CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 dicembre 2020
485.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 185

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 2 dicembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.35.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2020/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
Atto n. 201.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Sergio BATTELLI, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere sul provvedimento in titolo scade il prossimo 12 dicembre.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, illustra lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, adottato in attuazione dell'articolo 6 della legge Pag. 186n. 117 del 2019 (legge di delegazione europea 2018), rilevando in primo luogo che schema si propone di ovviare alle criticità rilevate con riguardo alla legge n. 69 del 2005, di attuazione della predetta decisione-quadro, e in particolare in relazione alla disciplina della procedura passiva di esecuzione del mandato di arresto europeo.
  In via preliminare rammenta che l'approvazione da parte del Consiglio della UE della decisione quadro 2002/584/GAI si inquadra nell'ambito delle iniziative dirette alla creazione di uno «spazio giudiziario di libertà, sicurezza e giustizia» (c.d. terzo pilastro) e costituisce una delle prime applicazioni del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie da parte degli Stati membri, affermato nella Convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000 sull'assistenza giudiziaria in materia penale.
  Evidenzia che la necessità del provvedimento trova giustificazione nella esigenza di superare ed eliminare la complessa e lunga procedura di estradizione, ritenuta inadeguata in relazione alla esistenza di uno spazio senza frontiere, caratterizzato da un alto livello di fiducia e di cooperazione reciproca tra gli Stati dell'Unione.
  Ricorda che già nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999 si invitavano gli Stati membri a fare del principio del reciproco riconoscimento il fondamento di un vero spazio giudiziario europeo, affermando espressamente – per la prima volta – che «la procedura formale di estradizione deve essere abolita tra gli Stati membri, per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate definitivamente, ed essere sostituita dal semplice trasferimento di tali persone in conformità con l'articolo 6 del Trattato».
  In questo ambito si iscrive la decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, nella cui premessa (considerando n. 5) si afferma che «un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell'esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all'azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione».
  Secondo tale modello, la cooperazione giudiziaria nell'ambito dei paesi aderenti all'Unione si deve fondare sulla libera circolazione, in un clima di reciproca fiducia, dei provvedimenti emanati dall'autorità giudiziaria competente in conformità alla propria legislazione, costituenti titoli idonei a produrre effetti anche nel territorio di Stati diversi da quello nel quale sono stati adottati.
  In applicazione di tale principio, eliminata la fase politico-amministrativa che caratterizzava la disciplina sull'estradizione, l'esecuzione del mandato di arresto avviene attraverso contatti diretti tra le autorità giudiziarie nazionali, individuate sulla base degli ordinamenti statali. Il mandato di arresto europeo costituisce (considerando 6) la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco alla base della cooperazione giudiziaria in ambito UE.
  Osserva che non vi è ora più motivo di distinguere tra la richiesta di detenzione provvisoria e la richiesta di estradizione, come previsto sotto il regime della Convenzione di estradizione del 1957, in quanto oltre alle caratteristiche classiche di un mandato di arresto (ricerca, cattura, detenzione provvisoria), il mandato europeo vale come richiesta di consegna alla autorità dello Stato che ha emesso il provvedimento. Tali previsioni consentono di snellire la procedura di esecuzione del mandato e di ridurre i tempi di attuazione della richiesta.
  Il mandato d'arresto europeo mira pertanto a sostituirsi al sistema di estradizione, imponendo ad ogni autorità giudiziaria nazionale (autorità giudiziaria dell'esecuzione) di riconoscere, dopo controlli minimi, la domanda di consegna di una persona, formulata dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro (autorità giudiziaria emittente).
  La citata normativa in materia di estradizione è stata dunque espressamente sostituita, secondo quanto previsto dall'art. 31 della decisione, dalle disposizioni della decisione stessa a far data dal 1° gennaio Pag. 1872004, fermo restando la possibilità di conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che snelliscano ulteriormente la procedura.
  Per quel che riguarda, nello specifico, i principali profili della decisione quadro, sottolinea anzitutto che il provvedimento fissa i principi generali secondo cui uno Stato membro esegue sul proprio territorio un mandato europeo di arresto emesso da una autorità giudiziaria di un altro Stato. Il mandato d'arresto europeo viene definito come una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell'arresto o della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell'esercizio di un'azione penale o dell'esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà. Ricordo che il campo di applicazione del mandato d'arresto europeo è delimitato dall'articolo 2 che ne prevede l'emissione: a seguito di condanna definitiva a pena detentiva o misura di sicurezza non inferiore a 4 mesi; per reati puniti nello Stato membro emittente con una pena detentiva o una misura di sicurezza non inferiore a 12 mesi.
  Ricorda peraltro che la decisione quadro prevede un elenco di 32 reati (partecipazione ad organizzazioni criminali, terrorismo, tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale di minori e pornografia infantile, traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi, corruzione, frode agli interessi finanziari delle comunità europee, riciclaggio, crimini contro l'ambiente, falsificazione di monete, criminalità informatica, dirottamento aereo, ecc.) per i quali non è necessario il requisito della cd. doppia incriminazione, ossia la garanzia per il soggetto passivo che il fatto sia previsto come reato tanto nello Stato richiedente, quanto nel paese dell'esecuzione. Condizione ulteriore per la consegna in base al mandato d'arresto europeo è, comunque, che nello Stato membro emittente il massimo della pena e della misura di sicurezza detentiva previste per tali reati sia pari o superiore a 3 anni.
  Per reati diversi da quelli elencati è, invece, necessario ai fini della consegna il rispetto del requisito della doppia incriminazione.
  La procedura per l'applicazione del mandato opera essenzialmente tra le rispettive autorità giudiziarie nazionali; osserva che proprio tale aspetto costituisce una delle novità di maggior rilievo, risultando pressoché eliminata la fase politica e amministrativa che caratterizza la procedura di estradizione.
  Gli Stati membri designano le autorità giudiziarie nazionali competenti all'emissione e all'esecuzione dei mandati d'arresto europei, potendo inoltre individuare autorità centrali incaricate di fornire assistenza alle citate magistrature emittenti o dell'esecuzione, ovvero affidando direttamente alle stesse autorità centrali la trasmissione e la ricezione dei mandati d'arresto europei e la corrispondenza ad essi relativa.
  Rammenta inoltre che l'applicazione pratica del mandato di arresto europeo è stata oggetto di un'approfondita attività di revisione inter pares tra gli Stati membri, cui la Commissione ha preso parte in veste di osservatore, durante il quarto ciclo di valutazioni reciproche terminato nell'aprile 2009. All'esito di tali attività il gruppo di esperti all'uopo nominato ha elaborato un articolato rapporto, in cui sono stati puntualmente posti in risalto una serie di elementi di discrasia fra la legislazione di attuazione e la decisione quadro. Il rapporto si conclude «esortando fermamente l'Italia a conformare la legge di attuazione alla decisione quadro». Nel febbraio 2014, inoltre, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione volta a sollecitare un riesame della decisione quadro.
  Evidenzia che, pur avendo deciso di non dare seguito a tale sollecitazione, la Commissione europea ha di recente proceduto ad un nuovo esame delle problematiche inerenti all'attuazione di detto strumento nell'ulteriore Relazione trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio lo scorso luglio (Relazione 2 luglio 2020 (COM(2020) 270), in cui, nel rilevare che in alcuni Stati membri «il livello di attuazione della decisione quadro non è ancora soddisfacente», ha ripetutamente sottolineato che adotterà «ogni misura idonea a garantire la conformità alla direttiva quadro in tutta l'Unione europea, incluso, laddove necessario, Pag. 188 l'avvio delle procedure di infrazione a norma dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea».
  Sottolinea che lo schema in esame è stato pertanto predisposto tenendo conto dei rilievi contenuti in questi documenti.
  Chiarisce in particolare che il provvedimento, che si compone di 24 articoli, è stato predisposto, tenendo conto – come precisa la relazione illustrativa – delle raccomandazioni formulate nel rapporto sull'Italia 2009 e delle risultanze della successiva Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della decisione quadro e si propone di ovviare sostanzialmente alle criticità rilevate con riguardo alla legge n. 69 del 2005 (di implementazione interna della decisione quadro) ed in particolare in relazione alla disciplina della procedura passiva di esecuzione del mandato di arresto europeo.
  Descrivendo quindi, nello specifico, il provvedimento in esame, evidenzia che esso, dopo aver definito meglio il rapporto tra disposizioni di principio e le garanzie costituzionali (articoli 1 e 2), apporta una serie di modifiche alle disposizioni della legge n. 69 del 2005 che impongono – secondo quanto previsto nell'ambito delle procedure estradizionali (ma non in linea con quanto richiesto dalla decisione quadro) – alle Autorità giudiziarie dello Stato di emissione l'invio di provvedimenti e atti ulteriori rispetto al mandato di arresto europeo (modifiche apportate dallo schema agli articoli 3, 6, 7 e 8 della legge n. 69 in relazione al regime delle acquisizioni documentali di supporto).
  Aggiunge che il provvedimento interviene al fine di dare piena esecuzione al principio del mutuo riconoscimento, sulla disciplina relativa ai casi di esclusione della verifica della doppia punibilità (modifiche apportate agli articoli 4, 5 e 20) e sui motivi di rifiuto (obbligatorio o facoltativo) dell'esecuzione del mandato di arresto (modifiche apportate dallo schema agli articoli 3, 12, 13, 14 e 15).
  Lo schema reca altresì alcune disposizioni in tema di convalida del mandato, consenso alla consegna e informazioni e accertamenti integrativi (articoli 9, 10 e 11), nonché ridefinisce la tempistica della procedura passiva di esecuzione del mandato, intervenendo anche sulla disciplina dei termini e sulle conseguenze della loro inosservanza sulla disciplina cautelare (modifiche apportate agli articoli 6, 12, 16, 17, 18, 19 e 22).
  Ricorda infine che, in attuazione di uno specifico criterio di delega, lo schema di decreto modifica la legge n. 69 al fine di superare i contrasti giurisprudenziali relativi all'applicazione dell'articolo 31 della decisione quadro con riguardo alle «Relazioni con gli altri strumenti giuridici» (modifiche apportate dallo schema all'articolo 1, lettera d), della legge n. 69).
  In conclusione, considerato che attraverso l'adozione del decreto legislativo in esame potrà essere perfezionato uno strumento importante ampiamente utilizzato nella cooperazione giudiziaria in materia penale nell'UE, e che al contempo potranno essere prevenute eventuali procedure di infrazione a norma dell'articolo 258 del TFUE – la cui attivazione è stata evocata dalla Commissione nella citata Relazione del 2 luglio 2020 e che sono rese possibili dalla scadenza del periodo transitorio previsto dal trattato di Lisbona anche per gli atti dell'ex terzo pilastro dell'Unione europea (giustizia e affari interni) – preannuncia, non ravvisando profili di criticità quanto al rispetto dell'ordinamento europeo, la presentazione di una proposta di parere favorevole.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea – «EPPO».
Atto n. 204.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

Pag. 189

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Sergio BATTELLI, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere sul provvedimento in titolo scade il prossimo 12 dicembre.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, illustra lo schema di decreto legislativo in esame, predisposto in attuazione dell'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018 (della legge n. 117 del 2019), recante le disposizioni necessarie ad assicurare la migliore implementazione del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea «EPPO».
  Rammenta che il termine per l'esercizio della delega, in base al coordinato disposto dell'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018, dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 27 del 2020 e dell'articolo 31, comma 3, della legge n. 234 del 2012, è fissato al 2 febbraio 2021, mentre il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione è previsto al 12 dicembre 2020.
  Ricorda preliminarmente che il citato regolamento, entrato in vigore il 20 novembre 2017, prevede l'istituzione dell'ufficio del procuratore europeo («EPPO»), con sede in Lussemburgo, competente ad indagare ed a perseguire dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, e secondo le rispettive regole processuali: i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, come definiti dalla direttiva (UE) 2017/1971 (cosiddetta direttiva PIF); i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione e i reati indissolubilmente connessi ad una delle fattispecie prima menzionate.
  L'EPPO è dunque un organo dell'Unione indivisibile che opera come un ufficio unico, organizzato a livello centrale e a livello decentrato. In particolare, compongono la procura europea, a livello centrale, il procuratore capo europeo (PCE) e i procuratori europei (PE), uno per ogni Stato membro – oltre al collegio, alle camere permanenti e al direttore amministrativo – e, a livello decentrato, i procuratori europei delegati (PED) aventi sede negli Stati membri. Come stabilito dal regolamento, il procuratore capo europeo (PCE) – nominato per un mandato non rinnovabile di sette anni – è al vertice dell'EPPO, ne organizza il lavoro e ne dirige le sue attività, oltre a rappresentare la procura europea dinanzi alle istituzioni dell'Unione e degli Stati membri, mentre i procuratori europei – la cui nomina non è rinnovabile – supervisionano le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i procuratori europei delegati incaricati del caso nel rispettivo Stato membro di origine. I procuratori europei delegati (PED) sono coloro che conducono in concreto le indagini, che saranno svolte essenzialmente a livello decentrato, a partire dalla iscrizione della notizia di reato.
  Con riguardo alle tappe della costituzione dell'EPPO, ricorda che il 14 ottobre 2019 il Consiglio europeo ha approvato la nomina a primo procuratore capo europeo di Laura Codruţa Kövesi, che esercitava il ruolo di procuratore nell'Ufficio del Procuratore presso l'Alta Corte di cassazione della Romania. Il 27 luglio 2020 il Consiglio ha inoltre nominato i 22 procuratori centrali che comporranno l'ufficio centrale della nuova istituzione europea; per l'Italia è stato nominato – a conclusione della procedura di designazione prevista da una disciplina transitoria – il pubblico ministero Danilo Ceccarelli, ex sostituto procuratore a Imperia con un'esperienza pluriennale in Kosovo come international prosecutor nella missione europea Eulex.
  Segnala, infine, che l'EPPO assumerà i compiti di indagine e azione penale ad essa conferiti dal regolamento a una data che sarà stabilita con decisione della Commissione, su proposta del procuratore capo europeo una volta che la struttura sarà costituita.
  Per quanto riguarda il contenuto dello schema in esame, rammenta che esso è adottato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018 e gli obblighi ivi previsti di adeguamento riguardano l'armonizzazione Pag. 190del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e le relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione.
  Illustra quindi, più in dettaglio, il testo in esame che si compone di 20 articoli.
  L'articolo 1 definisce l'oggetto del provvedimento, volto ad adattare l'ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del citato regolamento (UE) 2017/1939 relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO»), mentre l'articolo 2, in coerenza con la lettera a) dell'articolo 4 della legge di delega, indica il Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente a designare i tre candidati all'incarico di procuratore europeo ai fini della nomina da parte del Consiglio dell'Unione, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento, e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione.
  L'articolo 3 interviene in materia di collocamento fuori ruolo e al trattamento economico del procuratore europeo, mentre l'articolo 4 individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi. La disposizione contiene inoltre la disciplina procedurale per la formulazione della proposta di accordo, prevedendo il concerto del Consiglio superiore della magistratura. Quest'ultimo, ai sensi dell'articolo 5, è indicato quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato, e i provvedimenti conseguenti alla loro nomina sono disciplinati dall'articolo 6.
  I restanti articoli dello schema recano disposizioni puntuali relative al trattamento economico e al regime contributivo dei procuratori europei delegati (articolo 7), all'inclusione dei procuratori europei delegati nella tabella costituente il ruolo organico della magistratura ordinaria (articolo 8), ai poteri dei procuratori europei delegati e del procuratore europeo (articolo 9), alle sedi e alle valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati (articoli 10 e 11), alla comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati (articolo 12) e ai procedimenti disciplinari nei confronti degli stessi (articolo 13), alla comunicazione alla Procura europea delle denunce di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio (articolo 14), alle disposizioni in materia di mandato di arresto europeo (articolo 15), ai contrasti di competenza (articolo 16), alle misure di indagine relative alle intercettazioni di conversazioni e alle consegne controllate di merci (articolo 17), all'autorità competente ai sensi degli articoli 25 e 34 del regolamento e all'assunzione di procedimenti della Procura europea (articoli 18 e 19) e, infine, alle disposizioni finanziarie (articolo 20).
  Segnala, inoltre, che il Governo ha ritenuto di non dover esercitare la delega con riferimento alle lettere l), m), n) ed o) dell'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018, in quanto la loro attuazione si sarebbe risolta in una duplicazione di disposizioni del regolamento europeo, per definizione direttamente applicabile negli Stati membri senza necessità di norme di adeguamento.
  Preannunciando di non aver ravvisato nello schema in esame incompatibilità con il regolamento (UE) 2017/1939, né con l'articolo 4 della legge di delegazione europea 2018, si riserva comunque di formulare una proposta di parere in esito al dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1129, relativo al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di titoli in un mercato regolamentato, e che abroga la direttiva 2003/71/CE, Pag. 191e alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1131, sui fondi comuni monetari.
Atto n. 203.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Sergio BATTELLI, presidente, rammenta che al pari dei provvedimenti precedentemente esaminati anche il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto legislativo in titolo scade il prossimo 12 dicembre.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame, predisposto in forza di due deleghe legislative contenute agli articoli 9 e 10 della legge di delegazione europea 2018 (legge n. 117 del 2019), reca disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni di due regolamenti: il regolamento (UE) 2017/1129, relativo al prospetto sui titoli, e il regolamento (UE) 2017/1131, sui fondi comuni monetari (FCM). Il termine per l'esercizio della delega è previsto per il 2 febbraio 2021, mentre il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione è fissato al 12 dicembre 2020.
  Rammenta preliminarmente che il primo atto europeo oggetto del provvedimento, il regolamento (UE) 2017/1129 sul prospetto, che ha sostituito la direttiva 2003/71/CE, dispone l'obbligo, in capo agli emittenti di titoli, dell'elaborazione di un prospetto da pubblicare in relazione all'offerta pubblica o all'ammissione alla negoziazione di titoli (azioni e obbligazioni) in un mercato regolamentato, che deve essere trasmesso dalle imprese emittenti ai propri investitori. Il prospetto è un documento che contiene tutte le informazioni su una determinata società e sugli strumenti finanziari oggetto di offerta, che consentono agli investitori di compiere scelte di investimento consapevoli. La riforma nasce dall'esigenza di contenere gli oneri per le imprese, in particolare piccole e medie – PMI, connessi al rispetto degli obblighi di tale disciplina, garantendo al contempo che gli investitori siano adeguatamente informati sui prodotti in cui stanno investendo.
  Il regolamento (UE) 2017/1129 mira inoltre a contribuire a ridurre la frammentazione dei mercati finanziari, diversificare le fonti di finanziamento, rafforzare i flussi di capitale transfrontalieri e agevolare la raccolta sui mercati. La scelta di sostituire la direttiva con un regolamento deriva dalla constatazione che vi è stata un'applicazione eterogenea in alcuni Stati membri della normativa sul prospetto, con conseguenti oneri aggiuntivi per le imprese.
  Per quanto riguarda il secondo regolamento, (UE) 2019/1131, relativo ai fondi comuni monetari (FCM), ricorda inoltre che esso è finalizzato ad assicurare maggiore stabilità al mercato di tali fondi, a fronte dei possibili squilibri o turbolenze come quelli verificatisi nella crisi finanziaria degli anni 2007/2008, stabilendo norme uniformi sui requisiti prudenziali, di liquidità, di governance e di trasparenza per i gestori fondi stessi.
  Sottolinea che i fondi comuni monetari costituiscono un'importante fonte di finanziamento a breve termine per le società, rappresentando il 22 per cento dei titoli di debito a breve termine emessi da amministrazioni o società e il 38 per cento di quelli emessi dal settore bancario. D'altra parte, sono anche uno strumento conveniente per gli investitori, grazie all'accesso istantaneo alla liquidità e al loro valore relativamente stabile.
  Quanto alle disposizioni contenute nel provvedimento, ricorda che esso si compone di 7 articoli, il primo dei quali inserisce, nel Testo unico della finanza (TUF), la definizione dei fondi comuni monetari (FCM) e individua la Banca d'Italia e la Consob quali autorità nazionali competenti ai fini della vigilanza sulle disposizioni recate dal Regolamento sui FCM, attribuendo alle stesse i necessari poteri, nel rispetto delle relative competenze e finalità di vigilanza. Viene inoltre integrato nell'articolo 4-undecies del TUF, che disciplina l'istituto del whistleblowing, il riferimento alla segnalazione Pag. 192 delle violazioni di norme previste dal Regolamento sul prospetto.
  L'articolo 2 modifica la disciplina degli intermediari contenuta nella Parte II del TUF, con particolare riferimento alle norme sulla revisione legale, chiarendo che il giudizio sul rendiconto rilasciato dal soggetto già incaricato della revisione legale dell'intermediario è circoscritto ai fondi di diritto italiano, anche ove gli stessi siano gestiti da soggetti esteri.
  L'articolo 3 modifica la disciplina degli emittenti di strumenti finanziari per garantire la piena attuazione del Regolamento sul prospetto. In particolare, in considerazione della diretta applicabilità delle norme del regolamento, vengono adeguate le definizioni, le regole relative all'offerta al pubblico e all'ammissione alla negoziazione di titoli. Al contempo viene rivista, in analogia con le novità previste per i titoli, la disciplina dei prodotti finanziari diversi da questi. In particolare, segnalo il nuovo articolo 94 del TUF, che attua l'articolo 11 del regolamento europeo, il quale disciplina la responsabilità per la veridicità delle informazioni contenute nel prospetto, disponendo che l'emittente o l'offerente – a seconda dei casi, ovvero offerta di sottoscrizione o vendita –, nonché l'eventuale garante e le persone responsabili di talune parti delle informazioni contenute nel prospetto rispondono, queste ultime limitatamente a tali parti, dei danni subiti dall'investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni contenute nel prospetto, a meno che non provino di aver adottato ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso. Con il medesimo articolo 3 vengono inoltre identificati i poteri che la Consob può esercitare per garantire il rispetto della normativa e le deleghe alla regolamentazione secondaria che la stessa dovrà emanare per disciplinare specifici aspetti della disciplina.
  L'articolo 4 adegua l'impianto sanzionatorio del TUF al regime sanzionatorio previsto dal Regolamento sul prospetto, mentre il Regolamento sui FCM non prevede sanzioni ulteriori rispetto a quelle già previste.
  L'articolo 5 integra il decreto legislativo n. 39 del 2010, inserendo tutti i fondi comuni di investimento italiani nell'ambito della categoria degli enti sottoposti a regime intermedio, per dare compiuta attuazione alle modifiche in materia di revisione legale previste dall'articolo 2.
  L'articolo 6 reca il termine di centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto per l'adeguamento, da parte della Consob, dei suoi regolamenti alle disposizioni del decreto.
  L'articolo 7 reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria.
  Osserva in conclusione che il provvedimento, consentendo la piena applicazione del regolamento (UE) 2017/1129, relativo al prospetto sui titoli, e del regolamento (UE) 2017/1131, sui fondi comuni monetari (FCM), non sembra presentare profili di criticità con riferimento al rispetto della normativa comunitaria. Si riserva comunque di formulare una proposta di parere in esito al dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/821, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio.
Atto n. 207.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Sergio BATTELLI, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere scade il prossimo 12 dicembre.

Pag. 193

  Filippo SCERRA (M5S), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame, predisposto in attuazione della delega prevista all'articolo 21 della legge di delegazione europea 2018 (legge n. 117 del 2019), provvede ad adeguare la normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/821 che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di minerali da zone di conflitto o ad alto rischio. Tale regolamento risponde all'impegno dei Paesi dell'Unione ad interrompere il nesso tra conflitti in corso in determinate aree e sfruttamento illecito dei minerali presenti in tali zone, onde evitare gravi violazioni dei diritti umani, coinvolgendo in questo processo gli importatori di minerali, che sono chiamati a una maggiore responsabilizzazione e ad effettuare controlli e adottare misure per garantire un approvvigionamento di minerali libero da utilizzi illeciti.
  Richiama le premesse al regolamento le quali ricordano alcune tipologie di frequenti violazioni dei diritti umani, quali il lavoro minorile, la scomparsa di persone, il trasferimento forzato e la distruzione di luoghi di rilevanza spirituale o culturale. Nelle stesse premesse viene inoltre sottolineato che sono spesso violati i diritti delle donne, essendo frequenti i casi di violenze sessuali, nonché di stupri di massa usati come strategia deliberata per l'intimidazione e il controllo delle popolazioni locali.
  A fronte di tale contesto, il regolamento istituisce, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, un sistema basato sul dovere di diligenza (due diligence) nella catena di approvvigionamento, per gli importatori dell'Unione di taluni minerali e dell'oro, imponendo a tali soggetti obblighi diretti ad una maggiore consapevolezza e responsabilità nelle operazioni economiche collegate a regioni instabili del mondo, al fine di ridurre le possibilità per i gruppi armati e le forze di sicurezza di imporre sfruttamenti e violenze nel praticare il commercio di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro.
  Sottolinea in particolare che gli importatori europei di minerali e metalli devono: adottare e comunicare con chiarezza ai fornitori e al pubblico informazioni aggiornate sulla propria strategia di approvvigionamento, integrandola con i principi già contenuti in materia nelle Linee guida adottate dall'OCSE nel 2003 sul dovere di diligenza; affidare ad alti dirigenti, se l'importatore non è persona fisica, l'incarico di sorvegliare il processo e di conservare i relativi documenti per almeno cinque anni; rafforzare le proprie relazioni con i fornitori; istituire un meccanismo di trattamento dei reclami come sistema di allarme precoce, agevolando il ricorso a esperti o a organismi esterni, quali i mediatori.
  Gli importatori devono quindi individuare e valutare i rischi di effetti negativi sulla loro catena di approvvigionamento minerario, conformemente alle Linee guida dell'OCSE, nonché prevedere la possibilità di risolvere il contratto con un fornitore dopo il fallimento dei tentativi di riduzione di tali rischi. Il regolamento prevede anche la sospensione temporanea degli scambi commerciali nel corso dell'applicazione delle misure di riduzione del rischio.
  Agli Stati membri è invece fatto obbligo di designare una o più autorità competenti responsabili dell'applicazione del regolamento, con il compito di garantire l'applicazione uniforme delle disposizioni da parte degli importatori, svolgendo adeguati controlli ex post, e di assicurare una cooperazione ed uno scambio di informazioni con le autorità competenti di altri Stati membri e con la Commissione europea, sulle questioni riguardanti il dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento e i controlli ex post effettuati, le carenze riscontrate nell'ambito dei controlli e le norme applicabili in caso di infrazione.
  Ciò premesso, rammenta che dall'entrata in vigore del citato Regolamento, avvenuta l'8 giugno 2017, gli Stati membri sono tenuti a dare attuazione in particolare alla disposizione di cui all'articolo 10 del medesimo regolamento, relativa all'individuazione dell'autorità responsabile, nonché all'articolo 14, paragrafo 1, per la disciplina dei casi di infrazione.
  Quanto all'Italia, ricorda che il Governo ha inteso dare attuazione al predetto articolo Pag. 194 10 mediante la legge di delegazione europea 2018, in particolare prevedendo all'articolo 21 la designazione del Ministero dello Sviluppo economico quale Autorità nazionale competente ai fini dell'attuazione del regolamento; lo stesso articolo 21 ha stabilito principi e criteri direttivi specifici di delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento in base ai quali è stato predisposto il provvedimento in titolo.
  Illustra quindi, più in dettaglio, il testo in esame che si compone di 10 articoli.
  L'articolo 1 concerne l'oggetto e l'ambito di applicazione del provvedimento, relativo appunto alla disciplina per l'adeguamento della normativa nazionale agli obblighi stabiliti dal regolamento in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione (tra cui si annoverano anche le fonderie e le raffinerie) di stagno, tantalio, tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto e ad alto rischio, in base alle definizioni contenute dal regolamento.
  L'articolo 2 prevede, come accennato, la designazione del Ministero dello sviluppo economico quale Autorità nazionale competente ad assicurare l'applicazione effettiva e uniforme del regolamento e a svolgere i compiti e le funzioni previste dagli articoli 3, 10, 11, 12, 13 e 16 dello stesso.
  L'articolo 3 stabilisce i predetti compiti in qualità di autorità competente, disponendo tra l'altro che l'Autorità nazionale partecipi ai lavori presso la Commissione europea, in particolare al gruppo di esperti e al Comitato di cui all'articolo 15 del regolamento, e presso le organizzazioni internazionali, in particolare l'OCSE; tali attività sono svolte dal MISE di concerto con il MAECI.
  L'articolo 4 richiama gli obblighi di dovuta diligenza degli importatori, previsti dagli articoli da 4 a 7 del regolamento, che si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2021; gli importatori hanno l'obbligo di fornire le informazioni richieste dall'Autorità relativamente al regime dagli stessi adottato in riferimento al dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento di minerali e metalli da zone di conflitto previsto dal regolamento.
  L'articolo 5 disciplina lo svolgimento dei controlli ex post sugli importatori con un volume di importazione superiore alla soglia annua indicata nel regolamento, mentre l'articolo 6 stabilisce le misure correttive in caso di infrazioni al regolamento e l'articolo 7 le relative sanzioni amministrative.
  L'articolo 8 prevede l'istituzione, presso il Mise e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, del Comitato per il coordinamento delle attività proprie dell'Autorità competente.
  L'articolo 9 stabilisce i compiti dell'Autorità in materia di cooperazione e scambio di informazioni, prevedendo che l'Autorità scambi informazioni con la Commissione europea, con le Autorità doganali e le Autorità competenti degli Stati membri, in conformità con l'articolo 13 del Regolamento.
  Infine, l'articolo 10 disciplina la copertura degli oneri finanziari, autorizzando la spesa di 500 mila euro annui a decorrere dal 2021, attingendo al Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012 e al 50 per cento dei proventi derivanti dall'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 7.
  In conclusione, osserva che il provvedimento non presenta profili di criticità in ordine alla compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea, consentendo la piena applicazione del regolamento (UE) 2017/821. Rileva peraltro che ai fini di una maggiore efficacia nella salvaguardia delle popolazioni dei paesi a rischio di sfruttamento illecito dei minerali, nonché ai fini di una maggiore tutela della concorrenza delle imprese europee rispetto a quelle di Paesi terzi, potrebbe essere valutata l'opportunità di prevedere l'estensione dell'applicazione della disciplina europea in materia di doveri di diligenza anche alle importazioni dei semilavorati prodotti in Stati terzi mediante minerali e metalli provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio, ciò al fine di evitare che la normativa europea possa essere elusa. Si riserva pertanto Pag. 195 di presentare, in esito al dibattito in Commissione, una proposta di parere che possa tenere conto anche di tale circostanza.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (LEGA) dichiara che il suo gruppo segue con attenzione l'esame dell'atto in discussione, ritenendo preferibile includere nell'applicazione del principio del dovere di diligenza non solo i prodotti grezzi o semilavorati ma a tutte le merci realizzate con i metalli oggetto del regolamento europeo, anche al fine di scongiurare tentativi di aggiramento dei divieti posti da tale atto. Ricorda, infatti, che alcuni Paesi, in particolare nell'area del sud-est asiatico, come ad esempio la Cina, non rispettano pienamente i diritti dei lavoratori, non permettono la libertà sindacale e tollerano il lavoro minorile. Si riserva pertanto di presentare una proposta di parere alternativo.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.