XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 3 luglio 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Borghi Claudio , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Borghi Claudio , Presidente ... 3 
Marattin Luigi (PD)  ... 3 
Borghi Claudio , Presidente ... 3 
Lorenzin Beatrice (Misto-CP-A-PS-A)  ... 3 
Borghi Claudio , Presidente ... 3 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 4 
Borghi Claudio , Presidente ... 8 
Faro Marialuisa (M5S)  ... 8 
Misiani Antonio  ... 8 
Mandelli Andrea (FI)  ... 9 
Lorenzin Beatrice (Misto-CP-A-PS-A)  ... 9 
Marattin Luigi (PD)  ... 10 
Fassina Stefano (LeU)  ... 11 
Crosetto Guido (FDI)  ... 12 
Pella Roberto (FI)  ... 13 
Borghi Claudio , Presidente ... 13 
Pichetto Fratin Gilberto  ... 13 
Ferrero Roberta  ... 13 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 14 
Prestigiacomo Stefania (FI)  ... 15 
Borghi Claudio , Presidente ... 15 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 15 
Borghi Claudio , Presidente ... 21 

ALLEGATO: Testo dell'intervento depositato dall'onorevole Pella ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE CLAUDIO BORGHI

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
  Do il benvenuto al Ministro Tria, ricordando che con la sua audizione si aprono i lavori della Commissione bilancio della Camera.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni, avverto che dopo l'intervento del Ministro saranno iscritti a parlare per ciascun gruppo fino a un massimo di tre oratori per un tempo globale massimo di nove minuti, quindi i gruppi possono scegliere se fare intervenire un unico oratore oppure dividere il tempo a disposizione in tre interventi. Invito, infine, i rappresentanti degli omologhi gruppi di Camera e Senato, d'intesa fra loro, a far pervenire al banco della Presidenza, durante lo svolgimento della relazione da parte del Ministro, i nominativi dei componenti del proprio gruppo destinati ad intervenire.

  LUIGI MARATTIN. Presidente, contesto questo irrigidimento irrituale dei lavori, perché trattasi di audizione che non ha seguito in Aula. È la prima audizione del Ministro Tria sulle linee programmatiche del suo dicastero e mi sembra non razionale limitare in questo modo il dibattito. Per di più non è stata una decisione presa durante l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che si è svolto la settimana scorsa, quindi le chiederei cortesemente di riconsiderare questo irrituale irrigidimento del dibattito.

  PRESIDENTE. Onorevole Marattin, la ringrazio. Pensavo di essere venuto discretamente incontro a lei e al suo gruppo, nel senso che l'idea iniziale, vista la contingenza, era di far intervenire un solo oratore per gruppo, poi su sua richiesta ho consentito fino a tre interventi, direi che probabilmente può andare bene così.

  BEATRICE LORENZIN. Poiché ci rendiamo conto che si tratta di un'occasione estremamente importante per ascoltare il Ministro, più che contingentare il numero degli interventi, propongo di dare un tempo per le domande e gli interventi e poi un tempo per le risposte, in modo tale che possiamo gestire in modo compiuto il dibattito.
  Credo che sia un'occasione per tutti per approfondire le linee programmatiche che il Ministro ci presenta.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Lorenzin, ho appunto dato un tempo: nove minuti per un oratore oppure divisi per tre oratori. Pag. 4
  Cedo ora la parola al Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, signor presidente Pesco, signor presidente Borghi, grazie a tutti gli onorevoli deputati e senatori presenti. Vi ringrazio perché in questo momento ho la possibilità di presentare le linee programmatiche del Ministero che ho l'onore di guidare. È un'occasione importante per illustrare i contenuti dell'azione di impulso che intendo imprimere, al fine di contribuire ad attuare le riforme previste nel programma di Governo.
  Inoltre, questa audizione mi consente di aprire un positivo e costruttivo dialogo con il Parlamento, in vista della sessione di bilancio. In questo mio intervento introduttivo non intendo dilungarmi eccessivamente per lasciare spazio alle domande, quindi su molti punti sarò sintetico. Dico subito quali saranno i punti qualificanti delle linee strategiche che mi accingo a illustrarvi, linee strategiche che rappresentano la direzione in cui il Ministero intende operare.
  Ovviamente il primo punto qualificante, che è un obiettivo dell'intero Governo, è il perseguimento prioritario della crescita dell'economia in un quadro di coesione e inclusione sociale. Questo obiettivo sarà perseguito all'interno di una politica di bilancio caratterizzata dalla continuazione della riduzione del rapporto debito/PIL, come più volte detto non solo da me, ma anche dal Presidente del Consiglio. Inoltre, intendiamo muoverci in una direzione per cui non vi sarà un peggioramento del saldo strutturale. Questo significa che stiamo stimando quale sarà l'aggiustamento strutturale, ma ciò certamente non comporterà un peggioramento del saldo strutturale.
  L'altra linea strategica riguarda il non aumento della spesa nominale di parte corrente, e quindi, di conseguenza, la ricomposizione della spesa, riducendo la quota di spesa corrente rispetto alla spesa in conto capitale, che evidentemente dovrà aumentare. Questa strategia richiede di muoversi su due fronti, come ho già avuto occasione di dire: da una parte, attuare le riforme strutturali previste nel programma di Governo, dall'altra, attivare uno stimolo endogeno di crescita per non limitarci a subire passivamente gli shock positivi o negativi che vengono dalla congiuntura internazionale.
  Per illustrare questi punti strategici il mio intervento toccherà i seguenti punti: andamento dell'economia, quadro tendenziale di finanza pubblica, elementi di valutazione per il quadro programmatico e linee strategiche di intervento.
  Come sapete già, il Governo pubblicherà le nuove previsioni ufficiali entro il 27 settembre, quando verrà approvata la Nota di aggiornamento al DEF 2018. Durante i quasi tre mesi che ci separano da quella data verranno rilasciati diversi dati statistici, che potrebbero cambiare le nostre attuali valutazioni.
  Come sapete, la previsione di crescita del PIL reale pubblicata nel DEF era dell'1,5 per cento per l'anno in corso, 1,4 per il 2019, 1,3 per il 2020, per poi scendere a 1,2 negli anni successivi. Ricordo, in ogni caso, che si tratta di previsioni prudenziali anche se validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio; si tratta di previsioni a legislazione vigente, che quindi scontano gli aumenti delle aliquote IVA a inizio 2019 e poi nel 2020, quindi un'azione restrittiva, e sono previsioni effettuate nel mese di marzo, quindi in parte datate od obsolete.
  Per passare dalla previsione tendenziale del DEF 2018 a quella programmatica nella Nota di aggiornamento dovremmo, quindi, compiere due passi. Il primo è ovviamente l'aggiornamento della previsione tendenziale, il secondo è la formulazione di uno scenario programmatico. Quest'ultimo verrà attuato con la legge di bilancio 2019, che il Governo dovrà trasmettere al Parlamento entro il 20 ottobre, dopo averne comunicato le linee essenziali alla Commissione europea entro il 15 ottobre.
  Prima di entrare nel dettaglio vorrei premettere che le condizioni di salute dell'economia e della finanza pubblica italiane sono in realtà buone. L'economia, seppure a ritmi non del tutto soddisfacenti – rimaniamo sempre un punto sotto la media europea – presenta tassi di crescita positivi. Gli ultimi dati del mercato del lavoro Pag. 5sono positivi per l'occupazione, anche se aspettiamo di ricevere i dati sulle ore lavorate che, come sapete, sono essenziali per consentirci di valutare sia la crescita del PIL, sia il tipo di inclusione reale degli occupati nell'attività lavorativa.
  Anche il fabbisogno del settore statale del primo semestre dell'anno in corso è in riduzione rispetto al dato dell'anno precedente per il periodo corrispondente (gennaio-giugno 2017).
  Pur in un quadro generale positivo, tuttavia gli indicatori economici più recenti suggeriscono che la crescita dell'economia italiana sia continuata fino a tutto il secondo trimestre, ma ad un ritmo lievemente inferiore rispetto a quello medio registrato nel 2017, e le stime interne più recenti pongono la crescita congiunturale del secondo trimestre a un ritmo analogo a quello del primo, quindi vi sono rischi di una moderata revisione al ribasso della previsione di crescita nel 2018.
  I motivi principali del lieve rallentamento della crescita sono da rintracciarsi nel rallentamento della produzione e nella riduzione delle esportazioni. Il rallentamento dei consumi in Paesi quali gli Stati Uniti appare come una delle cause principali della flessione delle esportazioni italiane. Si è anche notato un minore dinamismo delle esportazioni di beni strumentali, e ciò è coerente con un rallentamento degli investimenti nei Paesi di destinazione delle nostre esportazioni. Dobbiamo anche considerare che l'imposizione di dazi su acciaio e alluminio da parte degli Stati Uniti e le ulteriori misure protezionistiche successivamente annunciate da Stati Uniti e Cina preoccupano le imprese e possono portare a revisioni al ribasso dei programmi di investimento.
  Desta, inoltre, forte preoccupazione il possibile allargamento delle misure protezionistiche degli Stati Uniti nei confronti dell'industria dell'auto europea. Come voi sapete, nella filiera della produzione automobilistica l'Italia è molto implicata anche per quanto riguarda la produzione tedesca.
  In sintesi, l'Italia è un grande Paese esportatore e il libero commercio internazionale è, quindi, una condizione fondamentale affinché la crescita della nostra economia continui. Siamo esposti non solo all'effetto diretto, ma anche a quello indiretto del protezionismo ed è pertanto nel nostro interesse operare affinché non si arrivi ad una guerra commerciale globale.
  I dati ISTAT relativi al primo trimestre del 2018 mostrano anche un rallentamento della crescita degli investimenti e un moderato incremento dei consumi. I piani di investimento delle imprese per il 2018 restano tuttavia positivi e rimane alta anche la fiducia dei consumatori italiani. In generale, la fiducia delle imprese è tuttora in espansione. Dico questo perché vi sono i presupposti per operare per un rafforzamento della crescita, questione cruciale per l'economia italiana.
  Nella Nota di aggiornamento, in particolare nel capitolo dedicato all'aggiornamento del Programma nazionale di riforma, ribadiremo comunque che uno degli obiettivi chiave del Governo è elevare il tasso di crescita dell'economia italiana in un quadro di sostenibilità sociale ed ambientale.
  Come accennavo in precedenza, il primo passo per la definizione della programmazione delle finanze pubbliche è l'aggiornamento del quadro tendenziale. Per quanto attiene all'anno in corso, l'andamento della finanza pubblica nella prima parte dell'anno è stato sostanzialmente in linea, anzi migliore, delle proiezioni contenute nel DEF. I dati sul fabbisogno di cassa nonché l'andamento delle entrate tributarie suggeriscono che il trend positivo della finanza pubblica dovrebbe continuare nel secondo trimestre.
  L'andamento del saldo di bilancio nella seconda metà dell'anno dipenderà anche, come già accennato, dal mantenimento di una buona crescita dell'attività economica e dell'occupazione e anche dal livello dei rendimenti dei titoli di Stato che saranno in emissione.
  Nel complesso, valutiamo ancora possibile chiudere il 2018 con un indebitamento intorno al livello programmato e confermato nel DEF. Siamo, quindi, fiduciosi che i dati a consuntivo del 2018 mostreranno Pag. 6un percorso macroeconomico di finanza pubblica in linea con questo obiettivo.
  Dalle mie prime interlocuzioni con la Commissione europea credo di poter dire che anch'essa è orientata ad aspettare i dati a consuntivo, soprattutto alla luce dell'incertezza sulla stima del gap, quindi del deficit strutturale. Pertanto, non è intenzione del Governo adottare alcuna misura correttiva in corso d'anno, così come è anche nostra intenzione evitare misure che possano peggiorare i saldi di finanza pubblica del 2018.
  Riteniamo che la previsione a legislazione vigente del DEF 2018 rispetto agli anni successivi, in particolare per il 2019, implichi un aggiustamento troppo drastico e non riteniamo utile adottare politiche che si possano rivelare pesantemente procicliche qualora si riscontrasse un effettivo rallentamento della crescita per effetto di variabili essenzialmente esogene, legate all'andamento dell'economia internazionale. Ciò fermo restando l'obiettivo di assicurare il calo del debito in rapporto al PIL e quello che ho definito il «non peggioramento del deficit strutturale».
  Abbiamo avviato un dialogo con la Commissione europea con l'intento di fissare un obiettivo di deficit coerente con l'obiettivo del Governo di favorire la crescita e l'occupazione. Il Governo si adopererà per ottenere dalle autorità europee e da questo Parlamento lo spazio necessario per attuare i principali punti qualificanti del programma di Governo tracciato dal Presidente del Consiglio nel suo discorso inaugurale.
  Voglio sottolineare in questa sede che la necessità che si prosegua nel processo di riduzione del debito pubblico e che non peggiori il saldo strutturale, in altri termini che non si abbia alcuna inversione di tendenza nel percorso di aggiustamento strutturale, deriva principalmente non dagli impegni europei, pur importanti, ma dalla necessità di mantenere e rafforzare la fiducia degli investitori internazionali e anche nazionali nei confronti dell'economia italiana.
  La risposta dei mercati finanziari alle nostre decisioni di politica di bilancio dipenderà non solo dai livelli di deficit prescelti, ma anche dalla composizione del bilancio e dalla qualità delle nuove misure di politica economica. Se esse perseguiranno credibilmente una crescita più elevata ed anche più equilibrata ed inclusiva, vi sarà maggiore propensione a finanziare il nostro debito pubblico, quindi i rendimenti sui titoli pubblici risulteranno inferiori, e questo sarà a beneficio dell'intera economia.
  La Nota di aggiornamento al DEF conterrà un aggiornamento del Programma nazionale di riforma. L'elaborazione di questo aggiornamento coinvolgerà evidentemente tutti i Ministeri e le amministrazioni competenti.
  Alla luce del programma di Governo e della necessità di migliorare la competitività dell'economia italiana ritengo di richiamare tre punti che valuto prioritari per l'azione del mio Ministero: inclusione sociale e politiche attive del lavoro, con una particolare enfasi sul contrasto alla povertà e all'inserimento nel mercato del lavoro; riforma delle imposte dirette con l'obiettivo prioritario di ridurre gradualmente il carico fiscale sui redditi più bassi e medi e sulla piccola impresa; rilancio degli investimenti pubblici non solo tramite maggiori risorse di bilancio, ma andando anche a rimuovere gli ostacoli burocratici e le debolezze organizzative che li hanno frenati negli ultimi anni.
  Come ho più volte sottolineato anche in Parlamento, ritengo importante che si mettano in campo azioni volte a sostenere gli investimenti, sia pubblici che privati, e a permettere che la composizione dei bilanci pubblici, pur rispondendo ai princìpi di responsabilità fiscale, favorisca crescita, occupazione, inclusione. Ciò consente di perseguire una crescita inclusiva ed equa, guardando sia alle generazioni presenti, in particolare a quelle più giovani, sia, come ho detto altre volte, alle generazioni future. Puntare sullo stimolo endogeno alla crescita, basato su investimenti pubblici e su quelli privati trainati dai primi, significa affrontare il tema dell'occupazione di oggi e, al tempo stesso, costruire una capacità produttiva addizionale, di cui beneficerà il Pag. 7lavoro delle generazioni future: si tratta di un concetto che ho già affermato, ma tengo sempre a ripetere.
  In relazione alle priorità richiamate per l'azione del Ministero dell'economia e delle finanze, quindi alle tre priorità che ho citato tra le altre, saranno istituite tre task force in materia di welfare, di fisco e di investimenti pubblici, d'intesa con tutti i Ministeri interessati. La prima avvierà una due diligence sulla spesa relativa alle politiche di welfare in vista degli obiettivi di riforma. L'obiettivo è raccogliere gli indispensabili elementi informativi per poter poi studiare soluzioni adeguate allo scopo.
  Ho già detto più volte che assicurare un reddito dignitoso a chi è temporaneamente in stato di disoccupazione o che per vari motivi ha difficoltà ad entrare o rientrare proficuamente nel mondo del lavoro è condizione essenziale per consentire, in un quadro di stabilità sociale, i processi di innovazione tecnologica e ristrutturazione produttiva, che sono resi necessari dalle sfide del progresso scientifico e anche dalle sfide dettate dalla necessità della salvaguardia ambientale, quindi profondi elementi di ristrutturazione produttiva.
  Sappiamo tutti, inoltre, che il mantenimento di mercati aperti è connesso alla capacità dei sistemi di welfare di fronteggiarne le complesse implicazioni in un contesto di coesione sociale. Un ruolo centrale in questa strategia avrà il reddito di cittadinanza, volto a contrastare le sacche di povertà presenti in Italia tramite interventi non assistenziali, bensì indirizzati all'integrazione del mercato del lavoro.
  La seconda task force in materia fiscale analizzerà i profili di gettito e distributivi connessi alle ipotesi di riforma in direzione della flat tax, in un quadro coerente di politica fiscale. Ricordo che la semplificazione del sistema fiscale e la progressiva riduzione della pressione fiscale programmata, ovviamente in linea ad un andamento coerente della spesa pubblica, sono da tempo considerate parte essenziale della creazione di un ambiente pro-crescita, anche in linea con le raccomandazioni generali più volte espresse dalla Commissione europea e anche da istituzioni internazionali come l'OCSE.
  Sul fronte degli investimenti pubblici è necessario contrastare con forza le dinamiche negative degli ultimi anni. Forse è inutile che ricordi i vari dati, ma il quadro dei pagamenti per investimenti fissi lordi nel settore pubblico nel triennio 2015-2017 mostra una significativa contrazione, passando da 25 a 20 miliardi di euro nel 2017, ma, se guardiamo a un orizzonte più ampio, possiamo vedere che gli investimenti, soprattutto quelli degli enti territoriali, hanno subìto una contrazione quasi del 50 per cento dal 2008 al 2017, scendendo a 11 miliardi di euro dai 21,8 del 2008.
  È una situazione drammatica non solo dal punto di vista dell'apporto che gli investimenti pubblici possono portare alla crescita, ma anche per quanto riguarda la situazione di competitività del complesso dell'economia italiana rispetto ai processi di globalizzazione.
  Il quadro è ulteriormente aggravato dal fatto che tra lo stanziamento delle risorse e l'effettiva consegna dei lavori conclusi intercorre un periodo che va da due anni per le opere di valore fino a 100.000 euro fino ad oltre quindici anni per quelle di costo superiore ai 100 milioni di euro. Le ragioni di tali ritardi si annidano prevalentemente, come gran parte di voi sa, in disfunzioni della fase progettuale, che si riversano in quella di attuazione. La scarsa qualità del progetto iniziale, infatti, comporta interruzioni e revisioni del programma dei lavori al momento della realizzazione, che si concretizzano nel caso di grandi opere nel proliferare di varianti progettuali in corso d'opera e, conseguentemente, in ripetute riattivazioni di procedure autorizzatorie.
  Ai lunghi tempi procedurali e legislativi si sovrappongono blocchi e ritardi legati all'innestarsi di procedimenti di contenzioso. La scarsa qualità della progettazione non è solo causa di inefficienza in termini di allungamento dei tempi di realizzazione e lievitazione dei costi, ma è causa anche di inefficacia degli investimenti selezionati rispetto a fabbisogni e obiettivi di politica economica. Pag. 8
  La carenza di capacità valutativa progettuale e tecnica nel controllo e nelle verifiche dei lavori si riscontra in modo particolare per il caso dei ruoli tecnici di stazioni appaltanti enti locali, che programmano la spesa anche per piccoli investimenti, ma anche nelle Amministrazioni centrali competenti a deliberare l'avvio dell'investimento.
  Mi sono un po’ attardato a parlare di questi argomenti perché ritengo che liberare e mobilizzare la spesa in conto capitale sia uno dei compiti prioritari del Ministero dell'economia e finanze, d'intesa con altri Ministeri importanti, e che sia un obiettivo prioritario nella gestione del bilancio e della composizione della spesa pubblica.
  Dobbiamo considerare che il livello totale delle risorse stanziate in un arco temporale che raggiunge i quindici anni per interventi ancora da avviare, ma già scontati ai fini dell'indebitamento netto, ammonta a circa 150 miliardi di euro. Di questi, circa 118 miliardi possono essere considerati immediatamente attivabili, ed è possibile che il MEF possa dare una spinta conclusiva al processo di avvio e realizzazione dell'insieme di investimenti sottesi, risultato che ritengo non sarà conseguito per via naturale, ma che richiede un intervento molto deciso in questo senso.
  Il Governo è quindi determinato a invertire il calo degli investimenti pubblici in atto dall'inizio della crisi. Per i motivi che ho richiamato finora e nella consapevolezza che gli ostacoli alla spesa pubblica per investimenti sono essenzialmente tre (la perdita di competenze tecniche e progettuali delle amministrazioni pubbliche, la difficile interazione tra le amministrazioni sia centrali che territoriali, gli effetti non voluti dell'applicazione del recente Codice degli appalti), l'istituzione all'interno del Governo di una task force che affronterà questo tema come volano di crescita è diretta ad aggredire questi ostacoli.
  Ringrazio per avermi ascoltato, spero di non essere stato troppo lungo, ma potrò approfondire i vari punti a seguito delle vostre domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione.
  Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIALUISA FARO. Buongiorno, Ministro e colleghi. A nome del mio gruppo vorrei porre una domanda al Ministro Tria. Premesso che le linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, confermate poi nelle risoluzioni approvate dal Parlamento, fanno riferimento a maggiori investimenti ad alto moltiplicatore economico, in grado di sostenere l'economia territoriale e garantire maggiori livelli occupazionali, quali sono le misure economiche da intraprendere per tali interventi, tenendo sotto controllo il livello di deficit e di debito pubblico?

  ANTONIO MISIANI. Ringrazio il Ministro per le sue parole, per l'approccio serio, per le cose largamente condivisibili, a mio giudizio, che sono state dette, per l'approccio intellettualmente onesto, a partire dal riconoscimento delle buone condizioni dell'economia e della finanza pubblica ereditate dal nuovo Governo.
  Lei ha delineato una politica di bilancio in continuità con il suo predecessore dal punto di vista dei conti pubblici, anzi mi permetto di dire più rigorista: riduzione del rapporto debito/PIL, nessun peggioramento del saldo strutturale, stop all'aumento della spesa corrente nominale e nessun peggioramento dei saldi nel 2018, il che vuol dire che tante cose di cui leggiamo sui giornali quest'anno non verranno realizzate.
  È un altro mondo, signor Ministro, rispetto a quello che abbiamo letto nel programma di Governo, in particolare rispetto a due pilastri, la flat tax e il reddito di cittadinanza, che costano decine di miliardi, e abbiamo detto più volte perché non condividiamo l'impostazione di queste due misure. Ciò detto, vorrei chiederle, se nonostante quello che abbiamo ascoltato oggi, il contratto di Governo rimane l'orizzonte del Governo stesso, con che tempistica pensate di attuare le misure del contratto di Governo, a partire dalla flat tax, Pag. 9che costa 50 miliardi di euro, e dal reddito di cittadinanza, che ne costerebbe 17, secondo quello che scrivete voi, o 38, secondo le stime più pessimistiche. Pensate di attuarle subito nel 2019, come abbiamo letto in una pirotecnica intervista di un sottosegretario, o diluirle nel tempo?
  Ci ha parlato di tre task force; mi permetta di dire, signor Ministro, che in Italia quando si vuole rinviare le cose si fanno altrettante Commissioni di studio.
  Secondo punto: come pensate di finanziare le misure contenute nel programma di Governo? Abbiamo letto della pace fiscale, che per inciso assomiglia sempre di più a un condono tombale tipico della Prima Repubblica più che a una misura della Terza Repubblica, e vorremmo capire però come si possano coprire misure permanenti con entrate una tantum. Abbiamo letto di riduzioni fiscali che magicamente porterebbero all'auto-copertura del peggioramento dell'indebitamento netto (un tempo si chiamava Curva di Laffer, ma penso che sia passata di moda tra gli economisti), ma noi abbiamo molti dubbi, signor Ministro.
  Abbiamo apprezzato l'impostazione complessiva, riteniamo che mal si concili con le promesse che sono state fatte anche in queste settimane. Credo che gli elettori abbiano diritto alla massima chiarezza.

  ANDREA MANDELLI. Innanzitutto mi permetta di ringraziare il Ministro per quello che ha detto, però anche di fare un appello: una relazione così importante forse meritava di avere più spazio per gli interventi dei colleghi, anche in virtù di quello che ha detto il Premier Conte sulla capacità di ridare centralità al Parlamento, e oggi, di fronte a un'audizione così importante, forse dare più di spazio a chi doveva intervenire sarebbe stato opportuno.
  Vado subito al punto e dico che se davvero, come ha detto il signor Ministro, l'economia rallenta, se aggiungiamo il quantitative easing che sta per finire, se aggiungiamo il problema dei dazi che sempre più ci preoccupano, e se quindi siamo convinti che per far ripartire il Paese, che sta un po’ rallentando, ci sia bisogno di un vero shock economico, vorrei capire se davvero abbiamo intenzione di percorrere quella via della flat tax che noi abbiamo individuato come necessità reale per dare uno shock al Paese, per dare veri posti di lavoro che siano permanenti e strutturali e diano crescita reale al Paese e, se sì – ho inteso che il Ministro forse è favorevole a farla già da quest'anno – volevo capire bene con quali coperture intendiamo farlo, cioè dove si concentrerà l'attività di questo Governo.
  Faremo tagli selettivi al bilancio, cercheremo di trovare altre vie per finanziarla, magari tagliare le tax expenditures come avevamo pensato noi in campagna elettorale? Vorrei capire come si concentri l'attività del Governo sulla flat tax come strumento per far ripartire l'economia.
  In ultimo volevo una rassicurazione. Ho visto una bozza del cosiddetto decreto dignità: mi sembra di capire che sullo split payment e sul divieto di pubblicità dei giochi forse qualche copertura non c'è ancora, volevo capire se invece abbiamo coperture certe sia per lo split payment che per il divieto di pubblicità dei giochi.

  BEATRICE LORENZIN. Grazie, Ministro, per una relazione esauriente, anche se sintetica, che ha toccato i punti principali, ma ci rimane qualche perplessità.
  Innanzitutto lei giustamente ha richiamato non solo un tendenziale positivo della crescita degli ultimi anni per quanto riguarda il Paese, ma anche dei tassi occupazionali, e ha richiamato la sua opera a una coerenza per quanto riguarda i conti e la finanza pubblica. Noi ci poniamo alcune domande che ci vengono spontanee anche mettendo a confronto la sua relazione di oggi con la relazione che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi dal Ministro Di Maio, oltre che dalla lettura del contratto di Governo.
  La presentazione che lei ha fatto – mi scusi – mi sembra molto in continuità con quella del Governo precedente e la trovo un po’ distonica rispetto alle promesse elettorali. Vorremmo capire le coperture del reddito di cittadinanza e del cosiddetto decreto dignità da un lato, dall'altra parte vorremmo capire, visto che lei ha parlato giustamente di mercato del lavoro e di politiche attive, se le politiche di welfare si esauriranno nella realizzazione di un reddito di cittadinanza o se si vorrà invece Pag. 10continuare anche un'opera di politiche attive nel mercato del lavoro, quindi incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro e riuscire a mantenere costante la soglia degli investimenti nel nostro Paese, che mi sembrava nella sua relazione, anche tenendo conto del contesto internazionale, uno degli elementi di criticità che vediamo alle nostre porte.
  L'altro aspetto riguarda ovviamente le norme fiscali. Tutta Italia si aspetta la flat tax e una riduzione della pressione fiscale piuttosto sostenuta. Come queste due misure che sono nel contratto, quella del reddito di dignità o di cittadinanza e della flat tax oppure di una graduale riduzione delle tasse si possano sposare con la coerenza della finanza pubblica è qualcosa che non abbiamo compreso e sarebbe questa una buona occasione per poterci illustrare non soltanto le dichiarazioni, ma anche i numeri, cioè cosa si vuole fare, come e in quali tempi nei prossimi anni. La legislatura è lunga e quindi sicuramente potremmo capire meglio il piano che lei ha di fronte.
  Un altro aspetto sul quale vorrei chiarimenti è quello che riguarda il Fondo sanitario che è stato un po’ dimenticato nel dibattito di questi ultimi mesi. Noi abbiamo una previsione di aumento del Fondo e le misure che ci si attende, sia per quanto riguarda la spesa farmaceutica, in particolare ospedaliera, sia per il finanziamento in capo alle regioni, sono misure importanti e soprattutto nel Sud c'è una fortissima attesa riguardo a un possibile aumento di stanziamenti del Fondo sanitario, quindi volevo capire se questo sia un argomento preso in considerazione.
  L'ultima domanda è una curiosità, perché molti si chiedono se ci sia o meno l'intenzione da parte del Governo di finanziare questa grande mole di misure previste dal contratto con una misura patrimoniale: è una domanda che aleggia tra tutti noi e sicuramente questa è un'occasione per fare chiarezza.

  LUIGI MARATTIN. Buongiorno, signor Ministro, porrò tre domande veloci. Mi pare di aver capito – perché, non essendo stato distribuito un testo, ho avuto un po’ di difficoltà – che l'impegno che lei ha assunto è sul non aumento della spesa corrente in termini nominali.
  Volevo intanto capire se questo impegno è riferito all'esercizio 2019 o, come immagino e spero, essendo questa un'audizione sulle linee programmatiche triennali, all'intero triennio. Qualora fosse così, io ricordo, citando il DEF, che per la spesa corrente, non so se lei intendesse primaria o corrente e basta, ma in entrambi i casi a legislazione vigente dal 2018 al 2019 c'è un aumento di circa 3,5 miliardi di euro – in realtà sono 4 se si considera la spesa corrente al lordo degli interessi – quindi la sua dichiarazione equivale a dire che lei annuncia un taglio di 4 miliardi di spesa corrente dal 2018 al 2019, se la spesa deve rimanere costante in termini nominali, così come ha detto. Chiedo conferma di questo e se è un intendimento solo sull'esercizio 2019 o anche sul triennio.
  Seconda domanda. Se ricordo bene, lei si è impegnato più volte a non aumentare il saldo strutturale, che nel 2018 ammonta all'uno per cento del PIL ed è prevista a legislazione vigente una discesa allo 0,4 per cento nel 2019, quindi lei ci sta dicendo che l'ammontare di cosiddetta flessibilità che richiede all'Europa – lei ha anche accennato a contatti preliminari – ammonta allo 0,6 per cento del PIL. Le chiedo conferma di questa impostazione e, qualora fosse in termini pluriennali, ricordo a me stesso che nel 2020 il saldo strutturale deve andare in pareggio, anzi in leggero surplus di 0,1 per cento, quindi, qualora fosse così, lei sta dicendo che sul biennio la flessibilità da chiedere all'Europa equivale a un punto per cento di PIL.
  Terza e ultima domanda su investimenti pubblici, un tema al quale siamo molto sensibili. Lei giustamente ha riconosciuto che le risorse stanziate in questi anni sono state molto cospicue, ma c'è un problema di implementazione. Lo snellimento della filiera dell'investimento, che lei ha giustamente individuato, include o non include quella che era stata un'azione intrapresa dal Governo precedente di supporto finanziario alla progettazione degli enti locali? Pag. 11
  Lei ha giustamente richiamato il fatto che il blocco c'è negli enti locali, nonostante l'abolizione del Patto di stabilità interno, ma io ricordo di nuovo a me stesso che in due occasioni, in due provvedimenti del Governo precedente, lo Stato ha finanziato direttamente la progettazione preliminare degli enti per risparmiare sei mesi di tempo, perché spesso gli enti locali pagavano i progetti applicando l'avanzo di amministrazione e quando si arrivava ad applicare l'avanzo di amministrazione si era già a metà anno.
  Per accorciare questo tempo lo Stato l'anno scorso – decreto-legge n. 50 del 2017, se non ricordo male, più la legge di bilancio per il 2018 – ha innestato delle risorse per velocizzare questo progetto. La mia domanda è: lei ritiene questa esperienza, questa idea, questa attuazione utile e intende confermarla con nuove risorse oppure lo snellimento a cui faceva riferimento non ha implicazioni monetarie, ma soltanto procedurali?

  STEFANO FASSINA. Ringrazio anch'io il Ministro per la sua esposizione e non mi associo al facile giochino dello scarto tra gli impegni della campagna elettorale e l'agenda possibile. Mi concentro invece sulle affermazioni che lei ha fatto e su altre che non ho sentito, con la richiesta di alcuni chiarimenti preliminari.
  Anch'io come il collega Marattin non ho capito se gli impegni che lei ha ricordato sono per il 2019 o valgono per il triennio di previsione, perché ovviamente la differenza è sostanziale. In ogni caso mi preoccupa la continuità. A differenza di quello che hanno ricordato altri colleghi credo che la continuità che lei propone sia una continuità che non consente di raggiungere l'obiettivo che ha messo in testa alle linee strategiche, cioè una crescita significativa in grado di produrre inclusione sociale.
  È molto preoccupante l'affermazione che lei ha fatto sul mantenimento della spesa corrente costante in termini nominali. Ricordo a tutti noi che la spesa per pensioni è prevista aumentare di 27 miliardi di euro nel triennio di previsione, ricordo a tutti noi che la spesa sanitaria è prevista aumentare di 5 miliardi di euro nel triennio di previsione, pur con un taglio molto rilevante in termini di PIL. Cito solo queste due voci, quindi la sua affermazione vuol dire che si interverrà in modo molto pesante rispetto a uno scenario tendenziale che, per quanto riguarda gli interessi economici e sociali che a noi stanno più a cuore, è già assolutamente insostenibile, perché la spesa sanitaria, pur prevista in aumento di 5 miliardi di euro nel triennio in termini nominali, ci porta a livelli che l'OCSE considera inadeguati a garantire un minimo di prestazioni a una popolazione che, com'è noto, comprende circa 12 milioni di persone che non riescono a curarsi a causa dei costi.
  È quindi davvero molto preoccupante questo obiettivo programmatico di mantenere costante la spesa corrente in termini nominali, è un obiettivo che contraddice radicalmente anche la possibilità di sostenere in qualche modo la ripresa attraverso un benvenuto aumento degli investimenti, quindi credo che sia necessario programmare per il triennio obiettivi di indebitamento coerenti con il fine di sostegno alla crescita inclusiva, quindi obiettivi che vadano oltre quello che lei ha indicato.
  Non ho capito se evitare una correzione di 0,5-0,6, secondo quelle che sono oggi le previsioni, valga solo per il 2019 oppure questa invarianza del saldo strutturale valga per il triennio di previsione.
  Volevo chiederle poi come il Governo intenda affrontare il capitolo aumento dell'IVA e delle accise. A nostro avviso deve avvenire attraverso un allentamento del deficit, perché, come lei sa meglio di me, Ministro, il moltiplicatore delle entrate è pesante, ma il moltiplicatore della spesa, anche della spesa corrente, in una fase come quella che l'Italia sta attraversando è due o tre volte superiore al moltiplicatore delle entrate.
  Vorrei sapere quindi se il Governo intenda compensare il rinvio dell'aumento dell'IVA attraverso tagli di spesa – li possiamo chiamare tagli agli sprechi o quello che volete, sono tagli di risorse che vanno nelle tasche dei cittadini italiani che poi consumano –, perché questo determina un effetto sull'economia reale due o tre volte Pag. 12superiore a quello che determinerebbe un aumento dell'IVA. Quindi crediamo che l'aumento dell'IVA vada disinnescato attraverso un aumento del deficit, in modo tale da dare ossigeno a quel denominatore, che è la chiave fondamentale per ridurre il rapporto tra debito e PIL.
  Quanto invece non ho sentito riguarda, e su questo davvero vorrei qualche indicazione, l'agenda che l'Italia intende affrontare a Bruxelles sulla politica economica generale nell'Eurozona, perché ci sono i nostri compiti e nostri obiettivi, ma c'è un contesto che è determinato da quello che fanno gli altri Paesi, in particolare quelli più forti.
  Vorrei capire se nell'agenda del Governo ci sia un'offensiva rispetto ai saldi commerciali eccessivi, quindi a variabili che deprimono la domanda interna dei Paesi e rendono tutto drammaticamente complicato, oppure se si accetti il quadro dato, cioè che la Germania – per non fare nomi e cognomi – procede a un avanzo primario di un punto percentuale, al taglio della sua spesa di investimenti, con effetti depressivi su tutta l'Eurozona.
  Credo che sia necessario un impegno – mi rendo conto difficile – a una correzione di rotta nel quadro dell'Eurozona, che poi mi pare il senso di fondo dell'impegno che le forze politiche che oggi governano hanno preso con gli elettori, al di là delle singole misure. Una revisione dei pilastri dell'agenda di politica economica dell'Eurozona senza affrontare questo tema significa che ci limitiamo alla sopravvivenza, come è avvenuto nel quinquennio che abbiamo alle spalle.
  Può essere più o meno segnata in termini di iniquità, di ricomposizione al margine della spesa o delle entrate, ma non cambiamo la direzione di fondo. Questa continuità che lei conferma oggi in questa audizione è una continuità che mi preoccupa, perché vuol dire galleggiamento, vuol dire precarietà dell'occupazione, al di là dei decreti dignità che si possono fare, vuol dire ancora ricatto del debito pubblico.

  GUIDO CROSETTO. La ringrazio per la relazione, signor Ministro, e devo dire che sono colpito, perché non mi aspettavo una relazione di questo tipo da un Governo che nasce come Governo del cambiamento.
  Trovo che le parole del senatore Misiani, che ha ringraziato per il suo intervento, siano significative, nel senso che tutta la prima parte del suo intervento avrebbe potuto essere svolta dall'onorevole Padoan, anzi ho trovato una discontinuità perché ci sono dei tratti montiani nella sua relazione. Quando infatti si parla di non aumento della spesa corrente, anzi di una sua riduzione, si parla di un intervento, stante la situazione attuale, di almeno 20-30 miliardi di euro in prospettiva nel prossimo anno, se si pensa a una riduzione. Quando si parla di non peggioramento del saldo strutturale e di continuare la riduzione del rapporto debito/PIL, si parla di un programma che avrebbe potuto benissimo illustrarci il senatore Monti, in linea con l'operato del suo Governo.
  A fianco di questa premessa che ha una logica in quella logica, quella montiana, c'è la parte per sviluppare il Paese, che, mi spiegherà poi nella sua replica come riesca a renderla compatibile, poggerebbe su tre gambe. La prima è un contrasto alla povertà attraverso il reddito di cittadinanza, e allora la compatibilità economica deve spiegarmela lei con le premesse, la seconda, anche questa vorrei capire, è un'analisi degli effetti della flat tax, che non significa introduzione di una flat tax, ma «una task force che ne analizzi gli effetti sulla spesa pubblica», quindi non si parla di fare la flat tax ma di analizzarne gli effetti, e «quando si farà – cito sempre le sue parole – si farà partendo dai redditi minori e dalle piccole aziende». Si tratta quindi di analizzare gli eventuali effetti della flat tax e, una volta che saranno analizzati, di farla, partendo dai redditi minori e dalle piccole aziende, che è una cosa completamente diversa dalla flat tax che io avevo contribuito a scrivere con i colleghi della Lega.
  Il terzo pilastro per rilanciare l'economia sarebbe – e io lo condivido totalmente – la spesa pubblica attraverso gli investimenti. Totalmente d'accordo, se il passaggio per rilanciare gli investimenti però passa attraverso la qualità della progettazione, la creazione di competenze nella pubblica amministrazione, Pag. 13 la riforma del Codice degli appalti, il freno all'invadenza di una certa magistratura, penso ne riparleremo tra due o tre Governi, nel senso che i presupposti per far ripartire gli investimenti – non per sua incapacità o per incapacità del Governo, ma conoscendo la situazione italiana e quanto sarebbe necessario per cambiare queste cose – richiedono almeno 6-7 anni prima che si possano realizzare.
  Sono quindi abbastanza preoccupato, non perché lei non abbia dato una linea precisa, ma perché la linea che ha dato è una linea di rigore, che presuppone l'impossibilità di realizzare quella parte invece di rilancio dell'economia che era contenuta nel contratto di Governo stipulato, per cui vorrei sapere se ho capito male io e se le cose invece sono compatibili o se invece è cambiato qualcosa.

  ROBERTO PELLA. Chiedo di essere autorizzato a depositare il testo del mio intervento.

  PRESIDENTE. Autorizzo l'acquisizione e la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) del testo dell'intervento dell'onorevole Pella.

  GILBERTO PICHETTO FRATIN. Signor Ministro, la sua relazione è stata un'analisi condivisibile, anche nei toni, per quanto riguarda la valutazione del tendenziale, perché il quadro del DEF era quello, le variazioni che ci sono state le ha accennate e peraltro proprio su questo quadro di incertezza prendo per buona la sua affermazione che non ci saranno manovre, non per non necessità di una manovra, ma per il quadro difficile, non solo italiano ma europeo, derivante da una serie di situazioni a livello internazionale, che riguardano non solo l'Europa, ma anche decisioni adottate in altri continenti, per rinviare poi una valutazione al momento opportuno.
  In relazione invece alla parte propositiva relativa all'annuncio della Nota di aggiornamento con il Programma nazionale di riforma, che è la parte contenutistica che riguarda l'attuazione del programma di questo Governo, ricordo che questo Governo si basa su tre grandi riforme di spesa che sono reddito di cittadinanza o di inclusione, a seconda della definizione, riforma della legge Fornero, cioè riforma delle pensioni e modalità di intervento sulle pensioni, e flat tax, che è di spesa nell'immediato e di espansione in fase successiva. A fianco di questo c'è l'emergenza IVA, che, vorrei ricordare, riguarda comunque oltre 12 miliardi di euro nel 2019.
  La valutazione che le pongo in questo momento è: dovendo porre in sequenza temporale – in parte è già stato accennato in altri interventi – queste grandi riforme, e peraltro avendole sentite anche da parte del Presidente Conte nella sua relazione al Senato in un'ottica espansiva – poi peraltro da qui non si capisce il decreto cosiddetto dignità, che invece è regressivo rispetto allo sviluppo dell'economia, ma la mia è una valutazione politica – ritiene di dover anticipare solo la parte di flat tax delle piccole imprese, cosa che ritengo molto positiva, fino a 100 o 80mila euro, ossia quanto potrà essere delle cosiddette partite IVA?
  Questo modello di riforma peraltro sarebbe in contrasto con l'aumento dell'IVA, perché se valutazione va fatta in questo Paese, si dovrebbe mettere mano alle riforme del ’73 e fare le nuove riforme, non limitarsi a piccole correzioni. Oppure, senza andare ad altri interventi, pensa di rinviare le azioni di costo più avanti, oltre il 2020, perché in questo momento, al 2019, pare non si avviino, e quindi andare al 2021-2022?

  ROBERTA FERRERO. Grazie, Ministro. Questione europea: dopo l'esperienza del suo esordio al vertice europeo abbiamo sentito notizie contrastanti e a nostro avviso in buona parte non veritiere. La stampa ha dato rilevanza quasi esclusivamente alla questione migranti, mettendo in secondo ordine l'importantissima questione economica, persino testate giornalistiche che dovrebbero occuparsi prettamente di economia hanno offerto una narrazione esclusiva sulla questione migranti.
  Qui vengo alla domanda: pensa che l'Italia sia davvero isolata nelle sue posizioni Pag. 14economiche o si prospettano potenziali alleati per cambiare il quadro europeo secondo la nostra visione di una nuova Europa, dove non ci sia più il rischio del commissariamento esterno, via i fondi salva-Stati pagati da noi per garantire un debito che dovrebbe essere garantito da una banca centrale?

  PIETRO CARLO PADOAN. Come è stato suggerito, ci sono molte cose nella relazione del Ministro che io condivido. Detto questo, ci sono molte domande che la stessa relazione lascia aperte e in parte sono state anticipate, quindi vorrei concentrarmi su alcune domande implicite in quello che è stato detto, perché servono a chiarire il percorso da qui ai prossimi mesi, direi ai prossimi anni.
  Innanzitutto, accolgo con molto favore la proposizione che il debito rispetto al PIL dovrà scendere, però è necessario fare chiarezza: il debito rispetto al PIL scende se c'è più crescita, ma è importante sapere quali sono le fonti di questa crescita. Se si pensa o si ritiene che le fonti di questa crescita debbano essere spesa in deficit, sorgono immediatamente molti dubbi sulla sostenibilità di quest'operazione, quindi sarebbe importante che il Governo chiarisse i numeri della dinamica e le ragioni della dinamica.
  Oltretutto, e vengo a un secondo punto implicito nella discussione, ma che deve essere esplicitato molto chiaramente, questo impatta sulle aspettative dei mercati.
  In questi mesi, l'Italia ha già perso svariati miliardi per il finanziamento del debito in termini di più di 100 punti base aggiuntivi sul tasso di interesse rispetto alla situazione di qualche mese fa, semplicemente perché i mercati stanno a sentire cosa dicono i membri della maggioranza o alcuni membri del Governo. La politica di comunicazione non è, quindi, un accessorio marginale, è un elemento della politica economica che ha a che fare con il giudizio che i mercati danno della credibilità del Governo. Questo è un punto che riguarda tutti gli aspetti.
  Terzo punto, il quadro internazionale è preoccupante. Lo dico non perché ne abbia piacere, ma perché questo aggiunge un ulteriore vincolo a un Paese come l'Italia, che invece sta facendo importanti sforzi per ritornare su una crescita sostenibile.
  Deve essere detto chiaramente dal Governo che nessuno vince mai una guerra commerciale. Questa è l'evidenza molto semplice. È inutile che ci illudiamo che con misure di fatto protezionistiche il benessere e la sostenibilità dell'economia italiana e dei cittadini italiani possano aumentare. Questo non lo dico io, lo dice l'evidenza storica, e dobbiamo ricordarcelo.
  È stato, inoltre, citato il dibattito in sede europea, che è stato affrontato marginalmente dalla stampa: esso è stato di fatto rinviato, per quanto riguarda le questioni di riforma dell'unione bancaria e monetaria, a qualche mese in avanti per incapacità di raggiungere un accordo.
  È estremamente importante che l'Italia faccia sentire ancora di più la sua voce per evitare che misure, contrabbandate come di riduzione del rischio, di fatto si traducano in quello che sono, e cioè misure di aumento del rischio, che per un Paese ad alto debito è estremamente difficile.
  Il Ministro ci ha giustamente detto che sulle tre questioni fondamentali, e cioè inclusione, tassazione e investimenti, ancora non siamo in grado di discutere di misure concrete. Io credo che sia utile discutere, credo che sia utile formarsi un'opinione all'interno del Governo. Ecco perché credo che sia chiaro a tutti che, malgrado l'eccellente esposizione del Ministro Tria, qui mancano le esposizioni degli altri ministri e degli altri ministeri, che ci devono dire come vogliono utilizzare lo spazio fiscale che ci viene presentato. Finché non avremo i numeri per fare questo controllo, non possiamo andare avanti.
  Infine, due ultime cose che non sono state citate nella relazione, ma non le faccio una colpa: primo, il Mezzogiorno. Ha il Governo intenzione di adottare misure specifiche per il Mezzogiorno o è sufficiente applicare, magari con più intensità, le stesse misure?
  Ultima cosa. Nel Documento di economia e finanza presentato qualche mese fa al Parlamento si introduce il concetto di benessere equo e sostenibile. Si tratta di Pag. 15uno strumento estremamente importante, in cui l'Italia è un Paese all'avanguardia: gradirei sapere se l'attuale Governo intenda continuare lungo quella strada.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ministro Tria, le auguriamo buon lavoro e le assicuriamo che da parte del nostro gruppo ci sarà assoluto rispetto istituzionale, fermo restando il nostro ruolo di opposizione a questo Governo.
  La ringraziamo per la sua relazione, che abbiamo ascoltato con attenzione, e ci auguriamo che lei possa tornare a breve, magari prima della pausa estiva, per fornirci qualche informazione in più. Se nella prima parte della sua relazione lei ha affrontato tutto il quadro tendenziale e ha affermato alcune cose sulle quali possiamo anche essere d'accordo, ci ha tuttavia lasciato un po’ in sospeso per ciò che riguarda la sostanza.
  In pratica, lei ha annunciato la costituzione di tre task force sui temi caldi, ma nulla di più ci ha detto. Comprendiamo naturalmente la necessità di svolgere delle analisi, di effettuare delle due diligence, ma la domanda che in maniera secca le formulo è la seguente: questo reddito di cittadinanza lo farete? Se sì, quando? E come lo finanzierete? Quali saranno le coperture? Avete considerato quanto costa, 17 o 38 miliardi di euro? La gente questo si aspetta, soprattutto al Sud, dove il MoVimento 5 Stelle ha fatto il pieno di voti.
  Le dico anche che la settimana scorsa il Vicepremier Di Maio, interpellato al question-time in Assemblea alla Camera sull'argomento, è stato piuttosto deludente. Sostanzialmente, mentre prima dichiarava ai giornali che il reddito di cittadinanza si farà subito, adesso parla del prima possibile. Vorremmo capirne di più.
  Al Sud – dicevo – il MoVimento 5 Stelle ha fatto il pieno di voti, un Sud che ringrazio il precedente Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Padoan, di aver menzionato, perché lei nella sua relazione non ha mai pronunciato una sola volta la parola «Sud» o la parola «Mezzogiorno», neanche quando ha parlato del piano delle infrastrutture che, così come lei lo ha enunciato, somiglia molto alla «legge obiettivo» di berlusconiana memoria, volta al rilancio delle infrastrutture. Ci ricordiamo di quello, ma poi da quel momento più nulla.
  Lei non ha mai parlato di politiche di coesione, di un quadro di crescita nell'ambito di una coesione sociale e territoriale. Le domando quindi: il Sud è una priorità o meno per il vostro Governo, in termini non soltanto di reddito di cittadinanza, che pure non precisate come e quando farete, bensì anche in termini di sviluppo, di riequilibrio e di ripresa economica? Chiedo semplicemente per saperlo, perché è la prima volta che un Ministro elude completamente il termine «Mezzogiorno», che noi riteniamo rappresentare invece una grandissima emergenza e una grandissima priorità del Paese, tenuto conto anche degli ultimi dati disponibili, che parlano di una carenza di servizi impressionante rispetto al Nord, così come di un pericolosissimo abbandono scolastico e via dicendo.
  Sicuramente, nella replica lei darà qualche risposta alle nostre domande, tuttavia le ripeto che vorremmo rivederla prima della chiusura estiva del Parlamento, perché confidiamo che con queste task force lei potrà fornirci delle risposte più puntuali su cosa intendiate realmente fare.

  PRESIDENTE. Mi sembra che sia stato dato modo, direi in modo corretto, ai rappresentanti di tutti i gruppi di esprimere le proprie domande.
  Lascio ora la parola al Ministro Tria per la replica.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio per le domande, perché mi consentiranno di chiarire alcuni punti, che avevo lasciato da parte proprio perché immaginavo che sarebbero arrivate molte domande. Pur essendo nuovo alle procedure parlamentari, cercherò di rispondere a tutti. Permettetemi, intanto, di dare alcune risposte iniziali di carattere più complessivo.
  Una sembrava essere solo una battuta, ma comprendo che non era semplicemente una battuta. Mi riferisco a quella sulle task force, secondo cui quando uno vuole rinviare una determinata questione allora istituisce Pag. 16 un tavolo. Questa volta non sarà così, o almeno non è questo ciò che io intendo fare. Costituire le tre task force o unità, se preferite definirle così, significa concentrare le forze e le risorse sulle tre questioni prioritarie per acquisire tutte le informazioni possibili ed elaborare tutte le simulazioni possibili.
  Questo è un compito che deve essere svolto in parte immediatamente, e certamente prima di settembre, perché si rifletterà ovviamente nel Programma di stabilità e quindi nella legge di bilancio, mentre in una certa misura, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti, si rifletterà successivamente. Se, però, pensiamo che per riavviare gli investimenti impiegheremo cinque, sei o sette anni, ciò significa che rinunciamo ad avere obiettivi di crescita. Questo lo voglio dire chiaramente, perché in parte risponde anche alle questioni che non ho nominato, come il Mezzogiorno.
  Il ritardo, il gap di crescita dell'Italia rispetto all'Europa è dovuto, non soltanto, ma principalmente al Mezzogiorno, ossia ad alcune aree più arretrate del nostro Paese. Non voglio ricordarvi – è inutile, lo sapete – come sono utilizzati i fondi strutturali, i fondi di coesione. Se non troviamo il modo di cambiare le cose, evidentemente rinunciamo a fare una politica.
  Questo non significa, per rispondere ad un'altra questione che mi è stata sottoposta, credo da parte dell'onorevole Marattin, confermare o meno alcune misure del passato. Noi infatti quelle misure le rivedremo tutte, ma non per non confermarle, bensì per capire come hanno funzionato. Ci sono stati, infatti, finanziamenti destinati a tante finalità, inclusa la progettazione, ma quali sono i risultati? Dobbiamo vedere quali sono i risultati e i risultati non ci sono.
  A me non piace in generale – non l'ho mai fatto da quando sono Ministro – concentrarmi sulle critiche ai precedenti Governi. In caso, lo facevo quando ero libero cittadino. Il problema è che un Ministro deve pensare e deve dire quello che vuole fare. È chiaro però che, se c'è stato un crollo di tale entità degli investimenti pubblici per tanti anni, dal 2008 ad oggi, le cause possono essere varie, ma certamente non è un fatto di natura. Questo bisogna considerarlo, e bisogna considerare che anche la degenerazione della spesa pubblica, per cui è aumentata solo la spesa di natura corrente a scapito della spesa in conto capitale, non è un fatto di natura.
  Tra l'altro, ciò ha già posto dei problemi alla mia capacità contrattuale in Europa, perché quando per anni si richiede flessibilità in cambio di investimenti pubblici e poi accade il contrario, è chiaro che dobbiamo porre in campo azioni immediate che diano il senso di una svolta, altrimenti è difficile contrattare in Europa.
  Ricordo anche che il guadagno che l'Italia ha avuto in termini di bilancio dal quantitative easing, cioè dal crollo della proiezione del pagamento degli interessi sul debito pubblico, non è stato utilizzato per abbattere il debito, ma in gran parte è andato a coprire ulteriore spesa corrente.
  L'altra questione su cui vorrei intervenire subito in termini di quadro generale è rappresentata da questa storia della continuità. Parlo come il mio predecessore, onorevole Padoan. Non credo infatti che ci sia un problema di continuità quando due economisti fanno delle analisi: non tutti gli economisti sono d'accordo su tutte le teorie, ma una base di conoscenza e di analisi è comune, e su questo ci può essere continuità. Contesto la questione della continuità perché, evidentemente, si pensa che le discontinuità si vedano sul livello del deficit o della spesa. Io non credo che sia questa la discontinuità, perché ciò significherebbe dire: o mandiamo all'aria i conti e c'è discontinuità o c'è continuità.
  La discontinuità, ed è questo il succo dei programmi politici, si ha nell'uso delle risorse, e quindi la discontinuità andrà cercata quando definiremo le azioni sul versante della composizione delle entrate e delle uscite. In ciò consiste la questione.
  In generale, quando affrontiamo il problema di come coprire questi programmi, voglio dire che anche prima di diventare Ministro, quando non immaginavo minimamente tra l'altro di diventarlo, una rivista mi chiese un giudizio sul contratto di Governo e sulla questione delle coperture. La mia risposta fu: come si fa a parlare di Pag. 17coperture se non c'è una norma ma c'è un programma? Il grado di coperture si vede quando c'è una norma. La norma dice come verrà definito il provvedimento, come sarà articolato, qual è il cronoprogramma di applicazione di un programma di Governo, che è un programma di legislatura. A quel punto, si vedrà la composizione delle entrate e delle uscite.
  Non è che si vedono le coperture o una maggiore spesa semplicemente perché, data la situazione, aggiungiamo 10 miliardi di euro di qua e 5 miliardi di euro di là. È chiaro che, se si aggiungono 10 miliardi di euro per un determinato intervento – dico una cifra qualunque, non mi riferisco a nessuno di questi provvedimenti particolari – evidentemente una somma corrispondente dovrà essere distolta o rimodulata da un'altra parte. L'azione immediata del Governo sarà, quindi, quella di studiare e simulare come si attuerà il programma di Governo.
  Per rispondere a un'altra domanda, cioè se abbiamo intenzione di rinviare tutto – non vi fornisco i dati, perché non è stata ancora compiuta quest'azione di studio, che va fatta rapidamente ma che richiede tempo e approfondimento –, io non penso che si debbano rinviare tutti i provvedimenti che, come si dice, comportano un costo, anche perché di fatto si tratta di costi che sono evidentemente sostitutivi di altri costi. E dico questo proprio perché sono, non dico preoccupato, ma consapevole dell'immagine dell'Italia, ancora prima di quella del Governo, sui mercati internazionali. Non si tranquillizzano i mercati, io penso, rinviando i provvedimenti, perché così rimarrebbe l'incertezza. Il problema è trovare e costruire un programma che parta subito e che preveda la progressiva implementazione dei vari punti del programma nell'ambito delle compatibilità di bilancio.
  E quando ripeto questo e rammento gli obiettivi generali del mantenimento dei conti pubblici, non rivendico una continuità, ma rivendico una continuità ovvia, quella cioè di un pensiero sano di qualcuno che dice che non si possono far saltare i conti pubblici.
  E quando l'accento, nei miei primi interventi, è stato posto su questo aspetto, ciò non è stato per marcare una continuità con il passato, ma per tenere conto del dibattito, così come si è sviluppato: ha ragione infatti l'onorevole Padoan quando parla della rilevanza della comunicazione, ma a condizione che si faccia riferimento ad una comunicazione che nel bene dell'Italia dovrebbe coinvolgere tutte le parti, anche quelle di opposizione.
  Se cerchiamo di avallare l'idea che un Governo, o meglio l'attuale Governo, vuol far saltare i conti, non è che si faccia il bene dell'Italia facendo schizzare in alto gli spread e i tassi d'interesse. È quindi un problema di consapevolezza generale, dato che atti del Governo che mettano in dubbio la tenuta dei conti, disattendendo certe traiettorie di consolidamento fiscale, fino a prova contraria non ce ne sono stati, e su questo c'è l'unità del Governo intero.
  A proposito di continuità, voglio anche dire che è chiaro che il programma triennale che era stato preparato dal precedente Governo prevedeva una manovra restrittiva molto più forte di quella che noi ci proponiamo di adottare. La nostra non sarà una manovra restrittiva. Rispetto al quadro programmatico che è stato approvato dal precedente Governo, che riguarda anche gli anni 2019 e 2020, ripeto che non è nostra intenzione peggiorare i saldi strutturali, ma gli obiettivi di medio termine dovranno un po’ slittare nell'ambito del mantenimento e di una non inversione della tendenza.
  Il motivo è che in parte dobbiamo portare avanti un programma di Governo, ma soprattutto, se è vero che ci sono segnali di rallentamento dell'economia, la macroeconomia ci insegna che questo non sarebbe il momento giusto per fare manovre troppo restrittive o troppo pesanti. Da questo punto di vista, forse, non sono un «montiano», qualora si tenga conto dell'impatto macroeconomico: non voglio entrare nella polemica se quella politica fosse necessaria o meno, ma è chiaro che essa avviò la seconda fase recessiva. Non voglio, però, esprimere adesso giudizi od entrare in un dibattito di questo tipo. Voglio semplicemente dire che non c'è la continuità. C'è Pag. 18piuttosto la continuità nel senso di un Ministro che, come penso anche il Ministro precedente, ha la consapevolezza di tutto ciò.
  Penso, tra l'altro, che la mia vita in questo Governo come difensore dei conti pubblici sia molto più facile rispetto a quella che ha vissuto il mio predecessore, ma questo è un mio giudizio personale. Questo è il quadro generale.
  Per rispondere con più precisione alla questione relativa al saldo strutturale e all'obiettivo di medio termine, il mantenimento della spesa nominale di parte corrente, certamente di quella primaria, costituisce attualmente un proposito, una linea strategica.
  Se infatti vogliamo invertire la tendenza degli ultimi anni, quella cioè di un deterioramento della spesa pubblica nel suo complesso, evidentemente occorre compiere un'azione forte in quella direzione.
  La questione relativa agli investimenti pubblici e alla necessità di porre in essere azioni di riforma sul fronte fiscale, ma anche sul versante del welfare, richiede, ad esempio, che la norma relativa al reddito di cittadinanza sia articolata e studiata, perché il reddito di cittadinanza è una cosa ben definita, ma si può articolare in varie forme e i ministeri competenti le stanno studiando. Evidentemente tutto questo deve concorrere a un ambiente, come io l'ho definito, «pro-crescita», in cui sia cioè possibile investire e agire in una situazione di consenso sociale, che ci consenta, per replicare anche ad un'altra domanda, di rispondere in questo modo ad ogni idea che il protezionismo possa rappresentare una soluzione ai nostri problemi di crescita.
  Questo è quello che ci proponiamo di fare. Non è facile da realizzare ma è possibile, e deve comunque essere portato avanti. Quali sono infatti le soluzioni alternative? Le soluzioni alternative consistenti nel superare certi tetti e invertire le rotte del saldo strutturale ci esporrebbero ad attacchi speculativi e questo non lo possiamo permettere. Manovre restrittive troppo forti come quelle ipotizzate finora danneggiano invece il nostro ciclo, quindi occorre agire in una posizione mediana, ma quella di una diversa composizione del bilancio dal lato della spesa e dal lato delle entrate è un'azione che bisogna perseguire in modo deciso. Questo penso sia il quadro generale.
  Ciò mi consente di rispondere anche a varie domande sugli interventi specifici, sulla pace fiscale e sulle misure una tantum.
  Sappiamo, ovviamente, che i programmi di spesa pluriennale non si coprono con delle misure una tantum e verranno studiati in modo diverso. Certamente, però, entrate una tantum possono consentire la realizzazione di azioni necessarie, anche se esse stesse di carattere temporaneo.
  Mi pare di aver risposto in parte alle domande degli onorevoli Misiani e Mandelli e al problema delle coperture.
  Quanto ad alcune domande più specifiche poste dalla precedente Ministra della salute, onorevole Lorenzin, sul fondo sanitario, non penso che quest'ultimo si debba tagliare, ma è un problema che non ho ancora affrontato nello specifico, quindi non so al riguardo dare una risposta puntuale e precisa.
  Posso invece rispondere più precisamente alla domanda sulla patrimoniale: è un'ipotesi che non è in discussione nel Governo e sulla quale personalmente non sono favorevole, ma, anche a prescindere dalla mia posizione personale, non è una questione attualmente in discussione all'interno del Governo.
  Per quanto concerne lo snellimento della filiera ed altre questioni riferite alle azioni fatte per finanziare la progettazione, adesso vedrò i singoli provvedimenti, ma, lo ripeto, non mi pare che il problema consista nel finanziare o meno una certa azione. Il problema è che non ci sono stati risultati. Mi risulta che in nessun luogo si siano costituiti nuclei di valutazione finanziati in questo modo. Negli enti locali, come a livello centrale, non mi pare che abbia funzionato quel poco che è stato messo sulla carta.
  Allora, non è una colpa di nessuno, non voglio dire questo, ma occorre intervenire. Il problema non è andare a vedere se una determinata misura venga o meno confermata. Se devo pensare ai risultati, allora Pag. 19dico che non sarà confermata. Probabilmente, bisognerà fare qualcos'altro affinché ci siano dei risultati. Non credo che qualcuno sia stato cattivo nel passato o che volesse distruggere gli investimenti pubblici, anche se la spinta alla spesa corrente a volte ha costretto a compensare, magari non involontariamente, sul lato della spesa capitale.
  L'onorevole Fassina si poneva nuovamente il problema delle modalità attraverso cui viene finanziata la parte spesa. Su questo ho già risposto.
  Mi rendo conto che un'azione più libera di bilancio, attraverso manovre espansive molto più forti che possono portare il deficit a livelli più alti, a volte viene considerata anche in modo benevolo dalla teoria economica. D'altra parte, la Francia ha tra i deficit più alti. Il problema però è che la Francia presenta al contempo rating molto più alti. Possiamo anche dire che la colpa è delle agenzie di rating, ma in questo caso è un dato di fatto: la Francia non è sottoposta ad attacchi speculativi appena uno dice soltanto qualcosa, quindi si può permettere di trovarsi in una situazione di infrazione per eccesso di deficit.
  Ho ripetuto, e credo di averlo già detto anche in questa sede, che il limite non è tanto l'Europa e la paura di dire all'Europa che entriamo in una situazione di infrazione relativamente al rapporto tra deficit e PIL. Il problema sono le reazioni generali non solo dei mercati finanziari, ma anche degli investitori. Chi deve venire in Italia a investire o gli investitori nazionali che vogliono investire nel nostro Paese guardano complessivamente alla stabilità finanziaria dell'Italia stessa. Non parliamo solo di hedge fund, ma anche di scelte di investimento che generano occupazione.
  Per quanto riguarda la questione dell'agenda europea, voglio fare una precisazione. È chiaro che la Germania si trova in una condizione che viola le regole relative agli sbilanci macroeconomici dal punto di vista del surplus, ma penso che su questo aspetto siamo tutti d'accordo. Qui in Italia penso che nessuno non riconosca questo fatto. Credo che la Germania abbia più volte ricevuto sollecitazioni anche dalla Banca centrale europea al fine di cercare una maggiore coerenza tra le politiche monetarie e le politiche di bilancio. La Germania è responsabile, insieme ad altri Paesi, di aver bloccato una concertazione, una coerenza tra politiche monetarie e politiche di bilancio, ma dirlo non basta.
  Relativamente alla nostra posizione in Europa, è vero che tutta l'azione concernente le riforme europee in materia economica è stata rimandata. Noi siamo intervenuti muovendoci 10-15 giorni prima dell'Eurogruppo e dell'Ecofin, quindi prima delle decisioni che sono state prese. Sostanzialmente, la nostra posizione è stata quella di porre un veto all'adozione di alcune clausole che avrebbero danneggiato l'Italia, provocando instabilità nei mercati finanziari e nel rating delle banche.
  Su questo siamo intervenuti in modo molto deciso e prima delle riunioni dell'Eurogruppo abbiamo chiarito alle nostre controparti, soprattutto tedesche e francesi, che su questo l'Italia era decisa a porre il veto e, al limite, anche a rimanere isolata qualora si fosse prospettata una simile situazione. Ma come dirò, in effetti una simile situazione non si è poi determinata.
  Voi conoscete il dibattito che c'è dietro queste riforme, incentrato sulla condivisione e sulla riduzione del rischio. La nostra posizione molto ferma è stata che la riduzione del rischio è un compito italiano, che l'Italia perseguirà con le sue politiche, e che noi non accettiamo interferenze che possano procurare un danno determinando altresì conseguenze non previste da provvedimenti cautelativi.
  D'altra parte, sulla condivisione del rischio la nostra posizione è che chiaramente bisogna andare verso un'Europa più solidale, ma in questa fase abbiamo chiarito che non chiedevamo ciò perché avessimo bisogno di una condivisione del rischio. Noi abbiamo piuttosto bisogno che non vengano frapposti ostacoli o creati problemi al nostro percorso di consolidamento nella riduzione del debito e nella riduzione del rischio.
  Non so se questo obiettivo, perché non ho indagato, sia in continuità con il precedente Pag. 20 Governo. Se è in continuità, ne sono contento. In ogni caso, questa è stata la nostra posizione ferma, tant'è che quando si è arrivati alla discussione collettiva era chiaro che la road map preparata da tedeschi e francesi non sarebbe andata, per il momento, da nessuna parte.
  Credo altresì che non siamo rimasti isolati, perché sulle nostre posizioni si è realizzata la convergenza anche di altri Paesi; ma soprattutto la nostra posizione si è rafforzata perché, per motivi del tutto opposti ai nostri, come sapete si è creata un'alleanza di Paesi, i cosiddetti Paesi del nord, che ha contestato anche le posizioni tedesche. Questo ci ha consentito il vantaggio di opporci a misure da noi non gradite senza apparire come coloro che sfasciano l'Europa. Questa è stata in fondo una situazione che si è creata.
  Ovviamente, adesso c'è solo un rinvio. La posizione rimane questa. Dovrà essere arricchita con nostre proposte da sottoporre alla Commissione europea per la parte concernente il budget europeo e i programmi europei in discussione, sempre in linea teorica, relativi agli investimenti pubblici o alle modifiche da apportare alle modalità in base alle quali nel bilancio controllato dalla Commissione europea viene considerata la spesa in conto capitale rispetto ad altre tipologie di spesa. Sono posizioni note, ma a questo punto vanno portate avanti in modo più deciso, e il modo per farlo è anche ponendo il veto su altri programmi, perché la negoziazione è fatta anche in questo modo, senza ovviamente mettere in discussione la cornice europea. Questo è il discorso per quanto riguarda le nostre posizioni.
  È chiaro che sui saldi commerciali eccessivi della Germania verrà condotta una battaglia nelle sedi proprie, ma come sapete non è che ci siano delle regole che attualmente consentano un intervento deciso a questo riguardo. Ho solo chiarito al mio collega tedesco, ma questo è un fatto di colore, che anche l'Italia ha un forte surplus commerciale, che ovviamente non supera i limiti consentiti, e gli ho fatto capire che il nostro surplus commerciale in fondo a me non piace molto, non perché non voglia che le nostre esportazioni siano competitive, ma perché il surplus commerciale significa che abbiamo un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti. Noi, invece, vogliamo ridurre quest'eccesso di risparmio rispetto agli investimenti, perché vogliamo una maggiore crescita. L'hanno presa come una battuta e si sono messi a ridere, ma è chiaro che questo non inciderà del tutto.
  All'onorevole Crosetto, in merito al fatto che non si vede il cambiamento, in parte ho già risposto. Quanto alla continuità con Monti, si può discutere se riusciremo a raggiungere certi obiettivi. Certo, l'idea di limitare la spesa corrente primaria in termini nominali è molto ambiziosa. Quando ci si pone una linea strategica ci si pone un obiettivo, ma l'obiettivo non è di per sé soltanto quello di fare manovre restrittive, bensì l'idea di come deve essere composta la spesa pubblica. In ogni caso, mi pare che quello che stiamo trattando sia un allentamento provvisorio del percorso di discesa del deficit rispetto all'obiettivo di medio termine.
  C'è un punto che vorrei chiarire. Quando si parlava di flat tax, non ho detto di dare priorità ai redditi minori, ma ai redditi minori e medi. È una questione a cui tengo, ciò è importante.
  È chiaro che in teoria questo sembra contraddire la flat tax, ma ad essere in discussione non sono la flat tax e l'obiettivo del Governo, ma come ci si arriva. L'idea è che bisogna partire subito, come ho detto prima, ma il programma di Governo è un programma di legislatura, quindi non si rinvia. E se non si rinvia, bisogna trovare un cronoprogramma per l'applicazione progressiva di una forma di flat tax.
  Su questo c'è un'altra domanda, credo dell'onorevole Padoan, sulle fonti della crescita. In pratica, mi chiedeva se la nostra intenzione è di andare in deficit spending, con l'idea che in questo modo ci sia maggiore crescita e che con la maggiore crescita riduciamo il deficit. È un po’ l'ipotesi del moral hazard che sta dietro l'idea della curva di Laffer.
  Penso che non sia questo. I limiti della gestione del bilancio sono quelli che ho Pag. 21detto. L'idea è che, a mano a mano, con le riforme che progressivamente applicheremo, otterremo maggiore crescita. L'impegno è di ridurre progressivamente la pressione fiscale per arrivare ad attuare pienamente la flat tax. Credo che in questo momento, in questa fase dei mercati internazionali, si debba cercare di agire attraverso gli investimenti pubblici e quel margine che ci troveremo ad avere di maggior crescita, però questo non deve portare soltanto a maggior gettito e a maggiori spese. D'altra parte, questa è una cosa ovvia, che non mi invento io oggi. Il problema è cercare di farlo, di ridurre. Questo consentirà anche di programmare una flat tax che, mano a mano, si allinei a degli obiettivi di legislatura.
  Un'altra domanda importante è quella sul Mezzogiorno. Mi dispiace di non aver citato nella mia relazione il Mezzogiorno, però la mia idea è che a volte non basti citare le cose per poi proporre qualcosa di concreto.
  È chiaro che l'intervento nel Mezzogiorno è allo studio del Governo. È stato istituito anche un apposito Ministero per il Sud, tra l'altro dotato di tutti i fondi della coesione, che sono abbastanza rilevanti.
  Forse l'ho detto anche prima: in realtà, anche a tale proposito, cosa si tratta di fare per il Mezzogiorno? Occorre creare infrastrutture materiali e soprattutto immateriali, sbloccando l'intervento pubblico al fine di creare le condizioni per cui si possano poi realizzare gli investimenti privati nel Mezzogiorno.
  Ovviamente, non si tratta soltanto di infrastrutture materiali e immateriali. Tra quelle immateriali ci sono anche i problemi del capitale sociale e di come affrontare la questione della sicurezza. Parlando anche con gli investitori internazionali, essi dicono che tutti accorrerebbero a investire nel Mezzogiorno se si creasse un ambiente favorevole all'investimento. Questo in parte è un problema più generale di tutto il territorio nazionale, io credo, ma in quell'area bisogna svolgere un'azione specifica da questo punto di vista.
  Mi chiedo sempre come mai gli headquarter delle multinazionali o i grandi centri di ricerca non vadano a collocarsi nel Mezzogiorno, dove il tempo è bello, ci sono bellezze naturali, bellezze artistiche e si mangia bene; probabilmente perché sono coinvolte anche le famiglie e quindi, a parte i problemi legati alla sicurezza, dobbiamo avere scuole, asili e ospedali all'altezza di persone che hanno un alto livello di qualificazione e che devono scegliere di andare a lavorare là.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per le repliche che, come avete visto, sono state nel limite del possibile mirate e dettagliate per cercare di rispondere a tutti. Ringrazio i colleghi per l'attenzione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.25.

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ALLEGATO

TESTO DELL'INTERVENTO DEPOSITATO DALL'ONOREVOLE PELLA

  Il DEF non mostra particolare attenzione alle problematiche degli enti territoriali, se non per ricordare il contributo locale agli investimenti pubblici che, pur con un'intensità minore di quanto tutti vorremmo, resta decisivo per il duraturo risanamento dell'economia nazionale e della stessa finanza pubblica. Dovremmo però essere tutti ben consapevoli che i fattori di crisi che attraversano il mondo delle autonomie territoriali devono essere affrontati pena l'inefficacia delle stesse politiche di sviluppo.
  È doveroso in premessa sottolineare l'entità dello sforzo richiesto ai Comuni nel periodo 2010-2017, pari a circa 9 miliardi di euro di tagli tra il 2011 e il 2015, cui si sono aggiunti i maggiori vincoli di finanza pubblica per ulteriori 3,3 miliardi nell'intero periodo. Gli effetti di tali interventi, molto differenziati a seconda delle caratteristiche degli enti, condizionano inevitabilmente il loro pieno coinvolgimento nell'attuazione di politiche di crescita economica e di sviluppo territoriale.
  Come attestato dalla Ragioneria generale dello Stato a dicembre scorso, l'aggiustamento strutturale della finanza pubblica italiana, pari a 25 miliardi di euro, che ha consentito all'Italia di superare anche i vagli europei è stato realizzato per circa la metà a carico degli enti territoriali e, in particolare, i soli Comuni hanno contribuito per oltre 9 miliardi. Il dato appare sorprendente se si considera che il comparto dei Comuni pesa in percentuale sulla spesa dell'intera pubblica amministrazione per il 7 per cento (era l'8,1 per cento nel 2010) e per il solo 1,8 per cento sul debito pubblico (era il 2,5 nel 2010).
  Il contributo richiesto per il risanamento dei conti pubblici, gli effetti restrittivi della nuova contabilità, il congelamento della manovrabilità della leva tributaria locale ed il concomitante avvio della perequazione hanno concorso ad una forte compressione dell'autonomia politico-amministrativa dei Comuni e hanno altresì richiesto uno sforzo eccezionale, tuttora in atto, per l'adeguamento ai nuovi paradigmi.
  Preme in proposito evidenziare che, pur in assenza di ulteriori tagli alle risorse, la stretta di parte corrente sta continuando a manifestarsi per effetto dell'armonizzazione contabile, in particolare con il progressivo adeguamento dell'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) per diverse centinaia di milioni annui fino al 2021.
  Solo di parte corrente, gli accantonamenti al FCDE e agli altri fondi rischi previsti dalla normativa superano nel 2017 quota 4 miliardi di euro, con impatti restrittivi molto differenziati per le diverse fasce di enti. L'analisi dell'accantonamento a FCDE che emerge dal monitoraggio del saldo di competenza 2017 conferma una distribuzione molto difforme. Un numero relativamente ristretto di enti (circa 1.200), concentrati tra le città medie e grandi e nel Centro-Sud del Paese, registra accantonamenti complessivi per un importo pari al 70 per cento del totale (2,5 miliardi di euro).

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I principali punti di attenzione.

  I punti seguenti sintetizzano le principali istanze che emergono – anche attraverso l'ANCI – dopo anni di trionfalismi senza fondamento.
  Va in primo luogo affrontato il tema della revisione della fiscalità comunale e metropolitana in un quadro di maggiore aderenza al quadro costituzionale e alla legge sul federalismo fiscale in modo da recuperare autonomia finanziaria e responsabilità, nonché in un'ottica di semplificazione per il contribuente. Tali esigenze possono oggi essere affrontate in un quadro di avvio di legislatura, rimuovendo gli ostacoli dovuti:

   alla duplicazione dei prelievi (IMU e Tasi sono di fatto due tributi identici);

   al blocco della manovrabilità sulle aliquote e tariffe, peraltro in contrasto con l'ordinamento e con il progressivo ampliamento della perequazione;

   all'esistenza di un'ingente ammontare di trasferimenti statali compensativi di gettiti aboliti (IMU e Tasi sull'abitazione principale), anch'essi non compatibili con l'ordinamento e che comprimono i margini di autonomia finanziaria ed aumentano il grado di dipendenza dalla finanza statale.

Anche l'impianto del sistema perequativo deve essere profondamente rivisto, stretto com'è tra un quadro finanziario completamente mutato rispetto al 2010 ed un meccanismo unico al mondo di autoalimentazione «orizzontale», esclusivamente basato su risorse proprie del comparto (l'IMU). La forte penalizzazione che il sistema riserva ai piccoli Comuni e taluni esiti paradossali della perequazione necessitano una riflessione e un intervento urgenti. Nel 2019 verrà a scadenza il taglio a suo tempo disposto dal decreto-legge n. 66 del 2014 (circa 560 milioni di euro) e queste risorse di fatto aggiuntive potranno costituire un primo nucleo di fondo perequativo verticale, in grado di finanziare una parte della perequazione.
La ricostruzione di un assetto organico e stabile della fiscalità comunale nella prospettiva di una maggiore autonomia e responsabilità fiscale, nonché di equità dei prelievi non può prescindere:

   dalla revisione degli estimi catastali senza aggravi nella pressione fiscale;

   dal riordino della riscossione locale, che va semplificata ed adattata alle peculiarità delle entrate locali, articolate in molte quote di piccolo valore unitario.

  Due riforme in stallo da troppo tempo, che dovrebbero essere riattivate con soluzioni equilibrate e sostenibili, con il pieno coinvolgimento degli enti locali e delle loro associazioni.
  In secondo luogo, il peso degli oneri del debito degli enti locali sul complesso delle spese comunali, nonostante la progressiva riduzione dello stock oggi attestato su 40 miliardi di euro complessivi (meno del 2 per cento del debito nazionale), risulta oggi più gravoso per la riduzione dei margini di flessibilità nei bilanci e la diminuzione delle risorse correnti disponibili. È incredibile che nelle attuali condizioni di Pag. 24mercato il tasso medio applicato ai debiti in essere degli enti locali sfiori il 5 per cento!
  È urgente dare una risposta positiva alle istanze degli enti, più volte riprese dall'ANCI, attraverso soluzioni in grado di ridurre il peso del debito a carico dei Comuni e delle città metropolitane: un percorso di ristrutturazione complessiva per le grandi città, mediante dispositivi del tutto simili a quelli già utilizzati per la ristrutturazione del debito regionale; una rimodulazione per gli enti minori che consenta di ridurre gli oneri non più in linea con quelli di mercato sia l'impatto delle penali per estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari.
  Ridurre il peso del debito permetterebbe altresì di incidere sulle crescenti situazioni di crisi finanziaria, così da rafforzare le azioni necessarie per consentire percorsi graduali di rientro anche per gli enti in condizioni di dissesto e predissesto.
  È poi necessario rafforzare le politiche a sostegno degli investimenti locali al fine di assicurare un supporto stabile ai segnali di ripresa. Su questo versante vanno in primo luogo incrementate le risorse a sostegno della progettazione e quelle attualmente disponibili per il contributo diretto di cui all'articolo 1, comma 853, della legge di bilancio per il 2018 (300 milioni di euro per il 2019).
  Il libero utilizzo dell'avanzo di amministrazione è ormai di fatto sancito dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 247/2017 e 101/2018) che ha messo in dubbio la legittimità della regolazione del saldo di competenza attualmente vigente, che ne limita fortemente l'utilizzo. Si tratta di almeno 4 miliardi di euro che potrebbero essere reimmessi nel ciclo economico soprattutto a sostegno della ripresa degli investimenti.
  Mantiene carattere di urgenza un intervento di riforma che sciolga nodi fondamentali di tipo ordinamentale e finanziario delle Città Metropolitane. Il destino dei nuovi enti deve riflettere il ruolo di motore dell'innovazione e dello sviluppo di aree cruciali per l'intera economia nazionale, attraverso scelte che definiscano un «nuovo inizio», facendo tabula rasa dell'attuale intrico di contributi e prelievi eredità della stretta imposta all'intero comparto delle aree vaste, e stabiliscano le funzioni operative e strategiche in modo univoco sulla base di congrue risorse proprie e derivate, anche attraverso il ricorso ai fabbisogni standard.
  Le difficoltà connesse alla contabilità economico-patrimoniale ed al conto consolidato sono state fortemente sottovalutate. Gli enti hanno già fatto buona parte del cammino richiesto dalla riforma della contabilità finanziaria, nonostante le difficoltà derivanti dai tagli e da una riduzione di personale senza paragoni tra i diversi comparto pubblici.
  Con la contabilità economico-patrimoniale viene richiesto – in particolare ai Comuni di piccole dimensioni – uno sforzo amministrativo e tecnico del tutto sproporzionato al risultato di trasparenza ed efficacia contabile che si dovrebbe perseguire.
  La tenuta della contabilità economico-patrimoniale e il bilancio consolidato devono essere resi facoltativi per tutti i piccoli Comuni, accordando una sorta di «tregua burocratica» alla parte più debole del comparto, in attesa di rivedere gli adempimenti richiesti alla generalità dei Comuni per armonizzarli con l'intento dichiaratamente conoscitivo che la legge attribuisce a questo tipo di contabilità. Pag. 25
  Infine – e più in generale – è ora di concretizzare con misure incisive le esigenze di semplificazione più volte espresse dalle autonomie territoriali gravate da anacronistici vincoli normativi e contabili. L'impegno per la semplificazione e per l'abbattimento delle ridondanze nelle richieste di informazioni provenienti dalle strutture amministrative centrali e da organi di controllo, giurisdizionali e non, costituisce un interesse di primaria importanza per gli enti locali. La semplificazione è un fattore di sostenibilità economico-organizzativa nella gestione dei Comuni, già fortemente gravati da rilevanti tagli degli ultimi anni e da carenza di ricambio generazionale, criticità queste sempre più diffuse e che risultano ulteriormente accentuate per i Comuni di piccole dimensioni, che rappresentano oltre il 70 per cento del comparto.
  I temi indicati meritano un approfondimento da parte del Parlamento e del Governo sia sul piano degli interventi di organico riordino di cui il DEF dovrebbe fare esplicita menzione, sia con riferimento ad un provvedimento di urgenza quanto mai necessario per soddisfare le attese più pressanti dei Comuni.
  Da ultimo, almeno un accenno va riservato ai problemi del servizio di tesoreria comunale. Le persistenti criticità sono testimoniate dalle numerose segnalazioni relative in particolare alla difficoltà di assegnare il servizio in mancanza di contendenti (le «gare deserte»). Malgrado le importanti novità introdotte dalla legge di bilancio 2018, non può sottacersi che alla base dei problemi del servizio c'è la questione del ritorno al sistema di tesoreria unica – prorogato di ulteriori quattro anni dalla medesima legge di bilancio 2018 – che genera benefici per lo Stato centrale e scarica gli effetti negativi (minore appetibilità del servizio e conseguente aumento dei costi) sui livelli di governo locali. Servono quindi ulteriori misure di sostegno alla ripresa di un'ordinata gestione del servizio (ritorno al sistema misto, alleggerimento degli oneri del tesoriere negli adempimenti di controllo sul bilancio), ma anche su una più equa ripartizione dei costi e dei benefici tra i livelli di governo interessati dalla questione. Va comunque sollecitato l'avvio della collaborazione tra Poste e Cassa depositi e prestiti per venire incontro soprattutto alle difficoltà degli enti di minore dimensione con contratti di servizio in scadenza o rimasti scoperti a seguito di gare andate deserte. Nonostante il via libera dato con la legge di bilancio al ruolo di Poste nella fornitura del servizio di tesoreria (che in base alla legge n. 158 del 2017 sui piccoli Comuni può anche avvenire per affidamento diretto), l'assenza di un protocollo d'intesa con Cassa depositi e prestiti ancora non permette l'avvio dell'operazione.

Rafforzamento del Fondo di Garanzia per le PMI.

Il Fondo di garanzia per le PMI è il principale strumento pubblico per favorire l'accesso al credito delle imprese. Nel 2017, grazie all'intervento del Fondo, sono stati concessi 17,5 miliardi di euro di finanziamenti alle PMI per 120.000 operazioni garantite.
Tuttavia, le attuali limitazioni all'importo massimo garantibile per singola impresa - pari a 2,5 milioni per i finanziamenti e a 1,5 milioni per le emissioni di minibond – non consentono al Fondo di assicurare un adeguato sostegno agli investimenti delle PMI, con particolare riguardo a quelle industriali e alle imprese di medie dimensioni che Pag. 26hanno fabbisogni finanziari più elevati rispetto alle imprese minori, ma affrontano le medesime difficoltà di accesso al credito. Appare pertanto opportuno prevedere un innalzamento di tale importo a 5 milioni di euro, sia per quanto riguarda i finanziamenti alle imprese che le emissioni di minibond.
Inoltre l'azione del Fondo andrebbe estesa anche alle imprese cosiddette «Mid-Cap» (250-499 dipendenti) che, sebbene maggiormente strutturate rispetto alle PMI, non godono delle protezioni e delle garanzie che assistono le PMI e non sono sufficientemente grandi per poter accedere agevolmente ai mercati dei capitali. È pertanto determinante sostenere tali imprese, che in Italia sono fondamentali ai fini dello sviluppo delle filiere produttive e agiscono da traino per le PMI operanti in tali filiere.

Ritardati pagamenti dei debiti commerciali da parte delle PA.

  Negli ultimi anni sono state varate importanti misure per fronteggiare il problema dei ritardati pagamenti dei debiti commerciali verso privati da parte delle pubbliche amministrazioni (PA). Dal 2013 sono stati stanziati 56,3 miliardi per il pagamento dei debiti scaduti; a luglio 2017 risultano pagati debiti per circa 45,5 miliardi.
  Tali risorse hanno ridotto gradualmente lo stock di debiti arretrati e i tempi di pagamento.
  Lo stock è sceso, secondo le ultime stime di Banca d'Italia, dagli oltre 90 miliardi di fine 2012 ai 57 miliardi di fine 2017; circa il 50 per cento di questo ammontare, secondo la stessa Banca d'Italia, sarebbe di natura patologica e attribuibile a ritardi.
  Altri passi avanti sono stati fatti con l'introduzione dell'obbligo di fatturazione elettronica verso la PA e con l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, della Piattaforma per il monitoraggio dei crediti commerciali (PCC), che raccoglie informazioni sulle fatture e sui tempi di pagamento.
  Dalla rilevazione effettuata attraverso la PCC emerge che nel 2016 i tempi medi di pagamento sono stati pari, in media, a 62 giorni. Tuttavia, quasi un quarto dei debiti contratti nel 2016, a fine anno non era ancora stato pagato, il dato è inoltre riferito a meno della metà delle PA, quindi le più virtuose, che comunicano i dati sui pagamenti, è pertanto verosimile attendersi che i tempi medi effettivi siano ben più lunghi (il Ministero dell'economia e delle finanze stima 64 giorni).
  La direttiva 2011/7/UE (cosiddetta Late payment directive) fissa in 30 giorni il termine per i pagamenti delle PA, elevabili a 60 per la sanità. La Commissione europea ha deferito l'Italia, a tre anni dall'apertura della procedura d'infrazione, alla Corte di giustizia per i «ritardi sistematici» dei pagamenti alle imprese da parte della PA.
  Occorre una nuova azione per superare il fenomeno, agendo su due fronti:

   1. Smaltimento integrale dei debiti scaduti;

    ampliare gli attuali meccanismi di compensazione tra i crediti certificati verso la PA (Stato, Regioni e province autonome, enti locali ed enti del SSN) e somme dovute in base agli istituti deflattivi del contenzioso tributario ed i debiti iscritti a ruolo (attualmente limitati ai debiti affidati all'agente della riscossione entro il 31 dicembre 2016);

Pag. 27

    introdurre un meccanismo che consenta alle imprese, anche avvalendosi di Cassa Depositi e Prestiti e coinvolgendo il sistema bancario, di scontare a condizioni vantaggiose i crediti commerciali certificati dalla PA debitrice, con particolare riferimento a quelli che siano scaduti da un certo numero di giorni (un meccanismo simile fu introdotto con il decreto-legge n. 66 del 2014 ma con operatività limitata e spiazzata nelle fasi iniziali da alcuni ostacoli normativi);

    realizzare un meccanismo di compensazione universale tra i crediti commerciali vantati verso la PA e le somme dovute titolo di tributi, statali o locali, risultanti dalle dichiarazioni fiscali.

   2. Efficientare la PA per rispettare i termini della Late payment directive.

    Istituzione di team specializzati per le complesse procedure dei pagamenti;

    attribuzione ad un unico soggetto all'interno di ciascuna PA (anche con l'ausilio del team di cui sopra) della responsabilità per tutto il ciclo degli acquisti: dalla stipula dei contratti di fornitura, alle autorizzazioni di spesa, fino al pagamento. In tal modo, il responsabile potrà adempiere i propri obblighi in modo tempestivo, ovvero risponderne agli organi preposti al controllo;

    adeguare le sanzioni per i funzionari pubblici e stabilire intervento sostitutivo dello Stato in ultima istanza e per i casi più gravi e reiterati di inerzia.

Fatturazione elettronica.

  Diverse imprese hanno segnalato problematiche in relazione alla fatturazione elettronica nei confronti della PA. In particolare, soprattutto le grandi imprese fornitrici, hanno evidenziato un uso improprio da parte della PA dello strumento del «rifiuto» delle fatture. In particolare il rifiuto è spesso legato a cause che non possono essere motivo di rigetto delle fatture (es. riorganizzazione, ferie, lavori straordinari, ecc).
  Il tema è di particolare rilievo per le imprese, perché a seguito del rifiuto il credito non è esigibile e non decorrono i tempi per il pagamento previsti dalla Late payment directive e per gli interessi moratori. Al fine di evitare che il rifiuto sia utilizzato impropriamente e che generi oneri per le imprese, andrebbe resa obbligatoria l'indicazione della motivazione del rifiuto e soprattutto evitare che lo stesso possa essere ricondotto a spiegazioni generiche.
  Con la progressiva transizione verso meccanismi di fatturazione elettronica anche tra privati (in vigore dal 1° gennaio 2019) e dunque verso una completa ed immediata disponibilità delle informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, occorre riconsiderare l'utilità dei meccanismi anti-frode quali lo split payment ed il reverse charge, introdotti negli anni passati al fine di contrastare l'evasione fiscale in alcuni settori, ma che nel futuro scenario non appaiono più giustificati.
  La volontà di eliminare meccanismi cosiddetti «anti-frode» che sottopongono le imprese a ingenti oneri amministrativi è stata più volte ribadita nel capitolo Fisco del «contratto di governo» (con particolare Pag. 28riferimento all'eliminazione di spesometro e redditometro) e più recentemente nel contesto dell'emanando «decreto dignità». Occorre segnalare che anche nel caso dello split payment e del reverse charge si è dinnanzi a procedure che gravano significativamente sulle imprese in ragione della costante incertezza del loro perimetro oggettivo di applicazione e di conseguenza delle sanzioni erogate in caso di errata applicazione.

Regolarità fiscale nelle gare pubbliche.

  Secondo la disciplina del Codice degli appalti pubblici, un'impresa che voglia partecipare ad una procedura di appalto deve possedere (e mantenere per tutto il corso della procedura) il cosiddetto requisito di regolarità fiscale.
  Tale requisito consiste nell'assenza di violazioni definitivamente accertate, concernenti il pagamento di imposte, tasse e contributi, per un importo superiore a 5.000 euro.
  La trascurabilità di tale soglia (5.000 euro) e le complessità procedurali adottate dalle stazioni appaltanti per la verifica del requisito, rischiano di precludere la partecipazione di molte imprese alle gare di appalto, anche a fronte di inadempienze fiscali generate da errori o meri disguidi.
  Peraltro, qualora il requisito della regolarità fiscale dovesse venir meno nel corso della procedura, il codice degli appalti non consente una «regolarizzazione», comportando l'esclusione dell'impresa dalla gara. Per risolvere tali criticità si suggeriscono due correttivi:

   1. definire una soglia di irregolarità fiscale più congrua: tenuto conto che il requisito di regolarità fiscale risponde alla finalità di assicurare la partecipazione alle gare d'appalto solo di soggetti affidabili, che non abbiano debiti tributari di ammontare rilevante tale da mettere in discussione la capacità di realizzazione delle opere loro affidate, si suggerisce di parametrare la soglia di irregolarità fiscale al valore complessivo dell'appalto.

   2. Prevedere una procedura per consentire alle imprese partecipanti di sanare le inadempienze fiscali sorte nel corso di espletamento della gara. Si tratta di colmare una carenza legislativa presente nel Codice degli appalti che produce effetti dannosi e sproporzionati, specie nei casi in cui la irregolarità fiscale (di importi risibili) sia dovuta a errori o disguidi procedurali nelle verifiche effettuate dalle stazioni appaltanti e dell'ANAC.