CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 novembre 2019
277.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 20 novembre 2019.

Audizione di Cesare Pinelli, Professore ordinario di Diritto pubblico presso l'Università «La Sapienza» di Roma, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 702 Fiano, C. 1461 Macina e C. 1843 Boccia, recanti «Disposizioni in materia di conflitti di interessi».

  L'audizione informale è stata svolta dalle 10 alle 10.30.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 20 novembre 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.

  La seduta comincia alle 10.30.

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Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali.
C. 1323 Scagliusi e C. 855 Quartapelle Procopio.
(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 13 marzo 2019.

  Anna MACINA (M5S), relatrice, chiede di rinviare l'esame alla prossima settimana, al fine di consentire la predisposizione di un testo unificato da sottoporre alla Commissione.

  Stefano CECCANTI (PD) si associa alla richiesta avanzata dalla relatrice.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ritiene che la richiesta possa senz'altro essere accolta, anche in considerazione del fatto che è stata già rappresentata al Presidente della Camera l'opportunità di rinviare la discussione del provvedimento da parte dell'Assemblea, originariamente prevista a partire da lunedì 25 novembre prossimo.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica.
C. 2238 cost. Fornaro.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, della proposta di legge costituzionale C. 2238, Fornaro ed altri, recante «Modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica».

  Federico FORNARO (LEU), relatore, rileva come la proposta di legge, secondo quanto chiaramente indicato nella relazione illustrativa della stessa, intende fornire una prima risposta a talune rilevanti questioni – come la rappresentatività dei parlamentari, la funzionalità delle Camere, l'incidenza dei delegati regionali nell'ambito dell'elezione del Presidente della Repubblica – che si sono poste all'attenzione a seguito dell'approvazione – e in vista della prossima promulgazione – della legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», approvata dalle Camere in seconda deliberazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019.
  Passando al contenuto del provvedimento, l'articolo 1 modifica il primo comma dell'articolo 57 della Costituzione – il quale, nella vigente formulazione, stabilisce che il Senato è eletto «a base regionale», fatti salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero – prevedendo che sia eletto «su base circoscrizionale». Tale modifica entra in vigore, secondo quanto disposto dall'articolo 3 della proposta di legge, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale di riduzione del numero di parlamentari. Si introduce quindi per il Senato – superandosi dunque il principio dell'elezione «su base regionale», attualmente previsto – il principio di elezione su base circoscrizionale con la finalità di lasciare alla legge la determinazione dell'ambito territoriale delle circoscrizioni per l'elezione dei senatori.
  Come già detto, la modifica della base elettorale del Senato è funzionale a rafforzare la rappresentatività di tale ramo del Parlamento in vista della promulgazione del testo di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari. A tale proposito ricorda che, Pag. 49per il Senato, l'articolo 2 del testo di quella legge costituzionale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019 novella l'articolo 57 della Costituzione, determinando in 200 (anziché 315) il numero dei senatori elettivi. Entro tale numero, i senatori da eleggere nella circoscrizione Estero scendono da 6 a 4.
  La legge approvata dal Parlamento riduce il numero minimo di senatori eletti per regione – previsto dall'articolo 57, terzo comma, della Costituzione – da sette a tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando al contempo immodificata la previsione vigente del medesimo terzo comma relativa alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d'Aosta (1 senatore). La predeterminazione di un numero minimo di senatori per Regione comporta, com’è noto, una variazione rispetto alla ripartizione di seggi tra Regioni, quale si avrebbe qualora si seguisse invece un'assegnazione solo proporzionale alla popolazione, senza alcuna soglia numerica minima di rappresentanza senatoriale regionale.
  In particolare, la novella all'articolo 57, primo comma della Costituzione, che modifica la base elettorale del Senato, muove dalla considerazione degli effetti problematici che la riduzione del numero dei senatori può avere sulla rappresentatività dei singoli territori, in assenza di ulteriori interventi legislativi e costituzionali. Secondo i proponenti, infatti, si potrebbe determinare «la formazione di collegi uninominali eccessivamente estesi per il Senato [...] e una accentuata discrasia tra le regioni nel rapporto tra seggi da assegnare e popolazione media».
  Relativamente a tale principio della «elezione su base regionale», occorre rilevare come negli anni la dottrina – alla luce dello sviluppo del sistema costituzionale italiano – sia stata sostanzialmente concorde nel sostenere che da esso non possa discendere alcun nesso diretto fra il Senato medesimo e gli organi regionali, che sia idoneo a configurarlo come Camera di rappresentanza territoriale. Da taluni, è stata ripresa l'impostazione, espressa da Costantino Mortati, in base alla quale la «base regionale» per l'elezione dei senatori non è costituita dalla regione, intesa come circoscrizione elettorale, ma dalla comunità di cui la regione è ente esponenziale.
  In sede di attuazione, il principio della «elezione su base regionale» è stato interpretato come un vincolo al legislatore in riferimento alla struttura delle circoscrizioni, nel senso che ciascuna Regione costituisce una circoscrizione elettorale e che gli elettori di ciascuna Regione eleggono i rispettivi senatori, ovverosia che i voti espressi dagli elettori di una regione contano ai fini della ripartizione dei soli seggi spettanti a quella medesima regione.
  Nella legislazione elettorale in vigore dal 1948 ad oggi i sistemi per l'elezione dei membri del Senato si sono infatti sempre basati su una ripartizione dei seggi tra le liste effettuata regione per regione: così la legge in vigore fino al 1992, la legge n. 276 del 1993 e, successivamente, la legge n. 270 del 2005 e la vigente legge n. 165 del 2017. Ciò diversamente dalla Camera, dove dal 1993 è stata prevista una assegnazione dei seggi calcolata dapprima a livello nazionale – così da definire il numero di seggi spettanti a ciascuna lista – successivamente ripartita tra le circoscrizioni (sistema basato sul collegio unico nazionale).
  In dottrina sono stati individuati, in particolare, diversi vincoli concreti che deriverebbero dall'analisi sistematica dell'espressione su «base regionale».
  Si tratta di vincoli di carattere tecnico, che rilevano principalmente nella determinazione della struttura dei collegi elettorali:
   a) è esclusa l'applicazione del sistema del collegio unico nazionale, che quindi farebbe venir meno l'ancoraggio dei membri regionali con la base regionale in cui sono eletti;
   b) si dubita che sia legittimo prevedere al Senato l'attribuzione di un premio di maggioranza a livello nazionale (sull'attribuzione di premi regionali si veda quanto evidenziato dalla Corte nella sentenza n. 1 del 2014);Pag. 50
   c) sussiste l'obbligo di adottare almeno un numero di collegi pari a quello delle regioni, perché ovviamente se la base è regionale non si può avere un ritaglio delle circoscrizioni che ne escluda una o più;
   d) i collegi devono essere contenuti tutti all'interno di una sola regione, senza che siano ammesse circoscrizioni pluriregionali.

  Ricorda comunque che, da ultimo, la legge n. 165 del 2017, ha previsto una soglia a livello nazionale anche per il Senato, analogamente a quanto stabilito per la Camera, ferma restando la previsione, per il Senato, anche di una soglia regionale.
  Ricorda altresì che, con la modifica disposta dall'articolo 1 della proposta di legge in esame, è conseguentemente eliminata – al primo comma dell'articolo 57 – la deroga (rispetto all'elezione su base regionale) per i seggi spettanti alla circoscrizione Estero.
  Come è noto, infatti, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 1 del 2000, il secondo periodo dell'articolo 57, primo comma, della Costituzione deroga al principio della base regionale per l'assegnazione dei seggi attribuiti alla circoscrizione Estero: tali seggi, infatti, vengono sottratti dal numero complessivo dei seggi da ripartire su base regionale in quanto eletti nell'ambito della circoscrizione Estero, all'interno di quattro ripartizioni, secondo quanto previsto dalla legge 459 del 2001. La legge costituzionale n. 1 del 2000 ha infatti coordinato il testo dell'articolo 57 della Costituzione con le modifiche introdotte dalla stessa legge al comma 3 dell'articolo 48 della Costituzione, che riconosce il diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, rimettendo alla legge ordinaria la determinazione dei requisiti e delle modalità per l'esercizio del diritto. La legge n. 459 del 2001 individua, nell'ambito della circoscrizione Estero, quattro ripartizioni. In ciascuna di tali ripartizioni «è eletto almeno un senatore e un deputato», mentre gli altri seggi sono distribuiti tra le stesse ripartizioni in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (legge n. 459 del 2001, articolo 6).
  A seguito della riforma costituzionale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019, il numero degli eletti nella circoscrizione Estero diviene pari a 8 deputati (anziché 12). Per il Senato, i senatori da eleggere nella circoscrizione Estero scendono a 4 (anziché 6).
  Applicando i criteri dettati dalla legge n. 459 del 2001, sopra richiamati, alle modifiche disposte dalla riforma costituzionale riguardo alla circoscrizione Estero, i seggi spettanti a ciascuna ripartizione sarebbero così definiti: Europa, compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia (3 deputati, 1 senatore); America meridionale (2 deputati, 1 senatore); America settentrionale e centrale (2 deputati, 1 senatore); Africa, Asia, Oceania e Antartide (1 deputato 1 senatore).
  Sottolinea, dunque, come la modifica del primo comma dell'articolo 57 della Costituzione di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame sia volta sostanzialmente ad ampliare la libertà del legislatore in sede di definizione della legge elettorale, in quanto tale disposizione non reca alcun obbligo, bensì introduce la facoltà di prevedere per l'elezione del Senato circoscrizioni non necessariamente coincidenti con le Regioni, nonché la facoltà di prevedere, analogamente a quanto già previsto per l'elezione della Camera, un collegio unico nazionale per il recupero dei resti.
  L'articolo 2 della proposta di legge modifica il terzo comma dell'articolo 83 della Costituzione, riducendo da tre a due il numero dei delegati regionali che partecipano all'elezione del Presidente della Repubblica. Rimane invariata la disposizione che assegna alla Valle d'Aosta un solo delegato, così come il vincolo di assicurare la rappresentanza delle minoranze.
  La modifica si applica, in base a quanto disposto dall'articolo 3 della proposta di legge, a decorrere dalla prima legislatura per la quale si applicano le disposizioni Pag. 51degli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari».
  Secondo la relazione illustrativa della proposta di legge, la modifica è volta a «riequilibrare l'incidenza dei delegati regionali sulla composizione del Parlamento in seduta comune» per l'elezione del Presidente della Repubblica, in vista della possibile promulgazione della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari, approvata da entrambe le Camere in seconda deliberazione a maggioranza assoluta.
  In merito ricorda che attualmente il numero complessivo dei delegati regionali è di 58; con la modifica proposta dall'articolo 2 diventerebbe pari a 39.
  Con la modifica prevista dalla proposta di legge il numero di delegati sarebbe pari a due, «in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze».
  A tale ultimo proposito rammenta che le previsioni dettate dalle fonti regionali per l'elezione dei delegati prevedono, di norma, che si proceda con il sistema del voto limitato per rispettare il vincolo della rappresentanza delle minoranze previsto dall'articolo 83 della Costituzione. Di conseguenza, mentre attualmente i delegati sono generalmente due in rappresentanza della maggioranza nel consiglio regionale e uno in rappresentanza delle minoranze, con la riduzione a due delegati per regione, disposta dalla proposta in esame, la prescrizione costituzionale sembrerebbe poter essere garantita assicurando una pari rappresentanza tra maggioranza e minoranze. L'articolo 3, al comma 1, della proposta di legge dispone in ordine alla entrata in vigore della legge, prevedendo due ipotesi.
  La prima ipotesi stabilisce l'entrata in vigore al giorno dell'entrata in vigore della legge costituzionale recante: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari».
  La seconda ipotesi prevede che, qualora la legge di riduzione del numero dei parlamentari entri in vigore prima della pubblicazione (non quella notiziale, ma la pubblicazione successiva alla promulgazione) della proposta di legge in esame, questa entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione. Ricorda, in proposito, che la legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è stata pubblicata a fini notiziali, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 352 del 1970, il 12 ottobre 2019 (nella Gazzetta Ufficiale n. 240). Da tale data decorrono i tre mesi entro i quali un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali possono domandare che si proceda al referendum popolare (entro il 12 gennaio 2019).
  Pertanto, anche la data di entrata in vigore della legge costituzionale di riduzione del numero di deputati, alla quale è collegata l'entrata in vigore della proposta di legge in esame, è «mobile», in quanto dipende dagli esiti della procedura referendaria.
  Nel caso in cui non venisse presentata la richiesta di referendum, la legge costituzionale verrebbe promulgata dopo il 12 gennaio 2020 (ed entro il 12 febbraio 2020, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 352 del 1979) ed entrerebbe in vigore decorsa la vacatio legis, il 15o giorno dopo la sua pubblicazione (quindi tra la fine di gennaio e, al più tardi, i primi di marzo 2020).
  La proposta di legge C. 2238, considerando i tempi della doppia lettura e la decorrenza dei tre mesi per la richiesta dell'eventuale referendum costituzionale ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione, dovrebbe concludere il proprio iter in una data successiva, e quindi si applicherebbe la seconda ipotesi sopra illustrata, ossia l'entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.
  In presenza di richiesta di referendum sulla legge di riduzione dei parlamentari, invece, bisognerebbe attendere l'esito della consultazione popolare. In quest'ultimo caso, si possono verificare due situazioni.
  Qualora il referendum fosse favorevole alla legge di riduzione del numero di parlamentari, questa verrebbe promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata Pag. 52nella Gazzetta Ufficiale (la normativa non dispone in ordine ai termini della promulgazione, limitandosi a stabilire che il Presidente della Repubblica procede alla promulgazione una volta che l'Ufficio centrale per il referendum abbia trasmesso il verbale della consultazione referendaria). Una volta promulgata, la legge entrerebbe in vigore, decorsa la vacatio legis, il 15o giorno dopo la sua pubblicazione.
  Pertanto, la proposta di legge in esame, qualora avesse nel frattempo già completato il suo iter, entrerebbe in vigore il medesimo giorno. Diversamente, entrerebbe in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Se, invece, il referendum avesse esito negativo, la legge costituzionale non entrerebbe in vigore, così come, in base all'articolo 3, la proposta di legge in esame, anche nel caso in cui nel frattempo avesse concluso il proprio iter, con l'approvazione in prima e in seconda deliberazione dai due rami del Parlamento, ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione.
  Occorre, inoltre, considerare che, ferma restando l'entrata in vigore della legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari nei termini di cui sopra, l'applicazione della medesima riduzione è fissata a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della medesima legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla sua entrata in vigore (ai sensi dell'articolo 4 della legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari).
  Il rinvio dell'applicazione della legge ad almeno 60 giorni dalla entrata in vigore è funzionale alla ridefinizione dei collegi elettorali, in conseguenza della riduzione dei parlamentari, come previsto dalla delega di cui all'articolo 3 della legge n. 51 del 2019.
  Ricorda, infatti, che mentre era in corso l'esame della proposta di legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari, il Parlamento ha approvato la legge 27 maggio 2019, n. 51, in materia elettorale, che ha determinato il numero di seggi da attribuire nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali sulla base di un rapporto frazionario la cui applicazione restituisce gli stessi numeri attualmente fissati. La finalità di tali modifiche è quella di rendere applicabile il sistema elettorale vigente indipendentemente dal numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione, in modo che non si rendano necessarie modifiche alla normativa elettorale qualora il numero dei parlamentari dovesse essere modificato con leggi di modifica costituzionale.
  La predetta legge n. 51 del 2019 reca altresì, all'articolo 3 – una delega al Governo per la determinazione dei collegi – uninominali e plurinominali – per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, delega da esercitare «qualora entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – ossia entro il 26 giugno 2021 – sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere». La modifica del numero dei componenti comporta infatti, a legislazione elettorale invariata, una corrispondente modifica del numero dei collegi uninominali e, quindi, dei relativi confini.
  In tal caso la delega deve essere esercitata, ai sensi del suddetto articolo 3 della legge n. 51 del 2019, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale di riduzione dei parlamentari, sulla base dei principi e criteri direttivi previsti dal medesimo articolo 3 della legge n. 51 (che in gran parte richiamano quelli individuati dall'articolo 3 della legge n. 165 del 2017).
  Tale disposizione rileva anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 della proposta in esame, ossia il principio di elezione «su base circoscrizionale» del Senato.
  In assenza di diversa previsione, la disposizione si applica alla data entrata in vigore della proposta legge in commento. In caso di contestuale entrata in vigore dei due provvedimenti costituzionali – ossia la legge di riduzione dei parlamentari e la proposta di legge in esame – il principio di elezione «su base circoscrizionale» si Pag. 53applicherebbe subito, mentre la riduzione del numero dei parlamentari si applicherebbe a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successive e comunque non prima di 60 giorni dopo. Questo consentirebbe la ridefinizione dei collegi elettorali (che come previsto dalla norma di delega deve avvenire entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di riduzione dei parlamentari), tenendo conto sia della riduzione del numero di parlamentari, sia del nuovo principio di elezione del Senato – non più regionale bensì circoscrizionale – introdotto dalla proposta di legge in esame. Se, invece, entrasse in vigore per prima la legge di riduzione dei parlamentari, da quella data decorrerebbero i 60 giorni previsti dalla disposizione di delega recata dalla legge n. 51 del 2019 per la definizione dei nuovi collegi elettorali. In tal caso non potrebbe tenersi conto, in sede di attuazione di tale delega, della modifica del principio della base regionale per l'elezione del Senato, essendo ancora in corso l’iter della proposta di legge in esame ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione.
  Infine, una specifica previsione viene dettata, al comma 2 del medesimo articolo 3, per l'applicazione delle modifiche disposte dalla proposta di legge in esame (all'articolo 2) con riferimento al numero di delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica. Il predetto comma 2 dell'articolo 3 dispone, infatti, l'applicazione della modifica al numero dei delegati regionali a decorrere dalla prima legislatura in cui troverà applicazione la riduzione del numero dei parlamentari (risultante dal nuovo testo degli 56 e 57 della Costituzione, come risultante dal testo di legge costituzionale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019). Pertanto, l'applicazione temporale della riduzione del numero dei delegati viene ancorata a quella del numero dei parlamentari, che decorre «dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della (...) legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore».
  Ritiene vi siano le condizioni politiche per un confronto sereno sulla proposta di legge costituzionale in esame, volta a porre rimedio agli evidenziati effetti derivanti dalla riduzione del numero di parlamentari per quanto concerne la rappresentanza nell'elezione del Senato e la composizione del plenum per l'elezione del Presidente della Repubblica. Sottolinea quindi come non si intenda procedere ad alcuna forzatura su questo tema, rilevando come tale interventi non abbiano potuto essere realizzati già in occasione della discussione della predetta legge sulla riduzione del numero, ma che, ora, anche alla luce del mutato contesto politico, appare possibile procedere in questo senso.

  Andrea CECCONI (MISTO-MAIE) ritiene paradossale e poco rispettoso dei cittadini intervenire per porre rimedio a questioni sollevate con riferimento ad una legge costituzionale non ancora entrata in vigore, in relazione alle quali, peraltro, i cittadini stessi potrebbero essere chiamati ad una votazione referendaria confermativa, che rischierebbe di risultare condizionata. Ritiene dunque sia più opportuno intervenire sulla questione della modifica dell'articolo 57 della Costituzione, relativa alle modalità di ripartizione dei seggi al Senato, dopo che tale legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari abbia prodotto realmente i suoi effetti.
  Osserva, inoltre, che il fatto di rendere possibile che il legislatore stabilisca una legge elettorale per il Senato simile a quella della Camera – che preveda, ad esempio, una assegnazione dei seggi calcolata dapprima a livello nazionale e successivamente ripartita tra le circoscrizioni – appare in contrasto con quanto previsto dai commi terzo e quarto del medesimo articolo 57 della Costituzione – sui quali la proposta in esame non interviene – nei quali si fa riferimento proprio alle regioni per il riparto dei seggi e all'assegnazione di un numero minimo di seggi senatoriali alle Pag. 54regioni stesse. Se l'intenzione è quella di uniformare i sistemi elettorali di Camera e Senato, per quanto concerne, ad esempio, l'elettorato attivo e passivo e la ripartizione dei seggi su base circoscrizionale, non comprende per quale ragione si debba continuare a prevedere un numero minimo di seggi senatoriali alle regioni, tenuto conto peraltro, che, in conseguenza di un criterio di elezione su base circoscrizionale, il riferimento alle regioni potrebbe non essere congruo, ad esempio in caso di legge elettorale che stabilisca circoscrizioni subregionali o pluriregionali.
  Ritiene, altresì, che il fatto di superare per il Senato il principio della base regionale del suo sistema di elezione rischia di svilire il rapporto tra l'elettore e i candidati del suo territorio, dal momento che il singolo voto espresso in una certa regione potrebbe confluire in ambito nazionale, risultando utile per l'elezione di candidati di altri territori. Osserva, quindi, che l'obiettivo della proposta di legge in esame sembra più orientato a salvaguardare la rappresentanza degli schieramenti politici piuttosto che tutelare le possibilità di voto dei cittadini.
  Infine, ritiene che la riduzione da tre a due del numero dei delegati regionali che partecipano all'elezione del Presidente della Repubblica rischi di incidere negativamente, a livello regionale, sulla scelta del delegato da parte delle minoranze, rendendo tale scelta meno autonoma e più esposta alle influenze da parte dei gruppi della maggioranza, a fronte del carattere maggioritario del sistema di elezione previsto per quegli enti territoriali.

  Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) pone preliminarmente una questione di metodo, richiamando l'attenzione della Commissione sul calendario dei lavori parlamentari delle prossime settimane, che prevede, come già evidenziato dal deputato Baldelli nel corso della seduta di ieri dell'Assemblea, l'esame di numerosi e rilevanti provvedimenti indifferibili, quali diversi decreti-legge in scadenza e la legge di bilancio, e osserva come, alla luce di ciò, vi sia il rischio che non siano garantiti adeguati tempi di esame del provvedimento in titolo, anche in considerazione delle dichiarazioni rilasciate alla stampa da taluni esponenti della maggioranza, che lasciano presagire accelerazioni a suo avviso del tutto inopportune. Chiede pertanto che all'esame della proposta di legge costituzionale in titolo, la quale, per quanto composta di due soli articoli, investe aspetti di notevole delicatezza e rilevanza, siano riservati tempi congrui, anche al fine di favorire un confronto sereno con l'opposizione.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, assicura che non vi è alcun intento di comprimere il dibattito e che saranno garantiti tempi congrui al fine di consentire un esame approfondito della proposta di legge, anche attraverso lo svolgimento delle attività conoscitive che saranno eventualmente richieste.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene certamente possibile discutere la formulazione della proposta di legge, ma ricorda come non sia più possibile intervenire sulle parti dell'articolo 57 già modificate dalla riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, tra le quali anche quelle relative al numero minimo di senatori per ciascuna regione. Osserva quindi come la previsione di un numero minimo di senatori per ciascuna Regione sia ragionevole, in quanto volta a garantire la rappresentanza territoriale a fronte della predetta riduzione.
  Con riferimento alla riduzione del numero dei delegati regionali che partecipano all'elezione del Presidente della Repubblica ribadisce quanto già sottolineato dal relatore, vale a dire che tale riduzione, ai sensi dell'articolo 2, è destinata ad operare dalla prima elezione del Presidente della Repubblica che avrà luogo dopo l'effettiva applicazione della riduzione del numero dei parlamentari e dunque non si applicherà alla prossima elezione del Presidente della Repubblica laddove essa abbia luogo durante la legislatura in corso.
  Sottolinea come la ratio della proposta di legge costituzionale in esame sia quella Pag. 55di consentire l'introduzione di leggi elettorali il più possibile simili per le due Camere, atteso che esse esercitano le stesse funzioni, configurandosi entrambe come Camere di rappresentanza politica, che votano la fiducia al Governo, e non di rappresentanza territoriale.
  Quanto allo «scivolamento» dei voti da una circoscrizione all'altra lamentato dal deputato Cecconi rileva come si tratti di una conseguenza inevitabile laddove si privilegi il criterio della rappresentanza proporzionale rispetto a quello della rappresentanza territoriale, mentre viceversa la scelta di privilegiare il principio della rappresentanza territoriale consentirebbe di evitare tale conseguenza ma comporterebbe un sacrificio della rappresentanza proporzionale.

  Federico FORNARO (LEU), relatore, replicando ad alcune osservazioni svolte nel dibattito, fa notare che non vi è alcuna intenzione di comprimere o accelerare l’iter del provvedimento, ribadendo che l'obiettivo della proposta di legge è di fornire risposta ad alcune questioni – come la rappresentatività dei parlamentari, la funzionalità delle Camere, l'incidenza dei delegati regionali nell'ambito dell'elezione del Presidente della Repubblica – che si sono poste all'attenzione a seguito dell'approvazione – e in vista della prossima promulgazione – della legge costituzionale di riduzione dei parlamentari. Si tratta, dunque, di inserire quell'intervento di modifica costituzionale in un contesto di riforma più organico, ponendo rimedio ad alcune criticità che potrebbero da esso originarsi.
  Ricollegandosi ad alcune considerazioni svolte dal deputato Cecconi, evidenzia come la scelta di prevedere un numero minimo di senatori eleggibili in alcune regioni risale al 1963, laddove si stabilì di definire in termini fissi il numero complessivo dei seggi parlamentari. L'obiettivo perseguito fu dunque quello di tutelare alcuni territori, che risulterebbero penalizzati qualora si seguisse invece un'assegnazione solo proporzionale alla popolazione, senza alcuna soglia numerica minima di rappresentanza senatoriale regionale. Dopo aver rilevato che tale scelta ha anche prodotto effetti incongrui, dal momento che in certi territori a volte è capitato di vedere eleggere più senatori rispetto ai deputati, ritiene che essa sia sostanzialmente condivisibile e non contrasti con l'esigenza di superare per il Senato il criterio della base regionale. Evidenzia quindi come l'introduzione del criterio circoscrizionale consentirà, ad esempio, nell'eventualità in cui si stabilisca una legge elettorale per il Senato che preveda una ripartizione a livello nazionale, di recuperare utilmente voti che altrimenti rischierebbero di disperdersi. Ritiene dunque sia giusto «mettere in sicurezza» alcuni seggi in certi territori, facendo notare che laddove, nei risultati elettorali, si sono registrate alcune anomalie – richiama il caso del Molise – ciò è dipeso dal malfunzionamento della legge elettorale in relazione al calcolo dei resti, evidenziandosi, quindi, in tali casi, la necessità di sottrarre alcuni territori da certi rigidi automatismi di ricalcolo nazionale.
  Non rinviene poi il rischio di incidere negativamente sul rapporto territoriale tra elettore e candidato, elemento sul quale peraltro si potrebbero prevedere opportuni meccanismi di garanzia in sede di definizione della legge elettorale, atteso che il legislatore resterebbe libero di optare, ad esempio, per un sistema maggioritario.
  Quanto alla questione dei delegati regionali, ritiene che le perplessità manifestate dal deputato Cecconi siano facilmente superabili in sede di attuazione da parte delle regioni, ad esempio individuando modalità di elezione specifiche (ad esempio prevedendo due urne, una per eleggere il candidato di maggioranza, l'altra per quello di minoranza). Rileva, peraltro, che i rischi di influenza dei gruppi di maggioranza sulla elezione dei delegati espressione delle forze politiche di opposizione sussistono sempre – quindi anche con la disciplina vigente – trattandosi di una questione che attiene in prevalenza Pag. 56alla correttezza dei rapporti su cui dovrebbe fondarsi la dialettica tra maggioranze e opposizioni.
  Ritiene in ogni caso necessario, in conclusione, prevedere un ciclo di audizioni al fine di acquisire utili elementi di conoscenza e arricchire il dibattito ulteriormente.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, condivide l'opportunità di procedere a un ciclo di audizioni, che potrà essere precisato in seno all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.

  Francesco BERTI (M5S) esprime apprezzamento per il fatto che la proposta di legge in esame, al pari delle altre già esaminate nel corso della legislatura, introduce una riforma puntuale limitata a specifici articoli della Costituzione.
  Concorda sulla proposta di riduzione del numero dei delegati regionali che partecipano all'elezione del Presidente della Repubblica.
  Chiede, invece, chiarimenti sulla ratio della modifica del primo comma dell'articolo 57 della Costituzione, ricordando come sia stato ripetutamente proposto di configurare il Senato quale Camera delle Regioni e come la vigente previsione costituzionale vada in questa direzione ed ha peraltro consentito, nelle ultime legislature, di evitare un'eccessiva rappresentanza della maggioranza. Chiede se non si ritenga opportuno preservare la garanzia della rappresentanza dei territori assicurata dalla previsione costituzionale vigente.

  Federico FORNARO (LEU), relatore, osserva come in origine i costituenti optarono per una precisa differenziazione strutturale tra Camera e Senato – con evidenti riflessi anche sulle rispettive leggi elettorali – immaginando per la Camera dei deputati una più generale rappresentanza popolare, anche in funzione dei partiti di massa, e immaginando invece il Senato come una sorta di evoluzione della rappresentanza delle realtà corporative nei vari territori, per dare voce ai diversi settori della società civile. Dopo aver fatto notare che tale disegno non si è mai realizzato concretamente, essendosi invece affermato un bicameralismo perfetto, osserva come il criterio dell'elezione su base regionale per il Senato abbia finito piuttosto per incidere negativamente sulla stabilità dei Governi, tanto che nel corso del tempo si è fatto ricorso all'introduzione di alcuni discutibili meccanismi nell'ambito delle leggi elettorali, per arginare tale problema attraverso premi di maggioranza.
  In tale contesto osserva quindi come la proposta di legge in esame non faccia altro che mettere nelle condizioni il legislatore di elaborare leggi elettorali più efficaci e conformi tra Camera e Senato, ponendo rimedio ad alcune questioni critiche riguardanti la rappresentatività e la stabilità degli Esecutivi.

  Francesco BERTI (M5S) ringrazia il relatore per le precisazioni rese ma ribadisce le proprie perplessità, richiamando le considerazioni svolte nel suo precedente intervento. Considera infatti improprio e pericoloso utilizzare la legge elettorale al fine di garantire la governabilità, ritenendo al contrario che debba essere privilegiato il rispetto della volontà degli elettori, spettando successivamente alle forze politiche, attraverso il perseguimento di accordi programmatici, il compito di dare vita alla maggioranza.

  Stefano CECCANTI (PD) ritiene che la proposta di legge in esame ponga le condizioni per rendere più omogenei i sistemi di elezione di Camera e Senato, tenuto conto che entrambe le Camere svolgono le medesime funzioni e votano la fiducia al Governo. Ritiene dunque che molte delle questioni sollevate nell'odierno dibattito potranno essere affrontate in sede di discussione della legge elettorale.

  Salvatore DEIDDA (FDI) esprime netta contrarietà alla riduzione del numero dei delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica, rilevando come in Pag. 57tal modo si determini un'inaccettabile compressione della rappresentanza politica, soprattutto nelle Regioni caratterizzate dalla presenza di un'elevata frammentazione elettorale, nelle quali forze politiche che pure dispongono di un consenso significativo rischiano di essere escluse. Richiamando l'esperienza della sua regione di provenienza, la Sardegna, cita, in particolare, il caso delle forze politiche autonomiste. Alla luce di tali considerazioni, ritiene che la proposta di trasferire automaticamente la riduzione del numero dei parlamentari anche ai delegati regionali sia incomprensibile e demagogica.

  Stefano CECCANTI (PD) osserva come, nella prassi, l'elezione dei delegati regionali sia di solito preceduta da un accordo politico complessivo a livello nazionale che consente di fatto di garantire la rappresentanza di tutte le forze politiche che godono di un consenso significativo, comprese quelle espressione di forze politiche autonomiste in singole regioni o province autonome. Rileva quindi come le esigenze di rappresentanza delle forze politiche cui ha fatto riferimento il deputato Deidda potranno essere garantite, come accaduto finora, attraverso tale accordo politico, non essendo peraltro di per sé sufficiente al riguardo neppure la previsione di un numero di delegati regionali pari a tre anziché a due.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.25.

AUDIZIONI

  Mercoledì 20 novembre 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene la Ministra dell'interno Luciana Lamorgese.

  La seduta comincia alle 15.05.

Audizione sulle linee programmatiche della Ministra dell'interno Luciana Lamorgese.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e conclusione).

  Giuseppe BRESCIA, presidente, informa che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla webtv della Camera dei deputati. Introduce quindi l'audizione.

  La Ministra Luciana LAMORGESE svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Emanuele PRISCO (FDI), Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), Maurizio CATTOI (M5S) Laura RAVETTO (FI), Barbara POLLASTRINI (PD), Riccardo MAGI (MISTO-+E-CD) e Giuseppe BRESCIA, presidente, ai quali replica la Ministra Luciana LAMORGESE.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ringrazia la Ministra per l'esauriente relazione svolta e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.55.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 20 novembre 2019.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.55 alle 17.05.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 20 novembre 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.

  La seduta comincia alle 17.10.

Pag. 58

DL 126/2019: Misure di straordinaria necessità e urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti.
C. 2222 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VII e XI).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare nella seduta odierna, ai fini del parere alle Commissioni riunite VII e XI, il disegno di legge C. 2222, di conversione del decreto-legge n. 126 del 2019, recante misure di straordinaria necessità e urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti.

  Antonio VISCOMI (PD), relatore, illustra il contenuto del decreto-legge, che si compone di 10 articoli, rilevando come l'articolo 1, ai commi da 1 a 16 e 19, preveda l'indizione di una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservata a soggetti che hanno svolto almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali.
  La medesima procedura straordinaria è finalizzata, altresì, a consentire, al ricorrere delle condizioni indicate, il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nello stesso ordine di scuole ai medesimi soggetti, nonché a quelli che hanno svolto almeno tre annualità di servizio nelle scuole paritarie.
  Alla procedura straordinaria non possono, di fatto, partecipare i soggetti che hanno maturato un'esperienza professionale nel sistema di istruzione e formazione professionale, che fa capo alle regioni.
  La relazione illustrativa sottolinea che, attraverso tale procedura, da un lato, si rimedia alla grave carenza di personale di ruolo nelle scuole statali, dall'altro, si rimedia alla carenza di personale abilitato all'insegnamento nella scuola secondaria. Tale carenza comporta, per le scuole statali, la necessità di coprire parte del fabbisogno mediante ricorso a contratti a tempo determinato con docenti non abilitati, a scapito della qualità degli insegnamenti, e, per le scuole paritarie, l'impossibilità di rispettare l'obbligo di utilizzare esclusivamente docenti abilitati al fine di ottenere e mantenere il requisito della parità scolastica.
  Al contempo, si sopprimono le disposizioni transitorie che prevedevano la possibilità per i soggetti che avevano svolto almeno tre annualità di servizio nelle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione, anche se privi di abilitazione e di altri requisiti previsti dalla normativa vigente, di partecipare ai concorsi ordinari con una riserva di posti a loro destinata.
  In tale contesto la norma autorizza il MIUR ad avviare, entro il 2019 e contestualmente al concorso ordinario, una procedura straordinaria, bandita a livello nazionale e organizzata su base regionale, per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado e per il conseguimento dell'abilitazione nello stesso ordine di scuole.
  Nello specifico, la procedura straordinaria è bandita, in base al comma 2, «con uno o più provvedimenti», mentre, in base all'alinea del comma 11, «con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca».
  Segnala al riguardo l'opportunità di armonizzare sul punto la formulazione delle due disposizioni, nonché l'opportunità di correggere la dizione del comma 11, facendo riferimento all'adozione di un decreto del «Ministro» dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Inoltre, ai sensi del comma 3 la stessa procedura straordinaria è bandita (solo) per le regioni, le classi di concorso e le tipologie di posto per le quali si prevede che, negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023, vi saranno posti vacanti e disponibili. Letteralmente, dunque, anche la possibilità di conseguire l'abilitazione all'insegnamento Pag. 59è circoscritta a quelle regioni, classi di concorso e tipologie di posto per le quali si prevede che, nei prossimi tre anni scolastici, vi saranno posti vacanti e disponibili.
  In base al comma 8 ciascun soggetto può partecipare alla procedura straordinaria in un'unica regione «per il sostegno», oppure, in alternativa, per una sola classe di concorso. Dunque, a differenza della disciplina recata dal decreto legislativo n. 59 del 2017 per il concorso ordinario, in questo caso non vi è la possibilità di partecipare alla procedura sia per una classe di concorso, sia per il sostegno.
  La disposizione specifica, invece, che è consentita la partecipazione contestuale alla procedura straordinaria e al concorso ordinario, anche per la medesima classe di concorso e tipologia di posto.
  In base al comma 11 il bando della procedura straordinaria definisce, tra l'altro:
   i posti disponibili per le immissioni in ruolo in ciascuna regione e per ogni classe di concorso e tipologia di posto;
   i termini e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione;
   la composizione di un comitato tecnico-scientifico incaricato di validare ed eventualmente predisporre i quesiti a risposta multipla per la prova scritta per l'immissione in ruolo riservata ai docenti che hanno maturato l'esperienza nella scuola statale e per la prova scritta per il conseguimento dell'abilitazione riservata ai docenti che hanno maturato l'esperienza nella scuola paritaria;
   la composizione delle commissioni di valutazione – distinte per la prova scritta per l'immissione in ruolo riservata ai docenti che hanno maturato l'esperienza nella scuola statale e per la prova scritta per il conseguimento dell'abilitazione riservata ai docenti che hanno maturato l'esperienza nella scuola paritaria – e delle loro eventuali articolazioni;
   i titoli valutabili e il punteggio ad essi attribuibile ai fini della procedura per l'immissione in ruolo.

  La predetta procedura straordinaria è volta, anzitutto, alla definizione di graduatorie di vincitori, distinte per regione e classe di concorso, nonché per il sostegno, per l'immissione in ruolo di personale docente per complessivi 24.000 posti. Ove occorra, le immissioni in ruolo dei vincitori possono essere disposte anche successivamente all'anno scolastico 2022/2023, fino all'esaurimento della graduatoria.
  Più nello specifico, il comma 5 precisa che la procedura per il reclutamento è riservata ai soggetti, anche di ruolo, che sono in possesso dei seguenti requisiti:
   hanno conseguito, per la classe di concorso per la quale si concorre, il titolo di studio previsto per l'accesso ai concorsi ordinari dal decreto legislativo n. 59 del 2017; per la partecipazione ai posti di sostegno è richiesto anche il possesso della relativa specializzazione;
   fra gli anni scolastici 2011/2012 e 2018/2019, hanno svolto, su posto comune o di sostegno, almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, di cui almeno una nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre, esclusivamente nelle scuole secondarie statali.

  In base al testo, ciò è finalizzato a contrastare il ricorso ai contratti a tempo determinato nelle scuole statali e a favorire l'immissione in ruolo dei relativi precari. La relazione illustrativa evidenzia come ciò consentirà altresì di evitare che si debba riconoscere ai predetti soggetti, già dipendenti statali a tempo determinato per un periodo di tempo superiore a quello ordinario previsto dalla direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato, un risarcimento per abusiva reiterazione di contratti.
  Inoltre, il comma 6 stabilisce che è considerato solo il servizio prestato in una classe di concorso tra quelle di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, incluse le classi di concorso del previgente ordinamento ad esse corrispondenti, oppure nell'insegnamento di sostegno.Pag. 60
  Per la valutazione delle annualità di servizio, ai sensi del comma 5, lettera a), si applica quanto previsto dall'articolo 11, comma 14, della legge n. 124 del 1999, in base al quale l'anno scolastico si considera intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni, oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1o febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.
  In base al comma 4 ai vincitori della procedura straordinaria è destinata, in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto, la quota parte delle facoltà assunzionali destinata alle graduatorie ad esaurimento (GAE), non coperta con le stesse, che residua dopo le immissioni in ruolo operate attingendo alle graduatorie dei concorsi del 2016 (ordinario) e del 2018 (straordinario) – e non anche alle graduatorie dei futuri concorsi ordinari –, nonché, per l'anno scolastico 2020/2021, dopo le immissioni in ruolo derivanti dalla possibilità di optare per un'altra regione disciplinata dal comma 17. In ogni caso, i posti annualmente destinati ai vincitori della procedura straordinaria non possono superare quelli destinati, per ogni regione, classe di concorso e tipologia di posto, alle graduatorie dei concorsi ordinari.
  In particolare, ai sensi del comma 9 la procedura prevede:
   lo svolgimento di una prova scritta informatizzata, composta da quesiti a risposta multipla; la prova – che riguarda il programma di esame previsto per la prova del concorso straordinario per la scuola secondaria bandito nel 2018 – si intende superata con un punteggio minimo di 7/10 o equivalente;
   la formazione (in ogni regione, per ciascuna classe di concorso e per il sostegno) di una graduatoria dei vincitori, risultante dal punteggio conseguito nella prova scritta e da quello attribuito alla valutazione dei titoli, nel limite dei posti ante indicato;
   l'immissione in ruolo dei soggetti vincitori, nel limite dei posti annualmente autorizzati e, conseguentemente, l'ammissione al percorso annuale di formazione iniziale e prova;
   durante il periodo di formazione iniziale e prova, l'acquisizione, con oneri a carico dello Stato, dei 24 Crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA), qualora gli immessi in ruolo non ne siano già in possesso;
   una prova orale – ad integrazione del periodo di formazione iniziale e prova – che, ai sensi del comma 10 si intende superata con un punteggio minimo di 7/10 o equivalente, fermo restando che il medesimo periodo di formazione iniziale e prova si conclude con una valutazione finale, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2017; ove la valutazione sia positiva, tale periodo assolve all'obbligo dell'anno di prova se il servizio è stato effettivamente prestato per almeno 180 giorni, dei quali almeno 120 per le attività didattiche;
   l'abilitazione dei vincitori all'esercizio della professione docente, per la relativa classe di concorso, all'atto della conferma in ruolo.

  Ai candidati confermati in ruolo si applica quanto disposto dall'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 59 del 2017, che prevede che, in caso di valutazione positiva del percorso annuale di formazione iniziale e prova, il docente:
   è tenuto a rimanere presso l'istituzione scolastica ove ha svolto il periodo di prova, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni, salve particolari ipotesi;
   è cancellato da ogni altra graduatoria, di merito, di istituto o a esaurimento, nella quale è iscritto.

  Il comma 13 prevede che con regolamento, da adottare – senza indicazione di un termine – con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono definite:
   le modalità di acquisizione dei 24 Crediti formativi universitari o accademici Pag. 61(CFU/CFA) da parte degli immessi in ruolo, durante il periodo di formazione e prova, con oneri a carico dello Stato;
   la disciplina della prova orale, inclusi i contenuti e le modalità di svolgimento della medesima e l'integrazione della composizione del comitato di valutazione con almeno un membro esterno all'istituzione scolastica.

  Come già detto, ai sensi del comma 1, ultimo periodo, la procedura straordinaria è finalizzata anche al conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado.
  A tal fine, si prevede innanzitutto lo svolgimento di una prova scritta informatizzata – distinta, ma analoga a quella prevista per il reclutamento – riservata, ai sensi del comma 7, ai soggetti che hanno prestato servizio, su posto comune o di sostegno, fra gli anni scolastici 2011/2012 e 2018/2019, per almeno 3 annualità di servizio, anche non 3 consecutive, presso le «scuole paritarie».
  Per la partecipazione alla prova scritta per il conseguimento dell'abilitazione è necessario anche il possesso degli ulteriori requisiti previsti per la partecipazione alla procedura per il reclutamento.
  All'esito della medesima prova, ai sensi del comma 9, lettera e), i candidati che hanno conseguito il punteggio minimo di 7/10 o equivalente sono inseriti in appositi elenchi, nei quali sono inseriti anche i candidati che hanno conseguito il punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per il reclutamento del personale docente. La relazione illustrativa evidenzia che tutti coloro che nelle due prove scritte conseguono il punteggio minimo di 7/10 confluiscono, senza graduazione, nel medesimo elenco.
  Più nello specifico, ai sensi del comma 9, lettere f) e g), possono conseguire l'abilitazione all'insegnamento, acquisendo i 24 CFU/CFA, ove non ne siano già in possesso, con oneri a proprio carico, e superando una prova orale di abilitazione:
   i vincitori della procedura straordinaria; al riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che il riferimento è ai vincitori che non siano immediatamente immessi in ruolo, qualora essi intendano acquisire l'abilitazione prima dell'immissione in ruolo;
   i candidati che hanno ottenuto il punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per il reclutamento del personale docente (non vincitori della procedura straordinaria) e i candidati che hanno ottenuto il medesimo punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta per l'abilitazione all'insegnamento, ma solo a condizione che abbiano in essere un contratto di docenza a tempo determinato di durata annuale (30 settembre) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) presso una istituzione scolastica o educativa del sistema nazionale di istruzione (che comprende le scuole statali e paritarie), ferma restando la regolarità della relativa posizione contributiva.

  Le modalità di acquisizione, con oneri a proprio carico, dei 24 CFU/CFA, le modalità e i contenuti della prova orale di abilitazione, nonché la composizione della relativa commissione di valutazione sono definiti con il già citato regolamento.
  In tale contesto il comma 16 specifica che il conseguimento dell'abilitazione non dà diritto ad essere assunti alle dipendenze dello Stato.
  Il comma 15 sopprime inoltre le norme transitorie – recate dall'articolo 17, comma 2, lettera d), secondo e terzo periodo, del decreto legislativo n. 59 del 2017 e introdotte per venire incontro alle esigenze dei precari – che prevedevano (a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2019) la possibilità per i soggetti che avevano svolto almeno 3 annualità di servizio anche non continuativi negli 8 anni precedenti nelle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione (che comprende anche le scuole paritarie e il sistema di istruzione e formazione professionale), anche se privi di Pag. 62abilitazione e di altri requisiti previsti dalla normativa vigente (tra cui, il conseguimento dei 24 CFU/CFA), di partecipare ai concorsi ordinari per una tra le classi di concorso per le quali era stato maturato un servizio di almeno un anno, con una riserva di posti a loro destinata del 10 per cento.
  Il comma 17 dispone che, al fine di ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato, nell'anno scolastico 2020/2021, nelle regioni nelle quali le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 (per tutti gli ordini e gradi di scuola) e nel 2018 (per la scuola secondaria) siano insufficienti a coprire la relativa quota di immissioni in ruolo (pari al 50 per cento), i posti vacanti e disponibili residui sono coperti, su istanza degli interessati, mediante scorrimento delle graduatorie presenti, per gli stessi concorsi, in altre regioni.
  La disciplina applicativa è demandata ad un decreto del «Ministero» dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni, per la cui emanazione non è indicato un termine.
  In merito alla formulazione della norma segnala l'opportunità di correggerne la dizione facendo riferimento all'adozione di un decreto del «Ministro» dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Alle relative immissioni in ruolo si applica quanto disposto dall'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 59 del 2017.
  Il comma 18 proroga per un ulteriore anno la validità delle graduatorie del concorso bandito nel 2016, per una validità complessiva pari, dunque, a 5 anni.
  L'articolo 2, ai commi 1 e 2, modifica innanzitutto la procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici, in particolare sostituendo il corso-concorso selettivo di formazione con un concorso selettivo per titoli ed esami, organizzato su base regionale, bandito dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni.
  Resta fermo che al concorso possono partecipare i docenti e il personale educativo delle istituzioni statali in possesso di laurea magistrale o di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, che abbiano maturato un'anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza di almeno 5 anni.
  Resta, altresì, fermo, tra l'altro, che il concorso comprende una eventuale prova preselettiva, una o più prove scritte e una prova orale, cui segue la valutazione dei titoli. Si precisa che le prove scritte e la prova orale sono superate con il punteggio, in ciascuna prova, di almeno 7/10 o equivalente.
  Con uno o più decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è definita la disciplina applicativa, anche con riferimento ai contenuti dei moduli formativi previsti nei due anni successivi alla conferma in ruolo. Ai fini indicati, si modifica l'articolo 29, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Per la formazione, si autorizza una spesa di 180.000 euro annui a decorrere dal 2021.
  I commi 3 e 4 autorizzano il MIUR a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'assunzione, a decorrere da gennaio 2021, di 59 dirigenti tecnici, con conseguente maggiore spesa di personale per 7,90 milioni di euro annui (dal 2021). Il reclutamento è autorizzato in deroga a specifiche disposizioni che consentono l'avvio di procedure concorsuali da parte delle pubbliche amministrazioni.
  Per lo svolgimento del concorso è autorizzata la spesa di 170.000 euro nel 2019 e di 180.000 euro nel 2020.
  Nelle more dell'espletamento del concorso, si rifinanzia l'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 1, comma 94, della legge n. 107 del 2015, al fine di continuare a consentire l'attribuzione, anche per parte del 2019 e per il 2020, di Pag. 63incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a 3 anni per le funzioni ispettive, ferma restando la procedura prevista dallo stesso comma 94.
  Gli incarichi temporanei hanno comunque termine all'atto dell'immissione in ruolo dei dirigenti tecnici a seguito del concorso e, comunque, entro il 31 dicembre 2020. In particolare, il rifinanziamento è pari a 1,98 milioni di euro per il 2019 e a 7,90 milioni di euro per il 2020
  Il comma 5 modifica la disciplina relativa alla stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato e impegnato nell'erogazione dei medesimi servizi per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché inclusivi del 2018 e del 2019, in particolare sostituendo alla procedura selettiva per titoli e colloquio una procedura selettiva per soli titoli. Specifica, inoltre, che la procedura selettiva riguarda 11.263 posti.
  Inoltre, si dispone che alla procedura non possono partecipare i soggetti in particolari condizioni, quali, ad esempio, i condannati per i reati relativi a produzione, traffico o detenzione illecita di sostanze stupefacenti e i condannati per uno dei delitti contro la persona per i quali sono previste le pene accessorie.
  Si stabilisce altresì che il personale immesso in ruolo all'esito della procedura non ha diritto, né a fini giuridici, né a fini economici, al riconoscimento del servizio prestato quale dipendente delle imprese.
  Il comma 6 disciplina una procedura selettiva riservata per la progressione all'area di Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole (DSGA) degli assistenti amministrativi di ruolo che abbiano svolto a tempo pieno le funzioni di DSGA per almeno 3 anni scolastici interi, a decorrere dall'anno scolastico 2011/2012.
  In particolare, il testo dispone l'applicabilità, nel caso di specie, di quanto previsto dall'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75 del 2017, per il triennio 2018-2020, per le pubbliche amministrazioni che intendano valorizzare le professionalità interne, le quali, a determinate condizioni, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno.
  Le graduatorie della procedura selettiva riservata sono utilizzate in subordine a quelle del concorso in corso di svolgimento, attivato a seguito dell'articolo 1, comma 605, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).
  L'articolo 3, al comma 1, esclude i dirigenti scolastici dal sistema di verifica degli accessi e il personale ATA dal sistema di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi ai fini della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro, previsto dalla legge n. 56 del 2019 per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Il personale docente ed educativo era già escluso.
  Il comma 2, fermo restando l'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 63 del 2017, consente la riduzione o l'azzeramento della quota corrisposta dalle famiglie per i servizi di trasporto scolastico rispetto ai costi sostenuti dall'ente locale, in relazione alle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.
  Al riguardo, segnala l'opportunità di chiarire se la disposizione del comma 2 riguardi solo gli alunni della scuola primaria, cui fa riferimento il richiamato articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 63 del 2017, ovvero anche gli studenti degli altri gradi di istruzione, considerati nel comma 1 dello stesso articolo 5, nonché l'opportunità di chiarire – e in caso esplicitare – il valore di interpretazione autentica e quindi retroattivo della norma.
  L'articolo 4 esclude le università statali e le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) dall'obbligo di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA), nonché alle transazioni telematiche – di cui all'articolo 1, comma 450 e 452, della legge Pag. 64n. 296 del 2006 – per gli acquisti di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca.
  L'articolo 5, comma 1, aumenta da 6 a 9 anni la durata dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN) – a tal fine novellando l'articolo 16, comma 1, della legge n. 240 del 2010 – e dispone l'applicabilità della stessa durata anche alle ASN conseguite prima della data di entrata in vigore del decreto-legge.
  Inoltre, il comma 2 proroga di due anni (dunque, al 31 dicembre 2021) il termine per la chiamata nel ruolo di professori di I e II fascia di coloro che sono già in servizio nella stessa università come, rispettivamente, professori di II fascia e ricercatori a tempo indeterminato in possesso di ASN, nonché il termine (fissato, pertanto, ora, dal 2022) a partire dal quale l'università può utilizzare fino a metà delle risorse disponibili per coprire i posti di professore di ruolo per le chiamate a professore di II fascia di ricercatori a tempo determinato di tipo B.
  L'articolo 6 interviene sulla stabilizzazione dei precari negli enti pubblici di ricerca, avviata a seguito del decreto legislativo n. 75 del 2017, introducendo due nuovi commi 4-bis e 4-ter nell'articolo 12 del decreto legislativo n. 218 del 2016.
  In particolare, si prevede, al nuovo comma 4-bis, che il requisito relativo al reclutamento a tempo determinato con procedure concorsuali è soddisfatto anche dall'essere presente come idoneo, per lo stesso profilo professionale, in graduatorie vigenti alla data del 22 giugno 2017 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 75 del 2017), relative a procedure concorsuali ordinarie o bandite ai sensi del decreto – legge n. 101 del 2013.
  Nel caso di assunzione a tempo determinato con procedure non concorsuali, si provvede con espletamento di prove selettive.
  La disposizione prevede, inoltre, al nuovo comma 4-ter, che, ai fini del requisito di almeno 3 anni di servizio negli ultimi 8, si considerano anche i periodi relativi alle collaborazioni coordinate e continuative e agli assegni di ricerca svolti con il medesimo ente che procede all'assunzione.
  Con riferimento alle modalità di computo dei periodi di collaborazione ai fini del requisito dei tre anni di servizio – di cui al nuovo comma 4-ter dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 218 del 2016 – ai fini della stabilizzazione dei precari negli enti pubblici di ricerca, segnala l'opportunità di chiarire – e in caso esplicitare – il valore di interpretazione autentica e quindi retroattivo della norma.
  L'articolo 7 dispone che l'introduzione dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica – previsto dalla legge n. 92 del 2019 a decorrere dall'anno scolastico 2020/2021 – non determina un incremento della dotazione organica complessiva, né l'adeguamento dell'organico dell'autonomia alle situazioni di fatto oltre i limiti del contingente previsto dall'articolo 1, comma 69, della legge n. 107 del 2015.
  A tali fini, la disposizione novella l'articolo 2 della predetta legge n. 92 del 2016, inserendovi un nuovo comma 9-bis.
  Ricorda che l'articolo 2, comma 8, della legge n. 92 del 2019 già prevede che dall'introduzione dell'insegnamento dell'educazione civica non devono derivare incrementi o modifiche dell'organico del personale scolastico, né ore d'insegnamento eccedenti rispetto all'orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti.
  L'articolo 8, comma 1, prevede, per il 2019, un incremento di 8.426.000 euro del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, alla cui copertura si provvede, in base al comma 4, ai sensi dell'articolo 9.
  Al contempo, le risorse del Fondo sono ridotte dall'articolo 9 di 4 milioni di euro annui per il 2020, 2021 e 2022, a copertura degli oneri recati da altre disposizioni del decreto-legge.
  Il comma 2 prevede l'incremento di 10,5 milioni di euro per il 2019 del «Fondo «La Buona Scuola» per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» cui si provvede, in base al comma 4, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge. Pag. 65Al contempo, le risorse del Fondo sono ridotte dall'articolo 9 del decreto-legge di 4,26 milioni di euro per il medesimo 2019, a copertura degli oneri recati da altre disposizioni del decreto-legge.
  Il comma 3 riduce da 25,8 milioni a 12,3 milioni di euro per il solo 2019 il limite di spesa connesso all'utilizzo da parte delle università di docenti in servizio presso istituzioni scolastiche come tutor nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria.
  Il comma 5, prevede che il bonus per la valorizzazione del merito, inizialmente destinato solo ai docenti di ruolo, è destinato anche ai docenti con contratto a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) o fino al termine dell'anno scolastico (30 settembre).
  L'articolo 9, come già accennato in precedenza, reca la copertura finanziaria delle disposizioni onerose del decreto-legge, a tal fine attingendo, oltre che al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e al Fondo «La Buona Scuola», anche ai risparmi di spesa derivanti dalla modifica della procedura per il reclutamento di dirigenti scolastici, alle risorse per l'organizzazione dei concorsi per i docenti della scuola secondaria, a quelle per le attività di tutoraggio nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria, nonché a quelle destinate alla costituzione dei Gruppi territoriali per l'inclusione degli studenti con disabilità.
  L'articolo 10 regola l'entrata in vigore del decreto-legge.
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come molte disposizioni del decreto-legge attengano alle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», e «ordinamento civile», affidate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, rispettivamente, dall'articolo 117, secondo comma, lettere g), ed l), della Costituzione.
  In particolare, si tratta delle disposizioni attinenti al reclutamento e alla rilevazione delle presenze di personale scolastico (dirigenti scolastici, direttori dei servizi generali e amministrativi, docenti, collaboratori scolastici), al reclutamento di dirigenti tecnici del MIUR, alla stabilizzazione di personale da parte degli enti pubblici di ricerca, ai docenti universitari.
  Al riguardo, ricorda che, con sentenza n. 76 del 2013, la Corte costituzionale – nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 8 della legge della regione Lombardia n. 7 del 2012, che disponeva in merito all'assunzione, seppure a tempo determinato, di personale docente alle dipendenze dello Stato – ha fatto presente che «ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera g), Cost., trattandosi di norme che attengono alla materia dell'ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato», affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Quanto all'università – materia non espressamente citata nell'articolo 117 della Costituzione – ricorda, anzitutto, che l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 1996, l'autonomia di cui all'articolo 33 della Costituzione non attiene allo stato giuridico dei docenti universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo Stato e sono di conseguenza soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene di adottare. Tale orientamento è stato confermato, in tempi più recenti, con sentenza n. 310 del 2013.
  Per alcuni profili rileva anche la materia «norme generali sull'istruzione», anch'essa affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione.
  In particolare, nella sentenza n. 200 del 2009, la Corte costituzionale ha rilevato Pag. 66che, in via interpretativa, sono considerate norme generali sull'istruzione, fra le altre, quelle sulla parità scolastica, di cui alla legge n. 62 del 2000.
  Al riguardo, rammenta che, in base all'articolo 1 della predetta legge n. 62 del 2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali, che sono abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con disabilità.
  Con riguardo alla valutazione del servizio svolto presso le scuole paritarie, l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 255 del 2001, ha stabilito che i servizi di insegnamento prestati dal 1o settembre 2000 nelle scuole paritarie sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali.
  In argomento richiama una recente giurisprudenza secondo la quale la citata disposizione, «benché dettata per l'integrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente e in particolare per l'inserimento in esse e per l'aggiornamento del punteggio del personale già inserito, è espressione di un canone di parità di trattamento dell'attività di insegnamento prestata in scuole statali e in scuole paritarie onde riconoscere integralmente il servizio prestato in istituti paritari dal 1o settembre 2000, agli aspiranti all'assunzione negli istituti statali» (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, Sentenza 25 luglio 2018, n. 8415, confermata da T.A.R. Lazio – Roma, sez. III bis, Sentenza n. 10562 del 21 agosto 2019; T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, Sentenza n. 7110 del 3 giugno 2019; T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, Sentenza 26 novembre 2018, n. 11396).
  In virtù di tale interpretazione estensiva, il giudice amministrativo ha stabilito «che la sottrazione e/o il mancato riconoscimento del punteggio per il servizio prestato, nella specie a tempo indeterminato, in istituti scolastici paritari, appaiono in linea generale illegittimi poiché confliggenti col principio di pariordinazione dell'attività di insegnamento svolta presso istituti statali e istituti paritari sancito dall'articolo 2, comma 2, decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 convertito con legge n. 333 del 2001». A suffragio dell'interpretazione estensiva il giudice ha posto «la medesimezza del fine dei procedimenti de quibus (aggiornamento, a termini dell'articolo 2, comma 2 primo periodo, decreto-legge n. 255 del 2001, del proprio punteggio in graduatoria permanente da un lato e concorso a posti di personale docente dall'altro), fine che è l'assunzione in servizio presso istituti scolastici statali, nonché la medesimezza dell'oggetto o strumento dell'incremento, ossia il punteggio relativo al servizio prestato negli istituti paritari e costituente nella procedura concorsuale la parte del punteggio afferente ai titoli di servizio».
  In tale contesto, la medesima giurisprudenza ha altresì ribadito il principio secondo cui «l'articolo 2 comma 2, decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito nella legge 20 agosto 2001, n. 333, stabilisce espressamente che solo i servizi di insegnamento prestati dal 1o settembre 2000 nelle scuole paritarie, quali definite dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, siano valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali, assumendo quindi e semmai rilievo l'assenza di distinzione nella natura del datore di lavoro soltanto a partire da quella data e non per i servizi prestati prima, in cui invece sussisteva la differenziazione tra scuola pubblica e scuola privata e correlato tipo di rapporto/datore di lavoro.» (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III bis, 17 aprile 2014, n. 4144).
  Rileva inoltre come le disposizioni di natura contabile di cui all'articolo 8 siano riconducibili alla materia «sistema tributario e contabile dello Stato», anch'esso affidato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
  Le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, relative alla possibile gratuità del servizio di trasporto scolastico sono riconducibili al diritto allo studio, che non Pag. 67è espressamente citato nel vigente articolo 117 della Costituzione, ma trova fondamento nell'articolo 34, terzo comma, della Costituzione, in base al quale i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con quattro osservazioni (vedi allegato).

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 17.15.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 20 novembre 2019.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Libera, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 474 Nesci, C. 1512 Bruno Bossio e C. 1630 Santelli, recanti modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 17.15 alle 17.30.

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