CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 settembre 2021
656.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 222

SEDE REFERENTE

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI. – Interviene il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari europei, Vincenzo Amendola.

  La seduta comincia alle 11.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2021.
C. 3208 Governo.
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2020.
Doc. LXXXVII, n. 4.
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice sulla Legge di delegazione europea 2021, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame del disegno di legge di delegazione europea 2021 che, com'è noto, contiene le disposizioni di delega necessarie per l'adozione delle direttive e per l'attuazione degli altri atti dell'Unione europea necessari all'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto europeo, che non sono stati inseriti nella precedente legge di delegazione europea 2019-2020.
  In via preliminare segnala che il Governo, in considerazione della necessità di una tempestiva presentazione alle Camere del disegno di legge, tenuto conto di quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 29 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, si è avvalso della facoltà di consultare successivamente la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. La Commissione inizia pertanto oggi l'esame del provvedimento ma potrà concluderlo solo quando sarà pervenuto il prescritto parere della Pag. 223Conferenza di cui l'esame parlamentare terrà conto.
  Passando ad illustrare il contenuto del disegno di legge, evidenzia che esso si compone di 13 articoli e di un allegato in cui sono indicate 9 direttive oggetto di attuazione.
  Rinviando, per motivi di sintesi, alla documentazione predisposta dagli uffici ai fini della disamina dettagliata del testo, si limita a ricordare che l'articolo 1 reca, come di consueto, la delega generale al Governo per l'adozione dei decreti legislativi per l'attuazione degli atti normativi dell'Unione europea indicati nell'articolato, nonché per l'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A che richiedono l'introduzione di normative organiche e complesse, richiamando a tal fine gli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, relativamente ai termini, alle procedure, ai principi e criteri direttivi per l'esercizio delle singole deleghe.
  Rammenta inoltre, per la loro rilevanza sistematica, che tra i princìpi e criteri direttivi generali di delega elencati nel citato articolo 32, figurano, tra gli altri, la semplificazione dei procedimenti, il divieto di gold plating (ossia di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive), nonché la previsione di sanzioni penali solo per la tutela di interessi costituzionalmente protetti. Come in precedenti occasioni, eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali, potranno essere previste nei decreti legislativi di esercizio delle deleghe contenute nel disegno di legge, esclusivamente nei limiti necessari per l'adempimento degli obblighi di attuazione dai medesimi provvedimenti. Alla copertura degli oneri recati da tali spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo per il recepimento della normativa europea previsto dall'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, introdotto dalla legge 29 luglio 2015, n. 115, finalizzato a consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea.
  L'articolo 2 prevede la consueta delega legislativa al Governo, della durata di diciotto mesi, per l'emanazione dei decreti legislativi recanti sanzioni penali ed amministrative, di competenza statale, per la violazione di precetti europei non trasfusi in leggi nazionali, perché contenuti o in direttive attuate con fonti non primarie, inidonee quindi a istituire sanzioni penali, o in regolamenti dell'Unione europea, direttamente applicabili. Come noto, infatti, non esiste una normazione europea per le sanzioni, in ragione della diversità dei sistemi nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.
  L'articolo 3 contiene i criteri di delega per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva (UE) 2017/1132, mirando ad introdurre una disciplina organica e completa delle operazioni societarie aventi una rilevanza transfrontaliera (trasformazioni, fusioni e scissioni), eliminando barriere ingiustificate alla libertà di stabilimento nel mercato unico.
  Nel recepire le disposizioni e i principi dettati dal legislatore europeo, i criteri di delega ne estendono l'applicazione a una più ampia platea di imprese, includendo le operazioni che coinvolgono società diverse da quelle di capitali – ad esclusione delle società cooperative a mutualità prevalente –, o imprese che non hanno la sede o il centro di attività principale nel territorio dell'Unione europea, o società regolate dalla legge di altro Stato anche non appartenente all'Unione europea. Sono inoltre disciplinate le operazioni che comportano il trasferimento del patrimonio a società preesistenti (fattispecie non previste dalla direttiva ma esistenti nel diritto interno), le scissioni tramite scorporo, nonché i casi in cui è ammesso il trasferimento di sede all'estero senza mutamento della legge regolatrice (italiana), fenomeno allo stato privo di idonea disciplina per il quale i criteri di delega prevedono la definizione di un regime Pag. 224 transitorio applicabile ai trasferimenti anteriori rispetto al decreto delegato.
  Specifici criteri di delega vengono dettati in relazione alla tutela giurisdizionale da accordare alle operazioni in questione, nonché a tutela dei creditori pubblici, con specifiche procedure informative per verificare l'esistenza di obbligazioni verso amministrazioni o enti pubblici o l'eventuale mancato adempimento o rilascio di garanzie per obbligazioni nei confronti di tali amministrazioni o enti.
  Si prevede inoltre la precisazione del concetto di operazione abusiva o fraudolenta, finalizzata all'evasione o elusione del diritto dell'Unione o nazionale, ovvero per scopi criminali, nonché misure di semplificazione volte ad agevolare lo scambio dei certificati preliminari tra autorità competenti. Infine è prevista la definizione di disposizioni transitorie volte a regolare le fusioni transfrontaliere portate avanti secondo la disciplina dettata dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108, che ricadranno nell'ambito applicativo della legge delega attuativa della direttiva 2019/2121, nonché la definizione di sanzioni penali per le violazioni, comprese tra un minimo di 6 mesi e un massimo di 5 anni, ferme restando le fattispecie penali già oggetto di previsione. L'articolo è corredato di clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 4 contiene i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/2161, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell'Unione relative alla protezione dei consumatori.
  I criteri di delega prevedono: a) l'adeguamento del Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005) alla direttiva oggetto di recepimento; b) il coordinamento delle disposizioni inerenti l'indicazione dei prezzi con quelle inerenti le vendite straordinarie, di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (vendite di liquidazione, di fine stagione o promozionali); c-e) la revisione e l'adeguamento dell'apparato sanzionatorio amministrativo nelle materie oggetto della direttiva, nonché l'esercizio dei poteri sanzionatori da parte dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), e la fissazione di un limite massimo edittale alle sanzioni in caso di pratiche commerciali scorrette o clausole vessatorie; f) la definizione di modalità per l'indicazione del prezzo precedente in caso di riduzioni di prezzo, nonché la disapplicazione delle esclusioni dal diritto di recesso in caso di contratti conclusi nel contesto di visite al domicilio non richieste.
  L'articolo 5 contiene i criteri specifici per l'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/1504 del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari («MiFID») al fine di escludere dal relativo ambito applicativo e, dunque, dal regime di autorizzazione ivi previsto, i fornitori di servizi di crowdfunding, espressamente disciplinati ai sensi del regolamento (UE) 2020/1503. Il medesimo articolo prevede inoltre la delega per il completo adeguamento della normativa interna al regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020 (la cui applicazione è prevista dal 10 novembre 2021), che disciplina i fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese.
  Il comma 1 indica i seguenti criteri e principi direttivi: a) assicurare un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria; b) esentare i fornitori di servizi di crowdfunding dall'applicazione della disciplina degli intermediari finanziari di cui alla Parte II del decreto legislativo n. 58/1998, Testo unico della Finanza (TUF); c-d) prevedere l'attribuzione della responsabilità per eventuali informazioni fuorvianti, imprecise o carenti in capo, rispettivamente, al titolare del progetto o al fornitori di servizio di crowdfunding, nei casi previsti all'articolo 23, par. 10 e all'articolo 24, par. 5 del Regolamento (UE) 2020/1503; e) individuare la Banca d'Italia e la Consob quali autorità competenti, evitando sovrapposizioni e riducendo al minimo gli oneri gravanti sui soggetti vigilati; f) individuare la Consob quale punto di contatto per la Pag. 225cooperazione transfrontaliera tra le autorità competenti e con l'ESMA; g-h) prevedere, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalle autorità competenti, nonché i loro poteri di indagine e vigilanza; i) attuare l'articolo 39 del regolamento (UE) 2020/1503 coordinando le sanzioni ivi previste con quelle disciplinate dalle disposizioni nazionali vigenti. Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 6 interviene in materia di adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO»), delegando il Governo a modificare il codice di procedura penale per attribuire alla competenza degli uffici giudiziari del distretto di corte d'appello la trattazione dei procedimenti penali per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'UE. Ciò al fine di consentire più agevolmente ai procuratori europei delegati – il cui numero è inferiore anche a quello dei distretti di corte d'appello – di esercitare le proprie funzioni tra i diversi uffici giudiziari, circoscrivendone gli spostamenti.
  Ricorda che con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 9 sono state emanate le disposizioni necessarie all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO») e che il contingente dei procuratori europei delegati, pari a 20 unità destinate a 9 sedi, ciascuna delle quali collegate a 2 o più procure distrettuali. Si rende pertanto necessario, al fine di limitare gli spostamenti dei procuratori europei delegati, modificare la disciplina della competenza prevista dal codice di procedura penale in modo da concentrare sugli uffici giudiziari distrettuali la trattazione dei procedimenti per i reati che offendono gli interessi finanziari dell'Unione europea.
  L'articolo 7 contiene i criteri specifici per l'adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/848, che si applicherà a partire dal 1° gennaio 2022, relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e che abroga e sostituisce il regolamento CE 834/2007, nonché, limitatamente ai controlli ufficiali riguardanti la produzione biologica e l'etichettatura, al regolamento (UE) 2017/625. Ricordo che la delega per il recepimento di altri aspetti di tale ultimo regolamento è stata già oggetto degli articoli 11 e 12 della legge di delegazione europea 2018 (legge n. 117/2019), la cui attuazione ha dato luogo all'emanazione di 9 decreti legislativi nel corso del 2021. La relazione illustrativa evidenzia che, in tema di adeguamento alla normativa europea sull'agricoltura biologica, si rende ora necessaria, in particolare, la revisione del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20 in materia di autorizzazione e vigilanza degli organismi di controllo e certificazione delle produzioni biologiche, nonché di disciplina delle ipotesi di «non conformità». Necessita, inoltre, di attuazione l'articolo 13 del regolamento (UE) 2018/848, in materia di commercializzare di una nuova tipologia di prodotti biologici, rappresentati dal materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico, di cui si impone di definire, a livello interno, la disciplina inerente alla tipologia e alla natura dei soggetti coinvolti, alle relative procedure per la notifica, il controllo e la certificazione.
  Quanto ai principi ed i criteri direttivi specifici, segnala i seguenti: a) l'introduzione di una procedura di certificazione di gruppo per i piccoli operatori e l'ampliamento, in conformità con quanto previsto dal regolamento (UE) 2018/848, del campo di applicazione della normativa in materia di autorizzazioni e vigilanza; b) l'adeguamento del sistema sanzionatorio per le condotte non conformi al regolamento degli organismi di controllo e per gli operatori biologici; c) la designazione di laboratori ufficiali, anche privati, di cui al regolamento (UE) 2017/625, per l'effettuazione di analisi nell'ambito dei controlli ufficiali dei prodotti biologici; d) i criteri per l'etichettatura di fertilizzanti e prodotti fitosanitari.
  L'articolo 8 contiene i principi e i criteri direttivi per l'adeguamento della normativa interna alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1727 che istituisce l'Agenzia dell'Unione Pag. 226 europea per la cooperazione giudiziaria penale (nuovo Eurojust).
  I criteri di delega concernono, tra l'altro: le procedure di nomina e la posizione giuridica ed economica del membro nazionale di Eurojust; i presupposti in presenza dei quali lo stesso possa essere assistito da aggiunti o assistenti ulteriori nonché la relativa sede di lavoro; l'effettivo esercizio dei poteri del membro nazionale e l'accesso dello stesso alle informazioni utili per l'esercizio dell'attività; la disciplina dei criteri di nomina dei corrispondenti nazionali e delle modalità per rendere efficace il sistema di coordinamento nazionale; le modifiche alle norme processuali e ordinamentali alla normativa interna, l'abrogazione della disciplina vigente in materia e delle disposizioni incompatibili con quelle contenute nel regolamento.
  L'articolo 9 reca i principi e i criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento (ovvero di sequestro nel linguaggio giuridico nazionale) e di confisca. Tale regolamento dispone, con uno strumento giuridico direttamente applicabile, un principio già affermato da precedenti decisioni del Consiglio – recepite nell'ordinamento nazionale con i decreti legislativi 7 agosto 2015, n. 137 e 15 febbraio 2016, n. 35 –, al fine di garantire una maggiore certezza e uniformità giuridica nelle procedure transfrontaliere inerenti provvedimenti di congelamento e di confisca.
  I criteri di delega prevedono, tra l'altro, che il riconoscimento avvenga «senza ulteriori formalità», ferma restando la verifica del principio di doppia punibilità (ovvero della punibilità anche per la legge italiana dei reati alla base degli atti di sequestro o confisca), da cui sono escluse alcune categorie di reati, tra cui quelli punibili con la reclusione della durata di almeno tre anni nello Stato di emissione, nonché i reati tributari e valutari. Si prevedono inoltre criteri di delega inerenti gli scambi documentali tra le autorità di emissione e di esecuzione, nonché l'individuazione del Ministro della giustizia quale autorità centrale, cui spetta la titolarità di eventuali richieste di risarcimento allo Stato di emissione in caso di danni nonché la definizione delle misure attuative delle procedure attive e passive.
  L'articolo 10 detta i criteri specifici per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/4 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, relativo alla fabbricazione, all'immissione sul mercato e all'utilizzo di mangimi medicati, che modifica il regolamento (CE) n. 183/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/167/CEE del Consiglio. La relazione introduttiva sottolinea che l'adeguamento della normativa nazionale alla normativa europea contribuirà alla lotta all'antibioticoresistenza, tramite un sistema di requisiti armonizzati e moderni che dovranno essere rispettati da tutti gli operatori dell'Unione. L'intervento mira inoltre a ridefinire le competenze tra le autorità coinvolte nelle procedure autorizzative, eliminando i vincoli ormai obsoleti e semplificando i processi.
  I principi e criteri direttivi specifici per l'attuazione della delega prevedono, tra l'altro, a) l'abrogazione delle norme nazionali incompatibili e il riordino di quelle residue; b) l'individuazione del Ministero della salute e delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano quali autorità competenti a svolgere i compiti previsti dal regolamento, secondo le rispettive competenze; c) la ridefinizione del sistema sanzionatorio in caso di violazioni.
  L'articolo 11 detta specifici criteri per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2019/6 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82/CE, con lo scopo di promuovere un uso più consapevole dei medicinali veterinari, ridurre gli oneri amministrativi, rafforzare il mercato interno, ottenere una maggiore disponibilità di medicinali veterinari e garantire, al tempo stesso, il massimo livello di protezione della salute pubblica, della sanità animale e dell'ambiente. L'adeguamento terrà conto anche Pag. 227 dell'evoluzione dei sistemi informatici a disposizione, che con l'avvio del sistema di tracciabilità e della ricetta elettronica veterinaria, ha già permesso una semplificazione dei sistemi di registrazione delle attività di distribuzione, di prescrizione, e di dispensazione, oltre che un supporto ed una razionalizzazione delle attività di farmacosorveglianza, di controllo ed ispezione. La relazione introduttiva evidenzia inoltre che l'adeguamento della normativa nazionale terrà conto altresì delle condizioni contenute nel parere espresso dalla 12ª Commissione permanente del Senato (Legislatura 17ª) sugli atti comunitari. COM (2014) 557 e COM (2014) 558, sottoposti al parere motivato sulla sussidiarietà (Doc. XVIII, n. 82) (Resoconto sommario n. 178 del 25/11/2014), tra cui: escludere la vendita diretta dei farmaci da parte del veterinario, regolamentare la vendita on line, estendere ai farmaci antivirali e antiparassitari il contrasto alla insorgenza delle resistenze, rivedere in senso cautelativo i tempi di attesa per gli usi in deroga del medicinale veterinario rispetto al rischio di residui negli alimenti di origine animale, facilitare l'uso dell'omeopatia anche in campo veterinario.
  I principi e criteri direttivi specifici prevedono, tra l'altro: a) l'individuazione del Ministero della salute e delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano quali autorità competenti deputate a svolgere i compiti previsti dal Regolamento, secondo le rispettive competenze; b) la definizione delle informazioni che i fabbricanti, i distributori, le farmacie e gli altri rivenditori al dettaglio, i veterinari e gli allevatori sono tenuti a comunicare alle autorità competenti; c) la rimodulazione del sistema delle tariffe; d) l'adeguamento dei sistemi informatici; e) la ridefinizione del sistema sanzionatorio per le violazioni.
  L'articolo 12 delega il Governo ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1009 che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell'UE, che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 e che abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003.
  Detto regolamento, che si applica dal 16 luglio 2022, persegue l'obiettivo di semplificare e armonizzare il quadro normativo europeo per la messa a disposizione dei concimi, al fine di garantire lo stesso livello di qualità e di sicurezza in condizioni di parità per i numerosi operatori e produttori dell'Unione, promuovere un maggiore utilizzo di nutrienti riciclati, con lo scopo ulteriore di favorire lo sviluppo dell'economia circolare e un utilizzo generale dei nutrienti più efficiente sotto il profilo delle risorse, riducendo, nel contempo la dipendenza dell'Unione dai nutrienti provenienti da paesi terzi.
  Evidenzia che, al fine di garantire la piena applicazione delle novità introdotte dal regolamento (UE) 2019/1009, si rende in particolare necessario il riordino della attuale normativa nazionale in materia di fertilizzanti di cui al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, secondo i seguenti principi e criteri direttivi specifici: a) indicazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali quale autorità competente nazionale e autorità di notifica e l'Ente unico nazionale di accreditamento (Accredia) quale organismo di valutazione e controllo della conformità per l'applicazione del regolamento (UE) 2019/1009; b-c) definizione delle procedure di controllo di prodotti fertilizzanti a marchio CE e dei prodotti fertilizzanti nazionali, nell'ambito di un Piano di controllo nazionale pluriennale; d-e) adeguamento delle norme vigenti in materia di prodotti fertilizzanti nazionali sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche e semplificazione dei relativi procedimenti amministrativi; f) predisposizione di un sistema informativo regionale e nazionale, coordinato con quello europeo, per la raccolta delle informazioni del settore dei prodotti fertilizzanti; g) definizione delle tariffe per la valutazione di nuove categorie di prodotto e per i controlli dei prodotti fertilizzanti inseriti nel registro nazionale e immessi in commercio; h-i) ridefinizione del sistema sanzionatorio per le violazioni e destinazione dei relativi proventi al miglioramento dell'attività di sorveglianza Pag. 228 del settore dei fertilizzanti e delle campagne comunicative di sensibilizzazione.
  L'articolo 13 reca i princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1071/2009, 1072/2009 e 1073/2009 in materia di trasporto su strada di merci e persone, ivi compreso il relativo apparato sanzionatorio.
  L'intervento regolatorio è finalizzato alla revisione complessiva della materia del trasporto stradale di merci e passeggeri essendo l'attuale quadro normativo nazionale inadeguato, in quanto riferito alla previgente normativa europea abrogata o modificata dai regolamenti sopra citati, o carente, come nel caso della disciplina sanzionatoria.
  I principi e i criteri specifici che il Governo è tenuto a seguire nell'esercizio della delega includono: a) la semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi all'attività di trasporto su strada, favorendo l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; b), la ridefinizione del sistema sanzionatorio; c) il potenziamento della collaborazione informatica tra i soggetti istituzionali coinvolti nello scambio di comunicazioni con le autorità competenti degli altri Stati membri sulle sanzioni irrogate.
  Completa il disegno di legge l'allegato A, nel quale sono elencate le seguenti 9 direttive da recepire, per la cui disamina rinvio alla documentazione predisposta dagli uffici:

   1) direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere;

   2) direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell'Unione relative alla protezione dei consumatori;

   3) direttiva (UE) 2019/2177 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica la direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e la direttiva UE 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo;

   4) direttiva (UE) 2020/1057 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2020, che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012;

   5) direttiva (UE) 2020/1151 del Consiglio del 29 luglio 2020 che modifica la direttiva 92/83/CEE relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche;

   6) direttiva (UE) 2020/1504 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari;

   7) direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE (Testo rilevante ai fini del SEE);

   8) direttiva (UE) 2021/338 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2021 che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878 per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di Pag. 229investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi COVID-19;

   9) direttiva (UE) 2021/514, del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.), relatrice sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2020, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame della relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2020, oggetto di esame congiunto con il disegno di legge di delegazione europea 2021 testé illustrato dalla collega Galizia.
  Rammenta che l'articolo 13, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, disciplina il contenuto proprio della relazione consuntiva e la sua presentazione da parte del Governo. La relazione dovrebbe fornire elementi di informazione e di valutazione su una serie di tematiche riguardanti gli sviluppi del processo di integrazione europea, la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'UE e in generale alle attività delle istituzioni europee per la realizzazione delle principali politiche settoriali, l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, nonché il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere.
  Si tratta, pertanto, del principale strumento per una verifica ex post dell'attività svolta dal Governo nei vari ambiti e della condotta assunta nelle sedi decisionali europee, nel quadro di una costante interlocuzione e di un raccordo con il Parlamento su tali temi.
  Segnala preliminarmente che la relazione consuntiva per il 2020 è stata trasmessa al Parlamento il 24 giugno 2021, in ritardo rispetto al termine del 28 febbraio previsto dal citato comma 2 dell'articolo 13. Fa presente l'importanza di assicurare il rispetto dei tempi di presentazione del documento, al fine di rendere più efficace la valutazione dell'azione svolta dal Governo a livello europeo nell'anno di riferimento.
  La relazione consuntiva per il 2020, analogamente alle precedenti, è articolata in cinque parti e in cinque allegati. La relazione, pertanto, presenta una struttura complessivamente coerente con le previsioni legislative, relativamente agli strumenti di partecipazione dell'Italia all'Unione europea. Nel rinviare per una disamina dei principali contenuti della relazione alla documentazione predisposta dagli Uffici, segnala che, a differenza delle precedenti relazioni, l'articolazione del contenuto segue una impostazione per schede come quella della relazione programmatica per il 2021, anch'essa in corso di esame parlamentare. Per ciascuna scheda sono riportati, da una parte, i risultati conseguiti e, dall'altra, i nuovi obiettivi ovvero gli scostamenti rispetto agli obiettivi originari in conseguenza della ridefinizione ovvero dell'adattamento di alcune politiche, determinati dalla pandemia.
  La prima parte della relazione è dedicata agli sviluppi del processo di integrazione europea e alle questioni istituzionali, caratterizzate dai negoziati volti alla definizione del Quadro finanziario pluriennale (QFP), che è stato integrato dal programma Next Generation EU (NGEU), e dalle relazioni con la Gran Bretagna. Per quanto riguarda le relazioni con il Regno Unito, nel ricordare la conclusione dei negoziati per l'accordo sulle future relazioni alla fine di dicembre 2020, la relazione indica la necessità da parte italiana di vigilare con attenzione sulla correttezza della sua applicazione.
  Quanto invece al nuovo bilancio pluriennale, il documento dà conto delle posizioni sostenute dal Governo nel corso del negoziato, che è stato fortemente condizionato dallo scoppio della crisi pandemica, e dell'azione svolta a sostegno del raggiungimento dell'accordo finale, grazie alla quale è stato possibile, tra l'altro, salvaguardare le allocazioni nazionali legate alle politiche tradizionali e il rafforzamento delle dotazioni per lo sviluppo rurale nell'ambito della politica agricola comune (PAC). Tra i risultati relativi alle questioni orizzontali, a compensazione della mancata previsione esplicita della revisione intermedia del QFP, Pag. 230la Commissione assume l'impegno a presentare entro il 1° gennaio 2024 un riesame del funzionamento del QFP, eventualmente accompagnato da pertinenti proposte di revisione.
  Nel ricordare le altre misure adottate per fronteggiare la crisi pandemica, la relazione evidenzia che la sfida sarà costituita dal tentativo di rendere permanenti e strutturali le misure fino a questo momento adottate, tra le quali lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione durante l'emergenza (SURE). La relazione contiene elementi di informazione sull'attività svolta dal Governo nel settore della «migliore regolamentazione» (better regulation), allo scopo di rafforzare l'utilizzo degli strumenti in tale ambito che consentono una valutazione degli effetti delle iniziative delle istituzioni europee sull'ordinamento nazionale e il loro impatto sui cittadini e sulle imprese.
  La seconda parte è dedicata all'azione svolta dal Governo nell'ambito delle politiche orizzontali e settoriali: migrazione, mercato interno, fiscalità e unione doganale, politiche industriali e per la concorrenza, ricerca e sviluppo tecnologico, ambiente ed energia, trasporti, agricoltura e pesca, politica estera e di sicurezza, allargamento, occupazione, affari sociali, tutela della salute, istruzione, gioventù, sport, cultura, turismo, giustizia e affari interni. Si tratta della parte più consistente del documento, contenente indicazioni dettagliate relative a varie questioni, per ciascuna politica o settore di attività dell'Unione.
  Fa presente che gran parte delle politiche è stata interessata dall'adozione di misure eccezionali per fronteggiare le conseguenze provocate dalla pandemia, ma anche di iniziative in attuazione dei nuovi orientamenti strategici della Commissione europea. La crisi pandemica ha, inoltre, influito sull'andamento del negoziato sul nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP), che è stato integrato dall'associato programma Next Generation EU (NGEU) per contrastare gli effetti economici e sociali della COVID-19 e per promuovere la ripresa dell'Europa sulla base della trasformazione verde e digitale dell'economia. Il nuovo bilancio ha un impatto trasversale su tutte le politiche. In molte parti del documento, infatti, si riporta l'andamento dei negoziati nel 2020 sul QFP e sui relativi programmi settoriali.
  Per quanto concerne l'attuazione delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale, e segnatamente l'attuazione della programmazione 2014-2020, la relazione evidenzia che tutti i 51 Programmi Operativi (PO) cofinanziati dal FESR e dal FSE hanno superato le soglie di spesa previste per evitare il disimpegno automatico a fine anno e che la spesa complessivamente certificata alla Commissione europea, comprensiva del cofinanziamento nazionale, è risultata pari a circa 21,3 miliardi di euro, con un incremento di 6,1 miliardi di euro rispetto ai 15,2 miliardi conseguiti al 31 dicembre 2019, raggiungendo il 42,1 per cento del totale delle risorse programmate (50,5 miliardi di euro).
  La parte terza della relazione illustra le attività condotte nell'ambito della dimensione esterna, con riguardo alla politica estera e di sicurezza comune, nonché alla politica della difesa comune. Con riferimento al processo di allargamento dell'UE ai paesi dei Balcani occidentali, il Governo ribadisce l'impegno dell'Italia per mantenere la centralità del processo di allargamento nell'agenda europea.
  La parte quarta, illustra le attività di comunicazione e formazione sull'attività dell'Unione europea condotte dal Governo nel 2020, con particolare riferimento alle iniziative per alimentare il dibattito sul futuro dell'Europa, mentre la parte quinta si occupa delle questioni riguardanti il coordinamento nazionale delle politiche europee, tra cui l'attività svolta dal Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (CIAE) in materia di coordinamento della posizione negoziale dell'Italia.
  La relazione fornisce, altresì, elementi di informazione sul contenzioso. Al 31 dicembre 2020, risultavano aperte nei confronti dell'Italia 86 procedure d'infrazione (69 per violazione del diritto dell'Unione e 17 per mancato recepimento delle direttive UE), in crescita rispetto alle 77 di inizio Pag. 231anno, ma in diminuzione rispetto alle 91 che si erano registrate circa a metà anno, esattamente al 2 luglio 2020. Segnala che nel 2020 sono state archiviate 27 procedure di infrazione. Rispetto al 31 dicembre 2019 le procedure a carico dell'Italia sono aumentate di 9 unità (3 per violazione del diritto UE e 6 per mancato recepimento), confermando il trend in crescita dal 2017 in avanti. Ricorda che la nostra Commissione sta svolgendo un'indagine conoscitiva sugli strumenti per la prevenzione e la riduzione delle procedure di infrazione a carico dell'Italia, che sta consentendo di acquisire utili elementi di informazione e di valutazione circa lo stato del contenzioso nel nostro Paese.
  Completano il documento una serie di allegati, che, in conformità con la normativa di riferimento, recano: l'elenco delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo tenutesi nel 2020; l'evidenziazione dei flussi finanziari dall'Unione europea all'Italia con la situazione degli accrediti registrati al 31 dicembre 2020 e degli interventi, in termini di impegni e pagamenti, alla data del 31 ottobre 2020 per la programmazione 2014-2020; i provvedimenti adottati nel 2020 in attuazione delle direttive europee.
  Il documento, infine, dà conto, in una tabella analitica, dei seguiti ai documenti finali approvati nel 2020 dalle competenti Commissioni della Camera e dal Senato in esito all'esame di atti europei. Segnala che la relazione non entra nel dettaglio dei seguiti dati agli atti di indirizzo approvati dal Parlamento in occasione dello svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri rese in vista dei Consigli europei, che pure contribuiscono alla definizione degli orientamenti su specifiche questioni in corso di negoziazione.

  Il Sottosegretario Vincenzo AMENDOLA, ad integrazione di quanto illustrato dalla deputata Galizia sulle nuove direttive e regolamenti oggetto della legge di delegazione europea 2021 e di quanto illustrato dalla deputata Rossini in materia di procedure di infrazione, osserva che nel corso del 2020 ci sono stati due importanti fattori di rallentamento nel recepimento delle direttive e nella soluzione delle procedure di infrazione in corso.
  Tali fattori sono rappresentati in primo luogo dalla pandemia da Covid 19, che ha determinato un rallentamento degli iter legislativi e amministrativi connessi agli atti europei, e in secondo luogo il cambio di Governo e il conseguente passaggio di consegne. Per tali ragioni gli schemi dei decreti legislativi per l'esercizio delle deleghe previste dalla legge di delegazione 2019-2020 sono stati presentati al Parlamento solo nel mese di agosto.
  Sottolinea peraltro come sia intenzione del Governo accelerare la fase finale di emanazione dei 28 decreti legislativi attualmente all'esame delle Camere, in modo da consentire il rientro del picco nelle procedure di infrazione si è determinato, in via transitoria, per il ritardato esercizio delle deleghe previste nella precedente legge di delegazione.
  Ricorda inoltre che la Legge europea 2019-2020, attualmente all'esame del Senato, ha avuto a sua volta un iter più lungo del previsto, per la particolare complessità degli emendamenti, evidenziando al contempo l'esigenza di svolgere rapidamente anche l'iter di approvazione del disegno di legge di delegazione europea 2021.
  Rivolge a tale riguardo l'auspicio che le Commissioni XIV dei due rami del Parlamento possano cooperare tra loro, al fine di accelerare l'iter dei disegni di legge attualmente al loro esame, in modo da consentire al Governo una più efficiente gestione del fenomeno delle procedure di infrazione. Ricorda in proposito che alcune delle procedure in corso per violazione del diritto europeo, in particolare quelle più onerose in materia di rifiuti, sono state già instradate verso una positiva soluzione. Le procedure inerenti al mancato recepimento della normativa comunitaria, sulle quali non esistono problemi quanto al consenso politico, ma solo profili di ristrettezza dei tempi, potrebbero invece essere evitate mediante un'accelerazione del relativo iter da parte dei Dicasteri competenti.
  Osserva inoltre che al fine di ridurre il contenzioso, oltre ai consueti strumenti della legge europea e della legge di delegazione Pag. 232europea, potrebbero in via straordinaria essere utilizzati anche altri veicoli normativi, quali ad esempio la prossima legge di bilancio, in specie per le questioni recanti un rilevante impatto economico, oppure altri provvedimenti legati all'attuazione del PNRR.
  Fa presente, infine, che sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea c'è stata al Senato una sollecitazione, che condivide, sull'esigenza di un approfondimento in tema di politica estera e di sicurezza comune, con specifico riferimento alla questione dell'emergenza umanitaria conseguente alla crisi in Afghanistan. Nel dirsi certo che il Senato elaborerà in proposito specifiche proposte, esprime da parte sua un apprezzamento per l'impulso parlamentare finalizzato a far fare un salto di qualità alla politica estera e di sicurezza comune.

  Sergio BATTELLI, presidente, assicurando che solleciterà una fattiva collaborazione con l'omologa Commissione al Senato, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.30.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli affari europei, Vincenzo Amendola.

  La seduta comincia alle 11.30.

Sull'ordine dei lavori.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (LEGA), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede chiarimenti in merito alla circostanza che nella convocazione per la seduta odierna, aggiornata a un'ora dell'inizio della seduta, si prevedano votazioni precedentemente non previste. Al riguardo, osserva che, a suo avviso, non risulta opportuno cambiare la convocazione a ridosso dell'inizio della seduta in una fase procedurale nuova in cui, a causa della pandemia da Covid 19, la partecipazione alle sedute è ammessa in videoconferenza solo nel caso in cui non siano previste votazioni. I deputati, pertanto, possono optare per la partecipazione da remoto anche in ragione delle votazioni previste in sede di convocazione. Risulta quindi opportuno, a suo avviso, rispettare le indicazioni fornite nella convocazione iniziale.

  Lucrezia Maria Benedetta MANTOVANI (FDI) si dice concorde con quanto osservato dal deputato Giglio Vigna.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) non esprime obiezioni a votare i provvedimenti previsti nella seduta odierna.

  Francesca GALIZIA (M5S), a sua volta, concorda con la possibilità di votare i provvedimenti all'esame nella seduta odierna.

  Sergio BATTELLI, presidente, nel dichiarare di comprendere la ratio alla base delle istanze prospettate dal deputato Giglio Vigna, propone, concorde la Commissione, di rinviare il voto sui provvedimenti all'esame ad altra seduta, che sarà convocata per la giornata odierna, nella pausa dei lavori dell'Assemblea.

DL 111/2021: Misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti.
C. 3264 Governo.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere alla XII Commissione Affari sociali, del disegno di legge di conversione del decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, recante misure volte a garantire l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia Pag. 233 di trasporti, in considerazione del rischio di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti.
  Il provvedimento si compone di dieci articoli, compresa la disposizione sull'entrata in vigore, ed è stato adottato in ragione dell'urgenza di adeguare il quadro delle vigenti misure di contenimento della diffusione del virus in materia di istruzione scolastica, università, trasporti e attività sociali.
  Prima di illustrarne il contenuto, ritiene opportuno ribadire ancora una volta l'assoluta legittimità, dal punto di vista del diritto dell'Unione europea, dell'utilizzo del cosiddetto green pass, di cui il testo in esame, assieme al nuovo decreto-legge approvato la scorsa settimana, dispone l'estensione a numerosi ambiti della vita sociale ed economica.
  Per sgombrare il campo da equivoci ed erronee interpretazioni di carattere giuridico, ricorda dunque che il Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021 sul certificato COVID digitale dell'UE – che è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato membro – stabilisce espressamente, a partire dal considerando n. 6, che gli Stati membri, in conformità del diritto dell'Unione, «possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica».
  Tali eventuali restrizioni alla libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 debbono naturalmente essere basate «su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475» e le relative limitazioni debbono essere «applicate conformemente ai principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione».
  Ritiene opportuno sottolineare come, facendo leva su questo ultimo principio della «non discriminazione», nel dibattito pubblico nazionale siano emersi taluni fraintendimenti. Questo principio di diritto europeo implica che persone o gruppi di persone, in presenza di situazioni equiparabili, non siano trattati in maniera diversa, irragionevolmente meno favorevole.
  In tale prospettiva esso non mira affatto a garantire una parità di trattamento tra i soggetti che si sono vaccinati e quelli che, invece, hanno deciso di non farlo, bensì tra le categorie di soggetti che, in base alle evidenze mediche, presentano un rischio ridotto sia di contrarre il virus in forme acute, sia di contagiare altre persone e non costituiscono pertanto un rischio significativo per la salute pubblica, come le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la COVID-19 e le persone che sono guarite dalla COVID-19 nei sei mesi precedenti: ovvero, proprio le persone che hanno diritto ad utilizzare il certificato verde ai sensi della disciplina vigente.
  Negli altri casi, ossia per i soggetti che presentano un maggior rischio di contagio, ciascuno Stato membro è perfettamente legittimato ad adottare possibili limitazioni alla libera circolazione per tutelare la vita e la salute pubblica, limitazioni ragionevoli e proporzionate rispetto al perseguimento di questo obiettivo imperativo di interesse generale.
  Ribadisce pertanto che l'estensione dell'obbligo di possedere ed esibire il certificato verde per l'esercizio di talune attività non vìola alcuna norma europea, ed anzi le norme europee sono state concepite proprio al fine di favorirne l'utilizzo a tutela della salute pubblica e per garantire una continuità nell'esercizio del diritto alla libera circolazione delle persone ed evitare possibili interruzioni nella prestazione dei servizi e nelle attività economiche.
  Tale assunto è rafforzato dal considerando n. 13 del citato regolamento Ue, che fa espresso riferimento al fatto che il regolamento medesimo «lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell'imporre restrizioni alla libera circolazione, in conformità del diritto dell'Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2»; il regolamento è infatti diretto a «contribuire ad agevolare la graduale revoca di tali restrizioni in modo coordinato, ove possibile, in conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475»; in esso si fa altresì riferimento Pag. 234 al fatto che tali restrizioni possano «essere revocate in particolare per le persone vaccinate, in linea con il principio di precauzione, nella misura in cui le evidenze scientifiche sugli effetti della vaccinazione anti COVID-19 diventino disponibili in maggior misura e mostrino in maniera coerente che la vaccinazione contribuisce a interrompere la catena di trasmissione».
  Infine, per completezza, ricorda che anche il considerando n. 36 del medesimo regolamento viene spesso evocato in modo ultroneo, atteso che esso, nel ribadire che è «necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate» fa espresso riferimento ai soggetti che non sono vaccinati «per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate». Il regolamento fa dunque riferimento a coloro i quali non possono essere vaccinati, o ai quali non è stata data l'opportunità di vaccinarsi, e a costoro, e solo a costoro, non può essere richiesto il possesso di un certificato di vaccinazione come condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione.
  Passando ad illustrare il contenuto del provvedimento, ricorda che l'articolo 1, alla luce dell'esigenza di assicurare il valore della scuola come comunità e di tutelare la sfera sociale e psico-affettiva della popolazione scolastica, dispone che nell'anno scolastico 2021-2022, sull'intero territorio nazionale, i servizi educativi per l'infanzia nonché l'attività delle scuole di ogni ordine e grado e le attività didattiche e curriculari delle università siano svolti in presenza (comma 1). Il comma 2 elenca, pertanto, una serie di misure minime di sicurezza finalizzate a prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, da adottarsi fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, in tutte le istituzioni del sistema nazionale di istruzione e nelle università al fine di prevenire la diffusione del virus. Tra le misure adottate viene fatto obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, fatta eccezione per i bambini di età inferiore ai sei anni, per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso dei predetti dispositivi e per lo svolgimento delle attività sportive; è inoltre raccomandato il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro salvo che le condizioni strutturali-logistiche degli edifici non lo consentano ed è fatto divieto di accedere o permanere nei locali scolastici e universitari ai soggetti con sintomatologia respiratoria o temperatura corporea superiore a 37,5°.
  La gestione dei casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati o sospetti deve avvenire secondo linee guida e protocolli adottati in base alla normativa vigente, i quali possono disciplinare ogni ulteriore aspetto concernente le condizioni di sicurezza relative allo svolgimento delle attività didattiche e scolastiche (comma 3). Tali protocolli e linee guida, adottati e aggiornati con ordinanza del Ministro della salute, possono derogare all'obbligo d'indossare la mascherina qualora a determinate attività partecipino solo studenti che abbiano completato il ciclo vaccinale o abbiano un certificato di guarigione in corso di validità. La medesima possibilità di deroga è prevista per le università. Si prevede, inoltre, che i presidenti delle regioni e i sindaci, per territori situati nella zona rossa o arancione, possono sospendere – ove sussistano circostanze di eccezionale e straordinaria necessità dovuta all'insorgenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica e solo per singoli istituti scolastici o per specifiche aree del territorio – lo svolgimento delle attività didattiche ed educative in presenza, sentite le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei princìpi di adeguatezza e proporzionalità. È fatta salva la garanzia dell'attività in presenza per l'uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali (comma 4). Si dispone, poi, che, ai fini della tutela contro Pag. 235il rischio di contagio da COVID-19, al personale scolastico e universitario si applichi l'articolo 29-bis del decreto-legge n. 23 del 2020, concernente gli obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, quando sono rispettate le prescrizioni previste dal presente decreto e dai suddetti linee guida e protocolli (comma 5). Al comma 6 viene disciplinato l'impiego delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito scolastico e universitario, inserendo nel decreto-legge n. 52 del 2021 il nuovo articolo 9-ter, che prevede, dal 1° settembre 2021 fino al 31 dicembre 2021, l'obbligo per il personale scolastico e universitario di possedere ed esibire una certificazione verde COVID-19.
  Lo stesso obbligo riguarda gli studenti universitari. Il mancato rispetto del predetto obbligo da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e, a decorrere dal quinto giorno di assenza, comporta la sospensione del rapporto di lavoro con la conseguenza che non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento. Sono esenti dall'obbligo di certificazione coloro che sono impossibilitati a ricevere il vaccino sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute, adottata il 4 agosto scorso. I dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi dell'infanzia nonché delle scuole paritarie e delle università sono tenuti a verificare il rispetto delle predette prescrizioni secondo le modalità di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10, del decreto-legge n. 52 del 2021. Con riferimento al rispetto dell'obbligo di certificazione verde da parte degli studenti universitari, le verifiche sono svolte a campione con le modalità individuate dalle università.
  La violazione degli obblighi di munirsi di certificazione verde e di eseguire le prescritte verifiche, è sanzionata ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000, salvo che il fatto costituisca reato. Si specifica, poi, che le disposizioni contenute nell'articolo in esame si applicano anche alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica nonché alle attività delle altre istituzioni di alta formazione collegate alle università. Si prevede, inoltre, che il Commissario straordinario per il contrasto dell'emergenza epidemiologica predisponga e attui un piano di screening della popolazione scolastica per l'anno 2021, al fine di fornire elementi utili ad adeguare le misure di sanità pubblica al variare dello scenario epidemiologico. Lo scopo è instaurare un sistema di sorveglianza attiva di identificazione precoce dei casi positivi in un ambito caratterizzato da elevata frequenza di contatti sociali, al fine di ridurre la probabilità di diffondere l'infezione nella scuola.
  Per consentire il tempestivo pagamento delle competenze al personale supplente, chiamato per la sostituzione del personale assente ingiustificato, è autorizzata la spesa di 358 milioni di euro per l'anno 2021.
  In via incidentale, è opportuno fare presente che ai sensi del nuovo decreto-legge approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri – e che dovrebbe essere trasfuso nel provvedimento in esame attraverso una apposita modifica emendativa – l'obbligo di possedere ed esibire una certificazione verde COVID-19 ai sensi del citato articolo 9-ter è stato esteso anche al personale scolastico dei servizi educativi per l'infanzia, dei corsi serali e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti (C.p.i.a.), dei sistemi regionali di Istruzione e Formazione Professionale (IeF.P.), dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (I.F.T.S.) e degli Istituti Tecnici Superiori (I.T.S.). È stato inoltre disposto che fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, chiunque acceda a tutte le strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative deve possedere ed è tenuto ad esibire la certificazione verde COVID-19; tale ultima disposizione non si applica tuttavia ai bambini, agli alunni e agli studenti, nonché ai frequentanti i sistemi regionali di formazione, ad eccezione di coloro che prendono parte ai Pag. 236percorsi formativi degli Istituti tecnici superiori. Ricorda poi che analoghe disposizioni concernenti l'impiego delle certificazioni verdi COVID-19 sono state introdotte nel nuovo decreto-legge per l'accesso nelle strutture della formazione superiore e che il medesimo provvedimento ha inoltre esteso l'obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in ambito assistenziale.
  Tornando all'esame del testo del decreto-legge all'ordine del giorno, fa presente che l'articolo 2 disciplina l'impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nei mezzi di trasporto, integrando a tale fine le previsioni del decreto-legge n. 52 del 2021. In particolare, al comma 1, si prevede che, dal 1° settembre 2021 fino al 31 dicembre 2021, il possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 è necessario in relazione ai seguenti mezzi di trasporto: a) aeromobili adibiti a servizi commerciali di trasporto di persone; b) navi e traghetti adibiti a servizi di trasporto interregionale, con esclusione di quelli impiegati per i collegamenti marittimi nello Stretto di Messina; c) treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario di passeggeri di tipo intercity, intercity notte e alta velocità; d) autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni e aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti; e) autobus adibiti a servizi di noleggio con conducente, ad esclusione di quelli impiegati nei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale.
  In considerazione della tassatività dell'elencazione contenuta nel comma 1, non è richiesto, per contro, il possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 ai fini dell'accesso di mezzi di trasporto diversi da quelli indicati nel citato comma 1, per i quali resta comunque fermo l'obbligo di osservare le misure anti-contagio, ivi comprese quelle previste dai protocolli e dalle linee guida di settore. Il comma 2 dell'articolo 2 prevede una deroga all'obbligo della certificazione verde COVID-19 in favore dei soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e dei soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute. Il comma 3 pone a carico dei vettori aerei, marittimi e terrestri l'obbligo di verificare che l'utilizzo dei mezzi di trasporto avvenga secondo le modalità e le condizioni previste dal comma 1, accertando altresì l'autenticità, la validità e l'integrità delle certificazioni verdi COVID-19, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10, del decreto-legge n. 52 del 2021. Il comma 4 individua le sanzioni applicabili in caso di inosservanza degli obblighi previsti dai commi 1 e 3.
  L'articolo 3 reca modifiche al decreto-legge n. 33 del 2020, nel senso di rendere facoltativo il parere, attualmente previsto come obbligatorio, del Comitato tecnico scientifico nell'ambito del procedimento di emissione dell'ordinanza con cui il Ministro della salute individua, sulla base dei dati in possesso ed elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, le regioni nel cui territorio si manifesta un più elevato rischio epidemiologico, ai fini dell'applicazione delle specifiche misure previste per le diverse zone di classificazione del rischio.
  Tale modifica si rende necessaria per effetto dell'articolo 2, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 105 del 2021, recentemente approvato dall'Assemblea, che ha modificato il comma 16-septies dell'articolo 1 del decreto-legge n. 33 del 2020, con la conseguenza che la collocazione delle regioni nelle diverse zone ha assunto connotati di automatismo e, dunque, discende direttamente dall'applicazione dei parametri normativi ai dati elaborati dalla cabina di regia, rendendo superflua la previsione di un parere obbligatorio del Comitato tecnico scientifico. La norma salvaguarda, tuttavia, la facoltà del Ministro della salute di richiedere il parere del predetto Comitato tecnico scientifico ogniqualvolta lo ritenga necessario ai fini dell'emissione della descritta ordinanza.
  L'articolo 4, ai commi 1 e 2, reca disposizioni di contrasto alla diffusione della pandemia in materia di distanziamento interpersonale degli spettatori che intendono Pag. 237assistere alle competizioni e agli eventi sportivi e di capienza degli spazi destinati al pubblico. Nello specifico, il comma 1 demanda alle linee guida (di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 52 del 2021) la possibilità di prevedere modalità di assegnazione dei posti alternative al distanziamento interpersonale di almeno un metro. Al comma 2, si stabilisce che, in zona bianca, per le competizioni e gli eventi sportivi, la capienza massima consentita al chiuso passa dal 25 al 35 per cento di quella massima autorizzata. Al comma 3, si prevede, infine, che sempre in zona bianca, per gli spettacoli aperti al pubblico, la capienza massima consentita al chiuso passa dal 25 al 35 per cento di quella massima autorizzata nel caso di eventi con un numero di spettatori superiore a 2500.
  L'articolo 5, al comma 1, reca alcune disposizioni di coordinamento. In particolare, interviene sull'elenco di disposizioni del decreto-legge n. 52 del 2021, per le cui esclusive finalità possono essere utilizzate le certificazioni verdi COVID-19, stabilendo che le stesse possono essere utilizzate, oltre che per i fini indicati dall'articolo 9, comma 10-bis, del predetto decreto-legge n. 52 del 2021 (spostamenti in entrata e in uscita dai territori collocati in zona arancione o rossa, accessi nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie, uscite temporanee degli ospiti dalle strutture residenziali, spettacoli aperti al pubblico ed eventi sportivi, feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose, servizi e attività elencati nell'articolo 9-bis del predetto decreto-legge n. 52 del 2021, introdotto dal decreto-legge n. 105 del 2021), anche per quelli di cui agli articoli 9-ter e 9-quater del medesimo decreto-legge n. 52 del 2021, come modificato dal presente decreto.
  L'articolo 6 prevede un'esenzione transitoria da alcune fattispecie che richiedono, per determinati fini, il possesso di un certificato verde COVID-19, relativa ai soggetti in possesso di un certificato di vaccinazione contro il COVID-19 rilasciato dalle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino. L'esenzione è posta nelle more dell'adozione della circolare del Ministero della salute che definisca, per i soggetti in esame, le modalità di vaccinazione contro il COVID-19, in coerenza con le indicazioni dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), e non è riconosciuta, in ogni caso, per il periodo successivo al 15 ottobre 2021.
  L'articolo 7 si ricollega al recente attacco di pirateria informatica subìto dal sistema informatico della regione Lazio che nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto ha determinato l'inutilizzabilità dell'infrastruttura informatica creando, tra l'altro, problemi di continuità nei procedimenti amministrativi, con grave nocumento alla continuità dell'amministrazione e al buon andamento della stessa. La norma in esame riguarda i procedimenti amministrativi, per i quali dispone la sospensione dei termini. In particolare, si stabilisce che nel computo dei termini relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi, gestiti tramite le strutture informatiche dalla regione e dai suoi enti strumentali, non si tenga conto del periodo compreso tra il 1° agosto 2021 e il 15 settembre 2021.
  L'articolo 8 consente di prorogare dal 1° agosto al 31 ottobre 2021, l'incremento delle 753 unità di personale delle Forze armate dell'operazione «Strade Sicure», poste a disposizione dei prefetti in ragione delle incrementate esigenze di contenimento della diffusione del COVID-19.
  L'articolo 9 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri possa conferire la delega per le politiche spaziali e aerospaziali non solo a un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri (come stabilito dalla norma vigente) ovvero a un Ministro, con o senza portafoglio, il quale eventualmente presiede il Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale.
  In conclusione, nell'esprimere il suo orientamento favorevole sul provvedimento in esame, si riserva di formulare la proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione, auspicandone la conclusione nella giornata odierna.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Pag. 238

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020.
C. 3258 Governo, approvato dal Senato.
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021.
C. 3259 Governo, approvato dal Senato.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2021 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Devis DORI (LEU), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del parere da rendere alla V Commissione Bilancio, congiuntamente il disegno di legge C. 3258, recante il rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2020, e il disegno di legge C. 3259, che reca l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021.
  Premette che entrambi i documenti di finanza pubblica in esame presentano un profilo inconsueto, rispetto a quanto avviene solitamente, a causa degli eventi eccezionali connessi alla pandemia che hanno avuto, come noto, notevoli ripercussioni sulla gestione del bilancio.
  In particolare, il rendiconto riflette gli effetti finanziari delle azioni prontamente intraprese dall'Italia a fronte dell'emergenza epidemiologica, nel quadro del mutato orientamento comunitario che ha previsto, già nel marzo 2020, l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita e l'introduzione di un quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato.
  Le azioni intraprese hanno determinato un peggioramento di tutti i saldi di bilancio, sia rispetto all'esercizio 2019, sia rispetto alle previsioni iniziali: in particolare il saldo netto da finanziare (dato dalla differenza fra le entrate finali e le spese finali) presenta nel 2020 un valore negativo di circa 270,9 miliardi, con un peggioramento di oltre 273,2 miliardi rispetto al saldo registrato nel 2019; anche il risparmio pubblico (saldo delle operazioni correnti, che, se positivo, misura la quota di risorse correnti destinabile al finanziamento delle spese in conto capitale), che si attesta nel 2020 a –105,5 miliardi, denota un peggioramento di 155,4 miliardi rispetto al 2019; infine, il dato del ricorso al mercato finanziario (differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, incluse quelle relative al rimborso di prestiti) si attesta nel 2020 a –506,9 miliardi, evidenziando un peggioramento di 289,3 miliardi rispetto al 2019.
  Tali risultati riflettono il progressivo aggiornamento dei saldi programmatici approvato dal Parlamento nel corso dell'esercizio 2020, che ha portato alla rideterminazione dei limiti massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, rispettivamente, a –341 e –599 miliardi di euro in termini di competenza, limiti entrambi rispettati con ampio margine.
  Hanno concorso in misura significativa a determinare i saldi descritti i provvedimenti straordinari e urgenti adottati nel corso del 2020 per far fronte alle conseguenze della pandemia, che hanno prodotto una diminuzione delle entrate finali, sia tributarie (dirette e, soprattutto, indirette) che extratributarie (in particolare per la riduzione di quelle derivanti da recuperi, rimborsi e contributi) e un significativo aumento delle spese finali, in particolare quelle di parte corrente (per l'aumento dei trasferimenti correnti alle amministrazioni locali e previdenziali, alle imprese e alle famiglie), ma anche in conto capitale (per l'aumento dei contributi per gli investimenti alle imprese).
  L'andamento descritto si riflette anche sulla gestione patrimoniale 2020, da cui emerge un'eccedenza passiva di circa 2.215 miliardi (pari alla differenza tra passività di 3.219 miliardi e attività di 1.004 miliardi), con un peggioramento di circa 299 miliardi rispetto alla situazione patrimoniale a fine 2019, connesso all'aumento della situazione debitoria dello Stato. Pag. 239
  Per quanto riguarda il disegno di legge sull'assestamento delle previsioni per il bilancio 2021 esso provvede ad aggiornare, per l'anno 2021, le previsioni di entrata e gli stanziamenti di spesa, in relazione al quadro macroeconomico definito nel Documento di economia e finanza 2021 dello scorso mese di aprile, nonché agli andamenti di bilancio e di finanza pubblica e alle ulteriori esigenze di gestione, rispetto a quanto già considerato nella legge di bilancio per il triennio 2021-2023, segnalate dalle amministrazioni centrali dello Stato per l'esercizio finanziario in corso.
  Il disegno di legge, che incorpora le variazioni di bilancio derivanti dagli atti amministrativi adottati da gennaio a maggio, determina il saldo netto da finanziare del bilancio 2021 in 232,8 miliardi, con un peggioramento di 39,4 miliardi di euro, rispetto a quello previsto nella legge di bilancio 2021. Tale variazione costituisce il saldo tra il peggioramento di –40,7 miliardi di euro – derivante principalmente dall'attuazione del decreto-legge n. 41 del 2021 (decreto Sostegni), emanato per il finanziamento di interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 – per il quale il Parlamento ha autorizzato il ricorso all'indebitamento, e un miglioramento previsto di 1,3 miliardi di euro, derivante, in particolare, da maggiori entrate da giochi e lotterie, da dividendi delle società partecipate, nonché dalla proroga a titolo oneroso per il rilascio delle autorizzazioni e delle licenze per i servizi di telecomunicazione.
  Parallelamente, con il provvedimento di assestamento, il risparmio pubblico (dato dalla differenza tra entrate correnti e spese correnti al lordo degli interessi) registra un peggioramento di 36,5 miliardi rispetto alla previsione iniziale, mentre il ricorso al mercato (pari alla differenza tra le entrate finali e il totale delle spese, queste ultime date dalla somma delle spese finali e del rimborso prestiti) evidenzia un peggioramento per complessivi 28,7 miliardi.
  La Relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di assestamento sottolinea che le variazioni descritte sono già scontate nelle previsioni tendenziali del DEF 2021 riguardanti dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda i capitoli di bilancio di interesse per la Commissione, ricorda preliminarmente che, con riferimento al Programma 3.1 – Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE (che costituisce la componente largamente preponderante della Missione 3 – L'Italia nell'Europa e nel mondo) il disegno di legge di assestamento 2021 presenta grandezze molto diverse rispetto rendiconto 2020. Mentre, infatti, quest'ultimo registra una spesa sostenuta nel 2020 pari a circa 21 miliardi, in assestamento si prevede per il 2021 una dotazione complessiva di circa 60,4 miliardi. La differenza tra i due esercizi discende essenzialmente da tre fattori: l'inclusione, nel bilancio di previsione per il 2021, degli effetti del programma Next generation UE, la connessa revisione del sistema di finanziamento del bilancio UE e l'avvio del nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2021-2027, con la connessa componente nazionale di cofinanziamento.
  Tali rilevanti fattori si riflettono nella dotazione dei seguenti capitoli di bilancio:

   i capitoli 2751 e 2752, riguardanti il finanziamento del bilancio dell'UE a titolo di risorse proprie basate, rispettivamente, su Reddito Nazionale Lordo (RNL) e IVA e sulle risorse proprie tradizionali. Tali due capitoli, che in sede di rendiconto hanno registrato esborsi pari, rispettivamente, a 16,4 e 2 miliardi, risultano dotati in assestamento per il 2021, rispettivamente di 18,7 e 2,2 miliardi. Tale aumento di esborsi nel 2021 rispetto al 2020, per complessivi 2,4 miliardi circa, è previsto in conformità con l'aumento delle risorse proprie deliberato dall'Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020, al fine di raccogliere un importo sufficiente a coprire il livello delle spese per il rimborso anticipato dei prestiti contratti a titolo di Next generation UE. Con riferimento ai capitoli in esame segnalo inoltre che il disegno di legge di assestamento apporta, rispetto alle previsioni iniziali, una variazione in aumento di 350 milioni al capitolo 2751, per l'aumento della risorsa basata sul RNL, parzialmente Pag. 240compensata con una riduzione di 100 milioni di euro del capitolo 2751, relativo alle somme da versare a titolo di risorse proprie tradizionali;

   il capitolo 7493, relativo ai versamenti a carico del bilancio al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. Tale capitolo, che registra in rendiconto 2020 esborsi per 2,1 miliardi, presenta in assestamento uno stanziamento di 6,1 miliardi per il 2021, anno sul quale incide l'avvio del nuovo ciclo di programmazione;

   il capitolo 8003, relativo al Fondo di rotazione per l'attuazione del Next generation UE-Italia. Per tale capitolo, non presente nel rendiconto 2020, l'assestamento prevede per il 2021 dotazioni pari a 32,8 miliardi, finalizzati a finanziare gli impegni di spesa relativi agli interventi inclusi nel PNRR.

  In conclusione, si riserva di presentare una proposta di parere che preannuncia sin d'ora favorevole atteso che, alla luce delle decisioni adottate dall'Unione europea in risposta alla crisi derivante dalla pandemia da COVID-19, tra cui in particolare il mantenimento fino a tutto il 2022 dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, i provvedimenti in esame non presentano profili di criticità in ordine alla compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.55.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 13.30.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020.
C. 3258 Governo, approvato dal Senato.
Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021.
C. 3259 Governo, approvato dal Senato.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2021 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e conclusione – Relazioni favorevoli).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto, rinviato nella seduta antimeridiana odierna.

  Devis DORI (LEU), relatore, conferma la proposta, già avanzata nella fase antimeridiana della seduta, di esprimere delle relazioni favorevoli su entrambi i disegni di legge.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva le proposte di relazioni favorevoli del relatore.

  La seduta, sospesa alle 13.35, è ripresa alle 13.40.

DL 111/2021: Misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti.
C. 3264 Governo.
(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta antimeridiana odierna.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, illustra la proposta di parere favorevole formulata (vedi allegato).

Pag. 241

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 13.45.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 14 settembre 2021. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 15.

Sull'ordine dei lavori.

  Sergio BATTELLI, presidente, avverte che, con un'inversione dell'ordine del giorno, concorde la Commissione, sarà esaminato per primo lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato (Atto n. 279), di cui è relatrice la deputata Giulia Grillo.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato.
Atto n. 279.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Giulia GRILLO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo che intende recepire nell'ordinamento nazionale la direttiva n. 789 del 2019, che stabilisce norme relative all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva.
  La delega per il recepimento in questione è recata dall'articolo 8 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020), che prevede all'uopo specifici principi e criteri direttivi.
  In via preliminare ricorda che la direttiva in oggetto mira a fornire una più ampia diffusione negli Stati membri di programmi televisivi e radiofonici che hanno origine in Stati membri diversi. In considerazione della loro natura di strumenti importanti di promozione della diversità culturale e linguistica e della coesione sociale, si ritiene così di facilitare la concessione di licenze di diritto d'autore e di diritti connessi. L'intervento legislativo trae origine dalla avvenuta trasformazione nella distribuzione e nell'accesso ai programmi televisivi e radiofonici dovuta allo sviluppo delle tecnologie digitali e di Internet e dal fatto che sempre più spesso le trasmissioni vengono offerte anche tramite servizi online accessori: contemporaneamente alla trasmissione iniziale, resta a disposizione degli utenti una versione inalterata e integrale del programma, utilizzando varie tecniche di ritrasmissione, tra cui il cavo, il satellite, il digitale terrestre ma anche e soprattutto internet. Ciò avviene ad esempio ad opera di emittenti che hanno già acquisito il prodotto culturale da trasmettere e dispongono di strumenti ulteriori rispetto al canale televisivo per la sua diffusione, in particolare i siti web, che si atteggiano appunto a servizi on line accessori. Nel contempo, la direttiva tiene conto della crescita della domanda di accesso a trasmissioni televisive e programmi radiofonici provenienti da un diverso Stato membro, ad opera ad esempio di minoranze linguistiche o di chi vive in uno Stato membro diverso dal proprio.
  In tale quadro, la direttiva è volta a promuovere la fornitura transfrontaliera di servizi online accessori a determinati tipi di programmi radiotelevisivi e ad agevolare la ritrasmissione dei programmi provenienti da altri Stati membri, effettuata da soggetti Pag. 242diversi rispetto all'organismo di diffusione che ha emesso la trasmissione iniziale.
  Tale finalità viene perseguita estendendo ai servizi on-line accessori il principio del «Paese d'origine», ossia il principio in virtù del quale una trasmissione deve rispettare la normativa sul diritto d'autore del Paese d'origine e non anche quelle di tutti gli altri Stati membri dell'Unione europea in cui essa è visibile. Segnalo peraltro che il principio del Paese d'origine era già stato applicato dalla precedente direttiva 93/83/CEE alle trasmissioni satellitari e via cavo e viene ora esteso, in virtù dell'evoluzione tecnologica, ad alcuni servizi online accessori.
  In particolare, ricorda che in virtù del principio del «Paese d'origine», disciplinato dall'articolo 3 della direttiva, i servizi online accessori, ai fini dell'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi (che, com'è noto, sono i diritti diversi da quello del creatore dell'opera, quali quelli dell'interprete, dell'attore, del pianista che suona una partitura altrui, ecc.), sono considerati come aventi luogo esclusivamente nello Stato membro in cui si trova la sede principale dell'organismo di diffusione radiotelevisiva che fornisce il servizio.
  Il principio si applica alle azioni di comunicazione e messa a disposizione del pubblico di programmi radiofonici e programmi televisivi «in maniera tale che ciascuno possa accedere ad esse dal luogo e nel momento da esso scelti» (par. 1).
  La direttiva oggetto di recepimento ha dunque lo scopo di evitare che gli organismi di diffusione, che mettono a disposizione online programmi collegati in via subordinata alle loro trasmissioni, debbano munirsi di licenza di ciascuno Stato membro. Tale pratica, infatti, risulterebbe di difficile attuazione e l'assenza di licenza determinerebbe una frammentazione dello spazio audiovisivo europeo non agevole sotto il profilo tecnologico e in conflitto con gli stessi obiettivi europei.
  Segnala inoltre che in base alla direttiva il principio del Paese d'origine viene limitato con riferimento alle trasmissioni di eventi sportivi (par. 1, comma 2) e che in via generale spetta agli Stati membri fare in modo che, nel fissare l'importo del pagamento dei diritti soggetti al principio del Paese d'origine, le parti contraenti tengano conto «di tutti gli aspetti del servizio online accessorio» (par. 2), tra cui rilevano la durata della disponibilità online, il pubblico e le versioni linguistiche fornite.
  In tema di ritrasmissione (Capo III, articoli 4-7), si prevede che i titolari del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico autorizzino gli atti di ritrasmissione attraverso un organismo di gestione collettiva (articolo 4), il cui operato è regolato dall'articolo 5. Norme dettagliate disciplinano poi l'individuazione dell'organismo competente in caso di mancato trasferimento del diritto ad opera del titolare (articolo 4, par. 2 e 3). In caso di mancato accordo (articolo 6), gli Stati membri provvedono affinché sia possibile far ricorso all'assistenza di uno o più mediatori.
  Per espressa indicazione dell'articolo 7, gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che le disposizioni in esame siano estese anche alle situazioni in cui sia la trasmissione iniziale che la ritrasmissione abbiano luogo nel loro territorio. Il Capo IV (articolo 8) è dedicato alla trasmissione di programmi attraverso immissione diretta, in cui l'organismo di diffusione trasmette i programmi non direttamente al pubblico ma ad un distributore di segnali, il quale poi trasmette al pubblico. In questo caso si considera che organismo e distributore partecipino ad un unico atto di comunicazione al pubblico, rispetto al quale ottengono l'autorizzazione da parte del titolare dei diritti secondo le modalità stabilite dagli Stati membri.
  Ricorda infine che un riesame della direttiva è previsto ad opera della Commissione europea entro il 7 giugno 2025, presentando le principali conclusioni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale in una relazione, da pubblicare anche sul sito web della Commissione. Disposizioni transitorie sono stabilite dall'articolo 11 per eventuali accordi già conclusi, ed autorizzazioni già ottenute, che siano in vigore al 7 giugno 2021, ovvero il termine posto dall'articolo 12 per il recepimento della direttiva, la quale si innesta Pag. 243 nell'ambito dei principi contenuti nel regolamento europeo sul diritto d'autore di cui al COM(2016) 594 del 14 settembre 2016.
  Per quanto attiene ai criteri direttivi specifici della delega, rammenta che il citato articolo 8 della legge di delegazione europea 2019-2020 prevede anzitutto che il recepimento della direttiva debba definire in modo restrittivo i «programmi di produzione propria che sono finanziati interamente dall'organismo di diffusione radiotelevisiva» di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto ii), della direttiva (UE) 2019/789, in particolare riconducendo il concetto di «produzione propria» alla nozione di «produzione interna». Tali programmi sono assoggettati al principio del «Paese d'origine» sopra richiamato, in base al quale, in relazione all'esercizio del diritto d'autore, debbono essere considerate come aventi luogo esclusivamente nello Stato membro in cui si trova la sede principale dell'organismo di diffusione radiotelevisiva le azioni di comunicazione/messa a disposizione al pubblico di materiali effettuate quando vengono forniti al pubblico determinati programmi radiofonici o televisivi nell'ambito di un servizio online accessorio fornito dall'organismo di diffusione radiotelevisiva.
  Il criterio direttivo in oggetto impone pertanto al legislatore delegato di fornirne una definizione «restrittiva», quanto più circoscritta possibile, di tali programmi, nonché di ricondurre la nozione di «produzione propria» a quella di «produzione interna». Ciò – come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di delegazione europea a suo tempo presentato alle Camere – al fine di chiarire che non solo il finanziamento, ma anche la realizzazione materiale deve essere interamente svolta attraverso i mezzi propri dell'emittente.
  Richiama inoltre un ulteriore criterio direttivo ai sensi del quale il decreto legislativo di attuazione della direttiva è tenuto altresì a individuare i requisiti degli organismi di gestione collettiva autorizzati a rilasciare le licenze obbligatorie di cui all'articolo 4 della direttiva (UE) 2019/789. Tale criterio è volto a garantire omogeneità con quanto previsto dalla normativa sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali di cui al decreto legislativo n. 35 del 2017, che ha dato attuazione alla direttiva 2014/26/UE. Il citato articolo 4 della direttiva (UE) 2019/789 disciplina l'esercizio dei diritti sulla ritrasmissione da parte di soggetti, titolari del diritto d'autore e dei diritti connessi, diversi dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, demandando agli Stati membri di provvedere affinché detti soggetti esercitino il loro diritto di concedere o rifiutare l'autorizzazione per una ritrasmissione esclusivamente attraverso organismi di gestione collettiva, i quali risultano, pertanto, incaricati della gestione dei diritti di ritrasmissione.
  Passando ora all'esame del contenuto dello schema di decreto, ricorda che esso si compone di tre articoli: l'articolo 1 interviene con alcune modifiche alla legge n. 633 del 22 aprile 1941 (legge sul diritto d'autore), l'articolo 2 reca alcune disposizioni transitorie, mentre l'articolo 3 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  Per un migliore inquadramento della tematica, fa presente che il legislatore delegato, come evidenziato anche nella relazione illustrativa, ha ritenuto di sovrapporre le due discipline relative alla ritrasmissione via cavo e non via cavo, optando per l'eliminazione dei riferimenti normativi alla distribuzione via cavo presenti nella legge sul diritto d'autore. Tale soluzione, secondo quanto emerge nella medesima relazione illustrativa, tiene conto dell'attuale contesto di riferimento nello Stato italiano ove la distribuzione via cavo non ha avuto un significativo sviluppo.
  Questa scelta, inoltre, risulta maggiormente in linea, più in generale, con quanto previsto dall'articolato della direttiva dove emerge in più punti la volontà di assicurare una certezza giuridica agli operatori del settore e di superare le disparità normative nazionali per quanto riguarda i servizi di trasmissione.
  Ciò premesso, segnala che l'articolo 1, in attuazione della direttiva, apporta alcune Pag. 244modifiche di carattere ordinamentale alla normativa interna in materia di diritto d'autore, al fine di recepire le richiamate disposizioni europee relative ai servizi online accessori, all'applicazione a questi ultimi del principio del Paese d'origine, all'esercizio dei diritti sulla ritrasmissione e alla trasmissione di programmi mediante immissione diretta.
  In questo quadro, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a), b), d), f) e h), intervengono sopprimendo i riferimenti normativi alla ritrasmissione via cavo contenuti nella legge sul diritto di autore, al fine di disciplinare in modo organico e uniforme tutte le ritrasmissioni indipendentemente dalla tecnica trasmissiva adottata, in linea con la ratio della direttiva europea che promuove l'applicazione degli stessi principi in chiave di neutralità tecnologica.
  Nella medesima prospettiva opera anche la lettera g) del comma 1 dell'articolo, che nell'apportare alcune modifiche all'articolo 110-bis della legge sul diritto d'autore allinea il testo alla scelta di non distinguere la ritrasmissione sulla base delle tecnologie utilizzate in ossequio al principio di neutralità tecnologica.
  L'articolo 1, comma 1, lettera e) inserisce invece nella legge sul diritto d'autore gli articoli 16-ter, 16-quater e 16-quinquies che recepiscono, rispettivamente, le disposizioni della direttiva dedicate alla ritrasmissione, ai servizi online accessori e all'emissione diretta.
  In particolare, l'articolo 16-ter recepisce l'articolo 4 della direttiva concernente l'esercizio, da parte dei titolari dei diritti diversi dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, dei diritti sulla ritrasmissione, prevedendo che i titolari del diritto d'autore e dei diritti connessi possano concedere o rifiutare l'autorizzazione per una ritrasmissione esclusivamente attraverso un organismo di gestione collettiva di tali diritti.
  L'articolo 16-quater recepisce invece l'articolo 3 della direttiva concernente i servizi online accessori degli organismi di diffusione radiotelevisiva, applicando ad essi il citato principio del Paese d'origine. In particolare, l'articolo definisce il «servizio online accessorio» come un servizio di fornitura al pubblico di programmi televisivi o radiofonici e di qualsiasi materiale che riveste carattere accessorio rispetto alla trasmissione, simultaneamente ad essa o per un determinato periodo di tempo dopo la trasmissione, effettuato da un organismo di diffusione radiotelevisiva, direttamente o sotto il suo controllo e la sua responsabilità. Conformemente a quanto previsto dalla direttiva, l'applicazione del principio del Paese d'origine viene circoscritta ai programmi radiofonici e ai programmi televisivi d'informazione e di attualità oppure ai programmi di produzione propria.
  Alla luce dell'indicazione contenuta nella legge delega – che ha imposto al legislatore delegato di introdurre una definizione restrittiva dei programmi di produzione propria – questi ultimi vengono definiti come programmi di produzione interna interamente ideati, finanziati e realizzati con risorse proprie dall'organismo di diffusione radiotelevisiva.
  Per quanto concerne, invece, la filiera industriale dell'audiovisivo e degli eventi sportivi audiovisivi, al fine di tutelare tali settori il nuovo articolo 16-quater della legge sul diritto d'autore, uniformandosi a quanto previsto dall'articolo 3 della direttiva, prevede che il principio del Paese di origine trovi applicazione limitatamente ai programmi radiofonici e televisivi di informazione e di attualità ovvero ai programmi di produzione propria.
  L'articolo 16-quinquies recepisce poi l'articolo 8 della direttiva, concernente la trasmissione di programmi attraverso immissione diretta. In particolare, la disposizione in questione stabilisce che, qualora gli organismi di diffusione radiotelevisiva trasmettano i loro segnali portatori di programmi per emissione diretta esclusivamente ai distributori di segnali, senza trasmettere direttamente i loro programmi al pubblico e i distributori di segnali inviano tali segnali portatori di programmi ai loro utenti per consentire loro di guardare e ascoltare i programmi, vi sia un atto unico di comunicazione al pubblico a cui devono partecipare sia gli organismi di diffusione Pag. 245radiotelevisiva che i distributori di segnali con i loro rispettivi contributi. In pratica i due soggetti coinvolti: l'organismo di diffusione radiotelevisiva e il distributore di segnali partecipano, ognuno in base al proprio contributo, all'atto di comunicazione al pubblico. Conseguentemente si prevede che ciascuno dei due soggetti coinvolti (l'organismo di diffusione radiotelevisiva e i distributori di segnali) debbano ottenere l'autorizzazione dei titolari dei diritti in relazione al contributo specifico da loro fornito alla trasmissione del programma.
  Ricorda inoltre che l'articolo 1, comma 1, lettera d), inserisce nella legge sul diritto d'autore l'articolo 79-bis in attuazione di quanto contenuto nell'articolo 5 della direttiva. In particolare, il nuovo articolo in questione dispone che qualora gli organismi di diffusione radiotelevisiva e gli operatori dei servizi di trasmissione avviino trattative finalizzate alla conclusione di un accordo per l'autorizzazione alla ritrasmissione di programmi televisivi e radiofonici, tali trattative debbono essere condotte secondo i principi di buona fede di cui all'articolo 1337 del codice civile.
  Da ultimo, l'articolo 1, comma 1, lettera f), dello schema di decreto modifica il citato articolo 110-bis della legge sul diritto di autore prevedendo che, in caso di mancata autorizzazione per la ritrasmissione di un'emissione di radio diffusione, le parti interessate possono fare ricorso ad un terzo, scelto di comune accordo, per la formazione di una proposta di contratto.
  Come accennato, il successivo articolo 2 dello schema di decreto prevede, in linea con quanto stabilito dalla direttiva, alcune norme transitorie. In particolare, si prevede che, per gli accordi relativi ai servizi online accessori in vigore alla data del 7 giugno 2021, trovi applicazione la disciplina di cui al citato nuovo articolo 16-quater a decorrere dal 7 giugno del 2023, qualora gli accordi scadano dopo tale data. Per le autorizzazioni per gli atti di comunicazione al pubblico mediante emissione diretta in vigore al 7 giugno 2021 trova invece applicazione la disciplina di cui al citato articolo 16-quinquies a decorrere dal 7 giugno 2025, qualora le autorizzazioni in questione scadano dopo tale data. Infine, ricorda che l'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, nel rimarcare l'importanza del provvedimento in esame, si riserva di formulare la proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) ritiene utile acquisire specifici approfondimenti su due aree tematiche. In primo luogo reputa opportuno chiarire se la direttiva in esame affronti anche le problematiche connesse alle trasmissioni radiofoniche nelle aree transfrontaliere. In secondo luogo, sottolinea l'importanza della diversità culturale e del plurilinguismo da difendere anche nel contesto della diffusione di contenuti digitali e dei media. Osserva in proposito che il nostro Paese, particolarmente soggetto, a suo avviso, a un processo di omologazione culturale rispetto ad altre lingue, è tenuto a difendere la pluralità linguistica e a promuovere la diversità culturale, veicolandola anche nei contenuti digitali e nei media.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/770 relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali.
Atto n. 269.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Filippo SENSI (PD), relatore, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo che intende recepire nell'ordinamento nazionale la direttiva (UE) 2019/770 relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali. Pag. 246
  L'atto in esame, adottato sulla base della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2019-2020, introduce nel decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005) un nuovo Capo, contenente gli articoli da 135-octies a 135-vicies ter, volto a disciplinare taluni aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale o di servizi digitali conclusi tra consumatore e professionista, come per esempio la conformità del contenuto o del servizio digitale al contratto, i rimedi per il caso di adempimento inesatto e come essi si attivano e la modifica del contenuto o del servizio digitale.
  Esso dà attuazione alla citata direttiva (UE) 2019/770, che mira a garantire il giusto equilibrio tra il conseguimento di un elevato livello di protezione dei consumatori e la promozione della competitività delle imprese. Secondo la relazione illustrativa, infatti, l'introduzione in tutti gli Stati membri di norme armonizzate in materia di diritto contrattuale dei consumatori è finalizzata a rendere più facile per le imprese, in particolare le PMI, fornire contenuti o servizi digitali in tutta l'Unione europea, grazie ad un quadro stabile ed omogeneo di norme contrattuali che riduce la frammentazione giuridica esistente fra le diverse legislazioni nazionali.
  In questo quadro, il nuovo articolo 135-octies, introdotto nel Codice del Consumo, oltre a recare le definizioni, stabilisce l'ambito di applicazione delle nuove disposizioni, nel quale rientrano sia i contratti in cui il professionista fornisca un contenuto o servizio digitale verso il corrispettivo di un prezzo corrisposto dal consumatore, sia quelli in cui il consumatore, al posto del prezzo, fornisca al professionista dati personali: in quest'ultimo caso la controprestazione del consumatore consiste nella messa a disposizione dei propri dati personali con espressa esclusione dei casi in cui tali dati sono forniti a meri fini esecutivi, ovverosia per consentire l'effettiva fornitura del contenuto digitale o del servizio digitale o l'assolvimento di obblighi di legge cui è soggetto il professionista.
  L'articolo 135-novies elenca invece le esclusioni, individuando una serie di ipotesi in cui non si applicano le nuove disposizioni: è questo il caso, ad esempio, dei contenuti digitali o servizi digitali incorporati o interconnessi con beni con elementi digitali e che vengono forniti con il bene con un contratto di vendita del medesimo. Il comma 2 dell'articolo, recependo l'articolo 3, comma 5 della direttiva, elenca altresì le tipologie di contratti esclusi dal campo di applicazione delle nuove disposizioni (servizi diversi da quelli digitali, servizi di gioco d'azzardo, servizi finanziari, contenuti digitali forniti da enti pubblici, ecc.). Il comma successivo, recependo l'articolo 3, comma 6, della direttiva, disciplina invece l'ipotesi dei cosiddetti contratti a pacchetto, cioè i casi in cui un singolo contratto tra professionista e consumatore comprende in un unico pacchetto elementi di fornitura di contenuto digitale o di un servizio digitale ed elementi relativi alla fornitura di altri beni o servizi: in questa ipotesi si prevede l'applicazione delle nuove disposizioni del citato Capo 1-bis unicamente agli elementi del contratto che riguardano il contenuto digitale o il servizio digitale. Segnala, da ultimo, che l'articolo chiarisce altresì il rapporto fra l'ambito di applicazione di diverse direttive, disciplinando i casi di conflitto tra disposizioni del Capo I-bis e altri atti dell'Unione e norme nazionali, nonché il rapporto con le norme sulla protezione dei dati personali e sul diritto d'autore.
  In particolare, in caso di conflitto tra le disposizioni del Capo I-bis e una disposizione di un altro atto dell'Unione che disciplini uno specifico settore o oggetto, il comma 5, recependo l'articolo 3, paragrafo 7, della direttiva, prevede che la disposizione di tale altro atto dell'Unione e le disposizioni nazionali di recepimento prevalgano su quelle introdotte dallo schema di decreto; in proposito, il considerando 36 della direttiva richiama a titolo esemplificativo i settori relativi alle telecomunicazioni, al commercio elettronico e alla protezione dei consumatori. Il comma 6, recependo l'articolo 3, paragrafo 8, della direttiva, prevede invece che le disposizioni Pag. 247nazionali e quelle del diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati personali, in particolare quanto previsto dal regolamento (UE) 2016/679, nonché dai decreti legislativi nazionali n. 101/2018 e n. 196/2003, si applichino a qualsiasi dato personale trattato in relazione ai contratti in cui il professionista fornisce un contenuto digitale o un servizio digitale al consumatore. In caso di conflitto prevalgono le norme dell'Unione in materia di protezione dei dati personali: nei considerando della direttiva si evidenzia infatti che il diritto alla cancellazione e il diritto del consumatore di revocare il consenso al trattamento dei dati personali dovrebbero applicarsi pienamente anche in relazione ai contratti disciplinati dalla direttiva. Infine, segnala che il comma 7 dispone che le disposizioni del medesimo Capo I-bis non pregiudichino il diritto dell'Unione e nazionale sul diritto d'autore e sui diritti connessi.
  L'articolo 135-decies ha ad oggetto la conformità del contenuto digitale o del servizio digitale al contratto e sancisce l'obbligo del professionista, salvo diverso accordo tra le parti, di fornire il contenuto digitale o il servizio digitale al consumatore senza ritardo ingiustificato dopo la conclusione del contratto. La disposizione reca l'indicazione dei requisiti soggettivi del criterio di conformità (corrispondenza alla descrizione, idoneità, aggiornamento), nonché i requisiti oggettivi che il bene deve possedere per essere conforme al contratto di vendita.
  L'articolo 135-undecies definisce gli obblighi del professionista e la condotta del consumatore, con particolare riferimento agli aggiornamenti, anche di sicurezza, necessari al fine di mantenere la conformità del contenuto o del servizio digitale. In proposito, segnala che il comma 2 esonera il professionista da responsabilità se il consumatore non installa gli aggiornamenti ricevuti entro un congruo termine, nonostante le informazioni fornite dal medesimo circa la disponibilità dell'aggiornamento, ovvero se il consumatore commette errori nella installazione che non siano causati da carenze delle istruzioni fornite dal professionista.
  L'articolo 135-duodecies recepisce l'articolo 9 della direttiva, trattando il caso della errata integrazione del contenuto o del servizio digitale. Per un corretto funzionamento, il contenuto o il servizio digitale devono infatti potersi integrare nell'ambiente di software e hardware del consumatore. Si ha un difetto di conformità del contenuto o del servizio digitale, nel caso in cui l'integrazione è stata effettuata dal professionista o sotto il suo controllo, o dal consumatore sulla base di carenti istruzioni.
  L'articolo 135-terdecies è dedicato ai diritti, in particolare di proprietà intellettuale, dei terzi. Esso dà attuazione all'articolo 10 della direttiva ed estende i rimedi previsti per i difetti di conformità (alternativamente, ripristino della conformità, congrua riduzione del prezzo o risoluzione del contratto) ai casi in cui l'uso del contenuto o del servizio digitale è limitato o impedito dalla violazione di eventuali diritti dei terzi, ivi compresi quelli relativi alla proprietà intellettuale. Si ha tale vizio sia se il consumatore non può accedere affatto al contenuto o al servizio digitale sia se non può accedervi legalmente.
  L'articolo 135-quaterdecies recepisce l'articolo 11 della direttiva e disciplina la responsabilità del professionista in caso di omessa fornitura. Il momento rilevante per la valutazione dell'eventuale mancata fornitura è quello immediatamente successivo alla conclusione del contratto, che deve essere eseguito senza ritardo ingiustificato ai sensi del citato articolo 135-decies. Il professionista è responsabile solamente per i difetti di conformità che si manifestano entro due anni a decorrere dal momento della fornitura, analogamente a quanto previsto dall'articolo 132 del Codice del consumo e in linea con quanto previsto dalla maggior parte degli Stati membri dell'UE, come evidenzia la relazione illustrativa allo schema di decreto. Ricorda inoltre che si prevede la prescrizione del diritto di azione nel termine di ventisei mesi dalla fornitura.
  L'articolo 135-quindecies regola il diritto di regresso, in attuazione dell'articolo 20 della direttiva, che consente al professionista – quando è responsabile nei confronti Pag. 248del consumatore a causa della mancata fornitura di un contenuto o servizio digitale o per l'esistenza di un difetto di conformità derivante da un atto o da un'omissione di una persona nell'ambito di passaggi precedenti della catena di operazioni commerciali – di agire nei confronti della persona o delle persone responsabili. In particolare, il comma 1 dell'articolo disciplina il diritto di regresso del professionista, prevedendo una azione nei confronti del responsabile del difetto che faccia parte della catena distributiva. In proposito, la direttiva attribuisce al legislatore nazionale il compito di individuare la persona nei cui confronti il professionista finale ha diritto di agire. Il comma 2 a tale riguardo dispone che il professionista che abbia ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore può agire, entro un anno dall'esecuzione della prestazione, in regresso nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili per ottenere la reintegrazione di quanto prestato.
  L'articolo 135-sexiesdecies, in recepimento dell'articolo 12 della direttiva, individua una serie di situazioni in cui l'onere della prova è posto in capo al professionista. A tal proposito ricorda che la direttiva sottolinea come l'elevato grado di complessità dei contenuti e dei servizi digitali rendano il professionista parte più forte nel rapporto contrattuale rispetto al consumatore, avendo egli anche una migliore conoscenza e accesso alle informazioni tecniche e all'assistenza tecnica di alto livello. Pertanto, la direttiva richiede che in caso di controversia, pur spettando al consumatore fornire prove della non conformità del contenuto digitale o del servizio digitale, dovrebbe spettare al professionista dimostrare che il contenuto digitale o il servizio digitale era conforme in tale momento al momento della fornitura o nel corso al della fornitura.
  Riproducendo il testo del citato articolo 12, l'articolo in commento prevede quindi che l'onere della prova riguardo al fatto se il contenuto o il servizio digitale sia stato fornito in conformità al citato articolo 135-decies è a carico del professionista. Stesso principio vale anche nei casi di fornitura singola o di una serie di singole forniture, ovvero di fornitura continuativa. Il professionista può dimostrare che l'ambiente digitale del consumatore non è compatibile con i requisiti tecnici del contenuto o del servizio digitale di cui il consumatore fosse stato informato. A sua volta, il consumatore deve collaborare con il professionista per quanto ragionevolmente possibile e necessario al fine di accertare se la causa del difetto di conformità del contenuto o del servizio digitale risieda nell'ambiente digitale del consumatore. L'obbligo di collaborazione è limitato ai mezzi tecnicamente disponibili che sono meno intrusivi per il consumatore. Se il consumatore non collabora, l'onere della prova riguardo all'esistenza del difetto di conformità torna a carico del consumatore.
  Gli articoli da 135-septiesdecies a 135-vicies disciplinano le tutele e le azioni a favore del consumatore in caso di omessa fornitura da parte del professionista del contenuto o servizio digitale o di difetto di conformità del bene.
  In particolare, qualora vi sia una omissione di fornitura il consumatore può invitare il professionista a fornire il contenuto digitale o il servizio digitale e qualora tale omissione persista il consumatore ha diritto di risolvere il contratto. In caso invece di difetti di conformità del contenuto o del servizio digitale, il consumatore ha diritto al ripristino della conformità del bene o a ricevere una congrua riduzione del prezzo o, in alternativa, alla risoluzione del contratto nei casi disciplinati dall'articolo 135-octiesdecies. Il professionista è da parte sua obbligato a rendere il contenuto o il servizio digitale conforme entro un termine congruo a partire dal momento in cui è stato informato dal consumatore in merito al riscontro del difetto di conformità del bene e tutto ciò deve avvenire senza che sul consumatore gravino delle spese o ulteriori inconvenienti anche in considerazione dell'uso che il consumatore intendeva fare del contenuto digitale o del servizio digitale acquistato.
  Come accennato, il consumatore, qualora sia stato fornito il servizio in cambio del pagamento di un prezzo, ha diritto ad una riduzione proporzionale del prezzo Pag. 249stesso in ragione della mancata fruizione del servizio. Per quanto attiene alla risoluzione il contratto tale possibilità è fornita al consumatore in tutti i casi in cui il professionista non ha ripristinato la conformità del bene o nei casi in cui il difetto di conformità sia talmente grave da giustificare la risoluzione stessa del contratto.
  Il consumatore può esercitare il diritto di risoluzione del contratto mediante una dichiarazione in cui manifesta la volontà risolutiva. In questo caso il professionista deve rimborsare al consumatore tutti gli importi versati in esecuzione il contratto al netto del periodo di tempo prima della risoluzione del contratto in cui il consumatore ha potuto fruire del contenuto o del servizio digitale acquistato.
  Segnala, inoltre, che l'articolo 135-vicies specifica che i rimborsi dovuti dal professionista sono effettuati senza ritardo ingiustificato e, in ogni caso, entro 14 giorni dal giorno in cui esso è stato informato della decisione del consumatore di esercitare il proprio diritto alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto. Per quanto attiene il rimborso, la norma specifica chiaramente che il professionista non può imporre al consumatore alcuna commissione in relazione al rimborso stesso.
  Da ultimo, ricorda che l'articolo 135-vicies semel disciplina le modifiche al contenuto o servizio digitale che sia fornito o reso accessibile al consumatore per un certo periodo di tempo, mentre l'articolo 135-vicies bis reca ulteriori misure di tutela del consumatore, disponendo sia la nullità di ogni patto volto ad escludere o limitare a danno del consumatore i diritti riconosciuti dalle nuove disposizioni in oggetto, sia la nullità di ogni eventuale clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di uno Stato non appartenente all'Unione europea, abbia di fatto l'effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dalla direttiva recepita con lo schema di decreto legislativo in esame.
  Come clausola di salvaguardia finale l'articolo 135-vicies bis stabilisce che per quanto non previsto dallo schema di decreto in esame, trovano applicazione le disposizioni del codice civile in tema di formazione, validità ed efficacia dei contratti, comprese le conseguenze della risoluzione dell'atto e il diritto al risarcimento del danno.
  Infine, rammenta che l'articolo 2 prevede che le disposizioni dello schema di decreto acquistino efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2022 e si applichino alle forniture di contenuto digitale o di servizi digitali che avvengono a decorrere da tale data, mentre l'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, nell'evidenziare l'importanza del provvedimento in esame per la tutela dei consumatori nel contesto di un'economia sempre più digitalizzata, si riserva di formulare la proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1161 che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada.
Atto n. 278.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo che intende recepire nell'ordinamento nazionale la direttiva (UE) 2019/1161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, recepita in Italia con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 24.
  La delega per il recepimento in questione è recata dalla legge 22 aprile 2021, Pag. 250n. 53 (legge di delegazione europea 2019-2020) che nell'allegato A include la citata direttiva 2019/1161/UE, per il cui recepimento non sono previsti principi e criteri direttivi specifici.
  La relazione illustrativa del provvedimento ricorda che nel 2015 la Commissione europea ha effettuato una valutazione ex post della direttiva 2009/33/CE «concludendo che la stessa non ha dato l'impulso sperato alla diffusione dei veicoli puliti sul mercato dell'Unione». Tale valutazione ha rilevato che l'impatto di tale direttiva è stato molto limitato principalmente sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di inquinanti atmosferici. L'obiettivo delle modifiche della nuova direttiva, in linea con il green deal europeo, è pertanto quello di ridurre drasticamente le emissioni di inquinanti atmosferici dannosi per la salute umana e l'ambiente causate dai trasporti. Tale obiettivo è perseguibile attraverso una serie di iniziative strategiche, tra cui misure che promuovano un trasferimento modale verso il trasporto pubblico e l'uso degli appalti pubblici per promuovere i veicoli puliti.
  Ricorda in proposito che nell'ambito della «Strategia europea per una mobilità a basse emissioni» sono stati sviluppati dalla Commissione europea tre pacchetti di misure sulla mobilità, i primi due dei quali pubblicati nei mesi di maggio e novembre 2017; in particolare, il secondo pacchetto di misure «Clean mobility package» ha previsto sia la revisione della direttiva 2009/33/CE, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, sia l'elaborazione del nuovo regolamento (UE) 2019/631 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi.
  La nuova direttiva (UE) 2019/1161 in esame promuove soluzioni per la mobilità pulita negli appalti pubblici, offrendo una base per stimolare la domanda e l'ulteriore diffusione di soluzioni in questo settore, apportando pertanto una serie di modifiche alla precedente direttiva 2009/33/CE, prevedendo tra l'altro l'obbligo per gli Stati membri di assicurare che le amministrazioni e gli enti aggiudicatori tengano conto dell'impatto energetico e ambientale negli appalti pubblici relativamente ad alcuni veicoli adibiti a trasporto su strada.
  Per evitare di imporre un onere sproporzionato alle autorità pubbliche e agli operatori viene anche previsto un nuovo articolo sulle «esenzioni» che concede agli Stati membri la possibilità di esentare dagli obblighi previsti della direttiva gli appalti di alcuni veicoli con caratteristiche specifiche; si tratta di: veicoli blindati; ambulanze; autofunebri; veicoli con accesso per sedie a rotelle e gru mobili, tipologie di veicoli si aggiungono a quelle per cui è già prevista una deroga dalla direttiva 2009/33/CE. Viene inoltre modificato l'ambito di applicazione, che risulta ora esteso al fine di includervi pratiche quali il leasing, la locazione o la vendita a rate nonché i contratti per alcuni servizi. In tal modo viene garantita la copertura di tutte le pratiche di appalto. Sono inoltre inseriti nell'ambito di applicazione anche contratti per i veicoli utilizzati per servizi di ordine pubblico quali il trasporto pubblico terrestre, il trasporto passeggeri su strada, il trasporto non regolare di passeggeri, la raccolta dei rifiuti, i trasporti postali su strada, consegna e trasporto colli e consegna postale. Viene poi specificato che la direttiva si applica ai contratti per i quali l'avviso di gara sia stato pubblicato dopo il 2 agosto 2021. Un'ulteriore modifica alla precedente direttiva europea riguarda la previsione di una definizione di «veicoli puliti» applicabile ai veicoli leggeri e a quelli pesanti; per i primi essa tiene conto dei requisiti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di inquinanti atmosferici in condizioni reali di guida, mentre per i veicoli pesanti vengono considerati puliti quelli che utilizzano combustibili alternativi in linea con la direttiva 2014/94/CE recante disposizioni sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi; per tali veicoli, inoltre, è previsto che nel caso si utilizzino biocombustibili liquidi, combustibili sintetici o paraffinici, questi non debbano essere miscelati Pag. 251 con i combustibili fossili tradizionali. Infine, viene inserita la definizione di «veicoli pesanti a zero emissioni» e sono definiti obiettivi minimi per gli appalti pubblici di veicoli puliti leggeri e pesanti da conseguire in due periodi di riferimento che terminano al 2025 e al 2030.
  Per i diversi Stati membri vengono fissati obiettivi diversificati.
  Per quanto riguarda l'Italia, le percentuali di veicoli puliti (leggeri e pesanti) rispetto al numero totale di veicoli contemplati dai contratti sono: veicoli leggeri puliti, 38,5 per cento al 2025 e al 2030; veicoli pesanti puliti, 10 per cento (autocarri) e 45 per cento (autobus) al 2025; 15 per cento (autocarri) e 65 per cento (autobus) al 2030. Per i periodi successivi, nel caso in cui non vengano fissati nuovi obiettivi, si ripeteranno i medesimi obiettivi al 2030 per periodi quinquennali.
  Agli Stati membri è lasciata la facoltà di applicare obiettivi nazionali o requisiti più rigorosi.
  Segnala, inoltre, che la nuova direttiva prevede che gli Stati membri informino la Commissione europea sulle misure adottate per dare attuazione alla medesima entro il 2 agosto 2022 e che presentino una relazione in merito entro il 18 aprile 2026 e successivamente ogni tre anni; la Commissione europea è invece chiamata a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione entro il 18 aprile 2027 e poi ogni tre anni, nonché a riesaminare la direttiva entro il 31 dicembre 2027.
  Segnala, da ultimo, che il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 2 agosto 2021.
  Per quanto concerne il contenuto dello schema di decreto legislativo, esso si compone di 7 articoli, oltre all'Allegato (munito di tre tabelle).
  In particolare, l'articolo 1, in linea con quanto previsto dalla direttiva, individua l'oggetto e le finalità del provvedimento, imponendo l'obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori di tenere conto, nell'acquisizione di veicoli adibiti al trasporto su strada, degli impatti energetico e ambientale, tra cui il consumo energetico e le emissioni di CO2 e di talune sostanze inquinanti, nell'intero arco di tutta la loro vita, al fine di promuovere e di stimolare il mercato dei veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico, e di potenziare il contributo del settore dei trasporti alle politiche dell'UE in materia di ambiente, clima ed energia.
  Rispetto al testo vigente dell'articolo 1 del d.lgs. 24/2011, in linea con quanto previsto dalla direttiva, viene precisato che gli impatti citati devono essere considerati negli appalti pubblici di taluni veicoli adibiti al trasporto su strada. L'articolo 2 individua l'ambito di applicazione del decreto legislativo, stabilendo (al comma 1) che esso si applica ai seguenti contratti: a) contratti di acquisto, di leasing, di locazione o di vendita a rate di veicoli adibiti al trasporto su strada per i quali le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatari hanno l'obbligo di applicare il d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici); b) contratti di servizio pubblico ai sensi del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, aventi per oggetto la prestazione di servizi di trasporto di passeggeri su strada che superano la soglia di cui all'articolo 5, paragrafo 4, di detto regolamento. Tale ultima disposizione prevede che l'autorità competente abbia la facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico: a) il cui valore annuo medio stimato sia inferiore a 1 milione di euro o, nel caso di contratto di servizio pubblico che include servizi di trasporto pubblico ferroviario di passeggeri, inferiore a 7.500.000 euro; oppure b) che riguardano la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300.000 chilometri l'anno o, nel caso di contratto di servizio pubblico che include servizi di trasporto pubblico di passeggeri ferroviario, inferiore a 500.000 chilometri l'anno.
  Lo schema di decreto legislativo si applica inoltre ai contratti di servizio come definiti nella tabella 1 dell'allegato allo schema medesimo per i quali le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori hanno l'obbligo di applicare il Codice dei contratti pubblici. La tabella 1, che Pag. 252recepisce fedelmente la tabella 1 dell'allegato alla direttiva, elenca i seguenti servizi: servizi di trasporto pubblico terrestre; servizi speciali di trasporto passeggeri su strada; servizi di trasporto non regolare di passeggeri; servizi di raccolta di rifiuti; trasporti postali su strada; servizi di trasporto colli; servizi di consegna postale; servizi di consegna colli.
  In base al comma 2 dell'articolo, il decreto in esame si applica unicamente alle procedure contrattuali avviate dopo la data della sua entrata in vigore.
  Più precisamente, il decreto si applica ai contratti per i quali è stato inviato l'avviso di indizione della gara dopo la data di entrata in vigore ovvero, qualora non sia previsto l'avviso di indizione di gara, laddove l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore abbia avviato la procedura di appalto dopo la data di entrata in vigore. Si tratta di una disposizione che riproduce, ad eccezione del termine temporale, quanto stabilito dalla direttiva. Nella direttiva infatti viene prevista l'applicazione a tutte le procedure avviate dopo il 2 agosto 2021, cioè dopo il termine previsto per il recepimento negli Stati membri della direttiva stessa.
  Il comma 3 dell'articolo 2 esclude dall'ambito di applicazione del decreto legislativo di recepimento della direttiva alcuni tipi di veicolo, individuati molto specificamente, tra cui i veicoli agricoli o forestali come definiti nel regolamento (UE) n. 167/2013, i veicoli cingolati, i veicoli progettati e costruiti o adattati per essere utilizzati esclusivamente dalle forze armate, quelli progettati e costruiti per essere essenzialmente utilizzati in cantieri edili, cave, infrastrutture portuali o aeroportuali e i veicoli progettati e costruiti o adattati per essere utilizzati dalla protezione civile, dai servizi antincendio e dai servizi responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico. Queste esclusioni sono sostanzialmente coerenti con la direttiva, poiché nell'individuare l'area esclusa dall'efficacia delle nuove disposizioni, fanno applicazione sia dell'esenzione facoltizzata dall'articolo 2 della direttiva (e del Considerando 17) sia dell'esclusione dall'ambito di applicazione di cui all'articolo 3. Le esclusioni sono previste nella direttiva per evitare di imporre – ai sensi dell'articolo 5, comma 4, TUE – un onere sproporzionato alle autorità pubbliche e agli operatori.
  L'articolo 3 riproduce fedelmente le definizioni previste dalla direttiva, sopra richiamate di «veicolo pulito» e di «veicolo pesante a emissioni zero».
  L'articolo 4 definisce gli obiettivi minimi di appalto, espressi come percentuali minime di veicoli puliti rispetto al numero complessivo di veicoli adibiti al trasporto su strada contemplati dai contratti, aggiudicati sino al 31 dicembre 2025 per il primo periodo di riferimento, e tra il 1° gennaio 2026 e il 31 dicembre 2030, per il secondo periodo di riferimento.
  Le percentuali di obiettivi minimi di appalto previste nella tabella 3 allegata allo schema in esame devono essere rispettate nei contratti pubblici relativi ai veicoli e ai servizi per i veicoli leggeri e pesanti puliti.
  Nel dettaglio, le percentuali di veicoli puliti (leggeri e pesanti) rispetto al numero totale di veicoli contemplati dai contratti sono: a) veicoli leggeri puliti, 38,5 per cento al 2025 e al 2030; b) veicoli pesanti puliti, 10 per cento (autocarri) e 45 per cento (autobus) al 2025; 15 per cento (autocarri) e 65 per cento (autobus) al 2030.
  Fa presente che l'articolo in esame e la tabella 3 recepiscono fedelmente le disposizioni e gli obiettivi recati dalla direttiva. In particolare gli obiettivi indicati nella tabella 3 corrispondono a quelli fissati per l'Italia dalle tabelle 3 e 4 dell'allegato alla direttiva.
  L'articolo 5 definisce, in linea con la direttiva, le modalità di trasmissione e i contenuti delle relazioni da inviare alla Commissione europea al fine di verificare l'attuazione della direttiva. È quindi previsto (al comma 1) che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatari trasmettano annualmente al Ministero della transizione ecologica (MITE), entro il 31 gennaio, il numero totale dei veicoli oggetto di ciascun contratto di cui all'art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), aggiudicato entro il 31 dicembre Pag. 253dell'anno precedente, indicando, altresì, il numero dei veicoli, rispetto al totale, qualificabili come veicoli leggeri puliti e come veicoli pesanti puliti, nonché il numero dei veicoli, rispetto al totale, qualificabili come veicoli pesanti a emissioni zero.
  Il comma 2 dispone che entro il 2 agosto 2022, il MITE informa la Commissione europea sulle misure adottate e da adottare ai fini dell'attuazione del presente decreto, inclusa la relativa tempistica, nonché su qualsiasi altra informazione ritenuta pertinente e presenta una relazione sull'attuazione del presente decreto, per la prima volta entro il 18 aprile 2026 e successivamente ogni tre anni.
  L'articolo 6 reca l'usuale clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione del decreto non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 7 dispone, infine, l'abrogazione del decreto legislativo n. 24 del 2011, che recepiva la direttiva 2009/33/UE, ampiamente modificata dalla direttiva oggetto di recepimento.
  In conclusione, nell'esprimere il suo orientamento favorevole sul provvedimento in esame, si riserva di formulare la proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1936 che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali.
Atto n. 282.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (LEGA), relatore, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo che intende dare attuazione alla direttiva dell'Unione europea 2019/1936, volta a definire procedure atte a garantire un livello sistematicamente elevato di sicurezza stradale su tutta la rete TEN-T, sulla rete di autostrade e sulle strade principali nell'Unione.
  Come riferisce la relazione illustrativa, l'Unione europea ha infatti posto come obiettivo strategico l'avvicinarsi all'azzeramento degli incidenti mortali entro il 2050 e come obiettivo intermedio, il dimezzamento, entro il 2030, del numero di feriti gravi rispetto al 2020.
  In primo luogo, il provvedimento in esame amplia l'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 35 del 2011, in materia di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali, che attualmente ricomprende le sole strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, in quanto la prevista estensione alle strade appartenenti alla rete di interesse nazionale è stata più volte prorogata.
  L'articolo 1 dello schema estende da subito il campo di applicazione del decreto legislativo n. 35 fino a ricomprendere le autostrade, le strade principali e le strade situate nelle aree extraurbane che non sono serventi aree pubbliche o private che le costeggiano e che hanno usufruito di finanziamenti a valere su risorse stanziate dall'Unione europea, ad eccezione delle strade non aperte al traffico automobilistico generale e delle strade non destinate al traffico generale.
  L'estensione alle altre strade appartenenti alla rete di interesse nazionale è ulteriormente prorogata al 1° gennaio 2025.
  È altresì prorogato al 31 dicembre 2024 il termine entro il quale le regioni e le province autonome dovranno dettare la disciplina riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali di competenza delle regioni e degli enti locali non già ricomprese tra quelle che rientreranno nel nuovo ambito di applicazione del decreto legislativo n. 35, con particolare riferimento alle strade finanziate totalmente o parzialmente a valere su risorse stanziate dall'Unione europea. Pag. 254
  L'articolo 2 aggiorna le definizioni contenute nel medesimo decreto legislativo n. 35. Oltre all'introduzione della definizione di «autostrada» e di «strada principale», viene modificata quella di «organo competente», che non coincide più con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (oggi Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), ma comprende qualsiasi organismo pubblico, istituito a livello nazionale, regionale o locale, che partecipa, in funzione delle proprie competenze, all'attuazione del decreto.
  L'articolo 3 introduce il concetto di valutazione stradale a livello di rete. Secondo la relazione illustrativa, tale tipo di valutazione è risultato, a livello europeo, uno strumento efficiente ed efficace per individuare quei tratti della rete che dovrebbero essere oggetto di ispezioni di sicurezza stradale più dettagliate e per definire le priorità di investimento secondo l'apporto di potenziale in termini di miglioramento della sicurezza su tutta la rete.
  Le valutazioni della sicurezza stradale a livello di rete determinano il rischio di incidente e di gravità dell'impatto sulla base di: a) un'indagine visiva, in loco o con mezzi elettronici, delle caratteristiche di progettazione della strada; b) un'analisi dei tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti gravi in proporzione al flusso di traffico.
  L'organo competente dovrà eseguire la prima valutazione entro il 2024. Le valutazioni successive dovranno essere effettuate con una frequenza sufficiente a garantire livelli di sicurezza e comunque in ogni caso almeno ogni cinque anni.
  L'articolo 4 modifica la disciplina delle ispezioni di sicurezza stradale periodiche, al fine di assicurare che esse vengano svolte con frequenza sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza e in ogni caso almeno ogni cinque anni.
  Viene inoltre introdotta una disposizione specifica per le ispezioni dei tratti della rete stradale contigui alle gallerie stradali che rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 264 del 2006.
  L'articolo 5 introduce nel decreto legislativo n. 35 alcuni articoli che, nelle intenzioni del Governo, descrivono una serie di attività e di buone prassi da adottare al fine di creare una sequenza logica, efficace ed efficiente di operazioni tese al miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali. In particolare, il nuovo articolo 6-bis prevede che, sulla base dei risultati delle valutazioni della sicurezza stradale a livello di rete, l'organo competente debba garantire l'esecuzione di ispezioni di sicurezza stradale mirate, alle quali devono fare seguito idonee azioni per stabilire l'eventuale necessità di interventi correttivi. In particolare, l'organo competente deve individuare i tratti di strada in cui è necessario apportare miglioramenti della sicurezza delle infrastrutture stradali e definire gli interventi finalizzati a migliorare la sicurezza di tali tratti, in base alle priorità. L'ordine di priorità degli interventi, basato sul rischio, deve essere parte di un piano d'azione predisposto e regolarmente aggiornato dall'organo competente, almeno ogni cinque anni.
  Il nuovo articolo 6-ter impone all'organo competente di garantire che, nell'attuazione delle procedure, siano tenute in considerazione le esigenze degli utenti della strada vulnerabili, ossia quelli non motorizzati, quali in particolare ciclisti e pedoni, e utilizzatori di veicoli a motore a due ruote.
  Il nuovo articolo 6-quater prevede che l'ente proprietario della strada, ai fini dell'apposizione della segnaletica orizzontale e verticale, assicuri che la stessa risulti leggibile e visibile sia per i conducenti che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida.
  Ai sensi del nuovo articolo 6-quinquies, l'archivio nazionale delle opere pubbliche (AINOP) costituisce il sistema nazionale di segnalazione spontanea ed è reso accessibile online a tutti gli utenti della strada, per facilitare la raccolta di informazioni in materia di sicurezza.
  Tornando agli articoli dello schema in esame, segnala che l'articolo 6 attribuisce all'ANSFISA il compito di sovrintendere Pag. 255alla gestione dei dati relativi agli incidenti mortali.
  L'articolo 7 prevede che a decorrere dal 17 dicembre 2024 i programmi di formazione per i controllori della sicurezza stradale includano aspetti relativi agli utenti della strada vulnerabili e alle infrastrutture per tali utenti.
  L'articolo 8 riguarda le relazioni sulla classificazione della sicurezza dell'intera rete che il MIMS deve fornire periodicamente alla Commissione europea.
  L'articolo 9 attribuisce all'ANSFISA il compito di proporre l'aggiornamento delle tariffe poste a carico degli enti gestori delle infrastrutture stradali per finanziare le attività di controllo, valutazione e ispezione.
  Gli articoli 10, 11, 12, 13 e 14 modificano gli allegati tecnici al decreto legislativo n. 35, mentre l'articolo 15 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, anche in considerazione del fatto che la Commissione, prima di esprimersi, dovrà comunque attendere il parere della Conferenza unificata, si riserva di formulare in seguito la proposta di parere tenuto conto dell'esito del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.
Atto n. 285.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Francesca BUSINAROLO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.
  Lo schema di decreto si compone di 6 articoli ed è volto a garantire una più precisa e completa conformità del nostro ordinamento alla citata direttiva 2016/343/UE, come previsto dall'articolo 1 e dall'allegato A, numero 1, della legge di delegazione europea 2019-2020.
  Sottolinea che la recependa direttiva, del 9 marzo 2016, persegue una serie di meritevoli finalità volte a rafforzare alcuni principi fondamentali del diritto penale che sono riconosciuti e garantiti sia nell'ordinamento interno che in quello europeo e internazionale.
  Si riferisce, in particolare, alla presunzione di innocenza e al diritto a un equo processo, sanciti negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («CEDU»), nell'articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e nell'articolo 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
  In questa prospettiva la direttiva intende rafforzare il diritto a un equo processo nei procedimenti penali, stabilendo norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo (articolo 1).
  La direttiva si applica a qualsiasi persona indagata o imputata in un procedimento penale e riguarda tutte le fasi di quel procedimento, dal momento in cui una persona è sospettata o accusata di aver commesso un reato alla decisione finale (articolo 2).
  Alla persona indagata o imputata in un procedimento penale, la direttiva riconosce, anzitutto, la presunzione di innocenza, finché non ne sia dimostrata la colpevolezza (articolo 3). Pag. 256
  In merito, gli Stati membri dell'Unione europea dovranno adottare le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole, ciò lasciando impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità (articolo 4, par.1).
  Gli Stati membri sono quindi chiamati a provvedere affinché siano predisposte le misure appropriate in caso di violazione del predetto obbligo di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli, obbligo che tuttavia non impedisce alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all'indagine penale o per l'interesse pubblico (articolo 4, par 2 e 3.)
  Gli Stati membri sono inoltre tenuti ad adottare misure appropriate per garantire che gli indagati e imputati non siano presentati come colpevoli, in tribunale o in pubblico, attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica, salvo che queste ultime si rivelino necessarie per ragioni legate al caso di specie, in relazione alla sicurezza o al fine di impedire che gli indagati o imputati fuggano o entrino in contatto con terzi (articolo 5).
  Corollario del principio della presunzione d'innocenza è il fatto che gli Stati dovranno garantire che l'onere della prova della colpevolezza incomba sulla pubblica accusa, fatto salvo l'eventuale obbligo per il PM o il giudice di ricercare le prove sia a carico sia a discarico e il diritto della difesa di produrre proprie prove. Dall'affermazione del principio deriva inoltre l'obbligo per gli Stati di garantire che ogni dubbio in merito alla colpevolezza sia valutato in favore dell'indagato o imputato, anche quando il giudice valuta se la persona in questione debba essere assolta (articolo 6).
  L'articolo 7 della direttiva stabilisce inoltre il diritto per gli indagati e gli imputati di rimanere in silenzio in merito al reato contestato e quello di non autoincriminarsi e l'esercizio di tali diritti non può essere utilizzato contro di loro né essere considerato quale prova che essi abbiano commesso il reato loro ascritto. In base all'articolo 10 della direttiva, inoltre, se il diritto al silenzio o il diritto di non autoincriminarsi viene violato, gli Stati UE devono garantire che siano rispettati i diritti alla difesa e l'equità del procedimento all'atto di valutare le dichiarazioni rese.
  La direttiva riconosce inoltre alla persona indagata o imputata in un procedimento penale, il diritto di presenziare al proprio processo (articolo 8), anche se a talune condizioni il processo può essere celebrato in assenza dell'indagato o imputato, mentre in assenza delle suddette condizioni, qualora il processo penale sia celebrato in assenza dell'imputato, gli Stati devono garantire alla persona, una volta informata della decisione presa in sua assenza, mezzi di impugnazione o il diritto a un nuovo processo (articolo 9), che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l'esame di nuove prove, e possa condurre alla riforma della decisione originaria.
  Se il principio della presunzione di innocenza e il diritto di presenziare al proprio processo penale sono violati, gli Stati devono garantire mezzi di ricorso adeguati (articolo 10). Infine, tenuto conto che i principi affermati dalla direttiva sono già patrimonio dei diritti fondamentali europei, sanciti sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, sia dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo, nella direttiva è stata inserita una clausola di non regressione rispetto al consolidamento di tali diritti nell'ambito della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (articolo 13).
  Ciò premesso, prima di analizzare il contenuto dello schema di decreto, fa presente che la direttiva in oggetto doveva essere recepita entro il termine del 1° aprile 2018, tant'è che nella scorsa legislatura, nella legge n. 163 del 2017, il Parlamento Pag. 257aveva inserito una delega per la sua attuazione; la delega non è stata tuttavia esercitata, avendo il Governo valutato che il nostro ordinamento fosse già conforme alle indicazioni dell'Unione europea.
  Passando ad illustrare l'articolato, ricorda che l'articolo 1 dello schema di decreto legislativo individua l'oggetto dell'intervento normativo nell'introduzione di disposizioni «integrative» volte a rafforzare alcuni aspetti della presunzione di innocenza nell'ambito dei procedimenti penali, in attuazione della direttiva 2016/343.
  Alla luce della prima relazione della Commissione europea sull'attuazione data dagli Stati alla direttiva, la relazione illustrativa che accompagna lo schema chiarisce che «al fine di prevenire il possibile avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, con il presente decreto legislativo vengono quindi dettate le sole disposizioni necessarie a garantire una più precisa e completa conformità alle previsioni dello strumento eurounitario».
  In particolare, sempre la relazione illustrativa afferma che «per quanto il documento non contenga espliciti riferimenti alle normative dei singoli Stati membri, talune delle criticità rilevate dalla Commissione, che hanno già dato luogo all'apertura di procedure di infrazione nei confronti di vari paesi, appaiono suscettibili di essere riscontrate in relazione all'attuale quadro giuridico italiano». Tali criticità attengono in particolare al rispetto degli articoli 4, 5 e 10 della direttiva relativi, rispettivamente, all'esigenza di garantire che l'indagato o imputato: non sia oggetto di dichiarazioni di autorità pubbliche, o di decisioni giudiziarie diverse da quelle relative alla responsabilità penale, in cui esso venga pubblicamente presentato come colpevole, nonostante il processo non si sia ancora concluso (articolo 4); non sia sottoposto a mezzi di coercizione fisica anche in aula di udienza, durante il processo, o comunque in altre circostanze pubbliche (art. 5: sono fatti salvi i casi in cui l'adozione dei mezzi suddetti sia resa necessaria da specifiche esigenze di sicurezza); abbia a disposizione un ricorso effettivo in caso di violazione delle suddette garanzie (articolo 10), e cioè un rimedio processuale che – conformemente a quanto precisato dal considerando n. 44 – abbia «per quanto possibile, l'effetto di porre l'indagato o imputato nella posizione in cui questi si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata, così da salvaguardare il diritto a un equo processo e i diritti della difesa».
  L'articolo 2 introduce quindi il divieto, per le autorità pubbliche, di presentare all'opinione pubblica l'indagato o l'imputato in un procedimento penale come «colpevole», prima che sia intervenuto un provvedimento definitivo di condanna (comma 1). La violazione del divieto, al netto di eventuali sanzioni penali o disciplinari, e dell'eventuale obbligo di risarcimento del danno, comporta: il diritto dell'indagato o imputato di chiedere all'autorità pubblica di rettificare la dichiarazione resa (comma 2); l'obbligo per l'autorità pubblica, che ritenga fondata la richiesta, di procedere alla rettifica entro 48 ore, con le stesse modalità della dichiarazione originaria o, se ciò non è possibile, con modalità tali da garantire alla rettifica il medesimo rilievo e la medesima diffusione avuti dalla dichiarazione; della rettifica dovrà essere avvisato l'interessato (commi 3 e 4). Viene inoltre stabilito il diritto dell'indagato/imputato di chiedere in via d'urgenza al tribunale, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia pubblicata la rettifica quando l'autorità pubblica non vi abbia provveduto o l'abbia fatto con modalità diverse da quelle prescritte (comma 5).
  L'articolo 3 interviene sul decreto legislativo n. 106 del 2006, in tema di organizzazione degli uffici del pubblico ministero, per modificarne l'articolo 5, relativo ai rapporti del procuratore della Repubblica con gli organi di informazione. La normativa vigente viene integrata con le seguenti previsioni: la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo se strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o in presenza di altre rilevanti ragioni di interesse pubblico (la stretta necessità per la prosecuzione delle indagini è inserita anche all'articolo 329 del codice di procedura penale Pag. 258dal successivo articolo 4); il procuratore della Repubblica, personalmente o attraverso un magistrato delegato, può interagire con gli organi di informazione esclusivamente attraverso comunicati ufficiali o, nei casi di particolare rilevanza pubblica, conferenze stampa; con le stesse modalità, la polizia giudiziaria può essere autorizzata dal procuratore della Repubblica a fornire al pubblico informazioni sugli atti di indagine compiuti. Tanto nei comunicati ufficiali quanto nelle conferenze stampa è vietato assegnare ai procedimenti penali pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza; le informazioni sui procedimenti penali fornite alla stampa devono sempre chiarire la fase del procedimento stesso e assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino alla condanna definitiva. Inoltre, modificando l'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, il comma 2 dell'articolo 3 inserisce la verifica del rispetto delle prescrizioni relative ai rapporti con gli organi di informazione tra i doveri di vigilanza del procuratore generale presso la corte d'appello.
  L'articolo 4 apporta modifiche al codice di procedura penale; in particolare, la lettera a) inserisce tra le disposizioni generali del Libro II del codice, relativo agli atti, l'articolo 115-bis, rubricato «Garanzia della presunzione di innocenza».
  In base a tale previsione: nei provvedimenti adottati nel corso del procedimento penale l'indagato/imputato non può essere indicato come colpevole. Tale principio non si applica agli atti che definiscono il giudizio nel merito ed agli atti con i quali il PM mira a dimostrare la fondatezza dell'accusa; negli atti che presuppongono la valutazione di prove o di indizi di colpevolezza (ad esempio i provvedimenti relativi alle misure cautelari), l'autorità giudiziaria deve limitare i riferimenti alla colpevolezza dell'indagato/imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti previsti dalla legge per l'adozione del provvedimento; se l'indagato/imputato ritiene che queste disposizioni siano state violate può, entro 10 giorni dalla conoscenza del provvedimento, presentare istanza di correzione, al fine di salvaguardare la presunzione di innocenza; in tal caso, il giudice provvede con decreto motivato entro 48 ore. Il giudice competente è il giudice che procede; nel corso delle indagini preliminari è il GIP; avverso il decreto, che è notificato all'interessato e alle altre parti e comunicato al PM, è possibile presentare entro 10 giorni, alla stessa autorità che lo ha emesso, opposizione; sull'opposizione il giudice provvede in camera di consiglio.
  Viene inoltre novellato l'articolo 329 del codice di procedura penale, relativo all'obbligo del segreto, per specificare che la pubblicazione di singoli atti relativi alle indagini preliminari può essere eccezionalmente consentita dal PM, in deroga all'articolo 114 del codice di procedura penale, solo quando ciò sia strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini stesse. La modifica sembra collegarsi alla previsione di cui al citato articolo 4, par. 3, della direttiva, ai sensi del quale «l'obbligo stabilito al paragrafo 1 di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli non impedisce alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all'indagine penale o per l'interesse pubblico».
  Si interviene, infine, sull'articolo 474 del codice di procedura penale, relativo al diritto dell'imputato di assistere all'udienza libero nella persona, anche se detenuto, salvo che in questo caso siano necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenza. Lo schema aggiunge un comma a questa previsione per specificare che: le eventuali cautele sono disposte dal giudice con ordinanza, sentite le parti, e devono essere rimosse con revoca dell'ordinanza quando ne siano cessati i presupposti; deve essere sempre garantito il diritto dell'imputato e del difensore di consultarsi riservatamente, anche attraverso l'impiego di strumenti tecnici idonei, ove disponibili.
  L'articolo 5 dello schema di decreto dà attuazione dall'articolo 11 della direttiva, relativo agli obblighi di trasmissione alla Commissione UE di dati statistici relativi al modo in cui sono stati attuati i diritti Pag. 259sanciti dalla direttiva medesima, attribuendo al Ministero della giustizia il compito di trasmetterle, tra gli altri, dati relativi a: a) numero ed esito dei procedimenti, anche disciplinari, per violazione degli articoli 2, 3 e 4 del provvedimento in esame; b) numero dei procedimenti sospesi per irreperibilità dell'imputato ovvero nei confronti di imputati latitanti; c) numero dei procedimenti per rescissione del giudicato.
  Infine, l'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, tenuto conto della complessità e delicatezza del provvedimento e dell'esigenza di approfondire taluni profili connessi all'attuazione della direttiva in oggetto, si riserva di formulare una proposta all'esito del dibattito in Commissione.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) osserva che appare utile, a suo avviso, un approfondimento su come la direttiva oggetto dello schema di decreto legislativo in esame si colleghi con la riforma del Codice penale su cui la Camera di deputati ha da poco approvato il disegno di legge delega al Governo, attualmente all'esame del Senato. Osserva, inoltre, che andrebbe chiarito come la medesima direttiva incida sui diritti, tutelati dalla Convenzione di Zurigo, degli imputati che si trovino in un Paese diverso da quello di appartenenza.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato.
Atto n. 288.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Antonella PAPIRO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2018/1808, che modifica la disciplina che regolamenta la fornitura di servizi di media audiovisivi (la cosiddetta direttiva SMAV), in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato.
  Alla luce del primo dei criteri di delega individuati dall'articolo 3 della legge di delegazione europea 2019-2020, lo schema in esame reca un nuovo Testo unico dei servizi di media audiovisivi che sostituisce integralmente il vigente Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, che viene conseguentemente abrogato.
  L'oggetto del Testo unico viene ampliato per ricomprendere, accanto ai media audiovisivi e radiofonici, anche i servizi di piattaforma per la condivisione di video e le comunicazioni commerciali audiovisive (articolo 1, comma 2).
  Numerose disposizioni conferiscono nuovi compiti all'AGCOM, al cui funzionamento è inoltre specificamente dedicato l'intero articolo 11.
  È rafforzato il principio del Paese d'origine, introducendo disposizioni più chiare per individuare lo Stato membro competente ad adottare la procedura in caso di violazioni nei confronti delle emittenti televisive e dei fornitori di servizi a richiesta le cui trasmissioni hanno carattere transfrontaliero (articolo 3).
  Vengono aggiornate le definizioni, tra l'altro introducendo quelle di «servizio di piattaforma per la condivisione di video», di «video generato dall'utente» e di «fornitore della piattaforma per la condivisione di video» (articolo 4).
  È inoltre modificata la definizione di «ambito locale radiofonico», che prevede una copertura massima del 50 per cento della popolazione nazionale invece che di 15 milioni di abitanti, come previsto attualmente.
  I princìpi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi, della radiofonia e dei servizi di piattaforma per la Pag. 260condivisione di video sono integrati col riferimento al rispetto della dignità umana, del principio di non discriminazione, al contrasto ai discorsi d'odio e alla protezione dei dati personali (articolo 5).
  Si prevede che il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con l'AGCOM, sentito il Ministero della cultura, promuova lo sviluppo dell'alfabetizzazione digitale da parte dei fornitori di servizi di media e dei fornitori di piattaforme di condivisione dei video (articolo 6).
  La durata minima dell'autorizzazione generale per l'attività di operatore di rete viene ridotta da 12 a 10 anni, mentre la durata massima resta invariata a 20 anni (articolo 16).
  Uno stesso esercente la radiodiffusione sonora in ambito locale potrà irradiare il segnale fino ad una copertura massima del 50 per cento della popolazione nazionale (articolo 24, comma 3, che troverà applicazione a far data dal 1° gennaio 2023, ai sensi dell'articolo 71, comma 3). Entro tale limite, ad uno stesso soggetto sarà consentita la programmazione anche unificata fino all'intero arco della giornata (articolo 24, comma 4).
  Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello schema in esame, dovrà essere istituito presso il MISE, in coordinamento con l'AGCOM, un tavolo tecnico di confronto, anche con i rappresentanti degli operatori del settore, che proceda alla valutazione del sistema delle concessioni e autorizzazioni radiofoniche su frequenze terrestri in tecnica analogica e della relativa copertura (articolo 24, comma 5).
  Sottolinea inoltre che viene introdotto un nuovo articolo, il 32-bis, dedicato alla tutela dei diritti fondamentali, che estende la disciplina attualmente contenuta nell'articolo 32, comma 5, specificando che i servizi di media audiovisivi prestati dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana non devono contenere alcuna istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea o in violazione dell'articolo 604-bis del codice penale. Essi non devono inoltre contenere alcuna pubblica provocazione a commettere reati di terrorismo. I fornitori di servizi di media audiovisivi devono attenersi ai criteri fissati dall'AGCOM con apposito regolamento. In caso di inosservanza, si applicano le sanzioni previste dall'articolo 39, anche se il fatto costituisce reato, a prescindere dall'azione penale.
  È inoltre potenziata la disciplina volta a promuovere l'accessibilità dei servizi di media, alla quale viene dedicato il nuovo articolo 32-ter, che elabora quanto attualmente previsto dal comma 6 dell'articolo 32. Tra l'altro, i fornitori dei servizi di media dovranno sviluppare piani d'azione finalizzati a rendere costantemente e progressivamente più accessibili i loro servizi alle persone con disabilità. I piani devono essere comunicati all'AGCOM con periodicità triennale a decorrere dal 30 settembre 2022.
  Viene inoltre istituito presso l'AGCOM un Punto di contatto unico online facilmente accessibile, anche per le persone con disabilità, e disponibile al pubblico, allo scopo di fornire informazioni e raccogliere reclami sulle questioni relative all'accessibilità.
  Il nuovo articolo 32-quater demanda all'AGCOM la definizione, con proprio regolamento, di nuove procedure trasparenti, non discriminatorie e facilmente accessibili per la risoluzione delle controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi che si rivolgono al pubblico italiano.
  Gli articoli 41 e 42 recano la disciplina applicabile ai servizi di piattaforma per la condivisione di video, individuando i fornitori di servizi di piattaforma per la condivisione di video soggetti alla giurisdizione italiana e le misure di tutela dei minori e del grande pubblico.
  Nel Capo relativo alla pubblicità – oltre ad alcune interventi puntuali in materia di sigarette elettroniche, integratori e gioco d'azzardo – viene integralmente riscritta la normativa sui limiti di affollamento (articolo 45).
  I nuovi limiti – che per tutti i soggetti sono riferiti ad ogni singolo canale – risultano Pag. 261 così strutturati: per la RAI, la trasmissione di messaggi pubblicitari non può eccedere il 7 per cento e, dal 1° gennaio 2023, il 6 per cento, nella fascia oraria compresa tra le 06:00 e le 18:00 e in quella compresa fra le 18:00 e le 24:00, ed il 12 per cento di ogni ora; per gli altri fornitori di servizi di media audiovisivi in chiaro, la trasmissione di spot pubblicitari televisivi, di telepromozione e di televendita non può eccedere il 20 per cento nella fascia oraria compresa tra le 06:00 e le 18:00 e in quella compresa fra le 18:00 e le 24:00; per i fornitori di servizi di media audiovisivi a pagamento, la trasmissione di spot pubblicitari televisivi, di telepromozione e di televendita non può eccedere il 15 per cento nella fascia oraria compresa tra le 06:00 e le 18:00 e in quella compresa fra le 18:00 e le 24:00; per le emittenti radiofoniche diverse dalla RAI, la trasmissione di messaggi pubblicitari radiofonici non può eccedere, nella fascia oraria compresa tra le 06:00 e le 18:00 e in quella compresa fra le 18:00 e le 24:00, rispettivamente, il 20 per cento per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale, il 25 per cento per la radiodiffusione sonora in ambito locale e il 10 per cento per la radiodiffusione sonora nazionale o locale da parte di emittente radiofonica analogica a carattere comunitario; per le emittenti, anche analogiche, operanti in ambito locale, la trasmissione di messaggi pubblicitari non può eccedere il 25 per cento.
  La conclusione dei contratti di diffusione pubblicitaria da parte della RAI deve avvenire sulla base dei princìpi di concorrenza, trasparenza e non discriminazione, per come dettagliati nel contratto di servizio pubblico, al fine di garantire un corretto assetto del mercato.
  L'AGCOM verifica il rispetto dei suddetti princìpi anche sulla base dei dati forniti dalla RAI relativi ai prezzi di vendita degli spazi pubblicitari effettivamente praticati al netto degli sconti rispetto ai listini.
  Qualora l'AGCOM riscontri una possibile deviazione dai princìpi in questione, apre un'istruttoria nel rispetto del principio del contraddittorio, al termine della quale, ove accerti una violazione, ne inibisce la prosecuzione e provvede alla rimozione degli effetti.
  Per quanto riguarda l'inserimento di prodotti (articolo 48), viene fatta una distinzione tra programmi prodotti fino al 19 dicembre 2009 e programmi prodotti dopo tale data.
  Nei programmi prodotti fino al 19 dicembre 2009, l'inserimento di prodotti è consentito nelle opere cinematografiche, in film e serie prodotti per i servizi di media audiovisivi, in programmi sportivi e in programmi di intrattenimento leggero, con esclusione dei programmi per bambini. L'inserimento può avvenire sia dietro corrispettivo monetario ovvero dietro fornitura gratuita di determinati beni e servizi, quali aiuti alla produzione e premi, in vista della loro inclusione all'interno di un programma.
  Nei programmi prodotti dopo il 19 dicembre 2009, l'inserimento di prodotti è consentito in tutti i servizi di media audiovisivi, fatta eccezione per i notiziari e i programmi di attualità, i programmi per i consumatori, i programmi religiosi e i programmi per bambini.
  Il Titolo V, relativo all'uso efficiente dello spettro elettromagnetico e alla pianificazione delle frequenze, viene riformulato prevedendo, tra l'altro, disposizioni specifiche per la pianificazione delle frequenze nella banda 470-694 MHz e nella banda 174-230 MHz (articolo 50).
  Lo schema riscrive integralmente la disciplina delle posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo nel sistema integrato delle comunicazioni, contenuta ora nell'articolo 51.
  Evidenzia come la relazione illustrativa ricordi che, con la sentenza pronunciata il 3 settembre 2020 nella causa C-719/18 Vivendi SA contro AGCOM e nei confronti di Mediaset S.p.a., la Corte di giustizia dell'Unione europea ha ritenuto contrario al diritto dell'Unione l'articolo 43, comma 11, del vigente decreto legislativo n. 177 del 2005 – che vieta alle imprese i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi in quel settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema Pag. 262medesimo – in quanto esso comporta una restrizione della libertà di stabilimento contraria al principio di proporzionalità.
  Secondo la relazione illustrativa, per adeguarsi ai princìpi della Corte di giustizia lo schema in esame prevede un obbligo di notifica in caso di superamento delle soglie e un'approfondita istruttoria (a seguito delle notifiche ovvero d'ufficio o su segnalazione di chi vi abbia interesse), per la verifica della lesione del pluralismo sulla base dei criteri fissati nella norma.
  Ove l'AGCOM, a seguito dell'istruttoria, riscontri l'esistenza di posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo, interviene affinché esse vengano sollecitamente rimosse. Qualora accerti il compimento di atti o di operazioni idonee a determinare una situazione vietata, ne inibisce la prosecuzione e ordina la rimozione degli effetti.
  In caso di imprese che non abbiano ottemperato agli obblighi di comunicazione preventiva, l'AGCOM può infliggere sanzioni amministrative pecuniarie fino all'1 per cento del fatturato dell'anno precedente a quello in cui è effettuata la contestazione. In aderenza ai princìpi espressi dalla Corte, viene individuata una nozione più articolata e sostanziale di controllo.
  Alcune modifiche vengono apportate alla disciplina della promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori. Si prevede, sia per i fornitori di servizi di media audiovisivi lineari sia per quelli a richiesta, l'esenzione dal rispetto degli obblighi di investimento in opere europee per i soggetti aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità, secondo criteri di soglia contenuti in un regolamento dell'AGCOM; si prevede inoltre che i suddetti obblighi di investimento si applichino anche ai fornitori che hanno la responsabilità editoriale di offerte rivolte ai consumatori in Italia, anche se stabiliti in altro Stato membro. Si prevede infine che i cataloghi dei fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla giurisdizione italiana contengano almeno il 30 per cento di opere europee poste in rilievo (articolo 55, comma 1) e si aumenta l'entità dell'investimento in opere audiovisive europee prodotte da produttori indipendenti (articolo 55, comma 2, lettera b)).
  Sottolinea che alcune modifiche vengono apportate anche al quadro sanzionatorio. Tra l'altro, vengono previste sanzioni per la violazione delle norme sul diritto d'autore di cui all'articolo 33, comma 2, e dei nuovi articoli 41 e 42 relativi alle piattaforme per la condivisione di video e si modifica la disciplina delle sanzioni in materia di impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, al fine di renderla omogenea per tutti gli operatori.
  In conclusione, in considerazione dell'importanza del provvedimento e del fatto che la Commissione, prima di esprimersi, dovrà comunque attendere i pareri della Conferenza unificata, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e del Consiglio di Stato, si riserva di formulare la proposta di parere una volta pervenuti i predetti pareri e tenuto conto del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione).
Atto n. 289.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.), relatrice, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere al Governo, dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2018/1972, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, adottato sulla base dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 4 della legge di delegazione europea 2019-2020.
  La relazione illustrativa segnala che i principali obiettivi perseguiti dalla direttiva Pag. 263sono i seguenti: sviluppo di nuove reti per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica ad altissima velocità (5G), anche attraverso una più razionale ed efficiente gestione dello spettro radio; creazione di un ambiente favorevole agli investimenti nelle nuove infrastrutture ad altissima velocità attraverso una regolamentazione volta a facilitare i coinvestimenti e ad introdurre specifiche previsioni regolamentari nel caso di operatori wholesale only; semplificazione dei procedimenti di autorizzazione all'installazione di reti e di infrastrutture di comunicazioni elettroniche; maggiori benefici e protezione verso i consumatori, anche garantendo loro, attraverso l'ampliamento del servizio universale, un accesso generalizzato ai nuovi servizi di comunicazione, inclusa internet, a prezzi accessibili.
  Lo schema di decreto legislativo si compone di 7 articoli e di 14 allegati.
  L'articolo 1 sostituisce gli articoli da 1 a 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003 con 126 articoli (da 1 a 98-undertricies), strutturati in tre Parti e tre Titoli, che sostituiscono gli attuali Titolo I, recante le disposizioni generali e comuni, e Titolo II, che disciplina le reti e i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico.
  Resta invariato il contenuto degli attuali Titolo III, sulle reti e i servizi di comunicazione elettronica ad uso privato, Titolo IV, sulla tutela degli impianti sottomarini di comunicazione elettronica, Titolo V, sugli impianti radioelettrici e Titolo VI, recante le disposizioni finali, che vengono conseguentemente rinumerati.
  Da un punto di vista formale, viene dunque introdotta una nuova partizione del Codice: mentre esso è attualmente suddiviso in Titoli, in virtù del combinato disposto degli articoli 1 e 2 dello schema in esame verrà riorganizzato in Parti, a loro volta suddivise in Titoli.
  Nell'ambito della Parte I, recante le norme generali di organizzazione del settore, vengono innanzitutto modificate e integrate le definizioni, alla luce della direttiva e dell'evoluzione tecnologica (articolo 2). In particolare, viene fornita una nuova definizione di «servizio di comunicazione elettronica», che ricomprende tre tipi di categorie di servizi: i servizi di accesso a internet; i servizi di comunicazione interpersonale, che comprendono due categorie secondarie, ossia i servizi basati sul numero e quelli indipendenti dal numero; i servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali, come ad esempio i servizi utilizzati per le comunicazioni M2M (da macchina a macchina) e per la diffusione radiotelevisiva.
  Tra gli obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica è introdotta la promozione dell'accesso alle reti ad altissima capacità (articolo 4).
  Vengono individuati con precisione i compiti del MISE e dell'AGCOM (articolo 6) e introdotte nuove disposizioni volte a rafforzare le prerogative di indipendenza di quest'ultima (articolo 7).
  Nel Codice vengono inoltre introdotti gli opportuni riferimenti alla nuova Agenzia per la cybersicurezza nazionale e incrementate le forme di cooperazione con la Commissione europea, con le altre Autorità nazionali di regolamentazione, anche in sede di Gruppo consultivo «Politica dello spettro radio» (RSPG), e con l'organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). La relazione illustrativa ricorda, infatti, che la direttiva prevede un potenziamento generale del ruolo del BEREC nella individuazione di buone prassi regolatorie valide per l'intera Unione europea, anche mediante l'assegnazione allo stesso del compito di adottare numerose linee guida attuative del codice europeo.
  Vengono apportate alcune modifiche alla procedura di autorizzazione generale per le reti e servizi di comunicazione elettronica (articolo 11), prevedendo obblighi di notifica in caso di fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica diversi dai servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero e definendo le informazioni che possono essere richieste alle imprese. Al fine di consentire al BEREC la tenuta della banca dati europea delle notifiche trasmesse, il MISE deve inoltrare senza indebito ritardo al BEREC ciascuna notifica ricevuta. Pag. 264
  Nell'articolo relativo ai diritti amministrativi che possono essere imposti alle imprese che forniscono reti o servizi ai sensi dell'autorizzazione generale o alle quali sono stati concessi diritti d'uso, si prevede che il MISE, nel determinare l'entità della contribuzione, possa definire eventuali soglie di esenzione (articolo 16).
  Entro il 21 dicembre 2023, il MISE e l'AGCOM dovranno realizzare, ciascuno per i propri ambiti di competenza e finalità istituzionali, una mappatura geografica della copertura delle reti di comunicazione elettronica in grado di fornire banda larga (articolo 22).
  All'articolo 25, si prevede che l'AGCOM, anche per il tramite dei CORECOM, svolga le funzioni di risoluzione di controversie tra utenti finali e operatori relative all'esecuzione dei contratti e alle condizioni contrattuali e che sia inserita nell'elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere nel settore delle comunicazioni elettroniche e postali.
  Vengono inoltre apportate alcune modifiche al quadro sanzionatorio (articoli 30 e 31).
  Nella Parte II, relativa alle Reti, il Titolo I riguarda l'ingresso nel mercato e la diffusione.
  In particolare, le disposizioni in materia di accesso al suolo (articoli da 43 a 57), sulle quali sono intervenuti i due recenti decreti «semplificazioni» (n. 76 del 2020 e n. 77 del 2021), vengono ulteriormente modificate con la finalità di semplificare i procedimenti di autorizzazione all'installazione di reti e infrastrutture di comunicazioni elettroniche. Tra l'altro, viene inserito un nuovo articolo relativo all'installazione e alla modifica di stazioni radio base (articolo 48).
  Per quanto concerne l'accesso allo spettro radio (articoli da 58 a 67), all'articolo 58 sono stati introdotte disposizioni finalizzate a promuovere l'armonizzazione dell'uso dello spettro radio per le reti e i servizi di comunicazione elettronica nel territorio dell'Unione europea in modo coerente con l'esigenza di garantirne un utilizzo effettivo ed efficiente. Sono state altresì introdotte nuove disposizioni relative alla durata e al rinnovo dei diritti d'uso individuali dello spettro radio (articoli 62 e 63), ai criteri da seguire, a garanzia della concorrenza, nelle decisioni per il rilascio, la modifica o il rinnovo dei diritti d'uso (articolo 65) e alla cooperazione con le competenti autorità degli altri Stati membri per coordinare l'uso dello spettro armonizzato (articolo 66).
  È stato inoltre introdotto un nuovo Capo relativo alla diffusione e uso delle apparecchiature di rete senza fili, contenente l'articolo 68, sull'accesso alle reti locali in radiofrequenza, e l'articolo 69, sull'installazione e il funzionamento dei punti di accesso senza fili di portata limitata.
  Nel Titolo II della Parte II, relativo all'accesso, – oltre a puntualizzare i poteri e le competenze dell'AGCOM e a rafforzare le forme di cooperazione internazionale nell'ambito delle procedure per l'individuazione dei mercati transnazionali, della domanda transnazionale e per l'analisi di mercato – vengono introdotte nuove disposizioni volte a garantire il rispetto, da parte dei fornitori dei servizi, dell'applicazione delle tariffe di terminazione delle chiamate vocali determinate con atto delegato della Commissione europea (articolo 86) e a favorire gli investimenti nelle nuove infrastrutture ad altissima capacità attraverso una regolamentazione volta a facilitare i coinvestimenti (articolo 87).
  Alla luce della direttiva si interviene nuovamente sul contenuto degli attuali articoli 50-bis e 50-ter, rispettivamente dedicati alla separazione funzionale e alla separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata, già modificati nella corrente legislatura ad opera del decreto-legge n. 119 del 2018 (articoli 88 e 89).
  Vengono poi introdotti alcuni nuovi articoli.
  L'articolo 90 disciplina la procedura relativa agli impegni che le imprese designate come detentrici di un significativo potere di mercato possono offrire all'AGCOM per quanto riguarda le condizioni di accesso o di coinvestimento applicabili alle loro reti. Pag. 265
  L'articolo 91 definisce le condizioni per identificare le imprese aventi un significativo potere di mercato attive esclusivamente sul mercato all'ingrosso (wholesale only) ed offre a tali imprese un modello normativo semplificato con obblighi limitati o inerenti a prezzi equi e ragionevoli, con l'obiettivo, secondo quanto riferisce la relazione illustrativa, di favorire lo sviluppo di reti locali ad altissima capacità, che potrebbero comunque essere considerate detentrici di un significativo potere di mercato in futuro.
  L'articolo 92 chiarisce il ruolo dell'AGCOM nel disciplinare il processo di disattivazione o sostituzione delle reti da parte degli operatori con un significativo potere di mercato.
  L'articolo 93 disciplina il procedimento dell'AGCOM relativo all'imposizione di obblighi normativi alle imprese designate come detentrici di un significativo potere di mercato su un dato mercato al dettaglio.
  Nella Parte III, relativa ai Servizi, si aggiorna innanzitutto la nozione di servizio universale, precedentemente relativa ai soli servizi di comunicazione vocale, per includervi un adeguato servizio di accesso a internet a banda larga. L'AGCOM definisce il servizio di accesso adeguato a internet a banda larga al fine di garantire la larghezza di banda necessaria per la partecipazione sociale ed economica alla società (articolo 94).
  All'articolo 95 vengono introdotte previsioni più specifiche per garantire opzioni o formule tariffarie dedicate ai consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari, al fine di garantire a tali consumatori l'accesso a prezzi accessibili a servizi adeguati di internet a banda larga e a servizi di comunicazione vocale almeno in una postazione fissa.
  Il nuovo articolo 97 prevede che la disponibilità o l'accessibilità economica dei telefoni pubblici continueranno ad essere garantite ove la necessità di tali servizi sia determinata sulla base delle circostanze nazionali.
  Tra le varie modifiche in materia di diritti degli utenti finali, l'articolo 98-septies decies riscrive la disciplina della durata dei contratti e del diritto di recesso. La relazione illustrativa sottolinea che la nuova disposizione stabilisce che la durata dei contratti non sia superiore a 12 mesi, rispetto al termine di 24 mesi indicato nella direttiva, e che il diritto di recesso può essere esercitato dall'utente finale entro 60 giorni dall'avvenuta comunicazione di modifica delle condizioni contrattuali, mentre la direttiva prevede solo un mese.
  L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame apporta modifiche conseguenti alle parti del Codice delle comunicazioni elettroniche che non sono incise dall'articolo 1, riorganizzando la partizione del compendio normativo e sostituendo gli allegati.
  L'articolo 3 interviene sulla procedura di nomina del Presidente e dei Commissari dell'AGCOM, prevedendo che essi siano scelti sulla base del merito, delle competenze e della conoscenza del settore, tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale, che abbiano manifestato e motivato il proprio interesse a ricoprire tali ruoli ed inviato il proprio curriculum professionale. Prima della elezione dei commissari e della designazione del presidente, i curricula ricevuti dal Senato, dalla Camera e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, entro i termini e secondo le modalità da questi fissati, sono pubblicati nei rispettivi siti istituzionali.
  L'articolo 4 reca modifiche al Testo unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per l'infrastrutturazione digitale degli edifici.
  In primo luogo, si interviene sulla disciplina della agibilità, di cui all'articolo 24 del testo unico, prevedendo che, mediante segnalazione certificata, sia attestato – oltre che la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità – anche, ove previsto, il rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale e che, ai fini dell'agibilità, debba essere presentata al SUAP la segnalazione certificata per l'attestazione di «edificio predisposto Pag. 266alla banda ultra larga», rilasciata da un tecnico abilitato.
  All'articolo 135-bis, recante norme per l'infrastrutturazione digitale degli edifici, viene introdotto un nuovo comma, ai sensi del quale per i nuovi edifici, nonché in caso di nuove opere che richiedono il rilascio di permesso di costruire, per i quali la domanda di autorizzazione edilizia sia stata presentata dopo la data del 1° gennaio 2022, l'adempimento dei prescritti obblighi di equipaggiamento digitale degli edifici è attestato dall'etichetta necessaria di «edificio predisposto alla banda ultra larga», rilasciata da un tecnico abilitato, su istanza del soggetto che ha richiesto il rilascio del permesso di costruire o di altro soggetto interessato. Tale attestazione è necessaria ai fini della segnalazione certificata. Il Comune entro 90 giorni dalla ricezione della segnalazione è tenuto a comunicare i dati relativi agli edifici infrastrutturali al Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI).
  Si prevede infine l'adozione di un decreto ministeriale per la definizione delle modalità attuative degli obblighi di infrastrutturazione digitale all'interno degli edifici con impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica a banda ultra larga.
  L'articolo 5 reca norme transitorie e di coordinamento. L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 7 disciplina l'entrata in vigore.
  In conclusione, anche in considerazione del fatto che la Commissione, prima di esprimersi, dovrà comunque attendere il parere della Conferenza unificata, si riserva di formulare la proposta di parere una volta pervenuto il predetto parere e tenuto conto del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO
DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.