CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 settembre 2020
440.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 315

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 23 settembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 13.20

Sui lavori della Commissione.

  Matteo Luigi BIANCHI (LEGA) richiama l'attenzione della Commissione su quanto affermato dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, durante il suo recente discorso sullo Stato dell'Unione al Parlamento europeo, nel corso del quale ha preannunciato un summit globale sulla sanità per il 2021, proponendo che la sede sia in Italia. In proposito, sottolinea l'opportunità che la Commissione assuma una posizione sul tema, proponendo che il summit veda il coinvolgimento dei territori più colpiti dal Covid-19, in particolare la Lombardia. Invita quindi la Commissione a proporre come sede ospitante Milano o comunque un comune lombardo, in quanto l'eventualità che il vertice si tenga nella Capitale sminuirebbe l'importanza dei territori colpiti dalla crisi.

Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività del settore florovivaistico.
Nuovo testo C. 1824 Liuni.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere alla XIII Commissione sul nuovo testo della proposta di C. 1824 Liuni, che si compone di 19 articoli e reca disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività florovivaistiche.
  L'esigenza dell'intervento normativo deriva in primo luogo dalla necessità di una regolamentazione unitaria del settore, attualmente disciplinato da una pluralità di fonti normative, europee, nazionali e regionali, che regolano diversi aspetti della materia rendendo necessario un inquadramento unitario e coerente. In secondo luogo, si avverte l'esigenza di introdurre nuovi istituti che siano in grado di fornire uno stimolo alla riorganizzazione della filiera produttiva di un settore che costituisce una delle tradizionali eccellenze italiane, ma che negli ultimi anni ha accusato una forte crisi che ha comportato una sensibile riduzione del numero di aziende e delle superfici utilizzate. Tale crisi, innescata da una competizione internazionale aggressiva che ha inciso fortemente su un settore che presenta delle debolezze strutturali – quali le ridotte dimensioni aziendali, carenze logistiche e la debole capacità di aggregazione dell'offerta – è divenuta drammatica nell'anno in corso, a seguito dell'epidemia di Covid-19 che, secondo stime della Commissione europea, ha comportato un calo dell'80 per cento della domanda di prodotti florovivaistici sul mercato dell'Unione.
  Ricorda in proposito che la stessa Commissione è intervenuta anche con specifiche misure indirizzate al settore, volte derogare temporaneamente le regole della libera concorrenza, consentendo accordi tra i produttori per sostenere il prezzo dei prodotti deperibili e limitare le perdite. Un esempio in tal senso è dato dal Regolamento di esecuzione (UE) 2020/594 della Commissione del 30 aprile 2020, che autorizza per sei mesi gli accordi finalizzati alla stabilizzazione del mercato nel settore degli alberi vivi e altre piante, bulbi, radici e simili, fiori recisi e fogliame ornamentale, consentendo, ad esempio, interventi come i ritiri collettivi, o misure collettive di promozione e pianificazione della produzione.
  In questo contesto, la proposta di legge in esame – presentata in un momento antecedente alla crisi e inizialmente volta, principalmente, a regolamentare le figure professionali, gli istituti contrattuali e l'assetto organizzativo del settore, nell'ambito Pag. 316di un potenziamento dell'ottica di programmazione – è stata oggetto di numerose modifiche al fine di introdurre nel testo iniziale istituti volti a stimolare la domanda, come le detrazioni fiscali per acquisto di fiori e piante da interno, e di sostegno all'offerta, come le piattaforme logistiche, i bandi per tecnologie innovative ed ecosostenibili, le misure di semplificazione per la creazione di punti vendita nel tessuto urbano.
  Passando a descrivere il contenuto del provvedimento, ricorda che l'articolo 1 definisce le attività del settore florovivaistico, distinto in 5 comparti macro-comparti produttivi, e della relativa filiera, che include le attività di tipo agricolo, quelle di supporto (tra cui la costruzione di impiantistica, la logistica e il trasporto) e quelle di vendita. L'articolo 2, di nuova introduzione, prevede percorsi didattici per sensibilizzare i giovani, fin dalla scuola dell'obbligo, sull'importanza di un'adeguata presenza del verde in ogni contesto e stimolare, attraverso bandi e premi, lo sviluppo di nuove tecnologie per una produzione florovivaistica sostenibile. L'articolo 3, anch'esso introdotto in Commissione, prevede agevolazioni amministrative per il settore distributivo e detrazioni fiscali alle famiglie per l'acquisto di fiori e piante da interno, nei limiti di un'aliquota di detrazione del 36 per cento, per un importo massimo di 500 euro annui per nucleo familiare. Gli articoli 4 e 5 definiscono le figure professionali che esercitano l'attività agricola florovivaistica e i distretti territoriali vocati o storicamente dedicati a tale attività. Gli articoli 6, 7 e 8 dispongono in merito ai profili organizzativi, di coordinamento, promozione e valorizzazione del settore florovivaistico. A tal fine è istituito un Tavolo tecnico, composto da rappresentanti di diversi Ministeri, delle Regioni e Province autonome, delle organizzazioni professionali e associazioni di settore, del mondo della distribuzione, con possibilità di ampliamento delle rappresentanze ad altri soggetti, in qualità di osservatori o per specifici argomenti. Nell'ambito del tavolo tecnico sono istituiti due Osservatori, uno per i dati statistici ed economici e uno per il vivaismo ornamentale, frutticolo e del verde urbano e forestale. Nell'ambito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è inoltre previsto un ufficio dirigenziale non generale deputato al settore del florovivaismo; al medesimo settore è infine dedicata anche una sede di Coordinamento permanente interministeriale. Gli articoli 9 e 10 prevedono interventi finalizzati a migliorare l'attività di programmazione, con l'istituzione di un Piano nazionale del settore florovivaistico e sedi di coordinamento a livello regionale, mentre l'articolo 11 prevede iniziative volte alla promozione della qualità delle produzioni e dei marchi nazionali, nel rispetto della normativa comunitaria e delle regolamentazioni degli organismi europei e internazionali. Gli articoli successivi disciplinano specifici istituti, figure professionali o tipologie contrattuali del settore, come i Centri per il giardinaggio (articolo 13), l'attività di manutentore del verde (articolo 14) e i contratti di coltivazione (articolo 15), mentre gli articoli 16 e 17 prevedono la possibilità di incentivare la costituzione di organizzazioni di produttori al fine di ridurre i passaggi intermedi e accrescere il potere contrattuale delle aziende di piccole dimensioni, nonché la possibilità di individuare criteri di premialità da destinare alle organizzazioni dei produttori nell'ambito dei Piani di sviluppo rurale e dei Piani strategici. L'articolo 18 prevede la clausola di rispetto delle prerogative statutarie dei territori ad autonomia speciale, mentre l'articolo 19 quantifica in complessivi 2 milioni di euro annui per il triennio 2020-2021 il limite massimo di risorse da destinare al settore, nel rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, a valere sulle risorse del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
  Rinviando ai pareri delle altre Commissioni per alcuni profili problematici che sembrano emergere dall'esame del provvedimento – quale, ad esempio, l'apparente insufficiente copertura, non essendo, tra l'altro, quantificate le minori entrate derivanti dalla detrazione fiscale Pag. 317per l'acquisto di fiori e piante ornamentali –, segnala, per i profili di competenza di questa Commissione, che il provvedimento riguarda un settore che dovrebbe essere considerato come destinatario ideale delle iniziative comunitarie del Next Generation EU. Infatti il settore del florovivaismo presenta, al tempo stesso, la caratteristica di essere uno dei settori più colpiti dai riflessi economici negativi della crisi sanitaria e quella di essere un settore di rilievo ai fini del Green Deal, fornendo un contributo significativo alla riqualificazione delle aree urbane, alla riduzione delle isole di calore, alla captazione degli inquinanti in atmosfera e, più in generale, al miglioramento della qualità dell'aria e della vita nei contesti urbani. Le risorse individuate dal provvedimento, che ammontano a un massimo di 6 milioni in un arco tre anni, appaiono insufficienti, non solo rispetto all'esigenza di dare copertura agli effetti delle misure in esso contenute, ma, più in generale, rispetto alla finalità di sostenere un settore in grave crisi la cui ripresa risulterebbe strategica ai fini della riqualificazione ecologica dei centri urbani e, più in generale, ai fini dello sviluppo di una cultura del verde, finalità propria del NGEU, che anche il provvedimento in esame si prefigge. Sottolinea pertanto che potrebbe forse risultare più opportuno limitare l'intervento del provvedimento in esame ai profili ordinamentali, fermo restando l'auspicio di una inclusione del settore del florovivaismo tra i destinatari delle misure di sostegno previste nel prossimo Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza.
  In conclusione, si riserva di presentare una proposta di parere all'esito del dibattito, e ove la Commissione concordi, anticipandola anche nella seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

  Alessandro GIGLIO VIGNA (LEGA) intervenendo sull'ordine dei lavori, raccomanda, come già in passato, di dedicare un congruo tempo per l'esame dei provvedimenti, evitando che esso si concluda nella stessa seduta in cui i provvedimenti sono incardinati, anche al fine di rispettare su un piano non solo formale la prescrizione regolamentare che prevede una congrua istruttoria legislativa dei provvedimenti. Occorre infatti evitare di alimentare le derive populistiche dell'opinione pubblica che attribuiscono al Parlamento un ruolo solo formale. Nel caso in esame, non si oppone comunque alla conclusione dell’iter nella seduta odierna, anche in considerazione del fatto che si tratta di un provvedimento importante che ha peraltro quale primo firmatario un deputato del proprio gruppo.

  Sergio BATTELLI, presidente, ribadendo il proprio orientamento volto ad assicurare, pur senza alcun vincolo regolamentare, che ad ogni provvedimento sia riservato un tempo congruo di esame e almeno due sedute, ricorda che la tempistica ristretta risponde in tal caso a una esigenza di imminente calendarizzazione del provvedimento in Aula.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, formula una proposta di parere favorevole sul testo in esame (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 13.40.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 23 settembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 13.40.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/958 relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni.
Atto n. 186.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione).

Pag. 318

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 2 settembre 2020.

  Antonella PAPIRO (M5S), relatrice, formula una proposta di parere favorevole sul testo in esame (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

Schema di decreto legislativo recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 655/2014, che istituisce una procedura per l'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari al fine di facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale.
Atto n. 191.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 9 settembre 2020.

  Leonardo Salvatore PENNA (M5S), relatore, formula una proposta di parere favorevole sul testo in esame (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.45

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.45 alle 14.05.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 23 settembre 2020.

Audizione del Ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, nell'ambito dell'esame congiunto del «Programma di lavoro della Commissione per il 2020 – Un'Unione più ambiziosa (COM(2020)37 final)», del «Programma di lavoro adattato 2020 della Commissione (COM(2020)440 final)» e della «Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2020 (Doc. LXXXVI, n. 3)».

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.35 alle 15.40.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI

  Mercoledì 23 settembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 17.30

Schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.
(Rilievi alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di relazione in titolo.

  Piero DE LUCA (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare lo schema di relazione sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund, predisposto dalla V Commissione in esito allo svolgimento di un ciclo di audizioni, cui ha preso parte anche la XIV Commissione. Una volta integrato lo schema in esame con i rilievi e le osservazioni formulate dalla nostra come dalle altre Commissioni di settore, la Relazione costituirà una base di lavoro per favorire la deliberazione da parte dell'Assemblea di appositi atti di indirizzo al Governo, prima della presentazione, prevista Pag. 319per il 15 ottobre 2020, da parte del Governo stesso alla Commissione europea delle linee principali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con le priorità e i primi progetti.
  In via preliminare, ricorda che il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, comunemente denominato Recovery Fund, costituisce uno dei principali strumenti definiti nell'accordo raggiunto nel corso del Consiglio europeo del 17-21 luglio scorso, sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e sull'associato programma Next Generation EU (NGUE). Tale accordo si colloca nella prospettiva di finanziare la ripresa economica attraverso uno sforzo di bilancio comune, allo scopo di aumentare la resilienza degli Stati membri e riavviare l'economia europea, nel presupposto che i benefici che ne deriveranno andranno a vantaggio di tutti, evitando distorsioni permanenti del mercato interno e un aumento delle divergenze negli standard di vita tra i cittadini europei. L'accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo prevede una dotazione per il bilancio UE di 1074,3 miliardi di euro per il periodo 2021-27 (25,7 miliardi in meno rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea), pari a circa l'1 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) dell'UE-27, cui si somma la dotazione, pari a 750 miliardi di euro, del nuovo strumento Next Generation EU, destinato a sostenere, attraverso un mix di sovvenzioni (per 390 miliardi di euro) e prestiti (per 360 miliardi), la ripresa degli Stati membri e a «investire in un'Europa verde, digitale e resiliente».
  Con riferimento alle risorse necessarie a finanziare il nuovo strumento, ricorda che esse saranno reperite attraverso l'emissione di debito comune, la cui restituzione inizierebbe a partire dal 1o gennaio 2027. Tale emissione è resa possibile grazie all'innalzamento temporaneo – dal 2021 e fino alla cessazione delle passività legate a Next Generation EU (al più tardi fino al 2058) – del massimale delle risorse proprie di 0,6 punti percentuali del RNL dell'UE, che consentirà alla Commissione, forte del suo elevato rating creditizio, di contrarre per la prima volta sui mercati finanziari prestiti di così ampia portata a condizioni vantaggiose. L'effettivo versamento delle entrate corrispondenti all'incremento transitorio del massimale potrà peraltro essere richiesto agli Stati membri solo come estrema ratio, qualora le entrate proprie ordinarie – il cui massimale è stato elevato in via permanente dall'1,23 all'1,4 per cento del RNL per far fronte alla Brexit e alla conseguente contrazione del RNL – e una gestione attiva della liquidità (compresa la possibilità di avvalersi di prestiti a breve termine) non risultino sufficienti al rimborso dei titoli emessi. È inoltre prevista una revisione del sistema delle risorse proprie entro il termine di conclusione del QFP 2021-27, con l'introduzione di nuovi strumenti di finanziamento (dal 2021 una nuova forma di imposizione sui rifiuti di plastica non riciclata, dal 2023 l'imposta sul carbonio alla frontiera e quella sull'economia digitale e, successivamente, con la possibilità di altre entrate, come l'estensione ai settori marittimo e aeronautico dello scambio di quote di emissioni e un'imposta sulle transazioni finanziarie). Tali nuove risorse proprie introdotte dopo il 2021 saranno utilizzate esclusivamente per rimborsare anticipatamente il prestito legato a Next Generation EU. I relativi fondi saranno utilizzati sulla base di alcune tipologie di intervento, la più importante e innovativa delle quali è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), che, con una dotazione finanziaria di 672,5 miliardi di euro, prevede la concessione di 312,5 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti. L'ammontare delle sovvenzioni sarà calcolato in due tranche: la prima, pari al 70 per cento, viene calcolata sulla base di alcuni parametri, quali la popolazione, il PIL pro-capite, il tasso di disoccupazione nel periodo 2015-2019, e dovrà essere impegnata negli anni 2021-22; la seconda, pari al restante 30 per cento, sarà calcolata nel 2022 sostituendo al criterio della disoccupazione nel periodo 2015-2019 con i criteri della perdita del PIL reale osservata nell'arco del 2020 e della perdita cumulativa del PIL Pag. 320reale osservata nel periodo 2020-2021; tale seconda tranche dovrà essere impegnata entro la fine del 2023.
  Sottolinea in particolare che, secondo le prime stime elaborate dal Governo, le risorse complessive che confluirebbero nel nostro Paese ammonterebbero a 208,6 miliardi di euro, di cui 127,6 miliardi di euro a titolo di prestiti e 81 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni. Il 10 per cento delle risorse potrà essere erogato in via anticipata all'atto di approvazione del Piano nazionale da parte del Consiglio Ecofin che dovrebbe intervenire entro tre mesi dalla presentazione. La quota restante delle risorse sarà erogata in base al monitoraggio sullo stato di avanzamento dei progetti.
  Fa presente che, ai fini dell'accesso al Dispositivo, gli Stati membri dovranno elaborare e trasmettere alla Commissione europea Piani per la ripresa e la resilienza, che definiscano i rispettivi programmi di riforma e investimento, in coerenza con le seguenti priorità: priorità individuate nel Dispositivo per la ripresa e la resilienza, rappresentate dalla promozione della coesione economica, sociale e territoriale dei Paesi dell'Unione; dall'attenuazione dell'impatto sociale ed economico della crisi; dal sostegno alle transizioni verde e digitale; priorità individuate nel contesto del Semestre europeo, mediante le raccomandazioni della Commissione europea (Country Specific Recommendations) e la procedura di correzione degli squilibri macroeconomici (MIP). Le raccomandazioni per l'Italia, in particolare, oltre a focalizzare l'attenzione sui temi dell'impatto della pandemia e della transizione verde e digitale, fanno riferimento, tra l'altro, al miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e del funzionamento della pubblica amministrazione; priorità individuate nel Programma nazionale di riforma (PNR), costruite attorno a tre linee strategiche: modernizzazione del Paese, transizione ecologica e inclusione sociale, territoriale e di genere; priorità degli altri programmi operativi della UE a cui partecipano i singoli paesi (Piano energia e clima, Just transition fund, ecc.). L'accesso alle risorse sarà dunque subordinato alla necessità, da parte del Paese beneficiario, di predisporre piani di spesa e riforme capaci di affrontare in modo sinergico le specifiche sfide nazionali e di garantire al contempo la convergenza sugli obiettivi concordati a livello europeo, individuando chiaramente i legami e la coerenza con le riforme e le politiche di supporto, nonché le modalità di attuazione, i soggetti responsabili e gli obiettivi intermedi (milestones) e finali al cui rispetto sono condizionati i pagamenti delle risorse desinate a ciascun Paese.
  Ricorda inoltre che il 17 settembre scorso la Commissione europea ha fornito delle linee guida sulla redazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza e sulla presentazione dei relativi progetti, evidenziando, tra l'altro, l'importanza della cosiddette «European flagships», ovvero progetti transnazionali, che affrontano questioni comuni a tutti gli Stati membri, richiedono investimenti significativi, creano occupazione e crescita e sono strumentali alla duplice transizione verde e digitale. La Commissione ha inoltre sottolineato lo stretto legame che dovrà intercorrere tra i Piani nazionali ed il Semestre europeo, specificando che riforme ed investimenti dovrebbero essere affrontati in parallelo.
  Rammenta altresì che il 15 settembre scorso il Governo ha presentato al Parlamento la sua proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, individuando le sfide essenziali cui il Paese è chiamato a rispondere, sostanzialmente sovrapponibili alle tre priorità previste dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Le missioni che tali sfide chiedono di intraprendere corrispondono sostanzialmente alle direttrici di riforma previste nel PNR (digitalizzazione, rivoluzione verde, infrastrutture per la mobilità, investimento nel capitale umano, equità sociale, di genere e territoriale, salute). Più in dettaglio il documento governativo indica alcune azioni prioritarie per ciascuna missione: a) per la missione «Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo», si Pag. 321punta a un rafforzamento delle infrastrutture tecnologiche al fine di consentire la digitalizzazione della pubblica amministrazione, dell'istruzione, della sanità e del fisco; l'attribuzione a ciascun cittadino o impresa di una identità digitale unica; la trasformazione digitale, la patrimonializzazione e l'internazionalizzazione delle imprese; b) per la missione «Rivoluzione verde e transizione ecologica», sono considerati prioritari gli investimenti in fonti rinnovabili, in efficienza energetica degli edifici pubblici e privati e nella loro messa in sicurezza, nel miglioramento della qualità dell'aria, in una gestione accorta delle risorse naturali e nello sviluppo dell'economia circolare; c) per la missione «Infrastrutture per la mobilità» si prevede un aumento dell'efficienza dei processi autorizzativi, uno sviluppo della rete ferroviaria AV-AC per passeggeri e merci, con il completamento dei corridoi TEN-T, un piano di manutenzione della rete stradale con particolare attenzione a ponti e viadotti, lo sviluppo dell'intermodalità logistica integrata e della mobilità lenta e sostenibile a fini turistici (ferrovie turistiche); d) per la missione «Istruzione, formazione, ricerca e cultura», l'obiettivo indicato per la scuola è quello di innalzare i risultati educativi, allineare ai parametri comunitari il rapporto numerico docenti/discenti per classe, fornire un supporto al diritto allo studio, migliorare la qualità degli ambienti (energetica, antisismica e delle infrastrutture per e-learning). Si prevede inoltre di rafforzare le competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, di attuare politiche di lifelong-learning e di formazione dei lavoratori e dei cittadini disoccupati e inattivi, di potenziare la ricerca e promuovere l'integrazione tra ricerca pubblica, mondo produttivo e istituzioni; e) per la missione «Equità sociale, di genere e territoriale» l'intento è quello di rafforzare la tutela del reddito (anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale), la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le politiche sociali e di sostegno della famiglia, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e l'empowerment femminile, contrastando al tempo stesso il fenomeno del lavoro sommerso; f) per la missione «Salute» le risorse saranno indirizzate a rafforzare la resilienza e la tempestività di risposta del sistema sanitario alle patologie infettive emergenti e ad altre emergenze sanitarie. Si investirà nella digitalizzazione dell'assistenza medica ai cittadini, nel fascicolo sanitario elettronico e nella telemedicina, nonché nel rafforzamento del sistema delle residenze sanitarie assistenziali e dei presìdi sanitari nelle aree rurali e marginali del Paese. Un contributo importante sarà offerto anche dal sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica.
  Ricorda, infine, che nel documento governativo sono indicati criteri di valutazione positiva e negativa, volti a indirizzare la scelta verso progetti che riguardino principalmente la creazione di beni pubblici, che siano di rapida attuabilità, monitorabili, con effetti positivi rapidi su numerosi beneficiari, che coinvolgano capitali privati, abbiano un ritorno positivo in termini occupazionali e di raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, con un basso utilizzo delle risorse naturali. Saranno invece esclusi i progetti finanziabili integralmente tramite altri fondi UE, incluso il QFP 2021-2027, che non siano maturi sul piano progettuale, i progetti «storici» con problemi di attuazione, quelli che non presentino stime attendibili sull'impatto economico, quelli difficilmente monitorabili o che non rispettino i criteri di sostenibilità.
  Fa presente che la V Commissione ha evidenziato, nello Schema di relazione in esame, alcune ulteriori indicazioni di carattere generale e metodologico, emerse nel corso dell'attività conoscitiva, che possono essere di ausilio nel processo di selezione degli interventi nei diversi ambiti, nonché nella scelta dei modelli organizzativi per la gestione ottimale delle fasi di programmazione, gestione e realizzazione dei progetti.
  Un primo gruppo di indicazioni riguarda i criteri di selezione degli interventi idonei a massimizzare l'impatto sulla crescita e a colmare i divari strutturali che il nostro Paese registra, rispetto alla media Pag. 322UE, in termini di produttività e investimenti. A tale riguardo lo Schema di relazione evidenzia in primo luogo che le risorse del PNRR dovranno essere orientate alla realizzazione di un programma di riforme e investimenti volto a rendere le nostre imprese competitive a livello europeo e internazionale, con un effetto moltiplicatore virtuoso tale da rafforzare gli investimenti privati senza che le risorse pubbliche siano disperse in mille rivoli come accadeva in passato. Tali investimenti dovranno essere finalizzati anche al superamento delle procedure di infrazioni comunitarie in corso.
  Ricorda inoltre che, per quanto concerne, in particolare, i divari in termini di dinamica della produttività, debole già a partire dagli anni novanta, lo Schema di relazione evidenzia come questi siano notevolmente accresciuti dopo la crisi del 2009. Nel 2019, la produttività del lavoro italiana, misurata dal valore del PIL per ora lavorata, ha registrato un incremento pari a 1,2 punti percentuali rispetto al valore del 2010, a fronte di un incremento medio di circa 8 punti percentuali di Germania, Francia e Spagna. Incidono su tale insoddisfacente dinamica molteplici fattori, tra cui, principalmente, un insufficiente processo di accumulazione del capitale, sia materiale che immateriale e sia pubblico che privato, nonché le barriere nell'accesso ai mercati, come ripetutamente rilevato nelle Raccomandazioni del Consiglio rivolte all'Italia negli ultimi anni. A tale riguardo è stata evidenziata la necessità di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.
  Rammenta che tra i fattori altrettanto determinanti ai fini di un recupero della produttività per unità di lavoro impiegato lo Schema di relazione sottolinea l'esigenza di una decisa inversione di rotta nell'investimento in capitale umano e in ricerca, in relazione al quale si evidenzia come l'Italia, nell'ambito dei paesi OCSE, si distingua per essere tra quelli che hanno la più bassa spesa per istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale. Inoltre, a fronte di aumenti di spesa in questo settore negli ultimi dieci anni in Paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito, il nostro Paese ha registrato una diminuzione complessiva di tale spesa nello stesso arco temporale. Ciò ha inevitabilmente influenzato i livelli di istruzione che risultano sensibilmente più bassi rispetto a quelli esistenti nell'Unione europea: nel 2019 il 19,6 per cento della popolazione italiana di età compresa tra i 25 e i 64 anni aveva conseguito un titolo di studio terziario, a fronte del 31,6 per cento della media registrata nell'Unione europea, e il 27,7 per cento dei giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni aveva conseguito la laurea, rispetto al 39,4 per cento dell'Unione europea. Il basso livello di laureati e, più in generale, la mancanza di una formazione scolastica adeguata si traducono in costi sociali ed economici rilevanti per il Paese e appare perciò necessario prevedere interventi di supporto al diritto allo studio volti a sostenere soprattutto i nuclei familiari con disagio economico e sociale.
  Sottolinea che lo Schema di relazione richiama il basso livello di investimenti in ricerca e sviluppo, che in Italia hanno rappresentato nell'ultimo decennio una quota rispetto al PIL inferiore di circa la metà rispetto a quella registrata nell'Unione europea, rilevando come in tale contesto il livello trascurabile degli investimenti in istruzione, da una parte, e in innovazione, dall'altra, rischi di innescare un circolo vizioso tale da amplificare il ritardo produttivo del Paese.
  Ricorda che, per quanto attiene agli investimenti complessivi, nello Schema di relazione si sottolinea come questi abbiano subito in Italia una contrazione molto ampia durante le due crisi succedutesi a partire dal 2009 e come la ripresa successiva sia risultata meno sostenuta rispetto alla media UE. Nel 2019, in Italia, la quota degli investimenti totali sul PIL (misurati a prezzi correnti) è risultata del 18,1 per cento, ben inferiore a quella media dei Paesi dell'area euro (pari al 22 per cento). La voce in diminuzione è Pag. 323principalmente quella degli investimenti delle amministrazioni pubbliche: dal 2008 al 2019 la quota di investimenti pubblici italiani è scesa di circa un punto percentuale (da 3,2 per cento a 2,3 per cento) attestandosi su un livello inferiore di quello dell'area euro (pari al 2,8 per cento nel 2019). Gli investimenti privati, invece, hanno registrato una moderata ripresa, principalmente nelle attrezzature, pur rimanendo sostanzialmente al di sotto del livello pre-crisi e della media della zona euro.
  Evidenzia che la principale indicazione fornita nello Schema di relazione è quindi quella di massimizzare gli impieghi destinati a finalità di investimento pubblico, raccomandando il carattere addizionale di tali investimenti rispetto all'opzione alternativa di utilizzare le risorse europee in qualità di finanziamenti sostitutivi di opere già previste negli andamenti tendenziali. Nello Schema di relazione viene ricordato in proposito l'alto effetto moltiplicativo degli investimenti pubblici, nonché gli effetti positivi, nel lungo periodo, prodotti dall'espansione del capitale pubblico dal conseguente miglioramento della qualità dei servizi destinati a imprese e famiglie sulla redditività del capitale privato e, quindi, sulla produttività generale e sul potenziale di crescita dell'economia nel suo complesso. Viene peraltro altresì ricordato che, ai fini della rapida realizzazione degli investimenti aggiuntivi, che si sommano a quelli previsti a legislazione vigente, occorre superare la scarsa capacità progettuale e realizzativa che caratterizza i nostri centri di spesa, come dimostra l'esperienza dei fondi strutturali. A tal fine occorre procedere con uno snellimento delle procedure, con l'assunzione di nuovo personale qualificato e con un generale recupero di efficienza.
  Rileva che l'ulteriore indicazione presentata nello Schema di relazione è quella di promuovere gli investimenti privati con misure che si traducano in meccanismi agevolativi automatici, sulla base di criteri di accesso semplici e che riducano al minimo l'attività di intermediazione delle amministrazioni pubbliche, anche attraverso la previsione di misure fiscali mirate e temporanee. Pertanto, lo Schema di relazione ribadisce che le risorse del PNRR dovrebbero essere utilizzate per attuare un programma di riforme e investimenti che permetta all'Italia di creare sul territorio nazionale, a partire dalla Capitale, un ambiente idoneo affinché le imprese possano nascere, crescere e creare ricchezza, un programma il cui successo potrà essere valutato nella misura in cui ogni euro di risorse pubbliche investito genererà un incremento più che proporzionale di investimenti privati così da permettere al nostro Paese di recuperare quel gap di produttività e di crescita che ormai lo affligge da oltre un decennio.
  Fa presente che, in questo quadro, lo Schema di relazione sottolinea altresì la necessità di favorire e sostenere la graduale riconversione delle produzioni «mature», ossia di quelle produzioni per le quali l'Italia nel prossimo futuro non potrà mantenersi competitiva, riconversione che dovrà essere orientata verso le produzioni in grado di valorizzare la forza del «Marchio Italia», sfruttando il valore aggiunto universalmente riconosciuto alle produzioni appartenenti al Made in Italy. Occorrerà a tal fine definire un Piano italiano di riconversione, individuando le produzioni o i settori produttivi sui quali intervenire e indicando l'approdo della riconversione. Occorrerà inoltre riservare una particolare attenzione alla promozione dell'industria culturale e del turismo, in quanto asset strategico dell'Italia, favorendo a tal fine la creazione di veri e propri distretti territoriali ad alta vocazione turistica e culturale con l'obiettivo anche di rilanciare i siti minori.
  Ricorda inoltre che nello Schema di relazione viene rimarcata l'esigenza di valorizzare la posizione privilegiata strategica dell'Italia come grande piattaforma sul Mediterraneo, approdo naturale dei traffici di merci, e in questa prospettiva viene evidenziata la necessità di investire nelle infrastrutture per connettere in maniera efficiente tutto il territorio italiano all'Europa, rendendo più veloci gli scambi commerciali, anche al fine di colmare il Pag. 324divario tra il Nord e il Sud del Paese; al riguardo sono in particolare richiamati come necessari gli investimenti sulla dorsale Tirrenica e Adriatica e l'esigenza di una sinergica connessione tra reti ferroviarie, viarie e infrastrutture portuali e aeroportuali, nonché il raccordo fra il Brennero e il Tirreno.
  Sottolinea infine che lo Schema di relazione ricorda come tra i fattori che concorrono a ridurre le nostre prospettive di crescita vi sia una dinamica demografica sfavorevole. Pur tenendo conto dell'apporto dell'immigrazione (stimato dall'Eurostat in circa 200.000 persone in media all'anno), la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi quindici anni. A questo riguardo lo Schema di relazione sottolinea come il nostro Paese presenti un indice di fecondità pari a 1,29 figli per donna, che si attesta ben al di sotto della media di 1,56 dell'Unione europea: appare pertanto necessario creare un contesto favorevole alla ripresa di questo indice, prevedendo misure di sostegno alla natalità e garantendo maggiori e migliori servizi ai nuclei familiari. L'aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l'allungamento della vita lavorativa possono in parte compensare tale declino demografico, permettendo all'occupazione di contribuire positivamente alla crescita, per oltre mezzo punto all'anno. Considerate tali dinamiche, per riportare la dinamica del PIL almeno all'1,5 per cento, il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale, servirà quindi un incremento medio della produttività del lavoro di quasi un punto percentuale all'anno.
  Osserva che un secondo gruppo di indicazioni contenute nello Schema di relazione riguarda il collegamento tra spesa e riforme. Sotto tale aspetto, gli ambiti da riformare, in quanto costituiscono attualmente fattori che rallentano il dinamismo economico complessivo e attenuano l'effetto moltiplicativo della spesa, sono individuati in una pubblica amministrazione macchinosa e ancora orientata a schemi amministrativistici, un mercato del lavoro inefficiente e poco reattivo, un sistema fiscale che penalizza i fattori produttivi e non supporta la crescita, una giustizia lenta. Le riforme di tali ambiti devono essere considerate in parallelo con i programmi di spesa, in quanto le riforme strutturali rendono più produttiva la spesa, mentre la spesa è spesso necessaria per sbloccare processi di riforma e accompagnarne l'implementazione, ad esempio indennizzando le categorie e gli operatori economici chiamati a sopportarne i costi nel breve periodo. Un utilizzo delle risorse del PNRR che risulti funzionale alla realizzazione di riforme mirate rappresenta una occasione unica che consentirebbe di affrontare numerose tematiche irrisolte.
  Rileva che un terzo gruppo di indicazioni fornite nello Schema di relazione riguarda il tema della gestione delle risorse, del loro riparto sui territori e dei modelli governance. Le risorse che affluiranno attraverso NGEU dovranno essere rivolte a coniugare l'obiettivo della crescita con quello della riduzione dei divari territoriali. Si tratta di obiettivi che sarebbe errato contrapporre, come dimostrano chiaramente le stime sull'impatto in termini di più elevata crescita economica complessiva, nel breve come nel lungo periodo, nel caso di una maggiore concentrazione delle nuove risorse di investimento nel Mezzogiorno. Lo schema di relazione sottolinea inoltre come alla storica frattura territoriale tra Nord e Sud si sovrapponga, oggi, un divario crescente tra centri urbani, aree interne e isole minori, nonché l'emergere di una specifica questione appenninica, soprattutto nelle aree interessate, in tempi recenti, da terremoti e altri devastanti fenomeni naturali. A ciò si aggiunge il grave svantaggio competitivo delle isole maggiori, legato in larga parte all'irrisolto problema della mancanza di continuità territoriale, e di alcuni territori alpini, fortemente in crisi e minacciati dalla concorrenza dei Paesi confinanti.
  Evidenzia che, per quel che concerne le aree interne, l'indicazione dello Schema di relazione è che le risorse del PNRR siano Pag. 325destinate a misure volte ad invertire i fenomeni di depauperamento demografico e socio-economico dei territori, sia attraverso il rafforzamento dei settori a forte vocazione territoriale e il sostegno alla creazione di imprese innovative, sia mediante la realizzazione di nuove e più efficienti infrastrutture per la mobilità, per avvicinare l'Appennino alle coste e alla Capitale, rilanciare i collegamenti tra il Mar Adriatico, il Mar Tirreno e il Mar Ionio e rafforzare le connessioni sulla dorsale appenninica. In questo quadro, viene reputato fondamentale concentrare le risorse su interventi volti a valorizzare il tema della vulnerabilità dei territori che presentano un elevato rischio di calamità naturali, garantendo la sicurezza dei cittadini mediante il miglioramento delle prestazioni sismiche delle abitazioni, delle scuole, degli uffici pubblici, e, più in generale, attivando politiche di tutela e di messa in sicurezza del territorio.
  Sottolinea che, per quanto concerne, in via generale, la riduzione dei divari territoriali, l'indicazione dello Schema di relazione è quella di cogliere l'occasione offerta dal Recovery Fund per accelerare l'avvio di politiche di riequilibrio degli investimenti in favore del Mezzogiorno, che presenta più alti moltiplicatori, per disegnare al contempo un nuovo percorso di perequazione tra le diverse aree del Paese che consenta il superamento del criterio della spesa storica e la messa a disposizione di risorse per garantire servizi pubblici adeguati anche nelle aree più disagiate, nel rispetto della legge di attuazione del federalismo e dei principi costituzionali in materia di salute, istruzione e mobilità. Sotto tale ultimo profilo si evidenzia come le nuove risorse europee potranno essere impiegate per attuare finalmente la procedura di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) afferenti ai diritti civili e sociali in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, creando condizioni di sviluppo e benessere per le aree più depresse del Paese. In linea generale lo Schema di relazione sottolinea inoltre come il PNRR costituisca anche uno strumento per accelerare l'attuazione del Piano Sud 2030, le cui linee di intervento paiono del tutto coerenti con la natura e le finalità di progetti che dovranno essere presentati all'Unione europea. Viene pertanto ribadito che l'obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, al fine di colmare, nel giro di alcuni anni, il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori.
  Osserva che, in tale quadro, l'indicazione che viene fornita dallo Schema di relazione è, in via minimale, quella di applicare anche per le risorse del PNRR la clausola del 34 per cento, che impone alle amministrazioni centrali di destinare alle regioni meridionali una quota di spesa ordinaria in conto capitale pari almeno alla percentuale di popolazione residente. Peraltro, considerato il più alto moltiplicatore che caratterizza la spesa di investimento effettuata al Sud – di cui beneficerebbe l'intero territorio nazionale – e la necessità di superare il divario soprattutto infrastrutturale esistente tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, lo Schema di relazione formula altresì l'auspicio che le risorse del PNRR siano destinate al Mezzogiorno in misura anche maggiore rispetto alla predetta clausola del 34 per cento, ciò anche in ragione di alcune simulazioni presentate dalla SVIMEZ che evidenziano come la destinazione delle risorse del PNRR al Mezzogiorno anche in misura superiore al 34 per cento non solo accelererebbe la velocità di convergenza all'interno del territorio nazionale nel lungo periodo, ma migliorerebbe anche la dinamica di convergenza dell'Italia verso il resto d'Europa.
  Rileva infine come lo Schema di relazione sottolinei, in ogni caso che la molteplicità dei canali di finanziamento, soprattutto verso le regioni del Sud, impone un coordinamento tra la fase di elaborazione del PNRR e l'ordinaria attività di programmazione della politica di coesione del nuovo QFP 2021-2027, nell'ambito della quale le regioni svolgono un ruolo rilevante.
  Osserva che, in merito al sistema di governance dei progetti finanziati con il Pag. 326PNRR, lo Schema di relazione evidenzia in primo luogo un'esigenza di coordinamento, soprattutto con riferimento alle regioni del Sud, con l'ordinaria attività di programmazione della politica di coesione del nuovo QFP 2021-2027, nell'ambito della quale le regioni svolgono un ruolo rilevante. Emerge quindi l'esigenza di una visione complessiva e a carattere nazionale delle sfide e missioni previste nel Piano, con il ruolo che i livelli di governo sottostanti, a partire da quello regionale, saranno chiamati a svolgere nei vari ambiti di competenza in diversa misura. Quale sia il modello di governance prescelto appare imprescindibile è che al riconoscimento di competenze programmatorie e gestionali, cui consegue un potere di spesa, corrisponda l'attribuzione di precise responsabilità politiche e amministrative.
  Ricorda che un quarto gruppo di indicazioni fornite nello Schema di relazione riguarda il tema della trasparenza e del controllo. La necessità di procedure rapide e certe non può infatti andare a discapito della trasparenza sulle motivazioni alla base delle scelte o di una chiara rendicontazione dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati. Il rispetto delle procedure di concorrenza e un puntuale monitoraggio saranno infatti oggetto del processo di validazione dei progetti in sede europea e risulteranno altresì essenziali al fine di un controllo democratico delle finalità cui è destinato l'utilizzo dei fondi europei. Le indicazioni della Commissione bilancio a tale proposito riguardano: a) la creazione di una infrastruttura di servizio composta da soggetti pubblici e privati che funga da serbatoio di competenze nel processo di scelta elaborazione e valutazione dei progetti, anche mediante l'utilizzo degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), che consentono una valutazione non limitata alle sole ricadute in termini di PIL, ma estesa anche alla dimensione sociale e ambientale; b) l'individuazione di una sede – un sito Internet o un portale dedicati – che consenta in tempo reale, a tutti cittadini, di verificare le scelte effettuate e lo stato di avanzamento dei progetti, anche con riferimento agli obiettivi fissati; c) l'adozione di strumenti di valutazione delle politiche pubbliche, che consentano di orientare in modo più produttivo le scelte a tutti i livelli di governo e consentano al dibattito pubblico di basarsi su dati concreti e misurabili. I costi iniziali che un approccio strategico innovativo di questo tipo comporterebbe verrebbero ampiamente ripagati, nel medio-lungo periodo, dalla migliore qualità delle decisioni pubbliche.
  Sottolinea che lo Schema di relazione offre un quinto gruppo di indicazioni riguardanti il tema della finanza pubblica e del debito. La necessità di destinare la massima parte dei fondi europei a interventi ad alto effetto moltiplicativo è strettamente connessa all'esigenza di assicurare un sostanziale, progressivo e continuo riequilibrio dei conti pubblici, in vista di una riattivazione, in prospettiva, del Patto di stabilità e crescita, auspicabilmente modificato, e della cessazione del massiccio programma straordinario di acquisti di titoli pubblici attivato dalla Banca centrale europea. L'indicazione in proposito richiamata dallo Schema di relazione è quella di assicurare un impiego efficiente delle risorse per rilanciare le prospettive di crescita dell'economia e contenere il peso del debito sul prodotto, riducendo allo stesso tempo il rischio di una tensione sui titoli di Stato al venire meno delle condizioni favorevoli connesse alle misure emergenziali messe in atto a livello europeo. In questo quadro, lo Schema di relazione sottolinea l'esigenza di prevedere anche meccanismi che contemplino adeguati strumenti per affrontare la crisi finanziaria riscontrabile in alcuni enti locali, quali, ad esempio, la revisione dei «fabbisogni standard», in modo da evitare situazioni di dissesto finanziario.
  Rileva infine che un sesto e ultimo gruppo di indicazioni proposte nello Schema di relazione riguarda l'importanza del coinvolgimento del Parlamento nell'intero iter di predisposizione e attuazione del PNRR, di cui la proposta di linee guida presentata dal Governo rappresenta soltanto il punto di partenza. In particolare, tale coinvolgimento dovrebbe riguardare Pag. 327anche tutte le tappe successive, quali la presentazione dei una prima bozza di PNRR entro il prossimo 15 ottobre, la definitiva versione del PNRR, nonché la successiva fase di attuazione, durante la quale appare necessario che le Camere procedano ad una accurata e continua attività di monitoraggio, volta a verificare il puntuale rispetto degli obiettivi prefissati e della relativa tempistica. A tale proposito l'indicazione fornita nello Schema di relazione è quella della trasmissione da parte del Governo alle Camere di una relazione periodica, da sottoporre alle Commissioni permanenti per le loro valutazioni per le parti di rispettiva competenza, ferma restando, tra l'altro, la possibilità di istituire nelle medesime Commissioni appositi Comitati permanenti con il compito di procedere al monitoraggio della complessiva fase di attuazione del Piano.
  In conclusione, si riserva di presentare una proposta di rilievi ed osservazioni all'esito del dibattito in Commissione.

  Marco MAGGIONI (LEGA) riservandosi di esprimere compiutamente le proprie valutazioni di merito in altra seduta, sottolinea come il termine «resilienza» sembri non del tutto appropriato nella fattispecie in esame, atteso che esso identifica la capacità di resistere agli urti, mentre l'obiettivo ultimo delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea dovrebbe essere piuttosto il rilancio del Paese.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.35.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 23 settembre 2020. — Presidenza del presidente Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 17.35.

Programma di lavoro della Commissione per il 2020 – Un'Unione più ambiziosa.
(COM(2020)37 final).
Programma di lavoro adattato 2020 della Commissione.
(COM(2020)440 final).
Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2020.
(Doc. LXXXVI, n. 3).

(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei documenti in oggetto, rinviato nella seduta del 27 febbraio 2020.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, richiama in via preliminare l'approfondito lavoro istruttorio condotto dalla Commissione, che ha visto lo svolgimento di numerose audizioni di autorevoli esperti e rappresentanti delle istituzioni nazionali ed europee, le cui valutazioni sono state alla base di una ampia analisi che è confluita nella proposta di relazione finale che è stata depositata agli atti della Commissione (vedi allegato 4).
  Nel rinviare a quest'ultima, richiama alcune valutazioni contenuto nelle sue conclusioni, soffermandosi in particolare sulle prospettive del processo di integrazione dell'UE. A tale riguardo rileva, anzitutto, che la nuova Commissione europea, con la presentazione del suo primo programma di lavoro, come adattato in relazione all'emergenza epidemiologica, ha impresso uno slancio senza precedenti al processo di integrazione europea, prospettando le basi politiche e giuridiche per la costruzione di una nuova sovranità economica, industriale e tecnologica dell'Unione europea, che si affiancherebbe all'ulteriore rafforzamento della sua leadership mondiale già conquistata sul versante della sostenibilità ambientale e della lotta ai cambiamenti climatici. Pag. 328
  Osserva, quindi, come oggi si prospetti la costruzione di una nuova sovranità europea, che avrà al centro i grandi assi della transizione verde e della trasformazione digitale, così come l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e la diffusione dei valori europei, della democrazia, del primato dello Stato di diritto e del multilateralismo, in un contesto in cui l'Europa sarà chiamata a rafforzare le proprie politiche, anche in campo sanitario, e a intensificare la cooperazione tra gli Stati membri per dimostrare la capacità di assumere un maggior peso nello scenario geopolitico mondiale.
  Evidenzia quindi come l'avvento della Pandemia da Covid-19, pur implicando la rimodulazione delle scadenze nell'attuazione di alcune delle iniziative annunciate nel programma di lavoro originario della Commissione, abbia di contro impresso una forte accelerazione al processo di integrazione, aprendo prospettive inedite e per molti versi impensabili nello scenario pre-Covid.
  Ciò che è emerso in modo nitido nel corso delle attività conoscitive svolte dalla Commissione è che, nonostante le defatiganti trattative e le divisioni emerse soprattutto tra gli Stati del Nord e gli altri Stati membri, l'esito finale del negoziato consacrato nell'accordo raggiunto nel Consiglio europeo del luglio scorso costituisce un cambio di paradigma nelle politiche europee, un salto di qualità suscettibile di generare sviluppi ben al di là dell'attuale contesto emergenziale.
  L'Europa ha scelto non solo di risanare i danni derivanti dalla pandemia, ma ha saputo cogliere l'occasione per gettare al contempo le fondamenta del suo futuro.
  Diversamente da quanto accaduto nelle precedenti crisi finanziarie e dei debiti sovrani – in cui l'assenza di politiche solidaristiche e l'attaccamento ossessivo ad una ferrea disciplina fiscale hanno mostrato tutti i loro limiti, anche sul piano degli effetti macroeconomici, alimentando un diffuso euro-scetticismo – le iniziative adottate in risposta alla pandemia hanno dimostrato una capacità di reazione dell'Unione europea che in termini di tempestività e impatto ha spiazzato anche i suoi più severi detrattori.
  Nonostante le incertezze iniziali e la ritrosia di alcuni Paesi – che avrebbero in prima battuta preferito confinare l'intervento di sostegno e rilancio alle prime misure di allentamento dei vincoli di bilancio e della disciplina in materia di aiuti di Stato e di flessibilizzazione per l'impiego dei fondi strutturali, nonché alla rete di sicurezza costituita dal MES e dal SURE e al potenziamento della leva finanziaria della BEI – l'intesa infine raggiunta sul programma Next Generation EU ha costituito un autentico punto di svolta nell'architettura economico-finanziaria della UE.
  Ciò non soltanto per la mole delle risorse in termini di prestiti e sussidi messa a disposizione e per i criteri solidaristici adottati nella loro allocazione in favore degli Stati più colpiti dalla pandemia, ma soprattutto per il meccanismo di reperimento sul mercato dei capitali della provvista necessaria ad alimentare il Recovery fund (così come il SURE), che configura in nuce l'embrione di un'autentica Unione fiscale nella quale si genera debito comune, che potrà essere in parte ripagato attraverso nuove forme di fiscalità comuni, per sostenere gli Stati membri perseguendo al contempo interessi comuni fondati su valori condivisi.
  Inoltre, osserva che lo stesso impianto del Recovery fund, volto a promuovere contestualmente la ripresa nel breve periodo anche in chiave anticiclica, la resilienza agli shock futuri e la sostenibilità competitiva del sistema economico europeo nel medio periodo, potrà far sì che nel corso del tempo la crescita aggiuntiva possa rendere lo strumento per la ripresa e la resilienza autofinanziato, attraverso attività e gettito fiscale supplementari generati per gli Stati membri e l'UE, così come evidenziato anche nella Comunicazione sulla Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 presentata dalla Commissione europea il 17 settembre scorso. Pag. 329
  Seppur previsto solo in via straordinaria e temporanea, un potenziamento del bilancio a lungo termine dell'Unione come quello congegnato – che compone in un quadro strategico unitario le misure per la ripresa e la resilienza, le raccomandazioni di policy della Commissione e i nuovi traguardi europei in tema di transizione verde e digitale e inclusione sociale – testimonierebbe dunque il maturare della piena consapevolezza da parte degli Stati europei dei vincoli di reciproca interdipendenza che intercorrono tra gli stessi e, in definiva, il ribaltamento di una logica fondata sugli egoismi nazionali: da una crisi potente, che ha colpito simultaneamente la domanda e l'offerta, e simmetrica ma con possibili effetti distorsivi asimmetrici, come quella causata dal Covid-19, nessuno Stato avrebbe potuto risollevarsi da solo e in assenza delle misure prospettate anche il mercato unico ne sarebbe uscito frammentato e fortemente indebolito, mentre la disoccupazione di massa avrebbe potuto far detonare terribili conflitti sociali.
  Ciò non è accaduto perché, rileva, nel momento più buio l'Europa ha saputo trovare linfa e forza nel suo unico e prezioso modello di economia sociale di mercato.
  Pur avendo ben presenti le possibili incognite che ancora possono emergere nella compiuta definizione dei nuovi strumenti europei nell'ulteriore corso del negoziato, esprime il vivo apprezzamento per i risultati sinora conseguiti anche grazie al tenace e decisivo impegno del Governo e dei rappresentanti italiani nelle Istituzioni europee, che hanno saputo affermare un'idea di Europa forte, solidale, ambiziosa e lungimirante, in sintonia con lo spirito dei Trattati e all'altezza delle sfide della contemporaneità: si tratta di un risultato che non era affatto scontato e che ha visto consumarsi scontri molto aspri nella compagine dei leader europei.
  Osserva poi come molti problemi, naturalmente, rimangano ancora da sciogliere, sia sul piano comunitario che su quello nazionale.
  Quanto ai primi, rileva che l'attività conoscitiva svolta dalla Commissione ha consentito di sviscerare le principali criticità che si frappongono a un ulteriore balzo in avanti del processo di integrazione europea. Tra queste, possono essere anzitutto annoverati, in via generale e dal punto vista istituzionale, la resistenza a superare un approccio intergovernativo ancorato ad una logica consensuale unanimistica, che governa ancora la politica estera, di difesa e sicurezza e quella fiscale, e ciò nonostante l'avvenuto recupero di un più incisivo ruolo di proposta della Commissione; l'eccessiva complessità dei meccanismi decisionali e talvolta la loro scarsa trasparenza; l'assenza di un potere di iniziativa legislativa del Parlamento europeo.
  Dal punto di vista delle politiche sostanziali, è stata invece evidenziata l'assenza di strumenti unionali di politica economica ed industriale atti a sostenere in modo adeguato l'economia reale soprattutto nelle fasi avverse del ciclo, cui si lega un meccanismo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri che si snoda nell'ambito del Semestre europeo ispirato a rigorosi criteri prudenziali e che nonostante il tentativo di renderlo più flessibile continua a limitare oltremodo la capacità espansiva dei bilanci pubblici anche con riguardo alle spese di investimento.
  A tale ultimo riguardo osserva che, non a caso, dopo l'attivazione della clausola generale di salvaguardia in ragione del Coronavirus, il dibattito intorno alle modifiche da apportare al Patto di stabilità e crescita, le cui procedure non sono sospese, si è intensificato. In proposito, condivide quanto affermato dal Governo nella Relazione programmatica in ordine all'eccessiva asimmetria e pro-ciclicità del Patto e alla necessità di riformare la governance dell'eurozona anche attraverso la previsione di un'efficace funzione di stabilizzazione centralizzata e quindi di una fiscal stance anticiclica comune, migliorando al contempo il coordinamento fra Paesi in deficit e Paesi in surplus. Fa presente poi che nella relazione depositata sono avanzate Pag. 330anche alcune specifiche proposte miranti a riformare il Patto di stabilità e crescita al fine di promuovere anzitutto gli investimenti per la riconversione ecologica del tessuto produttivo e per il contrasto alla crisi demografica, fenomeno che in Italia ha assunto dimensioni allarmanti suscettibili di riflettersi sugli equilibri di bilancio futuri e dunque sulla stessa tenuta del suo sistema di protezione sociale.
  Sotto altro profilo, nonostante il diffuso apprezzamento per i programmi straordinari di acquisto di titoli pubblici e privati varati dalla BCE e per le misure adottate per assicurare la liquidità al sistema bancario e i relativi meccanismi di trasmissione all'economia reale, rileva che taluni limiti sono stati riscontrati anche con riguardo alla politica monetaria.
  In particolare, ricorda che è stato evidenziato come rispetto ad altre Banche centrali – come ad esempio la Riserva Federale statunitense che ha peraltro recentemente rivisto in senso espansivo la propria potenzialità di azione – gli interventi della BCE a favore degli Stati trovino un ostacolo giuridico nell'articolo 123 del TFUE, che, com’è noto, non consente l'acquisito diretto di titoli di debito sovrano, al pari delle forma di finanziamento monetario a Stati, organismi dell'Unione o imprese pubbliche, impedendo in tal modo di costruire in modo sistematico una rete di protezione dalla speculazione internazionale in favore di tutti gli Stati dell'area dell'euro tale da appiattire i differenziali di rendimento e sterilizzare il rischio di possibili turbolenze.
  Ancorché la concreta esperienza abbia dimostrato che il sistema europeo delle Banche centrali ha saputo reagire in modo appropriato anche per contrastare i rischi e gli effetti della crisi derivante dalla pandemia, permane l'esigenza, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale federale tedesca, di offrire una più solida base giuridica all'azione del SEBC soprattutto in vista di un'eventuale continuazione di programmi di acquisito di titoli pubblici caratterizzati da una ampia flessibilità, come il recente PEPP, da cui il nostro Paese trae rilevanti benefici e il cui prematuro venir meno potrebbe inficiare le potenzialità di ripresa.
  Più in generale, sottolinea come sussista ancora l'esigenza di rafforzare, accanto all'obiettivo della stabilità dei prezzi, anche quello, pur contemplato dall'articolo 127 del TFUE, di assicurare un adeguato sostegno da parte del SEBC alle politiche generali dell'Unione al fine precipuo di contribuire alla realizzazione degli obiettivi alti e nobili definiti nell'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea, con particolare riferimento a quello della piena occupazione.
  Sotto altro versante, rileva come uno dei problemi principali e dei maggiori ostacoli ad una ulteriore evoluzione del processo di integrazione europea sia rinvenibile nella tendenza alla competizione verso il basso della fiscalità e dei sistemi di protezione sociale, che dà luogo agli odiosi fenomeni di dumping fiscale e sociale.
  Sul primo aspetto fa presente che la relazione depositata evidenzia l'insostenibilità sul piano politico ed economico di un'Unione in cui esistono veri e propri «paradisi fiscali», di cui si avvantaggiano in particolare le multinazionali, che si traducono in una riduzione della base imponibile di altre nazioni. Questa forma di competizione fiscale è stata sinora tollerata perché ritenuta parte essenziale della globalizzazione finanziaria, ma si rivela oggi ormai inaccettabile poiché sottrae ingenti risorse alle finanze pubbliche di quei Paesi, come l'Italia, a cui, nello stesso tempo, si richiede rigore finanziario.
  È, questo, un tema spinoso di dimensioni macroscopiche, che impatta su interessi fortissimi di alcuni Stati membri che vorrebbero mantenere lo status quo, ma che non può non essere affrontato in modo risoluto se si vuole davvero costruire una compiuta e più forte Unione economica e monetaria.
  Parimenti andrà affrontato il tema dell'altrettanto odioso fenomeno del dumping sociale, in relazione al quale tuttavia la proposta di istituzione di un salario minimo europeo avanzata dalla Commissione, Pag. 331unitamente a quella di definizione di un regime europeo di riassicurazione contro la disoccupazione, costituiscono già una condivisibile base di partenza per dare forma e sostanza all'attuazione dei principi del Pilastro europeo dei diritti sociali. Base di partenza perché l'obiettivo ultimo dovrebbe essere quello di armonizzare i sistemi di protezione sociale definendo strumenti comuni atti a garantire in ogni Paese condizioni dignitose di vita a tutti i cittadini.
  Strettamente connesso alle questioni testé richiamate è, infine, il tema specifico della fiscalità e delle nuove risorse proprie dell'UE, che rappresentano il presupposto base per ampliare in prospettiva le capacità di bilancio dell'Unione senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche degli Stati membri e per questa via perseguire più efficacemente gli obiettivi di benessere, progresso sociale e sostenibilità ambientale sanciti nei trattati.
  In questo ambito l'accordo conseguito nel Consiglio europeo dello scorso mese di luglio prevede, com’è noto, che nei prossimi anni l'Unione lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie, introducendone di nuove di cui quelle dopo il 2021 saranno utilizzate per il rimborso anticipato dei prestiti contratti a titolo di Next Generation EU. In particolare, come primo passo sarà introdotta una nuova risorsa propria basata sui rifiuti di plastica non riciclati che si applicherà a decorrere dal 1o gennaio 2021; come base per risorse proprie supplementari, nel primo semestre del 2021 la Commissione presenterà le proposte relative a un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e a un prelievo sul digitale, ai fini della loro introduzione al più tardi entro il 1o gennaio 2023. Inoltre, la Commissione presenterà una proposta di revisione del sistema di scambio di quote di emissioni, eventualmente estendendolo al trasporto aereo e marittimo e si lavorerà all'introduzione di altre risorse proprie, che potrebbero comprendere anche un'imposta sulle transazioni finanziarie.
  L'accordo raggiunto rappresenta per alcuni versi un passo indietro rispetto alle proposte formulate in precedenza dalla Commissione europea – soprattutto in ragione del venire meno della proposta relativa ad una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società – e, in generale, un punto di compromesso rispetto alle proposte, più avanzate, sostenute dal Parlamento europeo.
  Ciò nondimeno, il selezionato paniere di nuove risorse proprie, così come l'annunciata proposta di revisione della tassazione dell'energia in vista dell'obiettivo della neutralità climatica del Continente al 2050, denotano a suo avviso la volontà politica di utilizzare anche la leva fiscale al fine di promuovere un pervasivo processo di cambiamento dei modelli di produzione e consumo secondo il principio della sostenibilità competitiva, che insieme all'inclusione sociale è alla base della nuova strategia di crescita sostenibile della Commissione europea.
  I prospettati nuovi tributi europei risultano, infatti, coerenti con le nuove priorità strategiche dell'UE, in particolare in tema di Green Deal ed economia circolare, atteso che a questa logica rispondono a ben vedere sia la «plastic tax» che la revisione dell'Emission trading scheme, e al contempo sono volti a salvaguardare il mercato unico dalla concorrenza, spesso sleale, di paesi terzi che non osservano stringenti standard di sostenibilità ambientale, come nel caso della nuova «Carbon border tax»: come ha affermato la Presidente della Commissione europea, il carbonio deve avere il suo prezzo, perché la natura non può più pagarne il prezzo.
  Considerazioni diverse possono essere fatte per la digital tax, in relazione alla quale, nonostante lo slittamento al 2021 della presentazione della relativa proposta, valuta con favore la determinazione manifestata dalla Commissione europea nel voler andare avanti anche in caso di un fallimento del negoziato in corso da tempo in sede OCSE.
  Nell'insieme, osserva che le proposte avanzate in tema di nuove risorse proprie testimoniano un coraggio e un'ambizione inediti delle Istituzioni europee, pronte a sfidare, per ragioni di equità e in nome di Pag. 332un diverso modello di sviluppo, i giganti delle tecnologie digitali, le produzioni più inquinanti a base di combustibili fossili e, in ipotesi, anche gli eccessi della speculazione finanziaria, ossia, a ben vedere, le lobby più potenti a livello planetario.
  Nonostante apprezzabili novità rileva poi, in linea generale, come al netto dei prestiti contratti sul mercato per finanziare il Recovery fund, il peso delle nuove risorse proprie di natura «fiscale» nel bilancio dell'UE, pur potendo alleviare l'onere a carico degli Stati membri per gli interessi e il rimborso dei suddetti prestiti, rimarrebbe comunque ancora contenuto e l'incidenza dei contributi nazionali, concepiti nei trattati come residuali, resterebbe invece di gran lunga preponderante.
  Condivide pertanto pienamente la posizione del Governo italiano, che si è sempre espresso a favore di un potenziamento della leva fiscale dell'UE e di soluzioni che contribuiscano anche alla progressiva armonizzazione del quadro fiscale in chiave anti-elusione e anti-dumping, sostenendo la previsione sia di una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), sia di una imposta sulle transazioni finanziarie, nonché l'introduzione di una «digital tax» che permetterebbe di reperire risorse da quei soggetti, in particolare le grandi imprese multinazionali, che finora hanno tratto vantaggio dal mercato unico senza tuttavia partecipare ai relativi costi o facendolo in modo molto limitato. Allo stesso modo, condivide le posizioni assunte dal Parlamento europeo, che sottolineano da molto tempo la necessità di implementare in modo significativo il sistema delle risorse proprie anche mediante l'introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie, rilevando, tra l'altro, la necessità, al fine di migliorare la credibilità e la sostenibilità del piano di rimborso di Next Generation EU, che tali oneri siano coperti interamente da entrate derivanti da autentiche nuove risorse proprie.
  Considerate le resistenze di alcuni paesi in questa direzione, sottolinea come nel corso dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione sia emerso da più parti che occorre in prospettiva intervenire sugli assetti istituzionali, semplificando radicalmente i meccanismi decisionali, tra i più gravosi previsti dai trattati. L'esperienza ha dimostrato, infatti, che né la «cooperazione rafforzata», né il ricorso all'articolo 116 del TFUE per evitare distorsioni alla concorrenza dovute a disparità delle norme fiscali nazionali, hanno garantito progressi in tale direzione, mentre il ricorso sistematico alla c.d. «clausola passerella» potrebbe essere una soluzione solo di carattere transitorio ma invero inadatta a superare le distorsioni evidenziate soprattutto in tema di dumping fiscale.
  Appare dunque necessario svolgere, in vista della prossima Conferenza sul futuro dell'Europa, una seria riflessione su tali tematiche, anche al fine di non escludere a priori una modifica dei trattati che possa andare alla radice del problema, passando dal voto all'unanimità alle maggioranze qualificate in materia fiscale, ferma restando la ratifica dei Parlamenti nazionali sulla Decisione sulle risorse proprie. Al contempo, al fine di conferire più solide basi democratiche ad un nuovo fisco europeo, appare opportuno che al Parlamento europeo sia attribuito uno specifico potere di iniziativa legislativa, in coerenza al principio «no taxation without representation».
  Per quanto concerne i profili della politica nazionale, ribadisce l'apprezzamento per l'operato del Governo, sia per i risultati ottenuti durante il negoziato, che vedono l'Italia come il Paese che potrebbe fruire del maggior ammontare delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea, sia per le politiche adottate o programmate, che nei diversi ambiti dell'inclusione sociale, della sostenibilità, del riequilibrio dei divari territoriali e di genere e dell'innovazione, appaiono coerenti con le priorità strategiche dell'Unione europea e ispirate all'obiettivo di elevare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità in coerenza con le sfide poste dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
  Osserva poi come il dibattito pubblico sia ora concentrato sull'individuazione Pag. 333delle priorità nell'utilizzo delle risorse del Recovery fund. Pur rilevando come non sia questa la sede propria per esprimersi sul punto, osserva che il nostro Paese ha dinanzi una opportunità irripetibile per rafforzare la sua resilienza, a partire dall'ambito sanitario, e nello stesso tempo trasformare in modo strutturale l'economia rilanciando, in favore delle nuove generazioni, il suo potenziale di crescita economica e sociale.
  Per non sprecare questa opportunità unica è necessario uno sforzo progettuale di ammodernamento senza precedenti, una sinergia articolata di riforme e investimenti che dovrà essere imponente e spingersi a diverse latitudini, ma che dovrà svilupparsi secondo una strategia organica di lungo periodo evitando la dispersione delle risorse e la frammentazione delle iniziative.
  In questa prospettiva il Green Deal e l'annunciato obiettivo di riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento entro il 2030 – ai quali sarà destinato il 37 per cento delle risorse di Next Generation EU, di cui una quota del 30 per cento dovrebbe essere reperita sui mercati con l'emissione di «obbligazioni verdi» – comporterà una radicale riconversione del tessuto produttivo e interventi trasversali in tutti gli ambiti, dall'energia ai trasporti, dall'agricoltura all'industria, dal fisco alla pubblica amministrazione, dall'edilizia ai rifiuti, sino a incidere su stili di vita e abitudini di consumo della società.
  Si tratta di un'occasione storica, che oltre a contribuire a salvaguardare il pianeta e migliorare la qualità della vita dei cittadini, potrà generare molti posti di lavoro ed elevare la competitività del sistema economico agendo sui costi dei processi produttivi anziché sulla compressione dei salari.
  Similmente, la trasformazione digitale, su cui dovrà essere investito almeno il 20 per cento di Next Generation EU, potrà sia risultare funzionale all'attuazione del Green Deal, sia elevare l'efficienza della pubblica amministrazione, attraverso l'introduzione di nuovi processi amministrativi e servizi pubblici digitali, oltre che, naturalmente, incrementare anche la produttività delle imprese e colmare i divari digitali esistenti anche a livello territoriale.
  L'affermarsi di un diritto alla connettività e di una identità digitale protetta da regole europee, la parità di accesso alle competenze digitali e la costruzione di una avanzata economia dei dati favorirebbero, inoltre, l'interazione tra cittadini, centri di ricerca, università, think tank, imprese e istituzioni, configurando, in tal modo, uno straordinario volano per l'innovazione in tutti i settori, biomedico ed energia in primis, e anche in tal caso ciò sarebbe fonte di nuovi e qualificati posti di lavoro. La costruzione, nell'ambito di Next Generation EU, di un cloud europeo di dati accessibili, come prospettato nel progetto GaiaX, appare in questa direzione essenziale anche nell'ottica di assicurare la sicurezza informatica e la relativa autonomia e sovranità anche digitale dell'UE.
  Tra gli assi strategici d'intervento figurano, altresì, il capitale umano, l'istruzione, la formazione, la ricerca e l'innovazione, in relazione ai quali le risorse europee appaiono decisive per colmare i ritardi e i gap accumulati in coerenza con le Raccomandazioni della Commissione europea – a partire dagli sforzi per contrastare l'abbandono scolastico, migliorare risultati e competenze e promuovere l'occupazione giovanile e femminile – nonché, in prospettiva, per riposizionare strategicamente il Paese sulle nuove frontiere dell'innovazione tecnologica, in particolare dell'intelligenza artificiale, della robotica, delle nanotecnologie e delle infrastrutture quantistiche.
  Le risorse di Next Generation EU, unitamente a quelle del prossimo bilancio a lungo termine dell'UE, appaiono infine dirimenti per colmare, accanto ai divari strutturali che il Paese registra da anni in termini di produttività e investimenti, i persistenti e profondi divari territoriali, non solo tra il Nord e il Mezzogiorno, bensì anche quelli, che stanno assumendo una dimensione crescente, tra centri urbani e aree interne, per i quali gli investimenti Pag. 334che saranno intrapresi nell'infrastrutturazione digitale potranno offrire un contributo di particolare rilievo.
  Altrettanto fondamentali saranno gli impegni e le azioni, che anche la Commissione europea considera strategici, per la lotta alle disuguaglianze di genere, che vanno posti in essere rapidamente con iniziative specifiche al fine di favorire un maggiore coinvolgimento delle donne nella vita sociale e produttiva, abbattendo ostacoli e discriminazioni nell'accesso al lavoro, nello sviluppo delle carriere e nei trattamenti retributivi.
  Osserva infine come negli ambiti citati, negli altri indicati nelle Linee Guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) trasmesse dal Governo alle Camere il 16 settembre scorso, nonché in quelli che potranno essere individuati dal Parlamento nell'esercizio della sua funzione di indirizzo per l'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery fund, occorra puntare a un pieno, efficiente e tempestivo impiego delle relative risorse.
  L'allocazione dei fondi, che dovrà riflettere le sfide specifiche per il nostro Paese, anche in vista dell'attuazione di riforme strutturali da tempo attese, ed essere allineata alle priorità dell'UE, dipenderà sostanzialmente dalla capacità progettuale e realizzativa.
  A tale ultimo riguardo, osserva, come evidenziato nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, che occorre continuare a migliorare e accelerare le procedure di utilizzo dei fondi europei nei diversi livelli di governo, al fine di allineare i tempi degli impegni e della spesa almeno alla media europea, ciò anche in ragione dei stringenti vincoli temporali previsti dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Proprio questi ultimi sembrerebbero suggerire l'opportunità da un lato, di prevedere efficaci e trasparenti meccanismi nazionali di monitoraggio, sottoposti al controllo parlamentare, dello stato di avanzamento dei progetti che saranno contemplati nel prossimo PNRR, che potrebbero essere assistiti anche dalla previsione dell'attivazione in via automatica di poteri sostitutivi in capo ad un apposito soggetto in caso di mancato rispetto delle scadenze previste – i target intermedi (milestones) – da parte degli enti competenti che possa compromettere o ritardare l'assegnazione delle risorse o il conseguimento degli obiettivi fissati.
  Dall'altro lato, ferma l'esigenza di allineare le competenze programmatorie e gestionali con chiare responsabilità politiche e amministrative, sottolinea la necessità, in coerenza con il regolamento europeo in via di definizione e anche in vista di un efficace esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo parlamentare, che le azioni del PNRR siano inquadrate nell'ambito di efficace set di indicatori di risultato ex ante ed ex post, utilizzando a tal fine come parametri di riferimento da una parte gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), dall'altro gli obiettivi e i relativi 169 target previsti nell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che, come è noto, sono ora parte integrante del Semestre europeo.
  In conclusione, richiamando ancora il paragrafo conclusivo della proposta di relazione presentata, ritiene che si debba essere orgogliosi della più recente evoluzione delle politiche europee e altrettanto fieri dell'operato del Governo per i risultati raggiunti nel difficile negoziato.
  Naturalmente, con riferimento al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere, di cui il più complicato è rinvenibile, come evidenziato nel corso dell'audizione del Ministro Amendola, nella condizionalità legata allo Stato di diritto, richiesta a gran voce dal Parlamento europeo e contrastata da alcuni Stati membri.
  Analogamente, molti sforzi devono essere ancora compiuti in altri importanti ambiti, a partire dalla definizione di una nuova politica europea sulla migrazione, in relazione alla quale è stato da ultimo presentato un nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo che dovrebbe superare l'approccio sotteso al cosiddetto Regolamento di Dublino e che la Commissione auspica possa tradursi in atti normativi capaci di riflettere in modo compiuto l'attuazione Pag. 335dei principi di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri indicati nell'articolo 80 del TFUE.
  Parimenti, occorre adoperarsi per completare l'Unione bancaria e del mercato dei capitali nell'ambito della più estesa discussione sul completamento dell'UEM e il miglioramento del quadro di governance economica dell'UE di cui la revisione del Patto di Stabilità e Crescita costituisce l'aspetto prioritario.
  Sotto altro profilo, occorre proseguire in modo oculato il processo di allargamento, in particolare sostenendo l'integrazione europea dei Balcani Occidentali, e assicurare al contempo un adeguato supporto, anche finanziario, alle politiche per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, e ciò nel quadro di uno sforzo più ampio per il rilancio del multilateralismo e la riforma delle istituzioni internazionali nella direzione indicata dalla Presidente della Commissione europea nel suo primo discorso sullo «Stato dell'Unione» pronunciato dinanzi al Parlamento europeo.
  Infine, nell'ottica della costruzione di una nuova sovranità e autonomia strategica europea, sottolinea l'esigenza di compiere in prospettiva ogni sforzo per potenziare la capacità decisionale dell'UE, oltre che in campo fiscale, nella politica estera e in quella di sicurezza e di difesa comune, e al contempo estendere le sue competenze anche nel settore, sempre più strategico, della sanità: in questa direzione la prossima Conferenza sul futuro dell'Europa potrebbe costituire l'occasione per rilanciare su nuove basi, anche istituzionali, il progetto europeo al fine di affrontare al meglio le sfide attuali e future. La strada sinora intrapresa, conclude, è tuttavia quella giusta, e forse l'unica possibile per andare verso un mondo più giusto, più resiliente, più sostenibile, avendo come stella polare i valori dell'Unione europea sanciti nei trattati.

  Matteo Luigi BIANCHI (LEGA) rinviando, per una approfondita valutazione del documento, alla prossima seduta, pone l'accento su alcuni punti richiamati dalla relatrice che ritiene di particolare attualità. Osserva infatti che nel programma della Commissione europea non viene formulata espressamente l'intenzione di rivedere i trattati, ormai datati e non modificati da oltre 15 anni. Evidenzia inoltre che la nuova agenda per l'Europa dovrebbe dar corso ad alcuni principi del trattato di Lisbona rimasti inattuati, tra cui in particolare un maggiore coinvolgimento nelle decisioni comunitarie delle autonomie territoriali e valorizzazione del principio di sussidiarietà.
  Richiama inoltre il tema degli allargamenti, rilevando l'importanza di alcuni Stati, come la Serbia, che hanno un'economia avanzata e che sono importanti partner strategici. Con riguardo alla Turchia, sottolinea l'esigenza di agire con equilibrio per mantenerla comunque nell'orbita europea onde evitare derive pericolose e scoraggiare ulteriori azioni provocatorie all'interno del Mare Mediterraneo.
  Osserva infine che, sul piano politico, si registra uno scollamento delle istituzioni europee dai cittadini in quanto le stesse sono sovente utilizzate dai propri esponenti in chiave ideologica e per promuovere posizioni politiche di stampo progressista; viceversa, se così non fosse, tutti i cittadini europei potrebbero più facilmente riconoscersi nelle istituzioni dell'Unione. Il carattere eccezionale dell'attuale situazione costituisce un'opportunità anche per cambiare tale orientamento.

  Francesca GALIZIA (M5S), relatrice, in replica alle osservazioni svolte dal deputato Bianchi, richiama, con riguardo al tema della modifica dei trattati, l'audizione del commissario Maros Sefcovic, vicepresidente della Commissione europea con delega per le relazioni interistituzionali, il quale, in risposta a una sua domanda, ha affermato che nella Conferenza sul futuro dell'Europa si sarebbe potuto affrontare anche tale tema che deve pertanto ritenersi all'ordine del giorno. La questione degli allargamenti è stata invece approfondita nelle audizioni svolte e ripresa anche oggi in quella del Ministro Pag. 336Amendola, che ha evidenziato che il processo di allargamento nei Balcani e nel Mediterraneo costituisce una questione importante anche sotto il profilo della sicurezza europea.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 18.10

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