CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 3 agosto 2020
420.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 3

SEDE REFERENTE

  Lunedì 3 agosto 2020. — Presidenza del vicepresidente Fausto RACITI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'Interno Achille Variati.

  La seduta comincia alle 16.50.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Fausto RACITI, presidente, comunica che, per il gruppo Fratelli d'Italia, cessano di far parte della Commissione le deputate Lucrezia Maria Benedetta Mantovani e Augusta Montaruli e, per il medesimo gruppo, entrano a farne parte i deputati Giorgia Meloni e Emanuele Prisco.

DL 86/2020: Disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
C. 2619 Governo.

(Esame e conclusione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Fausto RACITI, presidente, osserva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, in sede referente, il disegno di legge C. 2619, di conversione del decreto – legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
  In merito fa presente che, con il consenso unanime dei gruppi, la discussione generale sul provvedimento è stata inserita all'ordine del giorno dell'Assemblea a partire dalle 12,30 di domani, martedì 4 agosto.
  Pertanto, al fine di rispettare tale organizzazione dei lavori, la Commissione dovrà concludere l'esame in sede referente entro la giornata odierna.
  In tale contesto, dopo l'illustrazione del provvedimento da parte del relatore, Marco Di Maio, avverte che si procederà agli interventi in fase di esame preliminare e all'eventuale intervento del rappresentante del Governo.
  Dopo la conclusione dell'esame preliminare, considerato l'accordo già intercorso informalmente tra i gruppi a rinunciare alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti, si passerà quindi alle dichiarazioni di voto sulla Pag. 4proposta di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento.

  Marco DI MAIO (IV), relatore, illustra il contenuto del decreto – legge, che è composto da 3 articoli, rilevando come l'articolo 1, al comma 1, disponga che il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei Consigli regionali dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, in attuazione dell'articolo 122 della Costituzione (come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20), integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.
  La disposizione reca dunque un principio di carattere generale, stabilendo che il mancato recepimento dei principi fondamentali recati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 integra la fattispecie di mancato rispetto di norme ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione e, quindi, presupposto per un intervento sostitutivo dello Stato.
  Al riguardo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione fa presente che il comma 1 opera un intervento ricognitivo della fattispecie in termini di presupposti di fatto e di diritto, che appare necessaria atteso che la locuzione dell'articolo 120 della Costituzione: «nel caso di mancato rispetto di norme prefigura varie ipotesi di inadempimenti di obblighi suscettivi di intervento surrogatorio».
  In merito ricorda che il secondo comma del citato articolo 120 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 6 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del Titolo V della Costituzione, disciplina l'esercizio da parte dello Stato di poteri sostitutivi rispetto agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni, demandando a una successiva legge statale di attuazione il compito di disciplinare l'esercizio dei poteri sostitutivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
  Tali poteri sono attivabili quando si riscontri che tali enti non abbiano adempiuto a norme e trattati internazionali o alla normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza e l'incolumità pubblica, ovvero lo richieda la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
  La rubrica dell'articolo 1 fa riferimento alle sole consultazioni elettorali regionali per l'anno 2020 e i commi successivo intervengono con specifico riguardo alle elezioni nella regione Puglia.
  L'articolo 122, primo comma, della Costituzione dispone che «il sistema d'elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi».
  Prima dell'entrata in vigore del nuovo articolo 122 la disciplina regionale spettava ad una legge statale, la legge n. 108 del 1968. Con l'entrata in vigore della riforma del 2001 è stata invece definita una nuova materia di competenza concorrente, riguardante il sistema di elezione regionale e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità.
  In tale contesto rammenta che la Corte costituzionale, dopo l'entrata in vigore della riforma costituzionale (sentenze n. 196 del 2003 e n. 201 del 2003) ha precisato che, come negli altri casi di legislazione concorrente, le regioni non devono attendere la legge quadro statale per esercitare il proprio potere legislativo ma possono disciplinare la nuova materia «nel rispetto dei principi fondamentali che si ricavano dalla preesistente legislazione statale».
  Con specifico riferimento alle norme costituzionali in tema di parità di accesso alle cariche pubbliche, rileva innanzitutto, in linea generale, l'articolo 3 della Costituzione, Pag. 5il quale sancisce il principio di eguaglianza senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Alla Repubblica è affidato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
  Al contempo, norma fondamentale in tema di partecipazione alla vita politica è l'articolo 51, primo comma, della Costituzione, secondo il quale «tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge».
  A seguito di una modifica del 2003, recata dalla legge costituzionale n. 1 del 2003, dovuta anche ad un orientamento espresso dalla Corte costituzionale in una sentenza del 1995, è stato aggiunto un periodo all'articolo 51 della Costituzione, in base al quale «A tal fine, la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».
  Si è in tal modo segnato un passaggio dalla dimensione statica della parità di trattamento uomo-donna alla prospettiva dinamica delle pari opportunità, con la finalità di raggiungimento di un'uguaglianza sostanziale come già riconosciuta dall'articolo 3 e secondo lo spirito della Convenzione ONU per la eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) del 1979 nonché della Dichiarazione di Pechino del 1995, atti che mirano al raggiungimento di una parità de facto.
  A livello sovranazionale, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – che con il trattato di Lisbona ha assunto valore vincolante per il nostro ordinamento – prevede che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi e che il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato (articolo 23, inserito nel Capo III relativo all'uguaglianza).
  L'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, prevede inoltre che «Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.» Analogo principio è stato introdotto negli statuti delle regioni ad autonomia differenziata dalla legge costituzionale n. 2 del 2001.
  In attuazione dell'articolo 122 della Costituzione la legge n. 165 del 2004 stabilisce i principi fondamentali entro cui deve svolgersi la potestà legislativa della regione in materia elettorale, con particolare riferimento a ineleggibilità (articolo 2), incandidabilità (articolo 3) e sistema di elezione (articolo 4), nonché la durata degli organi elettivi regionali (articolo 5).
  L'articolo 4 della legge n. 165 del 2004, in particolare, espressamente richiamato dal comma 1 del decreto-legge n. 86 del 2020 in esame, ha disposto che le regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti princìpi fondamentali:
   a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;
   b) contestualità dell'elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, se il Presidente è eletto a suffragio universale e diretto. Previsione, nel caso in cui la regione adotti l'ipotesi di elezione del Presidente della Giunta regionale secondo modalità diverse dal suffragio universale e diretto, di termini temporali tassativi, comunque non superiori a novanta giorni, per l'elezione del Presidente e per l'elezione o la nomina degli altri componenti della Giunta;
   c) divieto di mandato imperativo;
   c-bis) promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle Pag. 6cariche elettive, disponendo secondo quanto previsto dalla legge in base al sistema elettorale adottato.

  Relativamente a quest'ultima previsione, introdotta dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, si dispone che le Regioni a statuto ordinario sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.
  Tale iniziativa legislativa si è posta in linea di continuità con i provvedimenti approvati dal Parlamento nelle ultime due legislature per promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive locali, europee e nazionali.
  La predetta previsione si inserisce in un quadro normativo nazionale (legge n. 108 del 1968 e legge n. 43 del 1995) che non conteneva disposizioni per favorire la rappresentanza di entrambi i generi. La legge n. 43 del 1995 all'articolo 1, comma 6, aveva previsto che nelle liste circoscrizionali e regionali non potessero essere presenti più dei due terzi dei candidati dello stesso genere, ma la norma, non era allora supportata dalle disposizioni costituzionali sulle pari opportunità recate ora dai richiamati articoli 51 e 117 (come modificati rispettivamente dalle leggi costituzionali n. 1 del 2003 e n. 3 del 2001) e la Corte costituzionale ne dichiarò la illegittimità costituzionale con la sentenza n. 422 del 1995.
  A seguito delle richiamate modifiche introdotte dalla legge n. 20 del 2016, la legge nazionale non si limita a prevedere tra i principi, come stabilito nel testo originario, la «promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive», ma indica anche le specifiche misure adottabili, declinandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali.
  Al riguardo, la legge prevede tre ipotesi:
   a) liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale preveda l'espressione di preferenze, sono previsti due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere: a) quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista i candidati di uno stesso sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale); b) preferenza di genere (deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso; in caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate);
   b) liste «bloccate»: nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda le liste senza espressione di preferenze, deve essere prevista l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale.
   c) collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo i candidati di un sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale.

  L'entrata in vigore della legge n. 20 del 2016 ha indotto la maggior parte delle regioni, la cui legislazione elettorale non soddisfaceva gli elementi richiesti, ad introdurre le modifiche necessarie per adeguarsi alla normativa di principio.
  Le misure introdotte dalla legislazione regionale sono diverse e prevalentemente incentrate sulle cosiddette «quote di lista», ossia sull'obbligo di inserire nelle liste di candidati una quota minima di candidati del genere meno rappresentato, variabile tra un terzo e la metà.
  Nel dettaglio, per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, la regione Campania (legge regionale n. 4 del 2009, articolo 10, comma 2) pone il limite di due terzi alla presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale o circoscrizionale, con arrotondamento all'unità più vicina.
  Per le regioni Abruzzo (legge regionale n. 9 del 2013, articolo 1, comma 4), Puglia (legge regionale n. 2 del 2005, articolo 8, comma 13), Umbria (legge regionale n. 4 del 2015, articolo 9), Molise (legge regionale Pag. 7n. 20 del 2017, articolo 7), Basilicata (legge regionale n. 20 del 2018, articolo 3, comma 3) e Liguria (legge regionale n. 18 del 2020, articolo 6, comma 2), la disciplina elettorale dispone che in ogni lista circoscrizionale nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento dei candidati. In caso di quoziente frazionario si procede all'arrotondamento all'unità più vicina (Abruzzo e Puglia) ovvero all'arrotondamento all'unità superiore per il genere sottorappresentato (Umbria).
  La regione Marche (legge regionale n. 27 del 2004, articolo 9, comma 6), invece, individua il limite minimo, per cui nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento dei candidati presentati, con arrotondamento all'unità superiore in caso di decimale.
  Le regioni Lazio (legge regionale n. 2 del 2005, articolo 3, comma 2), ed Emilia Romagna (legge regionale n. 21 del 2014, articolo 8) dispongono che in ogni lista provinciale o circoscrizionale i rappresentanti di ciascun genere devono essere presenti in misura eguale, se il numero dei candidati è pari. Nel caso in cui il numero dei candidati sia dispari, invece, ciascun genere deve essere rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all'altro.
  Nelle regioni Lombardia (legge regionale n. 17 del 2012, articolo 1, comma 11), Veneto (legge regionale n. 5 del 2012, articolo 13, comma 6) e Toscana (legge regionale n. 51 del 2014, articolo 8, comma 6) si prevede che le liste devono essere composte seguendo l'ordine dell'alternanza di genere. Nella regione Toscana, inoltre, in relazione alle candidature regionali, queste devono essere distintamente indicate rispetto alle candidature circoscrizionali ed elencate in ordine alternato di genere (articolo 8, comma 5).
  Meno cogente la prescrizione della regione Calabria (legge regionale n. 1 del 2005, articolo 1, comma 6) per la quale nelle liste elettorali (provinciali e regionali) devono essere presenti candidati di entrambi i sessi.
  Nella maggioranza dei casi l'inosservanza del limite è causa di inammissibilità della lista; nelle regioni Lazio e Puglia, invece, è causa di riduzione dei rimborsi elettorali, nella regione Basilicata i candidati eccedenti vengono esclusi dalla lista, a partire da quelli collocati in coda.
  Le quote di lista sono applicate in sistemi elettorali proporzionali, con premio di maggioranza e con voto di preferenza.
  Inoltre, diverse regioni hanno introdotto nel rispettivo sistema elettorale disposizioni sul principio della cosiddetta «doppia preferenza di genere». La normativa regionale, in questi casi, prevede la possibilità per l'elettore di esprimere uno o due voti di preferenza, prescrivendo che nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di genere diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.
  Tale misura è stata adottata per la prima volta dalla regione Campania, con la legge regionale n. 4 del 2009, e successivamente ripresa dalla legge elettorale per i comuni e da altre leggi elettorali regionali e, a seguito della modifica introdotta nel 2015, richiamata dalla legge n. 165 del 2004.
  In particolare, tale meccanismo è previsto, oltre che nella già citata legge della regione Campania, nelle leggi delle regioni Toscana (legge regionale n. 51 del 2014, articolo 14, comma 3), Emilia Romagna (legge regionale n. 21 del 2014, articolo 10, comma 2), Umbria (legge regionale n. 4 del 2015, articolo 13), Lazio (legge regionale n. 2 del 2005, articolo 5-bis, comma 4), Lombardia (legge regionale n. 17 del 2012, articolo 1, comma 11), Molise (legge regionale n. 20 del 2017, articolo 10, comma 1), Marche (legge regionale n. 27 del 2004, articolo 16, comma 6), Veneto (legge regionale n. 5 del 2012, articolo 20, comma 5), Abruzzo (legge regionale n. 9 del 2013, articolo 9, comma 1), Basilicata (legge regionale n. 20 del 2018) e Liguria (legge regionale n. 18 del 2020, articolo 7, comma 5).
  La legge della regione Campania (la citata legge regionale n. 4 del 2009, articolo Pag. 810, comma 4) e della regione Molise (legge regionale n. 20 del 2017, articolo 7), inoltre, contengono disposizioni sulla rappresentanza di genere nella campagna elettorale, in base alle quali i soggetti politici devono assicurare la presenza paritaria di candidati di entrambi i generi nei programmi di comunicazione politica e nei messaggi autogestiti.
  In tale contesto fa presente che nella riunione del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2020, il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, ha svolto un'informativa al Consiglio dei Ministri in relazione a una ricognizione effettuata sulla legislazione regionale in materia di elezione dei Consigli regionali. Dalla ricognizione, è emerso che le leggi elettorali di talune Regioni non sono state adeguate alle disposizioni di principio introdotte dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, volte a garantire l'equilibrio della rappresentanza tra donne e uomini nei Consigli regionali. Tali leggi, infatti, non consentono l'espressione della seconda preferenza riservata a un candidato di sesso diverso o non prevedono le quote di lista.
  Successivamente la regione Liguria, con la richiamata legge regionale 21 luglio 2020, n. 18, è intervenuta per adottare una disciplina in materia elettorale che, oltre a modificare la disciplina nazionale al fine sopprimere il listino, sostituito dalla candidatura alla carica di Presidente della Giunta regionale, inserisce la doppia preferenza di genere.
  In relazione al mancato adeguamento della legislazione elettorale pugliese al principio della parità di genere, il 23 luglio 2020 il Presidente del consiglio Giuseppe Conte ha diffidato formalmente la Regione Puglia, chiamata appunto ad adeguare la propria legge elettorale ai principi di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive. La diffida, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, e della ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, richiede al Consiglio regionale pugliese di approvare la parità di genere nella legge elettorale regionale entro il 28 luglio 2020. «Decorso inutilmente tale termine – si evidenzia nel provvedimento – si fa riserva di adottare ogni ulteriore atto di cui il Governo ha facoltà secondo legge».
  In proposito le premesse del decreto – legge in esame evidenziano come l'esigenza di intervenire in materia si fondi sul fatto «che la Regione interessata non ha provveduto ad adottare, nel termine indicato, le necessarie disposizioni di adeguamento della propria legislazione elettorale» e segnalano l'esigenza «di dover intervenire con urgenza, in considerazione delle imminenti scadenze elettorali, a tutela dell'unità giuridica della Repubblica».
  Nelle premesse al decreto-legge si evidenzia altresì che tra i principi fondamentali vincolanti per la funzione legislativa regionale in materia di sistemi elettorali è stabilito il principio di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive; si richiama l'articolo 4, comma 1, lettera c-bis), della legge n. 165 del 2004, e si evidenzia come si sia ritenuto necessario a tutela dell'unità giuridica della Repubblica garantire l'effettività del rispetto del principio di accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza ai sensi dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, richiamando altresì l'articolo 120 della Costituzione e l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
  Il Presidente della Giunta regionale della Regione Puglia è stato invitato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri nella quale è stato adottato il decreto-legge.
  In tale ampio quadro normativo il comma 2 dell'articolo 1 del decreto – legge in esame reca specifiche disposizioni da applicare nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale del 2020.
  Si prevede, in particolare, che al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale, «in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i principi della legge n. 165 del 2004 e salvo Pag. 9sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti principi», si applicano le disposizioni ivi previste.
  Si stabilisce dunque che:
   a) ciascun elettore può esprimere due voti di preferenza, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro, e le schede utilizzate per la votazione sono conseguentemente predisposte;
   b) nel caso in cui siano espresse due preferenze per candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.

  Il comma 3 dispone la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario «con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto», ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con la doppia previsione di genere introdotta dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge per la regione Puglia.
  Al prefetto di Bari spetta dunque, in base al decreto-legge in esame, l'adozione degli adempimenti conseguenti e una ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili (della regione Puglia) con le previsioni sulla doppia previsione di genere dettate dal comma 2 del decreto-legge in esame.
  Il compito del commissario, in base alla formulazione della norma, appare quindi quello di «compiere una ricognizione delle norme incompatibili».
  Rimane fermo, secondo quanto specificato al comma 3, il rispetto del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali previsto dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 26 del 2020, che ha disposto lo svolgimento contestuale – il 20 e 21 settembre 2020 – delle elezioni previste nel 2020.
  Ricorda in proposito che nel 2020 sono previste le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali in 6 regioni a statuto ordinario: Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia e in una a statuto speciale, la Valle d'Aosta.
  Le consultazioni elettorali da tenersi nel 2020 si svolgeranno contemporaneamente nei giorni di domenica 20 e lunedì 21 settembre.
  Si tratta, nel dettaglio, delle seguenti elezioni:
   referendum costituzionale confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari;
   elezioni suppletive nei collegi uninominali 03 della Regione Sardegna e 09 della Regione Veneto del Senato;
   elezioni amministrative del turno ordinario 2020 nei comuni delle regioni a statuto ordinario, con eventuale ballottaggio 4-5 ottobre.

  L'articolo 2 del decreto-legge prevede la clausola di invarianza degli oneri finanziari, disponendo che all'attuazione del presente decreto si provveda nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 3 dispone l'entrata in vigore del provvedimento il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e della sua presentazione alle Camere per la conversione.
  Passando a sintetizzare brevemente la giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema delle pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive successiva alla richiamata riforma dell'articolo 51 della Costituzione, rileva come, dopo la citata sentenza n. 422 del 1995, la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi nuovamente in materia con la sentenza n. 49 del 13 febbraio 2003, nella quale, innovando notevolmente il proprio orientamento, la Corte ha ritenuto legittime le modifiche alla normativa per l'elezione dei consigli regionali approvate dalla regione Valle d'Aosta che stabiliscono che ogni lista di candidati all'elezione del Consiglio regionale deve prevedere la presenza di candidati di entrambi i sessi e che vengano dichiarate non valide dall'ufficio elettorale regionale le liste presentate che non corrispondano alle condizioni stabilite. La stessa Corte ha evidenziato che tale normativa Pag. 10deve essere valutata alla luce di un quadro costituzionale di riferimento che si è evoluto rispetto a quello in vigore all'epoca della pronuncia n. 422 del 1995.
  Le disposizioni censurate, secondo il ragionamento svolto dalla Corte, «stabiliscono un vincolo non già all'esercizio del voto o all'esplicazione dei diritti dei cittadini eleggibili, ma alla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano le liste elettorali, precludendo loro (solo) la possibilità di presentare liste formate da candidati tutti dello stesso sesso. Tale vincolo negativo opera soltanto nella fase anteriore alla vera e propria competizione elettorale, e non incide su di essa. La scelta degli elettori tra le liste e fra i candidati, e l'elezione di questi, non sono in alcun modo condizionate dal sesso dei candidati».
  Ribadito che il vincolo resta limitato al momento della formazione delle liste, e non incide in alcun modo sui diritti dei cittadini, sulla libertà di voto degli elettori e sulla parità di chances delle liste e dei candidati e delle candidate nella competizione elettorale, né sul carattere unitario della rappresentanza elettiva, la Corte ha ritenuto che la «misura disposta dalla regione Valle D'Aosta può senz'altro ritenersi una legittima espressione sul piano legislativo dell'intento di realizzare la finalità promozionale espressamente sancita dallo statuto speciale in vista dell'obiettivo di equilibrio della rappresentanza». Infine, la Corte ha affermato che la finalità di conseguire una «parità effettiva» fra uomini e donne anche nell'accesso alla rappresentanza elettiva è «positivamente apprezzabile dal punto di vista costituzionale» e che tale esigenza è espressamente riconosciuta anche nel contesto normativo dell'Unione europea ed internazionale.
  La pronuncia più rilevante sul tema delle misure positive per promuovere le pari opportunità nell'accesso alle cariche elettive è rappresentata dalla sentenza n. 4 del 2010, con cui la Corte, richiamando il principio di uguaglianza inteso in senso sostanziale, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo relativa all'introduzione della «doppia preferenza di genere» da parte della legge elettorale della Campania n. 4 del 2009, in considerazione del carattere promozionale e della finalità di riequilibrio di genere della misura.
  La predetta legge regionale della Campania, come ricordato in precedenza, è stata la prima legge regionale ad introdurre la cosiddetta «preferenza di genere» nelle elezioni regionali, che poi verrà utilizzata ampiamente anche nelle altre regioni e per le elezioni dei membri italiani del Parlamento europeo, sulla base delle previsioni della legge n. 165 del 2004. Con tale espressione ci si riferisce alla possibilità per l'elettore di esprimere uno o due voti di preferenza e che, nel caso, di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile ed una un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza (articolo 4, comma 3).
  Nella sentenza n. 4 del 14 gennaio 2010, la Corte ha dichiarato che tale innovativa previsione non viola la Costituzione. Piuttosto, la finalità della nuova regola elettorale è dichiaratamente quella di ottenere un riequilibrio della rappresentanza politica dei due sessi all'interno del Consiglio regionale, in linea con i principi ispiratori del riformato articolo 51, primo comma, della Costituzione, e dell'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, nel testo modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 (entrambi espressione del principio di uguaglianza sostanziale, di cui all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione).
  La giurisprudenza costituzionale esclude che possano essere legittimamente introdotte nell'ordinamento misure che «non si propongano di «rimuovere» gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, bensì di attribuire loro direttamente quei risultati medesimi» (sentenza n. 422 del 1995); infatti la Corte, in epoca precedente alla riforma dell'articolo 51 della Costituzione, ha precisato che i vincoli imposti dalla legge per conseguire l'equilibrio dei generi Pag. 11nella rappresentanza politica non devono incidere sulla «parità di chances delle liste e dei candidati e delle candidate nella competizione elettorale» (sentenza n. 49 del 2003).
  Sulla scorta di questi precedenti, la Corte nella sentenza n. 4 del 2010 ha motivato il rigetto della questione di legittimità costituzionale basandosi sui seguenti argomenti:
   la disposizione campana, per la sua formulazione, non prefigura il risultato elettorale, ossia non altera la composizione dell'assemblea elettiva rispetto a quello che sarebbe il risultato di una scelta compiuta dagli elettori in assenza della regola contenuta nella norma medesima né attribuisce ai candidati dell'uno o dell'altro sesso maggiori opportunità di successo elettorale rispetto agli altri; in altri termini, la «nuova regola rende maggiormente possibile il riequilibrio, ma non lo impone. Si tratta, quindi, di una misura promozionale, ma non coattiva»;
   infatti, «l'espressione della doppia preferenza è meramente facoltativa per l'elettore, il quale ben può esprimerne una sola, indirizzando la sua scelta verso un candidato dell'uno o dell'altro sesso. Solo se decide di avvalersi della possibilità di esprimere una seconda preferenza, la scelta dovrà cadere su un candidato della stessa lista, ma di sesso diverso da quello del candidato oggetto della prima preferenza. Nel caso di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, l'invalidità colpisce soltanto la seconda preferenza, ferma restando pertanto la prima scelta dell'elettore»;
   i diritti fondamentali di elettorato attivo e passivo rimangono inalterati. Il primo perché l'elettore può decidere di non avvalersi della possibilità di esprimere la seconda preferenza, che gli viene data in aggiunta al regime della preferenza unica, e scegliere indifferentemente un candidato di genere maschile o femminile. Il secondo perché la regola della differenza di genere per la seconda preferenza non offre possibilità maggiori ai candidati dell'uno o dell'altro sesso di essere eletti, posto il reciproco e paritario condizionamento tra i due generi nell'ipotesi di espressione di preferenza duplice».

  Svolgendo alcune considerazioni finali, segnala l'importanza dell'intervento normativo in esame, auspicando si possa giungere rapidamente ad una positiva conclusione dell’iter. Dopo aver ricordato che si è raggiunta un'intesa unanime tra i gruppi, convenendo dunque sull'urgenza di convertirlo quanto prima in legge senza apportare alcun cambiamento, preannuncia sin da ora che si dichiarerebbe contrario a qualsiasi proposta di modifica del testo.
  Ringrazia in conclusione tutti gli schieramenti per la sensibilità mostrata nel manifestare piena condivisione rispetto ad un provvedimento che è volto a garantire un corretto svolgimento delle elezioni anche nella regione Puglia, nel rispetto dell'importante principio della parità di genere.

  Francesco Paolo SISTO (FI) chiede che la pubblicità dei lavori della Commissione sia assicurata anche mediante l'attivazione del sistema di ripresa audio-video a circuito chiuso.

  Fausto RACITI, presidente, non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del sistema di ripresa audio-video a circuito chiuso.

  Francesco Paolo SISTO (FI), pur condividendo nel merito le finalità del provvedimento in esame, che appare indiscutibilmente volto a garantire il rispetto del fondamentale principio della parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni, esprime assoluto dissenso rispetto allo strumento utilizzato dal Governo, che ritiene rappresenti uno scempio dal punto di vista costituzionale. Stigmatizza anzitutto il comportamento del presidente della regione Puglia, Emiliano, che ritiene il primo responsabile di un comportamento omissivo della regione, rimasta inerte su tale tema per gran parte della legislatura. Fa notare, infatti, che solo in Pag. 12prossimità delle elezioni regionali, ci si è adoperati per tentare di introdurre nella legislazione regionale norme rispettose della parità di genere, peraltro non riuscendo nell'intento, a causa delle divisioni interne alla maggioranza nel Consiglio regionale della Puglia, che hanno portato la stessa maggioranza a far mancare il numero legale in Consiglio regionale dopo l'approvazione di un emendamento che avrebbe stabilito l'ineleggibilità del professor Lopalco, titolare di incarichi presso la stessa Regione Puglia.
  Fa notare dunque che dietro alla mancata approvazione della legge regionale sulla parità di genere vi è stato l'atteggiamento strumentale della stessa maggioranza nel Consiglio regionale, non volendo poi assecondare quella «logica da complotto» – che dichiara di non condividere – secondo la quale vi sarebbe stata addirittura una volontà del presidente Emiliano di rinviare le elezioni, al fine di evitare una probabile sconfitta.
  Dopo aver ribadito che è stato l'atteggiamento omissivo del presidente della regione Puglia a determinare tale situazione, legittimando strumentalmente l'intervento dell'Esecutivo, ritiene dunque sia improprio parlare di emergenza, ricordando, peraltro, come dietro l'invocazione dell'urgenza vi è spesso l'intento di sovvertire i principi della democrazia.
  Fa quindi notare come l'articolo 120 della Costituzione non legittimi di certo un intervento a piedi uniti del Governo nazionale sulle competenze delle regioni, peraltro posto in essere, nel caso di specie, con lo strumento del decreto-legge, ovvero con un «atto d'imperio» che viene adottato in violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. Fa presente, peraltro, che la mera presenza del Governatore della Puglia alla riunione del Consiglio dei Ministri in cui stato adottato il decreto-legge non possa certo configurare un reale esempio di leale collaborazione tra Stato e regione. Ritiene, dunque, che il ricorso al decreto-legge in un caso del genere rappresenti una violazione dell'articolo 77 della Costituzione, segnalando altresì il mancato rispetto del quarto comma dell'articolo 72 della medesima Costituzione, che esclude l'intervento della decretazione di urgenza per disciplinare la materia elettorale, sui cui aspetti essenziali, a suo avviso, si interviene direttamente con l'intervento in oggetto, ignorando la giurisprudenza costituzionale consolidatasi sul punto.
  Ritiene quindi che il provvedimento in esame sia in linea con la deriva autoritaria che sembra contraddistinguere il Governo in carica, il quale, a suo avviso, sta utilizzando l'emergenza epidemiologica strumentalmente, sottraendosi a qualsiasi forma di controllo da parte del Parlamento. Ritiene dunque importante che rimanga agli atti la preoccupazione espressa dal suo gruppo rispetto al rischio di costituire un precedente grave, che potrebbe in futuro legittimare l'azione autoritaria dell'Esecutivo, in violazione delle norme costituzionali.

  Fausto RACITI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare.
  Considerato l'accordo già intercorso informalmente tra i gruppi a rinunciare alla fissazione del termine per la presentazione degli emendamenti, fa presente che, non essendovi obiezioni, si passerà ora alle dichiarazioni di voto sulla proposta di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea.

  Francesco Paolo SISTO (FI) preannuncia che il suo gruppo non parteciperà alla votazione sulla proposta di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame, esprimendo in tal modo contrarietà – non rispetto alle finalità del provvedimento, che giudica assolutamente condivisibili – ma sul metodo utilizzato per perseguirle.

  Augusta MONTARULI (FdI) preannuncia che il suo gruppo non parteciperà alla votazione sulla proposta di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame.

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  Anna Rita TATEO (LEGA) dichiara che anche il suo gruppo non parteciperà alla votazione sulla proposta di conferire il mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, Marco Di Maio, a riferire favorevolmente all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Fausto RACITI, presidente, avverte che la Presidenza si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

  La seduta termina alle 17.05.