CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 5 maggio 2020
360.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 5 maggio 2020. — Presidenza del presidente Alessandro Manuel BENVENUTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut.

  La seduta comincia alle 13.35.

Schema di decreto legislativo recante attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2018/849, che modificano la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Atto n. 167.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto in titolo.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, avverte che il termine di espressione del parere per la Commissione è scaduto lo scorso 14 aprile ed è stata quindi avanzata la richiesta al Governo di attendere oltre tale termine la pronuncia della Commissione. Il rappresentante del Governo nella seduta dello scorso 23 aprile ha manifestato la disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere parlamentare fino alla fine del mese di maggio.
  Tale schema è altresì stato assegnato con riserva, non essendo corredato dal parere della Conferenza Unificata.

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  Stefania PEZZOPANE (PD), relatrice, fa presente, come già evidenziato, che il termine per l'espressione del parere è scaduto lo scorso 14 aprile, anche se l'assegnazione alla Commissione è avvenuta con riserva, non essendo il testo corredato del parere della Conferenza Unificata. È invece fissato al 5 luglio 2020 il termine per il recepimento della direttiva 2018/849.
  Quanto invece al termine di esercizio della delega conferita dalla legge di delegazione europea per il 2018 (legge n. 117 del 2019), esso risulterebbe scaduto lo scorso 5 marzo ma, per effetto dello «scorrimento» di ulteriori tre mesi che si produce se lo schema di decreto è sottoposto all'esame parlamentare a ridosso della scadenza del termine, esso sarebbe venuto a scadenza il prossimo 5 giugno 2020. Peraltro, nella legge di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata introdotta una ulteriore proroga di tre mesi per l'esercizio della deleghe di prossima scadenza.
  La direttiva fa parte di un pacchetto di misure sull'economia circolare proposto dalla Commissione europea nel dicembre 2015 e approvato in via definitiva il 22 maggio 2018, che modifica sei direttive in materia di rifiuti e discariche: la direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) e le direttive «speciali» in materia di rifiuti di imballaggio (1994/62/CE), discariche (1999/31/CE), rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE (2012/19/UE), veicoli fuori uso (2000/53/CE) e rifiuti di pile e accumulatori (2006/66/CE).
  In particolare, essa interviene sulla trasmissione dei dati dagli Stati membri, la loro elaborazione e valutazione da parte della Commissione europea. Altre modifiche riguardano l'inserimento di incentivi per favorire l'applicazione della gerarchia dei rifiuti, il conferimento alla Commissione europea del potere di apportare modifiche normative, anche per l'adeguamento al progresso scientifico e tecnico.
  Prima di esaminare il testo del provvedimento, appare utile ricordare che la norma di delega individua specifici criteri e principi direttivi per l'attuazione della direttiva in vigore dal 4 luglio 2018. In particolare, l'articolo 14, comma 1, lettera b) dispone che si proceda a riformare il sistema di gestione dei rifiuti in oggetto; 1) definendo obiettivi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori per i produttori; 2) prevedendo specifiche modalità semplificate per la raccolta dei rifiuti di pile portatili e accumulatori non derivanti dall'attività di enti e imprese; 3) adeguando lo schema di responsabilità estesa alle nuove disposizioni; 4) armonizzando il sistema di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori con quello di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), valutando la possibilità di realizzare un sistema unico di gestione.
  Ancora, la lettera c) del medesimo articolo 14, comma 1 dispone che, in attuazione della direttiva (UE) 2018/849, si riformi il sistema di gestione dei RAEE, nel rispetto delle seguenti indicazioni: 1) definire obiettivi di gestione dei RAEE per i produttori; 2) adeguare lo schema di responsabilità estesa alle nuove disposizioni; 3) individuare misure per la promozione e la semplificazione del riutilizzo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e dei loro componenti, al fine di prevenire la produzione dei rifiuti; 4) prevedere misure che favoriscano il ritiro, su base volontaria, «uno contro zero» dei piccolissimi rifiuti RAEE da parte di distributori che non vendono apparecchiature elettriche ed elettroniche; 5) definire condizioni, requisiti e parametri operativi per gli impianti di trattamento adeguato dei RAEE nonché le relative modalità di controllo; 6) disciplinare il fine vita dei pannelli fotovoltaici incentivati immessi sul mercato prima del 12 aprile 2014, anche prevedendo il coinvolgimento dei sistemi individuali e collettivi di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49.
  Rispetto a questi contenuti della delega, il provvedimento in esame si limita a disciplinare i nuovi obblighi di informazione introdotti a livello europeo, mentre, come esplicita la relazione illustrativa «non prevede norme di recepimento delle speculari disposizioni della direttiva che Pag. 72demandano agli stessi Stati la possibilità di ricorrere a misure atte ad incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti, sia in materia di pile, che di RAEE». Secondo la medesima relazione, infatti, le attuali disposizioni vigenti già recano tale possibilità, o già contemplano tali misure e si cita al riguardo l'articolo 4 del decreto legislativo n. 188 del 2008 e il decreto 10 giugno 2016 n. 140.
  Merita anche segnalare che la relazione esplicita la scelta di non adottare disposizioni in attuazione degli specifici criteri di delega indicati all'articolo 14, comma 1 nella lettera a) che, tuttavia, riguarda esplicitamente il sistema di gestione dei veicoli fuori uso, ed è dunque riferito ad un altro schema di decreto legislativo al nostro esame (atto n. 166).
  Venendo ai contenuti del provvedimento, esso reca una serie di novelle alla normativa vigente, recata dai decreti legislativi n. 188 del 2008, in materia di pile, accumulatori e relativi rifiuti e dal decreto n. 49 del 2014 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
  L'articolo 1, novellando l'articolo 31 del citato decreto n. 49, stabilisce che il Ministero dell'ambiente invia annualmente alla Commissione europea una relazione sull'attuazione della direttiva 2012/19/UE, accompagnati altresì da una relazione di controllo della qualità dei dati entro 18 mesi dalla fine dell'anno di riferimento per cui sono raccolti. Il primo periodo di comunicazione inizia il primo anno civile completo successivo all'adozione dell'atto di esecuzione che stabilisce il formato per la comunicazione. Poiché tale atto di esecuzione è stato ormai adottato il 17 dicembre 2019, i profili temporali relativi all'entrata in vigore della nuova norma sono ormai definiti.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 188 del 2008 che ha attuato la direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti.
  Le modifiche apportate sono diverse. In primo luogo, si sopprime la trasmissione della relazione triennale da parte del Ministero dell'ambiente sull'attuazione del decreto in parola. La nuova previsione stabilisce che la relazione sia a cadenza annuale – entro 18 mesi dalla fine dell'anno di riferimento per cui i dati sono stati raccolti, e in sede di prima applicazione, entro il 30 giugno 2022 – e che riguardi le informazioni, trasmesse dall'ISPRA, sui livelli di riciclaggio raggiunti in ciascun anno e sui «livelli di efficienza dei processi di riciclaggio».
  Al riguardo, la direttiva usa una formula, che non appare del tutto coincidente con quella del testo in esame; essa infatti prevede, che gli Stati membri riferiscano «se le efficienze di riciclaggio di cui all'allegato III, parte B, sono state realizzate».
  Il richiamato Allegato III, parte b) reca gli obiettivi di efficienza in materia di riciclaggio espressa in percentuale del peso medio pari: a) al 65 per cento di pile e accumulatori al piombo/acido e massimo riciclaggio del contenuto di piombo che sia tecnicamente possibile evitando costi eccessivi; b) al 75 per cento di pile e accumulatori al nichel-cadmio e massimo riciclaggio del contenuto di cadmio che sia tecnicamente possibile evitando costi eccessivi; c) al 50 per cento degli altri rifiuti di pile e accumulatori.
  La novella al comma 3 prevede che il Ministero dell'ambiente trasmetta alla Commissione europea un rapporto annuale sui rifiuti di pile e accumulatori contenente le informazioni sugli obiettivi di raccolta (calcolati annualmente dall'ISPRA sulla base dei dati dell'immesso sul mercato trasmessi dai produttori) e l'indicazione sulle modalità di ottenimento dei dati necessari al calcolo del tasso di raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori portatili.
  Anche tale rapporto va trasmesso entro 18 mesi dalla fine dell'anno di riferimento per cui i dati sono raccolti, in sede di prima applicazione, entro il 30 giugno 2022.
  La relazione allo schema precisa che il termine del 30 giugno 2022 «si ricava dal disposto della direttiva (...), considerato che la direttiva entra in vigore a luglio 2020». Pag. 73Pertanto, per l'anno 2020, i 18 mesi per il primo invio scadranno il 30 giugno 2022.
  La stessa relazione evidenzia come tale adempimento si vada a sostituire all'attuale obbligo di relazione entro un termine più ridotto (sei mesi dalla fine dell'anno solare considerato) dei dati e delle informazioni oggetto del decreto.
  In merito, va peraltro ricordato che il recente decreto-legge n. 18 del 2020, adottato durante questo periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19, ha disposto la proroga al 30 giugno 2020 di una serie di termini, tra cui la presentazione della comunicazione annuale dei dati relativi alle pile e accumulatori immessi sul mercato nazionale nell'anno precedente nonché la trasmissione dei dati relativi alla raccolta ed al riciclaggio dei rifiuti di pile ed accumulatori portatili, industriali e per veicoli, (previsti rispettivamente ai sensi degli articoli 15, comma 3, e 17, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188.
  L'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall'attuazione dello schema non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. I soggetti pubblici interessati provvedono ad attuare le disposizioni del presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
Atto n. 168.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto in titolo.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, avverte che il termine di espressione del parere per la Commissione è scaduto lo scorso 14 aprile ed è stata quindi avanzata la richiesta al Governo di attendere oltre tale termine la pronuncia della Commissione. Il rappresentante del Governo nella seduta dello scorso 23 aprile ha manifestato la disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere parlamentare fino alla fine del mese di maggio.
  Tale schema è altresì stato assegnato con riserva, non essendo corredato dal parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

  Ilaria FONTANA (M5S), relatrice, fa presente, come già evidenziato, che il termine per l'espressione del parere è scaduto lo scorso 14 aprile, anche se l'assegnazione alla Commissione è avvenuta con riserva, non essendo il testo corredato del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
  È invece fissato al 5 luglio 2020 il termine per il recepimento della direttiva 2018/850.
  Quanto invece al termine di esercizio della delega conferita dalla legge di delegazione europea per il 2018 (legge n. 117 del 2019), esso risulterebbe scaduto lo scorso 5 marzo ma, per effetto dello «scorrimento» di ulteriori tre mesi che si produce se lo schema di decreto è sottoposto all'esame parlamentare a ridosso della scadenza del termine, esso verrebbe, a normativa ora vigente, a scadere il prossimo 5 giugno 2020. Peraltro, nella legge di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata introdotta una ulteriore proroga di tre mesi per l'esercizio della deleghe di prossima scadenza.
  La direttiva fa parte di un pacchetto di misure sull'economia circolare proposto dalla Commissione europea nel dicembre 2015 e approvato in via definitiva il 22 maggio 2018, che modifica sei direttive in materia di rifiuti e discariche: la direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) e le direttive «speciali» in materia di rifiuti di imballaggio (1994/62/CE), discariche (1999/31/CE), rifiuti di apparecchiature Pag. 74elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE (2012/19/UE), veicoli fuori uso (2000/53/CE) e rifiuti di pile e accumulatori (2006/66/CE). Essa fissa l'obiettivo vincolante in base al quale entro il 2035 potrà essere conferito in discarica al massimo il 10 per cento del totale dei rifiuti urbani.
  La direttiva prevede inoltre metodi nuovi e uniformi per calcolare la performance al fine di misurare il raggiungimento degli obiettivi, sancisce il divieto di collocare in discarica rifiuti che provengono dalla raccolta differenziata destinati al riciclaggio o alla preparazione per il riutilizzo o, a partire dal 2030, idonei al riciclo o al recupero.
  Prima di esaminare il testo del provvedimento, appare utile ricordare che la norma di delega individua specifici criteri e principi direttivi per l'attuazione della direttiva in vigore dal 4 luglio 2018. L'articolo 15 della citata legge n. 117 prescrive che, in sede di attuazione della direttiva e per realizzare gli obiettivi fissati nella medesima, si proceda a riformare il sistema dei criteri di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche e semplificare il procedimento per la modifica degli allegati tecnici. Inoltre, si prevede l'adozione di una nuova disciplina organica in materia di utilizzazione dei fanghi, per la quale si elencano talune indicazioni.
  I suddetti princìpi e criteri direttivi, stando a quanto si legge nella relazione che accompagna l'atto in esame – perseguono un obiettivo più ambizioso rispetto alla mera attuazione della direttiva, «in grado di definire una complessiva riforma della disciplina in tema di discariche di rifiuti», comprensiva dei criteri di ammissibilità in discarica, l'adeguamento al progresso tecnologico dei criteri per la loro realizzazione e chiusura, la definizione delle modalità per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva.
  Quanto invece alla «nuova disciplina organica» in materia di utilizzazione dei fanghi finalizzata a garantire il perseguimento degli obiettivi di riduzione del conferimento in discarica, prefigurata dalla lettera b) della delega, tale materia non risulta trattata in maniera organica dalle disposizioni dello schema in esame, né la citata lettera b) risulta menzionata nella relazione illustrativa allo schema.
  Venendo ai contenuti del provvedimento, l'articolo 1 interviene principalmente sul decreto legislativo n. 36 del 2003 ma emenda, assorbendole, anche le disposizioni del decreto ministeriale 23 settembre 2010 recante definizione di criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica e le linee guida «ISPRA» del 7 dicembre 2016, n. 145, recanti i criteri tecnici atti a stabilire quando il trattamento non è necessario ai fini dello smaltimento in discarica. 2003. Lo schema reca otto allegati, di cui gli Allegati 1 e 2 sostituiscono gli attuali allegati 1 e 2 del citato decreto n. 36.
  Il provvedimento in esame sostituisce l'articolo 1 del decreto n. 36 indicando al comma 1 ulteriori nuove finalità:
   garantire una progressiva riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti, in particolare di quelli idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, al fine di sostenere la transizione verso un'economia circolare e adempiere i requisiti della gerarchia nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti;
   prevedere misure, procedure e orientamenti volti a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sul patrimonio agroalimentare, culturale e sul paesaggio.

  Il nuovo comma 2 sostituisce il riferimento al decreto legislativo n. 372 del 1999, ormai abrogato, con il richiamo al decreto legislativo n. 46 del 2014 che ha apportato numerose modifiche al c.d. Codice dell'ambiente in recepimento della normativa europea sulla prevenzione dell'inquinamento da attività industriali.
  La modifica dell'articolo 2 del decreto n. 36 del 2003, adegua le definizioni ai contenuti della direttiva, da un lato rinviando al Codice ambientale e dall'altro, inserendo le definizioni di «gestione operativa» e di «gestione post-operativa», le quali designano, rispettivamente, l'insieme Pag. 75delle attività eseguite durante la coltivazione della discarica ovvero dopo la sua chiusura.
  Tali attività di gestione sono svolte secondo specifici piani i cui contenuti sono specificati dall'Allegato 2 – integralmente sostituito dallo schema in esame – insieme al contenuto dei piani di ripristino ambientale, di sorveglianza e controllo, economico-finanziario. Ciò in attuazione del principio di delega che prevede l'adeguamento «al progresso tecnologico dei criteri di realizzazione e di chiusura delle discariche, favorendo l'evoluzione verso requisiti tecnici di tipo prestazionale».
  Sono inoltre apportate limitate precisazioni alle definizioni di «percolato» e di «eluato».
  La novella dell'articolo 3 ne precisa l'ambito di applicazione. La norma vigente esclude dall'ambito applicativo della normativa sulle discariche il deposito di terra non inquinata o di rifiuti inerti non pericolosi derivanti dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio di cave.
  Secondo la modifica proposta, fermo restando che i rifiuti devono essere depositati in modo tale da impedire qualsiasi inquinamento ambientale o danni alla salute umana, è esclusa dall'ambito di applicazione del decreto n. 36 solo la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive sulla terraferma, purché tale gestione rientri nell'ambito di applicazione della normativa di settore (decreto n. 117 del 2008, relativo alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive).
  Nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 36 sono inseriti due nuovi commi in materia di divieti di smaltimento in discarica ed esclusioni.
  Il nuovo comma 4-bis prevede che, a partire dal 2030, sarà vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare dei rifiuti urbani. Si fa eccezione – rispetto a tale generale divieto – per i rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale demandando ad un decreto del Ministro dell'ambiente il compito di indicare i criteri per la individuazione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale nonché eventualmente la specifica elencazione dei medesimi.
  Tale decreto dovrà essere emanato ai sensi dell'articolo 16-bis, introdotto dallo schema in esame, che fa riferimento tuttavia alla materia dell'adeguamento della normativa tecnica, prevedendo la possibile modifica degli Allegati introdotti dallo schema in esame, attraverso lo strumento del decreto ministeriale ed in base alla procedura delineata e non prevede che il medesimo strumento sia invece utilizzato in questo ambito.
  In base alla nuova previsione, le Regioni conformano la propria pianificazione, predisposta ai sensi dell'articolo 199 del Codice dell'ambiente, al fine di garantire il raggiungimento di tale obiettivo. Inoltre, si prevede che le Regioni modifichino altresì gli atti autorizzativi che consentono lo smaltimento in discarica dei rifiuti non ammessi, riferendosi quindi anche agli atti autorizzativi in essere, e non solo a quelli futuri.
  Il nuovo comma 4-ter, prevede che, entro il 2035, la quantità di rifiuti urbani collocati in discarica deve essere ridotta al 10 per cento o a una percentuale inferiore, del totale in peso dei rifiuti urbani prodotti. Le Regioni conformano, anche sotto tale profilo, la propria pianificazione al fine di garantire il raggiungimento di tale obiettivo.
  Lo schema in esame introduce un nuovo articolo 5-bis nel decreto n. 36, che definisce le regole per calcolare il conseguimento di tale ultimo obiettivo, In particolare, si indicano criteri di calcolo del peso e si prevede la tracciabilità dei rifiuti urbani. Si ricorda che il decreto-legge n. 135 del 2018 ha soppresso dal 1o gennaio 2019 il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) istituendo il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti,
  La norma in commento prevede che il controllo della qualità dei rifiuti urbani sia assicurato mediante il rispetto delle disposizioni Pag. 76di cui agli articoli da 7 a 7-octies e all'articolo 11 del decreto n. 36, come novellati dallo schema in esame, che riguardano i rifiuti ammessi in discarica e le relative verifiche.
  Il comma 3 del nuovo articolo dispone che sono contabilizzati anche i rifiuti urbani spediti all'estero ai fini del collocamento in discarica. Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell'ambiente un aspetto di particolare importanza; la definizione delle modalità e dei criteri generali per il raggiungimento degli obiettivi europei indicati dai commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 5 e gli eventuali obiettivi progressivi in termini di percentuali massime di rifiuti urbani conferibili in discarica. Tale rinvio ad una fonte subprimaria si affianca quindi sia alla possibilità che siano emanati atti di esecuzione da parte della Commissione europea (uno è già stato adottato nel 2019), sia alla previsione di decreti attuativi recata dallo stesso comma 4-bis dell'articolo 5.
  Le modifiche agli articoli 6 e 7 del decreto n. 36 riguardano i criteri sull'ammissibilità dei rifiuti in discarica, al fine di ridurne il conferimento in termini percentuali.
  La nuova formulazione dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 36 aggiorna la classificazione di talune sostanze non ammesse in discarica, vietando di conferire rifiuti: 1. derivanti dalla raccolta differenziata, destinati a riutilizzo e riciclaggio, individuati dalla tabella n. 1 dell'allegato 3, introdotto dallo schema di decreto; 2. che presentino determinate caratteristiche chimico-fisiche, individuati dalla tabella n. 2 del medesimo allegato 3. Si segnala che tale tabella reca l'elenco dei rifiuti non ammessi in discarica sulla base della Decisione 2000/532/CE e che l'allegato non ha un corrispettivo nel decreto legislativo n. 36 del 2003.
  La novella dell'articolo 7 modifica la disciplina concernente i rifiuti ammessi in discarica. Si ricorda che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento, salvo per le categorie di rifiuti per i quali non sia richiesto.
  A tal fine, la disposizione fa rinvio all'allegato 8 (che non ha un corrispettivo nel decreto legislativo n. 36 del 2003) il quale definisce i criteri tecnici da applicare per stabilire quando il trattamento non sia necessario ai fini del conferimento in discarica per i rifiuti da raccolta differenziata, le modalità e la frequenza della misurazione dell'Indice Respirometrico Dinamico Potenziale (IRDP) e delle analisi merceologiche sui rifiuti.
  Eventuali modifiche all'allegato medesimo non dovranno pregiudicare, specifica il testo proposto, il raggiungimento degli obiettivi posti dalla direttiva in recepimento. I metodi di campionamento ed analisi sono individuati dall'allegato 6. Tali attività sono svolte da persone ed istituzioni «indipendenti e qualificate», tramite laboratori accreditati. I relativi oneri sono a carico del gestore della discarica o del detentore dei rifiuti.
  Infine, si prevede che alle operazioni di smaltimento in discarica di rifiuti contenenti o contaminati da inquinati organici persistenti si applichi quanto previsto dal regolamento (UE) n. 2019/1021, relativo agli inquinanti organici persistenti (POP).
  Gli articoli da 7-bis a 7-octies, introdotti nel decreto legislativo n. 36 inseriscono talune disposizioni già recate dal decreto ministeriale 27 settembre 2010 recante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, che viene abrogato dall'Atto del Governo in esame (si veda il successivo articolo 2).
  La relazione allo schema evidenzia come la delega abbia previsto un complessivo riordino dei criteri di ammissibilità in discarica (lett. a) della delega); la relazione afferma poi che tali disposizioni inserite nel decreto legislativo, e mutuate dal decreto ministeriale vigente, vengono emendate in alcuni aspetti che avevano creato dubbi e problemi applicativi, sottolineando la finalità di apprestare un'unica fonte normativa per gli operatori.
  L'articolo 7-bis riproduce quindi le norme sulla caratterizzazione di base già contenute nell'articolo 2 del citato decreto ministeriale 27 settembre 2010, aggiornando Pag. 77i riferimenti normativi al nuovo Allegato 5 introdotto dallo schema in esame.
  L'articolo 7-ter riproduce l'articolo 3 del decreto ministeriale 27 settembre 2010 sulla ammissibilità dei rifiuti in discarica, aggiornando i riferimenti alle nuove disposizioni, e con il riferimento all'Allegato 6 introdotto dallo schema. In sintesi, disciplina la verifica di conformità dei rifiuti giudicati ammissibili in una determinata categoria di discarica, in base alla caratterizzazione prevista dall'articolo 7-bis.
  I nuovi articoli 7-quater, 7-quinquies e 7-sexies riformulano e aggiornano i criteri di ammissibilità nelle discariche già previsti dall'articolo 5 del decreto del 27 settembre 2010.
  Il nuovo articolo 7-quater interessa i rifiuti inerti consentendo che quelli elencati nelle tabelle 1 e 2 dell'Allegato 4 dello schema possano essere ammessi in una discarica per rifiuti inerti senza necessità di accertamenti analitici su di essi (vetro, cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, terra e rocce), mentre pone il divieto di conferire in discarica i rifiuti inerti contenenti PCB, diossine e furani, in concentrazioni superiori ai valori riportati nella tabella 3. In caso di dubbio sulla conformità dei rifiuti ai criteri specificati nella definizione di rifiuti inerti essi andranno sottoposti ad analisi o potranno anche essere direttamente respinti dal gestore della discarica. Inoltre, il comma 3 impone l'esclusione dalla discarica per rifiuti inerti se contengono altri materiali o sostanze quali metalli, amianto, plastica, sostanze chimiche (o sono contaminati da quei materiali e da quelle sostanze) in quantità tali da causare rischi ambientali o da richiedere il loro smaltimento in discariche predisposte per rifiuti di categoria diversa.
  Il nuovo articolo 7-quinquies, che riprende i contenuti dell'articolo 6 del decreto ministeriale citato, disciplina l'ammissione e lo smaltimento in discarica dei rifiuti non pericolosi, ponendo alcuni limiti e divieti al riguardo, e disciplinando ai commi 1 e 5 anche i rifiuti pericolosi ma stabili e non reattivi.
  Il comma 1 prevede l'ammissione in discarica di rifiuti non pericolosi urbani, nonché dei rifiuti pericolosi ma stabili e non reattivi Il comma 2 dell'articolo in oggetto consente di smaltire nelle discariche per rifiuti non pericolosi, senza caratterizzazione analitica, i rifiuti urbani classificati non pericolosi in sede di elenco europeo dei rifiuti, capitolo 20, riguardante i rifiuti urbani.
  Il comma 3 precisa che i rifiuti non pericolosi di cui al comma 2 e i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che sono ammessi in discarica saranno collocati in aree diverse fra loro.
  Il comma 4 dispone che, fatte salve talune deroghe, saranno smaltiti nelle discariche per i rifiuti non pericolosi quei rifiuti che rientrano nei limiti della tabella 5-bis dell'Allegato 4.
  Il comma 5 regola l'ammissione in discarica dei rifiuti pericolosi stabili non reattivi.
  Il comma 6 dell'articolo 7-quinquies vieta il conferimento, in discarica per rifiuti non pericolosi indicate, dei rifiuti aventi le caratteristiche individuate nella tabella 5-bis dell'Allegato 4, inerente i limiti di accettabilità dei rifiuti non pericolosi. Si segnala tuttavia che, nella tabella di corrispondenza dei testi allegata allo schema, la norma riportata è di segno contrario, in quanto permette, e non vieta, tale conferimento. Inoltre, l'attuale formulazione del comma 6 sembrerebbe in contrasto con il comma 4 del medesimo articolo,
   Il comma 7 prevede lo smaltimento nelle discariche per rifiuti non pericolosi dei rifiuti costituiti da: fibre minerali artificiali, materiali non pericolosi a base di gesso, materiali edili contenenti amianto.
  L'articolo 7-sexies riprende, con modifiche, la normativa attualmente recata dal decreto ministeriale del 2010 che attribuisce alle autorità territorialmente competenti la facoltà di autorizzare, anche per settori confinati, una serie di sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi di cui all'Allegato 7.
  Il comma 2 affida alle autorità territorialmente competenti l'individuazione Pag. 78dei criteri di ammissibilità, caso per caso, in base al tipo di sottocategoria. Si terrà conto delle caratteristiche dei rifiuti in questione, delle valutazioni di rischio connesso alle emissioni della discarica e dell'idoneità del sito. In base all'Allegato 7, di cui si introduce il riferimento, possono essere date deroghe soltanto per specifici parametri
  Il comma 3 rimanda all'Allegato 7 per il quadro delle informazioni relative ai rifiuti che devono essere incluse nella domanda di autorizzazione
  L'articolo 7-septies reca norme in materia di discariche per rifiuti pericolosi, attualmente disciplinata dall'articolo 8 del citato decreto ministeriale del 2010. Rispetto alla normativa vigente, la disposizione non elenca le fattispecie per lo smaltimento in discariche per rifiuti pericolose, bensì rinvia agli allegati introdotti dallo schema in esame (tabella 6-bis dell'Allegato 4).
  L'articolo 7-octies riprende la vigente normativa sui criteri di ammissibilità in depositi sotterranei recata dall'articolo 9 del citato decreto ministeriale del 2010, mutando i riferimenti ai relativi punti degli allegati di nuova introduzione
  In sintesi, la norma prevede che sono ammessi in depositi sotterranei i rifiuti inerti, i rifiuti non pericolosi e i rifiuti pericolosi, ad esclusione di quelli indicati al comma 3.
  La modifica dell'articolo 8 del D.Lgs. n. 36 del 2003 riguarda i dati e le informazioni contenuti nelle domande di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio delle discariche. In particolare, si specifica la modalità di indicazione della capacità totale della discarica, la descrizione del sito, i contenuti dell'indagine stratigrafica, l'indicazione dei metodi previsti per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, la descrizione delle caratteristiche costruttive e di funzionamento, gli accorgimenti progettuali atti a garantire la stabilità dei manufatti e del terreno di fondazione, il piano di sorveglianza e controllo (che deve essere redatto secondo i criteri del nuovo allegato 2), il piano economico e finanziario (anch'esso da formulare secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2).
  Lo schema in esame sostituisce l'articolo 11 sulle procedure di ammissione in discarica dei rifiuti, assorbendo anche i contenuti dell'articolo 4 del decreto ministeriale 27 dicembre 2010, che disciplina le verifiche in loco.
  In particolare, in base alla nuova formulazione si dispone l'obbligo di ispezione visiva di ogni carico, di verifica della relativa documentazione, la facoltà di verificare i rifiuti smaltiti nel luogo di produzione, il prelevamento dei campioni e i compiti del gestore di controllo della documenta riferita al tracciamento dei rifiuti.
  La modifica dell'articolo 12 riguarda la chiusura delle discariche, prevedendo che la procedura di chiusura può essere attuata solo dopo aver verificato la conformità della morfologia della discarica e tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettere c), e) e f-bis) che riguarda gli accorgimenti progettuali previsti per la stabilità in base alle norme tecniche vigenti.
  Lo schema modifica l'articolo 13 relativo alla gestione operativa e post-operativa, inserendo il comma 6-bis relativo alla verifica del mantenimento delle pendenze adeguate per consentire il deflusso superficiale delle acque meteoriche. Il suddetto comma stabilisce inoltre che l'effetto inquinante può definirsi esaurito se a seguito di quattro prelevamenti effettuati nell'arco di un anno solare si riscontra che i valori registrati rientrano nei limiti previsti allo scarico sul suolo di acque reflue (tabella 4 dell'allegato 5 alla parte III del decreto legislativo n. 152/2006).
  Lo schema in esame inserisce l'articolo 16-bis che disciplina l'adeguamento della normativa tecnica, stabilendo che la modifica degli allegati da 3 a 8 avviene ad opera di un decreto del Ministero dell'ambiente adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3 della legge n. 400/1988, previa richiesta di istruttoria tecnica all'ISPRA.
  Il nuovo articolo 16-ter reca la disciplina relativa alle deroghe, riprendendo Pag. 79l'articolo 10 del decreto ministeriale 27 settembre 2010 la cui previsione viene ad essere dunque inserita nel D.Lgs. n. 36. In particolare, si concede, ad alcune condizioni, la possibilità di superare i valori limite stabiliti per alcuni parametri specifici fissati agli articoli 7-quater, 7-quinquies, 7-septies e 7-octies. Il comma 4 dell'articolo 16-ter prevede poi che ogni tre anni il Ministero dell'ambiente, adempiendo agli obblighi di relazione, invia alla Commissione europea una relazione sulle autorizzazioni annuali concesse secondo le disposizioni del presente articolo.
  Nell'articolo 17 del D.Lgs. n. 36, viene inserito un nuovo comma 7-bis si interviene in materia di fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane. In base alla nuova disposizione, i limiti di cui alla tabella 5, nota lettera h), dell'Allegato 4 – introdotto dallo schema – si applicano, ai sensi dell'articolo 7-quinquies, comma 4, a partire dal 1o gennaio 2024.
  Si ricorda che in materia di acque reflue sono state avviate nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione per inadempienze nell'attuazione della direttiva 1991/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane. Le procedure riguardano l'assenza o non corretta funzionalità dei sistemi di raccolta e/o trattamento dei reflui (2017_2181) e la presenza di agglomerati urbani non conformi alle prescrizioni della direttiva con mancanza o insufficienza di informazioni relative agli impianti serventi aree sensibili e bacini drenanti di aree sensibili (2014_059).
  Si segnala come il tema dei fanghi fosse oggetto specifico di uno dei criteri della delega, che prevedeva alla lettera b) l'adozione di una nuova disciplina organica in tale materia. Al riguardo, lo schema in esame non appare contenere una rivisitazione organica, rispetto a tale principio di delega. La relazione illustrativa allo schema non reca peraltro, neanche nella parte generale, riferimento a tale lettera b) della legge delega. Anzi, la relazione esplicita che la modifica dell'articolo 17 «riguarda l'introduzione di un limite di ammissibilità in discarica per il codice EER 190805 che non è di recepimento della direttiva 2018/850/UE e, pertanto, non comporta la mancata entrata in vigore della direttiva nei tempi prescritti».
  L'articolo 2 dello schema in esame reca le abrogazioni e le disposizioni transitorie. In particolare, si abroga il decreto ministeriale 27 settembre 2010, prevedendo tuttavia – a fronte di tale abrogazione – che le disposizioni relative all'accettabilità in discariche per rifiuti non pericolosi per tipologie di fanghi continuino ad applicarsi fino al 1o gennaio 2024.
  Il comma 2 stabilisce che le disposizioni in materia di domande di autorizzazione, chiusura e gestione post-operativa delle discariche si applicano alle discariche di nuova realizzazione nonché alla realizzazione di nuovi lotti nell'ambito di discariche esistenti, a condizione che la domanda di autorizzazione sia stata presentata prima dell'entrata in vigore del decreto in esame. La relazione illustrativa afferma che le citate lettere non sono di stretto recepimento della direttiva, e pertanto «non si è ritenuto di introdurre l'obbligo di adeguamento alla nuova normativa per le discariche già autorizzate».
  L'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria della disposizione.
  Come detto, lo schema in esame reca otto allegati, i primi due sostitutivi degli attuali, mentre i nuovi allegati da 3 a 8 non trovano speculare corrispondenza nella normativa vigente né nella nuova direttiva 850 che presenta infatti un solo allegato aggiuntivo, che riguarda il piano di attuazione da presentare in caso di rinvio da parte di uno Stato membro dei termini per il conseguimento degli obiettivi.
  L'Allegato 1 reca i «Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica», e sostituisce integralmente l'Allegato 1 del decreto legislativo n. 36 del 2003. Il nuovo Allegato, mantenendo l'attuale divisione in tre parti rubricate rispettivamente «Impianti di discarica per rifiuti inerti», «Impianti per rifiuti non pericolosi e per rifiuti pericolosi» e «Caratteristiche degli impianti di deposito sotterraneo dei rifiuti», modifica alcuni paragrafi del testo vigente. Si segnala che si inserisce, tra le Pag. 80aree escluse per l'ubicazione degli impianti, quelle corrispondenti a faglie attive o interessate da attività vulcanica. Inoltre, si richiede la valutazione della presenza di «rilevanti beni storici, artistici, archeologici e paesaggistici.
  Ulteriori modifiche riguardano le caratteristiche dei depositi sotterranei (parte 3). Lo schema di decreto, tra l'altro, integra il punto n. 3.1.1 sui criteri generali per la protezione delle matrici ambientali, dettando specifici criteri per la valutazione dei rischi, prevedendo che a tali fini sia necessario individuare: il rischio (i rifiuti depositati); i ricettori (la biosfera e, se del caso, le acque sotterranee); le vie attraverso le quali le sostanze contenute nei rifiuti possono raggiungere la biosfera e la valutazione di impatto di tali sostanze.
  L'Allegato 2 reca i Piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa, di sorveglianza e controllo economico finanziario delle discariche. Tale allegato è integralmente sostitutivo dell'allegato 2 vigente. Nel nuovo testo si specifica che i Piani fissano le procedure finalizzate a prevenire non solo gli effetti negativi sull'ambiente (come nel testo vigente) ma anche «sul patrimonio culturale e il paesaggio e sulla salute umana». Sono conseguentemente proposte alcune modifiche in alcuni punti dell'Allegato, ad esempio specificando che il ripristino del sito investa gli aspetti ambientali e, secondo la modifica proposta, gli aspetti paesaggistici. Sono inoltre proposte alcune integrazioni riguardo alla natura dei dati da inviare all'autorità di controllo.
  L'allegato 3 reca la tabella n. 1 «Rifiuti urbani da raccolta differenziata» che non sono ammissibili in discarica, così come è proibito lo smaltimento in discarica di rifiuti che presentino determinate caratteristiche chimico-fisiche, individuati dalla tabella n. 2 del medesimo allegato 3.
  L'Allegato 4 riporta una serie di tabelle che riguardano valori e limiti, ai fini del loro smaltimento in discarica, per i rifiuti inerti, rifiuti non pericolosi, rifiuti pericolosi.
  L'allegato 5, introdotto dallo schema in esame e richiamato dall'articolo 7-bis di nuova introduzione, reca le disposizioni relative alle caratterizzazioni di base, indicando i relativi requisiti fondamentali.
  I metodi di campionamento ed analisi sono individuati dall'allegato 6. In sintesi, l'allegato 6 è strutturato in tre paragrafi, dedicati rispettivamente a: metodo di campionamento e analisi dei rifiuti urbani biodegradabili; analisi degli eluati e dei rifiuti; campionamento ed analisi dei rifiuti contenenti amianto.
  L'Allegato 7 è dedicato alle informazioni relative ai rifiuti che vanno incluse nella domanda di autorizzazione per le sottocategorie di discariche di rifiuti non pericolosi.
  Infine, l'allegato 8 (che non ha un corrispettivo nel decreto legislativo n. 36 del 2003) definisce i criteri tecnici da applicare per stabilire quando il trattamento non sia necessario ai fini del conferimento in discarica per i rifiuti da raccolta differenziata, le modalità e la frequenza della misurazione dell'indice IRDP e delle analisi merceologiche sui rifiuti.
  Giudica, in conclusione, utile lo svolgimento di un breve ciclo conoscitivo, volto ad approfondire il merito del provvedimento.

  Erica MAZZETTI (FI) fa presente che sul tema dei rifiuti, delle discariche e dell'economia circolare da tempo la Commissione è impegnata con attività conoscitive e referenti, che tuttavia non hanno ancora risolto, al pari del provvedimento in esame nel quale il tema non è presente, la problematica chiave nel settore, ovvero l'impiantistica. È noto che non si può procedere al 100 per cento del riciclaggio. Pertanto occorre realizzare impianti che consentano l'effettivo recupero, anche a fini energetici, del materiale di risulta anche in quei settori, quali il tessile o l'edile, caratterizzati da un maggior tasso di riciclabilità.
  Anche con riguardo ai fanghi, la cui riciclabilità è resa più difficile dall'alto tasso di umidità in essi contenuta, fa Pag. 81presente che recenti innovazioni tecnologiche negli impianti di trattamento ne consentono l'essiccazione ai fini della successiva produzione di energia per combustione.
  Osserva che il tema degli impianti – e della loro dislocazione nelle aree centro-meridionali e nelle isole – si rende ancora più urgente in relazione al particolare periodo che il Paese sta attraversando a causa dell'emergenza Covid, essendosi aggravate le difficoltà di trasporto dei rifiuti dal Sud al Nord del Paese.
  Essendo prossimo un provvedimento governativo urgente volto alla semplificazione delle procedure, auspica che in esso possa essere considerato il problema delle autorizzazioni per gli impianti.

  Alessio BUTTI (FDI), nel concordare con la collega Mazzetti con riguardo al tema degli impianti, la cui assenza nel provvedimento in esame sorprende, sottolinea la difficoltà nella interpretazione del provvedimento manifestata anche dal mondo imprenditoriale tessile di Lariano, nel territorio di sua provenienza, con cui ha avuto una proficua interlocuzione.
  Rileva con stupore che l'articolo 2 è interamente dedicato alle disposizioni transitorie e alle abrogazioni conseguenti all'approvazione del provvedimento.
  Evidenzia, inoltre, il carattere anacronistico delle disposizioni in esame, nonché la singolarità della tecnica legislativa, essendo assorbito il contenuto di un decreto ministeriale del 2010, sui criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica nonché le linee-guida emanate dall'ISPRA nel 2016.
  Condividendo pienamente l'obiettivo della riduzione del conferimento dei rifiuti in discarica, per i quali non sono certamente da prendere a riferimento realtà come quella della capitale e della regione Lazio, ritiene opportuno un approfondimento dei contenuti del provvedimento, essendo necessario alla Commissione disporre di tempi di esame ampi ed adeguati.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
Atto n. 169.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto in titolo.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, avverte che il termine di espressione del parere per la Commissione è scaduto lo scorso 14 aprile e che è stata quindi avanzata la richiesta al Governo di attendere oltre tale termine la pronuncia della Commissione. Il rappresentante del Governo nella seduta dello scorso 23 aprile ha manifestato la disponibilità del Governo ad attendere l'espressione del parere parlamentare fino alla fine del mese di maggio.
  Avverte che lo schema è altresì stato assegnato con riserva, non essendo corredato dal parere della Conferenza unificata e, in relazione alle disposizioni di attuazione del criterio direttivo di cui all'articolo 16, comma 1, lettera m), della legge di delega (n. 117 del 2019), dell'intesa della Conferenza medesima.

  Chiara BRAGA (PD), relatrice, fa presente, come già evidenziato, che il termine per l'espressione del parere è scaduto lo scorso 14 aprile, anche se l'assegnazione alla Commissione è avvenuta con riserva, non essendo il documento corredato del parere della Conferenza unificata, né della prescritta intesa su alcuni contenuti del testo. È invece fissato al 5 luglio 2020 il termine per il recepimento della direttiva 2018/851 e della direttiva 2018/852.
  Quanto invece al termine di esercizio della delega conferita dalla legge di delegazione europea per il 2018 (legge n. 117 del 2019), esso risulterebbe scaduto lo Pag. 82scorso 5 marzo ma, per effetto dello «scorrimento» di ulteriori tre mesi che si produce se lo schema di decreto è sottoposto all'esame parlamentare a ridosso della scadenza del termine, esso verrebbe, a normativa ora vigente, a scadere il prossimo 5 giugno 2020. Peraltro, nella legge di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata introdotta una ulteriore proroga di tre mesi per l'esercizio della deleghe di prossima scadenza.
  La direttiva fa parte di un pacchetto di misure sull'economia circolare proposto dalla Commissione europea nel dicembre 2015 e approvato in via definitiva il 22 maggio 2018, che modifica sei direttive in materia di rifiuti e discariche: la direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) e le direttive «speciali» in materia di rifiuti di imballaggio (1994/62/CE), discariche (1999/31/CE), rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE (2012/19/UE), veicoli fuori uso (2000/53/CE) e rifiuti di pile e accumulatori (2006/66/CE).
  Prima di esaminare il testo del provvedimento, appare utile ricordare che la norma di delega individua specifici criteri e principi direttivi per l'attuazione della direttiva in vigore dal 4 luglio 2018. L'articolo 16 della citata legge n. 117 elenca una serie di principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega.
  Essi riguardano: a) la riforma del sistema di responsabilità estesa del produttore; b) la modifica ed estensione del sistema di tracciabilità informatica dei rifiuti; c) la riforma del sistema delle definizioni e delle classificazioni, di cui agli articoli 183, 184 e 218 del codice ambientale e la modifica della disciplina dell'assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani in modo tale da garantire uniformità sul piano nazionale; d) la disciplina del sistema tariffario al fine di incoraggiare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti e di garantire il perseguimento degli obiettivi previsti; e) la riforma della disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto; f) la predisposizione di appositi strumenti e misure per promuovere il mercato di prodotti e materiali riciclati e lo scambio di beni riutilizzabili; g) la previsione dell'obbligo di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2020 dei rifiuti organici su tutto il territorio nazionale, nonché misure atte a favorire la qualità della raccolta e della gestione; h) la previsione che i rifiuti aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità siano raccolti insieme ai rifiuti organici; i) la riforma della disciplina della prevenzione della formazione dei rifiuti; l) il riordino dell'elenco dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo; m) la razionalizzazione complessiva del sistema delle funzioni dello Stato e degli enti territoriali; n) la disciplina della raccolta di particolari tipologie di rifiuti, come, a titolo esemplificativo, i rifiuti di costruzione e di demolizione.
  Lo schema in esame provvede quindi a modificare e integrare la disciplina nazionale vigente recata dalla parte IV del Codice dell'ambiente.
  La prima modifica riguarda l'articolo 177 (articolo 1, comma 1, dello schema) che riguarda il campo di applicazione e le finalità della parte quarta del Codice; in particolare, con le modifiche introdotte, si richiama la direttiva 2018/851, e si inserisce tra gli obiettivi previsti anche quello di evitare la produzione dei rifiuti, sottolineando quanto tali previsioni costituiscano elementi fondamentali per il passaggio ad un'economia circolare in UE.
  I commi 2 e 3 dell'articolo 1 intervengono sulla responsabilità estesa del produttore e i suoi requisiti minimi, novellando rispettivamente, l'articolo 178-bis ed introducendo l'articolo 178-ter. Tale argomento, come vedremo in seguito, è anche oggetto dell'articolo 5 dello schema in esame.
  La riscrittura dell'articolo 178-bis mette in evidenza la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti oltre che l'attività di prevenzione. Rispetto al testo vigente, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono istituiti obbligatoriamente, anche su istanza di parte, attraverso decreti ministeriali (di cui non è indicata una data di emanazione), che individuano i singoli regimi e contengono Pag. 83misure che tengano conto dell'impatto dell'intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo.
  Si stabilisce, inoltre, che i regimi di responsabilità estesa del produttore, introdotti, come anticipato, attraverso l'emanazione di decreti ministeriali debbano rispettare i requisiti minimi generali individuati nel successivo articolo 178-ter.
  Oltre a ribadire quanto già previsto sull'adozione di misure volte a prevenire la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, si sottolinea la potenzialità del riciclaggio multiplo dei prodotti. Sono quindi dettati alcuni elementi e criteri che i suddetti decreti ministeriali devono declinare, quali, ad esempio la fattibilità tecnica e la praticabilità economica, le eventuali modalità di riutilizzo dei prodotti e le informazioni al pubblico, nonché specifici obblighi per gli aderenti al sistema.
  L'articolo 178-ter, introdotto dal comma 3 dell'articolo in esame, definisce i contenuti minimi che devono avere i regimi di responsabilità estesa del produttore, con riguardo alla definizione chiara di ruoli e responsabilità di tutti gli attori coinvolti, agli obiettivi quantitativi di gestione dei rifiuti fissati dalle direttive europee, nonché al sistema di comunicazione delle informazioni e dei dati su prodotti immessi sul mercato e raccolta e sul trattamento di rifiuti.
  Merita segnalare inoltre che i regimi di responsabilità estesa dovranno assicurare una copertura geografica della rete di raccolta dei rifiuti corrispondente alla distribuzione dei prodotti.
  La norma in commento tratta altresì degli oneri gestionali, prevedendo che i contributi versati dai produttori, dovranno coprire i costi della raccolta differenziata di rifiuti, del loro trasporto, del trattamento per raggiungere gli obiettivi dell'Unione di informazione ai detentori e di raccolta e comunicazione dei dati.
  Il Ministero dell'ambiente può autorizzare deroghe alla suddetta ripartizione dei costi purché, nel caso di regimi istituiti da direttive europee (imballaggi, RAEE, pile, veicoli fuori uso) e per i regimi istituiti dopo il 4 luglio 2018 (in Italia, pneumatici fuori uso, polietilene, oli minerali esausti, grassi e oli vegetali e animali) i produttori sostengano almeno l'80 per cento dei costi ovvero, nel caso di regimi istituiti prima del 4 luglio 2018 i produttori dei prodotti sostengono almeno il 50 per cento dei costi necessari.
  I rimanenti costi sono sostenuti dai produttori originali di rifiuti o dai distributori. La deroga non deve essere utilizzata per ridurre la quota dei costi sostenuti dai produttori di prodotti nell'ambito di regimi istituiti prima del 4 luglio 2018 (entrata in vigore della direttiva 851/2018).
  Per tutti i regimi di responsabilità estesa del produttore vale la regola che i contributi nel caso di adempimento collettivo degli obblighi siano modulati, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, e che i contributi non devono superare i costi che sono necessari per fornire servizi di gestione dei rifiuti in modo efficiente in termini di costi.
  I commi 4, 5, 6 e 7 del nuovo articolo 178-ter disciplinano le funzioni di vigilanza e controllo, nonché il Registro nazionale dei produttori. La funzione di vigilanza e controllo è posta a carico del Ministero dell'ambiente, secondo specifiche definite con proprio decreto. Per lo svolgimento di tale funzione viene istituito, presso il Ministero dell'ambiente, il Registro nazionale dei produttori a cui si iscrivono i soggetti sottoposti ad un regime di responsabilità estesa del produttore, secondo le modalità definite con il medesimo decreto del Ministero dell'ambiente (di cui non è previsto un termine di emanazione).
  I soggetti interessati entro il 31 ottobre di ogni anno, dovranno trasmettere il bilancio in caso di sistemi collettivi e il rendiconto dell'attività di gestione in caso di sistemi individuali, una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno successivo e l'entità del contributo ambientale per l'anno successivo.Pag. 84
  Come detto, in materia di regimi di responsabilità estesa del produttore interviene anche l'articolo 5 dello schema in esame, secondo cui i soggetti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo si conformano alle relative disposizioni entro il 5 gennaio 2023, comunicandolo al Ministero dell'ambiente entro il 1 giugno 2022. Il Ministero dell'ambiente, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione, può indicare le modifiche allo Statuto da apportare nei trenta giorni successivi alla comunicazione del Ministero. In caso di difetto di adeguamento alle modifiche indicate ovvero se non ritenute adeguate, il Ministero dell'ambiente interviene d'ufficio.
  Lo schema in esame apporta una puntuale modifica al comma 3 dell'articolo 179, che disciplina la gestione dei rifiuti nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento.
  Il comma 3 dell'articolo 179 consente di discostarsi, in particolare condizioni da tale gerarchia. Con le modifiche introdotte si chiarisce che tale deroga deve essere autorizzata da parte dell'Autorità competente al rilascio delle autorizzazioni allo smaltimento o al recupero dei rifiuti ovvero dell'Autorità destinataria delle comunicazioni di recupero dei rifiuti.
  Si fa presente che l'articolo 6, comma 1, lettera a), dello schema in esame abroga, tra l'altro, i commi da 5 a 8 dell'articolo 179, in cui sono elencate le iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti, in quanto ora descritte dal nuovo allegato L-ter alla parte IV del Codice, che riproduce fedelmente l'allegato IV-bis della direttiva 2018/851. In particolare, tale allegato contiene un elenco di esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti.
  Il comma 5 dell'articolo 1 provvede alla riscrittura dell'articolo 180, che prevede anche l'adozione di un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, da parte del Ministero dell'ambiente, che fissa idonei indicatori e obiettivi qualitativi e/o quantitativi per la valutazione dell'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti in esso stabilite.
  A tale fine l'articolo 180, come modificato dalla norma in esame, elenca una serie di contenuti e interventi che devono essere contemplati nel Programma e che, in estrema sintesi, riguardano i modelli di produzione e consumo sostenibili, i materiali da utilizzare, il riutilizzo di prodotti, la disponibilità di pezzi di ricambio, la riduzione dei rifiuti in ambito industriale, manifatturiero e alimentare (quest'ultimo settore oggetto di una specifica sezione del documento denominata «Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari»).
  È quindi previsto che, a decorrere dal 5 gennaio 2021, qualsiasi fornitore di un articolo contenente sostanze e miscele pericolose, individuate in base a determinati criteri e identificate secondo specifici processi deve fornire le informazioni all'Agenzia europea per le sostanze chimiche.
  Al Ministero dell'ambiente sono quindi affidate le funzioni di controllo e valutazione delle misure di prevenzione.
  Il comma 6 dell'articolo 1 riscrive l'articolo 181, introducendo parte di quanto già previsto dall'articolo 180-bis sul riutilizzo di prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, che, conseguentemente, viene abrogato
  L'articolo 181, ribadendo l'obbligo di adottare misure per la promozione della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio e altre operazioni di recupero, specifica i soggetti deputati alla adozione di tali misure: ministeri, regioni, enti di governo d'ambito territoriale ottimale, o, laddove queste non siano state costituite, i comuni e, per i rifiuti di rispettiva competenza, i regimi di responsabilità estesa del produttore.
  In particolare, si ribadisce quanto previsto dall'articolo 180-bis, in merito allo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, e si introduce l'accesso Pag. 85di tali operatori ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta. Ove necessario per facilitare o migliorare il recupero, è obbligatorio adottare le misure necessarie, prima o durante il recupero, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista del loro trattamento.
  Oltre a ribadire gli obiettivi da conseguire entro il 2020 di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani, per almeno il 50 per cento in termini di peso (carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici), e di almeno il 70 per cento in termini di peso, per i rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, salvo eccezioni, sono previsti i seguenti ulteriori obiettivi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani: 55 per cento in peso al 2025; 60 per cento in peso al 2030; 65 per cento in peso al 2035.
  Il comma 7 dell'articolo 1 sostituisce l'articolo 182-ter sulla disciplina dei rifiuti organici, al fine di introdurre l'obbligo, entro il 31 dicembre 2023, di differenziare e riciclare i rifiuti organici alla fonte, a titolo esemplificativo mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti.
  In particolare, viene incentivata la promozione delle attività di compostaggio sul luogo di produzione e si prevede che le regioni e le province autonome promuovano la produzione e l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti.
  Il comma 8 dell'articolo 1 modifica l'articolo 183, introducendo le definizioni di «rifiuto non pericoloso», «rifiuto urbano», «rifiuto da costruzione e demolizione» «rifiuti alimentari» (lettera d-bis). Al riguardo, merita una segnalazione particolare la definizione di «rifiuto urbano» che comprende i rifiuti prodotti in ambito domestico e quelli da altre fonti che sono simili per «natura e composizione» ai rifiuti domestici. Rispetto a quanto già previsto (all'articolo 184) si introducono in tale definizione i rifiuti derivanti dalla pulizia dei mercati e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti.
  In tale ambito, sono anche inclusi – sebbene non richiamati, espressamente, dalle norme europee – i rifiuti derivanti dalla pulizia di strade, spiagge marittime e lacuali e rive dei corsi d'acqua, i rifiuti risultanti dalla manutenzione del verde pubblico e dalla pulizia dei mercati, nonché quelli provenienti da aree cimiteriali. Non vi rientrano invece i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso, i rifiuti da costruzione e demolizione.
  Tale disposizioni non sembra però allineata con quanto prevede l'attuale lettera f) dell'articolo 185, che esclude dal campo di applicazione della parte quarta del Codice gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, nonché gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa. Su tale ultima disposizione risulta aperta una procedura di precontenzioso a livello europeo (caso EU-pilot 9180/17/ENVI) che ha determinato una riscrittura della norma (con l'articolo 20 della legge 3 maggio 2019, n. 37), che tuttavia conferma l'esclusione di sfalci e potature.
  Altre nuove definizioni introdotte riguardano il «recupero di materia», il «riempimento» (lettera u-bis), il «regime di responsabilità estesa del produttore»
  Sono, inoltre, modificate le già esistenti definizioni di «rifiuto organico, di «gestione dei rifiuti», in cui si comprende ora anche la cernita, oltre alla raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti, di «deposito temporaneo prima della raccolta», «compost di qualità» e di «digestato di qualità».
  Le modifiche all'articolo 184 del Codice, in base al quale i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche Pag. 86di pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi conseguono all'introduzione nell'articolo precedente, dell'elenco dei rifiuti urbani,
  Con riguardo all'elenco dei rifiuti speciali vengono inclusi i rifiuti prodotti dalla silvicoltura e della pesca. Sono invece esclusi i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti e i rifiuti derivanti da attività sanitarie e si specifica che sono inclusi i rifiuti da lavorazioni industriali, i rifiuti da lavorazioni artigianali, i rifiuti da attività commerciali e i rifiuti da attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b), richiamo normativo che peraltro risulta impreciso.
  Un'ulteriore novella dell'articolo in commento riguarda il comma 5 ed è volta a specificare che la corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell'ambiente.
  Si individua, altresì, nel Ministero dell'ambiente il soggetto competente ad inviare, immediatamente, alla Commissione europea le notifiche previste ed a fornire alla stessa Commissione tutte le informazioni pertinenti.
  L'articolo 1, comma 10, modifica l'articolo 184-bis, che disciplina la qualifica di sottoprodotto per introdurre l'obbligo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana agevolando, altresì, l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale, nonché l'obbligo di adottare misure per stabilire i criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare, affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti.
  Lo schema in esame interviene anche sull'articolo 184-ter, che disciplina i criteri e le condizioni affinché un rifiuto cessi di essere tale (end of waste). Si ricorda che su tale argomento, vi sono stati diversi recenti novità legislative e decreti ministeriali di definizione dei criteri di end of waste «caso per caso» riferiti ai combustibili solidi secondari (CSS), al conglomerato bituminoso, ai prodotti assorbenti per la persona (PAP) e ai pneumatici fuori uso (PFU).
  Questa Commissione, al fine di approfondire gli effetti dei recenti interventi legislativi e la necessità di una riforma di sistema, ha svolto una esaustiva indagine conoscitiva che è coincisa con la riscrittura della normativa ad opera dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 101 del 2019, il quale ha altresì previsto l'istituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente. Si segnala altresì che con la delibera 6 febbraio 2020, n. 67 sono state emanate, dal Sistema nazionale di protezione ambientale (SNPA), linee guida per l'applicazione della nuova disciplina end of waste.
  Con riguardo allo schema in esame, in primo luogo, si è inteso sopprimere, al comma 1, la previsione secondo cui l'attività di preparazione per il riutilizzo possa essere ricompresa tra le attività di recupero funzionali all'effettuazione di un processo di cessazione della qualifica di rifiuto. Ciò in quanto secondo la direttiva europea tale attività prevede che il rifiuto sia sottoposto ad un'operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo.
  L'intervento più incisivo riguarda comunque l'introduzione del comma 5-bis, sulla responsabilità della persona fisica o giuridica che usa o immette sul mercato un «materiale EoW», che deve garantire che il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati.
  Il nuovo comma 5-bis prevede, altresì, il rispetto delle altre condizioni già previste dalla normativa vigente, ovvero che: a) la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; Pag. 87d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
  L'articolo 185 del Codice – che elenca le fattispecie che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del Codice, volta a disciplinare la gestione dei rifiuti – viene integrato con la lettera d-bis) che esclude le sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi, e che non sono costituite da, né contengono sottoprodotti di origine animale.
  L'articolo 1, comma 13, introduce l'articolo 185-bis volto a disciplinare il deposito temporaneo prima della raccolta, riproducendo in sostanza le condizioni previste nella definizione introdotta all'articolo 183. Si stabiliscono le condizioni per il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto e per il loro deposito temporaneo prima della raccolta, indicandone il luogo, le modalità, le quantità massime e i limiti di tempo.
  Il deposito temporaneo prima della raccolta non necessita più della emanazione di un decreto ministeriale, per l'individuazione di alcune categorie di rifiuto e le relative modalità di gestione del deposito temporaneo.
  Il comma 14 dell'articolo 1 provvede alla riscrittura dell'articolo 188-bis del Codice, ove è contenuta la disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), che è stato soppresso (a decorrere dal 1o gennaio 2019) e sarà quindi sostituito con il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI). Nelle more dell'applicazione del nuovo sistema trovano adesso applicazione dei meccanismi di tracciabilità tradizionali.
  La riscrittura operata dal comma in esame è quindi finalizzata a riportare all'interno del Codice la disciplina relativa alla tracciabilità dei rifiuti, adesso contenuta nell'articolo 6 del decreto-legge 135/2018. Tuttavia tale operazione non è completa, in quanto del citato articolo resta in vigore la norma istitutiva del RENTRI, gestito dal Ministero dell'ambiente, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti che effettuano il trattamento dei rifiuti, i produttori di rifiuti pericolosi e coloro che li trattano a vario titolo, i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i comuni o loro consorzi e le comunità montane.
  L'articolo 188-bis dispone quindi che il RENTRI sia collocato presso la competente struttura organizzativa del Ministero dell'ambiente e sia articolato in due sezioni – Anagrafica e Tracciabilità. Demanda quindi a decreti del Ministro dell'ambiente – senza indicare un termine per l'emanazione – la disciplina delle modalità per l'effettuazione degli adempimenti relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico, nonché del formulario identificativo di trasporto dei rifiuti.
  Il comma 2 dispone che anche le procedure e le modalità di applicazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti alle corrispondenti amministrazioni centrali sono individuate con apposito decreto ministeriale.
  Il comma 4 specifica che i decreti attuativi dovranno consentire l'interoperabilità dei dati con i sistemi gestionali delle imprese, favorendone la semplificazione amministrativa, garantendo un periodo preliminare di sperimentazione e la sostenibilità dei costi a carico degli aderenti al sistema. Ne indica quindi dettagliatamente i contenuti che dovranno assumere.
  Il comma 5 prevede che gli adempimenti relativi al registro di carico e scarico e al formulario (disciplinati dagli articoli 190 e 193 del Codice): sono effettuati in modalità digitale da parte dei soggetti aderenti al RENTRI.
  Quanto alla copertura degli oneri connessi al funzionamento del RENTRI, essa non viene disciplinata dal nuovo testo dell'articolo 188-bis del Codice, ma continua ad essere regolata dal comma 3-quater dell'articolo 6 del citato decreto-legge n. 135. Tale comma prevede che l'iscrizione al RENTRI comporta il versamento di un diritto di segreteria e di un contributo annuale, (senza che però venga riproposta Pag. 88la norma, ora abrogata, che demandava la determinazione degli importi al decreto attuativo).
  Anche le disposizioni sanzionatorie per violazioni degli obblighi previsti dalla disciplina del RENTRI, attualmente recate dal citato comma 3-quinquies dell'articolo 6 sono ricollocate all'interno del Codice, e segnatamente nel nuovo comma 5-quinquies dell'articolo 258.
  Il comma 15 dell'articolo 1 modifica l'articolo 190 relativamente alle indicazioni che devono essere riportate nel registro di carico e scarico.
  In realtà la riscrittura del comma 1 in questione non si limita a introdurre le disposizioni menzionate dalla relazione illustrativa, ma interviene anche sul novero dei soggetti obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico, al fine di rendere la disposizione nazionale maggiormente aderente alla norma unionale, escludendo dall'obbligo di tenuta dei registri chi trasporta rifiuti non pericolosi, nonché enti e imprese che raccolgono rifiuti pericolosi a titolo professionale, fattispecie per la quale andrebbe invece verificata la compatibilità con la direttiva.
  Il comma 1 dell'articolo 2 inserisce, nel testo del Codice, il nuovo articolo 198-bis che prevede il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (PNGR).
  La norma in commento ne disciplina i contenuti e le procedure di approvazione e aggiornamento. Relativamente alle procedure per l'approvazione del PNGR, il comma 1 dispone che lo stesso è predisposto dal Ministero dell'ambiente, con il supporto di ISPRA, sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS e quindi approvato, sentita la Conferenza Stato-Regioni, con decreto del Ministro dell'ambiente.
  Il comma 5 del medesimo articolo 198-bis prevede che, in sede di prima applicazione, il PNGR è approvato entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione e che sia aggiornato almeno ogni 6 anni.
  Quanto ai contenuti, il comma 2 dispone che il PNGR definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti (PRGR) disciplinati dall'articolo 199 del Codice.
  Il comma 3 definisce il contenuto minimo del PNGR, stabilendo che il programma contiene almeno: a) i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità e fonte; b) la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione; c) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi stessi; d) l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di distretti interregionali, definiti tramite accordi tra Regioni ai sensi dell'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità; e) la descrizione del grado di soddisfacimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'UE in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi; f) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale; g) la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economia circolare; h) il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni sulla base dell'istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia Autonoma. Pag. 89
  I concetti espressi dalle lettere d) ed f), ripropongono la programmazione dei fabbisogni prevista nel corso della scorsa legislatura dall'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 (c.d. decreto sblocca Italia), cui è stata data attuazione con il D.P.C.M. 10 agosto 2016 e con il D.P.C.M. 7 marzo 2016.
  Tale disposizione è stata oggetto di contenzioso (oltre che a livello nazionale) anche dinanzi la Corte di giustizia dell'Unione europea che ha sostanzialmente affermato come una normativa come quella recata dal D.P.C.M. 10 agosto 2016, che ha individuato il fabbisogno di nuovi impianti di incenerimento, debba essere soggetta ad una valutazione ambientale strategica (VAS) preventiva. Si può evidenziare che infatti il comma 1 dell'articolo 198-bis prevede che il PNGR sia sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS.
  Con riferimento alla lettera h), si fa notare che tale disposizione sembra finalizzata a superare le difficoltà che negli ultimi anni si sono verificate nella gestione delle macerie, in particolar modo nei territori dell'Italia centrale colpiti dagli eventi sismici verificatisi a decorrere dal 24 agosto 2016.
  Il comma 4 individua il contenuto facoltativo del PNGR, prevedendo che il programma possa altresì contenere: a) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti; b) la definizione di meccanismi vincolanti di solidarietà tra Regioni finalizzata alla gestione di eventuali emergenze.
  Il comma 2 dell'articolo 2 modifica in più punti la disciplina della pianificazione regionale in materia di rifiuti contenuta nell'articolo 199 del Codice, PRGR. Rinvio alla documentazione degli uffici la descrizione analitica delle modifiche alla disciplina attuale.
  Il comma 3 dell'articolo 2 integra la disciplina relativa alle misure per incrementare la raccolta differenziata, contenuta nell'articolo 205 del Codice, mediante l'aggiunta di quattro nuovi commi.
  Il nuovo comma 6-bis dispone il divieto di miscelazione dei rifiuti raccolti in modo differenziato. Il comma 6-ter prevede che la deroga al citato divieto sia possibile nel caso di raccolta congiunta di più materiali, purché ciò sia economicamente sostenibile e non pregiudichi la possibilità che siano preparati per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero e offra, al termine di tali operazioni.
  Il comma 6-quater prevede l'effettuazione della raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica, vetro, e, ove possibile per il legno, nonché per i tessili entro il 1o gennaio 2022, nonché per i rifiuti organici, imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili.
  Il comma 6-quinquies prevede che il Ministero dell'ambiente promuove la demolizione selettiva di quanto residua dalle attività di costruzione e demolizione tramite la rimozione selettiva dei materiali e l'istituzione di sistemi di selezione dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno, frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso.
  Il comma 4 dell'articolo 2 introduce, nel testo del Codice, l'articolo 205-bis relativo alle regole per il calcolo degli obiettivi previsti dall'articolo 18 anche le attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti.
  L'articolo 3 apporta una serie di modifiche alla disciplina degli imballaggi contenuta nel titolo II della parte IV del Codice dell'ambiente. Ricordo che tale argomento è stato anch'esso oggetto di un'approfondita indagine conoscitiva svolta da questa Commissione.
  Il comma 4 dell'articolo 3 reca una serie di modifiche all'articolo 219 del Codice che disciplina i criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio. Evidenzio, al riguardo che il nuovo comma 5-bis prevede che il Ministro dell'ambiente può stabilire un livello rettificato degli obiettivi di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio per un determinato anno.Pag. 90
  Il comma 5 dell'articolo 3 riscrive l'articolo 219-bis del Codice al fine di modificare ed estendere l'attuale disciplina relativa al sistema sperimentale di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare in esso prevista. Il testo vigente dell'articolo 219-bis ha introdotto, in via sperimentale e su base volontaria del singolo esercente, per la durata di dodici mesi, il sistema del vuoto a rendere su cauzione per taluni imballaggi e in particolari contesti. La disciplina è recata dal decreto ministeriale 3 luglio 2017, n. 142.
  Il nuovo testo dispone che gli operatori economici adottano misure volte ad assicurare l'aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l'utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi. La nuova disciplina si differenzia quindi dal testo vigente perché non riguarda solo gli imballaggi ad uso alimentare ma tutte le tipologie di imballaggio e non si pone più come disciplina sperimentale. Inoltre essa prevede la possibilità, per gli operatori economici, di stipulare appositi accordi e contratti di programma.
  Viene inoltre demandata ad un decreto ministeriale l'adozione di misure atte ad incentivare forme di riutilizzo attraverso, tra l'altro: la fissazione di obiettivi qualitativi e/o quantitativi; l'impiego di premialità e di incentivi economici; la fissazione di una percentuale minima di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato ogni anno per ciascun flusso di imballaggi.
  Il comma 6 dell'articolo in esame sostituisce il comma 6 dell'articolo 220 del Codice, che disciplina l'adozione e l'aggiornamento degli obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, con una serie di disposizioni che recepiscono fedelmente le regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi dettate dal nuovo articolo 6-bis della direttiva imballaggi.
  Il comma 7 dell'articolo 3 riscrive i primi quattro commi dell'articolo 222 del Codice, che disciplinano la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio e i relativi obblighi della pubblica amministrazione.
  Il comma 1 subisce alcune modifiche che tuttavia non alterano l'impianto della norma. Con una prima modifica viene precisato che l'organizzazione di sistemi adeguati di raccolta differenziata spetta agli enti di governo dell'ATO, ove costituiti ed operanti, ovvero ai Comuni, e non, come prevede genericamente il testo vigente, alla pubblica amministrazione.
  Vengono inoltre precisati ed ampliati gli obiettivi a cui deve tendere l'organizzazione dei sistemi citati. Mentre il testo vigente si limita a disporre che tali sistemi devono permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio, il nuovo testo dispone che devono consentire allo stesso consumatore di conferire al servizio pubblico anche le altre particolari categorie di rifiuti selezionati dai rifiuti domestici. Un'ulteriore integrazione è volta a disporre che i sistemi in questione devono anche permettere il raggiungimento dei nuovi obiettivi di recupero e di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (riportati nell'allegato E).
  La parte della disposizione recata dalla vigente lettera b) ove si dispone che la raccolta differenziata deve avvenire secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio è stata ricollocata nel nuovo comma 2.
  Il nuovo testo della lettera b) prevede che, oltre a garantire la gestione della raccolta differenziata, venga garantito anche il trasporto nonché le operazioni di cernita o altre operazioni preliminari. Viene altresì previsto che il coordinamento con la gestione di altri rifiuti riguardi i rifiuti prodotti all'interno dell'ente di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero i Comuni.
  Il nuovo testo del comma 2, oltre a confermare i criteri di efficacia, efficienza ed economicità (già previsti dal testo vigente della lettera b) del comma 1 e ricollocati ora nel comma in esame), introduce anche il criterio dell'effettiva riciclabilità Pag. 91e precisa che la gestione deve avvenire sulla base delle determinazioni in merito ai costi efficienti dell'ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente). Lo stesso comma introduce una disposizione secondo cui i costi necessari per fornire i servizi di gestione di rifiuti sono a carico di produttori e utilizzatori nella misura almeno dell'80 per cento; e prevede che tali somme (di cui viene dettata la disciplina contabile) sono versate nei bilanci dei Comuni.
  Il nuovo testo dei commi 3 e 4 prevede che gli enti di governo degli ATO, ove costituiti e operanti, ovvero i Comuni: trasmettono annualmente alla Regione competente e al Ministero dell'ambiente un resoconto delle voci di costo sostenute per ciascun materiale, nonché per ciascuna tipologia di rifiuto, dimostrando l'effettivo riciclo, nonché l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dei servizi resi; garantiscono la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti indicate nella nuova definizione di rifiuti urbani (recata dall'articolo 1, comma 3, lettera a), capoverso 2-ter, della direttiva 2018/851/UE) tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi collettivi.
  Il comma 8 riscrive l'articolo 227 del Codice che rinvia ad una serie di disposizioni esterne al Codice dell'ambiente la disciplina della gestione di particolari categorie di rifiuto, quali i RAEE e le pile, i rifiuti sanitari, i veicoli fuori uso, i rifiuti di beni e prodotti contenenti amianto. L'unica modifica sostanziale prevista dalla riscrittura in esame risiede nell'aggiunta di un periodo iniziale volto a precisare che, nel rinviare alle citate discipline esterne, sono fatte comunque salve le disposizioni sulla responsabilità estesa del produttore (recate dagli articoli 178-bis e 178-ter del Codice), ove applicabili.
  L'articolo 4 apporta limitate modifiche all'apparato sanzionatorio che completa la parte IV del Codice. Della modifica recata dal comma 1, che interviene sulla disciplina sanzionatoria relativa alla tracciabilità dei rifiuti, si è già dato conto.
  Il comma 2 introduce un comma 2-ter dell'articolo 263 del Codice secondo cui i proventi delle sanzioni, previa riassegnazione al Ministero dell'ambiente, sono destinati agli interventi di bonifica dei c.d. SIN orfani (vale a dire dei siti inquinati di interesse nazionale di cui all'articolo 252, comma 5, del Codice): qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 253, comma 5 (tale comma prevede, in particolare, che «gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali»; secondo criteri e modalità di ripartizione fissati con apposito decreto del Ministro dell'ambiente.
  L'articolo 7, commi da 1 a 8, reca modifiche agli allegati della parte IV del Codice.
  Il comma 1 modifica l'allegato C della parte IV del Codice, che riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero riguardanti il riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche), il Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici e il Riciclaggio/recupero di altri materiali inorganici (operazioni R3, R4 e R5. La modifica specifica che nella operazione R3 sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento. Nella operazione R4 è compresa la preparazione per il riutilizzo. Nella operazione R5 sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.
  Il comma 2 sostituisce l'allegato D, che contiene l'elenco dei rifiuti con i relativi codici di classificazione, con l'allegato che Pag. 92riporta il nuovo elenco dei rifiuti europeo presente nella decisione 955/2014, che tra l'altro introduce 3 nuovi codici CER, modifica la descrizione di altri, definisce che per alcune caratteristiche di pericolo (HP 4, HP 6, HP 8) si devono applicare valori soglia di concentrazione e stabilisce che per l'attribuzione delle caratteristiche HP le «prove» prevalgono sulle concentrazioni delle sostanze (in altre parole sulle «indagini analitiche»).
  Il comma 3 integra il disposto dell'allegato E alla parte IV del Codice al fine di recepire, in maniera fedele, i nuovi obiettivi minimi di riciclaggio in materia di imballaggi previsti, per il 2025 e il 2030. L'obiettivo minimo di riciclo dei rifiuti di imballaggi è fissato al 65 per cento nel 2020 e al 70 per cento nel 2030.
  Con riguardo ai singoli materiali si fissa l'obiettivo per la plastica al 50 per cento nel 2020 e al 55 per cento nel 2030, per il legno al 25 per cento nel 2025 e al 30 per cento nel 2030, per i metalli ferrosi al 70 per cento nel 2025 e all'80 per cento nel 2030, per l'alluminio al 50 per cento nel 2025 e al 60 per cento nel 2030, per il vetro al 70 per cento nel 2025 e al 75 per cento nel 2030, per la carta al 75 per cento nel 2025 e all'85 per cento nel 2030.
  Il comma 4 riscrive l'allegato F alla parte IV del Codice, che individua (nelle more di una regolamentazione specifica adottata con l'apposito decreto del Ministro dell'ambiente previsto dall'articolo 226, comma 3, del Codice) i requisiti essenziali che devono essere posseduti dagli imballaggi ai fini della loro commercializzazione.
  L'unica modifica degna di nota operata dalla riscrittura consiste nell'aggiunta di un periodo, alla fine dell'allegato, ove si precisa (in linea con quanto previsto dall'allegato alla direttiva 2018/852/UE) che gli imballaggi oxodegradabili in plastica non sono considerati biodegradabili.
  Il comma 5 sostituisce l'allegato I con l'allegato III della direttiva 2008/98, recante le caratteristiche di pericolo dei rifiuti.
  Il comma 6 introduce un nuovo allegato L-ter alla parte IV del Codice, che contiene un elenco di esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti.
  I commi 7 e 8 introducono, rispettivamente, l'allegato L-quater e l'allegato L-quinquies che riportano, il primo, i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata, provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, il secondo, le attività che li producono (si tratta della categoria di rifiuti cd. «rifiuti assimilabili» ex articolo 184, comma 2, lettera b) del Codice).
  Sottolinea, in conclusione, che il provvedimento intende recepire le più recenti direttive europee in materia e va nella direzione del rafforzamento degli impegni del Governo che il Governo sta assumendo a salvaguardia dell'ambiente e dell'economia circolare.

  Paola DEIANA (M5S) auspica che su questo, come anche sugli altri schemi di decreto che recepiscono il pacchetto delle direttive in materia di economia circolare, si possa svolgere un serio dibattito parlamentare, in ragione dell'importanza dei temi trattati. Le audizioni potranno apportare utili elementi di approfondimento volti anche a dissipare i dubbi manifestati dai colleghi.

  Alessio BUTTI (FDI), anche a seguito di un confronto con il collega De Carlo, ritiene che con riguardo agli atti in esame occorre avere estrema fiducia in primis nell'Unione europea, quindi nel Ministero dell'ambiente, ancora negli organi amministrativi che collaborano per la redazione dei documenti e infine nelle relatrici dei provvedimenti.
  Osserva che, a seguito del recepimento delle sei direttive europee che affrontano tali temi, si riduce il Ministro dell'ambiente al ruolo di passacarte, essendogli attribuito il mero compito di trasmettere relazioni da inviare all'Unione europea, con una cessione importante di sovranità.
  La lettura del provvedimento e delle relazioni che lo accompagnano inducono a declinarlo come l'elogio della burocrazia e l'apologia della complicazione, a detrimento Pag. 93delle imprese e della pubblica amministrazione che ne sono destinatari.
  Osserva che i temi più ricorrenti negli schemi di decreto in esame sono quelli delle sanzioni, dei registri, delle responsabilità, delle condizioni e di vincoli e divieti, ma non si trova alcun segnale per la promozione di un atteggiamento culturale della consapevolezza. Non si parla di comunicazione né di formazione, che da sempre la pubblica amministrazione e le imprese chiedono.
  Questo livello di complicazione nella lettura delle norme spiega come mai l'economia parallela dei rifiuti gestita dalla malavita sia così fiorente.
  Giudica fondamentale comprendere il funzionamento del sistema di tracciamento dei rifiuti cosiddetto RENTRI, per comprendere se si tratti di un mero sostituto del fallimentare predecessore SISTRI, ovvero se si preveda un cambiamento del sistema, anche di carattere culturale.
  Si interroga infine, e su questo chiede alla relatrice un approfondimento, come sia possibile raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati per il 2020, 2025, 2030 e 2035.

  Alberto ZOLEZZI (M5S) ritiene quello in esame un atto assai importante, che si pone al centro della attività della Commissione, sul quale è opportuno svolgere un'ampia e approfondita discussione. Quest'atto, pur contenendo elementi di estrema rilevanza, non traduce in norme alcuni principi e criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione europea.
  Si riferisce, ad esempio, alle norme di delega volte ad ampliare la concorrenza tra i consorzi di gestione degli imballaggi. Osserva, al riguardo, che si sta avviando alla conclusione la trattativa per il rinnovo dell'accordo tra Anci e CONAI e la mancata definizione di criteri di concorrenza rischia di ingessare per i successivi cinque anni un sistema già rigido, limitando una auspicabile concorrenza tra consorzi e impedendo il raggiungimento degli obiettivi posti all'Unione europea anche prima delle scadenze da questa prefissate.
  Altro elemento di riflessione riguarda gli imballaggi di bioplastica, che attualmente non sono raccolti nella stessa frazione organica.

  Erica MAZZETTI (FI), nel ribadire le considerazioni svolte precedentemente, osserva come il Governo abbia preannunciato un provvedimento urgente in materia di semplificazione e invece con l'atto in esame si muove nella direzione opposta. Chiede al Governo di assumere una maggiore consapevolezza della crisi delle imprese del settore, che certo non potranno sopportare ulteriori vincoli e appesantimenti burocratici, anche alla luce della crisi determinatasi dall'emergenza sanitaria da Covid-19.

  Il Sottosegretario Roberto MORASSUT fa presente che la scelta del Governo è stata quella di presentare testi il più possibile aderenti alle direttive europee, anche al fine di dare spazio al dibattito parlamentare, in seguito al quale la Commissione potrà fornire indicazioni al Governo per la loro integrazione e modifica. Sottolinea, tuttavia, l'esigenza che la Commissione si esprima tempestivamente, dal momento che il 5 luglio è fissata una scadenza, oltrepassata la quale l'Italia è passibile di una infrazione europea.

  Chiara BRAGA (PD), relatrice, nel ringraziare i colleghi per gli stimoli pervenuti nel corso del dibattito, osserva che su questo provvedimento si gioca una parte importante di competitività del sistema produttivo, che nel Paese ha delle forti eccellenze e che chiede chiarezza e stabilità del quadro normativo.
  Condividendo senz'altro l'esigenza di un approfondimento, ritiene opportuno che non si cada nella tentazione della eccessiva semplificazione su temi delicati come quello della tracciabilità dei rifiuti, anche per evitare che si ripetano episodi, anche di matrice criminale, che continuano a connotare negativamente la vita del Paese.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, Pag. 94rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Nuovo Statuto del Consorzio dell'Oglio.
Atto n. 170.
(Seguito esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto rinviato nella seduta del 29 aprile scorso.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, avverte che la Commissione avrebbe dovuto esprimere il parere di competenza entro il 28 aprile, ma che il Governo si è reso disponibile ad attendere il parere della Commissione prima di procedere alla definitiva emanazione del decreto.

  Chiara BRAGA (PD), relatrice, formula una proposta di parere (vedi allegato).

  Il Sottosegretario Roberto MORASSUT condivide la proposta di parere della relatrice.

  La Commissione approva la proposta di parere favorevole della relatrice (vedi allegato).

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'individuazione di un intervento infrastrutturale ritenuto prioritario, da adottare su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, relativo alla ricostruzione del Viadotto di Albiano sul fiume Magra tra le province di La Spezia e Massa.
Atto n. 173.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto in titolo.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, avverte che la Commissione dovrà esprimere il parere di competenza entro il prossimo 19 maggio.

  Silvia FREGOLENT (IV), relatrice, riferisce sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in esame, volto a identificare come prioritario, ai sensi del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, l'intervento infrastrutturale relativo alla ricostruzione del viadotto di Albiano sul fiume Magra tra le province di La Spezia e Massa Carrara, lungo la ex strada provinciale 70, ora strada statale 330.
  Ricorda, in proposito, che in data 8 aprile scorso si è verificato il crollo per tutta la sua lunghezza del ponte sul fiume Magra, che collega il paese di Santo Stefano Magra, in provincia di La Spezia, e Albiano Magra, frazione nel comune di Aulla, in provincia di Massa Carrara. Il crollo, avvenuto in periodo di lockdown in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, non ha fortunatamente provocato vittime e solo due persone sono rimaste coinvolte, senza riportare danni gravi.
  A seguito del crollo, il Governo, in risposta alla interpellanza urgente 2-00737 discussasi alla Camera dei deputati il 16 aprile 2020, ha rappresentato in primo luogo l'istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture, di una commissione ispettiva, presieduta dal direttore dell'Agenzia nazionale per sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA), per fare chiarezza sull'accaduto e accertarne le responsabilità In quella sede è stata anticipata altresì l'intenzione della Ministra De Micheli di procedere alla nomina del commissario straordinario per la ricostruzione dell'opera, nella persona del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi.
  Un apposito tavolo tecnico istituito presso il Ministero è stato inoltre investito del compito di individuare con rapidità soluzioni viabilistiche più adeguate a garantire la piena accessibilità in sicurezza dell'area attraverso la definizione di percorsi alternativi. Nelle more, la concessionaria SALT si è resa disponibile a prevedere l'esenzione dal pagamento del pedaggio Pag. 95sulla bretella autostradale tra i caselli di Aulla (A15) e La Spezia (A12) ed è in corso di valutazione l'ipotesi di estendere l'esenzione del pedaggio anche alla tratta compresa tra Albiano Magra e Caprigliola.
  Il viadotto fino a novembre 2018 rientrava nella gestione della Provincia di Massa Carrara, e, per effetto del DPCM 20 febbraio 2018, che ha operato una revisione complessiva della rete stradale di interesse nazionale e della rete stradale di interesse regionale ricadenti, tra le altre, nelle regioni Liguria e Toscana, è stata trasferita alla competenza di ANAS S.p.A.
  Come riportato nella menzionata risposta del Governo all'atto ispettivo discusso in Assemblea, sul ponte non era stata rilevata alcuna criticità infrastrutturale né al momento del passaggio né nel corso di successive verifiche condotte da ANAS nel 2019. Nel corso del 2019 il comune di Aulla aveva segnalato la presenza di fessure nell'asfalto, ma in base a successive verifiche ANAS non aveva rilevato criticità. Analoghi esiti sono scaturiti dalle verifiche effettuate nel mese di dicembre 2019, a seguito di eventi alluvionali che hanno interessato l'area dove è ubicato il ponte. Sempre nella risposta si fa presente che ANAS ha comunicato di avere costituito una commissione interna per accertare la dinamica e le cause del collasso del ponte, e di avere già predisposto un piano per la realizzazione dell'opera provvisoria, così da ripristinare nel più breve tempo possibile i collegamenti interdetti.
  Lo schema di decreto in esame è disposto ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 32 del 2019, cosiddetto «decreto sblocca cantieri» che delinea la procedura per l'individuazione degli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari nonché per la nomina dei Commissari straordinari.
  La disposizione richiamata prevede tre distinte fasi: 1) individuazione, con DPCM, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, degli interventi ritenuti prioritari; 2) nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, di uno o più Commissari straordinari per l'effettiva realizzazione dei lavori; 3) individuazione, se necessaria, con le stesse modalità di cui alla prima fase, entro il 31 dicembre 2020, di ulteriori interventi prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari con le modalità descritte nella seconda fase.
  La disposizione affida, infine, ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione di termini, modalità, tempistiche, eventuale supporto tecnico, attività connesse alla realizzazione dell'opera e compenso per i commissari straordinari.
  Quanto al contenuto dello schema di DPCM all'esame della Commissione, esso riassumere in sé tutte le fasi delineate dal citato articolo 4, procedendo direttamente anche alla nomina del commissario straordinario e alla definizione dei suoi poteri e del suo compenso.
  L'articolo 1 classifica la ricostruzione del viadotto di Albiano sul Fiume Magra intervento infrastrutturale prioritario per la complessità delle procedure, per i riflessi sullo sviluppo economico del territorio nonché per le implicazioni occupazionali e i connessi effetti sociali.
  L'articolo 2 dispone la nomina del Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, quale Commissario straordinario per la ricostruzione dell'opera, definendone compiti e poteri: il commissario è autorizzato fin da subito a mettere in atto ogni attività, anche in somma urgenza, per ripristinare, con opere temporanee o provvisionali, il collegamento interrotto avvalendosi di Anas anche attraverso l'utilizzo di attività di progettazione eventualmente realizzate dalla stessa, utilizzando le deroghe e le procedure di cui al summenzionato articolo 4.
  Tale articolo, al comma 2, consente ai Commissari di derogare, per l'approvazione dei progetti, a norme di natura amministrativa, fatte salve quelle inerenti Pag. 96alle discipline di natura ambientale e di tutela dei beni culturali mentre il comma 3 dispone che, per l'esecuzione degli interventi, i Commissari possano essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante operando in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'UE.
  Il Commissario sovrintende alla programmazione, alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione degli interventi per la realizzazione dell'opera e può avvalersi di strutture delle amministrazioni centrali o territoriali interessate, nonché di società controllate dallo Stato o dalle regioni (facoltà già prevista dal decreto sblocca cantieri), nel limite delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  L'articolo 3 prevede che il Commissario comunichi al Ministero delle infrastrutture il cronoprogamma degli interventi, gli eventuali ritardi e le circostanze che impediscano anche parzialmente la ricostruzione dell'opera e trasmette al MIT ogni sei mesi una relazione sull'attività svolta, sulle iniziative adottate e di prossima adozione, anche in funzione delle criticità rilevate nel corso del processo di realizzazione dell'opera. Il comma 4 stabilisce che al Commissario non spetti alcun compenso.

  Erica MAZZETTI (FI) ricorda la gravità dell'evento, che non si è trasformato in tragedia solo in quanto verificatosi in un giorno in cui erano già in vigore le misure restrittive sugli spostamenti dei cittadini per il contenimento dell'emergenza epidemiologica.
  Il crollo del viadotto costituisce comunque un problema estremamente serio per le comunità locali e le imprese, adesso private di un'infrastruttura fondamentale di collegamento con la Liguria. Ne consegue l'esigenza di procedere il prima possibile alla sua ricostruzione, senza cedere alla tentazione di sperimentare soluzioni provvisorie che sarebbero sicuramente insoddisfacenti.
  Ritiene quindi necessaria la nomina del Commissario straordinario, che potrebbe seguire il modello adottato con riguardo alla ricostruzione del ponte di Genova. Giudica invece inopportuna la nomina del presidente Rossi, dal momento che il suo mandato, pur prorogato in seguito al posticipo delle elezioni regionali, è ormai prossimo alla scadenza. A suo giudizio, la designazione di un sindaco di una delle città interessate alla ricostruzione del ponte avrebbe offerto maggiore garanzia di proficuo impegno nel ruolo di Commissario straordinario.

  Alessandro Manuel BENVENUTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

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