CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 settembre 2019
239.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 19

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 17 settembre 2019. – Presidenza del vicepresidente Franco VAZIO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.05.

Variazione della composizione della Commissione.

  Franco VAZIO, presidente, comunica che è entrato a far parte della Commissione giustizia nel gruppo misto l'onorevole Carmelo Lo Monte. Inoltre, comunica che l'onorevole Jacopo Morrone, del gruppo della Lega, è entrato a far parte della Commissione in sostituzione dell'onorevole Fabio Massimo Boniardi.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2018.
C. 2017 Governo, approvato dal Senato.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2019.
C. 2018 Governo, approvato dal Senato.

Tabella n. 2: stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019 (limitatamente alle parti di competenza).

Pag. 20

Tabella n. 5: stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2019.
Tabella n. 8: stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2019 (limitatamente alle parti di competenza).
Tabella n. 10: stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno finanziario 2019 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in oggetto.

  Franco VAZIO, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, la Commissione è chiamata ad esaminare congiuntamente il disegno di legge C. 2017 Governo, approvato dal Senato, recante il «Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2018» ed il disegno di legge C. 2018 Governo, approvato dal Senato, recante « Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2019», con particolare riferimento: allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2) (limitatamente alle parti di competenza), allo stato di previsione del Ministero della giustizia (Tabella n. 5), allo stato di previsione del Ministero dell'interno (Tabella n. 8) (limitatamente alle parti di competenza) e allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Tabella 10) (limitatamente alle parti di competenza).
  Per quanto riguarda le modalità di esame, ricorda che dopo l'esame preliminare la Commissione procede all'esame delle proposte emendative presentate nonché a quello delle relazioni predisposte dal relatore con riferimento a ciascun disegno di legge, iniziando dal disegno di legge di approvazione del rendiconto e passando successivamente al disegno di legge di assestamento.
  Per quanto concerne il regime di ammissibilità delle proposte emendative, ricorda che il disegno di legge di approvazione del rendiconto è sostanzialmente inemendabile, nel senso che sono ammissibili soltanto le proposte emendative volte ad introdurre nel medesimo disegno di legge modifiche di carattere meramente tecnico o formale.
  Per quanto riguarda invece il disegno di legge di assestamento, ricorda innanzitutto che, ai fini dell'ammissibilità, le proposte emendative devono essere riferite alle unità di voto parlamentare (tipologia di entrata o programma di spesa) e possono avere ad oggetto tanto le previsioni di competenza quanto quelle di cassa. Non possono invece avere ad oggetto l'ammontare dei residui iscritti nelle predette unità di voto, in quanto essi derivano da meri accertamenti contabili. Gli emendamenti riferiti alle previsioni di entrata sono ammissibili soltanto se fondati su valutazioni tecnico-finanziarie adeguatamente documentate, tali da comprovare la necessità di modificare le previsioni di entrata di competenza e/o di cassa. In ogni caso le proposte emendative non possono comportare un peggioramento dei saldi di finanza pubblica e pertanto, ove risultino onerose, devono essere compensate mediante l'utilizzo di risorse iscritte in altre unità di voto parlamentare, anche se facenti parte di altra missione o di altro stato di previsione. È considerata emendabile l'intera dotazione dei programmi di spesa, ivi compresa quindi l'eventuale quota potenzialmente riferibile agli oneri inderogabili in mancanza di puntuali indicazioni nel testo del disegno di legge di assestamento circa l'ammontare dei predetti oneri in relazione a ciascun programma di spesa. È comunque esclusa la possibilità di compensare l'incremento di stanziamenti di spesa di parte corrente mediante riduzione di stanziamenti di spesa di conto capitale.
  Per quanto riguarda gli stanziamenti di cassa ricorda che deve tenersi conto di un ulteriore criterio di ammissibilità. In particolare, essi sono emendabili a condizione che, nel caso di emendamenti volti ad incrementare l'autorizzazione di cassa, lo stanziamento derivante dall'emendamento Pag. 21non superi la cosiddetta «massa spendibile», costituita dalla somma dello stanziamento di competenza e dei relativi residui passivi.
  Per quanto concerne il regime di presentazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge di assestamento, ricorda che, in sede consultiva, possono essere presentati emendamenti riferiti alle rispettive parti di competenza di ciascuna Commissione con compensazioni a valere sulle medesime parti di competenza ovvero su parti di competenza di altre Commissioni, nonché emendamenti migliorativi dei saldi – e in quanto tali privi di compensazione finanziaria – riferiti alle predette parti di competenza. Tutte le citate tipologie di emendamenti possono essere altresì presentate anche direttamente in Commissione bilancio. Gli emendamenti approvati durante l'esame in sede consultiva sono trasmessi alla Commissione bilancio come emendamenti di iniziativa della Commissione che li ha approvati; quelli respinti devono essere presentati nuovamente in Commissione bilancio, anche al solo fine di permetterne la successiva ripresentazione in Assemblea. Sia gli emendamenti approvati, sia quelli respinti in sede consultiva e ripresentati in Commissione bilancio, sia quelli presentati per la prima volta presso la V Commissione sono da quest'ultima esaminati in sede referente. Solo gli emendamenti approvati dalla Commissione bilancio entrano a far parte del testo elaborato in sede referente ai fini dell'esame in Assemblea.
  Rammenta che l'esame in sede consultiva si conclude con l'approvazione di una relazione per ciascun disegno di legge. Nel caso del disegno di legge di assestamento, l'esame può anche concludersi con l'approvazione di una relazione per ciascuno stato di previsione di competenza della Commissione. Possono essere presentate relazioni di minoranza. Le relazioni approvate, unitamente alle relazioni di minoranza e agli emendamenti approvati, sono trasmessi alla Commissione bilancio.
  Ricorda, infine, che il termine per la presentazione di emendamenti è stato fissato alle ore 18 della giornata odierna.

  Roberto CATALDI (M5S), relatore, prima di procedere all'illustrazione dei provvedimenti in esame e dei dati contabili in essi contenuti, tiene a sottolineare le maggiori risorse che il Governo ha inteso destinare al settore della giustizia, evidenziando il riflesso che tale scelta può avere sulla vita delle persone. Sottopone in particolare all'attenzione dei colleghi i 600 milioni di euro che, come meglio dettagliato più avanti, sono destinati, oltre che al reclutamento del personale, anche al miglioramento dell'edilizia carceraria, attraverso interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria oltre che di ampliamento delle strutture esistenti. In secondo luogo, evidenzia gli investimenti destinati al settore civile e penale, che rappresentano un passo importante per favorire la durata ragionevole dei processi. Nel riconoscere che il raggiungimento di tale obiettivo richiederà anche interventi di tipo diverso volti ad intervenire sul versante della semplificazione dei procedimenti, sottolinea come ciò rappresenti un beneficio per tutte le persone che quotidianamente si trovano coinvolte in esperienze degne del processo di Kafka. Aggiunge che, per quanto riguarda in particolare il settore civile, a beneficiarne sarà anche lo sviluppo economico del Paese, considerato che una delle criticità che tiene lontani dall'Italia gli investitori stranieri è rappresentata dalla lunghezza del processo.
  Nel passare all'illustrazione degli atti all'esame della Commissione, rammenta che, per quanto concerne il Rendiconto relativo all'anno 2018 (A.C. 2017), lo stato di previsione del Ministero della giustizia (tabella n. 5) contenuto nella legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) recava le seguenti previsioni iniziali: le spese correnti ammontavano, rispettivamente per i profili di competenza e di cassa, a 7.931, 7 e 8.203, 36 milioni di euro; le spese in conto capitale ammontavano a 326, 1 (competenza) e 365,4 (cassa) milioni di euro; le spese finali erano pari a 8.257,8 (competenza) e 8.569,0 (cassa) milioni di euro.Pag. 22
  Sottolinea che, a seguito della legge di assestamento (legge n. 111 del 2018) e delle variazioni intervenute per atto amministrativo in corso d'anno, il rendiconto del Ministero della giustizia per il 2018 reca stanziamenti definitivi di competenza per complessivi 8.877,3 milioni di euro. Le previsioni di cassa risultano pari a 9.169,6 milioni di euro.
  Rammenta che l'incidenza percentuale delle risorse per la giustizia sul bilancio dello Stato è stata nel 2018 dell'1,4 per cento. Negli esercizi precedenti (dal 2014 al 2017) la percentuale era stata dell'1,3 per cento.
  Evidenzia che lo stato di previsione del Ministero della giustizia per il 2018 comprendeva due missioni, articolate in programmi: missione 6 «Giustizia»; missione 32 «Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche».
  Con riguardo alle spese della missione 6 «Giustizia» (che da sola assorbe il 98 per cento delle risorse assegnate al Ministero), precisa che gli stanziamenti definitivi di competenza 2018 sono stati pari a 8.687,7 milioni (sui 8.877,3 milioni di euro totali). In tale ambito, gli stanziamenti per i quattro programmi della missione risultanti dal rendiconto sono i seguenti: amministrazione penitenziaria: 3.037,8 milioni (con un incremento di 608,3 milioni rispetto alle previsioni iniziali); giustizia civile e penale: 4.139,7 milioni (con un incremento di 199,7 milioni rispetto alle previsioni iniziali); giustizia minorile e di comunità: 277,8 milioni (con un incremento di 25 milioni rispetto alle previsioni iniziali); servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria: 1.232,4 milioni (con un aumento di 143,3 milioni rispetto alle previsioni iniziali).
  Per quanto concerne alcune spese di particolare interesse della Commissione, segnala che il programma Amministrazione penitenziaria assorbe il 35 per cento dello stanziamento della missione «giustizia» e reca stanziamenti definitivi pari a 3.037,8 milioni, in aumento di 240 milioni rispetto alle previsioni iniziali (2.797,5) e rispetto all'esercizio 2017 (2.879 milioni).
  Rileva che il 77 per cento dello stanziamento per l'amministrazione penitenziaria è assorbito da redditi da lavoro dipendente, in significativo aumento rispetto alle previsioni iniziali, anche a seguito del processo di reclutamento in corso presso la polizia penitenziaria. Ulteriori scostamenti rispetto alle previsioni iniziali riguardano inoltre la manutenzione ordinaria degli immobili.
  Fa notare che nell'ambito del programma Giustizia civile e penale lo stanziamento definitivo 2018 è pari a 4.139,7 milioni, con un aumento delle spese di circa 200 milioni di euro rispetto alle previsioni iniziali (3.940 milioni) e all'esercizio 2017 (con un incremento pari al 4,5 per cento). Il 74,7 per cento dello stanziamento è assorbito da redditi da lavoro dipendente, che risultano anch'essi in aumento in ragione delle politiche di assunzione del personale intraprese nel 2018, che hanno riguardato sia magistrati che personale amministrativo. Attiene al personale anche lo stanziamento di 16,6 milioni di euro, in aumento di 10,8 milioni di euro rispetto alle previsioni iniziali, relativo ai tirocini formativi presso gli uffici giudiziari.
  Sottolinea che le più significative variazioni negli stanziamenti di competenza evidenziate dal rendiconto riguardano, inoltre, le spese di funzionamento degli uffici giudiziari: per la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria degli immobili adibiti a uffici giudiziari il cap. 7200 passa, infatti, da uno stanziamento iniziale di 37,2 milioni a previsioni definitive di competenza per 70 milioni di euro.
  Evidenzia che per il programma Giustizia minorile e di comunità sono stati stanziati nel 2018 277,8 milioni di euro, con un aumento di circa 25 milioni rispetto alle previsioni iniziali e rispetto agli stanziamenti 2017.
  Ricorda che, a partire dal 2017, il programma vede ascritte tutte le aree funzionali inerenti l'esecuzione penale esterna e la messa alla prova, con l'intento di realizzare l'aggregazione di due sistemi, quello minorile e quello della esecuzione Pag. 23penale esterna e della messa alla prova. La ratio della riforma organizzativa, con i connessi riflessi contabili, mira alla unificazione del complessivo sistema della esecuzione penale esterna. I redditi da lavoro dipendente assorbono quasi il 70 per cento degli stanziamenti e sono in costante aumento per le politiche di reclutamento del personale che investono anche la polizia penitenziaria che opera all'interno di questo programma a seguito dello spostamento di risorse umane dal DAP.
  Rileva che nel programma Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria sono appostate, dal 2017, le c.d. spese di giustizia, il cui stanziamento 2018 è pari a 1.232,4 milioni di euro, in aumento di 143,3 mln rispetto alle previsioni di bilancio e di 64,2 milioni rispetto allo stanziamento 2017. Tre sono i principali capitoli su cui si articola questo programma: il cap. 1360 (Spese di giustizia nei procedimenti penali e civili, gratuito patrocinio, giudici popolari, periti, testimoni, custodi, traduzioni, notificazioni di atti ecc.), che con 623,8 milioni copre più della metà delle spese di giustizia; si tratta di uno stanziamento nuovamente in aumento non solo rispetto alle previsioni iniziali, con un incremento di 151,1 milioni, ma anche rispetto agli esercizi precedenti; il cap. 1362 (Indennità da corrispondere ai giudici di pace), che registra nel rendiconto uno stanziamento di 135,4 milioni di euro, in calo di 12 milioni rispetto alle previsioni iniziali e di 3,5 milioni rispetto all'esercizio 2017 (138,9 milioni). Il calo è da ricondurre, secondo il Ministero, oltre alle vacanze di organico della magistratura onoraria, all'adozione di alcuni interventi normativi che hanno inciso sul trattamento economico dei magistrati onorari: con la legge finanziaria per l'anno 2005 è stato previsto che le indennità spettanti ai giudici di pace non possono superare, in ogni caso, l'importo di euro 72.000 lordi annui; con la legge finanziaria per l'anno 2010, è stato introdotto il contributo unificato per i ricorsi avverso le opposizioni a sanzioni amministrative ex articolo 23 della legge n. 689 del 1981 (comminate per violazione del codice della strada) con una conseguente riduzione dei ricorsi presentati al giudice di pace; con la legge n. 57 del 2016 è stata abolita l'indennità riconosciuta al giudice di pace coordinatore; con il decreto legislativo n. 116 del 2017 sono state previste nuove modalità di quantificazione dell'indennità spettante alla magistratura onoraria. Rammento, inoltre, che con decreto ministeriale 22 febbraio 2018 è stata definita in 8.000 unità la dotazione organica della magistratura onoraria; il capitolo 1363 (Spese per intercettazioni), che reca uno stanziamento di 230,7 milioni, invariato rispetto al bilancio di previsione e in calo rispetto al 2017.
  Per quanto riguarda il disegno di legge di assestamento 2019 (A.C. 2018), segnala che con lo stesso si correggono, a metà esercizio, le previsioni già contenute nella legge di bilancio 2019.
  Lo stato di previsione del Ministero della giustizia (tabella n. 5) per l'anno finanziario 2019, approvato con la legge n. 145 del 2018, recava previsioni di competenza per un totale di 8.582,1 milioni di euro, di cui 8.153,0 di parte corrente e 429,1 in conto capitale. In particolare, il disegno di legge di assestamento propone, per lo stato di previsione del Ministero della giustizia, un aumento di 9,2 milioni di euro delle previsioni di competenza ed un aumento di 59,8 milioni di euro delle autorizzazioni di cassa. Per quanto riguarda i residui, vengono iscritti in bilancio 518,8 milioni di euro, ripartiti tra parte corrente e conto capitale in ragione, rispettivamente, di 348,6 e 170,2 milioni di euro.
  Rileva che per quanto riguarda la competenza – per effetto sia delle variazioni intervenute per atto amministrativo sia di quelle proposte con il disegno di legge di assestamento in esame – le previsioni assestate 2019 per il Ministero della giustizia risultano pari a 8.776,7 milioni di euro, in aumento di 194,6 milioni rispetto alle previsioni iniziali. Le autorizzazioni di cassa assestate ammontano a 9.199,1 milioni di euro, in aumento di 245,2 milioni rispetto alle previsioni iniziali. La massa spendibile (ovvero la somma degli stanziamenti Pag. 24di competenza e dei residui finali) risulta, dopo l'assestamento, pari a 10.057,9 milioni di euro. L'incidenza percentuale del bilancio assestato del Ministero della giustizia in relazione al bilancio dello Stato nel 2019 risulta pari all'1,4 per cento; tale percentuale è stabile rispetto all'esercizio 2018 e in aumento rispetto all'1,3 per cento degli esercizi precedenti. L'aumento delle dotazioni di competenza riguarda esclusivamente la Missione 6 (Giustizia), che passa da uno stanziamento di 8.359,2 mln delle previsioni iniziali a 8.568,5 milioni dell'assestamento, con un incremento di 209,3 milioni, ed è imputabile essenzialmente a spese inerenti al personale.
  Precisa che per quanto riguarda l'amministrazione penitenziaria, i principali scostamenti rispetto alle previsioni iniziali sono imputabili all'avanzare delle procedure di reclutamento del personale di polizia penitenziaria e ad interventi sull'edilizia penitenziaria.
  Nel programma «giustizia civile e penale» le variazioni attengono nuovamente ai capitoli relativi al personale, al sistema informativo e alle spese per l'acquisto di beni e servizi. Il programma «giustizia minorile e di comunità» registra un aumento delle previsioni di competenza per 9,2 milioni di euro; più contenuto è invece l'aumento degli stanziamenti per il programma «servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria», con un incremento di 3,5 milioni di euro.
  Segnala, infine, che gli stanziamenti del programma «indirizzo politico» sono ridotti di oltre 14 milioni di euro e sono imputati ai fondi da ripartire alimentati dal riaccertamento dei residui passivi perenti.

  Giusi BARTOLOZZI (FI), chiede di avere il tempo necessario per valutare il contenuto dei provvedimenti all'esame della Commissione.

  Franco VAZIO, presidente, ricorda che, come concordato nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, tenutosi nella scorsa settimana, il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 18 di oggi e che l'esame dei provvedimenti in titolo sarà concluso entro le ore 15 della giornata di domani. Ritiene che, nel rispetto delle predette scadenze, vi sarà modo di esprimere le proprie considerazioni.

  Enrico COSTA (FI) ricorda ai colleghi che i provvedimenti in esame, trasmessi dal Senato il 24 luglio scorso, sono stati predisposti dal precedente Governo, composto da una maggioranza diversa da quella attuale. Pone pertanto una questione di natura politica, manifestando fin d'ora il proprio stupore nel caso in cui i deputati del Partito democratico, prima all'opposizione, non dovessero avanzare rilievi in relazione ad atti predisposti dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega, accogliendoli così come sono per quieto vivere. Ritiene che tale eventuale atteggiamento del Partito democratico preannunci per il futuro, in luogo della discontinuità rispetto all'azione del Governo precedente, l'adesione totale e l'accettazione acritica di decisioni un tempo ritenute indigeribili. Dichiara pertanto di aspettarsi che i colleghi del Partito democratico avanzino osservazioni sui provvedimenti in esame.

  Franco VAZIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018.
C. 1201-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Franco VAZIO, presidente, ricorda che la Commissione inizia oggi l'esame, in sede consultiva, del disegno di legge C. 1201-B Governo, approvato dalla Camera e modificato Pag. 25dal Senato, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018», per le parti di competenza.
  Ricorda altresì che la Commissione è chiamata a trasmettere alla XIV Commissione, per le parti di competenza, una relazione sul disegno di legge di delegazione europea; potranno essere altresì trasmessi gli emendamenti al disegno di legge di delegazione europea approvati dalla Commissione, il cui termine per la presentazione, come concordato nell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato fissato alle ore 19 della giornata odierna.
  Ricorda inoltre che gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale, mentre gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.

  Mario PERANTONI (M5S), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge C. 1201 B recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2018», già approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
  Nel rinviare alla documentazione predisposta dagli uffici per una descrizione dettagliata del contenuto del provvedimento, relativamente ai profili di stretta competenza della Commissione Giustizia, si sofferma sulle disposizioni contenute agli articoli 3, 4, e 6 del provvedimento.
  In particolare, l'articolo 3, modificato nel corso dell'esame in Senato, contiene i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode – che leda gli interessi finanziari dell'Unione – mediante il diritto penale, cosiddetta «direttiva PIF (protezione interessi finanziari)». Il termine per il recepimento della direttiva è il 6 luglio 2019.
  A tale proposito, rammenta che la direttiva 2017/1371 ha per oggetto la fissazione di «norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, al fine di rafforzare la protezione contro reati che ledono tali interessi finanziari» (articolo 1).
  A tal fine (articolo 2), è specificata la nozione di «interessi finanziari», per cui, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), «si intendono tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù: del bilancio dell'Unione; dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell'Unione istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati.» Tutte le risorse proprie sono dunque ricondotte entro la nozione di interessi finanziari dell'Unione, compresa la materia dell'IVA
  Con specifico riferimento ai principi e criteri direttivi della delega, la lettera a) del comma 1 dell'articolo in discussione prescrive che il Governo individui le fattispecie incriminatrici già previste nell'ordinamento interno che possano essere ritenute lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea, e quindi corrispondano alla definizione di reati secondo quanto previsto dalla direttiva (con particolare riguardo agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della stessa).
  Nello specifico, gli articoli 3 e 4 (titolo II) della direttiva sono dedicati all'elencazione dei reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.
  È in primo luogo definita (articolo 3, paragrafo 2 della direttiva) la nozione di frode lesiva degli interessi finanziari. Essa si articola in quattro punti che riguardano le materie delle: spese sostenute dall'Unione e non relative agli appalti; spese Pag. 26sostenute dall'Unione e relative agli appalti; entrate dell'Unione, diverse dalle risorse proprie provenienti dall'IVA; entrate derivanti dalle risorse IVA.
  Le diverse forme di frode si possono realizzare secondo specifiche modalità. La prima tipologia di condotta fraudolenta si sostanzia nell'utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui segua il conseguimento di un indebito beneficio per l'agente, con danno del bilancio UE. Il secondo modello, invece, coincide con la mancata comunicazione di informazioni, a fronte di un preciso obbligo in tal senso, da cui derivino le medesime conseguenze. Il terzo tipo di condotta fraudolenta, invece, si rinviene nella distrazione di somme o benefici (ovvero il conseguimento a finalità incompatibili con quelle originarie). Per la sola IVA si prevede tuttavia, accanto alle predette condotte fraudolente, altresì la «presentazione di dichiarazioni esatte (...) per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell'IVA».
  Il Governo, nell'esercizio della delega, dovrà inoltre individuare le norme interne relative ai reati che, pur essendo diversi dalle condotte fraudolente direttamente tese a far conseguire un vantaggio all'agente con danno del bilancio UE, sono in grado di apportare un danno al medesimo bene giuridico secondo quanto previsto dalla direttiva (articolo 4).
  Questa, infatti, impone specifici obblighi d'incriminazione per: il riciclaggio di denaro (con rinvio alla direttiva 2015/849/UE, peraltro modificata dalla direttiva 2018/843/UE) commesso con beni tratti dalla consumazione di altro reato individuato dalla Direttiva; la corruzione, passiva e attiva (come definita al paragrafo 2, lettere a) e b); l'appropriazione indebita (paragrafo 3).
  Il medesimo articolo 3, al comma 1, lettera b), impone al Governo di sostituire nelle norme nazionali vigenti che prevedono reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, i riferimenti alle «Comunità europee», con quelli all’«Unione europea».
  La lettera c) del comma 1, prescrive invece al Governo un intervento abrogativo delle norme interne che risultino incompatibili con quelle della Direttiva e in particolare di quelle che stabiliscono la non punibilità a titolo di concorso o di tentativo dei delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea.
  Tale criterio sembra rispondere a quanto previsto dalla direttiva che (articolo 5, paragrafo 1), impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché siano punibili come reato l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 della Direttiva. Con riferimento alla punibilità del tentativo di reato la direttiva (articolo 5, paragrafo 2) la limita ai reati di cui all'articolo 3 (frode) e all'articolo 4, paragrafo 3 (appropriazione indebita), della stessa: rimangono dunque al di fuori degli obblighi di criminalizzazione, il tentativo sia di riciclaggio sia di corruzione.
  La lettera d) del comma 1, modificata nel corso dell'esame del disegno di legge in Senato, concerne le ipotesi di corruzione e delega il Governo a modificare l'articolo 322-bis del codice penale.
  Il disegno di legge delega il Governo a estendere la punibilità proprio per i fatti di corruzione passiva, come definita dalla Direttiva, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all'Unione europea quando tali fatti siano posti in essere in modo da ledere anche potenzialmente gli interessi finanziari dell'Unione.
  Il testo approvato dalla Camera in prima lettura delegava inoltre il governo a estendere l'applicazione dell'articolo 322-bis anche alla corruzione passiva di pubblici ufficiali di organizzazioni pubbliche internazionali e ad eliminare la previsione che attualmente circoscrive l'applicazione dell'articolo 322-bis ai fatti commessi in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria. Tali principi di delega sono stati soppressi dal Senato.Pag. 27
  La lettera e) prescrive al Governo di integrare la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea e che non risultino già compresi nelle disposizioni del citato decreto legislativo.
  La lettera f) demanda al Governo la previsione, ove necessario, della punibilità con una pena massima di almeno 4 anni di reclusione per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2017/1371.
  La lettera g) prevede altresì, quale criterio di delega, che sia prevista un'aggravante, ove necessario, qualora un reato che lede gli interessi finanziari dell'Unione europea sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale, ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI (si tratta di una norma che appare ispirata al medesimo meccanismo di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 306 del 1992).
  La lettera h) concerne la possibilità – prevista dall'articolo 9 della Direttiva- per gli Stati membri, di introdurre per le persone giuridiche, talune delle sanzioni di cui all'articolo 9 della direttiva suddetta. Al riguardo il Governo è delegato a prevedere ove necessario, in caso di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, talune delle suddette sanzioni previste dalla Direttiva, in aggiunta alle sanzioni amministrative previste dal sopra citato decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (articoli da 9 a 23).
  Infine, la lettera i) impone al Governo di adeguare, ove necessario, le norme nazionali in materia di giurisdizione penale per i reati c.d. PIF.
  Il Governo, nell'esercizio della delega dovrà prevedere, inoltre, ove necessario, una o più estensioni della giurisdizione penale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 11, paragrafo 3, della Direttiva.
  Ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame, i decreti delegati sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Il comma 3 contiene la clausola di invarianza finanziaria e la specificazione che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui all'articolo in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Nel passare all'esame dell'articolo 4 del disegno di legge in discussione, modificato nel corso dell'esame in Senato, segnala che lo stesso contiene la delega al Governo per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939. Tale regolamento, sulla base della procedura di cooperazione rafforzata, ha istituito la Procura europea (cd. EPPO, European Public Prosecutor's Office). Gli obblighi di adeguamento previsti dall'articolo in esame riguardano l'armonizzazione del diritto interno con il nuovo ufficio inquirente europeo, le nuove figure istituzionali e relative competenze, i rapporti con le autorità inquirenti nazionali nonché gli aspetti procedimentali della cooperazione.
  Il comma 1 dell'articolo 4 delega il Governo ad adottare, entro nove mesi, con le procedure di cui all'articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 2017/1939.
  L'intervento, dato l'ambito di competenza dell'EPPO, ovvero le frodi contro gli interessi finanziari dell'Unione, appare strettamente collegato all'attuazione della direttiva n. 2017/1371 (cd. direttiva PIF), oggetto dell'articolo 3 del disegno di legge che detta i principi direttivi per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale a tale direttiva sul piano del diritto penale sostanziale. La delega prevista dall'articolo in esame riguarda, invece, il corrispondente adeguamento sul piano processuale.Pag. 28
  Il comma 2 specifica che tali decreti sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze.
  Il comma 3 dell'articolo 4 contiene gli specifici princìpi e criteri di esercizio della delega che vanno ad affiancarsi ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, della legge n. 234 del 2012.
  In particolare, la lettera a) delega il Governo ad individuare l'autorità nazionale competente alla designazione dei tre candidati al posto di procuratore europeo nonché i criteri e le modalità del procedimento di nomina.
  Una norma transitoria, introdotta nel corso dell'esame alla Camera e poi ampiamente modificata nel corso dell'esame in Senato), prevede che in fase di prima attuazione, la designazione dei tre candidati al ruolo di procuratore capo europeo sia effettuata mediante un complesso meccanismo di concorso tra Consiglio superiore della magistratura (CSM) e Ministro della giustizia (comma 4).
  Nello specifico, a seguito delle modifiche approvate dal Senato, è previsto che i magistrati che intendono candidarsi al ruolo di procuratore europeo devono aver superato la quarta verifica di professionalità (non ostando alla candidatura il fatto di essere collocati fuori ruolo) e devono presentare domanda al CSM (comma 5).
  Le domande sono poi esaminate, in via autonoma, sia dal CSM sia dal Ministro della giustizia, al quale saranno inoltrate. In esito alla propria disamina, quest'ultimo trasmette al CSM una graduatoria, munita delle relative valutazioni. Se il CSM condivide le valutazioni ministeriali, effettua senz'altro la designazione dei primi tre candidati e la trasmette al Ministro, affinché questi la inoltri all'EPPO (comma 6).
  Viceversa, ove il CSM non condivida le valutazioni del Guardasigilli, gli restituisce gli atti con provvedimento motivato. Decorre allora un termine di 15 giorni entro cui il Ministro – a sua volta e alternativamente – può (comma 7): formare una nuova graduatoria conforme alle valutazioni del CSM; invitare il CSM a rivedere la propria posizione.
  In entrambi i casi, la designazione spetta comunque al CSM, con la precisazione che – se il Ministro abbia insistito su proprie posizioni – la designazione deve motivare specificamente le ragioni per cui il CSM non abbia aderito all'impostazione del Ministro (comma 8).
   Segnala che questa procedura – in larga sostanza – risponde ai rilievi espressi dal Consiglio superiore della magistratura nel parere (delibera del 12 novembre 2018), in cui era evidenziato tra l'altro che «date le caratteristiche che il PE dovrà avere e l'attività tipicamente giudiziaria che è chiamato a svolgere, deve ritenersi che, in forza della disposizione dei cui all'articolo 105 della Costituzione, debba essere il CSM l'autorità dello Stato deputata a selezionare i candidati ed indicare la terna».
  Infine, il comma 9 esclude per i magistrati nominati alla Procura europea l'applicazione dei limiti temporali di collocamento fuori ruolo previsti nella c.d. legge Severino (legge n. 190 del 2012, commi 68-69 e 71-72).
   Il medesimo articolo 4, al comma 3, lettera b), del delega il Governo ad individuare l'autorità competente alla conclusione dell'accordo con il procuratore capo europeo circa il numero dei procuratori europei delegati, la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze di questi ultimi.
  La lettera c) di tale comma delega infine il Governo ad individuare l'autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo delegato, nominati dal collegio dell'EPPO su proposta del procuratore capo europeo.
  Durante l'esame del disegno di legge in Senato è stato soppresso il principio di delega relativo all'individuazione di limiti retributivi per i membri italiani della Procura europea.
  In materia di competenza della procura europea, la lettera i) del medesimo comma 3 prevede di modificare il sistema processuale per prevedere che i procuratori Pag. 29europei delegati svolgano le funzioni di pubblico ministero ex articolo 51 c.p.p. nei procedimenti davanti al giudice competente per i reati in danno degli interessi finanziari dell'Unione.
  L'intervento in sede di attuazione della delega sembra essere limitato ad una integrazione del citato articolo 51 del codice processuale penale.
  Le lettere d) ed f) delegano il Governo a coordinare le disposizioni dell'ordinamento giudiziario sulle attribuzioni e i poteri dei titolari degli uffici del Pubblico ministero con le disposizioni del Regolamento UE relative agli organi della Procura europea. Ciò, con particolare riferimento alle prerogative del collegio dell'EPPO, allo scopo di preservare la supervisione «europea» sui reati PIF, garantendo l'uniformità di indirizzo nell'esercizio dell'azione penale (lett. d).
  Analogo coordinamento della disciplina dell'ordinamento giudiziario sarà necessario in relazione ai penetranti poteri delle camere permanenti della procura europea (esercizio e archiviazione dell'azione penale, controllo e indirizzo sulla gestione dei casi, riunione, separazione, riassegnazione) nonché per quanto riguarda le prerogative del procuratore europeo incaricato della supervisione delle indagini (lettera f)).
  L'introduzione della nuova figura inquirente europea dovrebbe, in particolare, comportare il coordinamento dell'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario (regio decreto n. 12 del 1942) sulla costituzione del pubblico ministero, con particolare riferimento ai poteri di direzione e coordinamento dell'ufficio.
  Ulteriore coordinamento sarà necessario con la disciplina del decreto legislativo n. 106 del 2006 (Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero) soprattutto per quanto riguarda le attribuzioni del Procuratore della Repubblica e la titolarità dell'azione penale.
  Ai citati criteri pare collegato quello previsto alla lettera l), che stabilisce che i procuratori europei delegati, operino, in relazione ai reati PIF, in collegamento e d'intesa, anche mediante acquisizione e scambio di informazioni, con il procuratore europeo che supervisiona le indagini, attenendosi alle direttive ed istruzioni dallo stesso impartite.
  Il criterio di delega previsto dalla lettera e) mira al coordinamento della disciplina dell'avocazione dei procedimenti per reati PIF da parte della procura europea (articolo 27 Reg.) con quella dettata dall'ordinamento nazionale, che prevede la trasmissione del decreto di avocazione al Consiglio superiore della magistratura. Analoghi obblighi di comunicazione dovranno esservi se il procuratore europeo decida di svolgere personalmente le indagini nei casi eccezionali previsti dall'articolo 28, par. 4 del Regolamento.
  Sullo stesso tema, le lettere n), o) e q) prevedono, rispettivamente: la possibilità che, fino alla decisione sull'avocazione da parte della procura europea, il PM nazionale competente possa adottare e richiedere atti urgenti (all'evidente scopo di acquisire e salvaguardare le fonti di prova); intervenuta l'avocazione delle indagini, che il PM trasmetta gli atti all'EPPO; che, in relazione ai delitti contro gli interessi finanziari dell'Unione (come individuati dall'articolo 3 del provvedimento), si preveda l'obbligatorietà della denuncia alla procura europea da parte del PM nazionale in ogni fase del procedimento penale per consentire all'EPPO l'eventuale esercizio del potere di avocazione.
  L'adeguamento dell'ordinamento nazionale dovrebbe riguardare i commi 6 e 6-bis dell'articolo 70 dell'ordinamento giudiziario, che stabiliscono che copia del decreto di avocazione delle indagini da parte del Procuratore generale (e del Procuratore nazionale antimafia) vada trasmesso sempre al Consiglio superiore della magistratura ed ai Procuratori della Repubblica interessati, affinché questi – entro 10 gg dalla ricezione del provvedimento – possano proporre reclamo presso la Corte di Cassazione, ove lo ritengano opportuno. Analogo coordinamento potrebbe riguardare la disciplina dell'avocazione Pag. 30dettata dal codice di procedura penale, che potrebbe essere integrata con quella prevista dal regolamento.
  La lettera g) concerne l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario alle disposizioni del Regolamento relative alla possibile rimozione del PM nazionale nominato procuratore europeo delegato ed alle sanzioni disciplinari nei suoi confronti in conseguenza dell'incarico rivestito nell'ambito dell'EPPO.
  In particolare, andrà coordinato con le disposizioni del regolamento il sistema della responsabilità disciplinare dei magistrati contenuta del decreto legislativo n. 109 del 2006 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni), che ha riformato la legge sulle guarentigie della magistratura (RDL n. 511/1946) e la legge istitutiva del CSM (legge n. 195 del 1958). Nello specifico, il Governo dovrà prevedere: obblighi di comunicazione al procuratore capo europeo prima di dare esecuzione alla rimozione dall'incarico o a sanzioni disciplinari nei confronti di un procuratore europeo delegato disposte dalla sezione disciplinare del CSM per motivi non connessi alla sua appartenenza all'EPPO; analoghi obblighi di comunicazione per trasferimenti d'ufficio che comportino la rimozione dall'incarico di procuratore europeo delegato. Non è presente tra i criteri di delega la possibilità (prevista dall'articolo 17, paragrafo 4, del regolamento) che in caso di mancato consenso del procuratore europeo, si possa ricorrere al collegio dell'EPPO per un esame della questione.
  Ulteriore coordinamento dovrà riguardare la disciplina nazionale sulle valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati (lettera h)), in relazione alle prerogative che il regolamento attribuisce al collegio dell'EPPO sulla valutazione del loro rendimento e capacità professionali. In particolare, il coordinamento dovrà preservare le prerogative del collegio dell'EPPO, chiarendone l'incidenza sul procedimento di valutazione da parte del CSM.
  La lettera q) contiene una previsione generale che appare centrale per un efficace svolgimento delle prerogative dell'EPPO, ovvero l'obbligo di denuncia alla procura europea in relazione ai delitti di cui alla direttiva PIF. Il funzionamento dell'EPPO, infatti, dipenderà dalla tempestività delle segnalazioni da parte delle procure nazionali e dal flusso di informazioni che trasmetteranno alla procura europea. Tale lettera non individua espressamente i soggetti obbligati alla segnalazione.
  Nonostante l'articolo 24 del Regolamento europeo stabilisca un dovere di segnalazione diretta all'EPPO anche da parte dell'autorità di polizia, l'obbligo previsto nella delega sembra possa riguardare le sole procure nazionali, stante che la polizia giudiziaria ha l'obbligo di riferire la notizia di reato al PM competente (articolo 347 c.p.p.) anche ove acquisita a seguito di denuncia di un privato (articolo 333 c.p.p.).
  La stessa lettera q) prevede il citato obbligo di denuncia alla procura europea, fatte salve le previsioni dell'articolo 331 c.p.p.
  La lettera m) riguarda disposizioni da prevedere nell'attuazione della delega relativa alle indagini transnazionali su reati PIF. In tali ipotesi, il procuratore delegato dell'EPPO è tenuto alla cooperazione (assistenza, scambi informativi) con gli altri procuratori delegati degli Stati aderenti. Sono, tuttavia, indicate specifiche ipotesi – mutuate espressamente dall'articolo 31, par. 5, del regolamento – in cui il procuratore delegato dovrà segnalare la richiesta di cooperazione al procuratore europeo incaricato della supervisione nonché consultare il procuratore delegato straniero richiedente ovvero: quando la richiesta da parte del collega estero risulti in contrasto col diritto interno o sia possibile un atto di indagine meno intrusivo (che consegua lo stesso effetto); se la richiesta sia incompleta o contenga un manifesto errore o quando risulti impossibile assumere l'atto richiesto per motivi giustificati e oggettivi.
  La lettera p) prevede che il procuratore europeo delegato debba svolgere le sue Pag. 31funzioni anche in sede di impugnazione delle decisioni del giudice nazionale competente.
  Al coordinamento dovrebbe essere interessata la corrispondente disciplina del codice di procedura penale in particolare, l'articolo 51 c.p.p., comma 1, lettera b), stabilisce che sia in sede di appello che davanti alla cassazione le funzioni di pubblico ministero sono svolte dal procuratore generale presso la corte d'appello. Analoga necessità di coordinamento dovrebbe riguardare, nella disciplina generale sulle impugnazioni, l'articolo 570 (Impugnazione del pubblico ministero) e, nelle disposizioni sul procedimento di cassazione, l'articolo 608 (Ricorso del pubblico ministero) del codice processuale penale.
  La lettera r) del comma 3 appare, infine, come norma di chiusura che indica la necessità di adeguamento al regolamento UE delle norme interne, processuali e ordinamentali, nonché di abrogazione delle disposizioni nazionali incompatibili col regolamento stesso.
   In riferimento all'articolo 6 del provvedimento in titolo, segnala che lo stesso, al comma 1, delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, uno o più decreti legislativi per il più compiuto adeguamento della normativa nazionale alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna, apportando le opportune modifiche alla legge 22 aprile 2005, n. 69.
  Il comma 2 del medesimo articolo specifica che tali decreti sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze.
  Il successivo comma 3, alle lettere a) e b), contiene gli specifici princìpi e criteri di esercizio della delega che vanno ad affiancarsi ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, della legge n. 234 del 2012.
  La lettera a) delega il Governo ad armonizzare le disposizioni della legge 22 aprile 2005, n. 69 alla decisione quadro 2002/584/GAI, sia in relazione alla procedura di consegna e agli obblighi di informazione che alla disciplina dei motivi di rifiuto, prevedendo, in particolare, quali motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo quelli indicati dall'articolo 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, al fine di assicurare il principio del mutuo riconoscimento e la salvaguardia dei principi fondamentali dell'ordinamento, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 della decisione quadro e dal considerando n. 12, tenuto conto del principio di presunzione del rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, e di quanto stabilito dal Titolo I-bis del codice di procedura penale.
  La lettera b) delega il Governo a risolvere i contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione dell'articolo 31 della decisione quadro 2002/584/GAI, prevedendo che si possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della decisione quadro se contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente la consegna del ricercato.
  Il comma 4 prevede che in sede di esercizio della delega in conformità ai criteri di cui al comma 3, lettera a), possono essere apportate anche modifiche alle disposizioni di cui agli articoli 18 e 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, oggetto di novella ai sensi del comma 5.
  Il comma 5 apporta modifiche alla legge 22 aprile 2005, n. 69, con cui è stata recepita la normativa europea in materia di mandato di arresto europeo.
  In particolare, la lettera a) modifica l'articolo 18 della legge, il quale prevede i motivi di rifiuto obbligatorio della consegna. Rispetto alla formulazione vigente sono espunte dal testo le lettere o), p) e r). Più nel dettaglio. i motivi di cui alle citate lettere che attualmente costituiscono motivi Pag. 32di rifiuto obbligatori vengono invece inseriti fra quelli per i quali il rifiuto è facoltativo.
  La lettera b) del comma 5 introduce, invece, nel codice penale il nuovo articolo 18-bis il quale disciplina i motivi di rifiuto facoltativo della consegna.
  La disposizione prevede che la Corte d'appello possa rifiutare la consegna: se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d'arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l'ipotesi in cui il mandato d'arresto europeo concerne l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'Unione europea (lettera a)); se il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio; ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l'azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio (lettera b)); se il mandato d'arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, qualora la persona ricercata sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell'Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno (lettera c).
  Il comma 6, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando che dall'esercizio della delega non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate devono provvedere ai compiti derivanti dalle nuove disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

  Giusi BARTOLOZZI (FI), avanza la richiesta di un tempo adeguato per la valutazione delle disposizioni illustrate dal relatore.

  Franco VAZIO, presidente, ricorda che, come anticipato nel corso dell'Ufficio di presidenza della settimana scorsa, da parte sua non vi sarà mai la lesione dei diritti delle forze di minoranza né la costrizione dei tempi di esame. Nel ricordare altresì che nel medesimo Ufficio di presidenza si è concordato di concludere l'esame del provvedimento nella giornata di domani, ritiene che vi sia comunque un adeguato spazio per eventuali interventi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.

SEDE REFERENTE

  Martedì 17 settembre 2019. – Presidenza del vicepresidente Franco VAZIO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Vittorio Ferraresi.

  La seduta comincia alle 14.25.

Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori.
C. 2047 Ascari.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Valentina PALMISANO (M5S), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, la proposta di legge Ascari C. 2047, in materia di affidamento dei minori. Tale proposta, composta da 4 articoli, interviene sul sistema delle tutele del minore nei procedimenti in tema di responsabilità genitoriale definito dal codice civile, nonché sull'attuazione dei provvedimenti giurisdizionali di collocazione extra familiare del minore stesso. Pag. 33
  Al riguardo, sottolinea che l'articolo 1 introduce specifici criteri volti ad orientare l'intervento del giudice, perseguendo il fine di limitare quanto più possibile l'allontanamento dei minori dalla propria famiglia di origine, e incide, tra l'altro, sul procedimento di adozione dei provvedimenti con modifiche volte ad ampliare le garanzie del contraddittorio e a definire tempistiche più certe per i provvedimenti provvisori ed urgenti. Inoltre la riforma interviene (articolo 2) sulla legge n. 184 del 1983 per modificare la disciplina dell'affidamento e della revoca dello stato di adottabilità e disciplina altresì dettagliatamente i presupposti ed i limiti per l'elargizione di contributi pubblici alle comunità di tipo familiare e agli altri istituti di assistenza. Gli articoli 3 e 4 concernono, rispettivamente, le disposizioni finanziarie e quelle finali e transitorie.
  Con riguardo agli aspetti relativi al collocamento dei minorenni allontanati dalla propria famiglia di origine, segnala che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha svolto, nel corso della XVII legislatura, un'indagine conoscitiva sui minori «fuori famiglia», al termine della quale ha predisposto un documento conclusivo.
  Nell'esaminare le modifiche al codice civile recate dalla proposta di legge, sottolinea che l'articolo 1 è volto a modificare la disciplina contenuta nel codice civile in materia di responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio, che prevede attualmente una serie di norme (articolo 330 e ss. c.c.) atte a tutelare i minori da comportamenti dei genitori considerati pregiudizievoli nei confronti dei figli e idonei a determinare nei casi più gravi la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l'allontanamento dalla casa familiare. In particolare, il comma 1 ridefinisce il sistema delle forme di intervento del giudice minorile – la cui disciplina è attualmente contenuta negli articoli 330 e 333 del codice civile – nei casi in cui i genitori non esercitano i loro doveri nei confronti dei figli, ovvero abusano dei relativi poteri, con pregiudizio per i figli medesimi. Con riguardo alla decadenza dalla responsabilità genitoriale la riforma conferma i due presupposti previsti attualmente: la condotta del genitore in contrasto con i doveri inerenti alla responsabilità; il pregiudizio per il figlio, quale conseguenza di quella condotta. L'ambito applicativo di tale presupposto è tuttavia esteso al pericolo concreto e attuale di pregiudizio. È inoltre specificato che deve trattarsi di pregiudizio per la vita, l'incolumità, la salute fisica o la libertà personale o morale.
  Rispetto alla formulazione attuale dell'articolo 330 c.c. la nuova disciplina è più dettagliata, con specifico riguardo alla discrezionalità del giudice. In particolare il provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità può essere adottato solo se: siano previsti modalità e tempi strettamente necessari a rimuovere il pregiudizio o pericolo; i presupposti della decadenza risultano da fatti specifici e comprovati e non siano desunti da valutazioni relative alla personalità dei genitori; non sia possibile evitarlo o escluderlo mediante l'intervento dei servizi sociali, eventualmente anche con la prestazione di assistenza educativa domiciliare da svolgersi con il consenso del genitore.
  Con riguardo all'allontanamento del minore dalla casa familiare, la disciplina vigente dell'istituto si limita a prevederne la possibilità per «gravi motivi» (articolo 330 c.c., secondo comma) nel caso ricorrano i presupposti della decadenza dalla responsabilità e in alternativa all'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore, lasciando, in merito, piena discrezionalità al giudice.
  La riforma è invece volta a individuare i criteri secondo i quali orientare la decisione del giudice secondo il « fine preminente della tutela e della salvaguardia dell'unità familiare e della permanenza del minorenne nel proprio contesto domestico abituale». Conseguentemente si prevede che il giudice debba: preliminarmente esaminare la possibilità di adottare un provvedimento che salvaguardi l'unità del nucleo familiare; eventualmente adottare un provvedimento di allontanamento del genitore o del soggetto responsabile della condotta che abbia arrecato pregiudizio al Pag. 34minore. Solo ove le predette soluzioni alternative non siano idonee a rimuovere la situazione di pregiudizio o pericolo può essere adottato il provvedimento di allontanamento del minore dal contesto domestico abituale. Nell'adozione di tale provvedimento la proposta individua i criteri cui il giudice deve attenersi per disporre la collocazione extra familiare del minore. In particolare, dovrà essere privilegiata la collocazione del minore stesso presso un parente entro il quarto grado o presso altra persona conosciuta dal minore che accetti di prendere temporaneamente la custodia. Solo come extrema ratio, in caso le soluzioni alternative per specifiche e comprovate ragioni non siano sufficienti a garantire l'incolumità del minore, può essere disposta la collocazione presso famiglia affidataria o, in subordine, presso casa famiglia o struttura di accoglienza.
  Specifiche disposizioni regolano le modalità di adozione del provvedimento di allontanamento, con riguardo all'obbligo, a pena di nullità, di indicazione della sua durata e della possibilità di proroga. Con riguardo all'esecuzione del provvedimento: lo stesso deve essere eseguito da personale specializzato; le modalità non devono essere tali da provocare turbamento nel minore. È prevista la sospensione dell'esecuzione qualora il minore opponga resistenza o manifesti in modo evidente la volontà di non distaccarsi dai genitori. La sospensione dell'esecuzione non può essere disposta in caso di allontanamento del genitore. Nel caso di sospensione dell'esecuzione si prevede che il giudice «provvede nuovamente ai sensi dell'articolo 336, quarto comma», c.c. come novellato dalla proposta in esame.
  Ulteriori specificazioni riguardano il diritto del minore allontanato dal contesto domestico: di frequentare i genitori e gli altri familiari, senza vigilanza e con rapporti quotidiani. Restrizioni o modalità differenti possono essere stabilite dal giudice ma devono essere specificamente motivate con riferimento ad un comprovato pregiudizio o pericolo e in ogni caso deve esserne stabilita la durata a pena di nullità; di frequentare le persone, diverse dai familiari, con cui abbia stabilito rapporti affettivi prima dell'allontanamento.
  L'ultimo comma del nuovo articolo 330 c.c. specifica che la mancata indicazione dei termini di durata nei provvedimenti concernenti l'allontanamento del minore dal contesto domestico abituale e in quelli che dispongono modalità restrittive nella frequentazione dei genitori in caso di allontanamento, oltre che rendere nullo il provvedimento, costituiscono fatto rilevante ai fini della responsabilità disciplinare dei giudici che hanno emesso i provvedimenti stessi.
  Il comma 2 dell'articolo 1 sostituisce l'articolo 332 c.c. che attualmente prevede la reintegrazione nella responsabilità genitoriale quando siano cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata ed è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio. Il nuovo articolo 332 c.c. – in analogia con quanto previsto dall'attuale articolo 333 c.c. – dispone che i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale possano essere revocati o modificati su ricorso, proposto al tribunale dei minorenni dal genitore destinatario del provvedimento o dal pubblico ministero. Rispetto alla normativa attuale, la riforma specifica che il ricorso è proponibile in ogni tempo e indipendentemente dalla sopravvenienza di nuovi fatti.
  Il comma 3 sostituisce l'articolo 333 c. c. disponendo l'applicabilità delle disposizioni relative ai provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale anche nei riguardi dei parenti che svolgano in modo continuativo la funzione vicaria dei genitori. Ricorda che l'articolo 333 c.c. contiene attualmente la disciplina dei provvedimenti che il giudice può adottare quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio. La riforma di tale disciplina è confluita nel nuovo articolo 330 c.c.
  Il comma 4 sostituisce integralmente l'articolo 336 c.c., che costituisce il paradigma Pag. 35normativo di tutti i procedimenti che si concludono con provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale, applicabile davanti al tribunale per i minorenni in base all'articolo 38 delle disposizioni attuative la competenza funzionale per l'adozione dei provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale è del Tribunale per i minorenni. Con riferimento alla legittimazione ad agire la riforma conferma che essa spetta all’«altro genitore», ai parenti (specificando però che deve trattarsi di parenti entro il quarto grado) a al pubblico ministero. La decisione è presa in camera di consiglio sentito il pubblico ministero al termine dell'istruttoria. Rispetto alla disciplina attuale la riforma specifica che la prova delle circostanze che giustificano l'adozione del provvedimento deve essere formata nel contraddittorio delle parti. Una più articolata disciplina rispetto a quella vigente è prevista (comma terzo del nuovo articolo 336 c.c.) con riguardo alla possibilità per il presidente del tribunale di emettere un provvedimento provvisorio con efficacia non superiore a 45 giorni dal deposito qualora vi sia fondato motivo di ritenere che il tempo necessario per l'istaurazione del contraddittorio possa nuocere irreparabilmente al minore. Il provvedimento potrà essere confermato ovvero revocato o modificato all'esito del contraddittorio sentite le parti e il pubblico ministero.
  La riforma modifica significativamente (commi quarto e quinto del nuovo articolo 336 c.c.) l'ipotesi di collocamento temporaneo e in via d'urgenza del minore la cui integrità fisica sia in evidente e attuale pericolo in un ambiente sicuro, attualmente prevista dall'articolo 403 c.c. In tali casi: la competenza è dell'autorità di pubblica sicurezza che procede d'ufficio o su segnalazione da chiunque pervenuta; il collocamento temporaneo dura fino al provvedimento del giudice; l'ambiente sicuro ove effettuare il collocamento è individuato prioritariamente presso un parente entro il quarto grado o presso persona affettivamente legata al minore; ove tale soluzione non sia possibile, il collocamento temporaneo sarà effettuato presso una struttura di accoglienza indicata dal comune di residenza del minore; l'autorità di pubblica sicurezza deve comunicare entro 24 ore il provvedimento di collocazione temporanea al pubblico ministero presso il tribunale dei minorenni.
  È introdotta ex novo la procedura di convalida del provvedimento, secondo la quale il pubblico ministero: in caso di accertata fondatezza conferma il provvedimento, e senza indugio presenta il ricorso volto all'adozione del provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità genitoriale (articolo 330 c.c.) ovvero, se ricorrano le condizioni, il ricorso volto alla dichiarazione di adottabilità di minore che versi in situazioni di abbandono (ex articoli 9 e 10 della legge n. 184 del 1983); in caso di manifesta infondatezza del provvedimento lo revoca e dispone la restituzione del minore agli esercenti la responsabilità genitoriale.
  Una norma specifica (il sesto comma del nuovo articolo 336 c.c.) regola i rapporti tra tribunale dei minorenni e tribunale ordinario prevedendo la trasmissione del fascicolo al tribunale ordinario ove il tribunale dei minorenni ne ravvisi la competenza. La declinatoria di competenza può essere contenuta anche nel provvedimento provvisorio adottato dal giudice qualora vi sia pericolo che i tempi per l'istaurazione del contraddittorio pregiudichino irreparabilmente il minore.
  La disciplina dell'audizione del minore nel procedimento di adozione dei provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale (comma settimo del nuovo articolo 336 c.c.) sostituisce quella attualmente contenuta nell'articolo 336-bis c.c. il quale viene abrogato dalla proposta in esame (articolo 1, comma 5). Rispetto alla normativa vigente, la riforma: conferma il diritto del minore che abbia compiuto 12 anni, e del minore infradodicenne che sia in grado di esprimere la propria volontà (attualmente si fa riferimento al minore capace di discernimento) ad essere ascoltato dal giudice nel procedimento di adozione dei provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale; la riforma fa eccezione dell'adozione dei Pag. 36provvedimenti provvisori e d'urgenza di cui ai nuovi commi terzo e quarto dell'articolo 336 del codice civile; rende obbligatoria la presenza dell'esperto all'uopo nominato per coadiuvare il giudice nell'ascolto; attualmente il ricorso ad esperti o ausiliari è facoltativo; introduce la possibilità che l'audizione sia compiuta dall'esperto delegato dal giudice; il giudice vi assiste in presenza delle parti da una sala collegata con vetro specchio o video collegamento e dirige l'audizione tramite collegamento audiofonico con l'esperto); con riguardo alla possibilità di deroga all'obbligo di ascolto del minore, essa è limitata ai casi in cui non sia disposto l'allontanamento del minore dal suo contesto domestico abituale; resta l'obbligo di motivazione da parte del giudice con riferimento alla manifesta superfluità o alla sproporzione tra turbamento del minore e utilità dell'audizione stessa; rispetto alla normativa vigente viene meno il riferimento al «contrasto con l'interesse del minore» quale causa giustificativa di deroga all'obbligo di audizione; si conferma l'obbligo di registrazione audiovisiva dell'audizione (attualmente tale obbligo è alternativo alla redazione di un processo verbale) viene meno l'obbligo, attualmente previsto, di informare sempre il minore sia in merito alla natura del procedimento nel quale è coinvolto, sia in relazione agli effetti che possono scaturire dall'attività di ascolto alla quale è sottoposto.
  Infine specifiche disposizioni concernono l'obbligo di assistenza tecnica per la partecipazione al procedimento, già presente nella vigente disciplina.
  La riforma introduce l'obbligo di nomina di un curatore speciale in caso di conflitto di interessi, anche potenziale tra il minore e i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale. Anche sul curatore, ove non eserciti la professione forense, grava l'obbligo di farsi assistere da un difensore. Il curatore dovrà dichiarare a pena di inefficacia della nomina, qualsiasi situazione di conflitto di interesse con il minore.
  Il comma 5 provvede all'abrogazione: dell'articolo 336-bis c.c., concernente la disciplina delle modalità di ascolto del minore nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. La nuova disciplina di tale materia è infatti contenuta nell'articolo 336 c.c. (comma settimo) così come riformato dalla proposta in esame; dell'articolo 403 c.c. che detta la disciplina dell'intervento della pubblica autorità a favore dei minori, moralmente o materialmente abbandonato o allevati in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, La nuova disciplina è contenuta nell'articolo 336 (commi quarto e quinto) così come riportato dalla proposta in esame.
  Il comma 6 abroga l'articolo 38-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, concernente le particolari modalità di ascolto del minore, la cui nuova disciplina è contenuta nell'articolo 336, settimo comma, c.c. così come riformato.
  Per quanto concerne le modifiche alla legge sulle adozioni, segnala che l'articolo 2 della proposta di legge interviene sulla legge n. 184 del 1983 per modificarne gli articoli 4 e 5 – relativi alla disciplina dell'affidamento – e l'articolo 21 – in tema di revoca dello stato di adottabilità. In particolare, intervenendo sull'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, il provvedimento (lettera a)) rinvia all'articolo 330, quinto comma, del codice civile (come riformato dall'articolo 1 della proposta di legge) per la disciplina della durata dell'affidamento. Viene dunque eliminato l'attuale parametro dei 24 mesi, prorogabili, rimettendo la determinazione della durata all'esclusiva decisione del giudice. Modificando l'articolo 5 della legge n. 184 del 1983, inoltre, la riforma disciplina dettagliatamente i presupposti ed i limiti per l'elargizione di contributi pubblici alle comunità di tipo familiare e agli altri istituti di assistenza (lettera b)) sostituendo la disposizione che oggi consente allo Stato, alle regioni e gli enti locali – nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle Pag. 37disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci – di intervenire con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria. La proposta prevede, infatti, che coloro che accolgono i minori possano ricevere da soggetti pubblici esclusivamente rimborsi spese da calcolare in relazione al numero di minori ospitati e alle esigenze di gestione della struttura. A tal fine, tutte le spese dovranno essere documentate. Previa presentazione di programmi di spesa, le somme da imputare ai rimborsi potranno essere anticipate. La proposta, dunque, sostanzialmente esclude che regioni ed enti locali possano attribuire alle comunità familiari e agli altri istituti di assistenza risorse ulteriori rispetto al mero rimborso spese.
  Il provvedimento aggiunge una dettagliata disciplina dei controlli sulle comunità in base alla quale: il PM presso il tribunale per i minorenni, l'autorità garante per l'infanzia e le amministrazioni eroganti i rimborsi spese dovranno – coordinando le reciproche attività – almeno una volta al mese compiere accessi ispettivi, anche a sorpresa, alle strutture per verificare l'effettiva cura dei minori, la salubrità degli ambienti, la completezza della documentazione e la congruità delle spese. Analogamente potrà procedere, in qualsiasi tempo, la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, con l'invio di una propria delegazione; se nel corso dell'accesso ispettivo sono rilevati pregiudizi o pericoli anche per uno soltanto dei minori ospitati, tutti i minori dovranno essere collocati altrove con provvedimento immediato del Presidente del Tribunale per i minorenni.
  Infine, la proposta inserisce un ultimo comma all'articolo 21 della legge n. 184 del 1983, relativo alla revoca della dichiarazione di adottabilità. La riforma consente la revoca della dichiarazione di adottabilità, anche se la stessa abbia già consentito l'affidamento preadottivo o addirittura l'adozione, in presenza di una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia condannato l'Italia per violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo determinata «da una statuizione dichiarativa dello stato di adottabilità passata in giudicato». In tali casi, entro 3 mesi dalla sentenza europea, può essere domandata la revoca del provvedimento. A seguito della domanda, il giudice: concede la revoca della dichiarazione di adottabilità, che travolge evidentemente anche l'adozione che si sia già perfezionata, a meno che non ritenga tale decisione in contrasto con l'interesse del minore (che dovrà essere valutato alla stregua di circostanze di fatto specifiche e comprovate); se non concede la revoca per i suddetti motivi, ordina il ripristino («immediato o futuro») dei rapporti di fatto tra il minore, i suoi genitori biologici e i parenti biologici, dettandone i tempi e con l'ausilio di sostegni assistenziali e psicologici, a meno che non ritenga che tale decisione possa pregiudicare l'equilibrio psico-affettivo del minore.
  L'articolo 3 contiene la clausola di invarianza finanziaria. Inoltre gli eventuali risparmi che dovessero derivare dall'articolo 5, comma 4, della riforma, che limita i contributi pubblici alle comunità familiari al rimborso delle spese effettivamente sostenute per l'accoglienza dei minori sono destinati «in via tendenziale» alla pubblica assistenza delle famiglie in condizioni di disagio economico e sociale.
  L'articolo 4, nel recare la norma transitoria, afferma che: le disposizioni della riforma, «in quanto compatibili», si applicano anche ai procedimenti in corso; la norma sui contributi pubblici alle comunità familiari non ha carattere retroattivo e dunque le somme già erogate non dovranno essere restituite; le comunità familiari cui sia stata affidata la cura di minori prima dell'entrata in vigore della riforma devono comunicare al Presidente del Tribunale per i minorenni «l'eventuale pendenza del termine di cui al terzo comma dell'articolo 336 del codice civile» che scada nei 3 mesi successivi all'entrata in vigore della legge.
  Da ultimo, nel sottolineare che il fine ultimo dell'intervento normativo in esame è la prioritaria tutela del minore coinvolto, auspica la leale collaborazione dei colleghi Pag. 38al fine di migliorare il testo della proposta di legge, che è aperta al contributo di tutti.

  Giusi BARTOLOZZI (FI), nel raccogliere l'invito della relatrice, che si augura sincero diversamente da quanto accaduto nel corso dell'esame del cosiddetto Codice rosso, esprime la convinzione che la delicatezza del tema imponga di non affrontarlo sull'onda dell'emozione. Riservandosi di avanzare nel seguito dell'esame considerazioni più approfondite, esprime tuttavia due perplessità di carattere generale. In primo luogo, manifestando la propria stima alla collega Ascari, presentatrice della proposta di legge in esame, sottolinea l'inadeguatezza del testo dal punto di vista della tecnica normativa, considerato che l'articolo 1 introduce nel codice civile un nuovo articolo 330, di lunghezza spropositata, in modo del tutto inusuale e scorretto. A tale proposito evidenzia le grandi difficoltà che una disposizione così dettagliata e complessa creerà a coloro che si troveranno ad interpretarla e ad applicarla. In secondo luogo, con riguardo al merito, ritiene che, muovendo dall'obiettivo condivisibile di rendere meno generiche le norme in materia, si sia incorsi nell'eccesso opposto, peraltro trasferendo al giudice l'eccesso di arbitrio ad oggi attribuito all'autorità di pubblica sicurezza. Rileva pertanto, sulla base di tali considerazioni, che il testo di legge è stato scritto senza un'adeguata riflessione sui contenuti e sulla conseguente terminologia.

  Franco VAZIO, presidente, nel concordare sulla delicatezza e sensibilità del tema, esprime la convinzione che, se da un lato gli eventi di cronaca non devono essere utilizzati in maniera strumentale, dall'altro quel che accade fuori dal Palazzo non può non avere riflessi sui lavori parlamentari. Pertanto, ritiene che il compito della Commissione sia quello di approfondire la questione senza strumentalizzazioni, al fine di adottare le soluzioni più efficaci a garantire la tutela dei soggetti coinvolti. Nel sottolineare che si tratta di un tema caro a tutti, ricorda che proprio per questa ragione si è ritenuto di comune accordo di avviare subito l'esame della proposta di legge della collega Ascari in tema di affido dei minori. Assicura altresì che la Commissione disporrà del tempo necessario alle dovute riflessioni, anche attraverso un eventuale ciclo di audizioni e un'adeguata fase emendativa, allo scopo di affrontare tutte le questioni che si porranno, oltre a quelle già evidenziate dalla collega Bartolozzi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.