CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 agosto 2020
421.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 31

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 4 agosto 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.05.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Mario PERANTONI, presidente, comunica che l'onorevole Colletti cessa di far parte della Commissione ed entra a farne parte l'onorevole Businarolo.

DL 83/2020: Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da Covid-19 deliberata il 31 gennaio 2020.
C. 2617 Governo.

(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Elisa SCUTELLÀ (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere alla Commissione di merito, il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020 (C. 2617 Governo). Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata illustrazione del suo contenuto, segnala che il decreto-legge in esame, composto da 3 articoli e da un allegato, a seguito dell'estensione (con delibera del Consiglio dei Ministri del 29 luglio) fino al 15 ottobre dello stato di emergenza dichiarato lo scorso 31 gennaio in conseguenza del rischio sanitario connesso alla diffusione dell'epidemia da Covid-19, è diretto a prorogare l'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legge 25 marzo 2020, n. 19 (convertito con modificazioni dalla Pag. 32legge 22 maggio 2020, n. 35), e 16 maggio 2020, n. 33 (convertito con modificazioni dalla legge 14 luglio 2020, n. 74), che hanno disciplinato, rispettivamente, l'applicazione delle misure per contrastare l'espandersi dell'epidemia ed il loro graduale allentamento in rapporto all'evolversi della situazione epidemiologica. In particolare, il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, modificando l'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 19 del 2020, estende fino al 15 ottobre 2020 la facoltà di adottare, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, una o più misure (tra quelle indicate al comma 2 dell'articolo 1 dello stesso decreto-legge n. 19) allo scopo di contrastare i rischi sanitari derivanti da Covid-19. Rammenta a tale proposito che le misure, da adottare secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, possono riguardare, in maniera sintetica: limitazioni della libertà di circolazione e della percorribilità di strade e spazi aperti; divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus; previsione di quarantene precauzionali; limitazioni relative a manifestazioni, spettacoli e cerimonie pubbliche; sospensione di attività educative, scolastiche, professionali e accademiche e riduzione di collegamenti e trasporti pubblici. Fra le misure adottabili sono annoverate anche quelle relative alla sospensione o limitazione dell'accesso ai luoghi della cultura; alla limitazione della presenza del personale negli uffici (con promozione del lavoro agile, salva l'ordinaria erogazione delle attività indifferibili e dei servizi essenziali); alla limitazione o sospensione delle procedure concorsuali e selettive per il reclutamento del personale; a restrizioni ad attività commerciali e imprenditoriali (con ulteriore possibilità di prevedere opportune deroghe da verificare caso per caso); a restrizioni all'accesso dei visitatori nelle strutture sanitarie o di lungo degenza. È poi prevista la possibilità che le attività consentite proseguano, previa adozione di idonee misure atte a prevenire gli assembramenti e, con essi, la diffusione del virus. Il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, modificando l'articolo 3, comma 1, del citato decreto-legge n. 33 del 2020, estende al 15 ottobre 2020 l'applicabilità delle misure previste dal decreto medesimo che, pur mantenendo ferma la strumentazione predisposta e disciplinata dal decreto-legge n. 19, ha segnato l'avvio di una nuova fase a partire dal 18 maggio e fino al 31 luglio, contribuendo a delineare una cornice normativa, dove le misure emergenziali si rivolgono prioritariamente a specifiche aree del territorio e si fondano in particolare sull'evolversi dei dati epidemiologici. Ramments che entrambi i decreti legge citati hanno introdotto inoltre una disciplina sanzionatoria in caso di inosservanza delle misure di contenimento in essi previste, nonché di quelle eventualmente introdotte dai decreti e dalle ordinanze emanati in attuazione dei medesimi. Il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame proroga inoltre i termini di efficacia di alcune misure elencate nelle disposizioni indicate nell'allegato 1 al decreto medesimo, prevedendo che le relative disposizioni «vengano attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente». A tal riguardo, con riferimento alle competenze della Commissione Giustizia, rileva la proroga dei termini all'articolo 17-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge n. 27 del 2020, relativo al trattamento dei dati personali nel contesto dall'emergenza sanitaria a carattere transfrontaliero determinata dalla diffusione del Covid-19 (di cui al punto 12 dell'allegato al decreto-legge in esame). In particolare le disposizioni oggetto di proroga sono quelle di cui ai commi 1 e 6 del citato articolo 17-bis. Ramments a tale proposito che il comma 1 amplia il novero di soggetti cui è consentito effettuare trattamenti dei dati personali, inclusa la comunicazione di tali dati tra i medesimi soggetti, che risultino necessari all'espletamento delle funzioni attribuite nell'ambito dell'emergenza determinata dal diffondersi Pag. 33del COVID-19. I trattamenti possono riguardare anche le particolari categorie di dati cui appartengono quelli relativi alla salute nonché quelli relativi alle condanne penali e ai reati (di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento 2016/678 UE). I soggetti abilitati ai trattamenti sono: soggetti operanti nel Servizio nazionale di protezione civile, di cui agli articoli 4 e 13 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1; i soggetti attuatori di cui all'articolo 1 dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630; gli uffici del Ministero della salute e dell'Istituto Superiore di Sanità; le strutture pubbliche e private che operano nell'ambito del Servizio sanitario nazionale; i soggetti deputati a monitorare e a garantire l'esecuzione delle misure disposte ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13. Il trattamento dei dati deve essere effettuato nel rispetto: delle disposizioni del Regolamento UE 2016/679 concernenti il trattamento di categorie particolari di dati (tra i quali vi sono quelli relativi alla salute) e dati relativi a condanne penali e reati con particolare riferimento ai presupposti in presenza dei quali tali dati possono essere legittimamente trattati; delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 concernenti il trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante. Il comma 6 dell'articolo 17-bis, specifica che, al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i soggetti di cui al comma 1 adotteranno misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell'emergenza, all'ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali. Al riguardo, segnalo che la disposizione in esame risponde a quanto suggerito dal Garante per la protezione dei dati personali nel parere del 2 febbraio 2020, reso sulla bozza di ordinanza del dipartimento della Protezione Civile, conseguente alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e recante «disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» in merito a disposizioni in larga parte coincidenti con quella citata. Il Garante, nell'esprimere parere favorevole, ha evidenziato «la necessità che, alla scadenza del termine dello stato di emergenza, siano adottate da parte di tutte le Amministrazioni coinvolte negli interventi di protezione civile di cui all'ordinanza, misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell'emergenza, all'ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali in capo a tali soggetti». Sempre con riguardo alle competenze della Commissione Giustizia, viene prorogato inoltre (al punto 29 dell'allegato del decreto-legge in esame) il comma 6 dell'articolo 6 del decreto-legge 30 aprile 2020, n.  28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, che istituisce presso il Ministero della salute una piattaforma per il tracciamento dei contatti tra le persone che installino, su base volontaria, un'apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile complementare; la piattaforma è intesa a consentire la gestione di un sistema di allerta, in relazione alle persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi al virus COVID-19. La proroga in esame concerne il termine finale per l'utilizzo dell'applicazione. Nella formulazione finora vigente del comma 6 del suddetto articolo 6, per i termini in oggetto si faceva riferimento alla durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 – con un termine finale di chiusura, posto al 31 dicembre 2020. Il provvedimento in esame pone invece il termine del 15 ottobre 2020, che coincide con la proroga del suddetto stato di emergenza, stabilita con delibera del Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2020.

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  Mario PERANTONI, presidente, nel rammentare che la deliberazione del prescritto parere è prevista per la seduta di domani, invita la relatrice a trasmettere nella serata la proposta di parere, qualora dovesse essere articolata, per consentire ai colleghi di formulare eventuali osservazioni.

  La seduta termina alle 14.10.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 4 agosto 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/958 relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni.
Atto n. 186.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Mario PERANTONI, presidente, fa presente che il provvedimento è stato assegnato il 29 luglio scorso e che il termine per l'espressione del parere della Commissione è fissato al 7 settembre prossimo. Fa presente inoltre che la richiesta non è corredata dal prescritto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e pertanto la Commissione non potrà concludere i suoi lavori prima di averlo acquisito.

  Franco VAZIO (PD), relatore, ricorda che la Commissione è oggi chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del prescritto parere, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/958 relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni (Atto del Governo 186). Rammenta preliminarmente che lo schema di decreto legislativo è adottato in attuazione della disposizione di delega recata dall'articolo 1 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, (Legge di delegazione europea 2018) che, per il recepimento delle direttive elencate nell'allegato A, tra cui è ricompresa la direttiva (UE) 2018/958, prevede l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti. Per quanto riguarda i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, è fatto rinvio alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea). In particolare, segnalo che l'articolo 31 della citata legge stabilisce che i pareri parlamentari siano espressi entro quaranta giorni dalla trasmissione dello schema di decreto legislativo da parte del Governo, decorsi i quali il decreto è emanato anche in mancanza del parere. Lo schema in esame è stato trasmesso alle Camere il 29 luglio 2020 e pertanto il termine per l'espressione dei pareri è fissato per il 7 settembre 2020. Rammenta a tale proposito che le Commissioni parlamentari competenti non potranno comunque esprimersi fino a che non sia pervenuto il prescritto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che non è allegato al provvedimento trasmesso dal Governo. Quanto invece al termine per l'esercizio della delega, originariamente fissato al 30 marzo 2020, fa presente che l'articolo 1, comma 3, della legge 24 aprile 2020, n.  27, di conversione con modificazioni del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, in considerazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid 19, ha prorogato i termini per l'adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020. In particolare, i decreti legislativi il cui termine di adozione sia scaduto, come nel Pag. 35caso in esame, alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 27 – ossia il 30 aprile 2020 – possono essere adottati entro tre mesi da tale data. In ragione di tale disposizione il termine per l'esercizio della delega è stato dunque prorogato al 30 luglio 2020. Tuttavia l'articolo 31, comma 3, della citata legge n. 234 del 2012 prevede che qualora il termine fissato per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l'esercizio della delega o successivamente, come è nel nostro caso, il termine per la delega è prorogato di tre mesi. Pertanto il termine finale per l'esercizio della delega legislativa in esame è quindi fissato al 30 ottobre 2020. Fa presente che lo schema al nostro esame è volto a recepire la direttiva (UE) 2018/958, che impone agli Stati membri di valutare preliminarmente la proporzionalità delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che limitino l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio. Tale «test di proporzionalità» dovrebbe essere posto in essere sia per nuove norme in via di introduzione sia per modifiche della normativa esistente; la sua portata è «proporzionata alla natura, al contenuto e all'impatto della disposizione». L'obiettivo della direttiva è quello di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, evitando restrizioni sproporzionate all'accesso alle professioni regolamentate o al loro esercizio. L'intervento, che si è reso necessario a causa della tutela non soddisfacente offerta dai precedenti atti normativi dell'Unione europea in materia, e in particolare dalla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, richiede agli Stati membri di garantire obiettività e indipendenza nel procedimento di valutazione della proporzionalità, escludendo quindi eventuali influenze da parte dei portatori di interesse, che la direttiva impone comunque di consultare nel processo di adozione delle disposizioni. Prima di passare alla descrizione dei contenuti dello schema in esame, segnala che, come ricordato dal Governo nell'allegata analisi tecnico normativa, risultano aperte tre procedure di infrazione a carico dell'Italia per quanto riguarda il recepimento della citata direttiva 2005/36/CE. In particolare, nell'ambito della procedura 2018–2175, la Commissione europea contesta all'Italia, tra l'altro, di continuare a richiedere ai titolari delle specifiche professioni regolamentate dell'agente immobiliare e dell'avvocato requisiti sia sproporzionati che discriminatori (in violazione dell'articolo 59, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE come sostituito dalla direttiva 2013/55/UE) nonché lesivi della libertà di stabilimento ex articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'UE. Passando al contenuto dello schema in esame, fa presente che esso è composto da nove articoli, il primo dei quali definisce l'oggetto e l'ambito di applicazione del provvedimento. In particolare, lo schema è volto a disciplinare lo svolgimento della valutazione di proporzionalità da effettuarsi in vista dell'adozione di nuove norme legislative, regolamentari o amministrative generali nonché di disposizioni di modifica delle norme esistenti, che limitino l'accesso alle professioni regolamentate, il loro esercizio o l'accesso a una modalità di esercizio delle stesse, compreso l'uso di titoli professionali e incluse le attività professionali autorizzate in virtù di tale titolo (comma 1). Come stabilito dal comma 2 dell'articolo 1, sono incluse le attività professionali che rientrano nell'ambito applicativo del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Segnala a tale proposito che, sulla base delle citate disposizioni, per attività regolamentata si intende: 1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità; 2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali; 3) l'attività Pag. 36esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale; 4) le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso; 5) le professioni esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo contenuto nell'apposito elenco allegato al provvedimento. Il medesimo comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame esclude esplicitamente dall'ambito di applicazione le ipotesi in cui i requisiti specifici riguardanti la regolazione di una determinata professione siano contenuti in atti normativi interni adottati in attuazione di atti dell'Unione europea. L'articolo 2 reca le definizioni. Segnala in particolare che le definizioni di «titolo professionale protetto» e di «attività riservate» riproducono quelle contenute nell'articolo 3 della direttiva (UE) 2018/958. Pertanto il «titolo professionale protetto» indica una forma di regolamentazione di una professione secondo cui l'uso del titolo in un'attività professionale o un gruppo di attività professionali è subordinato, direttamente o indirettamente, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di una specifica qualifica professionale, e secondo cui l'uso improprio di tale titolo è soggetto a sanzioni; quanto alle «attività riservate» esse indicano una forma di regolamentazione di una professione secondo cui l'accesso a una attività professionale o a un gruppo di attività professionali è riservato, direttamente o indirettamente, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a coloro che esercitano una professione regolamentata, in possesso di una specifica qualifica professionale, anche nel caso in cui l'attività sia condivisa con altre professioni regolamentate. L'articolo reca, poi, la definizione di «soggetti regolatori», con i quali si intendono tutte le autorità legittimate ad emanare disposizioni legislative o regolamentari o amministrative generali che disciplinano l'accesso a professioni regolamentate o il loro esercizio. Sono comprese in questa definizione anche le autorità competenti definite dall'articolo 4, comma 1, lettera d) del citato decreto legislativo n. 206 del 2007. L'articolo 3, in attuazione dell'articolo 4 della direttiva, disciplina le fasi della valutazione dei nuovi provvedimenti. In particolare i soggetti regolatori devono operare una valutazione della proporzionalità in sede di analisi di impatto della regolazione dell'atto normativo o in sede di istruttoria dell'atto amministrativo generale, compilando il questionario riportato nella tabella di cui all'Allegato I del provvedimento. Nella tabella deve essere fornita per ciascun quesito una motivazione specifica e dettagliata per consentire di valutare il rispetto del principio di proporzionalità. La tabella è parte integrante della documentazione illustrativa che deve essere sempre posta a corredo della documentazione che accompagna i provvedimenti (comma 1). Il comma 2 garantisce l'obiettività e l'indipendenza – che come riportato nella relazione illustrativa deve essere intesa come imparzialità ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione – della valutazione, che deve essere proporzionata alla natura, al contenuto e all'impatto della disposizione. Ai fini dell'adeguamento del contenuto della direttiva all'articolazione istituzionale interna e in considerazione delle diverse e plurali modalità di adozione delle disposizioni relative all'accesso alle professioni regolamentate, come specificato nella relazione illustrativa, nello schema di decreto si è ritenuto di diversificare le procedure di valutazione. In particolare il comma 3 prevede che ogni disposizione normativa (sia legislativa che regolamentare) nonché ogni atto amministrativo generale che limita l'accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio, prima dell'adozione, debbano essere trasmessi (unitamente alla tabella richiamata nel comma 1) dal competente soggetto regolatore all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della verifica dell'adeguatezza e della completezza della valutazione di proporzionalità svolta dalle amministrazioni proponenti. Si tratta di una previsione che, Pag. 37come sottolinea la relazione illustrativa, appare coerente con l'attività già svolta dall'Autorità garante della concorrenza ai sensi dell'articolo 34, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011. Tale disposizione infatti prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sia tenuta a rendere parere obbligatorio nel termine di 30 giorni dalla ricezione del provvedimento in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche. In base al comma 4 devono essere analogamente trasmessi – per la valutazione di proporzionalità – all'Autorità garante della concorrenza le nuove disposizioni che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio ovvero modificano quelle esistenti adottate dalle Regioni ordinarie o dalle Regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano (ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 lettera m) del decreto legislativo n. 206 del 2007 limitatamente alle professioni per le quali sussiste competenza esclusiva, ai sensi dei rispettivi statuti). In base al comma 5, restano esclusi dal parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato gli atti adottati dagli ordini professionali che sono soggetti al parere delle amministrazioni vigilanti ai fini della verifica dell'adeguatezza e della completezza della valutazione di professionalità. Infine il comma 6 assicura il monitoraggio richiesto dalla direttiva (paragrafo 6 dell'articolo 4), stabilendo che i soggetti regolatori sono tenuti a verificare, dopo l'adozione, la conformità con il principio di proporzionalità delle disposizioni legislative regolamentari o amministrative nuove o modificate che limitano l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio, avendo riguardo agli eventuali sviluppi sopravvenuti successivamente alla loro adozione. L'articolo 4 riproducendo il contenuto degli articoli 5, 6 e 7 della direttiva, chiarisce più in dettaglio in quale modo, nell'adozione di nuove disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o nella modifica di quelle già esistenti, si debba dare applicazione ai principi di non discriminazione e di proporzionalità, che l'articolo 1 della medesima direttiva pone come limite alla discrezionalità degli Stati membri nella regolamentazione delle professioni. In particolare, il comma 1 fa riferimento al principio di non discriminazione, in base al quale le norme che regolamentano l'accesso alle professioni non possono in alcun modo comportare discriminazioni dovute alla nazionalità o alla residenza, in ottemperanza ad uno dei principi cardine dell'Unione europea. Il successivo comma 2 ammette tuttavia l'introduzione di misure volte a limitare l'accesso alle professioni regolamentate o al loro esercizio, a condizione che siano giustificate da motivi di interesse generale. Di tali motivi la direttiva contiene un dettagliato elenco, che viene integralmente ripreso dal schema in esame, con l'unica circoscritta eccezione riguardante la tutela dell'ambiente, cui viene aggiunta, a fianco alla tutela dell'ambiente urbano, anche quella del paesaggio, che nel nostro ordinamento assume rilievo costituzionale, ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione. L'elenco dei motivi di interesse generale contenuto al comma 2, è il seguente: motivi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica; motivi imperativi di interesse pubblico, come il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale; tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori; salvaguardia della buona amministrazione della giustizia; garanzia dell'equità delle transazioni commerciali; lotta contro la frode e la prevenzione dell'evasione e dell'elusione fiscali, nonché la salvaguardia dell'efficacia dei controlli fiscali; sicurezza dei trasporti; tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano e il paesaggio; salute degli animali; proprietà intellettuale; salvaguardia e conservazione del patrimonio storico e artistico nazionale; obiettivi di politica sociale; obiettivi di politica culturale. Secondo la relazione illustrativa, l'elencazione dei motivi è da ritenersi non esaustiva ma esemplificativa, come si evincerebbe dall'uso della locuzione «tra gli altri» che tuttavia non compare nella Pag. 38direttiva. Si tratta dei motivi riconosciuti come di interesse generale dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, come ricordato al considerando 17 della direttiva. Ai sensi del comma 3, l'accesso alle professioni regolamentate o il loro esercizio non può essere limitato da motivi di natura esclusivamente economica o amministrativa. Il comma 4, in attuazione del principio di proporzionalità, stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 devono essere adeguate al conseguimento dello scopo perseguito e non possono introdurre limitazioni che vadano oltre quelle strettamente necessarie. Al comma 5 sono indicati gli elementi che i soggetti regolatori devono tenere in conto per valutare l'impatto che avrebbero le nuove disposizioni, soprattutto in termini di tutela dei consumatori, di impatto sulla libera circolazione delle persone e dei servizi all'interno dell'Unione, di rischi connessi agli interessi pubblici perseguiti, di possibilità di conseguire lo scopo tramite interventi meno restrittivi. Specifiche disposizioni (comma 6) sono dedicate agli sviluppi scientifici e tecnologici e alla possibilità che si debbano aggiornare i requisiti di accesso a determinate professioni (in particolare per i servizi professionali forniti con mezzi elettronici), che possono ridurre o aumentare l'asimmetria informativa tra professionisti e consumatori. Ai sensi del comma 7 i soggetti regolatori valutano gli effetti positivi e negativi delle disposizioni in combinazione con uno o più requisiti, tra i quali in particolare requisiti territoriali, requisiti tariffari minimi e massimi, restrizioni quantitative, requisiti in materia assicurativa, requisiti relativi alle conoscenze linguistiche. Si specifica inoltre al comma 8 che, prima di introdurre nuove disposizioni o di modificare le disposizioni esistenti, i soggetti regolatori devono provvedere affinché sia rispettato il principio di proporzionalità dei requisiti specifici relativi alla prestazione temporanea od occasionale di servizi, prestati a norma del titolo II del decreto legislativo n. 206 del 2007 che contiene le disposizioni concernenti la libera prestazione di servizi). I soggetti regolatori devono quindi valutare, in particolare, se l'obbligo di fornire determinate informazioni e documenti a norma della direttiva 2005/36/UE sia proporzionato e se la possibilità di ottenere ulteriori dettagli attraverso la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri mediante il sistema di informazione del mercato interno sia sufficiente per impedire il serio rischio di elusione delle norme applicabili da parte dei fornitori di servizi. Le disposizioni del comma 8 non si applicano alle misure intese a garantire il rispetto dei termini e delle condizioni di lavoro applicabili in conformità del diritto dell'Unione europea (comma 9). È infine prevista (comma 10) una norma specifica riguardante le professioni sanitarie, stante la particolare importanza del bene protetto, ovvero la sicurezza dei pazienti; quando la regolamentazione incide su tale ambito, l'obiettivo di cui le autorità competenti devono tenere conto è quello di assicurare un grado elevato di tutela della salute umana, in linea con quanto stabilito dall'articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. L'articolo 5 dello schema, in attuazione dell'articolo 8 della direttiva, prevede che i soggetti regolatori garantiscano l'informazione e la partecipazione dei cittadini, dei destinatari di servizi e degli altri portatori di interessi mediante le modalità e gli strumenti previsti nell'ambito del procedimento di adozione delle disposizioni di cui all'articolo 1, precisando altresì che tale partecipazione deve avvenire in una fase diversa da quella in cui si svolge la valutazione di proporzionalità delle disposizioni. L'articolo 6, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva, al fine di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, prevede che è ammesso ricorso dinnanzi al giudice amministrativo avverso: i provvedimenti amministrativi generali adottati ai sensi del decreto legislativo in esame e gli atti amministrativi che costituiscono attuazione concreta degli atti normativi, regolamentari e amministrativi generali adottati sempre ai sensi del decreto in esame. È fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie relative a diritti Pag. 39non devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L'articolo 7, dando attuazione all'articolo 10 della direttiva, interviene in materia di scambio di informazioni, attribuendo al Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite delle autorità competenti e del Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, il compito di assicurare lo scambio di informazioni con gli altri Stati membri sulle questioni oggetto del decreto legislativo in esame ed in particolare sulle modalità in cui una professione è regolamentata o sugli effetti della regolamentazione. L'articolo 8, in attuazione dell'articolo 11 della direttiva, reca disposizioni volte ad assicurare la trasparenza. È previsto, in particolare l'obbligo di comunicazione alla Commissione europea dei motivi in base quali le disposizioni sono considerate giustificate e proporzionate mediante registrazione nella banca dati delle professioni regolamentate della Commissione europea (comma 1). Sempre ai sensi dell'articolo 8 (comma 2) sulle informazioni comunicate alla Commissione anche da parte di altri Stati membri, le parti interessate possono presentare osservazioni alla Commissione o al Dipartimento per le politiche europee. L'articolo 9 infine reca la clausola di invarianza finanziaria per la quale dal decreto legislativo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni competenti devono provvedere ai compiti derivanti dallo stesso decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Da ultimo l'Allegato I reca la griglia informativa sulle disposizioni relative all'accesso alle professioni regolamentate e al loro esercizio che i soggetti regolatori devono compilare quando effettuano la valutazione della proporzionalità delle disposizioni che intendono adottare.

  Mario PERANTONI, presidente, fa presente che le modalità del prosieguo dell'esame dello schema di decreto in oggetto, ferma restando la necessità di acquisire il previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, saranno definite nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, fissata per la giornata di domani. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sui lavori della Commissione.

  Giusi BARTOLOZZI (FI), pur consapevole del fatto che la sede non è quella più adeguata per avanzare una simile richiesta, approfitta della presenza del rappresentante del Governo per sottoporre alla sua attenzione una questione relativa all'esame del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2019 e delle disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2020. Ricorda ai colleghi come, nel corso dell'esame in sede consultiva dei due provvedimenti da parte della Commissione Giustizia, grazie al parere favorevole espresso dal relatore Bordo e dal Governo, sia stato approvato il suo emendamento volto a ripristinare la dotazione finanziaria del programma Giustizia civile e penale dello stato di previsione del Ministero della Giustizia, che ha subito una riduzione di 73 milioni di euro. Fa presente che la settimana scorsa, nel corso dell'esame in sede referente da parte della Commissione Bilancio, tale emendamento è stato respinto, a seguito del parere contrario della relatrice e del Governo per il fatto che gli stanziamenti utilizzati a copertura non possono essere destinati a finalità diverse da quelle attualmente previste, in quanto spese a carattere obbligatorio. Nel sottolineare che non è compito dell'opposizione individuare le idonee coperture finanziarie, fa presente al sottosegretario Ferraresi che, qualora non si rinvenissero le risorse necessarie da destinare alle assunzioni di personale e all'edilizia penitenziaria, non sarebbe Pag. 40possibile per il Ministro Bonafede realizzare la sbandierata rivoluzione del sistema giustizia. Nel sottolineare di aver tentato senza risultato di confrontarsi sulla questione con la rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, chiede al rappresentante del Governo di assumere un impegno in vista dell'esame dei citati provvedimenti da parte dell'Assemblea, essendo in questione il finanziamento di due capitoli essenziali per la realizzazione delle riforme in atto.

  La seduta termina alle 14.15.