CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 giugno 2022
818.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 194

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 22 giugno 2022.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14 alle 14.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 22 giugno 2022. — Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 14.15.

Sull'ordine dei lavori.

  Alberto STEFANI, presidente, propone, concorde il Comitato, di procedere a un'inversione nell'ordine del giorno dell'odierna seduta, nel senso di procedere dapprima all'esame del Doc. XXII, n. 36, e, quindi, all'esame del testo unificato delle proposte di legge C. 2307 e abbinata.

  Il Comitato concorda.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati.
Doc. XXII, n. 63.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alberto STEFANI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla XII Commissione Affari sociali, il testo della proposta di istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uso dell'amianto e sulla bonifica dei siti contaminati (Doc. XXII, n. 63, Fornaro), come risultante dall'unico emendamento approvato nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione di merito.

  Marco DI MAIO (IV), relatore, illustrando il contenuto del documento in esame, rileva come l'articolo 1 istituisca la Commissione d'inchiesta e ne definisca i compiti.
  In particolare, la Commissione ha il compito di:

   accertare la dimensione del fenomeno della presenza dell'amianto nel territorio nazionale, nonché gli eventuali casi di impiego illecito o di smaltimento illegale di detto minerale (lettera a));

   valutare l'idoneità dei controlli previsti dalla legislazione vigente in materia di amianto e sulle attività di bonifica dei siti, in relazione ai danni per la salute e la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori operanti nel comparto, analizzando le problematiche tecniche, economiche e normative che rendono difficoltosa la realizzazione degli interventi e individuando le possibili soluzioni operative per superarle, anche attraverso lo studio e la valorizzazione dei modelli territoriali virtuosi che prevedono strategie di collaborazione con i privati per lo sviluppo di nuove tecnologie in grado di accelerare e rendere sempre più sostenibili i processi di smaltimento (lettera b));

   indagare su eventuali collusioni tra soggetti operanti nelle amministrazioni pubbliche o in imprese private e organizzazioni criminali, per lo svolgimento di attività illecite nelle operazioni di bonifica dei siti effettivamente o potenzialmente contaminati e nella gestione dei rifiuti contenenti amianto (lettera c));

   verificare la situazione igienico-sanitaria e ambientale dei siti di interesse nazionale insalubri e contaminati (lettera d));

   valutare l'efficacia della legislazione vigente in materia di divieto di impiego dell'amianto e in materia di smaltimento dei materiali contenenti amianto (lettera e));

   verificare gli interventi del Ministero della salute e delle regioni competenti in Pag. 195materia di prevenzione, di cura e di ricerca medico-scientifica (lettera f)).

  L'articolo 2, al comma 1, stabilisce che la Commissione è composta da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e assicurando comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare. Con gli stessi criteri e con la stessa procedura si provvede alle eventuali sostituzioni in caso di dimissione o di cessazione dalla carica.
  La convocazione per la costituzione dell'Ufficio di Presidenza della Commissione è disposta, in base al comma 2, dal Presidente della Camera, entro dieci giorni dalla nomina dei commissari.
  Ai sensi del comma 3, l'Ufficio di Presidenza è eletto a scrutinio segreto dalla Commissione tra i suoi componenti. Per l'elezione del Presidente della Commissione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione. Se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti; è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  Ai sensi del comma 4, per l'elezione, rispettivamente, del vicepresidente e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, si procede ai sensi del comma 3.
  Ai sensi del comma 5, le disposizioni dei commi 3 e 4 si applicano anche per le elezioni suppletive.
  Ai sensi del comma 6, la Commissione conclude i propri lavori entro sei mesi dalla sua costituzione e presenta una relazione alla Camera dei deputati sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Sono ammesse relazioni di minoranza.
  L'articolo 3, al comma 1, prevede che la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Si specifica che la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  Il comma 2 stabilisce inoltre che la Commissione può acquisire, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copia di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Si prevede altresì che la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza.
  In base al comma 3, quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione.
  Ai sensi del comma 4, la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.
  L'articolo 4, al comma 1, impone l'obbligo del segreto ai componenti la Commissione, al personale addetto, a ogni altra persona che collabora con la Commissione e a chi compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 2 e 4.
  Ai sensi del comma 2, la violazione dell'obbligo del segreto, con informazioni diffuse in qualsiasi forma, nonché, ai sensi del comma 3, la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di notizie, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi della legislazione vigente (articolo 326 del codice penale).
  L'articolo 5, al comma 1, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione siano disciplinati da un regolamento interno approvato, a maggioranza anche relativa dei suoi componenti, dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività d'inchiesta. Ciascun componente può Pag. 196proporre la modifica delle norme regolamentari.
  Si specifica, al comma 2, che le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione disponga diversamente.
  Si stabilisce altresì, al comma 3, che la Commissione può avvalersi di dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Con il richiamato regolamento interno è stabilito il numero massimo di collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione.
  Ai sensi del comma 4, per lo svolgimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati.
  In base al comma 5, le spese per il funzionamento della Commissione, poste a carico del bilancio interno della Camera dei deputati, sono stabilite nel limite massimo di 40.000 euro per l'anno 2022.
  Ai sensi del comma 6, la Commissione cura l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.
  Per quanto concerne il rispetto delle competenze normative costituzionalmente definite, rileva come, in base all'articolo 82, primo comma, della Costituzione, «Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse».
  In questo caso si tratta di una Commissione di inchiesta monocamerale, per cui non si procede all'approvazione di una legge, bensì di una «delibera istitutiva», per la quale è richiesta la sola approvazione della Camera.
  Per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'articolo 140 del Regolamento della Camera stabilisce che per l'esame delle proposte di inchiesta si segua il procedimento previsto per le proposte di legge.
  Per la nomina dei componenti, il secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione debba rispecchiare la proporzione dei gruppi.
  Poteri inerenti alla organizzazione dei lavori sono quelli riguardanti la fissazione del programma dei lavori e l'istituzione di sottocommissioni, nonché l'elaborazione e l'approvazione di un regolamento interno.
  Al riguardo rammenta che da tempo si è venuta formando la prassi secondo la quale le Commissioni d'inchiesta adottano un proprio regolamento, ferma restando l'applicabilità del Regolamento della Camera, per quanto non espressamente previsto dal predetto regolamento interno. La durata dei lavori della Commissione è stabilita dal relativo atto istitutivo, che fissa la data di presentazione della relazione o assegna un termine finale ai lavori stessi. Le Commissioni istituite con atto non legislativo cessano comunque la propria attività con la fine della legislatura.
  Ricorda inoltre che l'articolo 82, secondo comma, della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (secondo il cosiddetto principio del parallelismo). I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase «istruttoria» delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni. La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'articolo 24 della Costituzione, riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata. La Commissione può quindi disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti. Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 26 del 2008, ha rilevato che i poteri di indagine spettanti,Pag. 197 rispettivamente, alle Commissioni parlamentari di inchiesta e agli organi della magistratura requirente hanno ambiti e funzioni differenti, con la conseguenza che l'esercizio degli uni non può avvenire a danno degli altri, e viceversa. Infatti, il compito delle suddette Commissioni non è di «giudicare», ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere. Pertanto, il normale corso della giustizia non può essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari, ma deve arrestarsi unicamente nel momento in cui l'esercizio dei poteri di indagine dell'autorità giudiziaria possa incidere illegittimamente su fatti ad essa soggettivamente e oggettivamente sottratti e rientranti nella competenza degli organi parlamentari. Sulla base di questa argomentazione, nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, la Corte ha, da una parte, riconosciuto il potere della Commissione parlamentare di disporre lo svolgimento di accertamenti tecnici non ripetibili sull'autovettura corpo del reato, potendo la Commissione esercitare gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 82, secondo comma, della Costituzione, e ha, dall'altra, negato che la Commissione potesse opporre un rifiuto alla richiesta, avanzata dalla Procura, di acconsentire allo svolgimento congiunto dei predetti accertamenti tecnici, in base al principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato.
  Per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto, fondamentale è la sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1975, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (cosiddetto segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario. La Corte ha stabilito invece l'obbligo per la Commissione di trasmettere ai Tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all'origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all'autorità giudiziaria.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati.
Testo unificato C. 2307 e abb.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alberto STEFANI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla II Commissione Giustizia, il testo unificato delle proposte di legge C. 2307 Magi e C. 2965 Licatini, recante modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati, come risultante dagli emendamenti approvati in sede referente.

  Vittoria BALDINO (M5S), relatrice, rileva come il testo risultante dall'esame presso la Commissione Giustizia si componga di 8 articoli e sia volto ad affermare la liceità della coltivazione e della detenzione per uso personale di non oltre quattro piante femmine di cannabis, che non dovrà più Pag. 198essere considerato neanche illecito amministrativo.
  Inoltre, il provvedimento modifica la disciplina sanzionatoria penale della produzione e del traffico di cannabis e dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti; introduce una disciplina autonoma sulla produzione, l'acquisto e la cessione illeciti di lieve entità di sostanze stupefacenti; individua una serie di indici dell'uso personale di cannabis (che consente l'applicazione di sanzioni amministrative in luogo delle sanzioni penali).
  Passando a illustrare più in dettaglio il contenuto del testo, l'articolo 1 interviene sul Testo unico in materia di stupefacenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per consentire la coltivazione e la detenzione in forma individuale, e per uso personale, di massimo quattro piante femmine di cannabis idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente.
  La lettera a) interviene sull'articolo 17 del Testo unico delle leggi in materia per specificare che l'autorizzazione, obbligatoria per chiunque intenda coltivare sostanze stupefacenti, non è richiesta quando la coltivazione riguardi quattro piante femmine di cannabis.
  Le lettere b) e c) novellano l'articolo 26 del medesimo Testo unico, per consentire a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione esclusivamente per uso personale di non oltre quattro piante femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e del prodotto da esse ottenuto, ai sensi del nuovo comma 1-bis. Tale coltivazione è conseguentemente inserita tra le eccezioni ai divieti di coltivazione.
  L'articolo 2 interviene sull'articolo 73 del Testo unico, che punisce la coltivazione, produzione, fabbricazione, estrazione, raffinazione, vendita, offerta o messa in vendita, cessione o ricezione, a qualsiasi titolo, distribuzione, commercio, acquisto, trasporto, esportazione, importazione, procacciamento ad altri, invio, passaggio o spedizione in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecita detenzione (al di fuori delle autorizzazioni e della destinazione all'uso personale) di sostanze stupefacenti o psicotrope.
  In particolare, la lettera a) sostituisce il comma 2 del predetto articolo 73, che attualmente punisce con la reclusione da 8 a 22 anni e la multa da 25.822 a 309.874 euro la coltivazione, produzione, detenzione e traffico di droghe «pesanti» (di cui alle tabelle I e III), effettuati da un soggetto autorizzato, prevedendo una modifica delle pene, con la riduzione da 22 a 20 anni della pena detentiva massima, l'aumento da 25.822 a 31.000 euro della pena pecuniaria minima e la riduzione da 309.874 a 301.000 euro della pena pecuniaria massima.
  Le lettere b) e d) modificano la disciplina sanzionatoria penale della produzione e del traffico di cannabis.
  In particolare, la lettera b) inserisce nell'articolo 73 un nuovo comma 2-bis, che prevede la reclusione da 3 a 8 anni e la multa da 15.000 a 150.000 euro quando le attività illecite di coltivazione, produzione, detenzione e traffico di droghe «leggere» (di cui alle tabelle II e IV) sono effettuate da un soggetto autorizzato, realizzando un significativo aumento della pena attualmente prevista (reclusione da 2 a 6 anni e multa da 5.164 a 77.468 euro).
  La lettera c) interviene sul comma 3 dell'articolo 73 per prevedere che le pene previste dai commi 2 e 2-bis si applichino anche quando il soggetto è autorizzato alla produzione di sostanze stupefacenti ma coltiva, produce o fabbrica sostanze di specie diversa.
  Le lettere e) ed f) abrogano i commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 73. L'abrogazione del comma 5, che prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro quando le condotte di produzione, traffico e detenzione «per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze», sono di lieve entità, va coordinata con l'inserimento nel citato Testo unico dell'articolo 73-bis ad opera dell'articolo 3 del provvedimento in esame. Analogamente, l'abrogazione dei commi 5-bis e 5-ter, che individuano il trattamento sanzionatorio dei reati commessi dal tossicodipendente, Pag. 199va letta alla luce del nuovo articolo 73-bis, commi 3 e 4.
  La lettera g) sostituisce il comma 7 dell'articolo 73, che disciplina l'attenuante (pene diminuite dalla metà ai due terzi) per quanti cooperano con le autorità, aggiungendo alle attività che ne consentono l'applicazione l'aiuto concreto alle autorità di polizia o all'autorità giudiziaria nell'individuazione o nella cattura dei concorrenti.
  La modifica apportata dalla lettera h) al comma 7-bis dell'articolo 73 è volta a coordinarne il testo alla luce della soppressione del comma 5.
  In sintesi, dal combinato delle citate modifiche apportate all'articolo 73 del Testo unico, risulta il seguente quadro sanzionatorio della produzione, del traffico e della detenzione illeciti di stupefacenti:

   reclusione da 6 a 20 anni e multa da 25.822 a 258.228 euro quando le condotte illecite non sono lievi e riguardano droghe «pesanti» (comma 1 dell'articolo 73);

   reclusione da 2 a 6 anni e multa da 5.000 a 80.000 euro quando le condotte illecite non sono lievi e riguardano droghe «leggere» (comma 4 dell'articolo 73). La fattispecie non si applica per la detenzione di cannabis derivante dalla coltivazione consentita dall'art. 26, comma 1-bis;

   reclusione da 8 a 20 anni e multa da 31.000 a 301.000 euro quando le condotte illecite relative a droghe «pesanti» sono effettuate da un soggetto autorizzato (comma 2 dell'articolo 73);

   reclusione da 3 a 8 anni e multa da 15.000 a 150.000 euro quando le condotte illecite relative a droghe «leggere» sono effettuate da un soggetto autorizzato (comma 2-bis dell'articolo 73).

  A tale quadro sanzionatorio si aggiunge anche la disciplina autonoma dei fatti di lieve entità, inseriti nel nuovo articolo 73-bis.
  La riforma conferma che le pene sono aumentate se i fatti sono commessi da 3 o più persone (comma 6 dell'articolo 73) e diminuite per colui che si adopera per collaborare con le autorità (comma 7 dell'articolo 73). In caso di condanna o patteggiamento della pena, è sempre ordinata la confisca penale, anche per equivalente (comma 7-bis dell'articolo 73).
  L'articolo 3, comma 1, inserisce nel Testo unico un nuovo articolo 73-bis, per punire la produzione, l'acquisto e la cessione illeciti di lieve entità di sostanze stupefacenti. In tale nuovo articolo il provvedimento colloca le disposizioni attualmente contenute nei commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, che l'articolo 2 del testo unificato provvede ad abrogare.
  In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 73-bis prevede che, se il fatto non costituisce più grave reato, chiunque commette un reato di detenzione e traffico di stupefacenti di cui all'articolo 73 del Testo unico che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la quantità delle sostanze, è di lieve entità, soggiace alle seguenti pene: reclusione da 6 mesi a 4 anni e multa fino a 10.000 euro, quando la detenzione e il traffico riguardano droghe cosiddette pesanti (nei casi di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 73); reclusione da 2 mesi a 2 anni e multa fino a 2.000 euro, quando la detenzione e il traffico riguardano droghe leggere (nei casi di cui ai commi 2-bis e 4 dell'articolo 73).
  Rispetto alla normativa vigente, che non distingue tra stupefacenti, indifferentemente applicando ai fatti di lieve entità la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro, il testo unificato distingue le droghe pesanti dalle droghe leggere, prevedendo limiti edittali inferiori agli attuali per le sole droghe leggere.
  Il comma 2 del nuovo articolo 73-bis prevede l'applicabilità, anche ai fatti di lieve entità, dell'attenuante prevista dall'articolo 73, comma 7, del Testo unico, per quanti collaborino con le autorità: le pene previste dal comma 1 potranno essere diminuite dalla metà a due terzi.
  I commi 3 e 4 del nuovo articolo 73-bis sostanzialmente ricalcano i contenuti degli attuali commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 73 Pag. 200del Testo unico. Si prevede infatti, al comma 3 dell'articolo 73-bis, quando la fattispecie lieve è commessa da un tossicodipendente, che il giudice possa applicare, in luogo delle pene detentive e pecuniarie, il lavoro di pubblica utilità per una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva. Analogamente, ai sensi del comma 4 dell'articolo 73-bis, si procede quando un tossicodipendente commette, in relazione alla propria condizione di dipendenza, un reato diverso dai fatti di lieve entità relativi agli stupefacenti (purché non sia un reato contro la persona o uno dei gravi delitti per i quali è consentita una più lunga durata delle indagini preliminari), per il quale il giudice infligga una pena non superiore a un anno di detenzione. Rispetto alla normativa vigente, si richiede:

   che la condizione di tossicodipendenza, che giustifica la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, sia certificata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata autorizzata a svolgere attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di soggetti tossicodipendenti (ai sensi dell'articolo 116 del Testo unico);

   che al lavoro di pubblica utilità si accompagni la frequentazione di un programma terapeutico di recupero.

  Infine, con previsione innovativa, il comma 5 del nuovo articolo 73-bis stabilisce che lo spaccio di stupefacenti a minorenni da parte di un maggiorenne non può essere considerato un fatto di lieve entità, e che dunque non si applicano le pene ridotte.
  Il comma 2 dell'articolo 3 del testo unificato interviene poi sul codice di procedura penale per apportarvi una modifica di coordinamento: in dettaglio, all'articolo 380 del codice di procedura penale, che prevede l'arresto obbligatorio in fragranza di uno dei reati previsti dall'articolo 73 del Testo unico (alla lettera h)), viene soppresso l'inciso che esclude tale misura restrittiva in caso di lieve entità. L'arresto obbligatorio in fragranza resta escluso per i fatti di lieve entità, ma non è più necessaria la clausola di salvezza, avendo spostato la relativa disciplina in un articolo diverso.
  L'articolo 4 apporta tre modifiche al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
  In primo luogo, la lettera a), intervenendo sul comma 2 dell'articolo 74 del Testo unico, individua in 8 anni la pena minima applicabile al partecipante all'associazione – attualmente il minimo è 10 anni di reclusione – e fissa in 15 anni la pena massima (attualmente non è fissato un massimo di pena).
  La lettera b) abroga il comma 6 dell'articolo 74, che prevede l'applicazione delle pene previste dall'articolo 416 del codice penale per la semplice associazione a delinquere – reclusione da 3 a 7 anni per i promotori e reclusione da 1 a 5 anni per i partecipanti all'associazione finalizzata a commettere un fatto di lieve entità.
  Analogamente a quanto fatto per l'attenuante prevista all'articolo 73 e al nuovo articolo 73-bis del Testo unico, la lettera c), integrando il comma 7 dell'articolo 74 del Testo unico (il quale prevede attualmente che le pene previste per l'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti), specifica che la collaborazione può concretizzarsi anche in condotte di ausilio alla identificazione o alla cattura dei concorrenti o degli associati.
  L'articolo 5 interviene sull'articolo 75 del Testo unico, il quale prevede l'applicazione di sanzioni amministrative quando i fatti illeciti di importazione, esportazione, acquisto, coltivazione, ricezione o detenzione di stupefacenti siano volti a farne uso personale.
  Al riguardo segnala che, mediante l'introduzione (prevista dalla lettera c) dell'articolo 1) di un nuovo comma 1-bis nell'articolo 26 del Testo unico, il provvedimento stabilisce che la coltivazione e la detenzione da parte di un maggiorenne di non oltre quattro piante femmine di cannabis per uso personale, non rappresenta più un Pag. 201illecito, neanche di tipo amministrativo. Il consumo della cannabis derivante da tale coltivazione non comporta dunque l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 75 del Testo unico. Tali sanzioni amministrative continueranno invece a trovare applicazione per le ulteriori e diverse ipotesi di uso personale di cannabis, per le quali la proposta di legge individua specifiche circostanze da considerare al fine di distinguere i casi penalmente rilevanti da quelli rilevanti solo dal punto di vista amministrativo.
  In tale contesto l'articolo 5 integra il comma 1-bis del citato articolo 75, che individua le circostanze delle quali tenere conto ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente, inserendovi (attraverso l'introduzione di una nuova lettera c), criteri specifici da applicare alla cannabis. In particolare, l'uso potrà essere considerato personale quando le inflorescenze e le resine detenute siano il prodotto di una coltivazione domestica di cannabis che presenti le seguenti caratteristiche:

   minima dimensione;

   rudimentalità delle tecniche utilizzate;

   scarso numero di piante, anche se superiore al limite di quattro previsto dall'articolo 26, comma 1-bis, del Testo unico;

   assenza di indici di inserimento nel mercato degli stupefacenti.

  Sul punto il legislatore codifica quanto elaborato dalla giurisprudenza di legittimità: ricorda, infatti, che le Sezioni Unite della Cassazione penale, con la sentenza n. 12348 del 2019, hanno affermato che «devono ritenersi escluse dal campo d'applicazione del reato di coltivazione di stupefacenti, in quanto non riconducibili all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numera di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore» (in senso conforme si veda Cassazione penale, Sezione VI, sentenza n. 2388 del 2021).
  L'articolo 6 interviene sull'articolo 77 del Testo unico, che configura come illecito amministrativo l'abbandono, in un luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in un luogo privato di comune o altrui uso, di siringhe o di altri strumenti pericolosi utilizzati per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, tale da mettere a rischio l'incolumità altrui.
  In tale contesto il provvedimento raddoppia la sanzione amministrativa pecuniaria, attualmente del pagamento di una somma da 51 a 516 euro, quando i fatti siano commessi all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti (luoghi di cui all'articolo 80, comma 1, lettera g), del Testo unico stupefacenti).
  L'articolo 7 interviene sull'articolo 104 del Testo unico, relativo alla promozione e al coordinamento, a livello nazionale, delle attività di educazione ed informazione.
  In particolare, la disposizione inserisce in tale ambito un nuovo comma 2-bis, il quale demanda al Ministero dell'Istruzione la promozione, all'inizio di ogni anno scolastico, nelle scuole di primo e secondo grado, di una giornata nazionale sui danni derivanti da alcolismo, tabagismo e uso delle sostanze stupefacenti e psicotrope.
  L'articolo 8 interviene sull'articolo 114 del Testo unico, relativo agli obiettivi di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti posti a carico dei comuni, per specificare che gli enti locali dovranno predisporre anche interventi di inserimento socio-lavorativo e occupazionale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento sia riconducibile alla materia «ordinamento civile e penale», di competenza legislativa esclusiva Pag. 202statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Per quanto concerne la giurisprudenza costituzionale in materia, sulla coltivazione di cannabis ricorda come già la sentenza n. 360 del 1995 della Corte costituzionale abbia dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 73 e 75 del Testo unico in materia di stupefacenti, nella parte in cui prevedono l'illiceità penale della coltivazione di piante da cui siano estraibili sostanze stupefacenti anche per uso personale degli agenti.
  Nella sentenza citata, la Corte ha evidenziato l'insussistenza della denunciata disparità di trattamento della condotta di coltivazione, prevista e punita soltanto penalmente dall'articolo 73, rispetto a quello previsto per le condotte di detenzione, acquisto e importazione di sostanze stupefacenti, sanzionate invece in via amministrativa quando finalizzate al consumo personale. Queste ultime, infatti, sono condotte collegate immediatamente e direttamente all'uso della sostanza stupefacente. Al contrario, nel caso della coltivazione tale nesso di immediatezza manca e, pertanto, non è irragionevole che il legislatore sanzioni penalmente anche l'approvvigionamento di sostanze stupefacenti per uso personale. Spetta poi al giudice di merito la verifica dell'offensività in concreto, al limite ricorrendo alla figura del reato impossibile ai sensi dell'articolo 49 del codice penale qualora ne riscontri del tutto l'assenza.
  Alle medesime conclusioni la Corte costituzionale è giunta anche in tempi più recenti, con la sentenza n. 109 del 2016 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 75 del Testo unico in materia di stupefacenti, con riguardo alla parte in cui non include tra le condotte punibili con sole sanzioni amministrative, ove finalizzate in via esclusiva all'uso personale della sostanza stupefacente, anche la coltivazione di piante di cannabis. La Corte costituzionale non ha infatti accolto l'avviso del giudice rimettente, secondo cui risulterebbe in tal modo violato il principio di eguaglianza sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento fra chi detiene per uso personale sostanza stupefacente ricavata da piante da lui stesso precedentemente coltivate – assoggettabile soltanto a sanzioni amministrative, in forza della disposizione denunciata – e chi è sorpreso mentre ha in corso l'attività di coltivazione, finalizzata sempre al consumo personale: condotta che assume, invece, rilevanza penale. Secondo la Corte, infatti, il detentore a fini di consumo personale dello stupefacente «raccolto» e il coltivatore «in atto» rispondono entrambi penalmente. Né, secondo la Corte costituzionale, la norma censurata violerebbe il principio di necessaria offensività del reato, desumibile dalla disposizione combinata degli articoli 13, secondo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione (secondo il giudice rimettente, in quanto non diretta ad alimentare il mercato della droga, la coltivazione di piante di cannabis per uso personale risulterebbe, infatti, inidonea a ledere i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice).
  L'esistenza di contrasti interpretativi nella giurisprudenza di legittimità in relazione alla nozione giuridica di coltivazione di piante da cui siano ricavabili sostanze stupefacenti, ha condotto alla rimessione della questione alle Sezioni unite della Cassazione. In particolare, non essendovi dubbi circa la legittimità della disposizione che sanziona penalmente la condotta di coltivazione sul piano dell'offensività in astratto, negli ultimi anni la giurisprudenza di legittimità si è però divisa sul concetto di offensività in concreto.
  A composizione del contrasto di giurisprudenza, la sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, n. 12348 del 2020, ha affermato che dall'area dell'illecito penale del comma 1 dell'articolo 73 del Testo unico devono ritenersi escluse – per difetto di tipicità, quale necessaria connotazione della fattispecie penale – le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito Pag. 203del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore.
  Infine, segnala che la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare in tema di coltivazione di stupefacenti (sentenza n. 51 del 2022).
  Il quesito referendario era articolato in tre parti, riguardanti la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, l'eliminazione della sanzione della reclusione da due a sei anni per tutti i reati concernenti le droghe leggere e l'esclusione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in caso di uso personale di stupefacenti, sia di tipo pesante sia di tipo leggero.
  La Corte ha rilevato che l'eliminazione della parola «coltiva» dal primo comma dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti – oggetto della prima parte del quesito referendario – farebbe venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti (papavero sonnifero e foglie di coca), e ciò sebbene la richiesta referendaria, secondo le intenzioni dei promotori dichiarate in giudizio, mirasse a depenalizzare le sole condotte di coltivazione «domestica» e «rudimentale» delle piante di cannabis.
  La Corte ha ritenuto che la lettura riduttiva prospettata dai promotori non è in alcun modo ricavabile dal testo normativo. La richiesta referendaria – secondo il suo contenuto oggettivo, unico rilevante – avrebbe condotto quindi alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni di Vienna e di New York e con la Decisione Quadro 2004/757/GAI.
  Inoltre, la Corte ha osservato che il risultato perseguito dalla richiesta referendaria neppure sarebbe stato raggiunto, in quanto sarebbero rimaste nell'ordinamento altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti (articoli 26 e 28 del Testo unico). Ciò rendeva, in questa parte, il quesito «fuorviante» per l'elettore.
  Con riferimento alla seconda parte del quesito, la Corte ha evidenziato un profilo di manifesta contraddittorietà, perché l'abrogazione della pena detentiva per le condotte aventi ad oggetto le sole droghe leggere avrebbe determinato una stridente antinomia con il trattamento sanzionatorio di analoghi fatti, ma di «lieve entità». Per questi ultimi, infatti, sarebbe rimasta comunque in vigore la pena congiunta della reclusione e della multa; ciò avrebbe finito per porre l'elettore di fronte a una scelta illogica e contraddittoria.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) ritiene incomprensibile che il Parlamento debba essere impegnato nell'attuale fase politica nell'esame di un provvedimento su un tema divisivo come quello in esame e dichiara pertanto il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dalla relatrice.

  Emanuele PRISCO (FDI) dichiara il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dalla relatrice ed esprime il proprio sconcerto per il fatto che forze politiche della maggioranza, da un lato rivendichino il ruolo fondamentale dell'attuale Governo per la difesa dell'interesse nazionale, con riferimento alla gestione della pandemia e del PNRR, nonché della crisi internazionale in atto a seguito del conflitto in Ucraina, e, dall'altro, perseguano quale obiettivo prioritario la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, rilevando come tale atteggiamento contrasti con il buon senso.
  Per quanto concerne la legittimità costituzionale del provvedimento in esame, su cui è chiamata a pronunciarsi la Commissione in questa sede, rileva come non si possa che esprimere un parere negativo, in quanto la nocività delle sostanze di cui si propone di depenalizzare la coltivazione è scientificamente accertata e il provvedimento si pone dunque in contrasto con i Pag. 204princìpi costituzionali della tutela della vita e della salute.

  Il Comitato approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 14.25.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 22 giugno 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo Sibilia.

  La seduta comincia alle 14.25.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Avverte inoltre che, come specificato anche nelle convocazioni, alla luce di quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020, i deputati possono partecipare in videoconferenza all'odierna seduta di interrogazioni a risposta immediata. Informa, infine, che l'interrogazione n. 5-08288 Di Muro è stata ritirata dal presentatore.

5-08286 Marco Di Maio: Sulla predisposizione del disegno di legge di riforma del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali.

  Marco DI MAIO (IV), illustrando la sua interrogazione, osserva come l'annunciato disegno di legge di riforma del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali potrebbe segnare un'importante svolta nel percorso che mira a riconoscere nuovamente una piena dignità istituzionale alle province della Repubblica italiana.
  Rileva come la riforma contenga una delega legislativa al Governo per la revisione del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali su tematiche di assoluto rilievo e apporti una serie di modifiche immediatamente operative alla governance degli enti locali. In particolare, per le province essa prevede l'ampliamento delle funzioni fondamentali, tra cui quelle relative all'adozione del piano strategico triennale, la gestione e l'organizzazione dei servizi pubblici di ambito provinciali, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale, la pianificazione territoriale di protezione civile, la tutela e la valorizzazione dell'ambiente, reintroduce la giunta provinciale e allinea i mandati di consiglio e presidenza a cinque anni.
  In quest'ottica, il provvedimento annunciato si pone come misura necessaria per restituire forza ai territori e per costruire uno sviluppo territoriale omogeneo. Nonostante gli annunci, risalenti ai mesi passati, di una prossima discussione del provvedimento in Consiglio dei ministri e successivo svolgimento dell'iter parlamentare, alla data di presentazione della presente interrogazione il testo non risulta tuttavia ancora approdato in Consiglio dei ministri
  In tale contesto, l'interrogazione chiede a che punto si trovi la predisposizione del disegno di legge di riforma del testo unico dell'ordinamento degli enti locali e quali iniziative si intendano porre in essere per dare un quadro giuridico rinnovato e certo alle autonomie locali.

  Il Sottosegretario Carlo SIBILIA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Marco DI MAIO (IV), ringrazia il rappresentante del Governo per la risposta, auspicando una rapida adozione – quantomeno entro lo scadere della corrente legislatura – del disegno di legge di riforma del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali, per la cui predisposizione si augura sia coinvolto anche il Parlamento.
  Ricorda infatti che si tratta di una riforma molto attesa, essendo volta a restituire forza ai territori e a garantire uno sviluppo territoriale omogeneo. Dopo aver rilevato, in proposito, come nella sua regione, l'Emilia-Romagna, in particolare nell'ambito di talune province dell'area della Romagna, siano in corso processi virtuosi di fusione, in vista di una razionalizzazione nell'esercizio delle diverse competenze e Pag. 205funzioni, ritiene che dall'esito di tale ipotesi di riforma potrà derivare ulteriore slancio a tali processi, che si collocherebbero all'interno di un quadro giuridico rinnovato e certo delle autonomie locali.
  Nel ricordare che gli enti locali rappresentano la spina dorsale dell'apparato istituzionale e svolgono un ruolo fondamentale in vista dell'erogazione di servizi ai cittadini e alle imprese, auspica si individuino soluzioni normative che vadano nella direzione di una ottimizzazione e miglioramento dell'efficacia dell'azione della pubblica amministrazione.

5-08287 Montaruli: Sui ritardi nei trasferimenti di risorse economiche dal Ministero alle Prefetture per sostenere i costi di ristorazione e pernottamento degli agenti del servizio d'ordine a tutela del cantiere TAV di Chiomonte.

  Augusta MONTARULI (FDI), illustrando la sua interrogazione, rileva come essa abbia ad oggetto la situazione di grave difficoltà in cui si trovano alcune aziende per il mancato pagamento, da parte del Ministero dell'interno, dei corrispettivi previsti dalle convenzioni stipulate dal Ministero medesimo per garantire l'alloggio e la ristorazione degli agenti delle forze di polizia impegnati nei servizi di tutela del cantiere TAV di Chiomonte.
  Ritiene che tale situazione sia inammissibile, in quanto le aziende hanno puntualmente onorato gli impegni assunti nei confronti dello Stato mentre lo Stato non ha fatto altrettanto, ritardando i pagamenti dovuti.
  Chiede, pertanto, che il Ministero dell'interno provveda immediatamente al pagamento di quanto dovute alle imprese creditrici.

  Il Sottosegretario Carlo SIBILIA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Augusta MONTARULI (FDI), replicando, rileva come la risposta del rappresentante del Governo non chiarisca quali sia la tempistica del trasferimento dei fondi necessari per liquidare i compensi spettanti alle imprese creditrici.
  Sottolinea come una delle aziende interessate vanti un credito di 100 mila euro e sia stata costretta a interrompere la propria attività, ritenendo pertanto inammissibile che lo Stato venga meno ai propri impegni nei confronti di operatori economici che, al contrario, hanno puntualmente onorato i propri.

5-08289 Gebhard: Sulla trascrizione da parte delle anagrafi comunali degli atti formati all'estero attestanti lo stato giuridico dei nati a seguito del ricorso alla procreazione medicalmente assistita.

  Riccardo MAGI (MISTO-A-+E-RI), illustrando l'interrogazione, di cui è cofirmatario, osserva come, a seguito di un percorso di procreazione medicalmente assistita o di gestazione per altri, praticata da una coppia di persone dello stesso sesso all'estero ai sensi delle normative locali, dopo l'avvenuta trasmissione al comune di residenza della coppia, da parte del consolato italiano, dell'atto di nascita tradotto dalle autorità locali e legalizzato dal Ministero competente, presso alcuni comuni gli ufficiali di stato civile omettano arbitrariamente di trascrivere entrambi i genitori e procedono alla sola trascrizione del genitore biologico, con grave pregiudizio per il minore.
  Al riguardo rileva come la legge n. 40 del 2004 stabilisca, all'articolo 8, che i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere ad esse, e come l'articolo 9 della medesima legge stabilisca che non possa essere proposta dai membri della coppia l'azione di disconoscimento di paternità né, per la madre, la richiesta di non essere menzionata nell'atto di nascita.
  In tale contesto l'interrogazione chiede se il Ministro interrogato non ritenga che i comuni abbiano l'obbligo di trascrivere integralmente presso l'anagrafe gli atti formati all'estero attestanti lo stato giuridico dei nati a seguito di percorsi di procreazione medicalmente assistita e gestazione per altri come figli dei genitori intenzionali, Pag. 206indipendentemente dal fatto che siano avvenuti o meno in osservanza dei requisiti di cui agli articoli 4 e 5 della legge n. 40 del 2004.

  Il Sottosegretario Carlo SIBILIA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

  Riccardo MAGI (MISTO-A-+E-RI), replicando, ringrazia il Sottosegretario Sibilia per la risposta e si riserva di valutare l'interpretazione che sarà fornita dall'Avvocatura dello Stato, alla quale la risposta fa riferimento.
  Rileva, tuttavia, come la finalità dell'interrogazione non fosse quella di porre la questione dell'interpretazione delle norme della legge n. 40 del 2004 circa i divieti in materia di fecondazione assistita, in quanto tali norme, a suo avviso, non concernono la trascrizione degli atti di nascita, alla quale occorre comunque dare corso a tutela dei diritti costituzionali del minore.

5-08290 Brescia: Sui tempi di adozione di 34 decreti attuativi di competenza del Ministero dell'interno.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, illustrando la sua interrogazione, osserva come, a fronte della presentazione di numerosi decreti-legge, emerga una preoccupante lentezza nella loro attuazione. Fa notare che si tratta di un lavoro che coinvolge solo gli uffici del Ministero, sottolineando altresì come, a causa della mancata adozione di molti decreti attuativi, risultano inutilizzati miliardi di euro.
  Nel dettaglio, segnala che il Ministero dell'interno deve ancora adottare 34 decreti attuativi, da molti dei quali dipende lo sblocco di risorse per 565 milioni di euro. Evidenzia come tali risorse siano destinate ai comuni, alle province e alle città metropolitane, per realizzare progetti di rigenerazione urbana, nonché per la tutela degli amministratori locali vittime di atti intimidatori.
  A tale riguardo l'interrogazione chiede informazioni sui tempi di adozione dei richiamati 34 decreti attuativi in capo al Viminale.

  Il Sottosegretario Carlo SIBILIA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Giuseppe BRESCIA, presidente, replicando, ringrazia il Sottosegretario, il quale non ha ovviamente alcuna responsabilità personale in relazione a tale problematica, che ricade, invece, a suo avviso, sulla Ministra Lamorgese e sulla struttura del suo Ministero.
  Considera l'interrogazione doverosa, in quanto l'inerzia dei ministeri sui decreti attuativi equivale a veri e propri debiti nei confronti di famiglie, imprese ed enti locali. Ritiene altresì giusto che ciò sia noto ai ministri e ai funzionari coinvolti.
  Ricorda che vi sono innovazioni ferme, in attesa di attuazione, come la tessera elettorale digitale, e vi sono, ad esempio, tutori dei minori stranieri non accompagnati che aspettano il rimborso delle spese sostenute.
  In conclusione, dichiara di aspettarsi risultati concreti su tale aspetto, prima del varo della prossima legge di bilancio, confidando nel lavoro del Governo su tale versante.

5-08291 Ceccanti: Sulla gestione dell'accoglienza dei profughi ucraini nel comune di Calci e sulle iniziative di competenza per superare gli ostacoli burocratici relativi all'uso di strutture idonee a tal fine.

  Lucia CIAMPI (PD), illustrando l'interrogazione, di cui è cofirmataria, rileva come da notizie a mezzo stampa si sia appreso che nel comune di Calci, in Toscana, si sarebbero verificati alcuni ostacoli burocratici che avrebbero impedito una piena e adeguata accoglienza ad alcuni profughi provenienti dall'Ucraina, a seguito dello scoppio della guerra. Come riportato dalla stampa, vi sarebbe, ad esempio, una coppia di pensionati che ha accolto nei 70 metri quadri in cui vive due donne e tre minori, pensando che si sarebbe trattato di una soluzione per breve tempo alla luce degli impegni assunti dal Governo sull'accoglienza e del grande impegno profuso dal comune di Calci nel reperire alloggi da mettere a disposizione dei profughi.Pag. 207
  In particolare, il comune aveva messo a disposizione alcuni alloggi, con allegato anche il certificato di abitabilità, e prontamente segnalato alla prefettura affinché venissero inserite nel sistema di accoglienza alcune famiglie ucraine che, come nel caso citato, erano già giunte in Italia ed erano state provvisoriamente ospitate presso privati, in attesa di una soluzione più adeguata e di lungo periodo. Trascorsi tre mesi dai primi arrivi in Italia, dalla prefettura competente non sarebbero ancora giunti i necessari nulla osta, e gli appartamenti, sia pur regolarmente dotati dell'abitabilità, sarebbero ancora vuoti, mentre i profughi continuerebbero a vivere in sovraffollamento a casa dei privati, come nel caso citato, dove sette persone vivono da 3 mesi in 70 metri quadri e con un solo bagno a disposizione.
  In tale contesto l'interrogazione chiede se i fatti riportati si siano verificati anche in comuni diversi da quello di Calci e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per accelerare quanto prima la messa a disposizione di appartamenti dotati di abitabilità e garantire un'accoglienza adeguata ai profughi, già duramente provati dalla guerra che si sono lasciati alle spalle.

  Il Sottosegretario Carlo SIBILIA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 7).

  Lucia CIAMPI (PD), replicando, ringrazia, anche a nome del Sindaco del comune di Calci, il rappresentante del Governo per la risposta fornita, auspicando che il Ministero possa continuare a monitorare la situazione nel suo complesso, al fine di garantire un'accoglienza adeguata ai profughi provenienti dall'Ucraina.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 14.55.

COMITATO DEI NOVE

  Mercoledì 22 giugno 2022.

DL 41/2022: Disposizioni urgenti per lo svolgimento contestuale delle elezioni amministrative e dei referendum previsti dall'articolo 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2022, nonché per l'applicazione di modalità operative, precauzionali e di sicurezza ai fini della raccolta del voto.
Emendamenti C. 3591-A Governo.

  Il Comitato si è riunito dalle 18.15 alle 18.25.