazioni, a parte ovviamente essere da non ripetere, non dovevano proprio nascere. Sono veramente ai limiti.

  MARZIA FERRAIOLI. Io sono arrivata in ritardo, chiedo scusa. Può darsi che mi sia sfuggito un argomento che mi interessa, ma i siti occulti esistono o no? I siti occulti potrebbero essere capannoni industriali che vengono costruiti come capannoni industriali, poi acquistati magari all'asta, per poi avere una destinazione – mi si dice – diversa. Non sono, quindi, discariche controllate in ragione dell'effrazione, quindi non è la discarica che poi devia verso rifiuti tossici. Sono siti nascosti, mi si dice.
  C'è già stata una ricognizione su quest'aspetto, che pare sia moderno, attuale e incalzante, oppure no?

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Forse, posso dire un'unica cosa per mettere a fuoco. Sono quasi sicuro che, quando l'ISPRA parla di 22 mila siti sul territorio nazionale, si riferisca a siti non occulti, ma a siti alla luce del sole. Sicuramente, c'è questa situazione di siti occulti.

  MARZIA FERRAIOLI. Sono siti, insomma, non...

  GIUSEPPE VADALÀ, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento alla normativa vigente delle discariche abusive presenti sul territorio nazionale. Sì. Non solo le cronache, ma ormai anche le vicende arcinote degli incendi hanno portato alla luce che, evidentemente, esistono.
  Da questo punto di vista, se quello degli anni Sessanta e Settanta poteva essere un fenomeno di smaltimento casareccio – non so dove metterli e li butto là, lontano dalla città – oggi quest'occultamento, a parte quello delle province di Caserta e Napoli, indubbiamente criminale, più mirato, meriterebbe, ma non sta a me dirlo, un monitoraggio forse più continuo, che sicuramente si fa.
  Quello che, però, mi verrebbe da dire, sempre per esperienza, è che i monitoraggi, la prevenzione, il conoscere, sono totalmente essenziali in queste situazioni. Il nostro è un Paese che produce molti rifiuti, forse al pari di altri Paesi, ma ha ancora qualche problema dal punto di vista dello smaltimento. Per non arrivare a questi siti, servirebbe un'opera di monitoraggio continuo e capillare, fatta come allora dal Corpo forestale, oggi dalle regioni – può essere fatta, però, anche da altri organismi – almeno per conoscere e prevenire, questo sì.

  MARZIA FERRAIOLI. Aggiungo che era, chiaramente, una domanda retorica. Do per certo, e lei me lo conferma, che queste cose esistono. Era una domanda retorica, ma volevo che lei mi confermasse. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio per la disponibilità a illustrare questa relazione generale. Ringrazio per il prezioso lavoro svolto. Spero di poter collaborare a mano a mano ad aggiornamenti e specificità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.