CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 luglio 2018
38.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 180

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 18 luglio 2018. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 8.35.

DL 87/2018 Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.
C. 924 Governo.
(Parere alle Commissioni VI e XI).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 17 luglio.

  Cristina ROSSELLO (FI) rileva che il provvedimento all'esame non contiene misure volte a contrastare il fenomeno del lavoro nero o comunque irregolare, tematica che invece dovrebbe assumere un particolare rilievo considerati i suoi effetti di irrigidimento sulle politiche del lavoro e che incide profondamente anche sulle relative politiche dell'Unione europea. Sottolinea, inoltre, che tutti gli indicatori Pag. 181economici testimoniano che il mercato del lavoro a livello dell'Unione europea è attualmente in una prospettiva di crescita, mentre le misure contenute nel decreto in esame sembrano andare in controtendenza, favorendo un decremento dei livelli occupazionali. Rileva come ciò risulti peraltro certificato anche dalla relazione tecnica a corredo del provvedimento, dalla quale emerge un impatto negativo delle nuove disposizioni sui livelli occupazionali, con riflessi finanziari anche sul bilancio europeo. Osserva quindi come il provvedimento colpisca il nostro settore produttivo, rendendo meno competitivo il nostro sistema e ponendo a carico delle imprese maggiori costi. Rileva, infine, che le disposizioni del decreto-legge vanno nella direzione di incentivare un contenzioso, con ulteriori riflessi negativi sulle politiche dell'Unione europea.

  Sergio BATTELLI, presidente, rileva come talune delle osservazioni della deputata Rossello pure in astratto condivisibili, potranno utilmente essere sottoposte alla valutazione delle Commissioni di merito, riguardando politiche di carattere settoriale. Invita quindi deputati a concentrare i loro interventi sugli aspetti che riguardano la competenza della Commissione.

  Cristina ROSSELLO (FI) ritiene che il lavoro della Commissione dovrebbe essere anche di tipo propositivo, anche in riferimento alle politiche di carattere settoriale. In tal senso crede in Commissione si debba anche far presente istanze che per prassi non sono state considerate dalla Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, ribadisce l'esigenza di attenersi al quadro regolamentare vigente in riferimento alle competenze della Commissione.

  Cristina ROSSELLO (FI) insiste sull'importanza che dagli esiti del dibattito in Commissione emerga la tematica relativa all'attuale trend in crescita del lavoro e alla sostanziale controtendenza delle misure contenute nel decreto-legge.

  Simona VIETINA (FI) ricordando la sua esperienza come amministratrice di un comune montano, rileva che parte significativa del decreto-legge all'esame è finalizzata a ridurre il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato, con particolare riferimento alla relativa durata, alle ipotesi di rinnovo e alle casualità delle proroghe successive ai 12 mesi, comportando, a suo avviso effetti negativi sui piccoli comuni cui vi ricorrono come unica possibilità di impiego per lo svolgimento delle proprie funzioni in assenza, di fatto, di effettive possibilità di assumere in altro modo le necessarie risorse. Ritiene pertanto necessario che si individuino misure per risolvere questo problema dei piccoli comuni.

  Marina BERLINGHIERI (PD) richiamando l'intervento del presidente, rileva che la competenza della Commissione coinvolge soprattutto i profili di compatibilità degli atti all'esame con la normativa europea piuttosto che gli aspetti di merito, e che gli interventi dovrebbero quindi riguardare tali profili riservando quelli puntuali in sede di esame di regolamenti e direttive europee. Con riferimento al provvedimento in esame osserva che le parti di diretta competenza della Commissione concernono principalmente le norme relative alla delocalizzazione. Conclude osservando che le discussioni su altri aspetti sono certamente utili per animare il confronto di idee ma non sono strettamente collegate alla competenza della Commissione.

  Emanuela ROSSINI (Misto-Min.Ling) pur considerando valido quanto rilevato, ritiene importante che la Commissione possa essere sede di confronto di idee e opinioni anche su tematiche e per i profili che esulino dalle sue strette competenze, al fine di una maggiore comprensione di esse. Provenendo dal mondo dell'Università, sottolinea come il decreto-legge dovrebbe porre una particolare attenzione Pag. 182sull'occupazione giovanile e sul precariato, per quanto le citate esigenze dei piccoli comuni dovrebbero trovare soluzioni adeguate, contemperando le diverse esigenze. Per quanto riguarda gli aiuti di Stato ritiene opportuno che si individuino precisi requisiti per i beneficiari al fine di evitare eventuali procedure di infrazione.

  Cristina ROSSELLO (FI) ribadendo quanto già rilevato sulla contraddizione del contenuto del decreto-legge con le attuali tendenze del mercato del lavoro europeo e italiano, insiste nell'osservare che le tematiche su cui ci si sta confrontando devono essere comunque oggetto di discussione in Commissione anche qualora le relative risultanze non fossero incluse nei pareri che saranno resi alle Commissioni competenti nel merito. Sottolinea che la libertà di impresa costituisce un diritto stabilito dai Trattati dell'Unione europea e si chiede se il Governo abbia tenuto conto che il decreto in oggetto potrebbe violare tale principio e provocare sanzioni a livello europeo che, come si evince dal disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018», che la Commissione ha iniziato ad esaminare nella seduta di ieri, risultano piuttosto costose per il Paese. Questo, ritiene, è un punto da far presente da parte del relatore. Ribadisce, inoltre, che le disposizioni recate dal decreto all'esame contribuiranno ad innalzare il livello del numero di contenziosi già così elevato in Italia. Ritiene, infine, che vi sia un concreto rischio che l'Italia sia chiamata a rispondere di fronte alla Corte di giustizia per violazione delle norme europee relative alla libertà di impresa.

  Piero DE LUCA (PD) condivide le considerazioni critiche avanzate dai colleghi. In particolare, evidenzia come desti preoccupazione la sproporzione della sanzione prevista in materia di delocalizzazione. Sottolinea, inoltre, come non si faccia invece riferimento ai livelli di occupazione, posti come parametro per valutare la delocalizzazione nella normativa vigente, e che non sono previste forme di incentivazione a favore del lavoro. Tutto ciò mentre si colpisce la libertà d'impresa con la concreta possibilità che l'Italia sia chiamata a rispondere di fronte alla Corte di giustizia per violazione dei Trattati europei. Richiamando il Governo a porre la dovuta attenzione sulle predette problematiche, conclude osservando che sarebbe meglio mantenere nel provvedimento le disposizioni relative alla sola restituzione degli aiuti ricevuti, ove cessino i requisiti, omettendo quelle riguardanti le sanzioni che, ritiene, potrebbero essere considerate illegittime dall'Unione europea.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, a seguito di quanto emerso dal precedente dibattito e con riferimento alle questioni poste dai deputati intervenuti anche nella seduta di ieri, fornisce le seguenti precisazioni. Con riferimento alle osservazioni in materia di recuperabilità delle somme assistite da privilegio dello Stato, nel premettere che la questione andrebbe più compiutamente approfondita presso le Commissioni di merito, ricorda che l'articolo 5, comma 5, del decreto dichiara applicabile alle somme oggetto di recupero le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, il quale istituisce il privilegio dello Stato sui crediti derivanti dalla restituzione dei benefici, ne disciplina le modalità di recupero mediante iscrizione a ruolo e prevede che le stesse somme recuperate affluiscano all'entrata del bilancio statale per essere interamente riassegnate e destinate a incrementare la disponibilità della misura di aiuto. Più nello specifico, la norma prevede che i crediti nascenti dai finanziamenti erogati sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli per retribuzioni e provvigioni previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Con riferimento alle questioni poste in materia di applicabilità delle sanzioni, fa presente che, come ricordato ieri dalla Vicepresidente Pag. 183Spadoni, l'articolo 5, comma 5, e l'articolo 6, comma 3, prevedono espressamente l'applicabilità delle nuove norme solo per gli aiuti che saranno concessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, consentendo in tal modo alle imprese di evitare gli eventuali problemi di programmazione dei propri investimenti, cui faceva riferimento il collega. Quanto alla nozione di delocalizzazione, fa presente che la previsione di cui all'articolo 5, comma 6, appare in linea con le pertinenti definizioni a livello europeo e comunque potrà come, nel caso delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 60 e 61, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, essere suscettibile di ulteriore specificazione in sede di emanazione della normativa secondaria. Segnala, tuttavia, che le definizioni presenti nella normativa europea riguardano specifici ambiti di intervento, in particolare gli aiuti regionali in regime di esenzione, mentre la disposizione in esame intende introdurre un regime di portata generale applicabile a tutti gli aiuti di Stato diretti a sostenere gli investimenti produttivi, pur facendo salve le disposizioni speciali dettate dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato. Quanto all'estensione temporale del vincolo a non delocalizzare a cinque anni per le piccole e medie imprese, osserva che esso non sembra porsi in contrasto con la normativa europea, che definisce un termine solo «minimo» di mantenimento di «almeno tre anni» per le piccole e medie imprese. Per quanto riguarda le osservazioni fatte in seduta odierna, pur condividendole in ampia misura, sottolinea tuttavia che il decreto-legge non è finalizzato a deprimere l'occupazione ma a tutelare la dignità dei lavoratori. Sulla sollevata tematica relativa al lavoro nei piccoli comuni rileva che le disposizioni in materia di lavoro di cui agli articoli 1, 2, e 3 non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, come espressamente previsto all'articolo 1, comma 3.

  Cristina ROSSELLO (FI) in replica a quanto appena dichiarato dal relatore, segnala che il testo all'esame contiene, a suo avviso, un'evidente asimmetria, in quanto se è vero che il decreto-legge non riguarda i dipendenti della pubblica amministrazione allora non si comprende perché contenga norme in materia di split payment a carico dei professionisti in relazione ai loro rapporti con la pubblica amministrazione.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (Lega) rileva che, dal dibattito, emerge come le forze di opposizione chiedono di non assumere misure punitive nei confronti di quegli imprenditori che vogliono delocalizzare attività produttive e quindi lavoro. Segnalato che, di fatto, i piccoli imprenditori che intendono espandersi all'estero oggi non sono comunque in grado di farlo per carenza dei mezzi necessari, sottolinea che il decreto in esame è in realtà diretto principalmente alla grande impresa che è quella più coinvolta nella problematica. Richiama in proposito esempi molto chiari accaduti nel suo territorio in relazione alla delocalizzazione di giganti come FIAT e Whirlpool.

  Simona VIETINA (FI) rileva che se anche le misure recate dal decreto in esame non si applicano direttamente alla pubblica amministrazione avranno comunque riflessi su di essa.

  Cristina ROSSELLO (FI) in relazione all'intervento del deputato Giglio Vigna, rileva come le norme introdotte presentano talune similitudini con le disposizioni in materia di scudo fiscale, che dopo avere fatto rientrare i capitali non hanno previsto un contesto positivo per le imprese.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (Lega) rimarca che il provvedimento ha lo scopo di evitare che chi prende aiuti dallo Stato italiano lasci il Paese.

  Piero DE LUCA (PD) condivide le preoccupazioni del deputato Giglio Vigna, per quanto non riesce a comprendere come la Lega, che ha sempre affermato di essere il punto di riferimento per la piccola e Pag. 184media impresa, possa difendere un provvedimento che imbriglia proprio le attività di quel segmento imprenditoriale e di quelle aziende, che pur delocalizzando, intendono comunque assicurare immutati livelli occupazionali se non addirittura un incremento degli stessi.

  Antonella PAPIRO (M5S) nel condividere l'intervento del deputato Giglio Vigna, rileva che, se si beneficia di un aiuto di Stato, poi non si può abbandonare il Paese, mentre osserva di non comprendere la posizione illustrata dalle opposizioni, che sembra avallare il comportamento delle imprese che, dopo avere goduto di contributi, decidano poi di delocalizzare.

  Cristina ROSSELLO (FI) condividendo le considerazioni esposte dal collega De Luca ribadisce altresì che ai danni dei professionisti vi sia una sperequazione rispetto ad altre categorie, tematica questa che potrebbe essere materia di intervento della Corte di giustizia europea.

  Antonella PAPIRO (M5S) nel ribadire che le opposizioni sembrano avallare le scelte di delocalizzazione di alcune imprese, chiede quindi chiede quindi ai colleghi di confermare tale posizione.

  Guido Germano PETTARIN (FI) replicando alla collega Papiro, segnala che il problema centrale, sollevato anche nei precedenti interventi di taluni colleghi, è rappresentato dalla collisione di quanto contenuto nel decreto-legge con i principi contenuti nei Trattati dell'Unione europea, in particolare rispetto alla libertà di stabilimento e di circolazione delle imprese, sottolineando come le sanzioni previste incidano proprio su tali aspetti.

  Cristina ROSSELLO (FI) richiamato quanto esposto dai colleghi De Luca e Pettarin, ricorda che la libertà di stabilimento d'impresa è uno dei pilastri su cui si fonda l'Unione europea e osserva che ogni nuova norma che si propone deve tenere in considerazione i limi ed i confini imposti dalle disposizioni dei Trattati europei.

  Marina BERLINGHIERI (PD) richiamando l'esperienza del proprio territorio di origine, Brescia, ove il tessuto produttivo è composto da piccole e medie imprese che con difficoltà, rileva che tali imprese sono sopravvissute alla lunga crisi dell'ultimo decennio anche diversificando le proprie attività. Nell'associarsi alle osservazioni del deputato De Luca, osserva come occorra ascoltare anche le preoccupazioni provenienti dal mondo imprenditoriale e fare attenzione anche alla tenuta sociale complessiva del Paese.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (Lega) ribadisce che la priorità della Lega è che il lavoro rimanga in Italia.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, osserva che la norma del 2014 non è stata ritenuta sufficiente e che il decreto in esame è, pertanto, volto a rafforzare le misure già in vigore. Precisa quindi che le sanzioni da due a quattro volte l'importo degli aiuti ricevuti riguardano solo le delocalizzazioni al di fuori del territorio dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo, mentre per quelle all'interno dell'Unione europea è prevista, in linea con il passato, la sola restituzione degli aiuti maggiorati dagli interessi.

  Cristina ROSSELLO (FI) invita a lavorare ad una proposta che si incentri sugli argomenti affrontati nel recente Consiglio europeo del 28-29 giugno, che comprendeva, tra gli altri, i temi dell'occupazione, della crescita e della competitività nonché sulla tematica della digitalizzazione.

  Giuseppina OCCHIONERO (LeU) osserva che la problematica relativa alla delocalizzazione è reale ma rileva come le disposizioni previste dal decreto-legge dovrebbero essere perfezionate.

  Riccardo OLGIATI (M5S) per quanto riguarda i limiti alla delocalizzazione, ricorda che il testo, all'articolo 5, commi 1 Pag. 185e 2, sono previste apposite clausole di salvezza dei limiti imposti dai trattati internazionali. Conclude osservando che l'intenzione non è quindi quella di impedire l'internazionalizzazione delle attività, ma impedire che chi riceve aiuti di Stato lasci il Paese, incentivando nel contempo lo sviluppo di lavoro in Italia.

  Emanuela ROSSINI (Misto-Min.Ling) condivide l'opportunità di colpire i grandi gruppi che delocalizzino le proprie attività dopo avere beneficiato di aiuti di Stato. Ritiene però che andrebbero analizzati anche gli effetti delle misure all'esame su quelle piccole e medie imprese che nascono già internazionali, come le molte start-up di giovani imprenditori e universitari, specie nel settore del digitale.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (Lega) osserva che con il provvedimento in esame si intenda chiedere alle imprese la scelta se chiedere aiuti di Stato restando in Italia, oppure non chiederli e avere una connotazione internazionale.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 18 luglio 2018. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2016/2102 relativa all'accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici.
Atto n. 24.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 12 luglio 2018.

  Angela IANARO (M5S), relatrice, formula la proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 1).

  La Commissione approva.

  La seduta termina alle 14.50.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 18 luglio 2018. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.50.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017.
C. 850 Governo.
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018.
C. 851 Governo.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2018 (limitatamente alle parti di competenza).
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e conclusione – Relazioni favorevoli).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto, rinviato nella seduta del 17 luglio.

  Sergio BATTELLI, presidente, avverte che il termine per la presentazione di emendamenti è scaduto ieri, martedì 17 luglio, alle ore 18, e che non sono stati presentati emendamenti.

  Marco MAGGIONI (Lega), relatore, formula una proposta di relazione favorevole sul disegno di legge C. 850 recante il Pag. 186rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017 (vedi allegato 2).

  La Commissione approva la proposta di relazione e nomina il deputato Marco Maggioni relatore, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, affinché possa partecipare, per riferirvi, alle sedute della Commissione bilancio.

  Marco MAGGIONI (Lega), relatore, formula una proposta di relazione favorevole sul disegno di legge C. 851 recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018 (vedi allegato 3).

  La Commissione approva la proposta di relazione e nomina il deputato Marco Maggioni relatore, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, affinché possa partecipare, per riferirvi, alle sedute della Commissione bilancio.

  La seduta termina alle 14.55.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 18 luglio 2018. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.55.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare.
COM(2018)173 final.
(Parere alle Commissioni X e XIII).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dell'atto dell'Unione europea in titolo.

  Riccardo OLGIATI (M5S), relatore, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame, in sede consultiva, della proposta di direttiva in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare (COM(2018)173), presentata dalla Commissione europea il 12 aprile 2018. La proposta è stata assegnata alla Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) del Parlamento europeo e che le Commissioni riunite X (Attività produttive, commercio e turismo) e XIII (Agricoltura) ne hanno avviato l'esame in data 17 luglio 2018. Rileva come sia utile riportare qualche dato sulla filiera alimentare nell'Unione europea: essa consente la fornitura al pubblico di prodotti alimentari e di bevande per il consumo ed è costituita da una serie di mercati verticalmente connessi in cui operano diversi soggetti: agricoltori, trasformatori, commercianti, rivenditori all'ingrosso e al dettaglio e consumatori. In sintesi, si suddivide in due componenti: produttiva e distributiva e commerciale. Rappresenta che, secondo i dati della Commissione europea, nell'Unione europea vi sono circa 11 milioni di aziende agricole che producono prodotti primari da destinare all'industria della trasformazione alimentare, costituita da circa 300 mila imprese. I trasformatori alimentari vendono, poi, i loro prodotti attraverso 2,8 milioni di imprese della distribuzione alimentare per una platea di circa 500 milioni di consumatori. Osserva che la filiera alimentare nel suo complesso impiega circa 44 milioni di persone, di cui 22 milioni nel settore dell'agricoltura. Tuttavia, sebbene l'agricoltura impieghi la maggior parte delle aziende della filiera alimentare, la sua quota di valore aggiunto lordo nell'intera filiera è solamente di circa il 25 per cento ed è in diminuzione, mentre il valore aggiunto lordo della filiera alimentare è in crescita e ammonta a poco meno del 7 per cento del valore aggiunto lordo totale dell'Unione europea. Rileva che la maggior parte delle aziende della filiera alimentare è di piccole o medie dimensioni con una concentrazione di piccole e medie imprese molto più alta nei settori della trasformazione alimentare e del commercio al dettaglio rispetto al settore agricolo. Evidenzia che la Commissione europea ha condotto un ampio processo Pag. 187di consultazione delle parti interessate, servito anche per portare a termine una dettagliata valutazione d'impatto, e ha individuato due problematiche principali nella filiera alimentare dell'Unione europea per quanto riguarda le pratiche commerciali sleali che possono essere definite, in termini generali, come pratiche che si discostano ampiamente dalla buona condotta commerciale, sono in contrasto con la buona fede e la correttezza e sono imposte unilateralmente da un partner commerciale alla controparte. In proposito fa presente che la prima problematica riguarda gli operatori più piccoli della filiera alimentare, quali agricoltori e piccole e medie imprese, che sono più soggetti a pratiche commerciali sleali a causa del loro scarso potere contrattuale rispetto ai grandi operatori. Secondo un recente sondaggio riportato dalla Commissione europea, condotto presso i produttori agricoli e le cooperative agricole, il danno stimato causato dalle pratiche commerciali sleali ammonta a oltre 10 miliardi di euro l'anno. Inoltre, i produttori di prodotti alimentari hanno riferito che i costi legati alle pratiche commerciali sleali costituivano lo 0,5 per cento del loro fatturato. Sottolinea che la seconda problematica concerne il fatto che soltanto venti Stati membri, tra cui l'Italia, hanno adottato norme specifiche – in alcuni casi estremamente divergenti tra loro – di tutela contro le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare e non esistono disposizioni comuni dell'Unione europea che prevedano un livello minimo di tutela europeo e che avvicinino o armonizzino le misure adottate a livello nazionale. Osserva che, di conseguenza, la proposta di direttiva intende tutelare tutti i soggetti che fanno parte della filiera alimentare, purché di piccole e medie dimensioni e limitare il comportamento degli acquirenti che non sono piccole e medie imprese. Per quanto riguarda i prodotti, la proposta concerne i «prodotti alimentari», ossia i prodotti agricoli ad uso alimentare elencati nell'allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), inclusi quelli della pesca e dell'acquacoltura, nonché i prodotti agricoli trasformati ad uso alimentare (che non rientrano nel citato allegato I) e commercializzati lungo tutta la filiera alimentare. Rileva che la proposta tiene anche conto del fatto che le pratiche commerciali sleali non sono sempre stabilite in un contratto scritto e possono verificarsi, in linea di principio, in qualsiasi fase dell'operazione commerciale tra l'acquirente e il fornitore della filiera alimentare, anche a posteriori dopo la conclusione di un contratto. Fa presente che la proposta di direttiva integra, senza sostituirlo, il codice di condotta volontario del settore privato Supply Chain Initiative (SCI – Iniziativa della catena di approvvigionamento) che ha l'obiettivo di migliorare l'equità nelle relazioni commerciali lungo la filiera. Riporta quindi le misure principali della proposta di direttiva. Innanzitutto, l'introduzione di un livello minimo di tutela comune a tutta l'Unione europea comprendente un elenco di pratiche commerciali sleali vietate e un elenco di pratiche che saranno autorizzate solo se concordate in termini chiari e univoci al momento della conclusione dell'accordo di fornitura. Precisa che le pratiche commerciali sleali vietate sono: i pagamenti tardivi per i prodotti alimentari deperibili; la cancellazione degli ordini all'ultimo minuto; le modifiche unilaterali o retroattive ai contratti; l'obbligo imposto al fornitore di pagare per gli sprechi. Segnala che le pratiche autorizzate solo se soggette a un accordo iniziale tra le parti chiaro e privo di ambiguità sono le seguenti: la restituzione da parte dell'acquirente a un fornitore dei prodotti alimentari invenduti; l'imposizione da parte dell'acquirente al fornitore di un pagamento per garantire o mantenere un accordo di fornitura relativo a prodotti alimentari; la previsione in base alla quale il fornitore è tenuto a sostenere i costi legati alla promozione o al marketing dei prodotti alimentari venduti dall'acquirente. Osserva inoltre, che l'obbligo per gli Stati membri di designare un'autorità pubblica di contrasto, incaricata di far rispettare i divieti di pratiche commerciali sleali a livello nazionale, che possa svolgere indagini, sia su richiesta, Pag. 188che di propria iniziativa, comminare sanzioni e pubblicare le proprie decisioni nonché i nomi dei trasgressori; si prevede anche la cooperazione e la reciproca assistenza tra le autorità nazionali di contrasto nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera. Ricorda, infine, la facoltà per gli Stati membri di mantenere o adottare norme più rigorose rispetto a quelle comuni previste dalla proposta in oggetto. Rileva che, più nel dettaglio, invece, la proposta di direttiva si compone di 14 articoli. L'articolo 1 stabilisce l'oggetto della proposta: definire un elenco minimo di pratiche commerciali sleali vietate tra acquirenti e fornitori lungo la filiera alimentare e stabilire norme minime concernenti l'applicazione di tali divieti e disposizioni per il coordinamento tra le autorità di contrasto. Inoltre, circoscrive l'ambito di applicazione a determinate pratiche commerciali sleali attuate da un fornitore che è una piccola e media impresa nel vendere prodotti alimentari ad un acquirente che non è una piccola e media impresa e ai contratti di fornitura conclusi dopo la data di applicabilità delle disposizioni di recepimento stabilite all'articolo 12. L'articolo 2 reca le definizioni di acquirente, fornitore, piccola e media impresa, prodotti alimentari e prodotti alimentari deperibili. In particolare, si segnala che mentre l'acquirente deve essere stabilito nell'Unione europea, il luogo di stabilimento del fornitore può essere anche al di fuori dell'Unione europea. Ciò, a giudizio della Commissione europea, permette anche ai fornitori stabiliti al di fuori dell'Unione europea di poter contare su un livello minimo di tutela dell'Unione, onde evitare effetti indesiderati di distorsione derivante dalla tutela dei fornitori nell'Unione. L'articolo 3 suddivide le pratiche commerciali sleali tra quelle non soggette alla discrezione contrattuale delle parti e quelle subordinate alla libertà contrattuale delle parti. Precisa che il primo paragrafo stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché le seguenti pratiche commerciali siano vietate: pagamento dopo oltre trenta giorni quando la fornitura concerne prodotti deperibili; annullamento, da parte dell'acquirente, di ordini di prodotti alimentari deperibili con breve preavviso; modifica, da parte dell'acquirente, unilateralmente e retroattivamente delle condizioni dell'accordo di fornitura; pagamento, a carico del fornitore, per gli sprechi di prodotti alimentari che si verificano presso i locali dell'acquirente senza che vi sia negligenza o colpa del fornitore. Rileva che il secondo paragrafo stabilisce, invece, che gli Stati membri devono provvedere affinché le seguenti pratiche commerciali siano vietate, se non concordate in termini chiari ed univoci al momento della conclusione dell'accordo di fornitura: restituzione, da parte dell'acquirente, al fornitore di prodotti alimentari rimasti invenduti; imposizione di un pagamento a carico del fornitore come condizione per l'immagazzinamento, l'esposizione o l'inserimento in listino dei prodotti alimentari di quest'ultimo; pagamento, a carico del fornitore, dei costi di promozione dei prodotti alimentari venduti dall'acquirente; pagamento, a carico del fornitore, dei costi di commercializzazione dei prodotti alimentari sostenuti dall'acquirente. L'acquirente dovrà presentare al fornitore, se richiesta, una stima dei suddetti pagamenti. Nel caso di attività di commercializzazione e immagazzinamento, esposizione o inserimento in listino, l'acquirente deve altresì presentare, se richiesta, una stima dei costi. L'articolo 4 impone agli Stati membri di designare un'autorità pubblica incaricata di far rispettare i divieti di pratiche commerciali sleali a livello nazionale. Si segnala, al riguardo, che in Italia l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha tra i suoi compiti quello della vigilanza sui rapporti contrattuali nella filiera agro-alimentare. L'articolo 5 stabilisce che un fornitore può presentare una denuncia all'autorità di contrasto dello Stato membro in cui è stabilito l'acquirente sospettato di avere attuato una pratica commerciale vietata e che anche le organizzazioni di produttori o le associazioni di organizzazioni di produttori hanno il diritto di presentare una denuncia. Ciò, secondo la Commissione europea, Pag. 189può servire a tutelare l'identità del singolo o dei singoli membri dell'organizzazione che si ritengano vittime di una pratica commerciale vietata. Inoltre, stabilisce che l'autorità di contrasto deve garantire la riservatezza dell'identità del denunciante, se da lui richiesto, e di qualunque altra informazione la cui divulgazione sia da lui ritenuta lesiva dei suoi interessi. Infine, se l'autorità di contrasto ritiene che non vi siano ragioni sufficienti per agire a seguito della denuncia, informa il denunciante dei motivi della sua decisione. Osserva che l'articolo 6 disciplina i poteri che gli Stati membri sono tenuti ad assicurare alle autorità di contrasto: avviare indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia; chiedere agli acquirenti e ai fornitori di fornire tutte le informazioni necessarie al fine di effettuare indagini; adottare una decisione che constati la violazione dei divieti di pratiche commerciali sleali e imporre all'acquirente di porre fine alla pratica commerciale vietata; imporre una sanzione all'autore della violazione; pubblicare le decisioni che constatano violazioni o impongono sanzioni; informare gli acquirenti e i fornitori in merito alle sue attività, mediante relazioni annuali che, tra l'altro, indichino il numero delle denunce ricevute, descrivano le indagini avviate e concluse e, per ogni indagine, illustrino sommariamente il caso e l'esito dell'indagine. L'articolo 7 stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché le autorità di contrasto cooperino efficacemente tra loro e si prestino reciprocamente assistenza nelle indagini che presentano una dimensione transfrontaliera. Inoltre, prevede delle riunioni annuali tra le autorità e l'istituzione e la gestione da parte della Commissione europea di un sito web per lo scambio di informazioni. L'articolo 8 precisa che gli Stati membri possono prevedere ulteriori norme volte a combattere le pratiche commerciali sleali che vadano al di là del livello minimo garantito dall'Unione, a condizione che esse siano compatibili con quelle relative al mercato interno. L'articolo 9 stabilisce che, entro il 15 marzo di ogni anno, gli Stati membri trasmettano alla Commissione europea una relazione che contenga, in particolare, tutti i dati pertinenti riguardanti l'applicazione e il rispetto delle norme ai sensi della presente direttiva nello Stato membro interessato nel corso dell'anno precedente. Inoltre, prevede che la Commissione europea possa adottare atti di esecuzione circa gli obblighi di rendicontazione degli Stati membri e che sia assistita (articolo 10) dal comitato per l'organizzazione comune dei mercati agricoli istituito dall'articolo 229 del regolamento (UE) n. 1308/2013. L'articolo 11 prevede che la Commissione europea: svolga una valutazione non prima di tre anni dall'applicazione della presente direttiva, presentando una relazione che esponga le principali conclusioni (gli Stati membri devono fornire tutte le informazioni necessarie); rediga una relazione intermedia sullo stato del recepimento e sull'attuazione della direttiva stessa sei mesi dopo la data di recepimento. L'articolo 12 stabilisce le disposizioni per il recepimento della direttiva; l'articolo 13 riguarda la data di entrata in vigore della direttiva; l'articolo 14 stabilisce che gli Stati membri sono i destinatari della direttiva.

  Guido Germano PETTARIN (FI) chiede al relatore di chiarire la proposta di direttiva in esame riguardi anche il tema delle sofisticazioni degli alimenti, che in definitiva possono incidere sulle relazioni commerciali scorrette.

  Riccardo OLGIATI (M5S), relatore, osserva che la proposta si occupa essenzialmente delle pratiche commerciali scorrette tra operatori economici.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.

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