CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 marzo 2021
545.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
Pag. 19

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO.

  Mercoledì 10 marzo 2021. – Presidenza del presidente Stefano CECCANTI.

  La seduta comincia alle 15.20.

Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'Appello.
C. 2435 Governo.
(Parere alla Commissione II).
(Esame e conclusione – Parere con condizione e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Alessio BUTTI, relatore, dopo aver illustrato sinteticamente i principali aspetti del provvedimento di interesse del Comitato formula la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,

   esaminato il disegno di legge n. 2435 e rilevato che:

    sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:

   il disegno di legge, composto da 18 articoli presenta un contenuto omogeneo e corrispondente al titolo;

   in linea generale, merita apprezzamento il ricorso allo strumento della delega legislativa per delineare, come nel caso in esame, una vasta riforma di settore; è anzi auspicabile che, anche nell'ambito dell'attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza, si faccia ricorso, per le riforme di settore che si renderanno necessarie, a leggi-delega caratterizzate da una formulazione attenta dei principi di delega e da un forte coinvolgimento delle competenti Commissioni parlamentari nel processo di attuazione della delega;

   sotto il profilo del coinvolgimento delle competenti Commissioni parlamentari, con Pag. 20riferimento specifico al provvedimento in esame, si valuti l'opportunità, alla luce della delicatezza della materia trattata, di prevedere il cosiddetto “doppio parere parlamentare”;

    sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:

   si valuti l'opportunità di approfondire la formulazione di alcuni principi di delega; in particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, che prevede che “nei procedimenti penali di ogni stato e grado, il deposito di atti e documenti possa essere effettuato anche con modalità telematiche”, appare suscettibile di ulteriori specificazioni; alle successive lettere d) ed f) si potrebbe ulteriormente specificare a quale normativa, “anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici” si faccia riferimento (si richiama ad esempio in materia il decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44); alla successiva lettera l) si potrebbero ulteriormente specificare quali siano le “deroghe” alle forme di notificazione al difensore laddove questi sia d'ufficio e non sia stata effettuata la prima notificazione con consegna personale; con riferimento alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3, che prevede che il pubblico ministero chieda l'archiviazione quando, tra gli altri casi, gli elementi acquisiti nelle indagini “non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio” andrebbe valutato se la formulazione non consenta margini esegetici eccessivamente ampi; alla successiva lettera g) andrebbe valutato se non siano meritevoli di ulteriore specificazione la forma e il contenuto della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa, dalla quale scatta la messa in mora del pubblico ministero ai fini dell'esercizio dell'azione penale o dell'archiviazione; alla successiva lettera h) andrebbe valutata l'opportunità di specificare meglio, data l'estrema delicatezza della materia, la definizione dei criteri di priorità trasparenti e predeterminati da parte degli uffici del pubblico ministero per garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale; alla successiva lettera i) dovrebbe essere meglio circoscritta la fattispecie della “ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio” la cui assenza vincolerebbe il giudice dell'udienza preliminare ad escludere il rinvio a giudizio; alla successiva lettera l) andrebbero meglio precisate le modalità di accertamento della data di effettiva acquisizione della notizia di reato; alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 13, laddove si prevede che il processo sia definito entro sei mesi dal deposito dell'istanza di immediata definizione dei giudizi in grado di appello e in cassazione andrebbe chiarito se, per i giudizi in grado di appello, entro sei mesi deve essere concluso solo il grado di appello o anche quello in cassazione;

    sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:

   il comma 2 dell'articolo 1 prevede che qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare sugli schemi di decreto legislativo scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato per un periodo di sessanta giorni (cd. “tecnica dello scorrimento”); si tratta di una norma procedurale presente in molti provvedimenti di delega e che – come segnalato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 261 del 2017 – pur consentendo di individuare comunque il termine di delega, presenta “una formulazione ed una struttura lessicale oggettivamente complessa”; al riguardo, si ricorda che, in precedenti analoghe circostanze, il Comitato ha segnalato l'opportunità di prevedere, in luogo dello scorrimento del termine di delega, termini certi entro i quali il Governo deve trasmettere alle Camere gli schemi dei decreti legislativi (quali ad esempio, trenta, sessanta o novanta giorni prima della scadenza della delega);

   il comma 4 dell'articolo 1 prevede che il Governo, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega Pag. 21 possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi; si tratta di una formulazione che, sia pure non priva di precedenti, il Comitato ha costantemente ritenuto non idonea ad individuare in modo inequivoco il termine ultimo per l'emanazione dei decreti legislativi integrativi e correttivi (si veda da ultimo il parere reso nella seduta del 17 gennaio 2019 sul progetto di legge C. 1409); risulta pertanto preferibile fare riferimento all'entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi adottati di modo che il termine per l'esercizio della delega volta all'emanazione di disposizioni integrative e correttive a ciascuno dei decreti legislativi adottati scada, in modo inequivoco, due anni dopo l'entrata in vigore di ciascuno di questi ultimi;

   la lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 prevede che il Ministro della giustizia, con uno o più decreti aventi natura non regolamentare individui gli uffici giudiziari e la tipologia degli atti per i quali il deposito telematico è obbligatorio; al riguardo si ricorda che i decreti di natura non regolamentare sono stati oggetto di costante censura da parte del Comitato in coerenza con la sentenza n. 116 del 2006 della Corte costituzionale; nel caso specifico merita anche segnalare che in caso di contenzioso, come ricordato anche dal presidente del Consiglio di Stato nella sua audizione di fronte al Comitato del 27 marzo 2019, “la qualificazione giuridica dell'atto spetta comunque al giudice, che addirittura può annullare l'atto se, ritenendolo regolamentare, non sia stato sottoposto al procedimento previsto per i regolamenti”; in tal senso, considerata la portata generale del provvedimento, l'adozione della procedura prevista per i regolamenti, con la previsione in particolare del parere del Consiglio di Stato, potrebbe rappresentare un elemento di maggiore tutela non solo per i destinatari delle misure ma anche per il Governo;

   le lettere b) e c) numero 1) del comma 1 dell'articolo 4 sembrano riprodurre quanto già previsto a legislazione vigente; in particolare la lettera b), nella parte in cui prevede che il giudice ammetta il rito di giudizio abbreviato con integrazione probatoria quando, nonostante l'integrazione probatoria, si produca comunque un'economia processuale rispetto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale, sembra riprodurre quanto già previsto dall'articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale; il numero 1) della lettera c) nella parte in cui prevede che quando l'imputato avanza richiesta di giudizio abbreviato condizionato da integrazione probatoria e il GIP glielo nega, l'imputato possa allora avanzare richiesta di giudizio abbreviato senza integrazione probatoria o di patteggiamento sembra riprodurre quanto già previsto dall'articolo 438, comma 5-bis, del codice di procedura penale;

   la lettera b) del comma 1 dell'articolo 12 prevede che i termini di durata del processo penale individuati dal principio di delega di cui alla lettera a) possano essere stabiliti in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia e tenuto conto di determinati parametri espressamente indicati; al riguardo si valuti l'opportunità di circoscrivere meglio la previsione, in modo da evitare che si configuri una sorta di “delegificazione spuria” nella misura in cui si consenta, in maniera indeterminata, alle decisioni del Consiglio superiore della magistratura di modificare i termini di legge;

   gli articoli 15 e 16, comma 1, riproducono, sostanzialmente, il contenuto di disposizioni già vigenti; si tratta, rispettivamente, dell'articolo 256 e dell'articolo 255, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020;

   il testo originario del provvedimento non risulta corredato né di analisi tecnico-normativa né di analisi di impatto della regolamentazione; si rileva che, alla luce dell'ampio processo di riforma che il progetto di legge delinea potrebbe risultare in particolare opportuna la predisposizione dell'analisi di impatto della regolamentazione; si ricorda che nella Legislatura sono stati correttamente corredati di analisi di impatto della regolamentazione altri disegni di legge governativi che delineavano Pag. 22processi riformatori di ampia portata quali il disegno di legge C. 1455 “modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” (legge n. 69 del 2019) e il disegno di legge S. 1662 “delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”;

  formula, alla luce dei parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, la seguente condizione:

    sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:

   provveda la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, a sostituire all'articolo 1, comma 4, le parole: “dell'ultimo dei” con le seguenti: “di ciascuno dei”;

  il Comitato osserva altresì quanto segue:

    sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:

   valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di approfondire la formulazione dell'articolo 2, comma 1, lettere a), d), f) e l); dell'articolo 3, comma 1, lettere a), g), h), i), l) e dell'articolo 13, comma 1, lettera b);

    sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente:

   valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di:

    aggiungere all'articolo 1 comma 2, primo periodo, dopo le parole: “trasmessi alle Camere” le seguenti: “, entro il novantesimo giorno antecedente il termine di scadenza della delega,” e sostituire il terzo periodo con i seguenti: “Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati;

    approfondire l'articolo 2, comma 1, lettera b), l'articolo 4, comma 1, lettera b) e lettera c), numero 1); l'articolo 12, comma 1, lettera b); l'articolo 15 e l'articolo 16, comma 1.

  Valuti infine la Commissione di merito, l'opportunità di richiedere al Governo, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul provvedimento, la predisposizione di un'analisi di impatto della regolamentazione.».

  Stefano CECCANTI, presidente, ringrazia il relatore Butti per la proposta predisposta che ritiene contenga, a fianco di significativi rilievi sul merito del provvedimento, due importanti elementi di novità più generali.
  Il primo è il passaggio incidentale inserito nelle premesse come considerazione di carattere generale sull'opportunità di utilizzare maggiormente nella Legislatura in corso lo strumento delle leggi delega, anche per quanto attiene l'attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
  Ricorda infatti che i recenti dati dell'Osservatorio sulla legislazione mostrano infatti che nella prima metà della XVIII Legislatura (23 marzo 2018-23 settembre 2020) sono state approvate solo sette leggi-delega di cui solo una qualificabile come «riforma di settore» (la legge n. 86 del 2019 in materia di sport); nel corrispondente periodo della XVII Legislatura (15 marzo 2013-15 settembre 2020) si erano invece avute 13 leggi-delega di cui sei qualificabili come «riforma di settore».
  Per quanto attiene al PNRR, segnala poi che la bozza del piano in queste settimane all'esame del Parlamento delinea un complesso molto ampio di misure; si può presumere Pag. 23 che esse costituiranno magna pars della legislazione dei prossimi anni. Per questo non risultano indifferenti le modalità con le quali queste misure saranno adottate; anzi presumibilmente esse condizioneranno fortemente i lavori parlamentari per il resto della Legislatura. Su questo il documento non fornisce però elementi. Sul punto ritiene evidente che se il Governo si affiderà, per l'attuazione delle riforme, ad una serie di decreti-legge questi avranno inevitabilmente dimensioni abnormi (con la tendenza dei ministeri, come si è visto anche nei provvedimenti del 2020, a «svuotare i cassetti») e l'esame parlamentare risulterà inevitabilmente compresso. Osserva che lo strumento del decreto-legge potrà essere evidentemente usato per i primi interventi di più diretta e immediata attuazione ma per misure più strutturali occorre pensare ad altri strumenti.
  Segnala che a questo proposito vi è una via alternativa che è stata indicata anche in alcuni recenti interventi dottrinali (ad esempio quelli di Valerio Di Porto e Fabio Pammolli): quella di privilegiare, per quanto possibile, l'adozione di leggi delega. In particolare, è stato indicato il modello della legge delega di riforma n. 421 del 1992 adottata dal primo governo Amato nel 1992. Al di là del giudizio sui contenuti, quella legge delega rappresentò sul piano del metodo un'importante innovazione. Essa conteneva tre deleghe di riforma settoriale dedicate rispettivamente alla sanità, alla previdenza e alla finanza territoriale; tempi stretti per l'attuazione della delega (novanta giorni); il parere parlamentare sugli schemi di decreto.
  Nel caso del PNRR si potrebbero immaginare deleghe sui più importanti dei pilastri fondamentali, ad esempio la transizione verde, la trasformazione digitale, la sanità, la scuola. Oppure leggi delega che intervengano sulle tre riforme indicate dal ministro Franco nella sua audizione di lunedì: pubblica amministrazione, riforma della giustizia civile (su cui in verità vi è già un disegno di legge delega all'esame del Senato), semplificazione normativa. Altra riforma che dovrebbe necessariamente configurarsi come legge delega è poi quella fiscale prospettata dal presidente Draghi nelle sue dichiarazioni programmatiche. Nell'approvare le deleghe il Parlamento dovrebbe avere cura di garantire una formulazione attenga e non vaga dei principi e criteri direttivi.
  Il processo di attuazione delle deleghe potrebbe coinvolgere adeguatamente le autonomie territoriali. Ed occorre ovviamente pensare ad un rapido, ma forte, parere parlamentare. Si può anche ipotizzare – lo ha fatto recentemente Andrea Manzella – la costituzione di organismi bicamerali ad hoc che svolgano, in parallelo ai pareri sugli schemi di decreto legislativo un ampio lavoro conoscitivo, prendendo a modello le grandi inchieste parlamentari del dopoguerra, come quella sulla miseria.
  Ricorda infine che, per superare la preoccupazione di un eccessivo prolungamento dei tempi di esame parlamentare dei disegni di legge-delega, il regolamento della Camera consente (articolo 123-bis), se tali disegni di legge vengono qualificati dal DEF come collegati alla manovra di finanza pubblica, di individuare una data fissa per il voto finale in Assemblea. La data finale di deliberazione è prevista anche al Senato, per i disegni di legge collegati, come per tutti gli altri provvedimenti ai sensi degli articoli 126-bis e 55, comma 5, del Regolamento.
  Il secondo elemento di novità è rappresentato dall'osservazione che invita la Commissione di merito a valutare l'opportunità di richiedere al Governo la predisposizione di un'analisi di impatto della regolamentazione.

  Il Comitato approva la proposta di parere.

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO.

Conversione in legge del decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri.
C. 2915 Governo.
(Parere alla Commissione I).
(Esame e conclusione – Parere con osservazioni).

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  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Valentina CORNELI, relatrice, dopo aver illustrato sinteticamente i principali aspetti del provvedimento di interesse del Comitato formula la seguente proposta di parere:
  «Il Comitato per la legislazione,

   esaminato il disegno di legge n. 2915 e rilevato che:

    sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto e dei limiti di contenuto previsti dalla legislazione vigente:

   il decreto-legge, composto da 12 articoli, per un totale di 71 commi, appare riconducibile alla ratio unitaria di riorganizzare funzioni e competenze di alcuni Ministeri, in coincidenza con l'insediamento del nuovo Governo; si rileva che il preambolo non dà conto dei motivi di necessità ed urgenza alla base del mutamento, di cui all'articolo 5, di denominazione relativa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ora denominato Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, denominazione alla quale peraltro non sembra accompagnarsi nessun mutamento di funzioni; manca di motivazione nel preambolo anche la disposizione in materia di riparto del fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui all'articolo 9;

   con riferimento al rispetto del requisito dell'immediata applicabilità delle norme contenute nei decreti-legge di cui all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400/1988, si segnala che dei 71 commi 9 richiedono provvedimenti attuativi; si tratta in sei casi di DPCM e in tre casi di provvedimenti di altra natura (modifiche di statuti e approvazione di un piano per la transizione ecologica);

    sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:

   andrebbe approfondita la formulazione di alcune disposizioni; in particolare, l'articolo 2, comma 2, lettera d), numero 2), capoverso c) contiene l'espressione “finanza climatica” che, in quanto nuova nella legislazione italiana, andrebbe corredata di un'apposita definizione; il mutamento di denominazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui all'articolo 5 andrebbe operato in forma di novella del decreto legislativo n. 300 del 1999 in coerenza con il paragrafo 3, lettera a), della circolare per la formulazione tecnica dei testi legislativi del Presidente della Camera del 20 aprile 2001 e con quanto previsto dallo stesso provvedimento con riferimento al Ministero della transizione ecologica (articolo 2); al Ministero della cultura (articolo 6) e al Ministero del turismo (articolo 6); l'articolo 4, comma 1, capoverso 5, prevede che il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) deliberi sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68 della legge n. 221 del 2015; al riguardo andrebbe meglio chiarita la portata della disposizione posto che alcuni di tali sussidi costituiscono autorizzazioni legislative di spesa che quindi possono essere oggetto di modifica solo attraverso un intervento legislativo;

    sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

   più disposizioni del testo presentano profili problematici per quel che attiene l'utilizzo dello strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   in particolare, due disposizioni (l'articolo 3, comma 4, e l'articolo 4, comma 1, capoverso 8) prevedono l'adozione con DPCM su proposta di singoli ministri e di concerto con ulteriori ministri; al riguardo, il Comitato ribadisce che il DPCM risulta allo stato, nell'ordinamento, un atto atipico; pertanto un suo frequente utilizzo, mutuando peraltro procedure tipiche dell'adozione dei regolamenti, quali il concerto dei Ministri interessati, rischia di tradursi in un impiego non corretto delle fonti del diritto e in quel fenomeno che il Consiglio di Stato ha definito “fuga dal regolamento”, probabilmente indotta dalla Pag. 25complessità e dalla tempistica delle procedure per l'adozione di norme regolamentari;

   inoltre, l'articolo 10 prevede l'adozione, entro il 30 giugno 2021, dei regolamenti di organizzazione dei Ministeri con DPCM, con una deroga – che peraltro dovrebbe essere esplicitata – al procedimento ordinario stabilito dall'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988; tale ultimo procedimento prevede in questa materia l'emanazione di regolamenti governativi di delegificazione, adottati con DPR, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia; al riguardo si ricorda che da ultimo, in occasione dell'esame del decreto-legge n. 86 del 2018, che conteneva all'articolo 4-bis una disposizione di identico contenuto, il Comitato per la legislazione ha segnalato come la previsione non apparisse coerente con le esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demandava ad un atto come il DPCM, ordinariamente a contenuto politico, la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, di regolamenti emanati a norma dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988;

   con riferimento all'articolo 4, che istituisce il CITE, andrebbero approfondite le modalità di coordinamento tra il nuovo Comitato e il CIPESS, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, nuova denominazione assunta a decorrere dal 1° gennaio 2021, dal CIPE, in attuazione dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 111 del 2019, che ha previsto che quest'ultimo Comitato si occupi anche del coordinamento delle politiche pubbliche orientate al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile adottati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015; al riguardo la relazione illustrativa si limita infatti ad affermare che rimangono ferme le competenze del CIPESS;

   il provvedimento non risulta corredato né dell'analisi tecnico-normativa né dell'analisi di impatto della regolamentazione;

  alla luce dei parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento osserva quanto segue:

    sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione:

   valuti la Commissione di merito l'opportunità, per le ragioni esposte in premessa, di approfondire la formulazione dell'articolo 2, comma 2, lettera d), numero 2), capoverso c); dell'articolo 4, comma 1, capoverso 5; dell'articolo 5;

    sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

   valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di approfondire gli articoli 3, 4 e 10.».

  Il Comitato approva la proposta di parere.

  La seduta termina alle 15.35.