CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 aprile 2022
781.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 19 aprile 2022. — Presidenza del presidente Fabio MELILLI. – Interviene la viceministra dell'economia e delle finanze Laura Castelli.

  La seduta comincia alle 16.10.

Documento di economia e finanza 2022.
Doc. LVII, n. 5, Annesso e Allegati.
(Esame e conclusione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Fabio MELILLI, presidente, in sostituzione del relatore, ricorda che il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio e che lo stesso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo (PSC).
  Precisa quindi che il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE, il cosiddetto Semestre europeo e che, tuttavia, il semestre europeo avrà anche quest'anno natura particolare ed eccezionale, in virtù delle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19 e della risposta dell'UE alla crisi.
  Passando, quindi, ad illustrare il contenuto del Documento, fa presente quanto segue. L'operatività della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (cosiddetto general escape clause – GEC) è stata mantenuta anche per il 2022, a seguito della Comunicazione della Commissione sulla analisi annuale della crescita sostenibile 2022 del 24 novembre 2021. La Commissione europea ha deciso l'applicazione della clausola di salvaguardia al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra nell'ambito del proprio bilancio per il sostenimento delle spese sanitarie necessarie ad affrontare l'emergenza epidemica e delle misure per contrastare gli effetti recessivi sulle economie europee della diffusione del Covid-19. L'applicazione della clausola consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, ma non sospende l'applicazione del Patto di Stabilità e Crescita, né le procedure del semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale.
  La Comunicazione della Commissione sulla analisi annuale della crescita sostenibile 2022 prevedeva, altresì, che tale clausolaPag. 22 fosse disattivata a partire dal 2023. Nella recente Comunicazione «Orientamenti di politica di bilancio 2023», tuttavia, anche a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina, la Commissione si è riservata di estendere l'applicazione della general escape clause anche al 2023, sulla base delle previsioni economiche di primavera 2022.
  Il DEF viene trasmesso alle Camere affinché si esprimano sugli obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica in esso indicati. Dopo il passaggio parlamentare, il documento sarà inviato al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il 30 aprile.
  Unitamente al DEF il Governo ha trasmesso al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere. Con la Relazione, in particolare, il Governo chiede l'autorizzazione a modificare leggermente il percorso di convergenza verso l'OMT rispetto a quanto programmato nella NADEF 2021, al fine di utilizzare il margine di bilancio, pari a 0,5 punti percentuali di PIL per quest'anno, 0,2 punti nel 2023 e 0,1 punti nel 2024 e nel 2025, per misure espansive che saranno oggetto di un decreto-legge da approvare nelle prossime settimane.
  Per quanto concerne il quadro macroeconomico, il DEF evidenzia in primo luogo come, dopo la forte contrazione registrata nel 2020 a causa della pandemia, il PIL mondiale sia cresciuto sopra ai livelli pre-crisi nel corso del 2021, grazie soprattutto alla crescente disponibilità di vaccini contro il COVID-19. L'attività economica globale si è mantenuta su ritmi di crescita elevati fino alla fase finale del 2021, quando un nuovo rallentamento della tendenza espansiva è stato determinato dalla diffusione di nuove varianti del virus caratterizzate da una più elevata capacità diffusiva (in particolare, la variante Omicron), la quale ha indotto molti Paesi ad adottare nuove misure di contenimento del contagio e di limitazione dei contatti sociali.
  Secondo le più recenti proiezioni macroeconomiche riportate dal DEF (FMI, gennaio 2022), dopo la forte contrazione globale pari al 3,1 per cento registrata nel 2020, la crescita del PIL mondiale è stata pari a circa il 6 per cento nel 2021, con un più elevato tasso di crescita nelle economie meno sviluppate (6,5 per cento) rispetto a quello registrato nelle economie avanzate (5 per cento).
  A seguito del deflagrare del conflitto tra Russia e Ucraina l'economia internazionale è chiamata a fronteggiare una forte crescita dei prezzi sul fronte delle materie prime, con possibili interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Inoltre, gli effetti del conflitto potrebbero condurre ad una maggiore fragilità dei mercati emergenti, all'estromissione dell'undicesima economia mondiale dai canali commerciali e finanziari e ad un'ulteriore volatilità nei mercati.
  Gli effetti del conflitto in corso potrebbero influire negativamente, inoltre, sul percorso di normalizzazione della politica monetaria intrapreso da numerose banche centrali dopo l'orientamento espansivo consolidatosi nel biennio 2020-2021, finalizzato al contrasto delle conseguenze economiche negative della crisi pandemica.
  Con specifico riferimento all'attività economica nell'area dell'euro, la modesta crescita registratasi nel primo trimestre del 2022 va imputata, principalmente, a un effetto di trascinamento negativo di fenomeni quali il calo delle vendite al dettaglio a dicembre 2021 (-2,7 per cento rispetto a novembre) e la riduzione dei servizi ad alta intensità di contatti interpersonali, legata alle maggiori restrizioni alla mobilità adottate dalla maggior parte dei Paesi dell'Eurozona nella fase finale del 2021, in coincidenza con la fase acuta dell'ondata pandemica legata alla diffusione di Omicron.
  Sulla base dell'ulteriore shock sul mercato energetico e del clima di incertezza indotto dall'invasione russa dell'Ucraina, la crescita del PIL in termini reali per il primo trimestre del 2022 è stata rivista al ribasso dello 0,2 per cento rispetto alle proiezioni di dicembre 2021. La guerra in Ucraina pregiudica, infatti, le prospettive per la crescita a breve termine, incidendo Pag. 23negativamente sui canali del commercio, dei prezzi delle materie prime e della fiducia degli operatori economici. Le sanzioni imposte alla Russia gravano sulla domanda esterna dell'area dell'euro, pur essendo i legami commerciali diretti con la Russia piuttosto limitati. Quanto alla domanda interna, invece, i prezzi dell'energia in forte aumento e gli effetti negativi sulla fiducia hanno indotto la BCE a prevedere, nelle sue più recenti previsioni di marzo 2022, un'evoluzione piuttosto modesta di tale domanda, a causa del deterioramento della propensione al rischio.
  Il DEF 2022 presenta l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo al 2021 e due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l'altro programmatico, per il 2022 e per il triennio successivo.
  Le previsioni del quadro macroeconomico tendenziale incorporano gli effetti sull'economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del DEF. Il quadro programmatico, invece, include l'impatto sull'economia delle politiche economiche prospettate all'interno del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).
  L'analisi del quadro macroeconomico nazionale relativa al 2021 segnala un forte recupero dell'economia italiana, con una crescita del 6,6 per cento in termini reali (dato ISTAT), dopo la contrazione del 9 per cento registrata nel 2020 a causa della pandemia. Si tratta di un risultato più elevato di quello previsto nella NADEF di settembre 2021 (6 per cento), da ricondursi principalmente al beneficio di cui la dinamica del PIL ha goduto, a partire dai mesi estivi del 2021, in conseguenza della campagna di immunizzazione e del progressivo allentamento delle restrizioni alla mobilità.
  Secondo i dati recentemente diffusi dall'ISTAT, la crescita del PIL nel 2021 è stata trainata, in particolare, dalla domanda interna. Un aumento significativo è stato registrato tanto sul fronte dei consumi delle famiglie (+5,2 per cento, comunque al di sotto dei livelli pre-crisi), quanto su quello degli investimenti (+17 per cento). Per quanto riguarda gli scambi con l'estero, si è registrata nello scorso anno una crescita sia delle importazioni (+14,2 per cento), sia delle esportazioni (+13,3 per cento), e ciò malgrado le interruzioni delle catene globali e il rialzo dei prezzi delle fonti energetiche.
  Riguardo al sistema delle imprese, i dati pubblicati dall'ISTAT a febbraio 2022 segnalano nel complesso una forte resilienza rispetto alla portata dello shock indotto dalla crisi pandemica. Tutti i principali comparti hanno fatto rilevare aumenti della produzione nel 2021 – in particolare il comparto auto – mentre in alcuni settori maggiormente colpiti – alberghiero, della ristorazione e dell'intrattenimento – una quota significativa di imprese ha interrotto definitivamente l'attività. Anche il settore dei servizi ha fatto rilevare un notevole recupero, sebbene non ancora ai valori pre-crisi.
  Sul fronte del mercato del lavoro, il DEF evidenzia, nel 2021, un aumento del numero di occupati dello 0,6 per cento (+174 mila unità), dopo il calo del 2,1 per cento del 2020, nonché un minore ricorso alla CIG. Si è registrata, inoltre, una crescita dei soggetti in cerca di occupazione (2,9 per cento, +65 mila unità), con un conseguente lieve aumento del tasso di disoccupazione (9,5 per cento, +0,2 per cento rispetto al 2020).
  I redditi da lavoro dipendente hanno visto nel 2021 un marcato aumento, dovuto alla ripresa dell'occupazione e delle ore lavorate; tuttavia, il potere d'acquisto delle retribuzioni ha risentito negativamente della dinamica dei prezzi al consumo, superiore rispetto a quella delle retribuzioni.
  Sul fronte dell'inflazione si è registrata una notevole accelerazione, sia in quella misurata dall'indice dei prezzi al consumo armonizzato – dal –0,1 per cento 2020 al +1,9 per cento del 2021 – sia per quanto riguarda l'inflazione di fondo, che ha segnato un aumento in media d'anno dello 0,8 per cento, contro lo 0,5 per cento del 2020. Il rialzo è stato dovuto in prevalenza alla crescita dei prezzi dei beni energetici, in particolare gas ed elettricità.Pag. 24
  Il quadro macroeconomico tendenziale 2022-2025 è stato validato, come richiesto dalla normativa europea, dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) in data 24 marzo 2022.
  Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF riflette un quadro economico di forte incertezza, sia per quanto riguarda l'evoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina, sia in riferimento ai connessi aumenti dei prezzi delle materie prime e alle oscillazioni dei mercati finanziari.
  Il DEF evidenzia come, dopo la notevole ripresa registrata nei primi due trimestri del 2021, il ritmo di crescita del PIL abbia subito un rallentamento già nella seconda parte dell'anno, a causa della quarta ondata pandemica e del rialzo dei prezzi del gas naturale e dell'energia elettrica. Anche i dati congiunturali dei primi mesi del 2022, precedenti al conflitto, rilevavano un indebolimento della crescita come conseguenza dell'aumento dei contagi e delle pressioni inflazionistiche.
  In questo quadro, le tensioni internazionali hanno aggravato il fenomeno di accelerazione dei prezzi dei beni energetici e alimentari. Secondo i dati preliminari dell'ISTAT, i prezzi al consumo a marzo risultano in crescita tendenziale del 6,7 per cento secondo l'indice nazionale (NIC).
  Il DEF si attende, pertanto, una contrazione del PIL dello 0,5 per cento nel primo trimestre di quest'anno e una moderata ripresa della crescita nel secondo semestre, principalmente dovuta ai servizi, i quali beneficerebbero delle riaperture e della fine dello stato di emergenza connesso alla pandemia.
  La produzione industriale ha registrato una forte caduta a gennaio (-3,4 per cento rispetto a dicembre 2021) che ha interessato tutti i principali settori di attività. L'ISTAT ha rilevato, inoltre, un consistente peggioramento sugli ordini e sulle vendite per le imprese dei servizi a seguito del conflitto. Anche la fiducia dei consumatori, quella delle famiglie e quella delle imprese hanno subito arretramenti più o meno intensi, dovuti essenzialmente al forte deterioramento delle aspettative sulla situazione economica del Paese, soprattutto a seguito della guerra in Ucraina.
  In ragione di questi andamenti congiunturali, le prospettive di crescita dell'economia italiana appaiono deboli e incerte, in linea con il peggioramento delle variabili esogene, tra cui l'andamento del commercio mondiale e le importazioni dei partner commerciali dell'Italia, nonché i livelli più elevati attesi dei prezzi delle materie prime e dell'energia e dei tassi di interesse.
  La previsione tendenziale di crescita del PIL in termini reali nel 2022 viene rivista al 2,9 per cento, in ribasso di 1,8 punti percentuali rispetto al 4,7 per cento prospettato nella NADEF del settembre 2021. Per il 2023, la previsione del PIL scende, rispetto a quanto prospettato nella NADEF, dal 2,8 al 2,3 per cento. Per il 2024 si prevede una lieve riduzione (dall'1,9 all'1,8 per cento) rispetto alle previsioni di settembre scorso. La previsione per il 2025, infine, viene fissata all'1,5 per cento. Il livello complessivo del PIL è atteso tornare ai livelli pre-pandemici nel terzo trimestre 2022.
  Si tratta, in ogni caso, di previsioni prudenziali, caratterizzate da notevoli rischi al ribasso legati alla pandemia ancora in corso ma soprattutto alla possibile interruzione degli approvvigionamenti di gas naturale dalla Russia, che nel 2021 hanno rappresentato il 40 per cento delle importazioni nazionali di gas. A questo proposito il DEF illustra alcuni scenari avversi, basati sull'ipotesi di una temporanea interruzione delle forniture di gas e petrolio dalla Russia a seguito di ulteriori inasprimenti delle sanzioni.
  Sul fronte del rialzo dei prezzi energetici e di quelli delle materie prime alimentari, i dati più recenti rilevano una crescita tendenziale dei prezzi al consumo nel mese di marzo del 6,7 per cento su base annua e dell'1,2 per cento su base mensile, mentre l'inflazione di fondo – al netto cioè dei prodotti energetici e alimentari freschi – ha raggiunto il 2 per cento. In base alle previsioni del DEF, il deflatore dei consumi è previsto aumentare del 5,8 per cento nel 2022 – contro una previsione dell'1,6 per cento della NADEF di settembre – per gli Pag. 25effetti del rincaro delle materie prime e dei rialzi delle quotazioni del gas. La crescita del deflatore dei consumi si attenuerebbe già nel 2023, al 2 per cento, per poi attestarsi all'1,7 per cento nel 2024 e all'1,8 per cento nel 2025. A fronte del marcato aumento dell'inflazione al consumo, l'inflazione misurata come deflatore del PIL dovrebbe attestarsi su valori pari al 3 per cento nell'anno in corso, per poi ridursi al 2,1 per cento nel 2023 e all'1,8 per cento nel biennio 2024-2025.
  Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il DEF prevede che per la fine del 2022 l'occupazione si attesti sui valori pre-pandemici, portando il tasso di disoccupazione dal 9,5 nella media del 2021 all'8,7 per cento nel 2022, per poi attestarsi all'8 per cento alla fine del triennio di riferimento 2023-2025. A fronte dell'impennata dell'inflazione, tuttavia, il DEF prevede un aumento più moderato delle retribuzioni e dei redditi da lavoro.
  Per quanto riguarda il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2022 e successivi, il Governo conferma gli obiettivi (previsti dalla NADEF 2021) del deficit al 5,6 per cento del PIL nel 2022, al 3,9 per cento nel 2023 e al 3,3 per cento nel 2024, mentre il nuovo obiettivo di deficit per il 2025 è fissato al 2,8 per cento del PIL. Le proiezioni più favorevoli del rapporto deficit/PIL a legislazione vigente per il 2022 (5,1 per cento) consentono un margine (0,5 per cento) che il Governo dichiara di voler utilizzare per finanziare un nuovo decreto-legge, nel mese di aprile, che ripristinerà i fondi di bilancio utilizzati a parziale copertura del decreto-legge n. 17/2022 (riguardante, tra l'altro, misure per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale), con un onere di finanza pubblica pari a 4,5 miliardi. Le restanti risorse saranno destinate a interventi finalizzati, tra gli altri, alla copertura dell'incremento dei prezzi delle opere pubbliche, al contenimento dei prezzi dei carburanti e del costo dell'energia, all'assistenza dei profughi ucraini, al contenimento dell'impatto economico del conflitto sulle aziende italiane, nonché al sostegno al sistema sanitario e ai settori colpiti dalla pandemia.
  Con tale intervento si prevede, in base alle stime del DEF, una crescita del PIL reale al 3,1 per cento nel 2022 (+0,2 per cento rispetto al quadro macroeconomico tendenziale), e al 2,4 per cento nel 2023 (+0,1), mentre le previsioni di crescita per il 2024 e il 2025 rimarrebbero sostanzialmente invariate. Le maggiori risorse stanziate in favore di famiglie e imprese dovrebbero contribuire ad aumentare, rispetto allo scenario tendenziale, gli investimenti e i consumi.
  Il quadro programmatico prevede, infine, un maggior numero di occupati e un minor tasso di disoccupazione rispetto al quadro tendenziale (8,1 per cento nel 2023; 8,0 nel 2024; 7,9 nel 2025).
  Si ricorda, infine, che la Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, nel corso della sua audizione svoltasi il 14 aprile scorso, ha reso noto che l'Ufficio parlamentare di bilancio ha validato anche il quadro macroeconomico programmatico.
  Venendo alle sezioni del DEF dedicate agli andamenti di finanza pubblica, con riferimento ai dati di consuntivo 2021 si segnala, innanzitutto, che l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2021 è stato pari, in valore assoluto, a 128,3 miliardi, corrispondente al 7,2 per cento del Pil. Il dato evidenzia un miglioramento sia rispetto all'anno 2020 (esercizio nel quale l'indebitamento netto è, infatti, risultato pari a 159 miliardi, corrispondente al 9,6 per cento del Pil), sia rispetto all'obiettivo programmatico per il 2021, aggiornato in chiave migliorativa dalla NADEF 2021, che prevedeva un indebitamento netto pari al 9,4 per cento del PIL. Hanno concorso a tale risultato, da un lato, l'aumento del gettito fiscale sostenuto dalla ripresa economica, dall'altro, l'andamento contenuto della spesa primaria corrente, in conseguenza anche ad un minor tiraggio delle misure discrezionali adottate per mitigare l'impatto della crisi pandemica.
  Per quanto riguarda il versante delle entrate, il DEF evidenzia che le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche registrano nel 2021 una crescita tendenziale del +9,2 per cento rispetto al 2020, portandosi a 857,6 miliardi di euro. In rapporto al Pag. 26Pil, le entrate totali registrano un incremento attestandosi al 48,3 per cento rispetto al 47,4 per cento del 2020.
  In particolare, le entrate tributarie aumentano, in valore assoluto, di circa 48,3 miliardi di euro (da 478,7 miliardi del 2020 a 527 miliardi nel 2021), attestandosi, in rapporto al Pil, al 29,7 per cento (rispetto al 28,9 per cento del 2020). Un andamento positivo viene riscontrato anche rispetto alle entrate per contributi sociali che registrano, nel 2021, una crescita del 6,7 per cento rispetto al 2020 (245 miliardi di euro rispetto a 229,7 miliardi di euro del 2020). La pressione fiscale si attesta, nel 2021, al 43,5 per cento rispetto al 42,8 per cento dell'anno precedente (+0,7 punti percentuali). Il DEF evidenzia peraltro che su tale variazione incide anche la classificazione come maggiori spese (in luogo di riduzioni di entrata) di alcune misure di agevolazione tributaria e contributiva, indicando in 41,7 per cento nel 2021 (rispetto a 41,4 per cento nel 2020) la stima della «pressione fiscale effettiva», che considera cioè gli effetti delle agevolazioni tributarie e contributive qualificate come «maggiori spese».
  Per quanto riguarda il versante delle spese, le spese finali si attestano nel 2021 a 986 miliardi, in aumento del 4,4 per cento rispetto al dato 2020, allorché l'analogo valore era stato di 944 miliardi. In termini relativi, invece, le spese finali diminuiscono, dal momento che la loro incidenza rispetto al Pil passa dal 57 per cento del 2020 al 55,5 per cento del 2021.
  La variazione del dato sul PIL è dovuta essenzialmente alla spesa corrente primaria che riduce la propria incidenza sul Pil dal 48,2 del 2020 al 46,0 per cento del 2021. Tale riduzione risulta in parte compensata dall'incremento dell'incidenza della spesa in conto capitale, pari nel 2021 al 6,0 per cento del PIL (contro il 5,3 per cento nel 2020) mentre la spesa per interessi mantiene un'incidenza costante sul Pil nel 2020 e 2021 pari al 3,5 per cento.
  Venendo alle previsioni tendenziali per il periodo 2022-2025, il conto economico esposto dal DEF evidenzia per il 2022 un indebitamento netto pari al 5,1 per cento del Pil (95,2 miliardi). Rispetto al 2021, nel 2022 il saldo negativo si riduce in termini di Pil per effetto del miglioramento del saldo primario (da –3,7 per cento a –1,6 per cento), a fronte di un'incidenza della spesa per interessi sul PIL costante (pari al 3,5 per cento). Per gli anni successivi, si stima un decremento dell'indebitamento netto rispetto al 2022, sia in valore assoluto sia in rapporto al Pil, con riduzioni costanti in ciascun esercizio: –73,4 miliardi nel 2023 (-3,7 per cento del Pil); –65 miliardi nel 2024 (-3,2 per cento del Pil); –57,9 miliardi nel 2025 (-2,7 per cento del Pil). In base al DEF, l'indicata evoluzione del saldo è determinata principalmente dalla crescita del saldo primario, che diminuisce la propria incidenza rispetto al Pil dal –0,6 per cento del 2023 al –0,2 per cento del 2024, per passare in territorio positivo nel 2025 (+0,2 per cento). Ad esso si accompagna una graduale riduzione della spesa per interessi che, sempre in rapporto al Pil, scende al 3,1 per cento nel 2023 ed al 3 per cento negli anni 2024 e 2025.
  Il DEF stima un andamento crescente delle entrate totali per tutto il periodo di previsione 2022-2025 (da 857,6 miliardi nel 2021 a 913,6 miliardi nel 2022 a 987,3 miliardi nel 2025), che si collega anche alle previsioni di inflazione. In termini di incidenza sul Pil, le stime relative alle entrate totali della p.a. registrano un trend di crescita nei primi anni, dal 48,3 per cento del 2021 al 48,5 per cento nel 2022 e al 48,8 per cento nel 2023, a cui segue una riduzione al 47,3 per cento nel 2024 e al 46,9 per cento nel 2025.
  In particolare, le entrate tributarie registrano, in valore assoluto, un aumento nelle stime per il 2022 (+ 21,6 miliardi) rispetto ai valori 2021. L'andamento crescente è confermato anche dalle previsioni riferite a tutto il periodo 2022-2025 (da 548,6 miliardi nel 2022 a 597,1 miliardi nel 2025). In rapporto al Pil, invece, il gettito delle entrate tributarie è atteso scendere progressivamente nell'anno in corso e nei tre successivi, passando dal 29,1 per cento del 2022 al 28,4 per cento nel 2025. Il DEF evidenzia che il trend riflette, fra l'altro, la revisione dell'IRPEF operata dalla legge di Pag. 27bilancio 2022, che comporta un alleggerimento del carico fiscale per tutti i contribuenti.
  Con riferimento infine ai contributi sociali, le previsioni rispetto ai dati di consuntivo 2021 (245 miliardi di euro) indicano un incremento del 7,4 per cento nel 2022 (263,2 miliardi di euro), del 4,6 per cento nel 2023 (275,4 miliardi di euro), del 2,8 per cento nel 2024 (283,1 miliardi di euro), del 3 per cento nel 2025 (291,6 miliardi di euro). Le stime dell'incidenza sul PIL mostrano un primo aumento dal 13,8 per cento del 2021 al 14 per cento negli anni 2022 e 2023, a cui segue un graduale rientro al 13,8 per cento nel 2025.
  Le altre entrate correnti e le entrate in conto capitale non tributarie sono previste in forte crescita fino al 2023, per poi ridursi negli anni 2024 e 2025. Il DEF evidenzia che tale andamento riflette la dinamica delle sovvenzioni legate al programma Next generation EU.
  In rapporto al PIL le previsioni delle altre entrate correnti mostrano valori crescenti nel primo triennio (4,5 nel 2021, 4,7 nel 2022 e 4,8 per cento del PIL nel 2023) e riduzioni nel 2024 (4,4 per cento) e nel 2025 (4,1 per cento del PIL). Anche le previsioni delle entrate in conto capitale non tributarie mostrano valori crescenti nel triennio (0,3 per cento nel 2021, 0,7 nel 2022 e 1,2 nel 2023) per poi ridursi e attestarsi allo 0,5 per cento del PIL negli anni 2024 e 2025.
  La pressione fiscale scende dal 43,5 per cento del 2021 al 43,1 per cento nel 2022, al 42,8 per cento nel 2023, al 42,3 per cento nel 2024 fino ad attestarsi al 42,2 per cento nel 2025.
  Per quanto concerne le spese, in valore assoluto i dati stimati per gli anni dal 2022 al 2025 sono rispettivamente pari a 1.008,8 miliardi, 1.032,3 miliardi, 1.028,2 miliardi e 1.045,2 miliardi; il valore annuo stimato aumenta (rispetto all'esercizio precedente) del 2,3 per cento nel 2022 e nel 2023 (rispettivamente +22,8 miliardi e +23,5 miliardi), si riduce dello 0,4 per cento nel 2024 (-4,1 miliardi) per poi incrementarsi dell'1,7 per cento nel 2025 (+17 miliardi).
  L'incidenza delle spese rispetto al PIL si riduce di quasi 2 punti percentuali nel 2022 rispetto al precedente esercizio, raggiungendo il 53,6 per cento per poi contrarsi ulteriormente di 1,1 punti percentuali nel 2023, di 2 punti percentuali nel 2024 e di 0,9 punti percentuali nel 2025, anno in cui l'incidenza sul PIL si attesta al 49,6 per cento. La riduzione del rapporto che si registra è da porre in relazione soprattutto con l'incremento della previsione relativa al PIL al denominatore del rapporto (+330,2 miliardi nel quadriennio 2022-2025).
  Riguardo alle principali componenti di spesa, si evidenzia che le spese correnti al netto degli interessi (spese correnti primarie) sono riviste in rialzo rispetto alle valutazioni contenute nella Nota tecnico-illustrativa allegata alla legge di bilancio 2022 di 16,4 miliardi nel 2022, 31 miliardi nel 2023 e di 29,4 miliardi nel 2024. L'incidenza di tali spese rispetto al PIL diminuisce di circa 1 punto percentuale nel 2022, raggiungendo il 45,0 per cento per poi ulteriormente ripiegare al 44,1 per cento nel 2023, al 42,8 per cento nel 2024 e al 42,0 per cento nel 2025.
  La spesa in conto capitale, in valori assoluti, è prevista per gli anni dal 2022 al 2025 in misura pari rispettivamente a 96,1 miliardi, 103,8 miliardi, 95 miliardi e 98,6 miliardi, con un decremento annuo nel 2022 del 10 per cento (-10,7 miliardi), un incremento del 7,9 per cento nel 2023 (+7,6 miliardi), una nuova diminuzione dell'8,4 per cento nel 2024 (-8,7 miliardi) seguita da un incremento del 3,8 per cento nel 2025 (+3,6 miliardi). L'incidenza di tali spese rispetto al PIL si riduce quindi di circa 0,9 punti percentuali nel 2022 arrivando al 5,1 per cento per poi aumentare al 5,3 per cento nel 2023 e ripiegare al 4,7 per cento nel biennio 2024-25.
  Per quanto riguarda, infine, la dinamica dell'indebitamento netto e del rapporto debito/PIL nello scenario programmatico, il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è stimato ridursi al 5,6 per cento nel 2022 (a fronte di un dato tendenziale del 5,1 per cento), al 3,9 per cento nel 2023 (contro un dato tendenziale del 3,7 per cento), al 3,3 per Pag. 28cento nel 2024 (a fronte di un dato tendenziale del 3,2 per cento) e al 2,8 per cento nel 2025 (contro un dato tendenziale del 2,7 per cento).
  Il nuovo livello del debito pubblico è previsto scendere al 147 per cento del PIL nel 2022, al 145,2 per cento nel 2023, al 143,4 per cento nel 2024 e al 141,4 per cento nel 2025.
  Il DEF precisa che nel contesto attuale, alla luce dell'abbassamento della previsione di indebitamento netto tendenziale al 5,1 per cento del PIL, il Governo ha deciso di confermare l'obiettivo di rapporto tra deficit e PIL del DPB (5,6 per cento del PIL) e di utilizzare il risultante margine di 0,5 punti percentuali di PIL per finanziare – come detto in precedenza – un nuovo provvedimento d'urgenza da adottare entro il mese di aprile.
  Infine, la Sezione III del DEF contiene il Piano nazionale di riforma (PNR) 2022, che si inserisce nel più ampio programma di riforma, innovazione e rilancio degli investimenti rappresentato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). In tale quadro di riferimento, il PNR 2022 dell'Italia costituisce un adempimento richiesto dal ciclo del semestre europeo e si configura, al contempo, quale aggiornamento della strategia di riforma, anche alla luce delle mutate condizioni di contesto. Le aree in cui si registrano la gran parte delle nuove iniziative sono legate, in particolare, agli interventi per la transizione energetica e la diversificazione degli approvvigionamenti (aumento della capacità produttiva di energia elettrica da fonti rinnovabili; rilancio della produzione nazionale di gas naturale e biometano; diversificazione delle fonti di importazione, con potenziamento della capacità di rigassificazione; riduzione dei consumi ed efficienza energetica), agli interventi di politica industriale per i settori di punta (in primo luogo allo scopo di far fronte alla carenza di semiconduttori) e agli interventi in materia di istruzione, formazione, riqualificazione e avvio al lavoro.
  In questo contesto pertanto, con la relazione annessa al DEF, presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il Governo, sentita la Commissione europea, ha richiesto l'autorizzazione a rivedere il percorso di avvicinamento all'Obiettivo di medio termine (OMT), indicando, tra l'altro, la misura del maggior disavanzo autorizzato.
  Stando alla predetta relazione, in termini strutturali, l'indebitamento netto programmatico, in particolare, si attesterebbe al 5,9 per cento del PIL nel 2022, al 4,5 per cento del PIL nel 2023, al 4 per cento del PIL nel 2024 e al 3,6 per cento nel 2025. Dal 2026 l'autorizzazione all'indebitamento verrebbe destinata interamente alla spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo autorizzato.

  Raffaele TRANO (MISTO-A), nell'evidenziare che le audizioni dei soggetti istituzionali svolte nell'ambito dell'esame del DEF hanno sottolineato l'incertezza e l'instabilità dell'attuale quadro economico, osserva che, nella redazione del documento, il Governo, pur delineando due diversi scenari macroeconomici relativi ai possibili esiti del conflitto in Ucraina, ha basato le proprie stime sulla previsione di una prossima risoluzione del conflitto.
  In particolare, riportando alcuni passaggi della relazione della presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, sottolinea che in essa si afferma che le stime di breve periodo sono circondate da un'elevatissima incertezza e che nelle valutazioni del panel sulle attese di breve termine per la prima metà dell'anno prevalgono i rischi al ribasso.
  Per tali ragioni, chiede al Governo se, alla luce delle osservazioni emerse durante le audizioni, sia in grado di confermare le valutazioni esposte nel DEF e se ritenga adeguate le misure che saranno contenute nel prossimo decreto-legge annunciato dal Governo, volte a tutelare i livelli occupazionali e il settore produttivo, considerati anche i contrasti emersi all'interno della maggioranza sull'opportunità di deliberare uno scostamento di bilancio.

  Ylenja LUCASELLI (FDI), nel rinviare l'illustrazione della posizione del gruppo di Fratelli d'Italia sul DEF all'intervento che sarà svolto domani durante la seduta dell'Assemblea,Pag. 29 preannuncia, comunque, la dichiarazione di voto contrario.

  Fabio MELILLI, presidente, in sostituzione del relatore, in risposta al deputato Trano, ricorda che, nel corso delle audizioni, il presidente della Corte dei conti ha espresso apprezzamento per l'atteggiamento prudenziale del Governo nell'affrontare l'attuale quadro economico di eccezionale incertezza, dovuta anche alla necessità che l'Unione europea definisca le regole in materia di bilancio da adottare nel periodo post-pandemico. In particolare il presidente, citando la relazione depositata dalla Corte dei conti nel corso delle audizioni, ricorda che «...non può che essere visto con favore il rinvio di un eventuale ricorso a margini di sostegno ulteriori a dopo che saranno sciolti alcuni di questi nodi che incidono sulla leggibilità del quadro complessivo».
  Non essendovi obiezioni sospende quindi la seduta in attesa dell'espressione del parere sul documento in oggetto da parte della Commissione Affari costituzionali.

  La seduta, sospesa alle 16.35, riprende alle 17.15.

  Fabio MELILLI, presidente, avverte che sono pervenuti i pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  La seduta termina alle 17.20.