CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 21 dicembre 2020
499.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
Pag. 3

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Lunedì 21 dicembre 2020. — Presidenza del presidente della II Commissione Mario PERANTONI. – Interviene, in videoconferenza, il Sottosegretario di Stato per la Giustizia Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.05.

Relazione sullo Stato di diritto 2020 – La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea.
COM (2020)580 final.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

  Mario PERANTONI, presidente, avverte che nella seduta odierna le Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia avviano l'esame, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, della «Relazione sullo Stato di diritto 2020 – La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea» (COM(2020) 580 final). Ricorda che, ai sensi del citato articolo 127, le Commissioni potranno esprimere il proprio avviso in merito in un documento finale.
  Segnala inoltre che, come specificato anche nelle convocazioni, i deputati possono partecipare all'odierna seduta in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso, in quanto nella seduta odierna non sono previste votazioni sul provvedimento.

  Stefano CECCANTI (PD), relatore per la I Commissione, intervenendo da remoto, rileva innanzitutto come la Relazione sullo Stato di diritto 2020 – La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea, costituisca il documento attraverso il quale la Commissione europea ha per la prima volta avviato il nuovo Meccanismo per lo Stato di diritto.
  Si tratta, nelle intenzioni della Commissione europea, di avviare un ciclo annuale di valutazione delle condizioni di salute di quello che è ritenuto il principio cardine dell'architettura costituzionale degli ordinamenti moderni, oltreché uno dei valori fondanti l'UE, richiamato dall'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea.
  Rileva come il concetto di Stato di diritto sia il risultato di una lunga elaborazione condotta sul piano dottrinale e normativo. Nell'ambito dell'UE, fondamentale al riguardo è stato il combinato disposto della giurisprudenza della Corte di Giustizia Pag. 4 dell'UE, delle tradizioni costituzionali degli Stati membri, dei Trattati, e dell'evoluzione delle politiche e della legislazione dell'UE, a cui si aggiunge, poi, fuori dall'UE, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Ad esso sono riconducibili il principio di legalità, inteso come sottoposizione dei poteri pubblici alla legge e divieto di esercizio arbitrario del potere esecutivo; la certezza del diritto; il principio del bilanciamento tra i poteri e la garanzia dell'indipendenza e dell'autonomia dell'ordine giudiziario, fino a ricomprendere anche la tutela del pluralismo sociale, con particolare riferimento alla libertà e al pluralismo dei media.
  Nonostante il rispetto dello Stato di diritto sia formalmente garantito da una tutela multilivello, la Commissione europea ha inteso integrare lo spettro di strumenti vigenti con una iniziativa che sostanzialmente mira a diffondere un'approfondita consapevolezza delle questioni che interessano tale valore e a realizzare un ambiente europeo in grado di prevenire minacce e criticità in grado di comprometterne il rispetto.
  Osserva quindi come la relazione e il ciclo annuale di valutazione dello Stato di diritto siano il risultato di una discussione avviata da tempo, focalizzata sulle criticità, sotto il profilo dell'efficacia, che sono stati riscontrate nelle attività di monitoraggio, prevenzione e risposta a livello europeo rispetto al verificarsi di rischi di violazione o effettive lesioni dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali.
  Tale discussione ha preso le mosse, in particolare, dalla riconosciuta scarsa efficacia dell'articolo 7 del Trattato dell'Unione europea (TUE), il quale prevede un'articolata procedura in cui intervengono le principali Istituzioni europee, all'esito della quale il Consiglio può definire una sanzione nei confronti dello Stato membro in cui sia stata constatata l'esistenza di una violazione grave e persistente del principio: tale sanzione può consistere nella sospensione di quello Stato da alcuni dei diritti previsti dal Trattato, compreso il diritto di voto in sede di Consiglio.
  Sul piano concreto, le prime esperienze di tale procedura hanno messo in evidenza che il difetto fondamentale dello strumento risiede nella prevalenza del momento politico su quello tecnico giuridico (l'adozione della sanzione dipende sostanzialmente dal pronunciamento del Consiglio dell'UE e del Consiglio europeo). Tale criticità è peraltro accentuata dal profilo delle maggioranze che sono richieste a seconda dei vari passaggi nell'ambito della procedura, nonché dal fatto che l'adozione di una sanzione è comunque subordinata ad un voto unanime del Consiglio europeo sulla constatazione di una violazione grave e persistente dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro.
  A riprova della sostanziale inefficacia dello strumento, fa presente che il funzionamento della procedura testé citata è stata sperimentata solo per due volte (nei confronti di Polonia e Ungheria), rivelandosi peraltro farraginosa, atteso che in entrambi i casi non si è mai superata la fase istruttoria dell'iter.
  Dalla constatazione di tali oggettive difficoltà la Commissione europea ha fatto discendere non già la proposta di modificare i Trattati, ma di utilizzare gli spazi giuridici a disposizione per rafforzare il monitoraggio e la possibilità di intervenire più efficacemente per l'adozione di sanzioni, ovvero per esercitare una sorta di moral suasion nei confronti degli Stati membri i cui comportamenti siano ritenuti in grado di minacciare lo Stato di diritto.
  Si tratta di un approccio realistico ma ambizioso, che la Commissione europea sta consolidando, con la recente adozione di ulteriori atti volti a rafforzare la politica europea in tale settore: il Piano d'azione per la democrazia europea, recante una serie di misure volte a garantire lo svolgimento libero e regolare delle elezioni, a promuovere una forte partecipazione democratica, a sostenere mezzi d'informazione liberi e indipendenti, nonché a contrastare la disinformazione; la Strategia per rafforzare l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, fonte di diritto primario dell'UE che nel corso degli anni ha assunto un ruolo Pag. 5centrale sia per la legislazione europea sia per la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE e delle Corti nazionali.
  La relazione in esame, elaborata dalla Commissione europea sulla base di un dialogo permanente con autorità nazionali e portatori di interesse, è volta a far scaturire come follow up un dibattito ciclico presso il Consiglio, presso il Parlamento europeo, nonché presso i Parlamenti nazionali.
  Ritiene opportuno soffermarsi su quest'ultimo significativo aspetto, poiché il coinvolgimento delle Assemblee rappresentative degli Stati membri nel nuovo meccanismo, proposto parallelamente sia dalla Commissione europea sia dal Parlamento europeo, si declina lungo tre dimensioni: la possibilità che i Parlamenti nazionali prendano parte alle attività consultive prodromiche alla redazione della relazione; la promozione del dialogo a livello nazionale sulle risultanze del documento della Commissione europea (che si articola in un capitolo generale sull'UE e l'insieme dei capitoli specifici per Paese); il coinvolgimento delle Assemblee nazionali in un dibattito interparlamentare promosso dal Parlamento europeo.
  Da tale assetto emerge il ruolo imprescindibile dei Parlamenti, che si giustifica sulla base di tre motivi: 1) le questioni riconducibili allo Stato di diritto presentano profili di rilevanza costituzionale e legislativa; 2) i Parlamenti sono le istituzioni in cui si realizza al livello più alto il principio della rappresentanza politica; 3) nei Parlamenti il confronto coinvolge sia la maggioranza sia le opposizioni, a differenza dei Governi, che sono espressione della sola maggioranza.
  Segnala quindi come i nuovi strumenti della relazione e del ciclo annuale sullo Stato di diritto siano stati concepiti anche a seguito della discussione che si è sviluppata nel contesto del Semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'UE (secondo semestre 2014), durante la quale sono stati offerti utili contributi al dibattito su come migliorare la politica europea in materia di Stato di diritto e di diritti fondamentali.
  Da ultimo, ricorda che la sede di cooperazione interparlamentare prefigurata nella proposta di ciclo annuale sullo Stato di diritto è stata sperimentata per la prima volta con lo svolgimento della riunione a Bruxelles del 10 novembre 2020, nel corso della quale sono stati scambiati punti di vista sul contenuto della Relazione, nonché sull'impatto della pandemia sulla democrazia, sullo Stato di diritto e sui diritti fondamentali.
  La Relazione – come accennato – consiste di due parti: una di carattere generale, volta a individuare temi e tendenze comuni agli Stati membri, nonché evoluzioni positive (o best practices) apparse in uno o più Paesi, e 27 capitoli che contengono le valutazioni specifiche della situazione nei singoli Stati membri; essa non contiene invece raccomandazioni specifiche per Paese per sanare o prevenire l'esistenza di carenze nel rispetto della Rule of law, né produce conseguenze dirette per i Paesi in cui fossero riscontrate violazioni e carenze generalizzate dello Stato di diritto, rimanendo all'uopo destinati i tradizionali strumenti dell'articolo 7 del TUE e della procedura di infrazione.
  I documenti sono articolati al loro interno in approfondimenti su settori dell'ordinamento dai quali è desumibile il grado di tenuta del principio dello Stato di diritto: il sistema giudiziario; il quadro anticorruzione; il pluralismo e la libertà dei media; questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri. Fa quindi presente che la sua relazione riguarderà in particolare gli ultimi due argomenti, mentre è opportuno che le prime due tematiche richiamate siano approfondite nella relazione per la II Commissione.
  Anzitutto intende soffermarsi su quella parte del lavoro della Commissione europea dedicata alle possibili ricadute delle misure emergenziali di contrasto alla proliferazione del COVID-19 sulla salvaguardia dello Stato di diritto. Si tratta di un tema su cui si sta accendendo un importante dibattito anche a livello dell'UE, cui è associato, per forte affinità, quello della compressione dei diritti fondamentali come Pag. 6conseguenze dell'azione dei Governi per contenere la pandemia.
  Al riguardo ricorda che il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione sull'impatto delle misure connesse al COVID-19 sulla democrazia, sui diritti fondamentali e sullo Stato di diritto, con la quale ha, tra l'altro, sottolineato che le misure di emergenza possono costituire un rischio di abuso di potere e che, ove abbiano effetto sullo Stato di diritto, sulla democrazia e sul rispetto dei diritti fondamentali, devono essere soggette a tre condizioni generali, ovvero la necessità, la proporzionalità in senso stretto e la temporaneità. Il Parlamento europeo, in tale circostanza, ha altresì invitato i Governi nazionali a non abusare dei poteri di emergenza per approvare norme non legate agli obiettivi dell'emergenza sanitaria di COVID-19.
  La materia è del resto estremamente delicata, atteso che le misure adottate a livello nazionale per il contrasto al diffondersi del virus, hanno avuto significative implicazioni circa il godimento di diritti fondamentali. Basti pensare alle limitazioni alla libertà di movimento, a quella di organizzare e partecipare a pubbliche manifestazioni o, ancora, alle misure che hanno parzialmente compresso il diritto all'istruzione o alla assistenza sanitaria per i soggetti affetti da patologie diverse dalla pandemia.
  Rileva come la relazione in esame abbia in qualche modo preceduto alcuni degli argomenti sottolineati dal Parlamento europeo circa le criticità per lo Stato di diritto in rapporto alla pandemia. In particolare, nella parte generale del documento, la Commissione europea sviluppa tre riflessioni chiave: 1) l'importanza di garantire che il processo decisionale urgente ed efficace, prevalentemente condotto dagli esecutivi, rimanga inquadrato in una logica di bilanciamento dei poteri e, dunque, sia possibile il controllo parlamentare, sia in funzione di indirizzo sia in funzione di verifica ex post circa le misure giuridiche adottate, nonché il controllo sulle leggi da parte delle Corti costituzionali e delle Corti supreme; 2) l'insorgere di ostacoli all'esercizio del controllo democratico da parte dei media e degli organismi della società civile durante i periodi emergenza e il rischio che siano adottate misure restrittive della libertà di espressione e di accesso alle informazioni (anche a fini politici); 3) la resilienza del sistema giudiziario, messo a dura prova dalla sospensione parziale delle attività degli organi giurisdizionali in dipendenza del COVID-19, con il rischio di compromettere il diritto fondamentale di accesso a un giudice indipendente e a un ricorso giurisdizionale effettivo. La Commissione europea, in questo senso, saluta con favore le iniziative volte alla digitalizzazione delle comunicazioni con gli uffici giudiziari e dello svolgimento dei processi.
  Passando alla parte della relazione specificamente dedicata all'Italia, segnala come il paragrafo concernente la libertà di espressione e di informazione si apra con la constatazione che il dato normativo costituzionale e legislativo stabilisce un solido quadro volto a garantire il pluralismo dei media nel nostro Paese. Tuttavia permangono, secondo la Commissione europea, preoccupazioni circa l'indipendenza politica dei media italiani.
  In tal senso la relazione ricorda, peraltro, che ancora 15 anni dopo la segnalazione da parte della Commissione di Venezia (organismo consultivo del Consiglio d'Europa e tra i principali motori di riflessione giuridica indipendente, internazionalmente riconosciuta) permarrebbe la mancanza di disposizioni efficaci sulla prevenzione del conflitto di interesse, e che l'Osservatorio del pluralismo dei media (MPM) nel 2020 classifica l'Italia a medio rischio a tale riguardo, e conclude che nel settore audiovisivo l'influenza politica continua a essere notevolmente avvertita. Al riguardo segnala del resto come la I Commissione abbia all'esame diverse proposte di legge in materia di conflitto di interesse (C. 702, C. 1461 e C. 1843) e abbia in proposito adottato alcune settimane fa come testo base un testo unificato delle predette proposte di legge.
  In misura minore, secondo la Commissione europea questa valutazione si applicherebbe anche al settore dei giornali, a causa delle relazioni indirette tra gli interessi Pag. 7 degli editori e il Governo, a livello sia nazionale sia locale.

  La Commissione europea riconosce altresì l'utilità della creazione, per iniziativa del Ministero dell'Interno, di un Centro di coordinamento sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, al fine di monitorare la situazione e mettere a punto le necessarie misure di tutela (prima iniziativa in Europa intesa a creare un meccanismo di sicurezza di questo tipo).
  Infine, la relazione mette in luce l'evoluzione giurisprudenziale in tema di reato di diffamazione avvenuta a seguito della sentenza della Corte di cassazione del 19 settembre 2019, n. 38721, la quale, in conformità agli orientamenti della Corte EDU, ha statuito che in caso di offese verbali la pena detentiva dovrebbe essere contemplata soltanto in circostanze eccezionali. La Commissione europea ricorda da ultimo che la Corte Costituzionale, intervenuta sul punto con l'ordinanza n. 132/2020, ha rinviato l'udienza al 21 giugno 2021 per consentire al Parlamento di riflettere sul rispetto del principio costituzionale della libertà di espressione come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Considera confortanti le indicazioni della Commissione europea sul ruolo della società civile in Italia, ritenuta vivace e diversificata. In tale contesto la relazione richiama la delibera, da parte della Corte Costituzionale, di norme integrative del proprio Regolamento interno, volte a promuovere una maggiore partecipazione della società civile e del pubblico ai lavori della Corte.

  La Commissione europea prende altresì in considerazione le iniziative normative volte alla creazione di un organismo indipendente per i diritti umani, in linea con le raccomandazioni del comitato ONU sui diritti dell'uomo. Si tratta, come è noto, di un tema che da tempo attende risposte e che è oggetto di alcune proposte di legge, presentate alla Camera, recanti l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali. In tale contesto reputa particolarmente importante, soprattutto per gli ambiti di competenza della I Commissione, il rilievo, contenuto nella relazione, circa la mancata creazione di un'istituzione autonoma e indipendente per la tutela dei diritti fondamentali; tale rilievo può infatti costituire uno sprone per dare impulso ai tre progetti di legge in materia (C. 855, C. 1323 e C. 1794) all'esame della stessa I Commissione. Si tratta di un invito autorevole, che rafforza ulteriormente la consapevolezza, del resto già sussistente, circa l'esigenza di intervenire quanto prima su tale tema, dopo il tentativo, non andato a buon fine per ragioni procedurali, di risolvere la questione nell'ambito del disegno di legge europea 2019-2020 (C. 2670), in corso di esame alla Camera.

  La Commissione europea segnala, infine, che destano preoccupazione la complessità del processo di registrazione delle ONG e i ritardi nell'attuazione della legge che armonizza le norme relative al settore non profit. Inoltre, secondo la relazione il contesto in cui operano le ONG attive nel settore della migrazione e dell'asilo è influenzato da pregiudizi negativi e lo spazio civico è considerato ristretto. Del resto, rileva come alcune campagne di opinione contro le ONG si siano rivelate, alla distanza, puramente denigratorie e del tutto infondate.
  Da ultimo, si sofferma sulla recente approvazione del regolamento europeo relativo a un regime di condizionalità in materia di Stato di diritto per la protezione del bilancio dell'Unione. Il regolamento introduce un meccanismo fondato sull'irrogazione di sanzioni (tra l'altro, la sospensione dei pagamenti e degli impegni a valere sul bilancio UE, la riduzione dei finanziamenti nell'ambito degli accordi esistenti e il divieto di concludere nuovi impegni) nei confronti degli Stati ove siano riscontrate violazioni dei principi dello Stato di diritto che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell'Unione o la tutela degli interessi finanziari dell'Unione.
  Lo strumento non ha precedenti, e segnala come la sua approvazione abbia costituito Pag. 8 un banco di prova determinante per l'adozione di tutto il bilancio a lungo termine dell'UE e per l'avvio del piano europeo per la ripresa e per la soluzione della crisi da pandemia. Esso rappresenta plasticamente il cambiamento di approccio da parte delle Istituzioni europee: con tale normativa la Commissione europea, condivisibilmente, ha assunto un atteggiamento fermo, che individua nel possibile pregiudizio economico un efficace deterrente, perché tocca interessi concretamente e immediatamente percepibili. Non si tratta di comprimere il legittimo pluralismo su scelte legislative, tanto più all'interno di un processo di graduale federalizzazione, ma di affermare alcuni standard irrinunciabili di scelte costituzionali comuni.
  Resta da valutare se il punto di equilibrio che è stato individuato per realizzare il compromesso tra Istituzioni e per convincere Stati membri refrattari all'adozione finale della normativa, sarà soddisfacente ai fini della difesa dello Stato di diritto. In particolare, come stabilito dalle conclusioni del Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2020, ritiene necessario attendere le linee guida della Commissione europea sulle modalità di applicazione del regolamento, e probabilmente, prima ancora, il pronunciamento della Corte di giustizia europea sull'eventuale ricorso per annullamento del nuovo regime, onde verificare se tale iniziativa rappresenterà un'effettiva svolta nella politica di difesa di uno dei più importanti valori fondanti dell'UE, anche tenendo conto delle riserve espresse dal Parlamento europeo nella recente risoluzione, approvata il 17 dicembre, rispetto alla dichiarazione interpretativa del Consiglio.
  In conclusione, auspica un rapido esame della prima relazione sullo Stato di diritto, nella consapevolezza che un opportuno seguito, dato a livello nazionale, al lavoro della Commissione europea è il primo passo per l'opera di sensibilizzazione circa principi che troppo spesso diamo per scontati e che invece devono essere continuamente coltivati, al fine di non retrocedere dalle conquiste più avanzate dalle moderne democrazie.
  In questo senso, auspica altresì che l'esame si svolga in tutti i Parlamenti degli Stati membri, anche ai fini di eventuali ulteriori iniziative che potranno vedere coinvolte le Assemblee rappresentative. Al riguardo, segnala che l'esame dell'atto della Commissione europea risulta completato solo dalla Camera dei Rappresentanti del Belgio e dal Bundesrat della Germania, mentre è tuttora in corso nei seguenti Parlamenti: il Parlamento danese, la Seimas della Repubblica di Lituania, il Consiglio nazionale della Repubblica slovacca e il Parlamento svedese.

  Pro futuro considera opportuno che venisse esaminata più nel dettaglio la capacità effettiva di azione dimostrata dai Parlamenti a tutela dell'equilibrio dei poteri durante la pandemia, anche utilizzando alcuni degli studi già pubblicati, come quelli della Fondazione Schuman (https://www.robert-schuman.eu/en/bookshop/0259-the-impact-of-the-health-crisis-on-the-functioning-of-parliaments.)
  Sempre in termini di approfondimenti, il testo della relazione fa riferimento in più punti agli utili dati di Trasparency, che – basati come sono sulle percezioni – possono però dare un'immagine non del tutto corretta della realtà, soprattutto in alcuni Paesi: occorrerebbe pertanto sviluppare metodologie diverse, di integrazione e verifica dei predetti dati.
  Svolgendo quindi talune considerazioni finali, di carattere generale, osserva che è condivisibile l'approccio della Commissione europea di adottare un approccio al tempo stesso ambizioso e realistico, col coinvolgimento dei Parlamenti nazionali, a Trattati invariati, basato sulla moral suasion, più che sulle sanzioni, e sul ruolo della Corte di Giustizia, più che sulle sedi politiche. L'oggetto specifico all'attenzione della I Commissione è, a suo avviso, soprattutto quello relativo al pluralismo e alla libertà dei media e alle questioni istituzionali relative al bilanciamento dei poteri. In particolare, dalla parte del documento europeo relativo all'Italia – a suo avviso – si ricava un giusto invito ad adeguare la legislazione sul conflitto di interessi, già oggetto dell'impegno della I Commissione, Pag. 9 che ha adottato in materia un testo base. Lo stesso vale per la mancata creazione in Italia di un'istituzione autonoma e indipendente per la tutela dei diritti fondamentali, su cui la I Commissione dovrà lavorare a gennaio, dopo il tentativo, che, come già ricordato, non è andato a buon fine per ragioni procedurali, di risolvere la questione nell'ambito del disegno di legge europea.
  Quanto al quadro complessivo, in relazione al recente Regolamento europeo relativo a un regime di condizionalità in materia di Stato di diritto per la protezione del bilancio dell'Unione, condivide l'atteggiamento fermo assunto dalla Commissione europea, che individua nel possibile pregiudizio economico un efficace deterrente, in quanto incide su interessi concretamente e immediatamente percepibili. Ribadisce al riguardo come non si tratti di comprimere il legittimo pluralismo sulle scelte legislative, ma di affermare alcune scelte costituzionali comuni.
  Prende atto, infine, che i dati contenuti nell'atto in esame, soprattutto per quanto concerne la reazione dei singoli Stati rispetto all'emergenza pandemica, sembrerebbero richiedere un aggiornamento – essendo risalenti ai mesi scorsi – nonché una loro integrazione sulla base di analisi il più possibile oggettive, laddove, allo stato, sembrano basarsi più su quanto percepito dalle singole collettività.

  Mario PERANTONI, presidente, in sostituzione della relatrice per la II Commissione, Ascari, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna per concomitanti impegni istituzionali, ricorda che la relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea, di cui oggi si avvia l'esame congiuntamente con la I Commissione, include una serie di indicazioni, sia con riferimento all'UE nel suo complesso, sia per quanto riguarda le risultanze dei singoli Stati membri, anche in materia di funzionamento dei sistemi giudiziari e di quadro anticorruzione. Si tratta di una parte significativa del lavoro della Commissione europea, attesa l'importanza imprescindibile dei principi della tutela giurisdizionale effettiva e dell'indipendenza dei giudici, da un lato, nonché dell'azione svolta su più livelli per neutralizzare il fenomeno corruttivo negli ordinamenti nazionali, dall'altro, ai fini della tenuta dello Stato di diritto. Rileva come sia del tutto evidente, infatti, che un ordinamento statuale che non garantisca ai cittadini la possibilità di adire una Corte terza e non sia in grado di dirimere le controversie in tempi accettabili, vedrebbe compromesso in radice il rispetto dello Stato di diritto.
  Fa presente che, al di là delle previsioni dei singoli ordinamenti, quel che rileva concretamente è l'effettiva capacità dei sistemi giurisdizionali di garantire un efficace servizio della giustizia. Sotto questo profilo osserva che rilevano due elementi: in primo luogo, la idoneità dei sistemi giurisdizionali di assicurare una adeguata tutela della sfera giuridica dei cittadini allorché, per qualche motivo, essi debbano ricorrervi o siano chiamati a rispondere in sede giudiziaria, e, in secondo luogo, il rilievo crescente che assume la qualità del servizio della giustizia ai fini della competitività dei sistemi economici.
  Evidenzia che un fattore decisivo per orientare gli investitori internazionali è costituito dalla efficienza dei sistemi giurisdizionali e che l'incertezza sui tempi e sugli indirizzi delle pronunce degli organi giurisdizionali rappresenta un potente disincentivo all'attrazione di investimenti e all'avvio di nuove iniziative produttive.
  A questo proposito ritiene che non si possa prescindere dal considerare con la massima attenzione gli elementi che si possono trarre dalle analisi e dagli studi comparati, a partire proprio dal Justice Scoreboard 2020, il quadro comparativo sugli indicatori della giustizia che la Commissione europea pubblica annualmente e impiega sempre più frequentemente come base per l'elaborazione delle raccomandazioni per Paese nell'ambito del ciclo di coordinamento delle politiche economiche dell'UE, meglio noto come Semestre europeo.
  La discussione e il confronto, spesso assai aspro, che sui temi della giustizia si svolgono nel nostro Paese, risulta, da questo punto di vista, obiettivamente provinciale perché sistematicamente prescinde Pag. 10dalla comparazione con i sistemi di altri Paesi. La necessità di preservare talune peculiarità riconducibili alle tradizioni dottrinarie, giurisprudenziali e legislative dei singoli Paesi, non può trascurare il dato di fondo che è rappresentato dai vistosi differenziali che tuttora si registrano in Europa per quanto concerne l'efficienza degli apparati giurisdizionali, elemento fondamentale ai fini della certezza del diritto.
  In tal senso è quindi auspicabile che il dibattito sulla giustizia, che in Italia troppo spesso prescinde da un'ottica di ampio respiro e da una dimensione internazionale, prenda seriamente in considerazione le indicazioni dello scoreboard.
  La parte della relazione dedicata ai sistemi giudiziari si apre con la considerazione generale secondo la quale dai dati comparativi sulla percezione a livello europeo presso imprese e cittadini dell'indipendenza della magistratura, emergerebbe che gli Stati membri tendono a raggrupparsi ai livelli più alti e ai livelli più bassi.
  Nel soffermarsi sui punti più critici della parte generale della relazione, segnala come la Commissione europea registri con preoccupazione le funzioni esercitate in alcuni Stati membri dal procuratore generale nei confronti dei procuratori di grado inferiore e la specifica situazione in Polonia dove sarebbe lo stesso Ministro della giustizia a fungere da Procuratore generale.
  La relazione illustra inoltre lo stato dell'arte del contenzioso avviato nei confronti di Polonia e Ungheria a seguito delle criticità riscontrate, rispettivamente, nell'assetto dei Consigli nazionali di giustizia e nelle riforme dell'ordinamento giudiziario con particolare riguardo al regime disciplinare dei giudici. Tali Stati membri sono interessati entrambi sia dall'avvio di procedure di infrazione per violazione del diritto dell'UE sia dalla procedura ex articolo 7 per evidente rischio di una violazione dello Stato di diritto. Al riguardo si ricorda che la Corte di giustizia dell'UE si è spinta fino ad adottare provvedimenti provvisori per ordinare alla Polonia la sospensione dell'esercizio di poteri in materia di procedimenti disciplinari dei giudici.
  Merita infine segnalare che la Commissione europea riporta le segnalazioni registrate in alcuni Stati membri circa attacchi politici e campagne mediatiche contro giudici e pubblici ministeri, richiamando tra l'altro la sentenza del 5 maggio 2020 con la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribadito la libertà di espressione dei pubblici ministeri e dei giudici e il loro diritto a partecipare a dibattiti pubblici su riforme legislative che incidono sulla magistratura, o in generale su questioni che riguardano l'indipendenza della magistratura. La Commissione europea constata che il sistema giudiziario italiano dispone di un solido quadro legislativo a salvaguardia dell'indipendenza della magistratura. La Relazione tuttavia evidenzia come, secondo le rilevazioni statistiche, il livello di indipendenza della magistratura percepito in Italia sia basso: tale livello sarebbe considerato buono o molto buono soltanto dal 31 per cento dei cittadini e dal 36 per cento delle imprese, percentuali diminuite tra il 2019 e il 2020. Secondo la Commissione europea, le ragioni principali per cui i cittadini e le imprese avvertirebbero una mancanza di indipendenza sarebbero le interferenze o le pressioni esercitate dal Governo, dai politici e dai rappresentanti di interessi economici o di altri interessi specifici.
  Nella relazione si dà altresì conto dell'emersione di problemi che si sono registrati nel Consiglio superiore della magistratura in seguito a gravi accuse relative alla nomina di procuratori di alto livello, scaturenti dall'indagine penale della Procura di Perugia.

  La Commissione europea si sofferma, inoltre, sulle recenti riforme del processo civile e penale, ritenendole in grado (congiuntamente ad un aumento delle risorse umane e al completamento del processo di digitalizzazione) di determinare un recupero in termini di efficienza, soprattutto con riferimento ai tempi di trattamento. In particolare, vengono in considerazione: un aumento significativo dell'organico presso tutti gli organi giurisdizionali civili e penali e presso le procure (legge di bilancio 2019); l'introduzione di meccanismi di flessibilità Pag. 11nell'assegnazione dei procedimenti volti allo smaltimento dell'arretrato e potenziamento del personale amministrativo (legge di bilancio 2020).
  Nella relazione si illustrano una serie di dati relativi alla durata dei procedimenti. Emergerebbe dal Justice Scoreboard che nel settore civile il tempo stimato per risolvere i contenziosi civili e commerciali rimane tra i più lunghi dell'UE, malgrado i tempi di giudizio nel primo e secondo grado abbiano continuato a diminuire nel 2019. La tendenza positiva osservata nel 2018 presso la Corte di Cassazione si sarebbe inoltre invertita in ragione del marcato aumento delle cause in entrata nel settore della protezione internazionale e nella sezione tributaria. Nel 2019 i tribunali amministrativi avrebbero avviato una riduzione dei tempi di trattazione dei procedimenti in tutti i gradi di giudizio (in particolare in materia di appalti pubblici), che comunque rimangono superiori alla media europea. Nonostante un'ulteriore diminuzione nel periodo 2018-2019, anche nei procedimenti penali si registra a una durata superiore alla media a livello di appello.
  In definitiva, la Commissione europea segnala su questo fronte che: l'Italia rimane soggetta alla sorveglianza rafforzata del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per la durata dei procedimenti amministrativi e penali; la riforma della prescrizione si pone in linea con una raccomandazione specifica per il Paese formulata nel contesto del semestre europeo; rimane urgente l'introduzione di misure destinate ad aumentare l'efficienza, specialmente per quanto riguarda l'appello.
  In conclusione, la parte speciale della relazione per l'Italia, nel capitolo sul sistema giudiziario mette il nostro Paese di fronte alla responsabilità di continuare nell'opera di razionalizzazione delle procedure giurisdizionali in tutti i settori del diritto, obiettivo che è stato più volte inserito tra le raccomandazioni per Paese relative all'Italia nell'ambito del citato Semestre europeo.
  A tal proposito vale anche la pena sottolineare che in un futuro non troppo lontano, in forza del citato regolamento sulle condizionalità da rispettare per accedere alle risorse europee, non possiamo escludere che ove l'Italia non fosse in grado di ridurre le criticità in termini di efficienza della giustizia registrate dalla relazione e dallo scoreboard, tale condizione possa essere interpretata dalle istituzioni europee fattispecie specifica di violazione dello Stato di diritto in grado di ledere gli interessi finanziari dell'UE, con il paradossale effetto di precluderci l'accesso ai fondi europei, in una fase storica così delicata per la nostra economia.
  Si sofferma infine sulle risultanze della relazione per quanto riguarda la politica anticorruzione in Italia. La Commissione valuta il quadro giuridico e istituzionale per la lotta alla corruzione nel nostro Paese come sostanzialmente funzionante. Tuttavia ricorda che sotto il profilo della percezione della corruzione l'Italia ha ricevuto un punteggio di 53/100 nell'indice di Transparency International e si è classificata al quindicesimo posto nell'UE e al cinquantunesimo posto a livello mondiale. Inoltre, secondo un sondaggio speciale Eurobarometro del 2020, l'88 per cento degli intervistati (91 per cento tra le imprese) considera la corruzione diffusa (contro una media UE del 71 per cento) e il 35 per cento si sente personalmente danneggiato dalla corruzione nella vita quotidiana (contro una media UE del 26 per cento). Il 42 per cento degli intervistati ritiene che l'efficacia dei procedimenti penali sia sufficiente per dissuadere dalle pratiche di corruzione (contro una media UE del 36 per cento), mentre il 25 per cento delle imprese ritiene che le persone e le imprese che corrompono un alto funzionario siano punite in modo adeguato (contro una media UE del 31 per cento).

  La Commissione ritiene che le recenti innovazioni legislative (legge n. 3 del 2019) in tema di contrasto al fenomeno corruttivo, le quali hanno elevato i livelli delle sanzioni per i reati di corruzione e inasprito il regime delle pene accessorie, realizzino un rafforzamento del suddetto quadro. La relazione cita inoltre l'accrescimento del ruolo e dei poteri dell'Autorità Pag. 12Nazionale Anticorruzione (ANAC) in materia di prevenzione nella corruzione all'interno della pubblica amministrazione, segnalando che sulla base delle informazioni fornite da ANAC e dalla DDA sarebbe in aumento costante la rilevazione delle condotte corruttive e concussive da parte di gruppi della criminalità organizzata e il correlativo aumento delle misure interdittive antimafia disposte. Sarebbero altresì in aumento le segnalazioni di illeciti nel settore pubblico a seguito della revisione del quadro giuridico in materia condotta nel 2017.

  La Commissione europea sottolinea tuttavia la frammentarietà delle norme sul conflitto di interesse, in particolare riguardo al regime di inconferibilità e incompatibilità applicabile ai funzionari pubblici eletti, ritenuto disorganico e privo di un sistema completo di applicazione.
  La relazione cita inoltre la decisione n. 208/2017 sulle attività di lobbying presso la Camera dei deputati, con la quale viene istituto un registro pubblico dei rappresentanti di interessi, a cui ogni persona fisica o giuridica che rappresenti interessi collettivi è tenuta a iscriversi, precisando che l'obbligo si applica anche agli ex parlamentari ed ex membri del Governo che intendono svolgere attività di rappresentanza di interessi, e che ai membri del Governo non si applica un obbligo analogo di riferire sulle riunioni svolte con terzi.
  Anche la disciplina del fenomeno del «pantouflage» (o revolving doors: ex funzionari pubblici che assumono incarichi presso soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione) secondo la Commissione europea rimane incompleta, giacché sarebbero attualmente in vigore disposizioni solo per i funzionari pubblici e non per i titolari di cariche pubbliche.
  In conclusione la comunicazione della Commissione europea, con riferimento all'Italia deve essere attentamente presa in considerazione anche nella parte relativa al quadro anticorruzione. Si tratta di un tema di vitale importanza per il corretto funzionamento delle istituzioni nazionali ed europee, come del resto dimostrato dalla recente creazione della Procura europea, organismo senza precedenti a livello europeo, il cui perimetro di competenza è (almeno per ora) limitato al perseguimento dei reati contro gli interessi finanziari dell'UE, i quali – a dispetto del nome – sono in primo luogo interessi di rilievo nazionale la cui importanza è divenuta estrema anche alla luce del vasto piano europeo di ripresa volto a consentirci l'uscita dalla grave crisi determinata dalla pandemia da COVID-19.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.