CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 9 giugno 2021
603.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
Pag. 290

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 9 giugno 2021. — Presidenza della presidente Emanuela CORDA.

  La seduta comincia alle 8.45.

Variazioni nella composizione della Commissione.

  Emanuela CORDA, presidente, comunica che, per il Gruppo Forza Italia, il deputato Dario Bond cessa di far parte della Commissione e che, per il medesimo gruppo, entra a farne parte il deputato Roberto Caon.

DL 59/2021: Misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti.
S. 2207 Governo.
(Parere alla 5a Commissione del Senato).
(Seguito esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 26 maggio 2021.

  La deputata Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.), relatrice, formula una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 1).

  La senatrice Tiziana Carmela Rosaria DRAGO (FdI) chiede se sia possibile inserire Pag. 291 nel parere un'osservazione volta a inserire nel programma di interventi relativi agli eventi sismici misure relative a gli eventi sismici verificatisi su tutto il territorio nazionale, in particolare con riferimento al sisma che ha colpito i comuni della provincia di Catania nel 2018, e non soltanto l'evento del 2012.

  La deputata Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) precisa che il provvedimento già prevede interventi in materia di eventi sismici stanziando un fondo di 1.780.000 euro e che il parere recepisce la richiesta della Conferenza delle regioni di inserire un riferimento, attualmente assente, al sisma del 2012.

  La senatrice Tiziana Carmela Rosaria DRAGO (FdI) rileva che l'articolo 1, comma 2, lettera b), numero 1) fa riferimento unicamente ai sismi del 2009 e del 2016 in Italia centrale e quindi il sisma del 2018 in Sicilia è assente al pari del sisma del 2012 in Emilia-Romagna. Rileva in proposito la costante disattenzione del Governo alla realtà siciliana.

  Il deputato Antonio FEDERICO (M5S) rileva che la questione dovrebbe essere affrontata attraverso appositi emendamenti presso la Commissione di merito.

  La deputata Emanuela ROSSINI (MISTO-MIN.LING.) chiarisce che la sua proposta di parere è volta a recepire il rilievo sul punto della Conferenza delle regioni mentre ulteriori valutazioni dovrebbero essere svolte in sede di Commissione di merito; in quella sede dovrebbero peraltro essere oggetto di approfondimento gli eventuali stanziamenti già destinati alla Sicilia in relazione al sisma del 2018, anche nell'ambito della sua autonomia speciale.

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

Disciplina della professione di guida turistica.
S. 1921 e abb.
(Parere alla 10a Commissione del Senato).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  La deputata Marialuisa FARO (M5S), relatrice, nel riassumere brevemente il contenuto del provvedimento ricorda che l'articolo 1 reca le finalità della legge e definisce l'attività di guida turistica in termini di «professione», disciplinata da disposizioni regionali.
  L'articolo 2 reca la definizione di «guida turistica» e stabilisce l'oggetto della professione.
  L'articolo 3 dispone che l'esercizio della professione di guida turistica sia subordinato al superamento dell'esame di abilitazione professionale – da definire tramite regolamento adottato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo [attualmente Ministero del Turismo; i regolamenti sono adottati dal Ministro e non dal Ministero] – nonché a seguito dell'iscrizione nell'elenco nazionale da istituire.
  L'articolo 4 istituisce presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo [attualmente Ministero del Turismo] l'elenco nazionale delle guide turistiche.
  L'articolo 5 riguarda i corsi di formazione, propedeutici all'esame di abilitazione all'esercizio della professione e stabilisce che è possibile ottenere l'abilitazione in più aree territoriali.
  L'articolo 6 dispone che i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento della professione di guida turistica hanno titolo a svolgere la loro attività in Italia, secondo specifiche condizioni.
  L'articolo 7 stabilisce che l'attività delle guide turistiche abilitate in un altro Stato membro dell'Unione europea sia disciplinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i bene e le attività culturali e per il turismo [ora Ministro del Turismo].
  Per quanto attiene all'ambito di competenza della Commissione, segnalo che le misure del provvedimento appaiono prevalentemente riconducibili alla materia «ordinamento civile» di esclusiva competenza statale (articolo 117, quarto comma, della Costituzione) e alla materia «professioni» di competenza concorrente (articolo 117, Pag. 292terzo comma, della Costituzione); al riguardo, si ricorda anche che la sentenza n. 98 del 2013 della Corte costituzionale ha ricondotto alla competenza esclusiva dello Stato l'individuazione delle figure e dei titoli abilitanti mentre l'intervento legislativo regionale è ammesso negli aspetti che hanno un collegamento con le specifiche realtà regionali.
  A fronte di questo concorso di competenze, il provvedimento prevede, all'articolo 3, comma 2, il parere della Conferenza Stato-regioni sul decreto del Ministro dei beni culturali chiamato a disciplinare l'esame di abilitazione professionale delle guide turistiche.
  Rileva, infine, l'opportunità di prevedere il parere in sede di Conferenza Stato-regioni anche ai fini dell'adozione del decreto del Ministro dei beni culturali previsto all'articolo 4, comma 3, in materia di istituzione dell'elenco nazionale delle guide turistiche e ai fini dell'adozione del DPCM di cui all'articolo 7, comma 1, in materia di disciplina delle attività delle guide abilitate in un altro Stato membro dell'Unione europea.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

Norme in materia di reclutamento, dottorato di ricerca e personale delle università e degli enti pubblici di ricerca.
Testo unificato C. 208 e abb.
(Parere alla VII Commissione della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Il deputato Antonio FEDERICO (M5S), relatore, nel riassumere brevemente il contenuto del provvedimento ricorda che l'articolo 1 reca le definizioni rilevanti per il testo, mentre l'articolo 2, disciplina l'attribuzione da parte di università ed enti pubblici di ricerca di borse di ricerca post lauream per la formazione e per la collaborazione ad attività di ricerca. In particolare, si dispone che le università e gli enti pubblici di ricerca possano conferire le borse di ricerca post lauream a soggetti in possesso di laurea magistrale, ovvero specialistica, o di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, o di titolo equipollente conseguito in Italia o all'estero, in discipline coerenti con l'attività di ricerca per cui è bandita la borsa. Non possono concorrere alle borse di ricerca i soggetti già in possesso del titolo di dottore di ricerca, i ricercatori a tempo determinato e il personale di ruolo delle università e degli enti pubblici di ricerca (commi 1 e 3). Le borse sono collegate ad uno specifico progetto di ricerca e possono avere una durata compresa tra 6 e 12 mesi, prorogabili fino a 36 mesi laddove richiesto dalla tipologia del progetto di ricerca. La durata complessiva di fruizione delle borse di ricerca – anche se conferite da università o enti pubblici di ricerca diversi – non può superare in ogni caso i 36 mesi. Ai fini del calcolo della durata dei predetti rapporti, non rilevano i periodi di astensione dal lavoro per maternità, paternità o per gravi motivi di salute (comma 5). Le procedure per il conferimento delle borse di ricerca sono disciplinate con regolamento dell'università o dell'ente pubblico di ricerca, che deve prevedere una valutazione comparativa, resa pubblica nel portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca (di cui all'articolo 7), e la costituzione di una Commissione giudicatrice, composta dal responsabile del progetto di ricerca e da altri due membri designati dall'ateneo, ovvero dall'ente pubblico di ricerca. La Commissione, al termine della procedura di valutazione comparativa, elabora la graduatoria generale di merito con l'attribuzione a ciascun candidato del punteggio conseguito (comma 4). Le borse di ricerca non danno luogo ad alcun rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell'università o dell'ente pubblico di ricerca, né danno alcun diritto in ordine all'accesso ai ruoli presso gli stessi (comma 6).
  L'articolo 3 interviene su alcuni aspetti della disciplina riguardante il dottorato di Pag. 293ricerca. In particolare, anzitutto amplia le finalità formative dei corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca, all'evidente scopo di una maggiore spendibilità del titolo; a tal fine, novella l'articolo 4, comma 1, della legge n. 210 del 1998. In base all'articolo 4, comma 1, della legge n. 210 n. 1998, i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione.
  Nello specifico, dispone che i medesimi corsi forniscono le competenze necessarie anche ai fini dell'accesso alle carriere nelle pubbliche amministrazioni, nonché ai fini dell'integrazione di percorsi professionali di elevata innovatività (comma 1, lettera a)). Inoltre, sopprime la possibilità che i corsi di dottorato di ricerca possano essere attivati da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. Al contempo, lo stesso articolo 3 include tra i soggetti che possono attivare corsi di dottorato di ricerca anche le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM). Inoltre, si interviene sull'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni.
  L'articolo 4 modifica alcuni aspetti della disciplina relativa agli assegni di ricerca, inerenti, in particolare, ai requisiti per l'attribuzione e alla durata degli stessi; a tal fine, novella l'articolo 22, commi 2, 3, e 9, della legge n. 240 del 2010 e abroga l'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014 (convertito dalla legge n. 11 del 2015). In particolare, l'articolo 4: richiede, quale presupposto obbligatorio per il conferimento degli assegni di ricerca, il possesso del titolo di dottore di ricerca o di titolo equivalente conseguito all'estero, ovvero, per i settori interessati, di titolo di specializzazione di area medica (comma 1, lettera a)). Conseguentemente, esclude dal computo della durata massima complessiva degli assegni il periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca (comma 1, lettera b)); estende il divieto di conferire assegni di ricerca anche al personale assunto a tempo determinato dalle istituzioni che emanano i bandi (comma 1, lettera a)); come conseguenza dell'incompatibilità disposta dall'articolo 5 tra titolarità di assegni di ricerca e contratti per ricercatore a tempo determinato, sopprime il limite massimo di durata complessiva dei rapporti, intercorsi, anche con atenei o enti pubblici di ricerca diversi, instaurati con i titolari degli assegni di ricerca e i titolari dei contratti di ricercatore a tempo determinato (comma 1, lettera c)); riduce a 4 anni la durata massima complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di ricerca (comma 2).
  L'articolo 5 modifica la disciplina per il conferimento di contratti di ricercatore universitario a tempo determinato. In particolare, l'articolo 5 riconduce a unità le due tipologie di contratto (tipo A e tipo B) previste a legislazione vigente e innova il meccanismo c.d. di tenure track. Al riguardo, si ricorda che il già citato PNRR prevede, quale misura di riforma «Attuazione di misure di sostegno alla R&S per promuovere la semplificazione e la mobilità (M4-C2-R.1.1)», un intervento sul percorso di carriera dei ricercatori, anche unificando le figure dei ricercatori a tempo determinato di tipo A e B. Nello specifico, si stabilisce, anzitutto, che il contratto per ricercatore universitario a tempo determinato – che, come già accennato, ora diverrebbe di un'unica tipologia – ha una durata complessiva di 7 anni e non è rinnovabile. Ai fini della durata, non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità, paternità o per motivi di salute. Il conferimento del contratto è incompatibile: con qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato presso soggetti pubblici o privati; con la titolarità degli assegni di ricerca, anche presso altri atenei; con le borse di dottorato e, in generale, con qualsiasi borsa di studio a qualunque titolo conferita, anche da enti terzi. A tale fine, novella l'articolo 24, comma 3, della legge n. 240 del 2010 (comma 1, lettera f)). Più in generale, l'articolo 5 dispone che ogni università, nell'ambito della programmazione triennale, vincola risorse corrispondenti ad almeno un terzo dei posti disponibili in favore di candidati che, per almeno 36 mesi, Pag. 294anche cumulativamente, abbiano frequentato corsi di dottorato di ricerca o svolto attività di ricerca sulla base di formale attribuzione di incarichi, escluse le attività a titolo gratuito, presso atenei o istituti di ricerca, italiani o stranieri, diversi da quello che ha emanato il bando. A tal fine, introduce nell'articolo 24 della L. 240/2010 il comma 1-bis (comma 1, lett. a)). Inoltre, introduce una disciplina per la nomina della commissione giudicatrice nell'ambito delle procedure di selezione. Quanto al trattamento economico del ricercatore a tempo determinato, si conferma quello che è attualmente previsto per il ricercatore di tipo B, ossia che esso è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo indeterminato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento. A tal fine, novella il comma 8, secondo periodo, dell'articolo 24 della legge n. 240 del 2010 (comma 1, lettera m), numero 2). Infine, si dispone che l'attività didattica e scientifica svolta dai ricercatori a tempo determinato concorre alla valutazione delle politiche di reclutamento, svolta dall'ANVUR, ai fini dell'accesso alla quota di finanziamento premiale a valere sul FFO. A tal fine, si introduce nell'articolo 24 della legge n. 240 del 2010 il comma 9-quater (comma 1, lettera p)).
  L'articolo 6 introduce una nuova disciplina per la trasformazione di contratti per ricercatore o tecnologo a tempo determinato attivati dagli enti pubblici di ricerca in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. A tal fine, introduce l'articolo 12-ter nel decreto legislativo n. 218 del 2016. Inoltre, si introduce un meccanismo di mobilità, in base al quale: gli enti pubblici di ricerca, nell'ambito del piano di fabbisogno e in coerenza con le esigenze derivanti dal piano triennale di attività, possono assumere mediante chiamata diretta, con la qualifica di primo ricercatore, previa valutazione (che deve svolgersi secondo quanto indicato al comma 1 del nuovo articolo 12-ter), i ricercatori universitari a tempo determinato, purché in servizio con tale qualifica presso le università da almeno 3 anni (nuovo articolo 12-ter, comma 2); le università possono assumere mediante chiamata diretta, ai fini dell'inquadramento nel ruolo di professore associato i ricercatori a tempo determinato assunti con le procedure ora introdotte, in servizio da almeno 3 anni presso gli enti pubblici di ricerca, che siano in possesso dell'ASN (nuovo articolo 12-ter, comma 3).
  L'articolo 7 prevede, anzitutto, che le università e gli enti pubblici di ricerca devono pubblicare nel portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca, a pena di invalidità della procedura, nel rispetto dei principi di trasparenza e celerità, entro un ragionevole termine, comunque non inferiore al ventesimo giorno antecedente la scadenza dei termini di presentazione delle domande, le procedure di selezione relative alle borse di ricerca di cui all'articolo 2, ai dottorati di ricerca, agli assegni di ricerca, ai contratti per ricercatore a tempo determinato, e ai ruoli di professore di prima o seconda fascia (comma 1, primo periodo). Sempre a pena di invalidità della procedura, le università e gli enti pubblici di ricerca devono pubblicare nel portale anche le informazioni e le comunicazioni relative alle procedure di valutazione in corso o scadute, ai fini dell'osservanza dei principi di pubblicità e trasparenza e nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali. La tipologia e le modalità di pubblicazione dei dati sono stabilite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (comma 3). Il portale è accessibile dal sito internet del Ministero dell'università e della ricerca ed è indicizzato in base alla procedura di selezione, al settore scientifico di riferimento e all'istituzione di appartenenza. Nell'ambito del portale è prevista una sezione nella quale è possibile sorteggiare i componenti delle commissioni giudicatrici per il conferimento di contratti di ricercatore universitario a tempo determinato (di cui all'articolo 5) (comma 2). Infine, si prevede che le modalità di adeguamento delle funzionalità «del portale unico dei concorsi dell'università e della ricerca» sono determinate con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (comma 1, secondo periodo). Pag. 295
  Con riferimento all'ambito di competenza della Commissione, segnalo preliminarmente che la materia università non è espressamente citata nell'articolo 117 della Costituzione.
  In materia, tuttavia, l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22/1996, l'autonomia di cui all'articolo 33 della Costituzione non attiene allo stato giuridico dei docenti universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo Stato e sono di conseguenza soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene di adottare. Tale orientamento è stato confermato, in tempi più recenti, con sentenza n. 310 del 2013. In particolare, le disposizioni relative ai docenti universitari sono riconducibili, trattandosi di dipendenti dello Stato il cui rapporto di lavoro è disciplinato con norme pubblicistiche, alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione, affidata alla competenza esclusiva statale. Alla medesima materia è stata ricondotta dalla dottrina anche l'organizzazione del sistema della ricerca in enti.
  Per completezza, si ricorda anche che la ricerca scientifica è ricompresa tra gli ambiti di competenza concorrente, di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
  Al riguardo, tuttavia, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 423 del 2004, ha evidenziato che essa «deve essere considerata non solo una “materia”, ma anche un “valore” costituzionalmente protetto (articoli 9 e 33 della Costituzione), in quanto tale in grado di rilevare a prescindere da ambiti di competenze rigorosamente delimitati».
  Infatti, la Corte ha ritenuto, anzitutto, che «un intervento “autonomo” statale è ammissibile in relazione alla disciplina delle “istituzioni di alta cultura, università ed accademie”, che “hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato” (articolo 33, sesto comma, della Costituzione). Detta norma ha, infatti, previsto una “riserva di legge” statale (sentenza n. 383 del 1998), che ricomprende in sé anche quei profili relativi all'attività di ricerca scientifica che si svolge, in particolare, presso le strutture universitarie».
  Il provvedimento non appare comunque presentare profili problematici per quello che attiene l'ambito di competenza della Commissione. Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Norme per la valorizzazione delle piccole produzioni agroalimentari di origine locale.
C. 2115, approvato dal Senato.
(Parere alla XIII Commissione della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Il deputato Flavio GASTALDI (LEGA), relatore, nel riassumere il contenuto del provvedimento rileva come l'articolo 1, nel testo trasmesso dalla Commissione agricoltura, indica le finalità ed i principi ai quali è ispirata la proposta di legge, nonché le definizioni rilevanti.
  L'articolo 2 indica l'ambito soggettivo di applicazione della proposta di legge in esame che comprende gli imprenditori agricoli, quelli apistici e quelli ittici.
  L'articolo 3 reca disposizioni in materia di etichettatura stabilendo, al comma 1, che i prodotti PPL sono venduti nel rispetto delle disposizioni europee e nazionali vigenti (si fa riferimento, in particolare, al Regolamento (UE) n. 1169/2011 e al decreto legislativo n. 231 del 2017). La stessa disposizione chiarisce, inoltre, le indicazioni che possono essere riportate nelle etichette dei prodotti sopra richiamati.
  L'articolo 4 reca disposizioni in materia di logo «PPL – piccole produzioni locali». In particolare, il comma 1 demanda l'istituzione Pag. 296 del suddetto logo ad un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da adottarsi (entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge) di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con il citato decreto sono stabilite le condizioni e le modalità di attribuzione del logo, nonché gli adempimenti relativi alla tracciabilità e alle modalità con cui fornire una corretta informazione al consumatore. La stessa disposizione chiarisce che all'attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
  Il comma 2 individua i diversi luoghi in cui è esposto il logo dei prodotti PPL, mentre il comma 3 chiarisce che lo stesso logo non può essere apposto sui prodotti, sulle loro confezioni e su qualsiasi imballaggio utilizzato per la vendita.
  L'articolo 5 reca disposizioni in materia di consumo immediato e vendita diretta. In particolare, al comma 1, sono descritte le modalità con le quali avviene il consumo immediato e la vendita diretta dei prodotti PPL nell'ambito della provincia in cui ha sede l'azienda o in quelle contermini all'interno dello stesso territorio regionale. Il comma 2, prevede la facoltà – da parte dei comuni – di riservare agli imprenditori agricoli o ittici esercenti la vendita diretta dei prodotti PPL, spazi adeguati nell'area destinata al mercato, qualora disponibili, nel caso di apertura di mercati alimentari locali di vendita diretta in aree pubbliche ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 novembre 2007. Il terzo comma prevede, infine, che gli esercizi commerciali possono dedicare ai prodotti PPL appositi spazi di vendita.
  L'articolo 6 reca disposizioni concernenti i requisiti generali applicabili ai locali e alle attrezzature. In particolare, al comma 1, si prevede che, al fine di garantire la sicurezza del prodotto finito, l'imprenditore è tenuto al rispetto della normativa generale in materia di igiene degli alimenti e delle disposizioni della presente proposta di legge.
  L'articolo 7 reca disposizioni in materia di requisiti strutturali dei locali. In particolare, è stabilito che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, nel rispetto dei regolamenti (CE) n. 852/2004 in materia di igiene dei prodotti alimentari e n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, possono stabilire, al fine di semplificare la normativa in materia, i requisiti strutturali dei locali destinati alle attività di lavorazione, produzione e vendita dei prodotti PPL, anche allo scopo di preservare le caratteristiche e le tradizioni territoriali degli stessi.
  L'articolo 8 istituisce, al comma 1, all'interno del sito internet istituzionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un'apposita sezione per la raccolta di tutte le informazioni utili ai fini della valorizzazione dei prodotti PPL. Al comma 2, si prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano forniscono, nell'ambito delle loro competenze e per i prodotti dei rispettivi territori, tutte le informazioni utili ai fini dell'aggiornamento della suddetta sezione del sito internet. Al comma 3 è specificato che all'attuazione di tali disposizioni si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 9 autorizza le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano a istituire corsi di formazione per il personale addetto alla lavorazione, alla preparazione, alla trasformazione, al confezionamento, al trasporto e alla vendita dei prodotti PPL. I commi 2 e 3 precisano che i corsi devono essere di regola frequentati entro quindici mesi dalla registrazione dell'attività e, in ogni caso, prima dell'avvio delle lavorazioni e che gli stessi corsi hanno lo scopo di far acquisire nozioni relativamente alle corrette prassi operative e buone Pag. 297prassi di igiene nella lavorazione, trasformazione e vendita dei prodotti PPL.
  L'articolo 10 contiene disposizioni in materia di attività di controllo. Si stabilisce, in particolare, che, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2017, con riferimento alle competenze del Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'accertamento delle violazioni e l'irrogazione delle sanzioni in materia di etichettatura degli alimenti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze esercitano i controlli per l'accertamento delle infrazioni delle disposizioni della proposta di legge in esame, tramite i servizi veterinari e i servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione delle aziende sanitarie locali competenti per territorio.
  L'articolo 11 prevede al comma 1 che, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, con decreto ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 400 del 1988 , entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, adotta un regolamento contenente i criteri e le linee guida sulla base dei quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito della propria autonomia, individuano per i propri territori:

    1) il «paniere PPL», ossia l'elenco delle tipologie dei prodotti agricoli e ittici, recante anche l'indicazione dei relativi limitati che rientrano nella disciplina dei prodotti PPL descritti nella proposta di legge in esame, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 1, ed entro i limiti massimi previsti, per ciascuna tipologia di prodotti PPL, dal regolamento di cui si prevede l'emanazione ai sensi della presente disposizione, il quale stabilisce altresì le modalità per l'aggiornamento delle categorie dei prodotti e dei relativi limiti massimi;

    2) le modalità per l'ammissione alle procedure semplificate per i prodotti PPL previste dalla proposta di legge in commento;

    3) le misure e i controlli igienico-sanitari da effettuare sui prodotti PPL;

    4) le modalità di utilizzo dell'etichettatura PPL e del logo PPL di cui agli articoli 3 e 4, nonché i relativi controlli.

   L'articolo 12 disciplina le sanzioni; l'articolo 13 reca le disposizioni finanziarie statuendo che dall'attuazione della presente proposta legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; l'articolo 14 dispone che l'entrata in vigore del provvedimento in esame avvenga il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
   Per quanto attiene all'ambito di competenza della Commissione, segnalo che il provvedimento appare riconducibile alla materia di esclusiva competenza statale «tutela della concorrenza» (in particolare con riferimento all'istituzione del logo «PPL – piccole produzioni locali»), alla materia di competenza concorrente «alimentazione» e alla materia di residuale competenza regionale agricoltura.
   A fronte di questo intreccio di competenze, il provvedimento prevede alcune forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali: in particolare, l'articolo 4, comma 1, prevede il parere della Conferenza unificata ai fini dell'adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole chiamato a disciplinare il logo «PPL» mentre l'articolo 11 richiede la previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai fini dell'adozione del decreto attuativo previsto dall'articolo.
   Il provvedimento non appare quindi presentare profili problematici per quel che attiene l'ambito di competenza della Commissione.
   Formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 9.10.