CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 aprile 2021
575.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 27 aprile 2021. — Presidenza della vicepresidente Emanuela ROSSINI.

  La seduta comincia alle 14.30.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Emanuela ROSSINI, presidente, avverte che, per il gruppo PD, è entrata a far parte della Commissione la deputata Francesca La Marca, mentre ha cessato di farne parte il deputato Graziano Delrio.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, con Allegati, fatta a Stoccolma il 22 maggio 2001.
C. 2806 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Giulia GRILLO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini del parere da rendere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge diretto ad autorizzare la ratifica e a dare esecuzione alla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti (Persistent Organic Pollutants, POP secondo l'acronimo inglese), entrata in vigore il 17 maggio 2004.
  Rammenta che la Convenzione è stata approvata dalla Comunità europea mediante la decisione del Consiglio 2006/507/CE del 14 ottobre 2004 e le misure in essa previste sono già disciplinate dalla vigente legislazione dell'UE: in particolare con il regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli inquinanti organici persistenti (rifusione) l'UE ha dato attuazione agli obblighi previsti dalla Convenzione e l'Italia, al pari degli altri Stati membri, è tenuta al rispetto Pag. 43delle disposizioni contenuto nel menzionato regolamento.
  La Convenzione rimane tuttavia aperta alla ratifica, accettazione, approvazione o adesione degli Stati che non abbiano firmato e desiderino diventarne parti. Attualmente, essa è stata già sottoscritta da 182 Paesi, tra i quali tutti gli altri Stati membri dell'Unione europea.
  Evidenzia che il presupposto alla base della Convenzione è l'esigenza di tutela dei rischi per la salute umana e per l'ambiente derivante dalla emissione di inquinanti organici persistenti. Tali sostanze chimiche, la cui struttura è a base di carbonio, possiedono una particolare combinazione di proprietà fisiche e chimiche tale che, una volta rilasciate nell'ambiente, esse persistono, cioè rimangono intatte per periodi di tempo eccezionalmente lunghi. Queste sostanze, oltre a diffondersi nell'ambiente, possono accumularsi nel tessuto degli organismi viventi, compreso l'uomo, e si trovano in concentrazioni crescenti ai livelli più alti nella catena alimentare, rivelandosi tossiche sia per gli umani sia per l'ecosistema.
  In questo quadro, la Convenzione di Stoccolma definisce una serie di azioni, tra le quali il divieto della produzione, dell'utilizzo e della commercializzazione – comprese l'importazione e l'esportazione – delle sostanze, prodotte intenzionalmente, elencate nell'allegato A e una limitazione della produzione e dell'uso delle sostanze riportate nell'allegato B. Si prevede poi la continua riduzione e, se possibile, la definitiva eliminazione delle emissioni delle sostanze organiche che si generano spontaneamente, elencate nell'allegato C, nonché l'adozione di misure per la riduzione o l'eliminazione di emissioni di POP provenienti dalle scorte e dai rifiuti.
  Sono inoltre previste azioni volte a prevenire la produzione e l'uso di nuove sostanze con caratteristiche di inquinanti organici persistenti, nonché ad introdurre nella regolamentazione nazionale, ove opportuno, i criteri per l'identificazione dei POP di cui all'allegato D.
  La Convenzione prevede altresì la definizione di un Piano d'azione per la diminuzione e, se possibile, l'eliminazione delle emissioni non intenzionali di origine antropica delle sostanze di cui all'allegato C, nonché l'assunzione di ulteriori obblighi, tra i quali l'adozione di un Piano nazionale di attuazione, da trasmettere alla Conferenza delle Parti entro due anni dall'entrata in vigore della Convenzione nei loro confronti e da sottoporre periodicamente a revisione e aggiornamento. È anche previsto lo scambio delle informazioni riguardanti la produzione, l'uso e le emissioni di POP e le alternative esistenti e a tal fine ogni Parte designa un punto di contatto nazionale preposto alla trasmissione delle informazioni.
  L'organo decisionale della Convenzione è costituito dalla Conferenza delle Parti, composta dai rappresentanti di tutti gli Stati che ne hanno effettuato la ratifica, che si riunisce in via ordinaria a intervalli regolari – ogni due anni – e alle sue riunioni possono partecipare, come osservatori, anche gli Stati che non sono Parte della Convenzione, l'Organizzazione delle Nazioni Unite con le sue Agenzie specializzate e l'Agenzia internazionale dell'energia atomica.
  Passando a descrivere il contenuto del disegno di legge, evidenzia che esso di compone di 4 articoli: oltre alle consuete disposizioni in ordine all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1) ed all'ordine di esecuzione (articolo 2), il provvedimento individua, all'articolo 3, l'autorità nazionale competente per l'attuazione delle disposizioni della Convenzione nel Ministero dell'ambiente, che come è noto ha ora assunto la nuova denominazione di «Ministero della transizione ecologica» (articolo 3, comma).
  Il medesimo articolo 3, al comma successivo, dispone che entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge venga adottato il citato Piano nazionale d'attuazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione, che comprende il piano d'azione relativo alle emissioni non intenzionali di cui all'articolo 5 della Convenzione stessa: il piano è adottato con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e Pag. 44forestali, delle infrastrutture e dei trasporti (ora «Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili») e della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Ai fini della predisposizione del citato decreto di attuazione, il Ministero della transizione ecologica si avvale del supporto tecnico-scientifico dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (articolo 3, comma 3).
  L'articolo 4 reca, infine, le disposizioni finanziarie, ponendo la copertura degli oneri derivanti dalla partecipazione dell'Italia alla Convenzione a valere sul fondo speciale di parte corrente del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  In conclusione, considerato che con il regolamento (CE) n. 850/2004 del 29 aprile 2004 gli impegni previsti dalla Convenzione sono stati già recepiti nel diritto dell'Unione e che pertanto essi sono già parte integrante del nostro ordinamento, auspica una rapida approvazione del provvedimento di ratifica al fine di consentire al nostro Paese di partecipare a pieno titolo ai lavori della Conferenza delle Parti, le cui prossime riunioni si svolgeranno online dal 26 al 30 luglio prossimi e, in presenza a Ginevra, a giugno dell'anno prossimo.

  Emanuela ROSSINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

  Augusta MONTARULI (FDI), nel rilevare che il numero dei deputati presenti nella seduta odierna è inferiore al minimo di un quarto dei componenti della Commissione previsto dal Regolamento per le deliberazioni in sede consultiva, osserva che l'attuale maggioranza, benché molto vasta in termini di seggi parlamentari, non riesce ad assicurare un'adeguata partecipazione ai lavori della Commissione. Di tale considerazione chiede sia fatta espressa menzione nel resoconto di seduta.

  Emanuela ROSSINI, presidente, nel ricordare che, non essendo previste votazioni, non è richiesto un numero minimo di presenti per assicurare validità alla seduta odierna, prende comunque atto del rilievo formulato dalla deputata Montaruli.

  La seduta termina alle 14.40.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 27 aprile 2021. — Presidenza della vicepresidente Emanuela ROSSINI.

  La seduta comincia alle 14.40.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi.
COM(2021)93 final.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Rina DE LORENZO (LEU), relatrice, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame, ai fini del parere da rendere alla XI Commissione Lavoro pubblico e privato, della proposta di direttiva volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, presentata dalla Commissione europea il 4 marzo 2021.
  Evidenzia in primo luogo come i divari di genere nel mondo del lavoro persistano ancora in modo accentuato e come la pandemia di COVID-19 abbia reso più urgente affrontare questo problema, dato che la crisi ha colpito in modo particolare le lavoratrici. Pag. 45
  Sottolinea pertanto la rilevanza cruciale della proposta in esame, che rappresenta una delle iniziative più importanti tra quelle preannunciate dalla Commissione europea nella Strategia per la parità di genere 2020-2025, che prospetta nei prossimi anni una serie di azioni ritenute fondamentali per il raggiungimento dei tradizionali obiettivi in materia di equilibrio di genere, tra cui la parità retributiva.
  Ricorda poi che l'articolo 157, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede che l'UE adotti misure volte ad assicurare l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Tale disposizione costituisce la base giuridica della direttiva.
  Segnala altresì che l'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea stabilisce che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, anche in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione.
  La necessità di garantire la parità salariale è sancita nella direttiva 2006/54/CE, attuata a livello nazionale dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5, che ha apportato modifiche al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198).
  Ricorda inoltre che nel marzo 2014 è stata adottata la raccomandazione sul potenziamento del principio della parità retributiva tra donne e uomini tramite la trasparenza, la quale fornisce agli Stati membri orientamenti che li aiutino a garantire un'applicazione migliore e più efficace del principio della parità retributiva.
  Anche il Pilastro europeo dei diritti sociali include tra i suoi principi il diritto alla parità di retribuzione per un lavoro di pari valore e il recente Piano di attuazione riconosce l'importanza e l'urgenza della proposta di direttiva in esame.
  Osserva poi che nonostante il quadro giuridico precedentemente delineato, l'effettiva attuazione del principio della parità salariale tra uomini e donne continua a incontrare una serie di ostacoli, come dimostra il dato sul divario retributivo di genere (gender pay gap) nell'UE, che misura la differenza nella retribuzione oraria lorda, in base al quale le donne guadagnano in media il 14,1 per cento in meno all'ora rispetto agli uomini (dato Eurostat per il 2019).
  L'Italia si attesta al 4,7 per cento ma con una notevole differenza al suo interno: 17 per cento nel privato contro il 3,8 per cento nel pubblico. Il differenziale tra retribuzioni, che si amplifica se si considera il divario retributivo complessivo di genere, determina ripercussioni a lungo termine sulla qualità della vita delle donne, le espone a un maggiore rischio di povertà e perpetua il divario retributivo pensionistico (gender pension gap), che è pari al 29 per cento nell'UE (dato Eurostat per il 2019).
  Osserva inoltre che un minore divario retributivo di genere non sempre si traduce in una maggiore parità. In alcuni casi, infatti, come quello italiano, divari retributivi più bassi tendono ad essere collegati, tra l'altro, ad una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e alle specificità del settore pubblico e privato (il primo caratterizzato da una forte presenza femminile).
  Secondo dati Eurostat, in Italia il tasso di occupazione femminile (calcolato con riferimento alla popolazione attiva e alla fascia d'età 15-64 anni) nel 2020 era il più basso tra i Paesi UE dopo la Grecia, pari al 52,7 per cento.
  Una serie di fattori specifici concorrono a determinare il divario retributivo di genere, tra cui la segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, il lavoro a tempo parziale rispetto al lavoro a tempo pieno e gli impegni attinenti all'assistenza che non sono retribuiti.
  La Commissione europea individua nella mancanza di trasparenza retributiva una delle cause del divario retributivo di genere. Secondo la Commissione, la mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi favorisce i pregiudizi di genere nella determinazione dei salari e gli ostacoli procedurali incontrati dalle vittime di discriminazione Pag. 46 impediscono l'attuazione effettiva del principio della parità retributiva.
  La proposta di direttiva pertanto reca norme volte a rafforzare la trasparenza retributiva e a migliorare l'accesso alla giustizia per le vittime di discriminazioni retributive.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per ulteriori approfondimenti concernenti i dati e il contenuto della proposta, passa ad illustrarne sinteticamente i principali aspetti.
  Segnala preliminarmente che la direttiva proposta si basa su un'armonizzazione minima dei sistemi degli Stati membri e consente loro, per un verso, di stabilire standard più elevati qualora decidano di farlo e, per l'altro, di affidare l'attuazione alle parti sociali. Tale approccio rispetta le diverse caratteristiche dei sistemi nazionali di dialogo sociale e di contrattazione collettiva e l'autonomia delle parti sociali.
  La Commissione chiarisce di aver deciso di non modificare o sostituire la direttiva 2006/54/CE dato il suo più ampio ambito di applicazione, che riguarda la parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego.
  La proposta di direttiva, che si compone di 34 articoli, si applicherà ai datori di lavoro del settore pubblico e privato e a tutti i lavoratori, che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia (articolo 2).
  Secondo quanto specificato nelle premesse, la proposta non impedirà ai datori di lavoro di pagare in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, purché tali differenze siano basate su criteri oggettivi, neutri dal punto di vista del genere e senza pregiudizi.
  Il rispetto del diritto alla parità retributiva tra donne e uomini, sancito dal Trattato, richiede che i datori di lavoro dispongano di strutture retributive volte ad assicurare che le donne e gli uomini ricevano pari retribuzione per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Al fine di consentire ai lavoratori e ai datori di lavoro di valutare ciò che costituisce lavoro di pari valore, la proposta di direttiva prevede che gli Stati membri stabiliscano strumenti o metodologie per valutare e raffrontare il valore del lavoro, rispetto a una serie di criteri oggettivi che includono i requisiti professionali, di istruzione e di formazione, le competenze, l'impegno e le responsabilità, il lavoro svolto e la natura dei compiti assegnati (articolo 4).
  Per quanto riguarda le principali previsioni volte a rafforzare la trasparenza retributiva: i datori di lavoro dovranno fornire informazioni alle persone in cerca di lavoro sul livello – o l'intervallo – retributivo iniziale, nell'annuncio del posto vacante o prima del colloquio di lavoro, e non dovranno chiedere ai potenziali lavoratori informazioni sulle retribuzioni precedentemente percepite (articolo 5); i lavoratori avranno il diritto di ricevere informazioni sul loro livello di retribuzione individuale e sui livelli salariali medi, ripartiti per sesso, per le categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore (articolo 7); i datori di lavoro con almeno 250 dipendenti dovranno rendere pubbliche informazioni sul divario retributivo tra lavoratrici e lavoratori ed effettuare una valutazione delle retribuzioni, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, qualora emerga un divario retributivo di genere di almeno il 5 per cento non giustificabile in base a fattori oggettivi neutri dal punto di vista del genere (articoli 8 e 9).
  In sostanza, gli articoli 8 e 9 configurano una serie di obblighi concernenti la rendicontazione e la valutazione delle retribuzioni applicabili solo alle aziende con almeno 250 dipendenti. Secondo la Commissione, le misure devono essere adattate ai datori di lavoro, in funzione delle dimensioni, tenendo conto del numero di dipendenti. La proposta lascia però agli Stati membri la possibilità di mantenere o stabilire norme più favorevoli per i lavoratori tramite una comunicazione più proattiva di informazioni e di relazioni sulle retribuzioni. Di tale quadro, osserva, occorrerà tenere conto in sede di recepimento della direttiva, anche tenuto conto Pag. 47delle imprese interessate a livello nazionale dall'applicazione delle precedenti disposizioni e della normativa nazionale vigente.
  Per quanto concerne le principali previsioni volte a migliorare l'accesso alla giustizia per le vittime di discriminazioni retributive, segnala che: gli organismi per la parità e i rappresentanti dei lavoratori potranno agire in procedimenti giudiziari o amministrativi per conto dei lavoratori e condurre azioni collettive sulla parità di retribuzione (articolo 13); i lavoratori che hanno subito discriminazioni retributive di genere potranno ottenere un risarcimento, compreso il recupero integrale della retribuzione arretrata e dei relativi premi o pagamenti in natura (articolo 14); l'onere della prova circa l'insussistenza della violazione del principio della parità di retribuzione spetterà alla parte convenuta (datore di lavoro) (articolo 16); gli Stati membri introdurranno sanzioni specifiche per le violazioni della norma sulla parità retributiva, compreso un livello minimo di ammende (articolo 20); gli Stati membri dovranno, inoltre, adottare misure appropriate per garantire che, nell'esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici (compresa la catena di subappalto successiva) rispettino gli obblighi relativi alla parità retributiva tra uomini e donne (articolo 21).
  Tra le disposizioni orizzontali e finali, contenute nel Capo IV, fa presente che gli organismi nazionali per la parità, istituiti a norma della direttiva 2006/54/CE, sono competenti per le questioni che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva (articolo 25) e che gli Stati membri devono designare un organismo incaricato di monitorare e sostenere l'attuazione delle disposizioni giuridiche nazionali di recepimento della direttiva (articolo 26).
  Ricorda, infine, che il Governo nella relazione, trasmessa alle Camere ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 234 del 2012, segnala che il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna necessita di essere allineato alle nuove disposizioni, in particolare per quanto riguarda i contenuti e le tempistiche di presentazione dei Piani triennali di azioni positive (da parte delle pubbliche amministrazioni) e dei Rapporti biennali da parte delle aziende (articoli 46 e 48 del Codice), nonché la struttura, i compiti e le risorse, umane e finanziarie, degli organismi di parità.
  In conclusione, nel sottolineare l'importanza della proposta di direttiva in oggetto, si riserva di presentare una proposta di parere in esito al dibattito in Commissione, anche tenuto conto dei tempi di esame presso la Commissione di merito.

  Emanuela ROSSINI, presidente, sottolinea l'importanza di entrambi i provvedimenti esaminati nella seduta odierna.
  In particolare, quello attualmente in esame, inerente al principio della parità di retribuzione tra uomini e donne, riguarda una tematica che è stata anche oggetto delle Raccomandazioni formulate dalla Commissione europea al nostro Paese e sarà pertanto materia di intervento anche nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  Rimarca, inoltre, la rilevanza del provvedimento trattato in precedenza, riguardante le limitazioni alla diffusione degli gli inquinanti organici persistenti, materia che non può che essere trattata globalmente, trattandosi di sostanze che vengono anche trasportate a lungo raggio.
  Nel ringraziare le relatrici, auspicando la formulazione di pareri condivisi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.