CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 maggio 2020
377.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 19

SEDE REFERENTE

  Giovedì 28 maggio 2020. — Presidenza del vicepresidente Franco VAZIO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Andrea Giorgis.

  La seduta comincia alle 13.10.

Nuove norme in materia di illeciti agro-alimentari.
C. 2427 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Elisa SCUTELLÀ (M5S), relatrice, fa presente che la Commissione avvia oggi l'esame del disegno di legge governativo C. 2427, recante «Nuove norme in materia di reati agroalimentari», presentato alla Camera il 6 marzo 2020, che è stato assegnato alla Commissione giustizia, per l'esame in sede referente, il 23 aprile 2020.
  Evidenzia che il testo riprende in larga parte i contenuti del progetto di riforma del diritto sanzionatorio agroalimentare elaborato dalla Commissione istituita nel 2015 (XVII legislatura) presso l'ufficio legislativo del Ministero della Giustizia e presieduta dal dott. Giancarlo Caselli, che aveva come ambito di intervento: da un lato, la delimitazione della categoria dei reati di pericolo contro la salute, in modo da riformare la tutela di beni giuridici di riferimento, che richiedono l'anticipazione delle correlate incriminazioni già alla soglia del rischio e, comunque, in funzione anticipata e preventiva; dall'altro lato, la rielaborazione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, con particolare riferimento alle organizzazioni complesse ed alla responsabilità delle persone giuridiche che sono divenute ormai, nella dimensione allargata degli scambi commerciali, il principale referente criminologico, così da aprire la strada a risposte effettive e differenziate in ragione dell'effettivo grado di offensività.
  Fa presente che i principali obiettivi della riforma possono essere individuati: nella rielaborazione della struttura delle fattispecie incriminatrici poste a tutela degli interessi tradizionalmente tutelati in materia alimentare (la salute pubblica e i delitti contro l'industria e il commercio), Pag. 20per adeguare la disciplina punitiva al cambiamento del sistema di produzione, trasformazione e vendita di beni alimentari; nell'individuazione di strumenti idonei a contrastare fenomeni particolarmente gravi di frode alimentare, che si manifestano attraverso condotte illecite svolte in forma stabile e organizzata nell'ambito delle attività d'impresa.
  Nel passare ad esaminare il contenuto del disegno di legge in esame, che si compone di 13 articoli, evidenzia che l'articolo 1 interviene sul Titolo VI del libro II del codice penale, dedicato ai delitti contro l'incolumità pubblica. In proposito, ricordo che nel codice penale, alla tutela della incolumità pubblica sono dedicati tanto delitti quanto contravvenzioni.
  Rammenta che i delitti sono raggruppati in tre distinti capi, relativi: ai delitti di comune pericolo mediante violenza; ai delitti di comune pericolo mediante frode; ai delitti colposi di comune pericolo e che il libro terzo del codice penale, dedicato alle contravvenzioni, contiene inoltre una serie di previsioni (articoli da 672 a 681 del codice penale) riguardanti la tutela dell'incolumità pubblica.
  Osserva che attualmente, la sistematica delle fattispecie delittuose del Titolo VI si ispira al duplice criterio distintivo del mezzo attraverso cui l'offesa all'incolumità pubblica è realizzata – che porta a distinguere i primi due capi relativi alla violenza e alla frode – e dell'elemento soggettivo del reato, che individua nei primi due capi le ipotesi dolose e nel terzo i delitti colposi. Il disegno di legge del Governo, in primo luogo, finalizza le ipotesi delittuose del Titolo VI non solo alla tutela dell'incolumità pubblica, ma anche alla tutela della salute pubblica. A tal fine, la lettera a) del comma 1, sostituisce la rubrica del Titolo VI: Dei delitti contro l'incolumità e la salute pubblica. Se dunque, attualmente, il bene giuridico dell'incolumità pubblica ricomprende tanto la vita quanto l'incolumità, intesa come integrità fisica e salute di più persone, la riforma è invece volta a dare autonomo rilievo alla tutela della salute pubblica.
  Precisa, inoltre, che il disegno di legge abbandona la distinzione tra i mezzi di realizzazione dell'illecito – violenza e frode – che attualmente distingue il capo I dal capo II del Titolo VI, sostituendola con la distinzione tra fattispecie di comune pericolo che attentano all'incolumità pubblica (capo I) e fattispecie di comune pericolo che attentano alla salute pubblica (capo II). Alla salute pubblica sono ricondotte le fattispecie che attentano alla sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali. A tale fine le lettere b) e c) del comma 1 sostituiscono le rubriche dei Capi I e II eliminando ogni riferimento a violenza e frode. Il Capo I non è oggetto di modifiche ulteriori rispetto alla sostituzione della rubrica. Rilevanti sono invece le modifiche al Capo II, nel quale restano inalterate solo le fattispecie di epidemia (articolo 438 c.p.), di commercio o somministrazione di medicinali guasti (articolo 443 del codice penale) e di somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica (articolo 445 del codice penale). Infatti, la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame sostituisce l'articolo 439 del codice penale relativo all'avvelenamento di acque o sostanze alimentari. Attualmente, la disposizione punisce con la reclusione non inferiore a 15 anni chiunque avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo. Se dal fatto deriva la morte di qualcuno, si applica l'ergastolo; nel caso di morte di più persone, era prevista la pena di morte, ora sostituita, comunque, dall'ergastolo. Oggetto materiale del reato sono le acque o le sostanze destinate all'alimentazione; la Cassazione ha precisato che le acque considerate sono quelle destinate all'alimentazione umana, a prescindere dalla loro potabilità (Cass. pen. Sez. IV Sent., 10/05/2018, n. 25547). L'avvelenamento non deve necessariamente avere potenzialità letale, essendo sufficiente che esso abbia la potenzialità di nuocere alla salute (si tratta di un reato di comune pericolo). La norma prevede un limite di carattere cronologico, giacché l'avvelenamento deve avvenire prima che Pag. 21le acque o le sostanze destinate all'alimentazione siano attinte o distribuite per il consumo. Tale limite, secondo la dottrina, segnala il termine finale dello stato di pericolo per la salute pubblica derivante dall'avvelenamento il quale, a seguito dell'attingimento o della distribuzione, sarà causa non più di comune pericolo ma di pericolo individuale. L'attingimento e la distribuzione nel senso voluto dal legislatore si realizzano solo quando determinano la disponibilità individuale ed esclusiva della cosa avvelenata. Quanto all'elemento soggettivo del reato, si richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di avvelenare acque o sostanze con la consapevolezza della potenza tossica del mezzo usato e della destinazione alimentare della cosa avvelenata. L'ipotesi colposa è punita dall'articolo 452 del codice penale.
  Rileva che la riforma in esame, nonostante la formale sostituzione dell'articolo 439 del codice penale, mantiene inalterata la pena – salvo l'aggiornamento del testo con l'eliminazione della pena di morte – e si limita ad apportare alla fattispecie le seguenti modifiche: fa riferimento, a partire dalla rubrica dell'articolo, agli alimenti, invece che alle sostanze alimentari o alle sostanze destinate all'alimentazione. Ciò comporta l'estensione dell'ambito di applicazione della fattispecie all'avvelenamento di tutte le acque, non solo di quelle destinate all'alimentazione (alle quali fa invece espresso riferimento il successivo articolo 440 del codice penale). Spetterà alla giurisprudenza distinguere le ipotesi di avvelenamento delle acque, di cui all'articolo 439 del codice penale, da quelle di inquinamento ambientale di cui all'articolo 452-bis del codice penale, e dalle contravvenzioni previste dal c.d. Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006); elimina l'inciso che prevede l'applicabilità della fattispecie in relazione ad avvelenamenti che precedono l'attingimento o la distribuzione per il consumo delle acque o degli alimenti, ampliando così l'ambito di applicazione della fattispecie.
  Nel passare ad esaminare la lettera e) del comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge, evidenzia che la stessa sostituisce l'articolo 440 del codice penale, relativo al delitto di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari. La disposizione attualmente punisce con la reclusione da 3 a 10 anni chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica (primo comma). Con la stessa pena punisce la contraffazione, in modo pericoloso alla salute pubblica, di sostanze alimentari destinate al commercio (secondo comma) mentre una aggravante si applica all'adulterazione o contraffazione di medicinali (terzo comma). L'attuale disposizione individua quindi tre distinte condotte: adulterazione, corruzione e contraffazione. La riforma proposta: equipara i medicinali alle acque destinate all'alimentazione e agli alimenti, e conseguentemente elimina l'attuale aggravante per i medicinali, prevista dal terzo comma dell'articolo 440 del codice penale. In merito la relazione illustrativa specifica che «non si è riprodotta la preesistente previsione di un'aggravante per i medicinali, allo scopo di parificare il regime sanzionatorio delle condotte in considerazione del fatto che vi sono prodotti per i quali la pratica applicativa ha incontrato difficoltà a definirne esattamente la natura (in particolare gli integratori). Peraltro, nell'intero corpo normativo che si è innovato, il trattamento relativo agli alimenti è stato parificato a quello relativo ai medicinali, in ragione dell'identità del pericolo che può derivare alla salute pubblica, a prescindere dal tipo specifico di prodotto»; elimina l'inciso che prevede l'applicabilità della fattispecie in relazione a condotte che precedono l'attingimento o la distribuzione per il consumo delle sostanze; modifica le condotte che integrano il delitto. Mantenendo le ipotesi di adulterazione e corruzione, il nuovo articolo 440 sostituisce la condotta di contraffazione con quella di contaminazione. Il comma secondo, che attualmente punisce la contraffazione, in modo pericoloso alla salute pubblica, di sostanze alimentari destinate al commercio, è soppresso; lascia inalterata la pena della reclusione da 3 a Pag. 2210 anni; applica la medesima pena a colui che, nell'ambito di un'attività imprenditoriale, produce, tratta o compone alimenti, medicinali o acque destinate all'alimentazione, in violazione delle leggi o dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali, o comunque inadatti al consumo umano o nocivi, rendendoli pericolosi per la salute pubblica. La disposizione va letta in combinato con il nuovo articolo 445-ter del codice penale che specifica che un alimento va considerato adulterato o trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti anche quando le condotte dell'articolo 440 «sono poste in essere tramite la somministrazione all'animale vivo o l'utilizzazione in relazione al vegetale prima della raccolta di sostanze vietate o in quantità eccedenti quelle consentite» e che un alimento è inadatto al consumo umano «quando è putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato». Precisa che la successiva lettera f) del comma 1 del disegno di legge inserisce nel capo II tre ulteriori delitti (articoli 440-bis, ter e quater). Il nuovo articolo 440-bis – rubricato Importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi – punisce con la reclusione da 2 a 8 anni chiunque – nell'ambito di un'attività imprenditoriale – commercializza alimenti, medicinali o acque avvelenati, contraffatti, adulterati, contaminati, corrotti, ovvero prodotti, trattati o composti in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare o dei medicinali o comunque inadatti al consumo umano o nocivi, pericolosi per la salute pubblica. Nel concetto di commercializzazione sono ricompresi importazione, esportazione, spedizione in transito, custodia temporanea o deposito doganale, trasporto, detenzione per il commercio, somministrazione, vendita e distribuzione. La fattispecie si applica al di fuori delle ipotesi di concorso nei reati di avvelenamento (articolo 439 del codice penale) e contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (articolo 440 del codice penale) e sostituisce i delitti di cui agli articoli 442 e 444 del codice penale, che vengono contestualmente abrogati dall'articolo 12 del disegno di legge. In proposito rammento che l'articolo 442 del codice penale punisce con le pene previste dagli articoli 439, 440 e 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute) chiunque, senza essere concorso nei suddetti delitti, commercializza acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte, in modo pericoloso alla salute pubblica. Prevede dunque l'applicazione delle medesime pene a colui che realizza l'avvelenamento o l'adulterazione e a colui che, consapevole, commercializza le sostanze pericolose per la salute pubblica. L'articolo 444 del codice penale, invece, punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa non inferiore a 51 euro chiunque commercializza sostanze destinare all'alimentazione che, pur non essendo contraffatte né adulterate, siano comunque pericolose per la salute pubblica. La pena è diminuita se l'acquirente o il destinatario è consapevole della nocività delle sostanze. La riforma non interviene, invece, sull'articolo 443 del codice penale, relativo alla commercializzazione o somministrazione di medicinali guasti, che dunque resta in vigore. Rispetto alla disciplina vigente, che punisce con la medesima severità colui che avvelena o adultera le sostanze alimentari e colui che le commercializza, la riforma prevede per quest'ultimo una pena più lieve: reclusione da 2 a 8 anni in luogo della reclusione non inferiore a 15 anni prevista dall'articolo 439 e alla reclusione da 3 a 10 anni prevista dall'articolo 440 del codice penale.
  Rammenta che il nuovo articolo 440-ter – rubricato Omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi – punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni: l'operatore del settore alimentare o del commercio che, essendo a conoscenza della pericolosità del consumo di alimenti, medicinali o acque da lui detenuti o alienati, omette di provvedere immediatamente al loro ritiro dal mercato o al richiamo presso gli acquirenti o gli attuali detentori oppure di informare immediatamente Pag. 23le autorità amministrative competenti per la sicurezza degli alimenti, delle acque e dei medicinali (primo comma). La fattispecie si applica al di fuori delle ipotesi di concorso nei reati di contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (articolo 440 del codice penale) e di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (articolo 440-bis del codice penale). Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo da un operatore del commercio o del settore alimentare. Quest'ultimo, in base alla relazione illustrativa – deve essere definito alla stregua dell'articolo 3 del Regolamento (CE) n. 178/2002 e dunque come «la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo» (evidentemente, trattandosi di responsabilità penale, autore dell'illecito potrà essere esclusivamente una persona fisica). La stessa relazione illustrativa chiarisce che con riguardo agli alimenti, la norma costituisce il necessario adeguamento alle istruzioni contenute nel suddetto Regolamento del 2002, che impone obblighi di ritiro dal mercato e di richiamo presso gli acquirenti, oltre che precisi doveri di informazione nei confronti delle autorità competenti, a carico degli operatori nel settore alimentare. L'elemento costitutivo del delitto, che lo contraddistingue dalle ipotesi di condotte omissive affini, punite a titolo di contravvenzione, si identifica proprio nel pericolo derivante dalla consumazione dell'alimento, quale presupposto imprescindibile di un obbligo di agire presidiato dalla sanzione penale; l'operatore del commercio che non osserva i provvedimenti dati dall'autorità competente per l'eliminazione del suddetto pericolo (secondo comma).
  Osserva che il nuovo articolo 440-quater – rubricato Informazioni commerciali ingannevoli o pericolose – punisce con la reclusione da 1 a 4 anni chiunque, mediante informazioni commerciali false o incomplete riguardanti alimenti, acque o medicinali, pregiudica la sicurezza del loro consumo con pericolo per la salute pubblica. La fattispecie si applica se non ricorrono i delitti di cui agli articoli 440-bis, 440-ter, 441 e 443.
  Rammenta che disposizioni sulla pubblicità ingannevole sono previste anche dal c.d. Codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 2005); vengono in rilievo soprattutto gli articoli 21 e 22 del Codice relativi, rispettivamente, ad azioni e omissioni ingannevoli. Inquadrate nell'ambito delle pratiche commerciali scorrette, tali azioni sono sottoposte alla valutazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può applicare sanzioni amministrative, avverso le quali si può ricorrere al giudice amministrativo. Rispetto a quell'illecito amministrativo, la nuova fattispecie penale si caratterizza per il profilo del pericolo per la sicurezza del consumo, che qualifica come penalmente rilevante la condotta. Inoltre, anche in relazione alle informazioni commerciali incomplete, il cui ambito di applicazione pare ampio, occorre ricordare che trattandosi di delitto la punibilità è circoscritta alle ipotesi dolose. Dal contenuto della disposizione si evince dunque che tanto le informazioni false quanto quelle incomplete devono comunque pregiudicare la sicurezza del consumo e mettere in pericolo la salute. Andrebbe quindi verificata la congruità della rubrica Informazioni commerciali ingannevoli o pericolose.
  Ricorda che la lettera g) del comma 1 dell'articolo 1 modifica l'articolo 441 del codice penale, relativo al delitto di adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute, che attualmente punisce con la reclusione da 1 a 5 anni o con la multa non inferiore a 309 euro (la pena detentiva è dunque alternativa alla pena pecuniaria) chiunque adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse dalle acque e dalle sostanze destinate all'alimentazione. La riforma proposta dalla lettera g) in esame: specifica che l'articolo 441 si applica all'adulterazione di sostanze diverse da quelle indicate dall'articolo 440 c.p., che viene Pag. 24espressamente richiamato; aggiunge un comma per punire con la medesima pena – reclusione da 1 a 5 anni o multa non inferiore a 309 euro – l'imprenditore che, senza essere concorso nell'adulterazione o contraffazione, commercializza le cose adulterate o contraffatte.
  Precisa che, analogamente a quanto previsto all'articolo 440-bis, anche in questo caso la commercializzazione consiste nelle attività di importazione, esportazione, spedizione in transito, custodia temporanea o deposito doganale, trasporto, detenzione per il commercio, somministrazione, vendita e distribuzione. Con il nuovo comma la riforma «recupera» all'articolo 441 la fattispecie attualmente prevista dall'articolo 442 del codice penale, che viene abrogato all'articolo 12.
  Osserva che la lettera h) introduce gli articoli 445-bis e 445-ter del codice penale. In particolare, all'articolo 445-bis, si introduce il delitto di disastro sanitario, punito con la reclusione da 6 a 18 anni. La fattispecie ricorre quando dai fatti di contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti e medicinali (articolo 440 del codice penale) o di altre cose in danno alla salute (articolo 441 del codice penale), commercializzazione di acque, alimenti e medicinali pericolosi (articoli 440-bis del codice penale) o dal loro omesso ritiro dal mercato (articolo 440-ter del codice penale), diffusione di informazioni commerciali pericolose (articolo 440-quater del codice penale); commercializzazione o somministrazione di medicinali guasti (articolo 443 del codice del codice penale) o in modo pericoloso per la salute pubblica (articolo 445 del codice penale) derivano per colpa la lesione grave o gravissima o la morte di 3 o più persone nonché il pericolo grave e diffuso di analoghi aventi ai danni di altre persone. La relazione illustrativa ritiene «la specificazione di un numero di persone lese o decedute...essenziale, nel testo della norma, per la determinatezza di una fattispecie di «danno qualificato dal pericolo» in questo specifico ambito di materia (la salute pubblica). Qui non c’è un evento concreto, come una valanga, un incendio o un crollo; pertanto, uscendo dalle fattispecie di mero pericolo, quali i vigenti articoli 440, 442 e 444 – ora accorpati nell'articolo 440 e nel nuovo articolo 440-bis – occorre indicare un evento tassativo. Tale evento non esprime in sé, da solo, la gravità della fattispecie, in quanto deve concorrere con esso anche il pericolo di altri eventi analoghi che interessino, quindi, con pari gravità, altre persone». Il delitto presuppone che gli eventi di danno siano una conseguenza non voluta dall'autore dei delitti presupposto (fatti che derivano per colpa); se così non fosse, e le lesioni o la morte fossero eventi voluti dall'autore dei suddetti delitti si applicherebbe evidentemente la fattispecie di strage, di cui all'articolo 422 del codice penale (ergastolo in caso di morte; reclusione non inferiore a 15 anni negli altri casi). Anche quando la morte è conseguenza dell'avvelenamento di acque o alimenti, in base alla nuova formulazione dell'articolo 439 del codice penale, la pena è l'ergastolo. La relazione illustrativa qualifica il nuovo delitto di disastro sanitario come un «delitto doloso di base aggravato colposamente dall'evento».
  Fa presente che l'articolo 445-ter, rubricato Disposizioni comuni, introdotto sempre dalla lettera h), inserisce una serie di previsioni volte a chiarire l'ambito applicativo dei delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali (nuova rubrica del Capo II). L'articolo chiarisce, anzitutto, che il pericolo per la salute pubblica: deve essere valutato tenendo conto anche dei consumi cumulativi in quantità normali delle acque, degli alimenti e dei medicinali distribuiti o venduti; deve essere accertato con riferimento al tempo della loro distribuzione, vendita o messa in circolazione per il consumo. L'articolo 445-ter specifica, inoltre, che: un alimento si deve considerare adulterato o trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti anche quando le condotte dell'articolo 440 «sono poste in essere tramite la somministrazione all'animale vivo o l'utilizzazione in relazione al vegetale prima della raccolta di sostanze vietate o Pag. 25in quantità eccedenti quelle consentite». Come specifica la relazione illustrativa, questa previsione vale a risolvere un contrasto giurisprudenziale affermando che la condotta di adulterazione dell'animale vivo, così come gli interventi idonei ad adulterare il vegetale prima della raccolta (che in forza della normativa di settore non sono qualificabili direttamente come alimenti), assumono rilievo analogo all'intervento di adulterazione e di contraffazione dell'alimento; un alimento è inadatto al consumo umano quando è putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato.
  Rileva che la lettera i) del comma 1 apporta modifiche di coordinamento all'articolo 446 del codice penale, relativo alla confisca. La riforma elimina il riferimento al delitto di cui all'articolo 442 – che è abrogato – ed inserisce invece la confisca obbligatoria quando derivino lesioni gravi o gravissime o la morte dai delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-bis del codice penale) e di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-ter del codice penale).
  Rammenta che la lettera l) modifica l'articolo 448 del codice, che chiude il Capo II. Si tratta della disposizione che contempla le pene accessorie. Rammento che attualmente, la condanna per uno dei delitti previsti dal capo importa la pubblicazione della sentenza (primo comma) nonché, in caso di condanna per uno dei delitti di cui agli articoli 439, 440, 441 e 442, l'interdizione da 5 a 10 anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonché l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo, oltre alla pubblicazione della sentenza su almeno 2 quotidiani a diffusione nazionale (secondo comma). La riforma proposta dalla lettera in esame: interviene sul secondo comma per coordinare il catalogo dei delitti che comportano, in caso di condanna, l'interdizione dal commercio e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche, con le abrogazioni e le novità introdotte dal disegno di legge. In particolare, è eliminato il riferimento all'abrogato articolo 442 e sono inseriti i delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-bis del codice penale) e di disastro sanitario (nuovo articolo 445-bis del codice penale). Non è invece prevista interdizione per la condanna per omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-ter del codice penale); inserisce un terzo comma per disciplinare la pena accessoria del divieto di ottenere autorizzazioni, concessioni o analoghi titoli abilitativi allo svolgimento di attività imprenditoriali, nonché contributi o finanziamenti pubblici per lo svolgimento di tali attività, in caso di condanna per i reati di avvelenamento di acque o di alimenti (articolo 439 del codice penale), contaminazione, adulterazione o corruzione di acque, alimenti o medicinali (articolo 440 del codice penale), importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-bis del codice penale), omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-ter del codice penale) e disastro sanitario (nuovo articolo 445-bis del codice penale). Il divieto, ai sensi dell'articolo 30 del codice penale, potrà essere imposto per una durata da un mese a 5 anni (nuovo terzo comma). La disposizione, per come formulata, vieta l'emissione di nuovi titoli abilitativi allo svolgimento delle attività imprenditoriali, senza prevedere che la condanna comporti la revoca di autorizzazioni già concesse. Inoltre, per quanto riguarda il catalogo dei reati la cui condanna comporta l'interdizione dal commercio (secondo comma) e il divieto di nuove autorizzazioni o finanziamenti (terzo comma) si rileva che l'omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-ter del codice penale) comporta la pena accessoria del terzo comma ma non quella del secondo comma, mentre l'adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (articolo 441 del codice penale) Pag. 26comporta l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione dal commercio (secondo comma) ma non quella del divieto di finanziamenti e autorizzazioni (terzo comma); inserisce un quarto comma ai sensi del quale, nelle sole ipotesi di cui al terzo comma, se il giudice ritiene il fatto di particolare gravità, o se si tratta di una recidiva specifica, può disporre la chiusura da 1 a 12 mesi dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso. Se ricorrono entrambe le condizioni (fatto grave e recidiva specifica) il giudice può disporre la revoca dei provvedimenti che consentono l'esercizio dell'attività e la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio commerciale. La riforma consente dunque al giudice penale – in ipotesi particolarmente gravi – di chiudere definitivamente l'attività commerciale. Tale misura non rappresenta una novità per il nostro ordinamento in quanto già l'articolo 12-bis della legge n. 283 del 1962 (oggetto di abrogazione da parte della riforma) consente al giudice, nel pronunciare condanna per un reato in materia di igiene nella produzione e vendita di sostanze alimentari, «se il fatto è di particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute», di disporre la chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio e la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività. Tale previsione viene dunque collocata tra le pene accessorie indicate dal codice penale.
  Rileva che la lettera m) modifica l'articolo 452 del codice penale che, all'interno del Capo III, relativo ai delitti colposi di comune pericolo, punisce i delitti colposi contro la salute pubblica. Per quanto riguarda le ipotesi colpose di epidemia e di avvelenamento di acque o alimenti (articolo 452, primo comma) la riforma prevede un aumento delle pene. In particolare, il reato di epidemia colposa (articolo 438 del codice penale) e il reato di avvelenamento colposo di acque o alimenti dal quale derivi la morte di alcuno (articolo 439, secondo comma), attualmente puniti con la reclusione da 1 a 5 anni, vengono puniti con la reclusione da 3 a 8 anni. Tutte le diverse ipotesi di avvelenamento colposo di acque o alimenti (articolo 439, primo comma), attualmente punite con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, vengono punite con la reclusione da 2 a 6 anni. La riforma, inoltre, coordina il catalogo dei reati contro la salute pubblica che possono essere puniti a titolo di colpa (articolo 452, secondo comma), eliminando il riferimento all'abrogato articolo 444 del codice penale ed inserendo invece le ipotesi colpose dei delitti di importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-bis) e di omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (nuovo articolo 440-ter). Per tali delitti, che si aggiungono alle ipotesi colpose dei delitti di cui agli articoli 440, 441, 443 e 445 c.p., la riforma prevede l'applicazione delle pene previste per le ipotesi dolose ridotte di due terzi. Rispetto alla disciplina vigente, che prevede una riduzione delle pene da un terzo a un sesto, la riforma opera dunque un alleggerimento del quadro sanzionatorio.
  Nel passare ad esaminare l'articolo 2 del disegno di legge, evidenzia che lo stesso apporta alcune modifiche al codice penale, volte alla ridefinizione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, intervenendo sia sulla sfera applicativa – al fine di ricomprendere anche attività illecite che attualmente non risultano punibili – sia sul piano edittale. In sintesi, l'articolo: integra la rubrica del Titolo VIII – attualmente dedicato ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio – prevedendo l'espresso richiamo al patrimonio agroalimentare; crea un nuovo Capo II-bis dedicato specificamente ai delitti contro il patrimonio agroalimentare; inasprisce il trattamento sanzionatorio della contraffazione dei segni di denominazione protetta e indicazione geografica dei prodotti agro-alimentari tramite alcune modifiche dell'articolo 517-quater; introduce i nuovi reati di agropirateria (articolo 517-quater.1), frode in commercio di alimenti (articolo 517-sexies), frode in commercio di alimenti con segni mendaci Pag. 27(517-septies) nonché la disciplina delle circostanze aggravanti relative a tali ultimi due delitti (517-octies); introduce un'ulteriore disciplina delle pene accessorie per i reati di cui ai Capi I, II e II-bis. In particolare, la lettera a) del comma 1, interviene sulla rubrica del Titolo VIII del libro II del codice penale, dedicato ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, prevedendo il richiamo esplicito al patrimonio agroalimentare quale ulteriore bene giuridico protetto dalla rinnovata disciplina dei reati di frode. Rammento che il Titolo VIII, del libro II del codice penale è articolato attualmente in tre capi relativi: ai delitti contro l'economia pubblica; ai delitti contro l'industria e il commercio; a disposizioni comuni ai capi precedenti. La lettera b) crea il nuovo Capo II-bis, specificamente dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare. In tale Capo saranno infatti collocati i seguenti delitti: contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater così come riformato dal disegno di legge in esame); agropirateria (articolo 517-quater.1) di nuova introduzione; frode nel commercio di alimenti (articolo 517-sexies di nuova introduzione); commercio di alimenti con segni mendaci (articolo 517-septies di nuova introduzione). Trovano collocazione nel nuovo Capo II-bis altresì le circostanze aggravanti (517-octies) relative ai delitti di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies.
  Fa presente che la lettera c), apporta una serie di modifiche all'articolo 517-quater relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. Nel dettaglio il disegno di legge: modifica la rubrica sostituendo, con riguardo ai prodotti agroalimentari oggetto di contraffazione, le attuali «indicazioni geografiche o denominazioni di origine» con «i segni di denominazione protetta e indicazione geografica»; inasprisce il trattamento sanzionatorio a carico di chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari. In particolare la pena è stabilita nella reclusione da 1 a 4 anni (in luogo degli attuali 2 anni) e nella multa da euro 10.000 a euro 50.000 euro (in luogo dell'attuale multa fino a euro 20.000); riformula il secondo comma dell'articolo 517-quater il quale prevede la punibilità delle condotte di introduzione nel territorio dello Stato, detenzione per la vendita, messa in vendita con offerta diretta ai consumatori o messa comunque in circolazione; la riforma amplia l'ambito applicativo della norma inserendovi altresì le condotte prodromiche rispetto all'immissione nel mercato: si specifica dunque che l'introduzione nel territorio dello Stato può avvenire anche in custodia temporanea o in deposito doganale, si estende la punibilità alla spedizione in transito, esportazione, trasporto e dall'altro lato, accanto alla detenzione per la vendita sono inserite le condotte di somministrazione e offerta di prodotti agro-alimentari le cui denominazioni di origine o indicazione geografica sono contraffatte o alterate; abroga il terzo comma in conseguenza dell'introduzione da parte della stessa riforma di specifiche disposizioni relative alle circostanze aggravanti e alle attenuanti; apporta al quarto comma una modifica meramente formale limitandosi a sostituire l'espressione «prodotti agroalimentari» con quella «prodotti agro-alimentari»; resta dunque invariata la disposizione che prevede quale precondizione necessaria per la punibilità del fatto, l'osservanza delle discipline legislative, europee e pattizie aventi ad oggetto gli alimenti a denominazione protetta.
  Precisa che la lettera d), introducendo nel Capo II-bis il nuovo articolo 517-quater.1 del codice penale, istituisce il nuovo reato di Agropirateria volto a prevenire l'impiego stabile di metodi frodatori in contesti imprenditoriali organizzati nel campo alimentare. La nuova fattispecie delittuosa è integrata dalla commissione in modo sistematico ed attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate di uno dei fatti relativi alla frode in commercio di prodotti alimentari. Nel dettaglio, la nuova ipotesi di reato: si configura Pag. 28come un autonomo titolo di reato a dolo specifico individuato nel fine di trarre profitto; è destinata a coprire i casi in cui si agisce in modo sistematico e attraverso l'allestimento di mezzi o attività organizzate ma non ricorrono gli estremi per contestare l'associazione per delinquere e di stampo mafioso (di cui agli articoli 416 e 416-bis) finalizzata alla commissione dei reati di frode in commercio di prodotti alimentari; integrata dalla commissione dei fatti relativi: alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (di cui all'articolo 517-quater c.p., così come modificato dalla riforma); alla frode in commercio di alimenti (nuovo articolo 517-sexies) e al commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo articolo 517-septies); prevede sul piano sanzionatorio limiti edittali diversi, a seconda che ad essere commessi in modo sistematico e organizzato siano i fatti di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies oppure quelli, più gravi, di cui all'articolo 517-quater: nel primo caso si prevedono la reclusione da due a sei anni e la multa da 15.000 a 75.000 euro, nel secondo, la reclusione da tre a sette anni e la multa da 20.000 a 100.000 euro. Inoltre, con riguardo alla nuova fattispecie delittuosa: si prevede (comma terzo) una circostanza aggravante ad effetto speciale (aumento della pena da un terzo alla metà) nel caso della ricorrenza delle ipotesi aggravanti di cui all'articolo 517-octies (condotte che attengono alla denominazione degli alimenti o ingredienti; fatti commessi medianti falsi documenti di trasporto; falsa attestazione del biologico; fatti di particolare gravità in ragione della nocività o quantità dell'alimento); si prevede (comma terzo) con riguardo alle pene accessorie che la condanna per il delitto comporti l'applicazione dell'interdizione temporanea dagli uffici delle persone giuridiche e delle imprese, (ai sensi dell'articolo 32-bis del codice penale), nonché il divieto di porre in essere qualsiasi condotta, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria, anche per interposta persona, fisica o giuridica, finalizzata alla promozione degli alimenti compravenduti; a queste si aggiungono poi le pene accessorie ulteriori previste dal nuovo articolo 518-bis del codice penale; viene introdotta un'ipotesi di confisca per sproporzione (comma quarto), ancorata all'ipotesi di recidiva specifica nello stesso reato di agropirateria o nell'associazione per delinquere o di stampo mafioso diretta alla commissione di più delitti contro il patrimonio agroalimentare è infatti previsto che il giudice disponga obbligatoriamente la confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza o di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato od alla propria attività economica; a tale ipotesi deve aggiungersi la confisca obbligatoria e per equivalente prevista, anche per il delitto di agropirateria, dal nuovo articolo 518-ter; è infine prevista (comma quinto), una circostanza attenuante speciale ad effetto speciale (diminuzione dalla metà a due terzi della pena), invocabile nei confronti del colpevole che si sia adoperato per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nell'azione di contrasto nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione dei concorrenti negli stessi, ovvero per l'individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione del delitto medesimo o dei profitti da esso derivanti.
  Osserva che la lettera e) introduce i nuovi articoli 517-sexies (Frode in commercio di alimenti) 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci), nonché il nuovo articolo 517-octies che contiene la disciplina relativa alle circostanze aggravanti relative ai due suddetti reati. Il nuovo articolo 517-sexies, che introduce il delitto di Frode in commercio di alimenti, sostituisce quello di vendita di sostanze alimentari non genuine, di cui all'articolo 516 del codice penale, oggetto di abrogazione da parte della riforma in esame (articolo 12). Rispetto alla fattispecie abrogata, il nuovo reato: prevede se il fatto non Pag. 29è previsto come reato da altra disposizione di legge, la sanzione della reclusione da 4 mesi a 2 anni e della multa da 4.000 fino a 10.000 euro (il reato di cui all'articolo 516 del codice penale è sanzionato con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa fino a euro 1.032); punisce tutte le attività agricole, industriali, commerciali e d'intermediazione – importazione, esportazione, spedizione in transito, introduzione, deposito doganale, trasporto, detenzione, vendita, somministrazione – aventi ad oggetto «alimenti che per origine, provenienza, qualità o quantità sono diversi da quelli indicati, dichiarati o pattuiti» (nella fattispecie abroganda è punito chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio). Nella nuova fattispecie, dunque, la tutela dell'interesse protetto è anticipata alle fasi antecedenti a quella meramente commerciale, ed è volta a tutelare la generalità dei consumatori da fenomeni di aliud pro alio, prima ancora che l'offesa possa concretizzarsi in un singolo atto di vendita. Il nuovo delitto ha un'applicazione residuale rispetto ai casi di commercio di alimenti con segni mendaci (cui all'articolo 517-septies). Il nuovo articolo 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci) reprime una particolare ipotesi di frode, che si distingue dall'articolo 517-sexies del codice penale per le modalità della condotta: il fatto tipico è individuato nella condotta di chi «al fine di indurre in errore il consumatore... utilizza falsi o fallaci segni distintivi o indicazioni, ancorché figurative, ovvero omette le indicazioni obbligatorie sull'origine o provenienza geografica ovvero sull'identità o qualità del prodotto in sé o degli ingredienti che ne rappresentano il contenuto qualificante». La fattispecie sanziona i comportamenti di utilizzo di segni (diversi dai marchi registrati) che inducono il consumatore a ritenere che il prodotto acquistato abbia qualità diverse da quelle che effettivamente possiede. La condotta deve dunque essere connotata da una finalità ingannatoria: sotto il profilo dell'elemento soggettivo si tratta di reato a dolo specifico. Con riguardo all'ambito oggettivo, la nuova fattispecie è potenzialmente applicabile a chiunque eserciti un'attività agricola, industriale, commerciale, di importazione o di esportazione ovvero di intermediazione di alimenti, comprese acque e bevande, anche mediante introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale. Con riguardo alla sanzione è prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 5.000 a 30.000 euro. Il nuovo articolo 517-octies prevede quattro nuove circostanze aggravanti ad effetto comune (aumento della pena fino a un terzo) applicabili ai reati di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies del codice penale. Si tratta in particolare di: condotte che attengono a prodotti o ingredienti che hanno denominazione di origine o indicazione geografica protetta; modalità di realizzazione delle frodi, mediante la redazione (o l'utilizzo) di falsi documenti di trasporto da esibire in caso di eventuale controllo agli organi di polizia ovvero di false dichiarazioni all'organismo di vigilanza; frodi realizzate simulando la produzione «biologica» senza il rispetto delle disposizioni specifiche di settore; fatti connotati da particolare gravità, in ragione del grado di nocività del prodotto o nella sua quantità. Il concorso di due o più circostanze, tra quelle elencate, comporta un aumento di pena da un terzo alla metà.
  Fa presente che la lettera f) del comma 1 dell'articolo 2 modifica la rubrica del Capo III del titolo VIII del libro secondo, per dedicarla alle «Disposizioni comuni ai capi precedenti», concernenti le pene accessorie, comuni sia ai delitti contro l'economia pubblica (Capo I) che delitti contro l'industria e il commercio (Capo II). La modifica si rende necessaria in relazione all'introduzione di due nuovi articoli – che si aggiungono all'articolo 518 del codice penale – nel Capo III, da parte della lettera h) della disposizione in esame. La successiva lettera g) apporta una modifica all'articolo 518 del codice penale, il quale prevede per alcuni specifici delitti contenuti nei Capi I, II e II-bis del Titolo VIII del codice penale, la pena accessoria della pubblicazione della sentenza. Con la modifica, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza viene estesa altresì Pag. 30ai delitti di: contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater del codice penale, così come modificato dalla riforma); agropirateria (nuovo articolo 517.quater. 1); frode in commercio di alimenti (nuovo articolo 517-sexies); commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo articolo 517-septies); associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.) se l'associazione è diretta alla commissione dei delitti contro il patrimonio agroalimentare (Capo II-bis).
  Rammenta che la lettera h) introduce, nel Capo III dedicato alle pene accessorie comuni ai Capi precedenti, il nuovo articolo 518-bis in materia di sanzioni interdittive o sospensive e il nuovo articolo 518-ter in materia di confisca obbligatoria o per equivalente. In particolare l'articolo 518-bis, primo comma, prevede le pene accessorie: della sanzione di cui all'articolo 30 del codice penale (interdizione da una professione o da un'arte); del divieto di ottenere provvedimenti di carattere autorizzatorio, concessorio o abilitativo o di accedere a contributi o finanziamenti di fonte pubblica, per lo svolgimento di attività imprenditoriali. Le pene accessorie sono applicate in relazione alle condanne per i delitti di: agropirateria (articolo 517-quater. 1); associazione per delinquere e associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.) se l'associazione è diretta alla commissione dei delitti contro il patrimonio agroalimentare (Capo II-bis); contraffazione di alimenti a denominazione protetta (articolo 517-quater), purché ricorra, in concreto, una delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 517-octies. Il secondo comma del nuovo articolo 518-bis prevede in relazione alle condanne per i suddetti delitti (con eccezione della contraffazione di alimenti a denominazione protetta di cui all'articolo 517-quater del codice penale), la possibilità, per il giudice di disporre: la chiusura temporanea – da 1 a 12 mesi – dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica; la chiusura definitiva dell'esercizio e la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consenta lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso, qualora ravvisi entrambe le condizioni indicate (particolare gravità e recidiva specifica).
  Al riguardo segnala che l'articolo 517-bis del codice penale, oggetto di abrogazione da parte della riforma in esame, prevede una disposizione analoga: il giudice, nel pronunciare condanna, può disporre, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso da un minimo di cinque giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso. Tale previsione si applica nei casi in cui i fatti previsti dagli articoli 515, 516 e 517 del codice penale, hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti. Il nuovo articolo 518-ter del codice penale, in fine, stabilisce che in relazione ai delitti di contraffazione di alimenti a denominazione protetta (articolo 517-quater), agropirateria (articolo 517-quater. 1), frode in commercio di alimenti (articolo 517-sexies) e commercio di alimenti con segni mendaci (articolo 517-septies) si applichino le disposizioni sulla confisca penale, che l'articolo 474-bis del codice penale prevede in relazione ai reati di contraffazione, alterazione o uso di marchio segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (articolo 473 del codice penale) e introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (articolo 474 del codice penale).
  Evidenzia che l'articolo 3, intervenendo sul primo comma dell'articolo 240-bis del codice penale, integra il catalogo dei delitti per il quale il codice prevede la c.d. confisca allargata, aggiungendovi le fattispecie di associazione a delinquere realizzata allo scopo di commettere i delitti di Pag. 31frode nel commercio di alimenti (nuovo articolo 517-sexies del codice penale) e di commercio di alimenti con segni mendaci (nuovo articolo 517-septies del codice penale). Con l'espressione «confisca allargata» si indica la possibilità di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.
  In proposito, rammenta che l'articolo 240-bis è stato inserito nel codice penale dal decreto legislativo n. 21 del 2018, in attuazione della delega sulla riserva tendenziale di codice nella materia penale (legge n. 103 del 2017) e disciplina la confisca c.d. allargata, diretta e per equivalente, già prevista all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992. Nella confisca allargata, che trova la sua origine nella lotta alla criminalità organizzata, viene meno il nesso di pertinenzialità o di continenza tra res sequestrata e reato, per aggredire invece l'intera ricchezza non giustificata ritenuta frutto dell'accumulazione illecita ai sensi di una presunzione legale. L'articolo 240-bis del codice penale prevede infatti che – in relazione a specifici gravi reati, tra i quali quelli attribuiti alla competenza della procura distrettuale, i delitti contro la pubblica amministrazione e alcune ipotesi di associazione a delinquere – sia sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca allargata può essere effettuata anche per equivalente, attraverso l'apprensione di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona. Il disegno di legge integra l'elenco dei delitti per i quali il legislatore consente la confisca allargata con i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode nel commercio di alimenti ed al commercio di alimenti con segni mendaci, introdotti agli articoli 517-sexies e 517-septies del codice penale dall'articolo 2. Tali delitti si aggiungono alle fattispecie di associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione ed al commercio di beni contraffatti, ai quali in caso di condanna già si applica la confisca allargata. Ulteriori ipotesi di confisca sono previste per il reato di agropirateria dal nuovo articolo 517-quater.1 e dal nuovo articolo 518-ter del codice penale, introdotti dall'articolo 2 del disegno di legge.
  Evidenzia che l'articolo 4 apporta le modifiche necessarie ad armonizzare il codice di procedura penale e le relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie alla riforma dei reati agroalimentari. In particolare, il comma 1 reca le modifiche al codice di procedura penale, in materia di indagini relative ai reati agroalimentari. Il primo intervento (comma 1, lettera a) riguarda l'articolo 266 del codice di procedura penale ed è dovuto a motivi di coordinamento con gli articoli 2 e 12 del disegno di legge in esame, che prevedono, rispettivamente, l'introduzione dei reati di frode in commercio di alimenti e di commercio di alimenti con segni mendaci (articoli 517-sexies e 517-septies del codice penale) e l'abrogazione dell'articolo 516 del codice penale.
  Rammenta in proposito che l'articolo 266 del codice di procedura penale concerne i limiti di ammissibilità delle intercettazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, stabilendo in quali procedimenti le stesse sono consentite. Con l'inserimento dei reati di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies nel catalogo dei reati previsti al comma 1, lettera f-ter) dell'articolo 266, si intende quindi Pag. 32consentire l'utilizzo di tale forma di indagine nei procedimenti relativi alla frode in commercio di alimenti e al commercio di alimenti con segni mendaci; dal medesimo elenco viene invece espunto il riferimento all'articolo 516 del codice penale in quanto abrogato. Per quanto riguarda invece le fattispecie di reato più gravi che sono pure oggetto della riforma, l'accesso alle intercettazioni risulta essere già consentito in ragione dei limiti edittali di pena, ai sensi di quanto previsto dal comma 1, lettera a) del comma 1 dell'articolo 266 del codice di procedura penale, che prevede l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione nei procedimenti relativi a delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni (come nel caso della c.d. agropirateria, di cui all'articolo 517-quater.1, introdotta dall'articolo 2 del disegno di legge in esame). Con la seconda modifica (comma 1, lettera b), dell'articolo 4), che interviene sul comma 2 dell'articolo 354 del codice di procedura penale, viene introdotta la possibilità di effettuare prelievi di campioni rappresentativi in sede di accertamento urgente sullo stato dei luoghi e delle cose. Presupposto necessario per il prelievo dei campioni da parte degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, in una fase in cui il pubblico ministero non ha ancora assunto la direzione delle indagini o, comunque, non può intervenire tempestivamente, è l'esistenza di un pericolo di alterazione dei luoghi o di dispersione o mutamento di tracce e cose. L'ultima modifica (comma 1, lettera c) dell'articolo 4) riguarda il comma 2 dell'articolo 392 del codice di procedura penale e prevede un'ipotesi di anticipazione della prova peritale consistente nell'analisi di alimenti, ancorché non deperibili, nei casi di sequestro disposto nella fase delle indagini preliminari (non solo probatorio ma anche preventivo). L'analisi di alimenti sottoposti a sequestro rientra dunque nelle ipotesi consentite per effettuare una perizia al di fuori del dibattimento, attraverso lo strumento dell'incidente probatorio. Le altre ipotesi, già previste dall'articolo 392 del codice di procedura penale, comma 2, riguardano il caso in cui la perizia disposta nel corso del dibattimento potrebbe determinarne la sospensione per oltre sessanta giorni o la necessità di eseguire accertamenti o prelievi che incidono sulla libertà personale ai sensi dell'articolo 224-bis (prelievi di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persona vivente al fine di delineare il profilo del DNA o accertamenti medici senza il consenso della persona da sottoporre all'esame del perito). In tutti i casi, la richiesta può essere avanzata dal pubblico ministero o dalla persona sottoposta ad indagini. Il comma 2 dell'articolo 4 interviene sulle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. L'intervento principale (comma 2, lettera a) riguarda l'introduzione dell'articolo 86-quater, che prevede la destinazione a scopi benefici degli alimenti confiscati. Sulla base del comma 1 del nuovo articolo 86-quater, è il giudice a disporre che tali alimenti, se idonei al consumo umano, siano assegnati a enti territoriali, ad altri enti pubblici o ad associazioni e consorzi con compiti assistenziali, che ne abbiano fatto richiesta per provvedere alla loro distribuzione a titolo gratuito a favore di persone bisognose. Prima dell'assegnazione per tale finalità, gli alimenti sono sottoposti alla rimozione dei marchi e dei segni distintivi, qualora questi costituiscano reato (ad es. in caso di contraffazione degli stessi), ovvero al declassamento merceologico o alla regolarizzazione amministrativa. Analogamente, il comma 2 dell'articolo 86-quater prevede l'assegnazione a enti territoriali, ad altri enti pubblici o ad associazioni e consorzi con compiti assistenziali nei confronti degli animali abbandonati, nel caso di alimenti idonei al consumo animale, per destinarli alla loro alimentazione. Infine il comma 3 stabilisce che la destinazione degli alimenti confiscati a finalità diverse rispetto a quelle sopra indicate è punita ai sensi dell'articolo 316-bis del codice penale. Si tratta quindi di una condotta che rientra nella fattispecie della malversazione a Pag. 33danno dello Stato, sanzionata con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Tale norma si iscrive nell'alveo di altre disposizioni già presenti nell'ambito delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, che prevedono la destinazione di beni o strumenti confiscati per essere riassegnati in uso alle amministrazioni che ne facciano richiesta (articolo 86-bis per i beni informatici o telematici utilizzati per la commissione di taluni delitti) o per essere destinati a finalità sociali e assistenziali (articolo 86-ter per i beni immobili utilizzati per il reato di esercizio abusivo della professione sanitaria). Alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 4 del disegno di legge in esame viene modificato anche l'articolo 132-bis, comma 1, lettera b) delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, con l'inserimento dei procedimenti riguardanti i delitti contro la salute pubblica e la sicurezza degli alimenti nell'elenco di quelli che hanno priorità assoluta nella formazione di ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, subito dopo i processi relativi alla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni e l'igiene sul lavoro e quelli in materia di circolazione stradale e prima dei delitti previsti dal testo unico delle disposizioni sull'immigrazione. La lettera c) del comma 2 dell'articolo 4 del disegno di legge in esame modifica il comma 1 dell'articolo 223 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, prevedendo che in tutti i casi in cui vengano effettuate analisi per le quali non sia possibile la ripetizione a causa della deperibilità, modificabilità o quantità del campione, l'interessato debba essere avvertito del giorno, dell'ora e del luogo ove si terranno le analisi medesime, al fine di consentirgli di partecipare direttamente o tramite una persona di sua fiducia, anche con l'assistenza di un consulente tecnico. Questa causa di non ripetibilità delle analisi, motivata dalla particolare natura del campione (in quanto deperibile/modificabile) o dalla quantità dello stesso, si aggiunge a quella già prevista dall'articolo 223 per il caso di analisi di campioni effettuate nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti per le quali non sia prevista la revisione. Si tratta di una disposizione a tutela dell'interessato, che viene messo nella condizione non solo di partecipare in prima persona alla prova peritale, ma soprattutto di potersi avvalere della consulenza di un tecnico. Inoltre, lo stesso interessato, la persona eventualmente da lui designata e il suo consulente tecnico possono esercitare i poteri previsti dall'articolo 230 del codice di procedura penale, tra i quali la possibilità di proporre al perito specifiche indagini e di formulare osservazioni e riserve di cui si deve dare conto nella relazione.
  Rileva che l'articolo 5 modifica la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), attraverso l'integrazione del catalogo dei «reati presupposto» e la previsione di uno specifico modello organizzativo di gestione e controllo finalizzato alla prevenzione dei reati agroalimentari.
  Ricorda preliminarmente che il decreto legislativo n. 231 del 2001 ha introdotto una forma di responsabilità amministrativa dell'ente, distinta dalla responsabilità penale della persona fisica che ha materialmente commesso il reato, muovendosi lungo due direttrici principali: da un lato, utilizzando la tecnica del reato presupposto al fine di imputare all'ente una responsabilità propria e, dall'altro, richiedendo l'implementazione di un modello aziendale capace di sollevare l'ente dalla propria responsabilità. In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 5 del disegno di legge al nostro esame inserisce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 l'articolo 6-bis, concernente i modelli di organizzazione dell'ente qualificato come impresa alimentare. Tale articolo si colloca tra gli articoli 6 (reati commessi da soggetti in posizione apicale) e 7 (reati commessi dai sottoposti) del citato decreto, in cui sono delineati i parametri generali del modello organizzativo considerato idoneo ad avere efficacia esimente Pag. 34(se attuato prima della commissione del reato) o attenuante (se posto in essere a seguito della commissione del reato) della responsabilità dell'ente, rendendolo applicabile anche nello specifico ambito dei delitti agro-alimentari. Dal punto di vista soggettivo, il comma 1 del suddetto articolo 6-bis prevede l'adozione di un modello di organizzazione e gestione aziendale per tutti gli enti che operano nei settori di attività di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002, ovvero che svolgono una tra le attività connesse alle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti. Affinché il modello organizzativo possa essere considerato idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa, l'ente deve assicurare, attraverso l'implementazione di un proprio sistema aziendale, l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici, sia di livello nazionale che di livello internazionale, in una serie di materie puntualmente elencate al comma 1 e che vanno dal rispetto della normativa circa la fornitura di informazioni sugli alimenti (lettera a), alla verifica sui contenuti della comunicazione pubblicitaria, dei quali deve essere garantita la coerenza con le caratteristiche del prodotto (lettera b), dagli obblighi di rintracciabilità del prodotto, intesa come possibilità di conoscere tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione attraverso cui è passato l'alimento (lettera c), al controllo sulla qualità, la sicurezza e l'integrità del prodotto, ivi compreso il suo confezionamento (lettera d), e al richiamo dei prodotti, siano essi importati, trasformati, lavorati, o semplicemente distribuiti, che non siano conformi alle norme sulla sicurezza alimentare (lettera e). Il modello organizzativo deve altresì comprendere attività di valutazione e gestione del rischio (lettera f) e verifiche periodiche al fine di valutare l'efficacia e l'adeguatezza del modello adottato alle previste finalità di prevenzione e minimizzazione del rischio (lettera g). Il comma 2, tenendo conto delle differenze dovute alla natura e alla dimensione dell'impresa nonché al tipo di attività da essa svolta, delinea i pilastri fondamentali intorno ai quali deve essere articolato il modello organizzativo. Esso deve comprendere: un sistema di registrazione che dia conto dell'effettiva realizzazione delle attività prescritte dal modello (lettera a); un'organizzazione che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, la valutazione, la gestione e il controllo del rischio, corredata da un apparato disciplinare che sia in grado di operare efficacemente in caso di mancato rispetto delle misure previste dal modello (lettera b); l'attività di vigilanza e di controllo sull'attuazione del modello, funzionale anche ad evidenziare eventuali carenze da colmare o malfunzionamenti da correggere, da porre in atto in particolare quando siano scoperte significative violazioni delle norme relative alla sicurezza alimentare e alla lealtà commerciale nei confronti dei consumatori ovvero quando taluni cambiamenti nel modello si rendano necessari per il mutare dell'organizzazione di impresa o in ragione di progressi scientifici e tecnologici (lettera c). I commi 3 e 4 dell'articolo 6-bis prevedono alcune semplificazioni alla struttura del modello organizzativo a favore delle micro, piccole e medie imprese che operano nel settore agro-alimentare. Il comma 3 dispone, per le piccole e medie imprese, in cui può essere difficoltoso individuare, all'interno della propria organizzazione, le figure di riferimento che possano svolgere le funzioni indicate alle lettere b) e c) del comma 2, che tali funzioni possano essere affidate ad un unico soggetto, che sia però dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare e al quale devono essere riconosciuti autonomi poteri di iniziativa e controllo. A tal fine, è prevista la creazione di un apposito elenco nazionale, da istituire, con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Inoltre, per le imprese con meno di 10 dipendenti e un volume d'affari annuo inferiore a 2 milioni di euro, è previsto che possa essere lo stesso legale rappresentante o delegato a svolgere i compiti di prevenzione e di tutela della sicurezza alimentare e della Pag. 35lealtà commerciale qualora abbia frequentato uno specifico corso di formazione sulla natura dei rischi correlati alle specifiche attività produttive, organizzato dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano nell'ambito delle loro competenze e nel rispetto dei vincoli di bilancio (comma 4). Le lettere b) e c) del comma 1, prevedono l'introduzione – nel catalogo dei reati presupposto che fanno insorgere una responsabilità dell'ente ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001 – dei reati agroalimentari risultanti dalla riforma del codice penale ad opera del disegno di legge in esame. A tal fine viene operato lo spacchettamento del vigente articolo 25-bis.1 del citato decreto legislativo in tre differenti disposizioni, aventi a oggetto: i delitti contro l'industria e il commercio (articolo 25-bis.1); le frodi in commercio di prodotti alimentari (articolo 25-bis.2); i delitti contro la salute pubblica (articolo 25-bis.3). In tal modo sono ricompresi nella sistematica della responsabilità da reato sia le fattispecie poste a tutela del mercato dei prodotti agroalimentari che quelle a tutela della salute pubblica. In particolare la lettera b), apporta alcune modifiche all'articolo 25-bis.1 il quale come anticipato configura l'ente come responsabile per la commissione di delitti contro l'industria e il commercio; si tratta di modifiche in parte conseguenti all'abrogazione di alcune fattispecie di reato e all'istituzione di nuove specifiche fattispecie di reati contro il patrimonio agroalimentare da parte del disegno di legge in esame. Nello specifico è soppresso il riferimento, nel catalogo dei reati presupposto per la commissione di delitti contro l'industria e il commercio: alle fattispecie di reato di cui agli articoli 516 e 517-quater del codice penale; infatti il nuovo reato di cui all'articolo 517-sexies (che sostituisce sostanzialmente la fattispecie di cui all'articolo 516) e il reato di cui all'articolo 517-quater, sono ricollocati nel nuovo specifico articolo 25-bis.2, dedicato alla responsabilità dell'ente per delitti contro il patrimonio agroalimentare; alla fattispecie di cui all'articolo 517, che sanziona la vendita di prodotti industriali con segni mendaci e alla fattispecie di cui all'articolo 517-ter, che sanziona la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale; rispetto a tali fattispecie, che non sono oggetto di modifica da parte della riforma, non è più prevista la responsabilità dell'ente. La lettera c) introduce, nel decreto legislativo n. 231 del 2001, i due nuovi articoli 25-bis.2 e 25-bis.3.
  Precisa che l'articolo 25-bis.2 riguarda le frodi nel commercio di prodotti alimentari di cui al nuovo Capo II-bis (»Dei delitti contro il patrimonio agro-alimentare»), e prevede sanzioni pecuniarie graduate a seconda della gravità del reato commesso. Più in dettaglio: per la frode nel commercio di alimenti e per il commercio di alimenti con segni mendaci (di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies), la sanzione pecuniaria fino a trecento quote; per la contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari (di cui all'articolo 517-quater), la sanzione pecuniaria da cento a quattrocento quote; per il delitto di agropirateria (di cui all'articolo 517-quater.1), la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote. Per il delitto di agropirateria – considerata la sua maggiore gravità in quanto presuppone la commissione dei fatti di cui agli articoli 517-sexies e 517-septies in modo sistematico e attraverso l'allestimento di mezzi o attività organizzate – è prevista altresì l'applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2001 (comma 2). Si tratta di: interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi. È inoltre sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività di cui all'articolo 16, comma 3, del medesimo decreto legislativo qualora l'ente o Pag. 36una sua unità organizzativa siano stabilmente o prevalentemente utilizzati per la commissione dei reati sopraindicati, senza che l'ente abbia la possibilità di riparazione delle conseguenze del reato (comma 3).
  Ricorda che la lettera c) introduce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 anche l'articolo 25-bis.3 che riguarda i delitti di comune pericolo contro la salute pubblica contenuti nel capo II del titolo VI del libro secondo del codice penale, come modificato dall'articolo 1 del disegno di legge in esame. La commissione di tali delitti è punita non solo con sanzioni di natura pecuniaria, ma comporta in ogni caso anche l'interdizione dall'esercizio dell'attività. Più in dettaglio sono previsti: per l'avvelenamento di acque (di cui all'articolo 439), la sanzione pecuniaria da cinquecento a mille quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività da uno a due anni; per la contaminazione, adulterazione, corruzione di acque, alimenti e medicinali (di cui all'articolo 440), la sanzione pecuniaria da cinquecento a ottocento quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività da uno a due anni; per importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita e distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi (di cui all'articolo 440-bis), la sanzione pecuniaria da trecento a seicento quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività da sei mesi a un anno; per l'omesso ritiro di alimenti, medicinali o acque pericolosi (di cui all'articolo 440-ter), per il delitto di informazioni commerciali ingannevoli o pericolose (cui all'articolo 440-quater) nonché per i delitti colposi contro la salute pubblica (di cui all'articolo 452), la sanzione pecuniaria fino a trecento quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività fino a sei mesi; per il delitto di disastro sanitario (di cui all'articolo 445-bis), la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività da uno a due anni. La riforma prevede la responsabilità dell'ente solo per la commissione di questi specifici delitti ricompresi nel capo relativo ai delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza delle acque, degli alimenti e dei medicinali. Ad esempio, il delitto di epidemia non dà luogo a responsabilità dell'ente, tranne che nell'ipotesi colposa di cui all'articolo 452. Al di fuori dei reati previsti dal codice penale, il comma 2 dell'articolo 25-bis.3 sanziona i delitti previsti dall'articolo 5, commi 1 e 2, della legge 30 aprile 1962, n. 283 (che reca la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande e degli illeciti ad esse connessi), come modificato dal successivo articolo 6 del disegno di legge al nostro esame, per i quali si applicano la sanzione pecuniaria fino a 300 quote e l'interdizione dall'esercizio dell'attività fino a 6 mesi. Infine, analogamente a quanto previsto dall'articolo 25-bis.2, il comma 3 dispone l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività qualora l'ente o una sua unità organizzativa siano stabilmente o prevalentemente utilizzati per la commissione dei reati sopraindicati, senza che l'ente abbia la possibilità di riparare le conseguenze del reato.
  Sottolinea che l'articolo 6 del disegno di legge all'esame della Commissione apporta modifiche alla citata legge n. 283 del 1962. Nel suo complesso, l'intervento è teso a rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto di fenomeni illeciti in campo agroalimentare, includendovi talune fattispecie al momento prive di tutela giuridica, ma che possono rivelarsi propedeutiche al manifestarsi di condotte lesive della salute pubblica penalmente rilevanti. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 6 inserisce l'articolo 1-bis, che disciplina la delega di funzioni. Questo intervento normativo è volto a facilitare l'individuazione del soggetto penalmente responsabile degli illeciti in campo alimentare nell'ambito dell'organizzazione aziendale. Normalmente tale soggetto è individuato nel titolare dell'impresa alimentare ovvero in colui che esercita i poteri gestionali, decisionali o di spesa; tuttavia, è possibile, alle condizioni indicate al nuovo articolo 1-bis, comma 1, lettere da a) ad e), che le funzioni siano delegate ad un altro soggetto, sul quale ricadrebbe quindi anche Pag. 37l'eventuale responsabilità penale. Dal punto di vista formale, la delega di funzioni deve essere concessa tramite atto scritto avente data certa, sottoscritto dal delegato per accettazione. Sotto il profilo soggettivo, il delegato deve possedere i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura delle funzioni delegategli, mentre sotto il profilo oggettivo devono essere attribuiti al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo necessari all'esercizio delle funzioni delegate, così come l'autonomia di spesa che ne consegue. La delega deve essere tempestivamente resa nota, attraverso adeguate forme di pubblicità della stessa (comma 2 dell'articolo 1-bis). La delega di funzioni non fa venire meno, in capo al soggetto delegante, l'obbligo di vigilanza sull'esercizio delle funzioni delegate (comma 3 dell'articolo 1-bis); in ogni caso, tale obbligo si intende adempiuto se l'impresa ha adottato un efficace modello di organizzazione ai sensi dell'articolo 6-bis del decreto legislativo 231 del 2001 introdotto come detto dall'articolo 5 del disegno di legge in esame. È prevista inoltre (al comma 4 dell'articolo 1-bis) la possibilità che anche il delegato operi a sua volta una delega di funzioni, purché con le stesse modalità indicate ai commi 1 e 2. Anche in questo caso il soggetto delegante manterrà l'obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento delle funzioni delegate. È invece esclusa l'ulteriore delega di funzioni da parte del soggetto che ha ricevuto una delega di funzioni di «secondo grado» ai sensi del comma 4 dell'articolo 1-bis. Le lettere b) e c) del comma 1 introducono invece una serie di reati e di illeciti amministrativi. In particolare, la lettera b), sostituendo l'articolo 5 della legge n. 283 del 1962, intende rafforzare il presidio giuridico posto a tutela della sicurezza degli alimenti (comprese acque e bevande), intesa come ragionevole certezza del loro essere adatti al consumo umano, introducendo un reato volto a sanzionare una condotta che viene ritenuta di per sé pericolosa, anche se non ancora idonea a concretizzare un pericolo per la salute pubblica, come avviene invece nella fattispecie sanzionata dall'articolo 440-bis del codice penale (importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita e distribuzione di alimenti, medicinali o acque pericolosi), rispetto alla quale si pone in un rapporto di minore gravità (come evidenziato dalla minore entità della pena). Si tratta quindi di un reato di pericolo astratto, le cui condotte caratteristiche possono comunque rivelarsi sintomatiche di situazioni suscettibili di evolvere nel pericolo concreto di cui all'articolo 440-bis del codice penale. Il reato di cui al nuovo articolo 5 delle legge n. 283 del 1962 può verificarsi esclusivamente nell'ambito di un'attività d'impresa, in una pluralità di fasi analiticamente elencate, e che vanno da quelle più strettamente produttive (preparazione e produzione), a quelle di movimentazione e stoccaggio (importazione, esportazione, trasporto, custodia temporanea o deposito doganale, spedizione in transito) fino a quelle più propriamente commerciali (somministrazione e commercializzazione), nel corso delle quali possono essere poste in atto una serie di attività da cui consegue la nocività dell'alimento o il suo essere inadatto al consumo umano, anche limitatamente ad una particolare categoria di consumatori. La nocività dell'alimento può derivare sia da comportamenti commissivi, che si concretizzano nel cattivo stato o nell'inidoneità delle condizioni di conservazione, nei trattamenti effettuati sugli alimenti o nella loro alterazione o nella presenza di ingredienti, componenti, cariche microbiche o additivi vietati o superiori ai limiti stabiliti da regolamenti o disposizioni ministeriali, che da comportamenti omissivi, quale l'inosservanza delle procedure o dei requisiti di sicurezza prescritti da leggi o regolamenti. La pena prevista è quella della reclusione da uno a tre anni, che si applica altresì, ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962, nei casi in cui il consumo degli alimenti risulti nocivo, anche soltanto per particolari categorie di consumatori, in ragione di informazioni commerciali false o incomplete fornite sulle caratteristiche degli alimenti. Il reato è invece punito con l'arresto da sei Pag. 38mesi a due anni se la condotta è di natura colposa (comma 3 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962). Il legislatore ha ritenuto di punire anche la condotta colposa in virtù della particolarità dei beni oggetto di tutela, ritenendo che la loro rilevanza sia tale da giustificare l'imposizione, a carico degli operatori del settore, di un onere di attenzione e cautela nel compimento di azioni che coinvolgono alimenti destinati al consumo umano. In ogni caso il comma 4 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962 prevede che nell'irrogazione della pena si tenga conto del grado di nocività dell'alimento e della sua quantità, stabilendone l'aumento se il fatto risulta, in base ai suddetti parametri, di particolare gravità e, viceversa, la diminuzione se di particolare tenuità. Se dalla commissione dei reati di cui al comma 1 e al comma 2 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962 derivano la lesione grave o gravissima o la morte di tre o più persone e il pericolo grave e diffuso di analoghi eventi ai danni di altre persone (ovvero si configura il delitto di disastro sanitario di cui all'articolo 445-bis del codice penale) si applica la pena della reclusione da sei a diciotto anni (comma 5 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962). È inoltre prevista l'applicazione delle pene accessorie di cui all'articolo 36 (pubblicazione della sentenza penale di condanna) e 448, quarto comma (chiusura temporanea o definitiva dello stabilimento o dell'esercizio dove è stato commesso il fatto), del codice penale in tutti i casi di condanna per uno dei reati di cui all'articolo in esame, ad esclusione delle fattispecie colpose (comma 6 del nuovo articolo 5 della legge n. 283 del 1962). Infine, il comma 7 del nuovo articolo 5 reca alcune definizioni necessarie ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo in esame. La lettera a), stabilendo che l'alimento si considera trattato in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di sicurezza alimentare anche quando le sostanze vietate o in quantità eccedente quella consentita sono somministrate all'animale vivo o sono utilizzate sul vegetale prima della raccolta, rende applicabile la normativa in materia di sicurezza alimentare anche ai casi in cui le condotte illecite sono poste in essere in relazione a cose che non sono qualificabili come alimenti ai sensi della stessa normativa di settore. La lettera b) definisce come alimento inadatto al consumo umano quello putrefatto, deteriorato, decomposto o contaminato.
  Sottolinea che la lettera c) del comma 1 dell'articolo 6 del disegno di legge in esame, inserendo due nuovi articoli 5-bis e 5-ter dopo l'articolo 5 della legge n. 283 del 1962, introduce due nuovi illeciti amministrativi, puniti tramite sanzione pecuniaria. L'articolo 5-bis riguarda specificamente i casi di violazione di disposizioni attuative del principio di precauzione in materia alimentare adottate dalle autorità dell'Unione europea o nazionali, puniti con sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 15.000 euro, ovvero da 15.000 a 75.000 euro quando la violazione è connotata da particolare gravità in relazione alla quantità di prodotto interessata. L'articolo 5-ter punisce invece chiunque, nell'ambito di un'attività di impresa e in una qualsiasi delle fasi di produzione, trasporto o commercializzazione ivi indicate (preparazione, produzione, importazione, introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale, spedizione in transito, esportazione, trasporto, somministrazione, detenzione per il commercio, commercializzazione o messa in circolazione) tratti alimenti che siano stati privati, anche in parte, dei propri elementi nutritivi o siano stati mescolati a sostanze di qualità inferiore o comunque abbiano una composizione non conforme alle norme vigenti (comma 1) ovvero alimenti in cattivo stato di conservazione, con cariche microbiche superiori ai limiti consentiti, insudiciati o invasi da parassiti (comma 2). Le due fattispecie previste ai commi 1 e 2 dell'articoli 5-ter sono dunque entrambe volte a garantire la genuinità degli alimenti e a prevenirne l'adulterazione e sono punite con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 1.500 a 15.000 euro, ovvero da 15.000 a 75.000 euro nei casi di particolare gravità in Pag. 39relazione alla quantità di prodotto. Infine, come norma di chiusura del sistema sanzionatorio degli illeciti agroalimentari, il comma 4 dell'articolo 5-ter prevede una sanzione amministrativa da 50 a 500 euro anche per l'importazione di alimenti in cattivo stato di conservazione, insudiciati o invasi da parassiti che avvenga al di fuori di un'attività di impresa, sempre che il fatto costituisca reato.
  Rileva che la lettera d) del comma 1 dell'articolo 6 del disegno di legge al nostro esame prevede l'inserimento nella legge n. 263 del 1962 degli articoli 12-ter e 12-quater, che stabiliscono le modalità di estinzione dei reati in materia agroalimentare. Entrambi gli articoli istituiscono una forma di oblazione specifica riferita alle contravvenzioni in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare, per le quali sia prevista la pena dell'ammenda, anche se alternativa a quella dell'arresto, nel caso dell'articolo 12-ter, ovvero la pena dell'arresto, nel caso dell'articolo 12-quater. Per poter accedere all'oblazione è richiesto che la consumazione del reato sia dovuta ad eventi legati ad un ambito produttivo, organizzativo, commerciale o più genericamente lavorativo che possano essere neutralizzati o rimossi. L'articolo 12-ter disciplina un minuzioso procedimento, ricalcato su quello previsto dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, che reca modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro, attraverso il quale giungere all'estinzione del reato. Il procedimento è incentrato sulla prescrizione imposta dall'organo accertatore al contravventore, il quale è chiamato a regolarizzare la situazione di illiceità entro un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, e comunque non superiore a sei mesi (tuttavia il termine può essere prorogato a richiesta del contravventore per una sola volta fino ad ulteriori sei mesi qualora il ritardo nella regolarizzazione sia dovuto a circostanze documentate a lui non imputabili, con provvedimento motivato da comunicare immediatamente al pubblico ministero). Con la medesima prescrizione l'organo accertatore può imporre altresì specifiche misure atte a far cessare situazioni di potenziale pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose. La prescrizione deve essere notificata in copia anche al legale rappresentante dell'ente presso cui opera il contravventore. Entro trenta giorni dalla scadenza del termine assegnato per la regolarizzazione, eventualmente prorogato, l'organo accertatore verifica se la prescrizione sia stata adempiuta e la violazione eliminata; in caso di esito positivo, il contravventore è ammesso al pagamento, in sede amministrativa, di una somma, pari a un terzo del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, che viene acquisita al bilancio dello Stato. Con il suddetto pagamento il reato si estingue. In caso di mancata regolarizzazione, l'organo accertatore provvede a darne notizia al pubblico ministero ed al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione. Il pubblico ministero, oltre a ricevere notizie di reato relative alle contravvenzioni da parte dell'organo accertatore, che ha l'obbligo di riferirle ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale, può acquisire la notizia di reato di propria iniziativa o riceverla da soggetti diversi dall'organo di vigilanza o dalla polizia giudiziaria (privati, pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio); in tal caso, sarà il pubblico ministero a darne comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provvedano agli adempimenti previsti dall'articolo in esame. A tal fine, il procedimento giudiziario resta sospeso fino a che il pubblico ministero riceve la comunicazione di adempimento o inadempimento della prescrizione. Durante la sospensione del procedimento, può essere comunque richiesta l'archiviazione e possono essere disposti l'assunzione delle prove tramite incidente probatorio, il sequestro preventivo e tutti gli atti urgenti di indagine preliminare. La rimozione della violazione e dei pericoli da essa derivanti in un tempo superiore o in modi diversi rispetto a quelli indicati nella prescrizione dell'organo accertatore sono valutati ai fini Pag. 40dell'applicazione dell'oblazione prevista dall'articolo 162-bis del codice penale. L'articolo 12-quater riguarda invece le contravvenzioni di maggiore gravità, punite con la pena dell'arresto. In questo caso il procedimento giudiziario non viene sostituito da una procedura amministrativa ed è il giudice, su richiesta dell'imputato, a determinare, secondo i criteri di cui all'articolo 135 del codice penale, l'ammontare della somma che il contravventore è tenuto a pagare, in sostituzione di una pena dell'arresto irrogata fino al limite di due anni. Per essere ammessi al pagamento di una somma in sostituzione di una pena detentiva è necessario che siano state preventivamente eliminate le fonti di rischio da cui è derivata la consumazione del reato. Il reato si estingue in via definitiva dopo tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza se l'imputato ha adempiuto al pagamento e non ha commesso ulteriori reati in materia di alimenti, sicurezza, tracciabilità e igiene alimentare.
  Rammenta che l'articolo 7 del disegno di legge modifica l'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146 di «Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transazionale», in materia di operazioni sotto copertura, ampliando, il catalogo delle fattispecie per cui tale speciale strumento investigativo è consentito, con l'inclusione delle condotte di cui agli articoli 517-quater (Contraffazione dei segni di indicazione geografica e di denominazione protetta dei prodotti agro-alimentari), 517-quater.1 (Agropirateria) e 517-septies. (Commercio di alimenti con segni mendaci) del codice penale, introdotti dall'articolo 2 del disegno di legge al nostro esame.
  Fa presente che l'articolo 8 del disegno di legge in esame riscrive l'articolo 2 del decreto legislativo n. 190 del 2006 (recante la disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare), trasformando l'illecito amministrativo ivi contemplato in contravvenzione. Il nuovo reato punisce con la pena dell'ammenda da euro 600 a 6.000 gli operatori del settore alimentare e dei mangimi che impediscono, ostacolano o comunque non consentono agli organi di controllo la ricostruzione della rintracciabilità degli alimenti di cui all'articolo 18 del Regolamento (CE) n. 178/2002.
  Rileva che l'articolo 9 del disegno di legge esclude gli alimenti dall'ambito di applicazione della disciplina a tutela della qualità, origine e provenienza dei prodotti, prevista dai commi 49 e 49-bis dell'articolo 4 (Finanziamento agli investimenti) della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003). Più nel dettaglio il comma 1, lettera a), dell'articolo 9 modifica il comma 49 dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003 prevedendo che la tutela penale ivi contemplata si applichi a tutti i prodotti diversi dai prodotti e dalle sostanze alimentari. Il comma 1, lettera b), dell'articolo 9 modifica invece il comma 49-bis dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003 sopprimendone il secondo periodo.
  Rammenta che l'articolo 10 del disegno di legge incide sull'articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), stabilendo che, ai fini della destinazione di beni sequestrati o confiscati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria, la disciplina ivi prevista in ordine alla destinazione di tali beni trovi applicazione anche in riferimento ai delitti di frode agro-alimentare di cui ai nuovi articoli 517-quater.1 (Agropirateria), 517-sexies (Frode nel commercio di alimenti), 517-septies (Commercio di alimenti con segni mendaci). L'articolo 11, oltre ad intervenire in materia di classificazione degli oli di oliva e di sansa di oliva, ridisciplina, anche sul piano sanzionatorio, i divieti e gli obblighi a carico degli operatori ai fini della vendita o della messa in commercio per il consumo o della detenzione per uso alimentare dei suddetti olii. In particolare la disposizione in esame introduce tre nuovi Pag. 41articoli (articoli da 1-bis a 1-quater) nel decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103, che prevede «Disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti.». L'articolo 1-bis, al comma 1, provvede ad allineare le categorie degli oli di oliva e degli oli di sansa d'oliva con le designazioni e le definizioni previste dall'allegato VII, parte VIII, del Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013. Il comma 2, riprendendo la disposizione relativa alla «non commestibilità» di taluni oli già contenuta nella legge n. 1407 del 1960 (la cui abrogazione è prevista dal successivo articolo 12), precisa che non sono considerati commestibili: l'olio di oliva lampante; l'olio di sansa d'oliva greggio; gli oli derivanti da processi di esterificazione o di sintesi o comunque da metodi che inducano sull'olio modificazioni più profonde di quelli del procedimento agli alcali. Il comma 3 specifica che non si considerano messi in commercio per il consumo alimentare gli oli di oliva lampanti e gli oli di sansa d'oliva greggi detenuti presso i locali dei frantoi nei quali sono stati ottenuti a seguito del processo di estrazione meccanico o fisico; ciò in considerazione del fatto che detti oli risultano ottenuti in tali locali, per cui il possesso o la detenzione presso tali locali non possono integrare la condotta illecita sanzionata. L'articolo 1-ter, comma 1, primo periodo, prevede il divieto di vendere, detenere per la vendita o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare le seguenti categorie di oli di oliva e di sansa di oliva privi dei requisiti di processo e di prodotto prescritti dalle norme dell'Unione europea per la denominazione indicata nell'etichetta o nei documenti commerciali: l'olio extra vergine di oliva, l'olio di oliva vergine, l'olio di oliva raffinato, l'olio di oliva composto da oli di oliva raffinati e da oli di oliva vergini, l'olio di sansa d'oliva raffinato, l'olio di sansa d'oliva. La violazione di tale divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000. Nel caso in cui il fatto riguardi una quantità di prodotto irregolare superiore a 30 tonnellate la sanzione è raddoppiata (articolo 1-quater, comma 1). Il secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 1-ter prevede l'obbligo di indicazione nei documenti commerciali delle denominazioni prescritte dalla normativa dell'Unione europea. La violazione di questo obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.600 a euro 9.500 (articolo 1-quater, comma 2). Il comma 2 prevede il divieto di vendere, detenere per la vendita o mettere comunque in commercio per il consumo alimentare gli oli di oliva vergini non ancora classificati ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013. La violazione di tale divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000. Nel caso in cui il fatto riguardi una quantità di prodotto irregolare superiore a 30 tonnellate la sanzione è raddoppiata (articolo 1-quater, comma 1). Si prevede, inoltre, che entro il 15 aprile di ciascuna campagna di commercializzazione, gli oli di oliva vergini non ancora classificati devono essere classificati come olio extra vergine di oliva, olio di oliva vergine od olio di oliva lampante. La mancata classificazione degli oli entro il suddetto termine è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 6.000 (articolo 1-quater, comma 3). Sempre ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 1-ter i recipienti di stoccaggio e i documenti relativi al trasferimento degli oli di oliva vergini non ancora classificati devono recare una dicitura che evidenzia che il prodotto è in attesa di classificazione. La violazione di tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000 (articolo 1-quater, comma 4). Il comma 3 del nuovo articolo 1-ter, al primo periodo, prevede il divieto di immettere in commercio per il consumo alimentare, oltre che detenere per la vendita o ad altri fini commerciali (compreso, ad esempio – precisa la relazione Pag. 42illustrativa – l'utilizzo nell'attività di preparazione di alimenti destinati alla vendita) di oli non commestibili anche qualora in miscela con oli commestibili. La violazione del divieto di vendita o di commercializzazione di oli non commestibili è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000. La sanzione è dimezzata nei casi di mera detenzione per la vendita o ad altri fini commerciali. La sanzione è invece raddoppiata nel caso di oli derivanti da processi di esterificazione o di sintesi (articolo 1-quater, comma 5). È vietato, altresì, (secondo periodo del comma 3 dell'articolo 1-ter) vendere, detenere per la vendita o ad altri fini commerciali l'olio di oliva lampante e l'olio di sansa d'oliva greggio che non possiedono i requisiti di prodotto e di processo prescritti per la rispettiva categoria. La violazione di questo divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 15.000 (articolo 1-quater, comma 6). Il comma 4 dell'articolo 1-ter prevede il divieto di detenere impianti di esterificazione presso stabilimenti dove si ottengono o si detengono oli destinati ad uso alimentare. La violazione di questo divieto è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 a euro 120.000 (articolo 1-quater, comma 7). L'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 1-quater per violazione dei divieti di cui all'articolo 1-ter è subordinata alla preventiva valutazione circa la possibilità di configurare il fatto come reato.
  Precisa che l'articolo 12 del disegno di legge reca in primo luogo una serie di abrogazioni, conseguenti alla riforma dei reati agroalimentari introdotta dal provvedimento in esame, relative ad articoli del codice penale (comma 1), della legge 13 novembre 1960, n. 1407 recante norme per la classificazione e la vendita degli oli di oliva, (comma 2) e della legge 30 aprile 1962, n. 283 in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (comma 3). Il comma 4 interviene con una modifica di coordinamento sull'articolo 9, terzo comma della legge 24 novembre 1981, n. 689 (recante modifiche al sistema penale), sostituendovi il riferimento agli articoli 5, 6 e 12 della citata legge n. 283 del 1962 con il solo richiamo all'articolo 5 di tale legge. In conseguenza di questa modifica, l'articolo 9, terzo comma, della legge n. 689 del 1981 afferma il principio di specialità in forza del quale quando i fatti descritti dall'articolo 5 della legge n. 283 del 1962 (in materia di illeciti alimentari) sono puniti sia a titolo di illecito penale che a titolo di illecito amministrativo – per effetto di disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande – si applica la sanzione penale. L'articolo 12 reca, infine, una disposizione transitoria, per la quale le disposizioni del disegno di legge che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della legge sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2 (Sanzioni amministrative pecuniarie), 4, comma 1 (Autorità competente) e 102 (Trasmissione degli atti all'autorità amministrativa e procedimento sanzionatorio) del decreto legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999, recante depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio (comma 5).
  Rileva, infine, che l'articolo 13 reca la clausola di invarianza finanziaria prevedendo che dall'attuazione delle disposizioni del disegno di legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 1) e che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal disegno di legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 2).

  Franco VAZIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.15.

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SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 28 maggio 2020. — Presidenza del vicepresidente Franco VAZIO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Andrea Giorgis.

  La seduta comincia alle 13.15.

DL 34/2020: Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
C. 2500 Governo.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Eugenio SAITTA (M5S), relatore, fa presente che la Commissione avvia oggi, ai fini dell'espressione del prescritto parere, l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (A.C. 2500 Governo).
  Rileva che il provvedimento, composto da 266 articoli, interviene in diversi ambiti, in modo trasversale, con l'intenzione di assicurare l'unitarietà, l'organicità, e la compiutezza delle misure volte alla tutela delle famiglie e dei lavoratori, alla salvaguardia e al sostegno delle imprese, degli artigiani e dei liberi professionisti, al consolidamento, snellimento e velocizzazione degli istituti di protezione e coesione sociale.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una dettagliata descrizione dei contenuti del provvedimento, precisa di limitarsi in questa sede ad illustrare le misure di competenza della Commissione Giustizia.
  A tal fine, rileva in primo luogo che l'articolo 13 autorizza l'ISTAT ad effettuare rilevazioni, elaborazioni e analisi statistiche sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all'emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa. Il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato al 31 luglio 2021. Nell'ambito delle indagini statistiche, l'ISTAT è autorizzata al trattamento dei dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute), nonché dei dati relativi a condanne penali o reati, nel rispetto delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati. L'individuazione dei trattamenti è demandata a una o più specifiche direttive del presidente dell'ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. In particolare, il comma 1 autorizza l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) a trattare dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute) e a dati relativi a condanne penali o reati, di cui al Regolamento (UE) 2016/679 2016 sulla protezione dei dati personali, per effettuare rilevazioni, anche longitudinali (ossia stessi soggetti sottoposti a diverse rilevazioni nel corso del tempo), elaborazioni e analisi statistiche anche presso gli interessati, sul territorio nazionale, volte alla comprensione della situazione economica, sociale ed epidemiologica italiana.
  Rammenta che le particolari categorie di dati di cui all'articolo 9 del Regolamento europeo generale sulla protezione dei dati (Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016), richiamato dal comma 1 dell'articolo 13, sono i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale Pag. 44della persona. Con riguardo ai dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, l'articolo 10 del Regolamento specifica che il trattamento di tali dati deve avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o, se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, deve prevedere garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati. Un eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica. Il trattamento è autorizzato ai sensi delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati. Il comma 1 specifica inoltre che: l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), è qualificato come soggetto titolare del trattamento, agli effetti della disciplina sulla protezione dei dati personali, secondo la quale il titolare del trattamento, singolarmente o insieme con altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali. È specificato altresì che contitolari del trattamento, possano essere altri soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale, che verranno indicati nelle direttive di cui al comma 2; con riguardo al periodo temporale, il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato alla scadenza dei dodici mesi successivi al termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e per i dodici mesi successivi, dunque fino al 31 luglio 2021; le finalità sono individuate nella possibilità di disporre di statistiche ufficiali sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all'emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa; lo svolgimento delle rilevazioni deve avvenire nel rispetto delle misure e delle garanzie individuate nelle direttive di cui al comma 2.
  Segnala, inoltre, che il decreto-legge n. 30 del 2020, il cui disegno di legge di conversione è all'esame del Senato (AS 1800), reca la disciplina dello svolgimento di un'indagine di sieroprevalenza, epidemiologica e statistica, condotta dal Ministero della salute e dall'ISTAT, concernente la diffusione nella popolazione italiana del virus SARS-COV-2. L'indagine si basa sull'esecuzione di analisi sierologiche, intese a rilevare la presenza di anticorpi specifici negli individui compresi nei campioni. Le finalità dell'indagine consistono: nell'acquisizione di un quadro di dati sullo «stato immunitario» della popolazione e sulla diffusione del virus; nella conseguente acquisizione di informazioni sulle caratteristiche epidemiologiche, cliniche e sierologiche del virus (ivi compreso il tasso di letalità); nella possibilità di adeguare, sulla base di tali cognizioni, le misure di profilassi e di contenimento e le decisioni strategiche nel settore sanitario e socio-sanitario. Il comma 2 rimette l'individuazione dei trattamenti riferiti ai dati personali appartenenti a particolari categorie di dati ovvero a dati relativi a condanne o reati, a una o più specifiche direttive del presidente dell'ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. L'effettuazione dei trattamenti deve avvenire nel rispetto: delle norme sul Sistema statistico nazionale (di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322); delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, relative ai trattamenti a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici (Titolo VII del decreto legislativo n. 196 del 2003) e delle regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell'ambito del Sistema statistico nazionale. Il comma 3 individua il contenuto delle citate direttive, di cui al comma 2, nelle quali devono essere indicati: gli specifici scopi perseguiti; i tipi di dati; le operazioni eseguibili; le misure e le garanzie adottate per tutelare i diritti fondamentali e le libertà degli interessati; le fonti amministrative utilizzate, anche mediante tecniche di integrazione; i tempi di conservazione. Il comma 4 prescrive all'ISTAT l'obbligo di fornire agli interessati le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Pag. 45Regolamento (UE) 2016/679 anche in forma sintetica. Si tratta delle informazioni da fornire all'interessato, rispettivamente, nel caso in cui la raccolta dei dati personali avvenga presso l'interessato e nel caso in cui i dati non siano stati ottenuti presso lo stesso. Sempre ai sensi del comma 4, l'ISTAT ha altresì l'obbligo di assicurare, attraverso il proprio sito istituzionale, adeguate forme di pubblicità alle suddette informazioni, pubblicate in maniera completa e facilmente consultabile. Il comma 5 prevede la disciplina in merito alla comunicazione dati trattati nell'ambito delle indagini statistiche di cui all'articolo in esame, stabilendo che gli stessi debbano essere privi di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche. I soggetti cui i dati possono essere comunicati per finalità scientifiche, sono: i ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private o loro strutture di ricerca, inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti, nei limiti e secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo; i soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale secondo quanto previsto dal più volte citato Codice in materia di protezione di dati personali, nonché del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
  Rammenta che, con riguardo alla diffusione dei predetti dati, la stessa è autorizzata solo in forma anonima e aggregata. Il comma 6, infine, prevede che l'ISTAT faccia fronte alle attività di cui all'articolo in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
  Osserva che l'articolo 17 specifica che le acquisizioni a titolo diverso, ad esclusione della proprietà, di strutture per ospitare le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario, da parte del Dipartimento della protezione civile e del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto, sono ricomprese nell'autorizzazione di spesa relativa alle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia) concernenti, tra l'altro, le requisizioni da parte dei Prefetti, di strutture alberghiere o altri immobili disposte per le medesime finalità di sorveglianza sanitaria o isolamento fiduciario.
  Rileva che l'articolo 25 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato. Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Giustizia, evidenzio che, ai sensi del comma 9, l'istanza per ottenere il contributo deve contenere anche l'autocertificazione che i soggetti richiedenti, nonché i soggetti di cui all'articolo 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia), non si trovino nelle condizioni ostative di cui all'articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011. Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) anche attraverso procedure semplificate fermo restando, ai fini dell'erogazione del contributo di cui al presente articolo, l'applicabilità dell'articolo 92 commi 3 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, in considerazione dell'urgenza connessa Pag. 46alla situazione emergenziale. Qualora dai riscontri di cui al periodo precedente emerga la sussistenza di cause ostative, l'Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero del contributo ai sensi del successivo comma 12. Colui che ha rilasciato l'autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni. In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l'articolo 322-ter del codice penale in materia di confisca. Il comma 12 disciplina l'attività di controllo dei dati, recupero dei contributi non spettanti e relativa sanzione. In particolare, l'attività di controllo dei dati dichiarati dal richiedente viene attribuita agli uffici delle imposte ai sensi degli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 riguardanti le funzioni, nonché i poteri di accesso, ispezione e verifica degli uffici medesimi. Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l'Agenzia delle entrate recupera il contributo, irrogando le sanzioni in misura corrispondente a quelle previste dall'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (dal 100 al 200 per cento della misura del contributo) e gli interessi dovuti ai sensi dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (4 per cento annuo), in base alle disposizioni di cui all'articolo 1, da commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004). Il comma 14, infine, dispone che, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l'articolo 316-ter del codice penale. In proposito, rammento che l'articolo 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) stabilisce che, salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.
  Fa presente che l'articolo 46 novella l'articolo 108 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia), che reca disposizioni per la consegna postale al fine di contemperare le modalità del servizio con le esigenze di tutela sanitaria previste dalla normativa vigente. Con la novella si estende sino al 31 luglio (rispetto al 30 giugno attualmente previsto) l'ambito temporale per le disposizioni recanti le modalità speciali – connesse all'emergenza epidemiologica – per lo svolgimento del servizio relativo agli invii postali; si prevede inoltre che tali modalità si applichino anche per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta con riferimento agli atti giudiziari e alle sanzioni amministrative, abrogando il vigente comma 1-bis della norma che aveva dettato un regime separato per le notifiche a mezzo posta di atti giudiziari. Si aggiunge la previsione che sono fatti salvi i comportamenti tenuti dagli operatori postali per garantire la continuità del servizio e la tutela della salute pubblica in occasione dello stato di emergenza.
  Ricorda che l'articolo 51 proroga di sei mesi i termini di esecuzione dei programmi aventi scadenza successiva al 23 febbraio 2020 e già autorizzati dal MISE, di talune società ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, anche qualora essi siano stati già prorogati ai sensi delle vigenti disposizioni sull'esecuzione dei programmi di risanamento o di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa. Si tratta in particolare delle imprese soggette Pag. 47alle disposizioni sul fallimento (ora liquidazione giudiziale) in stato di insolvenza che si sono avvalse della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria ovvero del programma di cessione dei complessi aziendali, aventi, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti: lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno; debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.
  Rammenta che l'articolo 82 istituisce il Reddito di emergenza (Rem), un sostegno straordinario al reddito rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica che, nel periodo emergenziale da COVID-19, non hanno avuto accesso alle altre misure di sostegno previste dal Decreto Cura Italia. Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Per quanto attiene alle competenze della Commissione giustizia, evidenzio che ai sensi del comma 6 non hanno diritto al Rem, tra gli altri, i soggetti che si trovano in stato detentivo, per tutta la durata della pena. Dalla formulazione della disposizione, si tratta di condannati in via definitiva che si trovano in carcere in esecuzione della pena inflitta. L'esclusione dal Rem non opera per i detenuti in stato di custodia cautelare, e dunque in attesa di giudizio. Il comma 9, inoltre, stabilisce che, nel caso in cui in esito a verifiche e controlli emerga il mancato possesso dei requisiti, il Rem è immediatamente revocato, ferma restando la restituzione di quanto indebitamente percepito e le sanzioni previste a legislazione vigente.
  Con riguardo, ancora, alle competenze della Commissione Giustizia segnala inoltre l'articolo 103 che introduce due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura, nella cura della persona e nel lavoro domestico. La finalità della regolarizzazione è duplice: garantire livelli adeguati di tutela della salute dei singoli e della collettività intera, in conseguenza della emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari. Con la prima forma di regolarizzazione (di cui al comma 1) i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro. La seconda (di cui al comma 2) consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui al comma 3, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall'Inps. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto. In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall'8 marzo 2020. Le domande, sia quelle di emersione del lavoro, sia quelle di regolarizzazione del permesso di soggiorno, possono essere presentate dal 1o giugno al 15 luglio 2020 previo pagamento di un contributo forfetario. Le domande di cui al comma 1 sono presentate dal datore di lavoro all'INPS, per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l'immigrazione, per i cittadini di Paesi terzi. Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 sono presentate dal lavoratore straniero alla questura. Le modalità sono definite con decreto interministeriale. I commi 8, 9 e 10 prevedono alcune cause di inammissibilità e di rigetto delle istanze imputabili al datore di lavoro (commi 8 e 9) o al lavoratore (comma 10). Con riferimento ai profili di competenza della Commissione Pag. 48Giustizia, evidenzia che, per quanto attiene al datore di lavoro, ai sensi del comma 8, costituisce causa di inammissibilità delle istanze di regolarizzazione e di conversione del permesso di soggiorno transitorio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro la condanna negli ultimi 5 anni, anche con sentenza non definitiva, e anche patteggiata (ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale) per i seguenti reati: favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dall'Italia verso altri Stati (articolo 12 del testo unico sull'immigrazione); reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; riduzione o mantenimento in schiavitù (articolo 600 codice penale); intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, c.d. caporalato (articolo 603-bis del codice penale); reato di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno è scaduto e non ne è stato chiesto il rinnovo (articolo 22, comma 12, del testo unico sull'immigrazione).
  Per quanto riguarda i cittadini stranieri, precisa che non sono ammessi alle procedure di regolarizzazione (comma 10) i soggetti: nei confronti dei quali sia stato emesso provvedimento di espulsione, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (articolo 13, comma 1, del testo unico sull'immigrazione); perché appartenente ad una delle categorie di soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione antimafia (articolo 13, comma 2, lettera c), del testo unico sull'immigrazione; per motivi di prevenzione del terrorismo (articolo 3 del decreto-legge n. 144 del 2005); perché risultano segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato; perché risultano condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di patteggiamento, per gravi reati quali quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (articolo 380 del codice di procedura penale) o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; perché sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di patteggiamento, per uno dei reati per i quali è previsto l'arresto facoltativo in flagranza (articolo 381 del codice di procedura penale).
  Sottolinea che nel contempo, sono sospesi, fino alla fine della procedura di esame delle istanze, i procedimenti penali e amministrativi connessi con il lavoro irregolare ad eccezione di quelli per gravi reati. Se la procedura si conclude con la sottoscrizione del contratto di lavoro o con la concessione del permesso temporaneo, i reati si considerano estinti, in caso contrario la sospensione cessa. Nel dettaglio evidenzio che il comma 11 dispone la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino alla conclusione delle procedure di regolarizzazione, nei confronti del datore di lavoro per l'impiego irregolare di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale. Parimenti sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti dei lavoratori per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con l'esclusione dei procedimenti relativi agli illeciti correlati all'immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del testo unico dell'immigrazione, tra cui la promozione, la direzione, l'organizzazione e il trasporto clandestino di stranieri nel territorio nazionale. Ai sensi Pag. 49del comma 12 non sono sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti fattispecie: favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'immigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all'articolo 600 del codice penale; intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale. Tale sospensione cessa nel caso in cui non venga presentata l'istanza, oppure sia rigettata o archiviata. Lo stesso effetto ha la mancata presentazione delle parti alla convocazione per la stipula del contratto di soggiorno di cui al comma 12. Tuttavia, è prevista l'archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro nel caso l'esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla sua volontà o dal suo comportamento (comma 13). Ai sensi del comma 17, nelle more della definizione dei procedimenti di regolarizzazione, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi di cui al comma 10 (provvedimento di espulsione per gravi motivi, condanna per gravi reati ecc.). Il comma 17, inoltre, disciplina nel dettaglio le ipotesi di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi all'esito positivo della procedura di regolarizzazione: nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori stranieri presentata dai datori di lavoro, la sottoscrizione del contratto di soggiorno, la comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi ai casi di cui al comma 11 ossia sia per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale, sia per quelle per ingresso e soggiorno illegale; nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, la relativa presentazione dell'istanza all'INPS comporta l'estinzione dei reati e degli illeciti per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale; nei casi di istanza presentata lavoratori stranieri per la concessione del permesso di soggiorno temporaneo, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro e non anche al rilascio del permesso temporaneo.
  L'articolo 103, inoltre, inasprisce le sanzioni tanto per coloro che nelle procedure di emersione dei rapporti di lavoro dichiarano il falso, quanto per coloro che impiegano in modo irregolare i cittadini stranieri che avanzano richiesta del permesso di soggiorno temporaneo. In particolare, in base al comma 14, il datore di lavoro che impiega in modo irregolare gli stranieri che hanno richiesto il permesso di soggiorno temporaneo ai sensi del comma 2 è soggetto al raddoppio delle seguenti sanzioni amministrative: delle sanzioni previste dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 per l'impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione. Tale disposizione prevede per il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie: da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro; da 3.600 e 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro; da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro. Tali sanzioni sono aumentate del 20 per cento in caso di impiego di lavoratori stranieri o di minori in età non lavorativa. In caso, dunque, di impiego in modo irregolare di un solo lavoratore straniero che abbia fatto istanza ai sensi del comma 2, e per un periodo inferiore a 30 giorni di lavoro, il datore di lavoro dovrà pagare una somma compresa tra 4.320 e 25.920 euro (la sanzione base da 1.800 a 10.800 euro, maggiorata dal 20 per cento perché si tratta di straniero, raddoppiata per effetto della disposizione in commento); Pag. 50delle sanzioni previste dall'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, per la violazione degli adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro. Tale disposizione prevede le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie per il datore di lavoro che, salvo i casi di errore meramente materiale, omessa la registrazione o effettua una registrazione infedele dei dati relativi al rapporto di lavoro, così da determinare differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali: da 150 a 1.500 euro; da 500 a 3.000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi; da 1.000 a 6.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi; è sanzionata, inoltre, con il pagamento di una somma da 100 a 600 euro la violazione del termine di conservazione del libro lavoro; delle sanzioni previste dall'articolo 82, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 797 del 1955, per la mancata corresponsione degli assegni familiari. Si tratta della disposizione che sanziona il datore di lavoro che non provvede, se tenutovi, alla corresponsione degli assegni familiari con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria: da 500 a 5.000 euro; da 1.500 a 900 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi; da 3.000 a 15.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi la sanzione; delle sanzioni previste dall'articolo 5, primo comma, della legge n. 4 del 1953, per la mancata consegna del prospetto paga.
  La disposizione, salvo che il fatto costituisca reato, sanziona il datore di lavoro che non consegna o consegna in ritardo al lavoratore il prospetto di paga, o lo consegna con inesattezze, con l'obbligo di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria: da 150 a 900 euro; da 600 a 3.600 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi; da 1.200 a 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.
  Precisa che il comma 14, inoltre, aggrava il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) quando ne siano vittime stranieri che abbiano presentato l'istanza di cui al comma 2. In tali casi, infatti, la pena prevista dall'articolo 603-bis, primo comma, del codice penale – ovvero la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore – è aumentata da un terzo alla metà. Il medesimo aggravio di pena (aumento da un terzo alla metà) è già previsto dall'articolo 603-bis del codice penale quando il fatto consista nel reclutamento di più di 3 lavoratori, nel reclutamento di minori in età non lavorativa, nell'esposizione dei lavoratori a situazioni di grave pericolo. Tanto il raddoppio delle sanzioni amministrative, quanto l'aggravante penale, scaturiscono quindi – in base al testo – dalla presentazione da parte del lavoratore dell'istanza di permesso di soggiorno temporaneo. Si tratta di una condizione soggettiva del lavoratore che il datore di lavoro potrebbe ignorare. In proposito, rammento che «nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa» (articolo 3 della legge n. 689 del 1981) e che, in base al codice penale, «nessuno può essere punito per una azione o omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà» (articolo 42 del codice penale).
  Osserva che i commi 18 e 22 dell'articolo 103 disciplinano invece le conseguenze civili e penali di istanze basate su false dichiarazioni. In particolare, in base al comma 18: il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un'istanza contenente dati non rispondenti al vero è nullo; il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato. In base al comma 22, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato: chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre Pag. 51al fatto nell'ambito delle procedure previste dall'articolo 103 è punito ai sensi dell'articolo 76 del testo unico in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000. Si tratta della norma che punisce il falso nelle autocertificazioni, rinviando alla disciplina del codice penale, con pene elevate da un terzo alla metà. Tale aggravio di pena è infatti previsto all'articolo 76 del citato testo unico dall'articolo 264 del decreto-legge in esame. La disposizione del codice penale che viene principalmente in rilievo è l'articolo 483 (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi. Con l'aumento di pena previsto all'articolo 76 del TU, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni; chiunque commette tali fatti attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti è punito con la reclusione da 1 a 6 anni. Infine, il comma 22 prevede un aggravio di pena (aumentata fino ad un terzo) se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale. In proposito rammento che già l'articolo 61, n. 9, del codice penale prevede una aggravante comune, che comporta un aumento della pena fino ad un terzo, quando il fatto è commesso con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio.
  Rammenta che l'articolo 119 introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici sostenute dal 1o luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. L'agevolazione è estesa all'installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché alle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. Tali misure si applicano esclusivamente agli interventi effettuati dai condomini, nonché, sulle singole unità immobiliari adibite ad abitazione principale, dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni e dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati. La detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati. Con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Giustizia, evidenzio che il comma 14 dispone che ferma l'applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa. I soggetti responsabili delle attestazioni e asseverazioni stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500 mila euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. La non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio e si applicano le sanzioni amministrative previste della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'organo addetto al controllo sull'osservanza della presente disposizione è individuato nel Ministero dello sviluppo economico.
  Passando all'articolo 135 rileva che esso reca disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato. In particolare, al comma 1 interviene sull'articolo 62 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che ha sospeso dall'8 marzo al 31 maggio 2020 molti adempimenti tributari, inserendovi il nuovo comma 1-bis. In tal modo si estende la sospensione al computo delle sanzioni da omesso pagamento del contributo unificato Pag. 52di iscrizione a ruolo, previste dall'articolo 16 del testo unico sulle spese di giustizia (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2020, n. 115). Ricordo a tale proposito che il contributo unificato di iscrizione a ruolo ha sostituito tutte le altre imposte (imposte di bollo, tassa di iscrizione a ruolo, diritti di cancelleria, ecc.) precedentemente previste per l'instaurazione di procedimenti civili, tributari e amministrativi. In linea generale, il contributo unificato si applica per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale, e di volontaria giurisdizione, nel processo tributario e nel processo amministrativo (articoli da 9 a 18-bis del testo unico sulle spese di giustizia). Il decreto-legge in esame, dunque, esclude l'applicazione di sanzioni per l'omesso pagamento del contributo nel periodo considerato, contestualmente sospendendo il procedimento disciplinato dall'articolo 248 del citato testo unico, che demanda all'ufficio giudiziario la notifica alla parte dell'invito al pagamento. Con il comma 2 viene integralmente sostituito il comma 4 dell'articolo 16 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge dicembre 2018, n. 136, relativo alle procedure da seguire per lo svolgimento dell'udienza a distanza sia pubblica sia in camera di consiglio, il quale a sua volta aveva modificato il decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni in materia di processo tributario. Con la modifica introdotta dal decreto-legge in esame viene esteso il campo d'applicazione delle udienze da remoto, con una disciplina che va a regime e che dunque non è circoscritta all'attuale fase emergenziale. Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge: estende l'applicabilità della disciplina sulla partecipazione a distanza alle udienze in camera di consiglio. Il riferimento normativo dell'articolo 34 del citato decreto legislativo n. 546 del 1992, relativo alle udienze pubbliche, è infatti integrato con quello all'articolo 33 del medesimo decreto legislativo, relativo alla trattazione in camera di consiglio; consente la partecipazione da remoto non solo alle parti processuali (contribuente, ufficio impositore o agenti della riscossione, difensori), ma anche al giudice tributario e al personale amministrativo delle commissioni tributarie; prevede che la richiesta di udienza da remoto possa essere presentata dalle parti non solo all'atto del ricorso, o nel primo atto difensivo, ma anche successivamente, purché prima dell'avviso di trattazione dell'udienza; conferma che le regole tecnico operative per le udienze da remoto debbono essere fissate con provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e l'Agenzia per l'Italia digitale, ma aggiunge a questo iter il parere del Garante per la protezione dei dati personali. La disposizione, peraltro, elimina dall'articolo 16, comma 4, la previsione dell'obbligo di conservazione delle immagini dell'udienza; elimina la previsione che imponeva alle sezioni tributarie di dedicare almeno un'udienza al mese alla trattazione di controversie per le quali fosse stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza; demanda ai Presidenti delle Commissioni tributarie la predeterminazione di criteri in base ai quali i singoli giudici tributari possano individuare le controversie per le quali la segreteria comunicherà alle parti lo svolgimento dell'udienza a distanza.
  Osserva che la riforma aggiunge, dunque, alla possibilità per le parti di richiedere l'udienza da remoto – già prevista dal legislatore – la possibilità per il giudice tributario di disporre, autonomamente, l'udienza a distanza per alcune specifiche controversie. Il comma 3 disciplina, per il solo 2020, la ripartizione tra le commissioni tributarie di parte del gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo per le controversie tributarie. Ciò in deroga alla disciplina generale (di cui all'articolo 37, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), che imporrebbe di ripartire le somme in base all'efficienza dei diversi uffici nello smaltimento dell'arretrato, il decreto-legge prevede una distribuzione Pag. 53alle Commissioni tributarie in proporzione al personale – togato e amministrativo – da loro impiegato.
  Rileva che l'articolo 151 proroga al 31 gennaio 2021 il termine per la notifica degli atti e per l'esecuzione dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell'autorizzazione amministrativa all'esercizio dell'attività, ovvero dell'esercizio dell'attività medesima o dell'iscrizione ad albi e ordini professionali. In proposito, occorre rammentare che l'articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, dispone che sono sospesi dall'8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori. Il comma 2 dell'articolo in esame al fine di evitare che possano essere commesse violazioni degli obblighi sopra citati nella consapevolezza che l'esecuzione della eventuale sanzione accessoria non potrà avvenire prima del 1o febbraio 2021, dispone che la proroga della sospensione non si applica nei confronti di coloro che hanno commesso anche una sola delle violazioni previste dal richiamato articolo 12 successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020).
  Fa presente che il successivo articolo 152, al comma 1, sospende, dalla data di entrata in vigore del decreto al 31 agosto 2020, la possibilità di effettuare pignoramenti presso terzi da parte dell'agente di riscossione del salario, e di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza. In particolare la norma prevede che fino al 31 agosto 2020 sono sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della stessa data dall'agente della riscossione e dai soggetti iscritti all'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) aventi ad oggetto somme dovute a titolo di stipendi, pensioni e trattamenti assimilati. Le somme che avrebbero dovuto essere accantonate nel medesimo periodo non sono sottoposte a vincolo di indisponibilità e il terzo pignorato le rende fruibili al debitore esecutato, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore decreto (19 maggio 2020) sia intervenuta un'ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione. In tal modo il terzo pignorato, come il datore di lavoro o l'ente pensionistico, dovrà rendere fruibili le somme al debitore esecutato, erogandogli lo stipendio o la pensione senza decurtazioni, anche in caso di avvenuta assegnazione da parte del giudice. Restano fermi gli accantonamenti effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto e restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme accreditate, anteriormente alla stessa data, all'agente della riscossione e ai soggetti iscritti all'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali.
  Rammenta che l'articolo 158 dispone che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000, la sospensione dei termini processuali prevista dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, si intende cumulabile in ogni caso con la sospensione del termine di impugnazione prevista dalla procedura di accertamento con adesione (novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 218 del 1997).
  Sottolinea che l'articolo 180, comma 1, istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2020, per il ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell'imposta di soggiorno, del contributo di sbarco o del contributo di soggiorno. Al Fondo è attribuita una dotazione di 100 milioni di euro. Alla ripartizione si provvede con decreto ministeriale (comma 2). Il comma 5 dispone in ordine alla copertura dei relativi oneri. I commi 3 e 4 novellano alcune disposizioni concernenti il pagamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno (quest'ultimo previsto per Roma capitale). I soggetti che incassano tali imposte o contributi devono successivamente versare al comune i relativi Pag. 54importi. La presentazione della relativa dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, deve essere effettuata dal gestore della struttura ricettiva, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi (comma 3). Il medesimo diritto di rivalsa è riconosciuto, ai sensi del comma 4, anche al soggetto che incassa il canone o il corrispettivo – ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi – dovuto per locazioni brevi. In particolare, per quanto attiene agli aspetti di competenza della Commissione Giustizia, i commi 3 e 4 recano anche la disciplina sanzionatoria relativa ai casi di omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta (di soggiorno o di sbarco) o contributo di soggiorno, valida sia per le strutture turistiche ricettive, sia in caso di locazione breve: in caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto; in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, si applica una sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 che prevede, per chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, l'applicazione della sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni, la sanzione è ridotta alla metà; per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni, la sanzione è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Il decreto-legge, dunque, qualifica tanto l'omessa o infedele dichiarazione, quanto l'omesso, il ritardato o il parziale versamento dell'imposta di soggiorno come illeciti amministrativi, senza alcuna clausola di salvaguardia penale (non è previsto, infatti, che la sanzione amministrativa trovi applicazione «salvo il che il fatto costituisca reato»). L'intervento legislativo potrebbe dunque dare luogo a una depenalizzazione, posto che attualmente l'omesso versamento dell'imposta riscossa è punito a titolo di peculato. In proposito, rammento che la Corte dei conti, infatti, ha fino a oggi qualificato il gestore della struttura recettiva non come sostituto d'imposta bensì come agente contabile, riconoscendo dunque, in caso di mancato versamento, una responsabilità per danno erariale. La Cassazione penale ha stabilito che dalla qualifica di agente contabile discende la qualifica di incaricato di pubblico servizio, e che dunque in caso di omesso versamento dell'imposta incassata, per il gestore della struttura recettiva è configurabile il reato di peculato, di cui all'articolo 314 del codice penale. In assenza di una specifica norma transitoria, l'illecito amministrativo si applica ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della norma; laddove la giurisprudenza qualificasse la disposizione in commento come operante una depenalizzazione, per i fatti commessi prima, non potendo più trovare applicazione la norma penale, sarebbero escluse tanto sanzioni penali quanto sanzioni amministrative.
  Evidenzia che rileva ai fini delle competenze della Commissione Giustizia anche il comma 3 dell'articolo 216 che prevede una riduzione, limitatamente alle mensilità da marzo a luglio 2020, dei canoni di locazione di palestre, piscine e ogni altro impianto sportivo. La disposizione prevede che la sospensione delle attività sportive si consideri sempre valutata, ai sensi degli articoli 1256, 1464, 1467 e 1468 del codice civile, come fattore di sopravvenuto squilibrio dell'assetto di interessi pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di ogni tipo. A motivo di tale squilibrio si riconosce al conduttore il diritto, limitatamente alle cinque mensilità da marzo 2020 a luglio 2020, ad una corrispondente riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente Pag. 55stabilito. Come evidenziato nella relazione illustrativa, il comma 3 dell'articolo 216 introduce un rimedio «conservativo» azionabile dal locatore «per ricondurre il rapporto all'equilibrio originariamente pattuito, consistente del diritto alla riduzione del canone locatizio mensile per tutto il periodo in cui, per il rispetto delle misure di contenimento, sono stati di fatto privati del godimento degli immobili locali». L'assegnazione di un rimedio conservativo, in luogo di quello risolutivo, appare giustificato a parere del Governo alla luce delle seguenti considerazioni: il conduttore ha un forte interesse a mantenere in vita il contratto in ragione della «specificità ubicativa» dell'impianto sportivo e del rischio di non ricollocabilità altrove della sua attività; il locatore non ha alcun apprezzabile interesse a rifiutare la revisione, poiché da tale rimedio non subisce un pregiudizio che, in questa fase, potrebbe scongiurare ricorrendo al mercato». Tale disposizione – precisa sempre la relazione – si applica a decorrere dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19, e dunque disciplina effetti di fatti verificatisi (anche) nel passato. La limitata retroattività della disposizione (da marzo 2020 a luglio 2020) appare rispondere ai parametri di riferimento dello scrutinio di non arbitrarietà e ragionevolezza elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, e segnatamente: i) l'esistenza di una inderogabile esigenza normativa; ii) la proporzionalità tra il peso imposto ai destinatari della norma e il fine perseguito dal legislatore (sentenza n. 203 del 2016).
  Segnala poi l'articolo 218 che, in considerazione dell'eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da Covid-19, reca disposizioni processuali eccezionali dirette a contenere in tempi certi l'eventuale contenzioso in relazione ai provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici. A questi fini, come riportato nella relazione illustrativa, l'articolo si muove lungo due versanti: i) da un lato, prevedendo l'esclusione di ogni competenza degli organi di giustizia sportiva per le controversie in esame, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del CONI e conseguentemente delle Federazioni sportive prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che decidono tali questioni in unico grado; ii) dall'altro, introducendo un rito speciale accelerato per la definizione dei giudizi davanti al Tribunale amministrativo e al Consiglio di Stato. Nel dettaglio, il comma 1, in considerazione dell'eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, conferisce facoltà alle federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni) e dal Comitato Italiano Paralimpico (Cip), di adottare – anche in deroga alle vigenti disposizioni dell'ordinamento sportivo – provvedimenti relativi all'annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali, con riferimento alla stagione sportiva 2019/2020. Le medesime federazioni possono, inoltre, adottare i conseguenti provvedimenti relativi all'organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021. Il comma 2 prevede che – nelle more dell'adeguamento dello statuto e dei regolamenti del Coni, e, a seguire, degli statuti delle federazioni sportive disciplinati dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 – la competenza degli organi di giustizia sportiva sia concentrata, in unico grado e con cognizione estesa al merito, nel Collegio di garanzia dello sport. Il medesimo comma 2, sotto il profilo procedurale, dispone che: 1) il ricorso relativo a tali controversie, previamente notificato alle altre parti, sia depositato presso il Collegio di garanzia dello Sport entro 7 giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato a pena di decadenza; 2) il Collegio di garanzia dello sport decida in via definitiva sul ricorso, omessa ogni Pag. 56formalità non essenziale al contraddittorio, entro il termine perentorio di 15 giorni dal deposito, decorso il quale il ricorso si ha per respinto e l'eventuale decisione sopravvenuta è priva di effetti; 3) la decisione del Collegio di garanzia dello sport sia impugnabile ai sensi del successivo comma 3. Tale comma 3 prevede che le controversie sulle decisioni del Collegio di garanzia dello sport rese ai sensi del comma 2, ovvero direttamente sui provvedimenti di cui al comma 1 qualora la decisione dell'organo di giustizia sportiva non sia resa nei termini, siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma. Il comma reca inoltre disposizioni procedurali: 1) il termine per ricorrere decorre dalla pubblicazione della decisione impugnata, ovvero dalla scadenza del termine relativo, ed è di 15 giorni. Entro tale termine il ricorso, a pena di decadenza, è notificato e depositato presso la segreteria del giudice adito; 2) si applicano i limiti dimensionali degli atti processuali previsti per il rito elettorale, di cui all'articolo 129 del codice del processo amministrativo, dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016; 3) la causa è discussa nella prima udienza utile decorsi 7 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, senza avvisi; 4) a pena di decadenza, i ricorsi incidentali e i motivi aggiunti sono notificati e depositati, al pari di ogni altro atto di parte, prima dell'apertura dell'udienza e, ove ciò si renda necessario, la discussione della causa può essere rinviata per una sola volta e di non oltre 7 giorni; 5) il giudizio è deciso all'esito dell'udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicare entro il giorno successivo a quello dell'udienza; 6) la motivazione della sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie; 7) qualora la complessità delle questioni non consenta la pubblicazione della sentenza entro il giorno successivo a quello dell'udienza, entro lo stesso termine è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria e la motivazione è pubblicata entro i 10 giorni successivi. Il comma 4 prevede che – nei giudizi proposti ai sensi del comma 3 – il giudice provveda sulle eventuali domande cautelari prima dell'udienza, con decreto del presidente, soltanto qualora ritenga che possa verificarsi un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione di merito assunta nel rispetto dei termini fissati dal medesimo comma 3. In ipotesi differenti dalla precedente, il giudice riserva la decisione su tali domande all'udienza collegiale e in tale sede provvede su di esse con ordinanza, a meno che, entro il giorno successivo a quello dell'udienza, non venga pubblicata la sentenza in forma semplificata e la pubblicazione del dispositivo non esaurisca le esigenze di tutela anche cautelare delle parti. Ai giudizi di cui al comma 3 non si applica l'articolo 54, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il quale prevede la sospensione dei termini processuali dal 1o al 31 agosto di ciascun anno. Il comma 5 dispone che l'appello al Consiglio di Stato sia proposto, a pena di decadenza, entro 15 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello dell'udienza, qualora entro tale data sia stata pubblicata la sentenza in forma semplificata, e in ogni altro caso dalla data di pubblicazione della motivazione. Al relativo giudizio si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4. Il comma 6 prevede che le disposizioni dell'articolo 218 si applichino esclusivamente ai provvedimenti, richiamati al comma 1, adottati tra la data di entrata in vigore del decreto in esame e il sessantesimo giorno successivo a quella in cui ha termine lo stato di emergenza dichiarato con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.
  Ricorda che l'articolo 219 reca misure urgenti finalizzate a garantire la funzionalità dell'amministrazione della giustizia, assicurando condizioni di sicurezza rispetto al rischio di contagio da Covid-19 all'interno sia degli uffici giudiziari, sia delle carceri, e stanziando le relative risorse Pag. 57economiche. In particolare il comma 1, autorizza una spesa complessiva di euro 31.727.516 per l'anno 2020 per interventi di sanificazione e disinfestazione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso all'amministrazione giudiziaria, per l'acquisto di materiale igienico sanitario e dispositivi di protezione individuale, nonché per l'acquisto di apparecchiature informatiche. Tali interventi sono volti a consentire, nell'immediato, lo svolgimento di compiti istituzionali improrogabili ed urgenti da parte degli uffici giudiziari e delle articolazioni centrali del Ministero della giustizia, e, al termine dell'emergenza epidemiologica, la ripresa ordinaria delle attività in condizioni di sicurezza. Al comma 2 è altresì previsto uno stanziamento di euro 4.612.454 per l'anno 2020, finalizzato all'acquisto di apparecchiature informatiche (e delle relative licenze d'uso) destinate al personale degli istituti e dei servizi dell'amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, tanto in presenza quanto nella modalità da remoto. Il comma 3 contempla invece l'aumento della spesa già prevista dall'articolo 74 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (c.d. «cura Italia») per la copertura di interventi in ambito carcerario, che comprendono il pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte dal personale dell'amministrazione penitenziaria al fine di assicurare l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari e le attività di sanificazione degli ambienti. In dettaglio, lo stanziamento per l'anno 2020 passa dai 6.219.625 euro già previsti ai 9.879.625 euro del decreto-legge in esame. L'incremento di 3.660.000 euro è imputato per intero alla copertura di prestazioni di lavoro straordinario, il cui pagamento è corrisposto anche in deroga ai limiti vigenti, in considerazione dell'aumento del carico di lavoro dovuto alle eccezionali misure messe in atto per fronteggiare l'emergenza epidemiologica e garantire la sicurezza e la tutela dei detenuti, oltreché dello stesso personale dell'amministrazione penitenziaria chiamato ad operare. Come indicato nella relazione tecnica gli stanziamenti di cui al comma 3 consentono la retribuzione di ulteriori 10 ore di lavoro straordinario a favore dei 255 dirigenti penitenziari e dei 17 direttori degli istituti per minori individuati nella relazione tecnica del decreto-legge n. 18 del 2020 come destinatari della norma e, per quello che riguarda gli oneri connessi all'impiego di personale fuori sede, la liquidazione dello stesso trattamento già previsto per 500 unità di personale dall'articolo 74, comma 7, del medesimo decreto-legge ad ulteriori 800 unità di personale. Agli oneri complessivi previsti dall'articolo in esame, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede secondo quanto stabilito dal comma 7 dell'articolo 265, che reca le disposizioni finanziarie finali.
  Precisa che rileva ai fini delle competenze della Commissione Giustizia l'articolo 220 che destina, soltanto per il 2020, le risorse del Fondo Unico Giustizia al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 o al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze. Più nel dettaglio la disposizione prevede che per il solo anno 2020, in deroga alle vigenti disposizioni in materia, le somme versate nel corso dell'anno 2019 all'entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414 articolo 2 e articolo 3 (per complessivi euro 116.587.953,25, come ricorda la relazione tecnica) relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2018, siano riassegnate al Ministero della giustizia e al Ministero dell'interno, nella misura del 49 per cento per ciascuna delle due amministrazioni. Tali somme devono essere destinate prioritariamente al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 nonché al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze.
  Sottolinea che l'articolo 221 interviene invece sul comma 2 dell'articolo 83 del Pag. 58citato decreto-legge n. 18 del 2020 – che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell'epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale – estendendo la disciplina della sospensione dei termini processuali anche ai termini previsti per la presentazione delle querele, ai fini della procedibilità dell'azione penale. Rammento in estrema sintesi che l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 – come convertito dalla legge n. 27 del 2020, e prorogato dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 – dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all'11 maggio nonché la possibilità, dal 12 maggio al 31 luglio, di adottare misure organizzative – che possono comprendere l'ulteriore rinvio delle udienze – volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. La sospensione del termine per proporre querela, disposta per il periodo dal 9 marzo all'11 maggio 2020, è destinata ad applicarsi retroattivamente, così da rimettere in termini quanti, a causa dell'emergenza epidemiologica, non abbiano potuto esercitare il proprio diritto. Ricorda a tale proposito che, ai sensi dell'articolo 124 del codice penale, salvo che la legge disponga diversamente, il diritto di querela non può essere esercitato decorsi 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato. Segnalo infine che l'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 testualmente circoscrive la c.d. fase 1 dell'emergenza al periodo 9 marzo-15 aprile mentre la proroga di tale emergenza fino all'11 maggio è contenuta nel decreto-legge n. 23 del 2020, che non modifica espressamente l'articolo 83. Pertanto l'inserimento della previsione, fino all'11 maggio, della sospensione del termine per sporgere querela, fa sì che il comma 2 dell'articolo 83 testualmente sospenda tutti i termini processuali fino al 15 aprile e il solo termine per la querela fino all'11 maggio.
  Segnala poi il comma 1 dell'articolo 237, che, in relazione agli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui al comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020, le cui prove siano in corso di svolgimento, prevede che il Ministero dell'università e della ricerca possa disporre, con decreto, su proposta dei consigli o degli organi nazionali, comunque denominati, degli ordini, collegi e federazioni delle professioni interessate modalità di svolgimento delle prove diverse da quelle previste dalla normativa vigente, ivi inclusa la possibilità di eliminazione di una prova. Sempre il comma 1 dell'articolo 237 precisa che nei casi in cui sia disposta l'eliminazione di una prova, il decreto ministeriale debba anche individuare le modalità e i criteri per la valutazione finale, salvaguardando criteri di uniformità sul territorio nazionale per lo svolgimento degli esami relativi a ciascuna professione, nonché il rispetto delle disposizioni in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, dettate dalle disposizioni del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206. Sono previsti, poi, interventi concernenti il personale, con riguardo sia alle nuove assunzioni, sia alle modalità di svolgimento delle procedure di reclutamento (articoli da 252 a 256). In particolare, l'articolo 252 prevede le modalità di avviamento delle procedure, già autorizzate, per il reclutamento di personale non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria. In particolare, il comma 1, prevede che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, il Ministero della giustizia possa avviare le procedure per il reclutamento di: 400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019 (comma 1, lettera a); 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1, destinate a coprire le carenze di organico degli uffici giudiziari dei Distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna (comma 1, lettera b), presso i quali dovranno prestare servizio per un periodo non inferiore a cinque anni (comma 4); 2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione Pag. 59giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3 (comma 5). Tutti i concorsi sopraindicati sono per titoli ed esame orale, da tenersi su base distrettuale, e si svolgono secondo le modalità previste dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e dall'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplinano le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni. Per i concorsi di cui al comma 1, lettere a) e b), è richiesto il possesso della laurea in giurisprudenza o equivalente nonché il possesso di uno tra gli ulteriori titoli indicati al comma 2 ovvero: aver svolto almeno cinque anni di servizio nell'amministrazione giudiziaria, nella qualifica di funzionario giudiziario, senza demerito; aver svolto, per almeno cinque anni, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari; essere stato iscritto all'albo professionale degli avvocati, per almeno cinque anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari; aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale); essere da almeno due anni ricercatore in materie giuridiche, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, lett. b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240; aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori; avere conseguito il titolo di dottore di ricerca in materie giuridiche e avere svolto attività lavorativa per almeno 6 mesi presso una pubblica amministrazione in posizione funzionale per l'accesso alla quale è richiesto il possesso del diploma di laurea. Il comma 3 stabilisce che il bando di concorso sia adottato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, e fornisce alcune indicazioni circa il contenuto del bando stesso, relativamente ai punteggi attribuiti ai titoli di cui alle lettere da a) a f) del comma 2, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice. Si prevede in particolare che: i punteggi relativi ai titoli sono cumulabili; i criteri di attribuzione dei punteggi per titoli sono: 1) anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame; 2) votazione relativa al titolo di studio richiesto per l'accesso; 3) eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato. Per la parte riguardante l'esame, è previsto lo svolgimento di un esame orale, anche in modalità videoconferenza, secondo le modalità stabilite dall'articolo 248, comma 1, del decreto in esame (che reca disposizioni per la conclusione delle procedure di reclutamento della Commissione Ripam per il personale delle pubbliche amministrazioni), presso ciascun distretto giudiziario; la composizione della commissione esaminatrice, che può essere articolata su base distrettuale, è invece demandata al bando. Per il concorso di cui al comma 5 (per 2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3) è richiesto il possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso all'area funzionale II, fascia retributiva F3, nonché il possesso di uno tra i seguenti titoli indicati al comma 6: aver svolto almeno tre anni di servizio nell'amministrazione giudiziaria, senza demerito; aver svolto, per almeno un anno, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari; essere stato iscritto all'albo professionale degli avvocati, per almeno due anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari; aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale); aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle Pag. 60forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori. Analogamente a quanto previsto dal comma 3, il comma 7 stabilisce che il bando di concorso sia adottato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, e fornisce alcune indicazioni circa il contenuto del bando stesso, relativamente ai punteggi attribuiti ai titoli, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice. Anche per la procedura concorsuale di cui al comma 5, sono previsti: la cumulabilità dei punteggi per i titoli di cui alle lettere da a) a e) del comma 6, per i quali si tiene conto dell'anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, che ecceda il periodo minimo indicato, e della votazione relativa al titolo di studio richiesto per l'accesso e ad eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato; lo svolgimento di un esame orale, anche in modalità di videoconferenza, presso ciascun distretto giudiziario; l'eventuale articolazione delle commissioni esaminatrici su base distrettuale. Il comma 8 dispone circa l'assunzione del personale reclutato di cui al comma 1, lettera a), e al comma 5. Per tali concorsi l'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 ha concesso esclusivamente l'autorizzazione a bandire, pertanto l'assunzione potrà avvenire in base ai posti disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della procedura ordinaria di cui all'articolo 35, comma 4, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 (che prevede l'adozione del piano triennale dei fabbisogni di personale tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze). Infine il comma 9 prevede, per tutte le procedure selettive di cui all'articolo in commento, che l'Amministrazione giudiziaria possa attribuire un punteggio aggiuntivo a favore: di soggetti che hanno svolto con esito positivo il tirocinio presso gli uffici giudiziari ai sensi dell'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Tale tirocinio consiste in un periodo di formazione teorico-pratica della durata complessiva di diciotto mesi, da svolgersi presso gli uffici della magistratura ordinaria o presso quelli della magistratura amministrativa ed è riservato a laureati in giurisprudenza in possesso dei requisiti di onorabilità e di età inferiore ai 30 anni che abbiano riportato le votazioni richieste; di coloro che hanno maturato i titoli di preferenza di cui all'articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, vale a dire lo svolgimento, con esito positivo, di un periodo di perfezionamento presso l'ufficio per il processo o il completamento, con esito positivo, del tirocinio formativo (di cui all'articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) pur in assenza di un ulteriore periodo di perfezionamento nell'ufficio per il processo.
  Ricorda che l'articolo 253 al comma 1, – nel rispetto delle prescrizioni sanitarie relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo – consente fino al 31 luglio, alla commissione esaminatrice per il concorso per magistrato ordinario di effettuare le operazioni di correzione degli elaborati scritti con modalità telematica, anche in deroga a quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, ma garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, secondo i criteri e le modalità di cui al comma 7, dell'articolo 247. Tale disposizione è destinata a trovare applicazione con riguardo al concorso per 330 posti da magistrato ordinario bandito con il decreto ministeriale del 10 ottobre 2018. Le prove scritte del concorso si sono svolte nel mese di giugno 2019. Il comma 2 dell'articolo 253 prevede che il termine del 31 luglio possa essere prorogato con provvedimento motivato del presidente Pag. 61della commissione, ove necessario per la tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo. La disposizione, al comma 3, prevede che le modalità telematiche si applichino anche allo svolgimento delle riunioni riservate dei componenti della commissione. Ai sensi del comma 4, fino al 30 settembre 2020, il presidente della commissione esaminatrice, con provvedimento motivato, può autorizzare lo svolgimento delle prove orali del concorso per magistrato ordinario mediante videoconferenza (modalità indicata dal comma 3 dell'articolo 247 del decreto-legge in esame), garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità delle stesse prove, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità. Il comma 5 precisa che il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui all'articolo 6, commi 1, 2 e 7, del decreto legislativo n. 160 del 2006 con riguardo ai lavori della commissione esaminatrice, dovuto alla necessità di rispettare le norme e le prescrizioni sanitarie relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo non è valutabile ai fini dell'applicazione del comma 8 dello stesso articolo 6.
  Sottolinea che l'articolo 254 reca misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione. In particolare il comma 1 consente con riguardo al concorso per esame a 300 posti per notaio bandito con decreto dirigenziale 16 novembre 2018 e all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato bandito con decreto del Ministro della giustizia 11 giugno 2019, la possibilità di correzione degli elaborati scritti con modalità di collegamento a distanza, garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, ai sensi dell'articolo 247, comma 7, del decreto in esame (che reca semplificazione e svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali della Commissione RIPAM).Ai sensi del comma 2 il presidente della commissione notarile (nominata a norma dell'articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166) e il presidente della commissione centrale su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d'appello (nominate a norma dell'articolo 22 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578) possono autorizzare la correzione da remoto degli elaborati scritti, purché siano mantenuti i medesimi criteri di correzione già adottati dalle commissioni d'esame. In tali casi il presidente della commissione notarile e i presidenti delle sottocommissioni per l'esame di abilitazione alla professione di avvocato (questi ultimi in conformità ai criteri organizzativi uniformi stabiliti dalla commissione centrale): fissano il calendario delle sedute, stabiliscono le modalità telematiche con le quali effettuare il collegamento a distanza e dettano le disposizioni organizzative volte a garantire la trasparenza, la collegialità, la correttezza e la riservatezza delle sedute, nonché a rispettare le prescrizioni sanitarie relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei commissari e del personale amministrativo. Lo stesso articolo 254 – al comma 3 – stabilisce che il presidente della commissione nominata per il concorso notarile e il presidente della commissione centrale per l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d'appello, possono autorizzare, per gli esami orali delle procedure di cui al comma 1 programmati sino al 30 settembre 2020, lo svolgimento mediante videoconferenza (ex articolo 247, comma 3, del decreto-legge in esame), ferma restando la presenza, presso la sede della prova di esame, del presidente della commissione notarile o di altro componente da questi delegato, del presidente della sottocommissione per l'esame di abilitazione alla professione di avvocato, nonché del segretario della seduta e del candidato da esaminare. Devono essere comunque rispettate le prescrizioni sanitarie relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo. Pag. 62Nel caso in cui l'esame orale sia espletato attraverso modalità telematiche spetta al Presidente impartire, ove necessario, disposizioni volte a disciplinare l'accesso del pubblico all'aula di esame (comma 4). Il comma 5 prevede che la disciplina dettata dai commi 3 e 4 trovi applicazione anche con riguardo alle prove orali dell'esame per l'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori bandito con decreto dirigenziale 10 aprile 2019. Il comma 6 reca infine una modifica all'articolo 47 (che disciplina la composizione delle Commissioni di esame), della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense), volta a consentire anche ai professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche in pensione di far parte (sia come componenti effettivi che come supplenti) delle Commissioni di esame.
  Rammenta che l'articolo 255 al comma 1 autorizza il Ministero della giustizia ad assumere, nel biennio 2020-2021, un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, con la specifica finalità di dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché per assicurare l'avvio della digitalizzazione del processo penale. Si tratta di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1, nel biennio 2020-2021, assunto anche in sovrannumero rispetto all'attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate, con decorrenza non anteriore al 1o settembre 2020 e con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi. Come previsto dal comma 1 dell'articolo 255, l'assunzione del personale avviene in deroga ai limiti di spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che dispone il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Il comma 2 stabilisce che le assunzioni di cui al comma 1 si svolgano secondo le procedure previste dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56. In alternativa, si procederà mediante colloquio di idoneità e valutazione dei titoli, nel rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza.
  Evidenzia che l'articolo 256 incrementa di 500 unità il numero dei giudici ausiliari di Corte d'appello, e prevede che gli stessi possano essere destinati anche allo smaltimento dell'arretrato penale. In proposito tale articolo interviene sulla disciplina dei giudici ausiliari di Corte d'appello, con particolare riferimento alle disposizioni degli articoli 62 e 63 del decreto-legge n. 69 del 2013, introducendo con il comma 1 le seguenti novità: destinazione dei giudici ausiliari non solo alla definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza, ma anche dei procedimenti penali; attribuzione ai presidenti delle Corte d'appello del compito di individuare le priorità alle quali destinare i giudici ausiliari all'interno dell'ufficio, anche in attuazione dell'articolo 132-bis, comma 2, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura, che demanda al presidente il compito di adottare misure organizzative per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria; aumento da 350 a 850 del numero massimo dei giudici ausiliari di Corte d'appello. Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della giustizia, sentiti CSM e consigli degli ordini distrettuali, la determinazione della pianta organica a esaurimento dei giudici ausiliari, con l'indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello, e delle modalità e dei termini di presentazione delle domande. Il decreto dovrà essere adottato entro 2 mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in commento, e dunque entro il 20 luglio 2020. I commi 3 e 4 dell'articolo 256 recano la copertura finanziaria dell'incremento dei giudici ausiliari, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e prevedendo che a tale spesa di faccia fronte con la corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Pag. 63
  Da ultimo, evidenzia che l'articolo 264 introduce alcune disposizioni tese ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi, in particolare quelli aventi ad oggetto l'erogazione di benefici economici, avviati in relazione all'emergenza COVID-19. Alcune misure hanno un'efficacia limitata al 31 dicembre 2020 (comma 1) e riguardano: l'ampliamento della possibilità per cittadini ed imprese di utilizzare le dichiarazioni sostitutive per comprovare tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti a corredo delle istanze, anche in deroga alla legislazione vigente in materia (lett. a)); la limitazione dei poteri di autotutela delle PA attraverso l'annullamento d'ufficio, la revoca e i poteri inibitori in caso di SCIA (lett. b) e c) e d)); l'obbligo di adottare entro trenta giorni il provvedimento conclusivo del procedimento nei casi di formazione del silenzio endoprocedimentale tra amministrazioni (lett. e)); semplificazioni per gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l'ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all'emergenza sanitaria (lett. f)). Un secondo gruppo di disposizioni modifica alcune norme del Testo unico di documentazione amministrativa (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000), prevedendo un incremento dei controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed un inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci (comma 2, lettera a)). Con ulteriori novelle al Codice dell'amministrazione digitale (di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005) si interviene in materia di fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e di gestione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (comma 2, lett. b) e c)). Si dispone infine che nell'ambito di verifiche, ispezioni e controlli sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione «non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione». È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso delle PA (comma 2, lettera d)). In particolare, rilevano, dunque, ai fini dell'esame della Commissione Giustizia, la disposizione di cui alla lettera b) del comma 1, che riduce a tre mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all'annullamento d'ufficio dei provvedimenti illegittimi, in deroga alla previsione dell'articolo 21-novies, co. 1, della legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990). In particolare, tale disposizione fa salva (come previsto in via generale dall'articolo 21-novies, co. 2-bis, L. 241 del 1990) l'annullabilità d'ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. In tal caso, è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di documentazione amministrativa, adottato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
  Segnala, inoltre, che il comma 2 dell'articolo in commento reca alcune disposizioni volte, come esplicitamente richiamato, ad assicurare piena attuazione ai principi di cui all'articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in materia di autocertificazione) e al Testo unico in materia di documentazione amministrativa adottato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso (c.d. decertificazione). In relazione agli obiettivi annunciati, la lettera a) del comma 2 introduce tre modifiche ad alcune disposizioni del Testo unico della documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, tese a rafforzare il sistema dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà, nonché ad inasprire il regime delle sanzioni previste in caso di dichiarazioni mendaci. In particolare Pag. 64viene modificato l'articolo 76, comma 1, che punisce, ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia, chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico medesimo. Con la novella introdotta, si prevede l'aumento da un terzo alla metà della pena ordinariamente prevista dal codice penale. La disposizione del codice penale che viene in rilievo è l'articolo 483 (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi. Con l'aumento di pena previsto all'articolo 76 del testo unico, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni.

  Franco VAZIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.20 alle 13.25.