CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 febbraio 2019
145.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 20 febbraio 2019. – Presidenza del vicepresidente Gianluca VINCI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 14.15.

  Gianluca VINCI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

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5-01516 Sisto: Sulla regolamentazione della vendita dello spray al peperoncino.

  Deborah BERGAMINI (FI) rinuncia ad illustrare l'interrogazione in titolo, di cui è cofirmataria.

  Il Sottosegretario Nicola MOLTENI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Deborah BERGAMINI (FI), replicando, prende atto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, facendo notare che liberalizzazione dell'acquisto degli spray al peperoncino, sostenuta dal suo gruppo e realizzata in passato dal Governo Berlusconi, mirava proprio a fornire alle donne strumenti di autodifesa in condizioni di pericolo.
  Evidenzia quindi come l'interrogazione in titolo intenda richiamare il Governo a monitorare il fenomeno e a compiere una ricognizione del quadro normativo vigente, valutando l'opportunità di introdurre miglioramenti in tale regolamentazione al fine di prevenire quei casi, come quelli descritti nell'interrogazione, di utilizzo distorto di tali oggetti, i quali si trasformano da strumenti di difesa in pericolosi strumenti di offesa.

5-01517 Meloni: Sulle iniziative per contrastare la diffusione della mafia nigeriana nella città di Ferrara.

  Tommaso FOTI (FdI) illustra l'interrogazione in titolo, di cui è cofirmatario, manifestando innanzitutto solidarietà nei confronti delle forze dell'ordine per l'episodio, verificatosi nella zona GAD di Ferrara, in cui alcune decine di nigeriani hanno rovesciato cassonetti in strada, rivolto minacce e lanciato oggetti contro i poliziotti intervenuti, a causa del ferimento di un loro connazionale in possesso di droga il quale era fuggito a un controllo delle forze dell'ordine.
  Evidenzia come l'episodio in questione desti particolare allarme anche a causa della forte presenza di richiedenti asilo di nazionalità nigeriana nella zona di Ferrara e in tutta l'Emilia-Romagna, i quali risultano spesso legati alla criminalità nigeriana.
  Chiede quindi al Governo quali urgenti iniziative intenda assumere per evitare il ripetersi di episodi come quello accaduto a Ferrara nella serata di sabato 16 febbraio 2019, restituendo vivibilità e sicurezza alla città e per contrastare la mafia nigeriana.

  Il Sottosegretario Nicola MOLTENI, dopo essersi associato al deputato Foti nella manifestazione di solidarietà nei confronti delle forze dell'ordine, richiamando la necessità di assicurare ad esse, quando si verificano eventi come quelli testé descritti nell'atto di sindacato ispettivo, la massima vicinanza da parte delle istituzioni, risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).
  Inoltre evidenzia l'incremento di organico, pari a 55 unità, previsto per la Questura di Ferrara, facendo notare come tale misura rientri nel piano complessivo di riorganizzazione delle questure e dei commissariati successivo alla cosiddetta «legge Madia», attualmente in definizione, osservando, peraltro, come l'impegno del Governo in carica sia rivolto a incrementare nuovamente la dotazione organica delle forze dell'ordine, che era stato ridotto dalla predetta «legge Madia», nonché ad assicurare un miglior presidio del territorio, prevedendosi a tal fine anche l'utilizzo dei reparti della Polizia di Stato prevenzione crimine in un'area che necessità di un ulteriore impegno per quanto riguarda la tutela della sicurezza.

  Tommaso FOTI (FdI), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo per l'impegno profuso su tale versante, osservando come la situazione dell'ordine pubblico in tutta l'Emilia-Romagna appaia critica a causa della presenza della criminalità nigeriana. Richiama, in proposito, gli esempi di Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Ravenna, Bologna e, infine, Modena, dove ha potuto sperimentare di persona, Pag. 13in occasione della partecipazione ad un convegno svoltosi in quella città, il clima intimidatorio che si respira nel territorio.
  Ritiene inaccettabile che la popolazione di quelle zone sia costretta a vivere nel terrore, temendo addirittura per la propria incolumità quando esce dalle proprie case la sera, auspicando quindi che il Governo presti la massima attenzione a tale fenomeno, che desta sempre più preoccupazione.

5-01518 Migliore: Sulle iniziative per ripristinare condizioni di sicurezza nella città e nella provincia di Napoli.

  Paolo SIANI (PD) illustra l'interrogazione in titolo, di cui è cofirmatario, chiedendo al Governo quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire un numero di mezzi e di uomini adeguato e atto a ripristinare quanto prima la legalità e il pieno controllo del territorio a Napoli e provincia.

  Il Sottosegretario Nicola MOLTENI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Paolo SIANI (PD), replicando, giudica incoraggianti le misure testé illustrate dal rappresentante del Governo in tema di incremento degli organici delle forze dell'ordine e di potenziamento della videosorveglianza del territorio, ritenendo che tali iniziative, utili al contrasto dei fenomeni di illegalità nella città di Napoli, debbano essere affiancate da iniziative di intelligence.
  Ritiene inoltre necessario affiancare a tale attività repressiva un'azione di carattere preventivo, che – considerato l'alto tasso di abbandono scolastico e l'alta diffusione del fenomeno delle cosiddette baby gang in quelle aree – preveda in particolare maggiori investimenti nella scuola e un maggiore impiego sul territorio dei cosiddetti «maestri di strada», proseguendo con più forza una iniziativa educativa già avviata a livello sperimentale a Napoli. Ritiene infatti che una seria azione in questo campo possa consentire di ottenere grandi risultati in chiave preventiva, fornendo concrete prospettive di vita e di lavoro alle giovani generazioni, evitando che esse rimangano vittima dell'influenza deleteria della criminalità organizzata.

  Gianluca VINCI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.35.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 20 febbraio 2019. – Presidenza del vicepresidente Gianluca VINCI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Nicola Molteni.

  La seduta comincia alle 14.35.

Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione.
C. 1171 Iezzi e C. 1019 Bignami.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 febbraio 2019.

  Gianluca VINCI, presidente, informa che sul testo della proposta di legge C. 1171 Iezzi, adottata quale testo base, recante disposizioni per il distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio, come risultante dall'emendamento approvato nella precedente seduta di esame, cui è abbinata la proposta di legge C. 1019 Bignami, sono pervenuti i pareri favorevoli della Commissione Finanze e della Commissione Affari sociali, mentre nella giornata odierna dovrebbero esprimersi le Commissioni Bilancio e Attività produttive. La Commissione per le questioni regionali Pag. 14ha invece avviato l'esame del provvedimento nella seduta odierna, senza peraltro esprimere il parere.
  Pertanto, in attesa dell'espressione dei predetti pareri, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia alla seduta già convocata per domani il seguito dell'esame.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città.
C. 696 De Maria, C. 1169 Lupi, C. 1313 Gelmini e C. 1604 Rampelli.

(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 1604).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 febbraio 2019.

  Gianluca VINCI, presidente, avverte che nella giornata odierna è stata assegnata alla Commissione, in sede referente, la proposta di legge C. 1604 Rampelli, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie». La proposta di legge è abbinata alle proposte di legge C. 696 De Maria, adottata come testo base, C. 1169 Lupi e C. 1313 Gelmini, già all'esame della Commissione, in quanto vertente sulla medesima materia.

  Anna MACINA (M5S) propone di chiedere un rinvio dell'avvio della discussione in Assemblea sul provvedimento, attualmente previsto per la giornata di lunedì 25 febbraio prossimo, al fine di svolgere, nel corso della prossima settimana, ulteriori approfondimenti politici tra i gruppi, con l'obiettivo di definire un testo il più possibile condiviso.

  Igor Giancarlo IEZZI (Lega) si associa alla richiesta testé formulata dalla deputata Macina.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, ritiene che la proposta di un rinvio della discussione in Assemblea sia di buon senso, mirando ad un dialogo tra le forze politiche che si ponga nella prospettiva di una più ampia condivisione tra i gruppi sul merito del provvedimento in esame.

  Francesco Paolo SISTO (FI) condivide la proposta di un rinvio della discussione in Assemblea sul provvedimento.

  Gianluca VINCI, presidente, alla luce dell'orientamento dei gruppi testé manifestato, avverte che la Presidenza della Commissione chiederà al Presidente della Camera di posticipare l'avvio della discussione in Assemblea sul provvedimento.

  Così rimane stabilito.

  Gianluca VINCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.
C. 14 cost. Iniziativa popolare.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO (FI), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, della proposta di legge C. 14, di iniziativa popolare, recante norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura.
  Svolgendo alcune considerazioni preliminari, intende rivolgere un ringraziamento, anzitutto, ai soggetti promotori di tale iniziativa legislativa, l'Unione delle Camera penali, nonché al movimento popolare che ha sorretto tale iniziativa, perseguendo con efficacia un obiettivo giuridico rilevante. Desidera altresì ringraziare la presidenza della Commissione per aver calendarizzato con una certa celerità il provvedimento in esame, nonché tutte le forze politiche – tra le quali richiama la Pag. 15Lega – che, in passato, insieme al suo gruppo, hanno perseguito con forza l'obiettivo della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Ritiene infatti che tale provvedimento conferisca dignità europea all'ordinamento italiano, in armonia con le indicazioni provenienti dalle stesse istituzioni dell'Unione. Giudica quindi tale intervento di riforma, che definisce di «drafting» costituzionale, indifferibile, osservando come il principio della separazione tra magistratura giudicante e requirente sia già insito nella Carta costituzionale, alla luce dei principi del giusto processo sanciti dall'articolo 111 della Costituzione, come modificato nel 1999, che riconosce infatti la parità delle parti del processo davanti ad un giudice terzo e imparziale.
  Si tratta dunque di riconoscere formalmente una differenza di posizione tra giudice e pubblico ministero già esistente, nella consapevolezza che la separazione delle carriere non debba essere un fine quanto uno strumento rivolto a conseguire un dibattimento giusto ed equo.
  Osserva, infatti, come nel processo, da un lato, vi siano le parti in causa in contraddittorio tra loro, tra le quali il PM, il quale rappresenta l'accusa e che, beneficiando di propri margini di discrezionalità, gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, e, dall'altra, un giudice imparziale e terzo, soggetto esclusivamente alla legge, chiamato a risolvere la controversia. Ritiene evidente che una simile impostazione del processo non possa che condurre a prevedere due ordini giudiziari distinti, scongiurando le eventuali conseguenze negative che potrebbero derivare da una innaturale vicinanza professionale.
  Fa quindi notare come il provvedimento, ribadendo un principio di distinzione tra le carriere nell'ordine giudiziario, si ponga in linea con un'idea di separazione dei poteri, che intende peraltro distinguere tra politica e giustizia, contrapponendosi ad una visione – incarnata a suo avviso dal Governo in carica – che, invece, si basa sull'alterazione dei meccanismi istituzionali, tra cui quello del bicameralismo perfetto, dal momento che l'Esecutivo ignora, ad esempio, le prerogative di uno dei rami del Parlamento durante l'esame dei provvedimenti d'urgenza da esso adottati.
  Dichiarandosi aperto ad un confronto serio con i gruppi, in vista di un possibile miglioramento del testo, torna a soffermarsi, infine, sull'articolo 10, che interviene sull'obbligatorietà dell'azione penale, limitandola ai casi e ai modi previsti dalla legge. Ritiene infatti che un esercizio non indiscriminato dell'azione penale, mirato al perseguimento delle fattispecie di reato più rilevanti, possa contribuire a scongiurare l'ingolfamento dei processi, rendendo più efficace lo svolgimento dell'attività giudiziaria.
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto del provvedimento, il quale era stato presentato alla Camera nella XVII legislatura e che si compone di 10 articoli, rileva in estrema sintesi come esso incida sull'ordinamento giudiziario e sulla carriera dei magistrati, modifichi struttura, composizione e funzioni dell'organo di governo della magistratura, incida sulle modalità di esercizio dell'azione penale, al fine di separare le carriere di giudici e di pubblici ministeri mediante un intervento sul Titolo IV della Costituzione, prevedendo: due distinti organi di autogoverno della magistratura: uno per la magistratura requirente ed uno per la magistratura giudicante; la modifica della composizione dei membri elettivi dei due istituendi CSM rispetto a quello unitario esistente, passando dall'attuale prevalenza numerica della componente togata, corrispondente ai due terzi, alla sua parificazione rispetto a quella laica, di nomina politica; la rimessione alla legge ordinaria dei criteri di scelta dei magistrati costituenti la componente togata dei due organi di autogoverno; la separazione formale dell'ordine giudiziario nelle due categorie della magistratura giudicante e della magistratura requirente con previsione di distinti concorsi per l'accesso in esse; la possibilità di nominare, a tutti i livelli della magistratura giudicante, avvocati e professori ordinari universitari di materie giuridiche al Pag. 16di fuori della selezione con pubblico concorso; la modifica dell'articolo 112 della Costituzione, regolante l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, con la previsione di esercizio della stessa nei casi e secondo i modi previsti dalla legge.
  Ricorda quindi che il tema della separazione delle carriere dei magistrati è stato più volte oggetto di dibattito parlamentare, in particolare nella XIII e nella XVI legislatura.
  Richiamano, al riguardo, i lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (cosiddetta «Commissione D'Alema») istituita nella XIII legislatura con legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1.
  Rammenta altresì che nella XVI legislatura le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera sono state impegnate nell'esame del disegno di legge costituzionale C 4275, che proponeva una complessiva riforma del titolo IV della parte II della Costituzione, relativo alla magistratura, provvedimento che tuttavia non è arrivato all'esame dell'Assemblea della Camera.
  Passando quindi ad esaminare in dettaglio il contenuto della proposta di legge, l'articolo 1 modifica l'articolo 87 della Costituzione, relativo ai poteri del Presidente della Repubblica, specificando, al decimo comma del predetto l'articolo 87, relativo alla presidenza del Consiglio superiore della magistratura, che il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
  La modifica si connette alla divisione, operata dalla proposta di legge, dell'attuale Consiglio superiore della magistratura in due organi: il Consiglio superiore della magistratura giudicante; il Consiglio superiore della magistratura requirente.
  La creazione di due distinti organi è collegata alla scelta della separazione della funzione giudicante da quella requirente, che rappresenta l'oggetto principale della proposta di legge.
  In tale contesto viene confermata la Presidenza, in capo al Presidente della Repubblica, dei due organi, competenti sulle assunzioni e sulla carriera dei giudici e dei pubblici ministeri.
  L'articolo 2 della proposta di legge modifica la rubrica del titolo IV della parte II della Costituzione, che nel testo vigente fa riferimento a «La magistratura». Tale termine viene sostituito con «L'Ordine giudiziario».
  Sono altresì modificate le rubriche delle due sezioni che compongono il predetto titolo IV del testo costituzionale: la sezione I assume la denominazione «Ordinamento dei magistrati», in luogo di «Ordinamento giurisdizionale»; la sezione II assume la denominazione «Norme per la giurisdizione», anziché «Norme sulla giurisdizione».
  L'articolo 3, al comma 1, modifica l'articolo 104, primo comma, della Costituzione, secondo cui la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni potere, specificando che l'ordine giudiziario è costituito da magistratura giudicante e magistratura requirente, ed è autonomo ed indipendente da ogni potere.
  I pubblici ministeri continueranno, quindi, ad essere magistrati e a godere delle garanzie di autonomia e indipendenza proprie dei magistrati, ma apparterranno a un ordine giudiziario distinto da quello dei giudici.
  Una prima conseguenza di tale distinzione è la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri.
  Da tale separazione discende la necessità di superare l'attuale sistema che prevede un concorso unico per l'accesso alla magistratura, con possibilità di svolgere sia funzioni giudicanti sia requirenti e di passare da una funzione all'altra, sebbene nei limiti previsti dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
  In merito rammenta che, attualmente, il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti – e viceversa – è disciplinato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, come da ultimo modificato dalla legge n. 111 del 2007.
  Ricorda altresì in proposito che, nella sentenza n. 37 del 2000, la Corte costituzionale Pag. 17ha rilevato che la Costituzione «pur considerando la magistratura come un unico «ordine», soggetto ai poteri dell'unico Consiglio superiore (articolo 104), non contiene alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra i magistrati addetti rispettivamente alle funzioni giudicanti e a quelle requirenti, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni». Nell'attuale testo della Costituzione una posizione di indipendenza dei pubblici ministeri – parzialmente diversa da quella dei giudici – è desumibile dall'articolo 107, quarto comma, secondo il quale «il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario»; per i giudici vale invece il principio della soggezione unicamente alla legge sancito dall'articolo 101, secondo comma.
  La differenza di posizione tra giudice e pubblico ministero risulta inoltre accentuata dall'entrata in vigore nel 1989 del nuovo codice di procedura penale, che ha segnato il passaggio da un processo di stampo inquisitorio ad un processo accusatorio e dai principi del giusto processo sanciti dall'articolo 111 della Costituzione, nel testo modificato nel 1999. L'articolo 111 riconosce infatti la parità delle parti del processo davanti ad un giudice terzo e imparziale.
  Tornando a illustrare il comma 1 dell'articolo 3 della proposta di legge, va rilevato che, a differenza del testo vigente dell'articolo 104, primo comma, nella proposta l'autonomia e l'indipendenza sono riconosciute, rispetto «ad ogni potere» e non rispetto «ad ogni altro potere». L'attributo «altro» sottintende nel testo vigente una qualificazione della magistratura quale potere a sé stante: pertanto la soppressione di tale attributo potrebbe essere intesa nel senso di far venire meno tale qualificazione, la quale peraltro ha valore sul piano astratto dei princìpi senza implicare immediate conseguenze sul piano precettivo. Per altro verso, la soppressione dell'attributo «altro» potrebbe leggersi nel senso di sottolineare l'indipendenza del giudice non solo dagli altri poteri (cosiddetta indipendenza esterna), ma anche rispetto a tutti gli altri giudici (cosiddetta indipendenza interna). In senso contrario, tuttavia, resta il fatto che, sul piano letterale, l'autonomia e l'indipendenza sono riferite all'ordine dei giudici e non al singolo giudice.
  L'articolo 3, ai commi da 2 a 6, in linea con il principio della distinzione tra giudici e pubblici ministeri che ispira la riforma prospettata dalla proposta di legge, prevede inoltre, modificando i commi secondo, terzo, quarto, sesto e settimo del vigente articolo 104 della Costituzione, un Consiglio superiore della magistratura giudicante, distinto dal Consiglio superiore della magistratura requirente previsto dall'articolo 5 della proposta, che introduce il nuovo articolo 105-bis della Costituzione.
  In particolare, i due Consigli risultano composti dalle rispettive categorie, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, e un vicepresidente eletto tra i membri cosiddetti laici, ovvero, indicati dal Parlamento, inoltre, vi fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente (per i giudicanti) e il procuratore generale (per gli inquirenti) della Corte di cassazione.
  Come già nel sistema vigente, le nuove norme costituzionali non provvedono alla determinazione del numero dei componenti dei Consigli superiori, che è dunque rimesso alla legge ordinaria.
  Per quanto riguarda l'attuale composizione del Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 195 del 1958, come modificato dalla legge n. 44 del 2002, il CSM risulta composto di 27 membri: 3 membri di diritto: Presidente della Repubblica (Presidente del CSM); primo presidente della Corte di cassazione; procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione; 16 membri togati, eletti dai magistrati ordinari; 8 membri laici, eletti dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari Pag. 18di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale.
  Il Consiglio superiore della magistratura giudicante, previsto dalla proposta di legge, si distingue dall'attuale CSM in quanto: non ne fa parte di diritto il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ma solo il primo Presidente della Corte; il rapporto tra il numero dei membri «togati» (eletti dai giudici) ed il numero membri «laici» (eletti dal Parlamento) è di parità, in luogo dell'attuale 2/3 di membri togati ed 1/3 di membri laici; i membri «togati» sono scelti tra i giudici ordinari con le modalità stabilite dalla legge: rispetto alla disciplina vigente, dunque, la componente «togata» non viene più eletta dai magistrati ordinari, ma i criteri di scelta dei magistrati che la compongono vengono rimessi alla legge ordinaria; l'incompatibilità è estesa alle cariche di consigliere provinciale o comunale e agli esponenti di enti di diritto pubblico.
  Sono invece confermate rispetto al vigente testo dell'articolo 104: la Presidenza in capo al Presidente della Repubblica; l'elezione dei membri «laici» da parte del Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio; la durata in carica di 4 anni per i membri elettivi; la non immediata rieleggibilità; l'elezione di un vice presidente da parte del Consiglio fra i membri «laici»; l'incompatibilità con l'iscrizione ad albi professionali e con le cariche di parlamentare e consigliere regionale.
  L'articolo 4 sostituisce l'articolo 105 della Costituzione, relativo alle attribuzioni del CSM.
  Il nuovo testo dell'articolo 105 attribuisce al Consiglio superiore della magistratura giudicante, con riferimento ai giudici, tutte le funzioni attualmente previste dal medesimo articolo 105.
  Si tratta di funzioni relative alla carriera dei magistrati e, in particolare, assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni, nonché i provvedimenti disciplinari.
  La nuova norma specifica che ulteriori competenze del Consiglio superiore della magistratura giudicante possono essere attribuite solo con legge costituzionale.
  In merito ricorda che nell'attuale assetto normativo, l'articolo 10 della legge n. 195 del 1958, il quale enumera le attribuzioni del CSM, stabilisce una norma di chiusura in base alla quale il Consiglio superiore delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.
  L'articolo 5, in analogia con quanto previsto dai commi da 2 a 6 dell'articolo 3, detta la disciplina del Consiglio superiore della magistratura requirente, introducendo il nuovo articolo 105-bis della Costituzione.
  Le uniche differenze rispetto alla disciplina del Consiglio superiore della magistratura giudicante sono: la presenza di diritto del procuratore generale presso la Corte di cassazione, anziché del primo Presidente della Corte; la scelta dei membri «togati» con le modalità stabilite dalla legge, tra i pubblici ministeri; anche in questo caso, così come per l'organo di autogoverno della magistratura giudicante, non vi è più l'elezione, bensì una scelta dei componenti in base a criteri individuati da legge ordinaria.
  Analogamente a quanto previsto dall'articolo 4 in relazione alle funzioni del Consiglio della magistratura giudicante, l'articolo 6, che introduce il nuovo articolo 105-ter della Costituzione, attribuisce le medesime funzioni al Consiglio superiore della magistratura requirente.
  Anche in tal caso si specifica che ulteriori competenze possono essere attribuite solo con legge costituzionale.
  L'articolo 7, al comma 1, modifica l'articolo 106, primo comma, della Costituzione, specificando che le nomine dei magistrati giudicanti e requirenti hanno luogo per concorsi separati.
  Il comma 2 sostituisce il terzo comma dell'articolo 106 della Costituzione, che attualmente prevede la facoltà del Consiglio superiore della magistratura di chiamare all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati Pag. 19che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
  Il nuovo comma terzo dell'articolo 106 della Costituzione sottrae tale facoltà al CSM e demanda alla legge la possibilità di prevedere la nomina di avvocati e di professori ordinari di materie giuridiche, non più solo per la Cassazione ma a tutti i livelli della magistratura giudicante.
  In proposito, richiama l'opportunità di specificare nella disposizione costituzionale a chi spetti la nomina di avvocati e di professori ordinari di materie giuridiche.
  L'articolo 8 modifica l'articolo 107, primo comma, della Costituzione, che sancisce il principio di inamovibilità dei magistrati, giudicanti e inquirenti.
  Rileva, in proposito, come l'inamovibilità consista nella necessità che i provvedimenti di dispensa o sospensione dal servizio, ovvero di destinazione ad altre sedi o funzioni, siano assunti dal CSM a conclusione di procedimenti garantiti (per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario) ovvero consensuali (con il consenso del magistrato interessato).
  L'istituto, trovando la sua ratio nell'indipendenza del magistrato, a sua volta finalizzata ad assicurare il corretto esercizio della funzione giudiziaria, protegge la stabilità del posto, senza però degenerare in mero privilegio, proprio perché acconsente a quelle forme garantite di mobilità, che non sono espressione di attentati alla indipendenza del magistrato, in quanto rispettose di quel modus procedendi.
  Il principio è attuato dal legislatore con l'articolo 2 del Regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), in base al quale i magistrati non possono essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
  In tale contesto la modifica disposta dal comma 1 dell'articolo 8 appare volta a coordinare il primo comma dell'articolo 107 con la divisione del CSM nei due organi previsti dalla proposta di legge in esame (ai sensi dell'articolo 104 della Costituzione, come riformulato, e del nuovo articolo 105-bis della Costituzione).
  In particolare, laddove il secondo periodo del predetto primo comma dell'articolo 107 prevede che i magistrati non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso, il comma 1 dell'articolo 8 sostituisce il riferimento al CSM con il riferimento ai Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente.
  Il comma 2 dell'articolo 8 abroga invece il terzo comma dell'articolo 107 della Costituzione, secondo il quale i magistrati si distinguono tra di loro soltanto per diversità di funzioni. L'abrogazione appare consequenziale rispetto alla separazione formale dell'ordine giudiziario nelle due categorie della magistratura giudicante e della magistratura requirente.
  In proposito va rilevato come in seno all'Assemblea costituente tale norma sia stata costantemente intesa come il fondamento della concezione della magistratura come «potere diffuso». Il legislatore costituente, affermando che l'unico criterio distintivo dei magistrati va ricercato nelle funzioni effettivamente esercitate, ha infatti inteso escludere ogni struttura gerarchica all'interno dell'ordine giudiziario, riaffermando così il principio in base al quale il giudice è soggetto soltanto alla legge.
  L'articolo 9 modifica l'articolo 110 della Costituzione, relativo alle competenze del Ministro della giustizia.
  Si tratta di una modifica di mero coordinamento, in quanto sostituisce il riferimento all'attuale CSM con quello ai due Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente istituiti dalla proposta di legge.
  L'articolo 10 modifica l'articolo 112 della Costituzione, che sancisce il principio dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale. Pag. 20
  La modifica introdotta dall'articolo 10 consiste nell'attribuire alla legge la determinazione dei casi e dei modi per l'esercizio obbligatorio dell'azione penale.
  In merito ricorda che, nell'attuale sistema, il principio di obbligatorietà dell'azione penale è stato definito dalla Corte costituzionale come un «punto di convergenza di un complesso di principi basilari del sistema costituzionale» (sentenza n. 88 del 1991).
  Secondo la Consulta, «l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ad opera del Pubblico Ministero (...) è stata costituzionalmente affermata come elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del Pubblico Ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale; sicché l'azione è attribuita a tale organo senza consentirgli alcun margine di discrezionalità nell'adempimento di tale doveroso ufficio» (sentenza n. 84 del 1979 e n. 88 del 1991).
  «Più compiutamente: il principio di legalità (articolo 25, secondo comma), che rende doverosa la repressione delle condotte violatrici della legge penale, abbisogna, per la sua concretizzazione, della legalità nel procedere; e questa, in un sistema come il nostro, fondato sul principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (in particolare, alla legge penale), non può essere salvaguardata che attraverso l'obbligatorietà dell'azione penale. Realizzare la legalità nell'eguaglianza non è, però, concretamente possibile se l'organo cui l'azione è demandata dipende da altri poteri: sicché di tali principi è imprescindibile requisito l'indipendenza del pubblico ministero» (sentenza n. 88 del 1991).
  Nello stesso senso diverse sentenze riconoscono nel principio di obbligatorietà dell'azione penale «la fonte essenziale della garanzia dell'indipendenza del pubblico ministero» (sentenza n. 420 del 1995; sentenza n. 84 del 1979).

  Gianluca VINCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 20 febbraio 2019. – Presidenza del vicepresidente Andrea GIORGIS.

  La seduta comincia alle 14.50.

Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa.
C. 1309-A, approvata dal Senato, e abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Andrea GIORGIS, presidente, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere all'Assemblea, gli emendamenti, contenuti nel fascicolo n. 1, presentati alla proposta di legge C. 1309-A, recante modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa.

  Simona BORDONALI (Lega), relatrice, rileva come gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
C. 1353, approvata dal Senato, e abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Andrea GIORGIS, presidente, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere all'Assemblea, gli Pag. 21emendamenti, contenuti nel fascicolo n. 1, presentati alla proposta di legge C. 1353, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

  Francesco BERTI (M5S), relatore, rileva come gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto».
C. 1160, approvata dal Senato, e abb.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Andrea GIORGIS, presidente, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere all'Assemblea, gli emendamenti, contenuti nel fascicolo n. 1, presentati alla proposta di legge C. 1160, recante l'istituzione Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto».

  Anna MACINA (M5S), relatrice, rileva come gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentino profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

  La seduta termina alle 14.55.

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