CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 giugno 2020
386.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO DEI NOVE

  Giovedì 11 giugno 2020.

DL 26/2020: Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020.
Esame emendamenti C. 2471-A Governo.

  Il Comitato si è riunito dalle 12 alle 12.05.

AUDIZIONI INFORMALI

  Giovedì 11 giugno 2020.

Audizione informale, in videoconferenza, di rappresentanti di Telos A&S nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 196 Fregolent, C. 721 Madia e C. 1827 Silvestri, in materia di Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 12.05 alle 12.25.

Audizione informale, in videoconferenza, di rappresentanti di Opengate Italia nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 196 Fregolent, C. 721 Madia e C. 1827 Silvestri, in materia di Disciplina dell'attività di rappresentanza di interessi.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 12.25 alle 12.40.

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SEDE REFERENTE

  Giovedì 11 giugno 2020. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Matteo Mauri.

  La seduta comincia alle 13.

Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.
C. 243 Fiano.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di estremismo violento o terroristico e di radicalizzazione di matrice jihadista.
C. 2301 Perego di Cremnago.

(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione inizi oggi l'esame, in sede referente, della proposta di legge C. 243 Fiano, recante misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.
  Come anticipato in seno all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, l'esame preliminare sarà congiunto con quello della proposta di legge C. 2301 Perego di Cremnago, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di estremismo violento o terroristico e di radicalizzazione di matrice jihadista.
  Al termine dell'esame preliminare, comprese le eventuali attività conoscitive istruttorie, l'esame delle due proposte di legge procederà autonomamente.

  Emanuele FIANO (PD), relatore, rileva preliminarmente come in tutti i Paesi occidentali, in particolare in quelli europei, che da molti decenni hanno attirato immigrati, sia sempre più evidente quello che la cosiddetta «Commissione Stasi», istituita dall'allora Presidente francese Jacques Chirac, definisce «deriva comunitaria». Una deriva che la medesima Commissione governativa individua come primo agente in Francia nelle manifestazioni di intolleranza, odio, azioni violente di marca religiosa. Tale deriva comunitaria produce la chiusura impermeabile all'integrazione nella società dei gruppi etnici, religiosi o nazionali, è anche il fenomeno della radicalizzazione religiosa.
  Chiarisce quindi che per radicalizzazione, nella proposta di legge C. 243 a sua prima firma, non si intende la progettazione o la pratica di azioni violente (di competenza degli organi di prevenzione e inquirenti), ma quanto le precede. Per radicalizzazione si intende dunque il processo di formazione di attitudini o pratiche di ispirazione religiosa che marcano la volontà di una rottura col sistema politico, sociale ed economico e più generalmente con le norme e i costumi e principi costituzionali. Si tratta di un processo che precede il compimento o la progettazione di atti violenti o eversivi, ma che ne è l'indispensabile premessa.
  Rileva come tale processo sia, soprattutto, avverso al riconoscimento della totale, compiuta, parità dei diritti della donna, prodotta da una concezione autoritaria, maschilista e violenta delle regole che reggono la famiglia, per proiettarsi poi in una visione violenta, discriminante e autoritaria della società (jihadismo, appunto). Ritiene che tale processo sia stato introdotto in Europa da una componente scismatica dell'Islam di Fede, il salafismo, che pretende di imporre dentro la famiglia, dentro la comunità e infine dentro lo Stato rapporti violenti tipici di una legislazione religiosa risalente a 1400 anni fa nella Medina. Un processo di radicalizzazione che è maturato in tutti coloro i quali hanno compiuto poi le decine di attentati di matrice jihadista che hanno insanguinato il pianeta. Non tutti i radicalizzati diventano jihadisti, ma tutti i jihadisti sono stati radicalizzati.
  Reputa quindi, come autorevolmente indicato dal report conclusivo della Commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista organizzata dalla Presidenza del Consiglio Pag. 5nel 2016-17, che questi fenomeni si stiano estendendo nel nostro Paese. Lo provano molteplici episodi oggetto di indagini e di provvedimenti della magistratura, inclusi due casi di femminicidio con motivazioni shariatiche, la pratica diffusa anche in Italia della infibulazione (che non è affatto prescritta dalla sharia, ma che caratterizza elementi islamici radicalizzati in modo distorto) e i molti casi di antisemitismo basati su una motivazione religiosa di matrice jihadista.
  In tale contesto evidenzia come nulla indichi che il nostro Paese possa essere risparmiato dall'estensione a macchia d'olio dei fenomeni di radicalizzazione ampiamente presenti nei Paesi europei (Francia, Belgio, Olanda, Gran Bretagna), nei quali l'immigrazione di massa è presente da molti decenni. Come ampiamente dimostra la cronaca – relativamente a casi nei quali le vittime sono soprattutto le donne – nella società italiana non vi è e non agisce alcun anticorpo che ci risparmi dai gravi fenomeni di radicalizzazione che affliggono in maniera crescente gli altri Paesi europei.
  Considera quindi estremamente indicativi dei processi che stanno maturando e che matureranno in Italia i risultati di recenti inchieste parlamentari e giornalistiche in Francia. Ad esempio, un'importante analisi dell'IFOP, istituto di ricerca e statistica in Francia, rileva infatti come il 46 per cento degli immigrati di recente ingresso nel Paese ritenga che la sharia, il complesso islamico di norme religiosi sociali e civili, dovrebbe imporsi al dettato della legislazione francese, opinione condivisa dal 26 per cento dei francesi che hanno acquisto recentemente la cittadinanza e dal 18 per cento degli immigrati di seconda generazione.
  Segnala inoltre come un'inchiesta sull'Islam radicale nei servizi pubblici, promossa nel 2019 dall'Assemblea Nazionale (la Camera dei deputati francese), abbia dato risultati sconcertanti, rilevando inquietanti «zone d'ombra», nelle quali incide la radicalizzazione islamista, nel sistema sanitario, nei trasporti, nelle prigioni e nelle università. Ad esempio, nella RATP, che gestisce la metro di lunga distanza di Parigi, i servizi di sicurezza hanno emesso più di un centinaio di pareri negativi per radicalizzazione nei confronti di aspiranti conduttori. In alcuni casi sarebbe stata imposta da soggetti radicalizzati la creazione di uffici per soli uomini e si sono anche registrati alcuni casi di conduttori di autobus che si sono rifiutati di guidare dopo che allo stesso volante si era seduta una conduttrice donna. Tale inchiesta parlamentare esprime quindi preoccupazione sui sistemi di prevenzione della radicalizzazione islamista nelle polizie municipali e nelle agenzie di sicurezza privata, così come nel personale degli aeroporti. Nelle banlieues a maggioranza musulmana ormai è diventato difficoltoso per le ambulanze prestare soccorso a una donna se i soccorritori sono maschi.
  La medesima inchiesta ha altresì posto in evidenza una situazione scabrosa relativa all'esistenza di aree diffuse di radicalizzazione nei licei, segnalando inoltre che in alcuni quartieri – come già notava la predetta Commissione Stasi nel 2005 – è impossibile per gli ebrei indossare la kippah senza essere aggrediti violentemente da islamisti.
  Ricorda altresì che in Italia, nel 2015, fece clamore un articolo del Corriere della Sera il quale dava conto del rifiuto di molti studenti liceali di alzarsi per rendere omaggio alle vittime dei jihadisti che avevano compiuto una strage a Parigi.
  A fronte di questo complesso quadro, che deve essere approfondito, la proposta di legge C. 243 propone di dotare il Parlamento di uno strumento di indagine permanente sul territorio, ispirata al principio e al metodo di «conoscere per deliberare». Attraverso gli strumenti previsti dalla predetta proposta di legge si intende infatti organizzare un monitoraggio capillare ed equilibrato su tutto il territorio nazionale dei fenomeni di radicalizzazione sin qui descritti. Si tratta di un'attività che precede ed è ben distinta dalle attività di indagine e prevenzione criminale delle forze di polizia. Un'attività che, lungi dall'essere discriminante nei confronti di una Pag. 6religione, intende, al contrario, attraverso la corretta conoscenza dei fenomeni, favorire la crescita e il radicamento, nell'ambito costituzionale, di un Islam italiano che sia caratterizzato dalla Fede e che venga supportato nella sua capacità di emarginazione e isolamento degli elementi radicali.
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto delle proposte di legge, rileva, per quanto attiene alla proposta di legge C. 243 Fiano, come essa sia finalizzata all'introduzione di una serie di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista e riprende i contenuti del testo approvato nel corso della XVII legislatura dalla Camera dei deputati (S. 2883), che non ha concluso il proprio iter al Senato a causa della conclusione della legislatura.
  La proposta di legge reca, in particolare, previsioni volte a: prevenire i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo jihadista; favorire la deradicalizzazione, fermo il rispetto delle garanzie fondamentali in materia di libertà religiosa; favorire il «recupero» in termini di integrazione (sociale, culturale, lavorativa) dei cittadini (siano essi italiani o stranieri residenti in Italia) coinvolti in fenomeni di radicalizzazione.
  Le disposizioni si muovono dunque in modo preminente sul versante della prevenzione e non incidono sull'ordinamento penale come invece hanno disposto, sulla materia, in particolare il decreto-legge n. 7 del 2015 e la legge di ratifica di alcune convenzioni internazionali n. 153 del 2016.
  La proposta di legge prevede inoltre l'istituzione di un Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD) presso il Ministero dell'interno e di un Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.
  In particolare, l'articolo 1, oltre a indicare le finalità del provvedimento, reca una definizione di radicalizzazione jihadista, che è stato oggetto di un interessante dibattito nel corso della precedente legislatura. Tale è da intendersi il fenomeno delle persone che, anche in assenza di uno stabile rapporto con gruppi terroristici, abbracciano ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, anche tramite l'uso del web e dei social network. Il testo fa dunque riferimento all'adesione a un'ideologia, ispirata all'uso della violenza e del terrorismo.
  Evidenzia come il testo si muova in coerenza con i consolidati indirizzi in sede internazionale e sovranazionale, anche tenuto conto della risoluzione del Parlamento europeo del 25 novembre 2015 sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento di cittadini europei da parte di organizzazioni terroristiche (2015/2063 (INI). Il tema della prevenzione della radicalizzazione, sia on line sia nelle comunità e sul territorio, è da anni tra le questioni prioritarie trattate nell'ambito dell'Unione della sicurezza, l'insieme delle politiche dell'Unione europea volte ad affrontare una serie di fenomeni criminali a dimensione transnazionale, tra i quali il terrorismo, la criminalità organizzata e il cybercrime e i relativi mezzi di sostegno, includendo altresì misure di rafforzamento della difesa e della resilienza contro tali minacce. In particolare, la Commissione europea ha consolidato il proprio duplice approccio al problema della radicalizzazione on line, che consiste, da un lato, nella creazione di un quadro giuridico volto a consentire alle autorità la rimozione dei contenuti terroristici illeciti in rete, e, dall'altro, nel rafforzamento del partenariato volontario con le piattaforme online.
  Da ultimo, la Commissione europea continua a sostenere gli sforzi a livello nazionale e locale per la prevenzione e la lotta contro la radicalizzazione sul campo (ad esempio, in contesti fisici considerati a rischio come le carceri, o nei confronti di categorie sensibili quali i minori provenienti da aree di conflitto).
  L'articolo 2 istituisce il Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD), presso il Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Esso è chiamato a promuovere e sviluppare le misure, gli interventi e i programmi Pag. 7diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista nonché a favorire la deradicalizzazione dei soggetti coinvolti. La composizione e il funzionamento del Centro sono disciplinati con decreto del Ministro dell'interno (da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge), in modo da assicurare la presenza – senza compensi, rimborsi o altri emolumenti di sorta – di rappresentanti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, della giustizia, della difesa, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, nonché di qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale, così come del Consiglio delle relazioni con l'Islam italiano (istituito con decreto del Ministro dell'interno del 23 dicembre 2015, con funzioni consultive, quali quella per l'elaborazione del «Patto nazionale per un Islam italiano espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell'ordinamento statale», sottoscritto il 1o febbraio 2017).
  Il Centro nazionale sulla radicalizzazione elabora annualmente il Piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista e di recupero dei soggetti coinvolti nei fenomeni di radicalizzazione. Il Piano definisce i progetti, le azioni e le iniziative da realizzare. Il Piano assume un ampio spettro di azione, volgendo alla promozione del dialogo interreligioso e interculturale, alla condivisione dei principi di laicità dello Stato e di libertà religiosa (così come di tutti i principi fondamentali della Costituzione italiana). Il Piano persegue altresì il contrasto di ogni forma di discriminazione etnica, religiosa, di genere e di orientamento sessuale e di pratiche che colpiscono l'integrità fisica, la dignità e i diritti delle persone. Il Piano è approvato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti e del Comitato parlamentare istituito dall'articolo 4.
  Il CRAD individua le risorse disponibili a legislazione vigente, nonché quella utilizzabili a valere sui fondi europei RAN (Radicalisation Awareness Network). Nel 2011 la Commissione europea ha avviato la rete UE per la sensibilizzazione in materia di radicalizzazione, che raggruppa esperti e operatori di prima linea provenienti da tutte le regioni d'Europa (Radicalisation Awareness Network – RAN).
  Il comma 2 destina alcune nuove risorse (250.000 euro nel 2018; 500.00 euro annui dal 2019) per l'istituzione di un apposito numero verde.
  In merito richiama l'esigenza di aggiornare le disposizioni riguardanti la decorrenza dell'onere e la copertura finanziaria.
  Il CRAD, nello svolgimento delle proprie funzioni, si avvale dell'attività di monitoraggio svolta dal Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del Ministero dell'interno, sulla base delle informazioni fornite dalle Prefetture-Uffici territoriali del governo.
  L'articolo 3 istituisce i Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (CCR), presso le Prefetture-UTG dei capoluoghi di regione, con il compito di dare attuazione al Piano strategico nazionale. Tali Centri sono tenuti a presentare al CRAD una relazione sull'attuazione del Piano, con cadenza annuale. Il Centro di coordinamento regionale sulla radicalizzazione è presieduto dal Prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dei competenti uffici territoriali delle amministrazioni statali, degli enti locali e da qualificati esponenti di istituzioni, enti e associazioni operanti nel campo religioso, culturale, educativo e sociale in ambito regionale, nonché delle associazioni e organizzazioni che operano nel campo dell'assistenza socio-sanitaria e dell'integrazione, e delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori. Sono esclusi compensi, emolumenti, rimborsi. La composizione e le modalità di funzionamento del Centro di coordinamento regionale Pag. 8sono disciplinate dal prefetto del capoluogo di regione, con proprio provvedimento, anche in relazione all'esigenza di assicurare un costante raccordo informativo con le altre Prefetture-UTG della regione. Al prefetto del capoluogo di regione compete altresì l'adozione di tutte le iniziative volte a coordinare le attività previste nell'ambito del piano di prevenzione con le esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica (in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 124 del 2007, ossia la legge sul sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la nuova disciplina del segreto).
  Gli articoli 4 e 5 sono volti, rispettivamente, a istituire il Comitato parlamentare per il monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista e a definirne i compiti.
  Il Comitato, che ha natura permanente, è composto da cinque deputati e cinque senatori, nominati entro venti giorni dall'inizio di ogni legislatura dai Presidenti di Camera e Senato in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni e tenendo conto della specificità dei compiti del Comitato. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da un vicepresidente e da un segretario, è eletto dai componenti del Comitato a scrutinio segreto.
  Le spese di funzionamento del Comitato – da determinarsi in modo congruo rispetto ai compiti assegnati, secondo la dicitura del disegno di legge – sono a metà sul bilancio di ciascuna delle due Camere.
  L'articolo 5 stabilisce che il Comitato svolga un'attività di monitoraggio dei fenomeni della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista sul territorio nazionale, con particolare attenzione, altresì, alle problematiche inerenti alle donne e ai minori. Il Comitato può svolgere audizioni di figure istituzionali, componenti della magistratura e delle forze di polizia, ministri di culto e operatori sociali. Il Comitato svolge, in particolare, un'attività di monitoraggio specifica sui seguenti ambiti: sulle scuole di ogni ordine e grado, nonché sulle università, anche attraverso l'audizione o l'esame di rapporti redatti da presidi, rettori e dirigenti scolastici su episodi avvenuti nei rispettivi istituti; sugli ospedali e gli ambulatori pubblici, anche attraverso l'audizione o l'esame dei rapporti redatti dai direttori sanitari su episodi avvenuti nei rispettivi istituti; sulle carceri, anche attraverso l'audizione dei direttori degli istituti penitenziari sui singoli episodi avvenuti nei rispettivi istituti e l'esame di una relazione trimestrale inviata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sull'andamento dei fenomeni di radicalizzazione all'interno delle carceri italiane. Il Comitato esamina altresì un rapporto semestrale – che deve essere redatto dalla Polizia postale e delle comunicazioni, anche in collaborazione con istituti specializzati – contenente elementi informativi e dati statistici sulla diffusione sul web di idee estreme, tendenti al terrorismo violento di matrice jihadista.
  L'articolo 6 prevede che il Comitato presenti alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sull'attività svolta e con la quale può formulare proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza.
  Il Comitato ha altresì facoltà di trasmettere alle Camere, nel corso dell'anno, informative o relazioni urgenti. Il Governo trasmette, entro il mese di febbraio, alle Camere e al Comitato una relazione riferita all'anno precedente, sulle politiche attuate in materia di prevenzione e contrasto dei fenomeni di radicalizzazione e di estremismo violento di matrice jihadista, nonché sui risultati ottenuti.
  L'articolo 7 stabilisce che i Ministeri competenti e le amministrazioni locali, in coerenza con il Piano strategico nazionale elaborato dal CRAD, definiscano le modalità per il possibile svolgimento di attività di formazione, anche per la conoscenza delle lingue straniere, consistenti in particolare in programmi e corsi specialistici volti a fornire elementi di conoscenza anche in materia di dialogo interculturale e interreligioso al fine di prevenire fenomeni di radicalizzazione ed estremismo Pag. 9violento di matrice jihadista. Le attività di formazione sono rivolte al personale: delle Forze di polizia e delle polizie municipali; delle Forze armate; dell'amministrazione penitenziaria, del Garante nazionale e dei garanti locali dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; dei docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado e delle università; degli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari, del personale dei corpi di polizia locale.
  Per tale attività di formazione specialistica è autorizzata la spesa di 1 milione di euro dal 2018, a favore del Ministero dell'interno. Richiama al riguardo l'esigenza di aggiornare le disposizioni riguardanti la copertura finanziaria.
  L'articolo 8 prevede interventi finalizzati a prevenire episodi di radicalizzazione nell'ambito scolastico. In particolare – secondo quanto dispongono, i commi 1, 2 e 3 – l'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura elabora, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – e conformandosi al piano strategico elaborato dal Centro nazionale sulla radicalizzazione previsto dall'articolo 2 – linee guida sul dialogo interculturale e interreligioso, finalizzate a diffondere la cultura del pluralismo e a prevenire episodi di radicalizzazione in ambito scolastico. Le linee guida sono adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sono comunicate agli uffici scolastici regionali e alle istituzioni scolastiche. Le linee guida devono essere periodicamente aggiornate e, anche a tale fine, l'Osservatorio effettua, con cadenza annuale, un monitoraggio delle iniziative avviate dalle istituzioni scolastiche.
  Relativamente alla formulazione del testo ricorda che da ultimo l'Osservatorio è stato ricostituito con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 dicembre 2019. Considerato che il comma 1 fa riferimento all'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura, di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 718 del 5 settembre 2014, evidenzia l'opportunità di aggiornare, nel testo, il riferimento normativo.
  Relativamente ai richiami, contenuti nel testo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ricorda che il Ministero dell'istruzione è attualmente distinto dal Ministero dell'università e della ricerca (secondo quanto disposto dal decreto-legge n. 1 del 2020). Evidenzia in merito l'opportunità di adeguare di conseguenza i richiami contenuti nel testo.
  Il comma 4 prevede che le reti di scuole possano stipulare – senza maggiori oneri per la finanza pubblica – convenzioni con università, istituzioni, enti, associazioni o agenzie presenti sul territorio, per lo sviluppo di iniziative. Le apposite linee guida devono essere definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
  Il comma 5 prevede che a decorrere dall'anno scolastico 2017-2018 il Piano nazionale di formazione dei docenti preveda anche l'attività di formazione e di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti delle istituzioni scolastiche statali e paritarie «volta ad aumentare le conoscenze e le competenze di cittadinanza globale per l'integrazione scolastica e la dialettica interculturale». Invita a valutare, in proposito, l'opportunità di aggiornare la decorrenza dell'anno scolastico.
  Il comma 6 prevede che con accordo tra lo Stato e le regioni, nell'ambito della Conferenza permanente, siano individuate le modalità per l'attuazione di misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale. Tale previsione discende dalla competenza legislativa esclusiva delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale, i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione.
  L'articolo 9 autorizza la spesa di 2,5 milioni di euro per il 2018, di 5 milioni per il 2019 (da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, Pag. 10dell'università e della ricerca), destinata a finanziare progetti per la formazione universitaria e post-universitaria di figure professionali specializzate nella prevenzione e nel contrasto alla radicalizzazione e all'estremismo violento di matrice jihadista, nel dialogo interreligioso, nelle relazione interculturali ed economiche e nello sviluppo dei Paesi di emigrazione, previsti ed organizzati da accordi di cooperazione fra università italiane e università dei Paesi aderenti all'Organizzazione della cooperazione islamica, con i quali l'Italia abbia stipulato accordi di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Richiama al riguardo l'esigenza di aggiornare le disposizioni riguardanti la decorrenza dell'onere finanziario e la relativa copertura.
  L'articolo 10 prevede che al Piano strategico nazionale, di cui all'articolo 2, competa altresì la previsione di progetti per lo sviluppo di campagne informative, attraverso piattaforme multimediali che utilizzino anche lingue straniere. Così come compete l'adesione ad analoghe campagne promosse dalle istituzioni internazionali. La finalità è favorire l'integrazione e il dialogo interculturale e interreligioso, nonché di contrastare la radicalizzazione e la diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. Per la medesima finalità è previsto che la RAI, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, realizzi una specifica piattaforma multimediale per la messa in onda di prodotti informativi e formativi in lingua italiana e araba. Le modalità operative sono da definirsi nel contratto di servizio, nel limite delle risorse disponibili. Al contempo, il Piano strategico nazionale promuove attività di comunicazione in partnership con altri soggetti, pubblici o privati, nonché sinergie tra i media nazionali volte, in particolare, a «veicolare la cultura dell'integrazione, del dialogo interreligioso e interculturale, il principio dell'eguaglianza di genere e il contrasto delle discriminazioni di origine religiosa, tra cui l'islamofobia». È fatto richiamo al decreto-legge n. 122 del 1993, recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa (la cosiddetta «legge Mancino», che punisce gesti, azioni e slogan aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, oltre all'utilizzo di simboli razzisti).
  L'articolo 11 demanda a un regolamento del Ministro della giustizia – da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge – l'adozione di un Piano nazionale per garantire ai soggetti (cittadini italiani o stranieri residenti in Italia) detenuti o internati coinvolti in fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista, un trattamento penitenziario che tenda, oltre che alla loro rieducazione, anche alla loro deradicalizzazione, in coerenza con il Piano strategico nazionale di cui all'articolo 2.
  Il Piano annuale dovrà essere adottato con decreto del Ministro della giustizia, sentiti il Garante dei detenuti (introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 7 del decreto-legge n. 146 del 2013) e il CRAD. Sul Piano è previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Dell'attuazione del Piano il Ministro della giustizia è tenuto a presentare relazione annuale alle Commissioni parlamentari competenti.
  Con decreto del Ministro della giustizia debbono essere altresì individuati i criteri per consentire l'accesso e la frequenza degli istituti penitenziari a quanti siano in possesso di adeguate conoscenze e competenze in tema di culture e pratiche religiose nonché di proselitismo, radicalizzazione e potenziale deriva terroristica. È richiamato in merito l'articolo 17, comma 2, della legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), che subordina l'accesso al carcere di coloro che hanno «concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti» all'autorizzazione del magistrato di sorveglianza, che darà anche apposite direttive, e al parere favorevole del direttore dell'istituto. Pag. 11
  L'articolo 12 reca la clausola di invarianza finanziaria, salvo che per le previsioni cui il progetto di legge destini espressi stanziamenti (come avviene all'articolo 2 per la istituzione di un numero verde, all'articolo 7 per la formazione specialistica del personale delle Forze di polizia, all'articolo 9 per i progetti di formazione universitaria e post-universitaria volti alla formazione di figure professionali specializzate). Con riferimento alle competenze legislative costituzionalmente definite rileva come la proposta di legge C. 243 intervenga in via generale sulle materie «sicurezza dello Stato» e «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» che rientrano negli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere d) e g), della Costituzione.
  Passando ad illustrare il contenuto della proposta di legge C. 2301 Perego di Cremnago, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di estremismo violento o terroristico e di radicalizzazione di matrice jihadista, rileva come l'articolo 1 disponga l'istituzione della Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta per la durata della XVIII legislatura, precisando, al comma 1, che la Commissione è chiamata ad «indagare, accertare e monitorare le dinamiche interne ed esterne dei fenomeni di estremismo violento e terroristico e di radicalizzazione di matrice jihadista che, nelle differenti forme organizzative e ideologiche, minacciano la sicurezza della Repubblica, le sue istituzioni e i suoi cittadini».
  Al comma 2 si indicano i compiti dell'istituenda Commissione, che sono:
   a) verificare l'impatto della legislazione nazionale in materia di antiterrorismo, con specifico riguardo alle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, alle misure di carattere amministrativo e alla normativa in materia di espulsioni per motivi di prevenzione di terrorismo, anche mediante l'acquisizione di pareri e documenti e lo svolgimento di «audizioni di professionisti» operanti nei settori della giustizia, dell'interno e dell’intelligence;
   b) monitorare i risultati conseguiti nella lotta al terrorismo in Italia, l'efficacia delle misure di contrasto, di intelligence e repressive, in riferimento alle nuove forme di eversione da parte di gruppi armati e organizzati improntati all'ideologia nazionalsocialista, nonché delle misure di contrasto, prevenzione e deradicalizzazione in riferimento ai fenomeni di matrice jihadista, anche al fine di elaborare proposte per l'adozione di nuove norme in tale materia, al fine di colmare eventuali lacune dell'ordinamento giuridico nazionale;
   c) raccogliere informazioni e dati sul fenomeno della radicalizzazione jihadista, in particolare in ordine ai luoghi in cui si sviluppa maggiormente il proselitismo o il passaggio a forme diversificate di radicalizzazione, quali carceri, reti internet e luoghi di culto, approfondendo la questione del contemperamento dei princìpi relativi alla libertà personale, religiosa e di opinione con quelli della sicurezza, nonché le problematiche connesse allo specifico fenomeno dei foreign fighter italiani ed europei;
   d) acquisire informazioni e analizzare le diverse esperienze sul campo al fine di individuare gli strumenti più idonei per contrastare sul nascere la radicalizzazione e l'estremismo jihadista, in particolare individuando le strategie volte al recupero di soggetti già coinvolti in fenomeni di radicalizzazione, con particolare attenzione al mondo giovanile, in ambito scolastico e universitario;
   e) verificare l'adeguatezza degli interventi di contrasto e prevenzione dei fenomeni di estremismo e radicalizzazione, anche al fine di potenziare le attività di formazione specialistica rivolte agli operatori coinvolti (quali Forze di polizia, amministrazione penitenziaria, Forze armate, Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale e garanti territoriali, docenti e dirigenti delle scuole di ogni ordine e grado, personale Pag. 12universitario, operatori dei servizi sociali e socio-sanitari e personale dei corpi di polizia locale) al fine di promuovere l'elaborazione di un progetto organico, in grado di combinare le misure repressive con quelle preventive e di riabilitazione e reinserimento sociale dei soggetti più vulnerabili nei confronti dei messaggi jihadisti;
   f) promuovere il coordinamento con rappresentanti delle istituzioni europee e di organismi internazionali operanti nel contrasto dei fenomeni terroristici a carattere sovranazionale e radical-religioso, anche al fine di acquisire dati e informazioni circa l'efficacia della risposta alla minaccia jihadista a livello europeo e internazionale, con particolare attenzione alle iniziative dell'Unione europea e alle esperienze di Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna;
   g) accertare il livello di attenzione, controllo e capacità d'intervento delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche nell'attività di prevenzione delle minacce provenienti dallo spazio cibernetico, anche con particolare riferimento alla radicalizzazione e all'addestramento dei foreign fighter.

  Ai sensi del comma 3, la Commissione presenta alle Camere relazioni sui risultati della propria attività al termine dei lavori – quindi alla fine della XVIII legislatura – e ogniqualvolta lo ritenga opportuno.
  L'articolo 2, al comma 1, regola la composizione della Commissione, stabilendo che ne facciano parte venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Viene specificato che il gruppo misto del Senato della Repubblica e il gruppo misto della Camera dei deputati sono rappresentati distintamente nella Commissione. I componenti della Commissione sono scelti tenendo conto anche della specificità dei compiti a questa assegnati. In merito ricorda che il secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione prevede che la composizione della Commissione d'inchiesta deve rispecchiare la proporzione dei gruppi; tale nomina, quindi, deve essere improntata al rispetto del principio di proporzionalità.
  Per quanto riguarda il procedimento costitutivo, al comma 2, si prevede che il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati convocano la Commissione, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, per la costituzione dell'ufficio di presidenza. Ai sensi del comma 3, l'ufficio di presidenza della Commissione, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
  Ai sensi del comma 4, per l'elezione a scrutinio segreto, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente della Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.
  Per quanto riguarda l'attività e il funzionamento della Commissione, l'articolo 3, al comma 1, ne demanda la disciplina a un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente ha facoltà di proporre la modifica delle disposizioni regolamentari. Al riguardo rileva come tale previsione risulti conforme alla prassi che da tempo si è venuta formando, secondo la quale le Commissioni d'inchiesta adottano un proprio regolamento, ferma restando l'applicabilità del regolamento della Camera di appartenenza del Presidente della Commissione per quanto non espressamente previsto dal Pag. 13predetto regolamento interno. Come di norma avviene per le Commissioni parlamentari di inchiesta, ai sensi del comma 2 si prevede che la Commissione possa organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento della Commissione. Ai sensi del comma 3, le sedute della Commissione sono pubbliche; tuttavia, tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta. Il comma 4 prevede poi che la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di collaboratori interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti, nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie da parte di soggetti pubblici, compresi le università e gli enti di ricerca, o privati. Con il regolamento interno è stabilito il numero massimo di collaboratori di cui può avvalersi la Commissione. Ai sensi del comma 5, la Commissione può prendere contatto con istituzioni di altri Paesi nonché con organismi sovranazionali e internazionali ed effettuare missioni in Italia o all'estero. Per l'adempimento delle sue funzioni, la Commissione, secondo il comma 6, fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro. Il comma 7 stabilisce che la Commissione cura l'archiviazione e l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della propria attività.
  In base all'articolo 4, comma 1, per le audizioni a testimonianza si applicano gli articoli 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale.
  Ricorda in merito che per tali reati sono previsti, rispettivamente, la reclusione fino a 6 mesi o la multa da euro 30 a euro 516 (articolo 366) e la reclusione da 2 anni a 6 anni (articolo 372).
  Secondo quanto previsto dal comma 2, per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare non è opponibile alla Commissione il segreto d'ufficio, professionale o bancario. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge n. 124 legge del 2007 (legge di riforma dei servizi di informazione).
  L'articolo 5 dispone, al comma 1, che, come previsto dall'articolo 82 della Costituzione, la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. In merito ricorda che l'articolo 82, secondo comma, della Costituzione stabilisce che la Commissione d'inchiesta procede alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria (cosiddetto principio del parallelismo). I poteri coercitivi che la Commissione d'inchiesta può esercitare sono naturalmente quelli propri della fase «istruttoria» delle indagini giudiziarie, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati, né irrogare sanzioni. La Commissione può quindi, salvo limitazioni disposte dalla legge, disporre ispezioni e perquisizioni personali e domiciliari, sequestri, intercettazioni telefoniche, perizie, ricognizioni, esperimento di prove testimoniali ed accompagnamento coattivo dei testi renitenti. La Commissione deve comunque assicurare il rispetto dei diritti fondamentali di difesa discendenti dal disposto dell'articolo 24 della Costituzione, riconoscendo, ad esempio, il diritto all'assistenza del difensore ogni volta che il suo mancato esercizio possa pregiudicare la posizione processuale della persona interrogata. Il parallelismo con i poteri della magistratura disposto dal citato comma secondo dell'articolo 82 della Costituzione si estende anche agli aspetti relativi alle limitazioni dei poteri della Commissione stessa. Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l'attività delle Commissioni d'inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria.
  Al riguardo ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 26 del 2008, ha rilevato come i poteri di indagine Pag. 14spettanti, rispettivamente, alle Commissioni parlamentari di inchiesta e agli organi della magistratura requirente abbiano ambiti e funzioni differenti, con la conseguenza che l'esercizio degli uni non può avvenire a danno degli altri, e viceversa. Infatti, il compito delle suddette Commissioni non è di «giudicare», ma solo di raccogliere notizie e dati necessari per l'esercizio delle funzioni delle Camere.
  In base al comma 2 dell'articolo 5 la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
  Ai sensi del comma 3, la Commissione ha facoltà di acquisire, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, il quale copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria (fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari), copie di atti e di documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e di documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e di documenti anche di propria iniziativa. Ai sensi del comma 4, l'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia degli atti e dei documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Tale decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
  Ai sensi del comma 5, la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 3 sono coperti da segreto. Il comma 6 prevede che la Commissione ha facoltà di acquisire da organi e uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente ai compiti della stessa Commissione. Secondo il comma 7, quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione. Ai sensi del comma 8, la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
  Per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto, richiama la fondamentale sentenza n. 231 del 1975 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l'obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (cosiddetto segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario. La Corte ha stabilito invece l'obbligo per la Commissione di trasmettere ai predetti Tribunali gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all'origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all'autorità giudiziaria.
  L'articolo 6, al comma 1, dispone l'obbligo del segreto, stabilendo che i componenti della Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti della Commissione. Ai sensi del comma 2, salvo che Pag. 15il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale. Inoltre, il comma 3 stabilisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, che le pene si applicano a chiunque diffonde in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione.
  Le spese per il funzionamento della Commissione sono fissate – ai sensi dell'articolo 7 – nel limite massimo di 100.000 euro per ciascun anno di attività e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
  L'articolo 8 dispone che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, ricorda che l'istituzione di Commissioni parlamentari di inchiesta è prevista dall'articolo 82 della Costituzione, in base al quale ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. L'istituzione della Commissione di inchiesta può essere deliberata anche da una sola Camera, con atto non legislativo. Nella storia parlamentare si è però andata affermando la prassi di deliberare le inchieste anche con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori, ovvero, in alcuni casi, con due delibere di identico contenuto adottate dalle rispettive assemblee con gli strumenti regolamentari. Nel primo caso viene istituita una vera e propria Commissione bicamerale, mentre nel secondo si hanno due distinte Commissioni che possono deliberare di procedere in comune nei lavori d'inchiesta, rimanendo tuttavia distinte quanto ad imputazione giuridica dei rispettivi atti. In ogni caso, per quanto riguarda il procedimento di formazione, l'articolo 140 del regolamento della Camera e l'articolo 162 del Regolamento del Senato stabiliscono che per l'esame delle proposte di inchiesta si segue la procedura prevista per i progetti di legge.

  Matteo PEREGO DI CREMNAGO (FI), dopo aver ringraziato il relatore, Fiano, richiama l'attenzione sulle motivazioni che hanno ispirato la sua proposta di legge C. 2301. Rileva come tale iniziativa legislativa prenda le mosse dall'evoluzione della situazione internazionale e dal proliferare, dopo la sconfitta del Daesh, di numerose organizzazioni che costituiscono indubbiamente una minaccia per la sicurezza del nostro Paese. Osserva peraltro come tale minaccia risulti ulteriormente aggravata dall'evoluzione della situazione in Libia.
  Ritiene quindi che il fatto che il nostro Paese non abbia subìto attentati terroristici sia dovuto alle attività investigative delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria e non possa in alcun modo portare a una sottovalutazione del pericolo, quasi che l'Italia godesse di una sorta di immunità. Rileva come recenti risultanze investigative abbiano infatti messo in evidenza connessioni fra ambienti del radicalismo islamico e settori della criminalità organizzata, in particolare della ’ndrangheta, nonché con organizzazioni politiche sia di matrice anarco-insurrezionalista sia di estrema destra, e come tali fenomeni vadano monitorati complessivamente.
  Sottolinea dunque come sia necessario intervenire tempestivamente sui processi di radicalizzazione, in quanto, come rilevato dal relatore Fiano, spesso la radicalizzazione precede il ricorso alla violenza.

  Emanuele FIANO (PD), relatore, anche in vista del successivo dibattito e delle eventuali attività conoscitive che potranno essere svolte sulle proposte di legge in esame, esprime perplessità sulla scelta di affrontare congiuntamente la questione del radicalismo di matrice jihadista e fenomeni, dei quali non intende certo sminuire la gravità, ma che sono distinti dal radicalismo di matrice jihadista, pur potendo presentare occasionali elementi di connessione con esso, quali la criminalità organizzata e l'estremismo politico nazifascista.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Modifiche alla Costituzione in materia di maggioranza per l'approvazione delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
C. 2244 cost. Forciniti e C. 2335 cost. Giorgetti.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 3 giugno 2020.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che nella precedente seduta di esame il relatore, Forciniti, aveva illustrato il contenuto delle proposte di legge.

  Francesco FORCINITI (M5S), relatore, intervenendo per replicare ad alcuni spunti emersi nel corso della discussione svoltasi nella seduta precedente, condivide le perplessità manifestate dal deputato Ceccanti sulla proposta di legge costituzionale C. 2335 Giorgetti, laddove essa preclude l'entrata in vigore della legge elettorale a partire dalle elezioni immediatamente successive anche qualora essa sia approvata con un'ampia maggioranza, in quanto ritiene che in tal modo si introduca un elemento di eccessiva rigidità, rischiando peraltro di alterare le dinamiche politiche della legislatura successiva.
  Per quanto concerne le osservazioni sulla sua proposta di legge costituzionale C. 2244 formulate dal deputato D'Ettore, il quale ritiene che la maggioranza di due terzi dei componenti da essa prevista per le leggi elettorali rischi di avere effetti paralizzanti, osserva come la riduzione del numero dei parlamentari renda più agevole il raggiungimento di tale maggioranza e come pertanto la sua introduzione possa costituire un elemento di garanzia proprio a fronte della riduzione del numero dei parlamentari.
  Quanto all'osservazione, formulata dal medesimo deputato D'Ettore, secondo la quale il sindacato di legittimità costituzionale costituirebbe un fattore di garanzia a fronte di eventuali forzature da parte della maggioranza pro tempore, rileva come il giudizio di legittimità costituzionale può intervenire, come già accaduto in occasione della sentenza n. 1 del 2014, dopo che la legge elettorale censurata ha già prodotto i suoi effetti.
  Quanto ai rilievi del deputato Marco Di Maio, osserva come l'introduzione della predetta maggioranza qualificata, prevista dalla proposta di legge costituzionale C. 2244, non conferisca affatto rango costituzionale alle leggi elettorali, ma riconosca la particolare delicatezza di tali leggi rispetto ad altre che, pur intervenendo su materie di notevole rilevanza, non incidono direttamente sul funzionamento del sistema istituzionale. Rileva peraltro come l'opportunità di conferire stabilità alla legislazione in materia elettorale, anche attraverso la previsione di specifici quorum, sia stata sottolineata nel corso delle audizioni, in particolare dal professor Pisicchio.
  Auspica, comunque, che possa svolgersi una discussione approfondita e ribadisce la piena disponibilità della maggioranza al raggiungimento di una soluzione condivisa.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come l'organizzazione dell'esame, e le eventuali attività conoscitive, debbano ancora essere definite. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.30.