CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 ottobre 2020
459.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 187

SEDE REFERENTE

  Martedì 27 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per gli affari europei, Laura Agea.

  La seduta comincia alle 14.05.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019-2020.
C. 2670 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Angela IANARO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame del disegno di legge europea 2019-2020, presentato alla Camera dei deputati il 21 settembre 2020, in base alle disposizioni di cui alla legge n. 234 del 2012 sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  Informa che il testo è stato trasmesso prima dell'espressione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, avvalendosi della procedura di urgenza prevista dall'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 281 del 1997. Segnala, peraltro, che la suddetta Conferenza permanente, convocata in sessione europea nella seduta dell'8 ottobre 2020, ha in quella sede espresso il proprio parere favorevole sul testo, senza formulare osservazioni.
  Ricorda che la legge europea è uno dei due provvedimenti che compongono la cosiddetta sessione europea, volta a recepire Pag. 188gli atti normativi dell'Unione europea nell'ordinamento italiano. La legge n. 234 prevede che essa, quale provvedimento immediatamente efficace nell'ordinamento giuridico, rechi essenzialmente disposizioni che modifichino o abroghino leggi dello Stato italiano che contrastano con il diritto dell'Unione europea, che siano oggetto di procedure di infrazione ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea o che siano necessarie per dare altrimenti diretta attuazione del diritto dell'Unione europea e ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione medesima.
  Fa presente che il disegno di legge europea 2019-2020 contiene 34 articoli (suddivisi in 9 capi), che, intervenendo in diversi ambiti, modificano o integrano disposizioni vigenti dell'ordinamento nazionale, per adeguarne i contenuti al diritto europeo.
  Esso contiene disposizioni aventi natura eterogenea, che intervengono nei seguenti settori: libera circolazione di persone, beni e servizi e merci (capo I, articoli 1-10); spazio di libertà, sicurezza e giustizia (capo II, articoli 11-15); fiscalità, dogane e ravvicinamento delle legislazioni (capo III, articoli 16-18); affari economici e monetari (capo IV, articoli 19-21); sanità (capo V, articoli 22-24); protezione dei consumatori (capo VI, articoli 25-27); ambiente (capo VII, articolo 28); energia (capo VIII, articolo 29). Ulteriori disposizioni, contenute nel Capo IX, riguardano il Comitato interministeriale per gli affari europei (articolo 30); il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea (articolo 31); il rafforzamento delle strutture del MEF preposte alle attività di gestione, monitoraggio e controllo degli interventi UE per il periodo di programmazione 2021/2027 (articolo 32); il versamento delle risorse proprie dell'Unione europea (articolo 33). Completa il disegno di legge l'articolo 34, che reca la clausola di invarianza finanziaria.
  Evidenzia che con il disegno di legge in esame s'intende, in primo luogo, agevolare la chiusura di 10 procedure d'infrazione. Segnala, al riguardo, che con la Legge europea 2018 (legge 3 maggio 2019, n. 37) sono state affrontate 10 procedure avviate nei confronti dell'Italia – tra cui 6 procedure di infrazione e 4 casi di pre-contenzioso (EU Pilot) – e che residuano ancora numerose procedure di pre-contenzioso e di contenzioso che impongono la necessità di adottare in tempi brevi norme che consentano di adempiere agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione, compiendo un ulteriore sforzo per ridurre il numero delle procedure di infrazione. Rammenta, in particolare, che ad oggi le procedure di infrazione aperte a carico dell'Italia risultano pari a 93 (69 per violazione del diritto dell'Unione e 24 per mancato recepimento di direttive). Tra i settori più interessati figurano: ambiente, fiscalità e dogane, trasporti, energia, concorrenza e aiuti di Stato e giustizia.
  Evidenzia altresì che con il disegno di legge in esame il Governo intende, agevolare la chiusura di un EU Pilot, sullo smaltimento degli sfalci e delle potature, e di un caso ARES, avviato per mancata attuazione di una direttiva relativa all'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione.
  Segnala in ultimo che il disegno di legge è volto, inoltre, ad attuare dodici regolamenti europei, garantire la corretta attuazione di cinque direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, assicurare la corretta attuazione di una sentenza pregiudiziale della Corte di Giustizia UE in materia di inammissibilità delle domande di protezione internazionale, nonché a recepire la rettifica di una direttiva in materia di etichettatura dei succhi di frutta ed altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana.
  Rinviando alla documentazione predisposta dagli uffici per una disamina dettagliata delle norme introdotte dal disegno di legge, passa ad illustrare una sintesi del loro contenuto.
  L'articolo 1 reca disposizioni volte a contrastare le discriminazioni basate sulla nazionalità dei lavoratori che intendono agevolare la chiusura del caso ARES (2019)1602365, nell'ambito del quale, nel Pag. 189marzo 2019, la Commissione europea ha chiesto all'Italia informazioni in merito ad alcune specifiche questioni concernenti il recepimento della direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione. Le disposizioni in esame attribuiscono quindi espressamente all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) il compito di occuparsi della promozione della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, fondate anche sulla nazionalità, nei confronti dei lavoratori che esercitano il diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione europea e ne enunciano i compiti che conseguentemente gli restano ascritti.
  Segnala in particolare che l'articolo prevede una serie di modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, di «attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», finalizzate ad estenderne l'ambito di applicazione per contrastare non solo le discriminazioni basate sulla razza e sull'origine etnica, ma anche quelle basate sulla cittadinanza dei lavoratori; inoltre, esso dispone talune modifiche alla legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), nonché l'integrazione di ulteriori tre unità del contingente di personale dell'UNAR.
  Più in dettaglio, evidenzia che il comma 1 reca alcune novelle al citato decreto legislativo n. 216/2003, tra cui la più significativa è diretta ad attribuire espressamente all'UNAR il compito di occuparsi della promozione della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni fondate anche sulla nazionalità nei confronti dei lavoratori che esercitano il diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione europea.
  L'Ufficio, pertanto, viene chiamato ad espletare i seguenti principali compiti: presta o assicura l'assistenza indipendente, giuridica e/o di altra natura, ai lavoratori dell'Unione ed ai loro familiari, fatti salvi i loro diritti e i diritti delle associazioni, delle organizzazioni preposte alla tutela dei loro diritti secondo l'ordinamento italiano; funge da punto di contatto nei confronti di punti di contatto equivalenti in altri Stati membri al fine di cooperare e scambiare informazioni utili; realizza o commissiona indagini e analisi indipendenti riguardo a restrizioni e ostacoli ingiustificati al diritto di libera circolazione o alla discriminazione in base alla nazionalità di lavoratori dell'Unione e loro familiari; assicura la pubblicazione di relazioni indipendenti e formulare raccomandazioni su ogni questione connessa a tali restrizioni e ostacoli a tale discriminazione; pubblica informazioni pertinenti sull'applicazione a livello nazionale delle norme dell'Unione sulla libera circolazione dei lavoratori.
  Ricorda che, come rilevato nella relazione illustrativa, tali disposizioni si sono rese necessarie a seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione europea, in risposta alla comunicazione italiana in cui si asseriva che la normativa italiana fosse conforme alla normativa europea e non vi fosse, quindi, necessità di recepimento. In particolare, la Commissione ha ritenuto non soddisfacente la risposta italiana secondo la quale l'UNAR, per occuparsi della rimozione delle discriminazioni basate sulla razza e sull'origine etnica, sarebbe già competente a svolgere attività di contrasto alle discriminazioni dei lavoratori fondate anche sulla nazionalità, nonché alla tutela, informazione ed assistenza degli stessi nelle sedi amministrative e giurisdizionali.
  Sottolinea che nella medesima prospettiva si colloca il comma 2, che novella l'articolo 15 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), avente ad oggetto gli atti discriminatori, nella cui casistica viene aggiunto appunto il divieto espresso di atti di discriminazione fondate sulla nazionalità.
  Segnala infine che l'articolo 1, comma 3, prevede, che entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge europea siano apportate le opportune modifiche al D.P.C.M. che reca le disposizioni di organizzazione dell'UNAR, al fine di integrare il contingente composto da personale appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio e di altre amministrazioni Pag. 190 pubbliche, collocato in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo, con ulteriori tre unità.
  L'articolo 2 reca disposizioni relative alle prestazioni sociali accessibili ai cittadini di Paesi terzi titolari di alcune categorie di permessi di soggiorno per lavoro, studio e ricerca, introducendo alcune novelle all'articolo 41 (relativo all'assistenza sociale) del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998), nonché su un novero di disposizioni speciali, relative a specifiche prestazioni sociali.
  Sottolinea che tale rivisitazione normativa trae impulso da una procedura d'infrazione (2019/2100) avviata dalla Commissione europea per non corretto recepimento di una disposizione della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consenta ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e ad un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. Della direttiva citata rileva qui, in particolare, l'articolo 12, relativo al «Diritto alla parità di trattamento» per i cittadini di Paesi terzi ammessi in uno Stato membro o per fini lavorativi o per fini diversi (in tale secondo caso, che siano titolari di un permesso di soggiorno e sia loro consentito di lavorare) e, segnatamente, il paragrafo 1, lettera e), che concerne i settori della sicurezza sociale (come definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004). La direttiva in proposito riconosce alle suddette categorie di cittadini di Paesi terzi il diritto a ricevere lo stesso trattamento riservato ai cittadini italiani per quanto riguarda le prestazioni di sicurezza sociale, seppur consentendo agli Stati membri alcune limitazioni alla parità di trattamento, le quali non valgono, tuttavia, a parere della Commissione europea, a legittimare il recepimento quale finora intervenuto.
  Ricorda in particolare che la Commissione solleva l'esigenza di uno specifico recepimento, ravvisando un «disallineamento» dell'articolo 41 del Testo unico rispetto alla citata lettera e) della direttiva, giacché quello prevede una durata minima del soggiorno (pari ad un anno) e fa riferimento alla «assistenza sociale», laddove invece la direttiva non prevede una durata minima e tratta di «sicurezza sociale».
  Conseguentemente, al fine di superare i rilievi sollevati in sede europea, il comma 1 dell'articolo 2 novella l'articolo 41 del Testo unico, riscrivendone il comma 1 e aggiungendo i commi 1-bis e 1-ter. Con la prima modifica l'espressione «carta di soggiorno» viene sostituita con «permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo» e, per quanto concerne i minori, viene introdotto il riferimento alla loro diretta titolarità del permesso di soggiorno. Inoltre, si precisa che il limite di durata di un anno del permesso di soggiorno dello straniero valga per permessi di soggiorni diversi da quelli oggetto dei commi 1-bis e 1-ter, introdotti come accennato dalla norma in esame.
  Evidenzia in particolare che il nuovo comma 1-bis dispone l'equiparazione ai cittadini italiani – ai fini della fruizione delle prestazioni costituenti diritti alle quali si applica il regolamento (CE) n. 883/2004 (dunque di «sicurezza sociale») – di una triplice categoria di stranieri: i titolari di permesso unico lavoro; i titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio, i quali svolgano un'attività lavorativa o l'abbiano svolta per un periodo non inferiore a sei mesi e abbiano dichiarato la loro immediata disponibilità allo svolgimento della stessa; i titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca. Il successivo nuovo comma 1-ter dell'articolo 41 del Testo unico verte invece sulla parità di trattamento in materia di prestazioni familiari e prevede che ai fini della fruizione di tali prestazioni siano equiparati ai cittadini italiani gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi e gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a sei mesi.
  Ricorda che per prestazione familiare si intendono – ai sensi del regolamento (CE) Pag. 191n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio – tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari (ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione, menzionati nell'allegato I della medesima direttiva). Segnala, inoltre, che la determinazione puntuale «in positivo» dei fruitori dei benefici implica la esclusione di coloro che non vi sono ricompresi e che risultano pertanto esclusi dagli stessi i soggiornanti per motivi di studio (avvalendosi della citata facoltà, consentita dall'articolo 12, par. 2, lettera b), della direttiva 2011/98/UE che si intende recepire, secondo cui gli Stati membri possono decidere che il paragrafo 1, lettera e), per quanto concerne i sussidi familiari, non si applichi ai cittadini di Paesi terzi che siano stati autorizzati a lavorare per un periodo non superiore a sei mesi o siano stati ammessi a scopo di studio o cui sia consentito lavorare in forza di un visto).
  Rileva che dal nuovo comma 1-ter introdotto entro l'articolo 41 del Testo unico dell'immigrazione si irradiano ulteriori novelle, incidenti su puntuali disposizioni di legge che costituiscono concretizzazione di singole prestazioni familiari. Così, si modifica la disposizione relativa all'assegno per nuclei familiari con almeno tre figli minori, sì da ricomprendere tra i fruitori gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, nonché gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a sei mesi.
  Di analogo segno e contenuto sono le novelle recate dal comma 3, relative all'assegno di maternità di base e all'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui, che incidono sugli articoli 74 e 75 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
  In particolare, ricorda che l'articolo 74 di tale Testo unico prevede che per ogni figlio nato (dal 1° gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data) sia concesso – qualora le risorse economiche del nucleo familiare non siano superiori ad una determinata soglia – un assegno di maternità alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno (e, quindi, a seguito della riformulazione operata dalla citata novella, di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; o carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea; o carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro). Sono ricompresi ora, per effetto della novella, altresì i soggetti di cui al citato comma 1-ter, introdotto nell'articolo 41 del Testo unico (ossia: stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi; gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a sei mesi). È infine parimenti modificato l'articolo 75 del Testo unico, avente ad oggetto l'assegno di maternità per lavori atipici e discontinui.
  Rileva che, analogamente, con il comma 4 viene ampliata negli stessi termini la platea dei destinatari dell'assegno di natalità (cd. «bonus bebè»), di cui alla legge n. 190 del 2014, introdotto al fine di incentivare la natalità.
  Segnala, infine, che il comma 5 dell'articolo reca l'incremento dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 355 della legge n. 232 del 2016, relativamente al pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. Tale incremento è di 2,4 milioni per il 2020 e di 12,8 milioni annui a decorrere dal 2021.
  L'articolo 3 interviene sulla disciplina della cooperazione tra gli Stati membri nel settore del riconoscimento delle qualifiche professionali, di cui al decreto legislativo n. 206 del 2007, per rispondere alle censure oggetto della procedura di infrazione 2018/2175. Segnala in particolare che la Pag. 192disposizione, per dare migliore attuazione all'articolo 57-ter della direttiva 2005/36/CE, modifica l'art. 6, comma 5-bis del citato decreto legislativo e sul quale era già intervenuta la legge europea 2018, al fine di specificare che il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio, in qualità di Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, deve prestare piena collaborazione ai centri di assistenza degli altri Stati membri: tanto a quelli degli Stati membri ospitanti il professionista italiano, quanto a quelli degli Stati membri di origine dei professionisti che vogliono esercitare in Italia.
  L'articolo 4 reca disposizioni in materia libera circolazione dei lavoratori, intervenendo anch'esso sul decreto legislativo n. 206 del 2007 di attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Evidenzia che le modifiche in tal caso si rendono necessarie in seguito alle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2018/2295, allo stadio di parere motivato ex articolo 258 TFUE. In primo luogo, si interviene al fine di ricomprendere, nell'ambito di applicazione della normativa interna sul riconoscimento delle qualifiche, i tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionale, non più solo dai cittadini italiani ma anche dai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti in Italia. Inoltre, nell'ambito della cooperazione amministrativa tra le autorità competenti al riconoscimento delle qualifiche nei diversi Stati membri, si limita ai casi di dubbio fondato la possibilità per le autorità italiane di verificare, presso lo Stato membro di origine, le informazioni fornite dal richiedente.
  In materia di libera prestazione di servizi e prestazioni occasionali e temporanee, si prevede anche nell'ordinamento italiano il divieto di esigere da un prestatore di servizio in via temporanea e occasionale un anno di esercizio della professione nello Stato d'origine, nel caso in cui la professione sia regolamentata nello Stato membro di stabilimento; si limita inoltre la possibilità di effettuare i controlli per verificare il carattere temporaneo ed occasionale dei servizi prestati su tutto il territorio nazionale ai soli casi in cui sussistano «motivati dubbi» ed è soppressa la disposizione che prevede la possibilità di richiedere ai prestatori, una volta l'anno, informazioni sui servizi effettivamente forniti sul territorio italiano. Con riferimento agli adempimenti per l'esercizio della prestazione di servizi temporanea e occasionale e con particolare riguardo alla dichiarazione preventiva in caso di spostamento del prestatore, si elimina l'obbligo, per il prestatore di servizi, di fornire informazioni sulla prestazione che intende svolgere. Circa la verifica preliminare delle qualifiche professionali del prestatore nei casi delle professioni regolamentate aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza o di sanità pubblica che non beneficiano del riconoscimento, si specifica che la verifica preventiva è possibile unicamente se è finalizzata a evitare danni gravi per la salute o la sicurezza del destinatario del servizio per la mancanza di qualifica professionale del prestatore e non va oltre quanto è necessario a tal fine.
  Segnala inoltre che l'articolo 4, al comma 1, lett. g), h) e i), apporta ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 206/2007, con riferimento, rispettivamente, all'attività professionale di ostetrica, alla formazione medica specialistica e formazione specifica in medicina generale.
  Evidenzia in particolare che si inserisce l'attività professionale di ostetrica (unica mancante) tra quelle indicate dalla norma relative a medico con formazione di medico di base e di medico specialista, infermiere responsabile dell'assistenza generale, odontoiatra, odontoiatra specialista, veterinario, farmacista, che hanno la possibilità di beneficiare del c.d. «regime dei diritti acquisiti», in base al quale può avvenire il riconoscimento automatico della professione, in virtù di un pregresso esercizio dell'attività di almeno tre anni. In secondo luogo, si modifica la disposizione del citato decreto legislativo riguardante la formazione medica specialistica e la denominazione di medico specialista, specificando Pag. 193che tale formazione comporta la partecipazione del personale medico in formazione specialistica alle attività e alle responsabilità relative ai servizi presso cui segue la formazione, per tutte le specializzazioni indicate nell'allegato del medesimo decreto legislativo. Inoltre, si recepisce la disposizione che specifica che la formazione si svolge a tempo pieno in luoghi appositi riconosciuti dalle autorità competenti. Quanto alla formazione specifica in medicina generale, si specifica il riferimento a tutti i requisiti per la formazione specifica in medicina generale e non solo agli aspetti inerenti alle modalità con cui si svolge il corso di formazione a tempo pieno.
  L'articolo 5 reca disposizioni in materia di professioni ippiche, finalizzate ad escludere dall'applicazione della direttiva 2013/55/UE sulle qualifiche professionali quelle di fantino, allenatore e guidatore di cavalli da corsa, ciò in quanto in base a un monitoraggio effettuato in merito alla mobilità degli operatori, le qualifiche professionali ippiche risultano già garantite nella loro libera circolazione in Europa da accordi internazionali di settore, applicati nei diversi Stati membri.
  Con riferimento all'articolo 6, evidenzia che esso trae origine da una procedura di infrazione (2018/2374, allo stadio di messa in mora), avviata dalla Commissione europea, in cui si eccepisce, tra l'altro, il mancato recepimento di due disposizioni della direttiva 2005/36/CE relativa alle qualifiche professionali e, in particolare, della norma che prevede che il punto di contatto unico garantisce l'accesso centralizzato online alle informazioni necessarie per svolgere in Italia una professione regolamentata, nonché della norma secondo la quale le procedure e le formalità relative all'accesso ad un'attività di servizio dovrebbero essere espletate con facilità, a distanza e per via elettronica, tramite il punto di contatto unico o le autorità competenti (articolo 57, paragrafi 2, 3 e 4, e articolo 57-bis, paragrafo 4, della citata direttiva). Al fine di recepire tali disposizioni, la norma in esame novella in due punti il decreto legislativo n. 206 del 2007, attuativo delle precedenti direttive in materia di qualifiche professionali.
  In primo luogo, si prevede che le procedure di riconoscimento delle qualifiche e dei tirocini professionali, nonché gli adempimenti richiesti al prestatore di servizi che si sposti per la prima volta da un altro Stato membro sul territorio nazionale, debbano potersi svolgere in via telematica attraverso il punto di contatto unico; inoltre, si prevede che quelle informazioni sulle professioni regolamentate e le relative procedure d'accesso, pubblicate dalle autorità competenti sulla piattaforma online (il portale «impresainungiorno.gov.it» gestito da Unioncamere), siano fornite in modo chiaro e comprensibile agli utenti, siano facilmente accessibili mediante connessione remota e per via elettronica e siano aggiornate. Si prevede, tra l'altro, che il Coordinatore nazionale in materia – i cui compiti sono assolti dal Dipartimento per le politiche europee – adotti misure volte ad incoraggiare il punto di contatto unico a fornire le informazioni in un'altra lingua ufficiale dell'Unione europea.
  L'articolo 7 prevede una modifica alle denominazioni di vendita – presenti sull'etichetta – dei succhi di frutta e di altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana, consistente nella sostituzione del termine «succo concentrato» con il termine «concentrato», conforme alla traduzione del termine inglese «concentrate». Fa presente che tale correzione allinea la normativa nazionale al nuovo testo della direttiva 2012/12/UE, nella versione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 7 marzo 2019, che ha operato, su richiesta del Governo italiano, la menzionata rettifica, finalizzata ad evitare che una formulazione della disposizione non conforme al testo in lingua inglese creasse una disparità di trattamento tra gli operatori europei e problemi di non corretta informazione ai consumatori.
  L'articolo 8 novella alcuni articoli del Codice dei contratti pubblici (CCP) (D.Lgs. 50/2016), al fine di affrontare alcuni dei profili di incompatibilità con la normativa europea sollevati con la procedura di infrazione 2018/2273, attualmente allo stadio di messa in mora complementare, ex articolo 258 TFUE. Pag. 194
  Le modifiche principali concernono la disciplina del subappalto, in relazione alla quale viene anzitutto meno l'obbligo per il concorrente di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta, per appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie UE, o, indipendentemente dall'importo a base di gara, per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, nonché l'analogo obbligo previsto nei contratti di concessione per i «grandi» operatori economici.
  Segnala che, in questa prospettiva, assume particolare rilievo la lettera b) del comma 1 dell'articolo 8, che provvede ad abrogare il comma 6 dell'articolo 105 del Codice (la cui efficacia era già stata sospesa fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 18, secondo periodo, del decreto-legge n. 32/2019, che viene ora soppresso) che prevede, per gli appalti di valore pari o superiore alle soglie UE, nonché per gli appalti che, pur essendo di valore inferiore alle soglie UE, riguardano specifiche attività individuate dalla normativa italiana come particolarmente esposte al rischio d'infiltrazione mafiosa, il citato obbligo per gli operatori di indicare nelle loro offerte una terna di subappaltatori. Evidenzia che in proposito la Commissione europea, nell'ambito della suddetta procedura di infrazione, ha ritenuto che, sebbene l'articolo 71, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 preveda che le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte «i subappaltatori proposti», una disposizione quale l'articolo 105, comma 6, del Codice, che obbliga gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all'offerente ne occorrano meno di tre, viola il principio UE di proporzionalità di cui all'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24.
  Rileva che la soppressione di tale norma determina la necessità di ulteriori interventi di coordinamento sugli articoli 80 (Motivi di esclusione), 105 (Subappalto) e 174 (Subappalto contratti di concessione) del Codice. In particolare, viene modificato l'articolo 80, commi 1 e 5, del Codice, al fine di eliminare la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara quando la causa di esclusione riguardi non già l'operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore.
  Inoltre, viene soppressa la disposizione la quale prevede che a dimostrare l'assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione sia il concorrente alla procedura per l'assegnazione dell'appalto (articolo 105, comma 4, lettera d) del CCP) e, conseguentemente, si attribuisce al subappaltatore, e non già al concorrente, la dimostrazione della assenza dei motivi di esclusione previsti all'articolo 80 del Codice.
  Le modifiche introdotte per i contratti di appalto per lavori, servizi e forniture 8 vengono altresì previste per i contratti di concessione disciplinati dal Codice. In particolare, la lettera c) del comma 1 dell'art. 8 elimina l'obbligo, previsto dall'articolo 174, comma 2, terzo periodo, del Codice, posto in capo ai «grandi» operatori economici, di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori.
  Conseguentemente, per effetto delle modifiche introdotte nel Codice dall'articolo in esame, si dispone, come accennato, la soppressione di parte della disciplina transitoria relativa al subappalto, recata dall'articolo 1, comma 18 del D.L. 32/2019 che, nelle more di una complessiva revisione del Codice, ha previsto, in sostanza, l'applicazione temporanea fino al 31 dicembre 2020 di norme analoghe a quelle introdotte dall'articolo in esame, con conseguente sospensione contestuale dell'efficacia delle vigenti disposizioni in materia (comma 2).
  Infine, il comma 3 reca l'abrogazione della disposizione (articolo 14, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale n. 192/2017) che prevede, per i contratti di limitato impatto economico da eseguirsi all'estero, un limite massimo del trenta per cento per i subappalti. Evidenzia in proposito che tale disposizione, più restrittiva rispetto alla disposizione legislativa sopravvenuta per il territorio nazionale, è in diretto contrasto con la recente pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di subappalto e la sua soppressione consente Pag. 195comunque di applicare eventuali limiti al subappalto previsti per i singoli procedimenti di gara.
  Le modifiche introdotte al Codice trovano applicazione alle procedure dei bandi o degli avvisi di gara pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi (comma 4).
  Segnala, in materia di modifiche al CCP, che l'8 ottobre scorso, nel corso della seduta in sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano – in cui è stato reso, come già accennato, parere favorevole sul disegno di legge europea in esame – il Governo ha accolto la raccomandazione delle Regioni di aprire un tavolo di confronto Stato-regioni al fine di esaminare la proposta delle Regioni per la semplificazione della disciplina dei contratti pubblici e l'accelerazione degli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche.
  L'articolo 9 chiarisce che l'autorità competente ad applicare le sanzioni in caso di violazione del regolamento (CE) del Consiglio n. 2271/96 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (cosiddetto «regolamento di blocco») è il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (in assenza di tale disposizione non era chiaro se tale competenza fosse attribuita al Ministero dello sviluppo economico, cui fanno capo le funzioni in materia di commercio internazionale in precedenza spettanti al soppresso Ministero del commercio estero).
  Ricorda che il citato regolamento ha l'obiettivo di proteggere gli interessi di persone fisiche o giuridiche dagli effetti extraterritoriali di una legislazione adottata da Paesi terzi. Le leggi coperte dal regolamento sono specificate nel suo Allegato e la protezione copre gli scambi internazionali, i movimenti di capitali e le attività commerciali connesse tra l'Unione europea e i Paesi terzi.
  L'articolo 10 reca disposizioni relative alle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti e di tecnologie a duplice uso, necessarie a garantire attuazione al regolamento (CE) n. 428/2009, trasferendo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le competenze in materia.
  Ricorda che si tratta dei prodotti e delle tecnologie che possono essere utilizzati per scopi sia civili sia militari, come l'uranio che può essere utilizzato sia nella generazione di energia elettrica che nelle armi nucleari.
  Si dispone, dunque, che sia il MAECI l'autorità deputata a individuare i Paesi e i prodotti nei quali attivare lo strumento delle autorizzazioni generali nazionali di esportazioni di prodotti a duplice uso, nonché ad emanare il provvedimento che coordina le attività ispettive di altre amministrazioni relativamente alle operazioni di esportazione, importazione, trasferimento, intermediazione, transito e assistenza tecnica.
  L'articolo 11 interviene, modificando l'articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 2008, sui casi di inammissibilità della domanda di concessione dello status di protezione internazionale a cittadini di paesi terzi. Segnala in proposito che, al fine di tenere conto di quanto evidenziato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (cause riunite C-297/17, C-318/17 e C-319/17) in materia di attuazione della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, viene specificato che è inammissibile la domanda nel caso in cui al richiedente sia stata riconosciuta la protezione sussidiaria da parte di un altro Stato membro.
  L'articolo 12, concernente le disposizioni in materia di validità e rinnovo del documento di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo introduce un termine di validità per tale tipologia di documento pari a 10 anni per i cittadini stranieri maggiorenni, e a 5 anni per i Pag. 196minorenni, ferma restando l'idoneità di tale documento, nel corso della sua validità, ad attestare il riconoscimento del relativo status. A tal fine, vengono modificati il Testo unico immigrazione e il relativo regolamento di attuazione. Sottolinea che le disposizioni in esame sono dirette a dare attuazione al nuovo regolamento (UE) n. 2017/1954 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2017, il cui allegato (lettera a), punto 11), non consente più che la data di scadenza riportata sui documenti sia illimitata, in quanto essa deve essere riferita alla scadenza fisica del documento e non già al diritto di residenza conferito dallo Stato membro.
  Ricorda che secondo la normativa vigente il permesso di soggiorno UE è a tempo indeterminato, mentre esso è valido come documento di identificazione per 5 anni. Pertanto, il rinnovo è a discrezione dell'interessato, qualora questi intenda utilizzare il permesso anche come documento di identificazione. La norma in esame prevede che, decorsa la data di scadenza, il permesso di soggiorno non sia più valido né per attestare il regolare soggiorno nel territorio dello Stato né per l'identificazione del titolare, anche se tale scadenza non comporta la revoca dello status. In caso di esibizione nel corso dei controlli di polizia, il titolo di soggiorno scaduto potrà essere ritirato per la restituzione all'Autorità che ne aveva curato il rilascio e la persona potrà essere invitata presso la Questura competente per l'aggiornamento del documento.
  L'articolo 13 introduce l'istituto della proroga del visto di ingresso degli stranieri per soggiorni di breve durata. A tal fine, si modifica il Testo unico sull'immigrazione, introducendovi una disposizione relativa alla proroga del visto, in attuazione del Regolamento (CE) n. 810/2009, istitutivo del codice comunitario dei visti, che ha introdotto l'istituto unionale della proroga della validità del visto di breve durata, fino al termine massimo di 90 giorni nel semestre. La proroga è disposta dal Questore della provincia in cui si trova lo straniero, il quale è sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici al momento della richiesta. Essa consente il soggiorno dello straniero in tutto il territorio nazionale.
  L'articolo 14 provvede a individuare nel Questore l'autorità competente al rilascio del documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, ai sensi del regolamento (UE) 2016/1953, del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito il documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
  Viene, pertanto, novellato il Testo unico sull'immigrazione, prevedendo il rilascio del documento di viaggio per il rimpatrio da parte del Questore, sulla base del modello conforme approvato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri. Sottolinea che la disposizione è finalizzata ad agevolare e accelerare le procedure di rimpatrio degli stranieri che sono sprovvisti di documenti di viaggio rilasciati dagli Stati di origine o provenienza. L'uso di tale documento renderebbe, difatti, superabili talune criticità legate alla carente collaborazione delle Autorità diplomatiche dei Paesi terzi nelle attività di identificazione dei propri cittadini, onde consentirne il rimpatrio.
  L'articolo 15 recepisce nell'ordinamento nazionale le prescrizioni contenute in due distinte direttive di esecuzione europee in materia di armi: la direttiva di esecuzione (UE) n. 2019/68, della Commissione, che stabilisce le specifiche tecniche per la marcatura delle armi da fuoco e dei loro componenti essenziali, e la direttiva di esecuzione (UE) n. 2019/69, della Commissione, che stabilisce le specifiche tecniche relative alle armi d'allarme o da segnalazione. Evidenzia che le disposizioni sono finalizzate anche a far fronte alle procedure di infrazione per mancato recepimento delle citate direttive aperte dalla Commissione europea, attualmente allo stato di messa in mora.
  L'articolo 16 attua nell'ordinamento nazionale la direttiva 2018/1910, con la quale sono armonizzate alcune norme nel sistema dell'imposta sul valore aggiunto, allo scopo di superare i rilievi della procedura di infrazione 2020/0070, allo stadio di messa Pag. 197in mora ex articolo 258 TFUE. Si tratta, in particolare, di disposizioni riguardanti il regime della cd. call-off stock, operazione con cui un soggetto passivo trasferisce beni della sua impresa da uno Stato membro a un altro Stato membro per venderli, dopo l'arrivo in tale Stato, a un acquirente già noto. Sottolinea che le norme in esame recepiscono le norme UE, ai sensi delle quali le operazioni in regime di call-off stock danno luogo, nel rispetto di determinate condizioni, ad una cessione intracomunitaria nello Stato membro di partenza da parte del cedente e a un corrispondente acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo da parte dell'acquirente, nel momento in cui si realizza la cessione dei beni. Sono inoltre disciplinate nell'ordinamento le operazioni a catena, ovvero le forniture successive (due o più) degli stessi beni, oggetto di un singolo trasporto comunitario tra due Stati membri, al fine di individuare il momento di applicazione dell'imposta.
  L'articolo 17 interviene sulla disciplina sanzionatoria applicabile ai casi di introduzione nel territorio dello Stato di piccoli quantitativi di merce contraffatta da parte del consumatore finale – fenomeno in crescita con l'incremento dell'e-commerce –, con l'obiettivo, sottolinea, di allineare la normativa nazionale a quella europea e razionalizzare la disciplina sanzionatoria applicabile ai casi in esame. A tal fine, si introduce una nuova fattispecie di illecito amministrativo, in base alla quale è punito l'acquirente finale che introduce, nel territorio dello Stato, modiche quantità di beni contraffatti di provenienza extra-UE; inoltre, si prevede la responsabilità del vettore per la custodia e la distruzione di tali beni, qualora l'acquirente non vi provveda; infine, si individua nell'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del luogo dove è stato accertato il fatto l'organo competente a irrogare la sanzione per il suddetto illecito.
  L'articolo 18, ai fini della completa attuazione della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di contratti di credito ai consumatori relativi a ben immobili residenziali, propone modifiche alla disciplina dei contratti di credito, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. Fa presente che, con riferimento a tali categorie di operatori finanziari, l'intervento è volto ad integrare nella normativa nazionale le regole in materia di «passaporto europeo» degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, ovvero le disposizioni che consentono di operare su tutto il territorio dell'Unione ai soggetti autorizzati a farlo in uno dei Paesi membri, nel rispetto di specifici obblighi di notifica.
  A tal fine, viene anzitutto novellato il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, con la designazione della Banca d'Italia quale punto di contatto per la ricezione delle richieste di informazioni o di collaborazione provenienti dalle autorità di altri Stati membri dell'Unione europea in relazione a taluni contratti di credito disciplinati dal Testo unico; inoltre, viene previsto che l'abilitazione di un intermediario del credito da parte dell'autorità competente del suo Stato membro d'origine sia valida per l'intero territorio dell'Unione senza che sia necessaria alcuna abilitazione supplementare da parte delle autorità competenti degli Stati membri ospitanti, a condizione che le attività che l'intermediario del credito intende svolgere nello Stato membro ospitante siano coperte dall'abilitazione. Viene altresì disposto, tra l'altro, che, in settori nei quali non vi è piena armonizzazione fra gli ordinamenti degli Stati membri nel diritto dell'Unione, sia prevista l'attivazione di attività di vigilanza da parte delle autorità competenti dello Stato membro ospitante, secondo specifiche condizioni.
  L'articolo 19 è volto a garantire il completo recepimento della direttiva 2013/34/CE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese. Evidenzia in particolare che viene introdotta nelle disposizioni di attuazione del Codice civile la disposizione secondo cui l'obbligo per le società in nome collettivo o in accomandita semplice di redigere il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni, nonché di redigere e pubblicare il bilancio Pag. 198consolidato – obbligo attualmente vigente qualora tutti i loro soci illimitatamente responsabili siano società per azioni, in accomandita per azioni o società a responsabilità limitata – si applica anche qualora i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali soggette al diritto di un altro Stato membro dell'Unione europea oppure società soggette al diritto di un altro Stato ma assimilabili giuridicamente alle imprese a responsabilità limitata disciplinate dal diritto di uno Stato membro dell'Unione europea.
  Si prevede, tra l'altro, con riferimento alla struttura dello stato patrimoniale e del conto economico, che nei casi in cui la compensazione tra partite è ammessa dalla legge, siano indicati nella nota integrativa gli importi lordi oggetto di compensazione. L'informazione circa l'assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante responsabilità illimitata riportata dagli amministratori nella nota integrativa del bilancio deve essere corredata dell'indicazione della denominazione, della sede legale e della forma giuridica di ciascun soggetto partecipato.
  L'articolo 20, modificando il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, introduce misure finalizzate a garantire l'attuazione del Regolamento delegato (UE) 2019/815 della Commissione in materia di marcatura e formato elettronico unico di comunicazione delle relazioni finanziarie annuali. Si prevede, anzitutto, che gli amministratori curino l'applicazione delle disposizioni contenute nel Regolamento alle relazioni finanziarie annuali che gli emittenti quotati aventi l'Italia come Stato membro d'origine sono tenuti a pubblicare, con particolare riferimento alle attività di taggatura obbligatoria delle voci contenute nei bilanci consolidati redatti secondo i princìpi contabili internazionali (IFRS). Inoltre, si introduce l'obbligo dei revisori degli emittenti di esprimersi sulla conformità dei bilanci inclusi nella relazione finanziaria al Regolamento.
  L'articolo 21 propone modifiche alla disciplina delle sanzioni penali in caso di abusi di mercato di cui al testo unico in materia di intermediazione finanziaria (TUF), dirette a superare alcuni motivi di contestazione sollevati dalla Commissione europea con la procedura di infrazione n. 2019/2130, allo stadio di messa in mora ex articolo 258 TFUE, avviata dalla Commissione europea per non corretto recepimento della direttiva 2014/57/UE relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato («direttiva MAD II»).
  Rileva in particolare che la disposizione modifica l'ambito di applicazione della disciplina sanzionatoria in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato; estende i casi di esenzione da tale disciplina alle negoziazioni di strumenti mobiliari o operazione collegate; introduce specifiche sanzioni penali per i soggetti che abbiano acquisito illecitamente informazioni privilegiate fuori dai casi previsti a legislazione vigente (c.d. insider secondari); innalza a quattro anni (da tre) il periodo massimo di reclusione per reati connessi ad operazioni concernenti talune tipologie di strumenti finanziari; limita la confisca al solo profitto realizzato con la commissione del reato, ove la norma vigente fa riferimento anche al prodotto del reato e ai mezzi per realizzarlo.
  Rimarca che gli articoli da 22 a 24, in materia di sanità, sono finalizzati a contrastare il fenomeno dell'aumento esponenziale delle pratiche di vendita per via telematica di prodotti non conformi alla normativa, fenomeno che ormai interessa i settori più disparati, alla luce del fatto che gli strumenti di contrasto finora utilizzati non sono riusciti a fornire sufficienti garanzie di efficacia. In particolare, l'articolo 22 prevede alcune modifiche al decreto legislativo n. 193 del 2006, di attuazione della direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, in materia di codice comunitario sui medicinali veterinari, allo scopo di individuare il Ministero della salute quale principale autorità titolare delle funzioni di vigilanza e sanzione per il contrasto delle pratiche illegali di vendita per via telematica di tali medicinali.
  L'articolo 23 dispone alcune modifiche al decreto legislativo n. 204 del 2015, riguardante la disciplina sanzionatoria per la Pag. 199violazione del regolamento (CE) n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici, allo scopo di individuare le autorità preposte alla vigilanza dei requisiti di tali prodotti idonei alla vendita per via telematica. Anche in tal caso il Ministero della salute è individuato come autorità cui compete l'emanazione di disposizioni per impedire l'accesso agli indirizzi internet corrispondenti ai siti web individuati come promotori di pratiche illegali ai sensi del citato richiamato regolamento, per mezzo di richieste di connessione, da parte degli utenti, alla rete internet provenienti dal territorio italiano; al Ministero è attribuita, tra l'altro, la competenza a far cessare, con provvedimento motivato, in via d'urgenza, le pratiche commerciali consistenti nell'offerta di prodotti cosmetici attraverso i mezzi della società dell'informazione non conformi ai requisiti previsti dal citato regolamento.
  L'articolo 24 apporta alcune modifiche all'articolo 15, della legge europea 2013, al fine di individuare il Ministero della salute come principale autorità di vigilanza per i controlli riguardanti la vendita per via telematica di prodotti biocidi, per garantire la completa attuazione del regolamento (UE) n. 528/2012 su tali prodotti. In particolare, il Ministero della salute è individuato come autorità competente all'emanazione delle disposizioni volte ad impedire l'accesso agli indirizzi internet corrispondenti ai siti web individuati come promotori di pratiche, nonché a far cessare, con provvedimento motivato, in via d'urgenza, le pratiche commerciali consistenti nell'offerta di biocidi attraverso i mezzi della società dell'informazione (vendita per via telematica) non conformi ai requisiti sull'autorizzazione al commercio previsti dal citato regolamento da parte dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche.
  L'articolo 25 individua nell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni l'autorità competente, responsabile dell'applicazione delle norme dell'Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori, con riferimento all'esecuzione del regolamento (UE) 2017/1128 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla portabilità transfrontaliera di servizi di contenuti online nel mercato interno, precisando i poteri d'indagine ed esecuzione attribuiti all'Autorità.
  L'articolo 26 impone ai fornitori di servizi di intermediazione online e i motori di ricerca online che offrono servizi in Italia (anche se non stabiliti) l'obbligo di iscrizione al registro degli operatori di comunicazione e attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di garantire un'adeguata ed efficace applicazione del Regolamento (UE) 2019/1150, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali di servizi di intermediazione online, anche mediante l'adozione di linee guida e la promozione di codici di condotta e la raccolta delle informazioni pertinenti. Evidenzia che a tale scopo si prevede l'applicazione, per le violazioni del citato Regolamento, delle sanzioni già previste per la violazione delle norme sulle posizioni dominanti, parametrate, quanto all'importo, al fatturato del trasgressore. Vengono infine fatte salve le disposizioni in materia di competenza esclusiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato con riferimento alle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta.
  L'articolo 27 novella alcuni articoli del Codice del consumo per tener conto dell'entrata in vigore del Regolamento (UE) 2017/2394 sulla cooperazione tra le autorità nazionali per l'esecuzione della normativa che tutela i consumatori. A tal fine, diverse disposizioni del Codice sono modificate onde inserirvi il riferimento aggiornato alla nuova disciplina unionale. Inoltre, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è designata quale autorità competente responsabile dell'applicazione della direttiva europea concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Si prevede altresì che il MISE e le altre autorità competenti – che dispongono di tutti i poteri minimi e li esercitano conformemente a quanto previsto dalla normativa europea – conservano gli ulteriori e più ampi poteri loro attribuiti dalla normativa vigente. Con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi collettivi dei consumatori in ambito nazionale, escluse dall'applicazione del citato regolamento (UE) Pag. 2002017/2394, le suddette autorità, fermi gli ulteriori e più ampi poteri loro attribuiti dalla normativa vigente, esercitano i medesimi poteri di indagine e di esecuzione previsti dal citato regolamento, con facoltà di avvalersi anche di soggetti appositamente incaricati, che acquisiscono i dati, le notizie e le informazioni secondo le competenze e le modalità stabilite nei rispettivi regolamenti. Si novella inoltre il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo designando l'Autorità garante della concorrenza e del mercato quale autorità competente responsabile dell'applicazione della direttiva europea relativa ai pacchetti e ai servizi turistici collegati. Infine, sono modificate anche le normative nazionali relative alla disciplina sanzionatoria delle violazioni del regolamento (UE) relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus, nonché alla disciplina sanzionatoria delle violazioni del Regolamento (UE) relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne, al fine di inserirvi il riferimento al nuovo Regolamento 2017/2394.
  L'articolo 28 provvede a riscrivere la lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), ove si prevede l'esclusione di materiale agricolo o forestale naturale (quindi anche di sfalci e potature) dalla disciplina relativa ai rifiuti. L'obiettivo della riscrittura è quello di riallineare il testo della disposizione citata con quello della corrispondente norma unionale (contenuta nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2008/98/CE), e portare quindi al superamento delle censure mosse dalla Commissione europea nell'ambito del Caso EU-Pilot 9180/17/ENVI, evitando l'apertura di una procedura d'infrazione per non corretto recepimento della direttiva europea sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE).
  Ricorda, al riguardo, che della questione si è occupata da ultimo la Commissione lo scorso anno, quando sono state previste, in sede di esame della legge europea 2018, modifiche al predetto articolo 185, comma 1, lettera f), del Codice, con una riformulazione – rispetto alla norma nazionale previgente – che tra l'altro recava una distinzione tra gli «sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali» e gli «sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico», nonché il riferimento, che viene ora anch'esso soppresso in quanto non previsto dalla direttiva, al possibile utilizzo dei materiali in questione «anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi». La Commissione europea, da ultimo in data 5 giugno 2019, ha ribadito che la formulazione dell'articolo 185, comma 1, lettera f), del Codice non è conforme alla direttiva 2008/98/CE ed ha invitato pertanto il Governo italiano ad attenersi fedelmente al testo del citato articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva, che definisce tassativamente le esclusioni alla disciplina dei rifiuti.
  Ricorda inoltre che, anche a seguito dei pareri espressi dalle Commissioni Ambiente di Camera e Senato sull'atto del Governo n. 169 (schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio), nel testo definitivo dello schema, pubblicato come D.Lgs. n. 116/2020, è stata soppressa la parte della citata lettera f) volta ad escludere dalla disciplina dei rifiuti gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni.
  L'articolo 29 novella il decreto di recepimento della direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, specificando che i criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi, ai fini anche della verifica del loro rispetto, sono quelli previsti dal decreto di recepimento della direttiva relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel. L'articolo in esame modifica altresì i criteri di calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto. Il relativo obiettivo prevede che la quota di energia da fonti rinnovabili in tutte le forme di trasporto dovrà essere nel 2020 pari almeno al 10 per cento del consumo finale di energia Pag. 201nel settore dei trasporti nel medesimo anno. La modifica puntualizza che i biocarburanti e i bioliquidi che non soddisfano i criteri di sostenibilità, con le modalità, i limiti e le decorrenze fissate dal c.d. decreto rinnovabili (il decreto legislativo n. 28 del 2011) non sono presi in considerazione.
  Inoltre, per il calcolo dei biocarburanti nel numeratore, la quota di energia da biocarburanti prodotti a partire dai cereali e da altre colture amidacee, zuccherine e oleaginose e da colture coltivate su superfici agricole come colture principali soprattutto a fini energetici non è superiore al 7 per cento del consumo finale di energia nei trasporti nel 2020. L'ulteriore modifica, concernente tale specifico profilo, precisa che non sono conteggiati, ai fini del limite fissato, i biocarburanti sostenibili prodotti a partire da colture coltivate su superfici agricole come colture principali soprattutto a fini energetici, diverse dai cereali e da altre colture amidacee, zuccherine e oleaginose, a condizione che sia dimostrato che tali colture sono state coltivate su terreni pesantemente degradati, compresi i terreni precedentemente utilizzati per scopi agricoli, oppure su terreni fortemente contaminati. L'articolo abroga, infine, la disposizione che sancisce l'esclusione dei biocarburanti sostenibili provenienti da colture agricole di secondo raccolto dal conteggio ai fini del suddetto limite.
  Segnala, poi, come di più stretto interesse per i profili di competenza della Commissione, gli articoli 30 e 31 del disegno di legge in esame. In particolare, evidenzio l'articolo 30, che novella in più punti l'articolo 2 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, incrementando da 20 a 28 unità il contingente massimo di personale di cui il Dipartimento per le politiche europee può avvalersi ai fini del funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE); di tale personale si prevede che ventiquattro unità siano appartenenti alla terza area o qualifiche equiparate e quattro alla seconda area o qualifiche equiparate, in posizione di comando, proveniente da altre amministrazioni. La norma, inoltre, modifica la composizione del personale delle regioni o delle province autonome di cui il Dipartimento medesimo può avvalersi, prevedendo che, nei limiti di un contingente massimo di sei unità, che rimane complessivamente invariato, tre unità appartengano alla terza area o qualifiche equiparate e tre unità alla seconda area o qualifiche equiparate La norma, nel testo vigente, prevede invece che il medesimo personale sia interamente appartenente alla terza area o qualifiche equiparate.
  L'articolo 31, novella l'articolo 43 della legge n. 234 del 2012, che disciplina il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea. In particolare, la norma consente al Ministro dell'economia e delle finanze di definire i criteri e le procedure riguardanti il procedimento istruttorio propedeutico all'esercizio dell'azione di rivalsa. Tali criteri e procedure saranno disposti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare di concerto con i ministri competenti per materia, previa intesa con la Conferenza per le materie di competenza delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano, degli enti locali.
  Sottolinea che la procedura individuata per la definizione dei suddetti criteri e procedure discende dalla necessità di condurre l'istruttoria in modo univoco con le amministrazioni coinvolte e sulla base di criteri predefiniti e condivisi, qualora il procedimento riguardi materie di competenza delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, nei casi nei quali le circostanze di diritto e di fatto oggetto di accertamento istruttorio siano complesse e investano una pluralità di pubbliche amministrazioni centrali e/o locali.
  Osserva, in proposito, che la disposizione in esame non prevede un termine per l'esercizio, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, della facoltà di definire, con decreto, i criteri e le procedure del procedimento istruttorio propedeutico all'azione di rivalsa, né è chiaro se tale fase istruttoria possa essere variamente modulata, con diversi decreti, a seconda delle materie oggetto dell'azione di rivalsa.
  L'articolo 32 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad assumere a Pag. 202tempo indeterminato fino a 50 unità di personale da inquadrare nel livello iniziale della terza area, attraverso l'indizione di concorsi pubblici, per rafforzare le strutture della Ragioneria generale dello Stato ai fini delle attività di gestione, monitoraggio e controllo degli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027, nonché di adeguamento dell'ordinamento interno alla normativa europea.
  L'articolo 33 reca disposizioni volte ad assicurare il tempestivo versamento all'Unione europea dei contributi a carico dell'Italia per il finanziamento del Bilancio generale dell'Unione europea. A tal fine, si autorizza il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (c.d. Fondo IGRUE) ad anticipare le risorse occorrenti a garantire il tempestivo pagamento dei suddetti contributi a valere sulle proprie disponibilità. Al reintegro di tali anticipazioni si provvede a valere sugli stanziamenti dei corrispondenti capitoli di bilancio dello Stato iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Ricorda, infine, che l'articolo 34 reca una clausola di invarianza finanziaria per tutte le disposizioni del disegno di legge in esame, ad eccezione degli articoli 1, 2 e 32, che, invece, comportano oneri per la finanza pubblica, coperti a valere sul Fondo per il recepimento della normativa europea.

  Laura AGEA, sottosegretaria di Stato per gli affari europei, evidenzia che oggi la Commissione incardina uno dei due provvedimenti, previsti dalla legge n. 234/2012, aventi l'obiettivo di rendere l'ordinamento interno conforme a quello europeo. Sottolinea che la relazione svolta dalla relatrice ha toccato tutti i punti oggetto del progetto di legge europea, tra cui un aspetto prioritario va attribuito alle disposizioni volte a dare soluzione a numerose procedure di infrazione che vertono su materie di grande rilevanza, tra cui ricorda quella relativa ai contratti pubblici e quella relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, in merito alle quali appare urgente intervenire al fine di ripristinare la completa conformità dell'ordinamento nazionale a quello comunitario. Esprime inoltre la piena disponibilità del Governo a seguire costantemente l'iter del disegno di legge e a fornire le informazioni che la Commissione reputerà eventualmente necessarie, ricordando, infine, che l'8 ottobre 2020 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha reso un parere favorevole sul provvedimento in esame, raccomandando al contempo l'apertura di un tavolo di confronto sui temi dell'accelerazione degli investimenti e della semplificazione della disciplina dei contratti pubblici, che appaiono di particolare rilievo anche alla luce dell'emergenza connessa alla pandemia.

  Matteo Luigi BIANCHI (LEGA), nel condividere le valutazioni espresse dalla relatrice e dalla sottosegretaria di Stato sull'esigenza di dare pronta soluzione alle procedure di infrazione aperte, sottolinea la necessità di vigilare affinché sia mantenuto il pieno rispetto del principio di sussidiarietà, al fine di evitare indebite ingerenze della normativa europea su questioni che possono essere più utilmente lasciate alla competenza degli Stati e, in particolare, delle autonomie territoriali. Al fine di approfondire questo aspetto chiede che sul disegno di legge all'esame venga svolto un ciclo di audizioni; in particolare, per quanto riguarda la tematica degli sfalci e delle potature richiamata dalla relatrice con riferimento all'articolo 28, ritiene che si tratti di una delle questioni per le quali il principio di sussidiarietà non viene rispettato, risultando eccessivamente invasiva la normativa comunitaria, e anticipa pertanto la richiesta di audire in proposito, quale rappresentante dell'UNCEM (Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani), il sindaco di Ingria, comune del Piemonte.

  Sergio BATTELLI, presidente, nel ricordare che nell'Ufficio di presidenza, previsto nella seduta di domani, potrà essere valutata la possibilità di svolgere un ciclo di audizioni, nessun altro chiedendo di intervenire, Pag. 203 rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 27 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.15.

Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
C. 1813, approvata dal Senato, e C. 445 Fornaro.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Raffaele BRUNO (M5S), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere alla VI Commissione Finanze sulla proposta di legge C. 1813 – approvata dal Senato il 30 aprile 2019 e adottata senza modifiche dalla Commissione di merito come testo base per l'esame unificato con la proposta di legge C. 445 Fornaro, di contenuto sostanzialmente analogo – che interviene sulla disciplina vigente in materia di divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine anti-persona, nonché sulle norme riguardanti la messa al bando delle munizioni a grappolo, al fine di vietare il finanziamento di imprese che producono o commercializzano tali prodotti e sanzionare le banche e gli altri soggetti operanti nel settore finanziario che svolgano tali attività.
  In via preliminare rammenta che un'analoga iniziativa legislativa era giunta all'approvazione definitiva nella scorsa legislatura, ma era stata poi rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica (XVII legislatura Doc. I, n. 2), in quanto priva della cd. «clausola di salvaguardia penale» (ovvero la formula «salvo che il fatto non costituisca reato») per le condotte dolose di finanziamento poste in essere da soggetti che rivestono posizioni apicali all'interno degli enti intermediari abilitati. Infatti, sulla base del testo allora in esame (C. 4096 della XVII legislatura), risultavano applicabili per la medesima condotta dolosa due regimi punitivi diversi – l'uno penale, l'altro amministrativo – in ragione dell'incarico ricoperto nell'ambito di un intermediario finanziario dal soggetto responsabile della condotta illecita o della natura, societaria o individuale, del fruitore del beneficio della condotta illecita. In ragione degli «evidenti profili di illegittimità costituzionale» derivanti sia da tale disparità di trattamento, che dal mancato rispetto di trattati internazionali ratificati dall'Italia, che prevedono sanzioni penali per tali condotte dolose (ossia la Convenzione di Ottawa contro le mine antipersona del 1997, ratificata con legge 26 marzo 1999, n. 106, e la Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo del 2008, ratificata con la legge 14 giugno 2011, n. 95), si chiedeva alle Camere un intervento in grado di assicurare la rilevanza penale delle condotte di assistenza finanziaria, da chiunque realizzate, alle attività proibite dalla proposta di legge.
  Nella corrente legislatura il testo del provvedimento è stato ripresentato al Senato, modificando le parti oggetto di rilievi da parte del Presidente della Repubblica e inserendo alcune ulteriori modifiche.
  Segnala che il testo in esame appare di interesse per la Commissione anche in quanto il Parlamento europeo ha sostenuto sia la Convenzione relativa alle munizioni a grappolo che quella riguardante le mine antipersona, promuovendone l'adozione con due risoluzioni: «Per un mondo senza mine» P6_TA(2005)0298 e «Munizioni a frammentazione» P6_TA(2004)0048).
  Evidenzia che la proposta di legge ora all'esame della Commissione si compone di 7 articoli ed è sostanzialmente identica a quella approvata da entrambi i rami del Parlamento nella XVII legislatura, tranne che per due aspetti. Il primo riguarda la previsione dell'inapplicabilità dei divieti previsti dal provvedimento alle attività espressamente Pag. 204 consentite dalle citate Convenzioni internazionali pertinenti in materia (articolo 1, comma 2); si tratta, presumibilmente, di una disposizione introdotta al fine di consentire le attività funzionali alla distruzione delle scorte, nonché alla conservazione di alcuni campioni con finalità di addestramento degli operatori chiamati allo sminamento. Il secondo aspetto riguarda l'introduzione della citata clausola di salvaguardia penale introdotta al fine di rispondere ai rilievi della Presidenza della Repubblica: le sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione dei divieti introdotti all'articolo 1 troveranno pertanto applicazione solo quando le condotte non siano già sanzionate penalmente (articolo 6, comma 2).
  Passando più in dettaglio al contenuto del provvedimento, segnala che all'articolo 1, sono formulati divieti in parte già previsti nelle richiamate disposizioni di ratifica delle due citate Convenzioni sulle mine antipersona e sulle munizioni a grappolo, coordinandone il testo. In particolare, al comma 1, si dispone, al primo periodo, il divieto di finanziamento di imprese che producono, commercializzano o detengono mine anti-persona, munizioni e submunizioni cluster; il divieto riguarda le società che realizzano tali attività in Italia o all'estero, direttamente o avvalendosi di società controllate o collegate secondo i criteri del codice civile e la disposizione ha portata innovativa per quanto riguarda le mine anti-persona, ribadendo invece un divieto già espresso dalla legge n. 95 del 2011 per le munizioni a grappolo. Il secondo periodo del medesimo comma 1 reca il divieto di ricerca tecnologica, di produzione, di commercializzazione, di cessione a qualsiasi titolo, di esportazione, importazione e di detenzione di munizioni e submunizioni a grappolo. Tale secondo divieto, limitato alle sole munizioni a grappolo, replica in sostanza una norma già prevista nell'ordinamento vigente, ovvero dall'art. 7 della legge n. 95 del 2011 di recepimento della citata Convenzione di Oslo, che vieta lo sviluppo, la produzione, l'acquisizione, lo stoccaggio, la conservazione e il trasferimento di munizioni a grappolo; come evidenziato nel Dossier di documentazione predisposto dagli uffici, l'unica differenza sembra risiedere nella sostituzione del termine «sviluppo» con quello di «ricerca tecnologica».
  Al comma 2 dell'articolo 1 sono fatte salve, come già anticipato, le attività espressamente consentite dalle due menzionate Convenzioni. Al comma 3 si prevede il divieto, per le aziende che operano nei settori indicati, di partecipare a bandi o programmi di finanziamento pubblico e al comma 4 si prevede il divieto per le fondazioni e i fondi pensione di investire il proprio patrimonio nelle predette attività non consentite dall'articolo in esame. Il primo periodo del comma 4 dispone inoltre che i divieti espressi al primo comma valgano per tutti gli intermediari abilitati, come definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera a); su tale ultima norma segnala, pur esulando dalle competenze della Commissione, che il dossier predisposto dagli uffici rileva l'opportunità di meglio coordinare il contenuto del comma 1, che sembra introdurre un divieto di finanziamento «erga omnes» coerente con lo spirito delle Convenzioni internazionali, con il contenuto del comma 4 che sembra invece limitare tali divieti agli intermediari finanziari ed a fondazioni e fondi pensione.
  L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina in commento e individua le Autorità di vigilanza, tra cui la Banca d'Italia, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip). L'articolo 3 individua i compiti delle Autorità di vigilanza in relazione ai divieti posti (istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sugli intermediari abilitati, elenco delle società operanti nei settori individuati, controlli dei flussi finanziari). L'articolo 4 prevede che gli intermediari finanziari, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'elenco delle società operanti nei settori individuati, provvedano ad escludere dai prodotti offerti a tali società ogni componente che costituisca supporto finanziario. Con l'articolo 5 si disciplinano le modalità di verifica dei divieti posti dalle norme in esame, prevedendo la possibilità Pag. 205per le autorità di vigilanza di richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati e, se necessario, effettuare verifiche ispezioni e controlli a carico dei soggetti vigilati.
  L'articolo 6 introduce sanzioni amministrative a carico degli intermediari abilitati (comma 1) e dei soggetti che vi svolgono funzioni di amministrazione o di direzione o che, per loro conto, svolgono funzioni di controllo, che non osservano i divieti previsti dall'articolo 1 (comma 2). Come già anticipato, il comma 2 risulta ora corredato di clausola di salvaguardia penale in base alla quale alle persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione degli intermediari abilitati o, per loro conto, di controllo, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 250.000 euro, salvo che il fatto costituisca reato. Ricorda, a tale ultimo proposito che, ai sensi del citato articolo 7 della legge n. 95 del 2011, è prevista la pena della reclusione per chiunque «assiste anche finanziariamente» le attività operanti nel settore delle munizioni a grappolo, mentre una analoga disposizione non è prevista nella legge n. 374 del 1997 sulle mine anti-persona, che, nell'indicare, all'articolo 7, le attività soggette a sanzioni penali, non menziona l'attività di finanziamento. Segnala quindi che il finanziamento di attività operanti nel settore delle mine antipersona, a differenza del caso delle munizioni a grappolo, resta sprovvisto, come già nella legislazione vigente, di sanzione penale e in base alla proposta di legge costituirà illecito amministrativo quando il fatto è commesso dai soli intermediari finanziari abilitati.
  Infine, ricorda che il comma 3 dell'articolo 6 associa all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti degli intermediari finanziari e dei loro amministratori, anche la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.
  L'articolo 7, in deroga alle disposizioni sulla legge in generale, dispone che il provvedimento in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  In conclusione, si riserva di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito in Commissione.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 27 ottobre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 14.20.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, concernente revisione ed integrazione del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE.
Atto n. 101-bis.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Sergio BATTELLI, presidente, sostituendo il relatore Francesco Berti, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere il proprio parere sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, di revisione del Codice della nautica da diporto.
  Rammenta che la legge 7 ottobre 2015, n. 167, nel delegare il Governo ad attuare Pag. 206la riforma del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 – delega esercitata mediante emanazione del decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, entrato in vigore il 13/02/2018 – ha altresì autorizzato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative della riforma, sui quali la medesima legge delega ha previsto, oltre al concerto con la Conferenza unificata e al parere del Consiglio di Stato e del Garante per la protezione dei dati personali, l'espressione di un doppio parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
  Evidenzia che, allo stato, siamo dunque ora alla seconda fase di espressione dei richiesti pareri: ricorda infatti che la Commissione ha già esaminato una precedente versione dello schema di decreto legislativo in esame (atto del Governo n. 101) esprimendo in data 14 maggio 2020 un parere favorevole con un'osservazione – riguardante la riduzione da 5 a 3 anni del periodo minimo di possesso della patente nautica necessario per la conduzione di imbarcazioni da diporto in caso di noleggio occasionale non commerciale – che è stata recepita.
  Sottolinea che le altre modifiche apportate al testo attualmente in esame rispetto a quello già esaminato dalla Commissione, volte prioritariamente a recepire i rilievi contenuti nei pareri resi dalle altre Commissioni parlamentari e dalle istituzioni sopra menzionate, riguardano principalmente:

   a) l'inserimento nel Codice di un articolo recante la definizione della nautica sociale – intesa sia come navigazione da diporto effettuata senza scopo di lucro con natanti di lunghezza fino a 6 metri, sia come insieme delle attività effettuate al fine di diffondere la conoscenza e la pratica della nautica da diporto a favore di studenti o persone con disabilità – e la possibilità di prevedere per tale attività, con successivo regolamento attuativo, facilitazioni di ormeggio e di fornitura di servizi in banchina;

   b) la previsione del necessario rispetto della normativa regionale (oltre che nazionale e comunitaria) nella somministrazione di cibi e bevande e nel commercio al dettaglio nell'ambito della nautica da diporto;

   c) alcune modifiche finalizzate all'attenzione alla privacy nelle modalità di comunicazione e annotazione di dati sensibili (ad esempio eventuali limitazioni di durata delle patenti nautiche derivanti dall'esito di accertamenti medici) e nel funzionamento dell'Anagrafe nazionale delle patenti nautiche;

   d) la previsione di una disciplina attuativa volta a regolare requisiti, formalità e obblighi da ottemperare per l'utilizzazione dei natanti da diporto o delle moto d'acqua;

   e) la non obbligatorietà di installazione a bordo dei natanti da diporto di un apparato elettronico per la rilevazione satellitare;

   f) una più puntuale definizione dell'istruttore professionale di vela;

   g) una diversa specificazione dei contratti di noleggio parziali, riguardanti cabine o gruppi di cabile;

   h) l'introduzione della possibilità di svolgimento presso le sedi delle scuole nautiche degli esami in caso di un numero di candidati non inferiore a dieci.

  Sono inoltre introdotte modifiche volte a un migliore coordinamento normativo.
  Non rilevando nelle modifiche introdotte rispetto al testo già esaminato aspetti problematici per i profili di competenza della Commissione, fatti salvi eventuali rilievi che emergano nel corso del dibattito, preannuncia sin d'ora un parere favorevole sul provvedimento.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.