CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 febbraio 2019
142.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
Pag. 138

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 13 febbraio 2019. — Presidenza del vicepresidente Carlo PIASTRA.

  La seduta comincia alle 9.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005.
S. 257 e abb.
(Parere alla 3a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  La senatrice Virginia LA MURA (M5S), relatrice, ricorda preliminarmente che la Convenzione, entrata già in vigore nell'ottobre 2011, è stata ad oggi ratificata da 18 Paesi membri del Consiglio d'Europa e si fonda sul presupposto che la conoscenza e l'uso dell'eredità culturale rientrino pienamente fra i diritti umani, ed in particolare nell'ambito del diritto dell'individuo a prendere liberamente parte alla vita culturale della comunità e a godere delle arti, come previsto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966.
  Fa presente che la Convenzione di Faro intende, in particolare, promuovere una comprensione più ampia del patrimonio Pag. 139culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato.
  Il testo, che integra gli strumenti internazionali esistenti in materia, definisce gli obiettivi generali e suggerisce possibilità di intervento da parte degli Stati firmatari, in particolare in ordine alla promozione di un processo partecipativo di valorizzazione del patrimonio culturale. La Convenzione non impone specifichi obblighi di azione per i Paesi firmatari, lasciando ad essi la libertà di decidere sui mezzi più convenienti per l'attuazione delle misure in esso previste.
  Rileva come la Convenzione, composta di un preambolo e di 23 articoli, suddivisi in V parti, richiami innanzitutto gli ideali e i princìpi posti a fondamento del Consiglio d'Europa e rimarca il valore e il potenziale del patrimonio culturale come risorsa per lo sviluppo durevole e per la qualità della vita. Definisce quindi i suoi obiettivi e individua il «diritto al patrimonio culturale», riconoscendo la responsabilità individuale e collettiva nei confronti del patrimonio culturale e sottolineando l'importanza della sua conservazione ed il suo ruolo nella costruzione di una società pacifica e democratica (articolo 1). Il testo connota il «patrimonio culturale» come l'insieme delle risorse ereditate dal passato, riflesso di valori e delle credenze, e la «comunità patrimoniale» quale insieme di persone che attribuiscono valore a quel patrimonio (articolo 2). La Convenzione definisce quindi i diritti e le responsabilità concernenti il patrimonio culturale e fissa l'impegno per le Parti firmatarie a riconoscere il suo interesse pubblico, a valorizzarlo, a predisporre disposizioni legislative conseguenti e a favorire la partecipazione alle attività ad esso correlate (articoli 4 e 5). La Parte II della Convenzione (articoli 7-10) è dedicata al contributo del patrimonio culturale allo sviluppo dell'essere umano e della società, ed esplicita l'impegno delle Parti ad utilizzare tutte le caratteristiche del patrimonio culturale per contribuire ai processi di sviluppo economico, politico e sociale, per rafforzare la coesione sociale e per promuovere obiettivi di qualità nelle modificazioni dell'ambiente (articoli 8-10). La Parte III (articoli 11-14) è dedicata al tema della responsabilità condivisa nei confronti del patrimonio culturale e alla partecipazione del pubblico, e prescrive l'impegno delle Parti a promuovere un'organizzazione congiunta delle responsabilità da parte delle istituzioni pubbliche e ad incoraggiare l'accesso al patrimonio culturale, anche attraverso l'utilizzo delle tecnologie digitali. Il testo traccia inoltre uno stretto raccordo fra il patrimonio culturale e gli strumenti della conoscenza e della formazione (articolo 13). La Parte IV (articoli 15-17) è dedicata ai meccanismi di controllo e di cooperazione in relazione al patrimonio culturale, impegnando le Parti a sviluppare un esercizio di monitoraggio in tema di legislazione e di politiche, attribuendo questo compito a un apposito Comitato, nominato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. Da ultimo, le clausole finali (Parte V, articoli 18-23) definiscono le modalità per la firma, per l'adesione, per l'applicazione territoriale, per la denuncia e per l'emendabilità del testo convenzionale.
  Segnala poi che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di quattro articoli che riguardano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), l'ordine di esecuzione (articolo 2), le misure attuative dell'articolo 13 della Convenzione (articolo 3), la copertura finanziaria (articolo 4) e l'entrata in vigore (articolo 5). L'articolo 3, in particolare, reca norme di attuazione dell'articolo 13 della Convenzione, al fine di favorire la correlazione tra il patrimonio culturale, il settore dell'istruzione e quello della formazione. Si prevede in particolare che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dei beni culturali e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con proprio decreto, predisponga un programma triennale di iniziative dirette a facilitare l'inserimento nei programmi scolastici della dimensione del patrimonio culturale e a incoraggiare la ricerca interdisciplinare e la formazione continua.Pag. 140
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come, in via generale, il provvedimento s'inquadri nell'ambito della materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
  Inoltre, le disposizioni dell'articolo 3, volte a promuovere iniziative dirette a facilitare l'inserimento nei programmi scolastici della dimensione del patrimonio culturale e a incoraggiare la ricerca interdisciplinare e la formazione continua, in attuazione dell'articolo 13 della Convenzione, appaiono riconducibili alla materia «norme generali sull'istruzione», anch'essa affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione. Richiamo in proposito la sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2009 che ha valutato riconducibili alle norme generali sull'istruzione anche la previsione generale del contenuto dei programmi delle varie fasi e dei vari cicli del sistema e la definizione generale dei «percorsi» tra istruzione e formazione.
  Rileva dunque come il provvedimento non presenti profili problematici con riferimento all'ambito di competenza della Commissione.

  La deputata Emanuela ROSSINI (Misto – Min. Lin.) richiede l'inserimento nella proposta di parere che la Commissione è chiamata a votare di un riferimento al principio di sussidiarietà, che, come richiesto dall'Unione europea, deve regolare i rapporti tra i diversi livelli di governo territoriale, quello sovranazionale europeo, quello statale, quello regionale e delle regioni e province autonome.

  La senatrice Erica RIVOLTA (Lega) segnala che nella Commissione competente in sede referente, la 3a Commissione esteri del Senato, sono in corso approfondimenti sul provvedimento, anche con riferimento ai profili indicati dalla collega Rossini.

  La senatrice Virginia LA MURA (M5S), relatrice, chiede una breve sospensione della seduta, al fine di valutare gli elementi emersi nel dibattito.

  Carlo PIASTRA, presidente, accedendo alla richiesta della relatrice, sospende la seduta.

  La seduta, sospesa alle 9.15, è ripresa alle 9.30.

  La senatrice Virginia LA MURA (M5S), relatrice, chiede un rinvio del seguito dell'esame del provvedimento, al fine di compiere ulteriori approfondimenti.

  Carlo PIASTRA, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.
S. 1018 Governo.
(Parere alla 11a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 7 febbraio 2019.

  La senatrice Bianca Laura GRANATO (M5S), relatrice, formula la seguente proposta di parere:
  «La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato, per i profili di competenza, il disegno di legge S. 1018 di conversione del decreto-legge n. 4 del 2019 recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni;
   rilevato che:
    le disposizioni del Capo I del provvedimento in materia di reddito di cittadinanza appaiono riconducibili, in primo luogo, alla competenza esclusiva legislativa statale in materia di determinazione dei Pag. 141livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione); assume inoltre rilievo la competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro (articolo 117, terzo comma, della Costituzione) nonché quella residuale regionale in materia di politiche sociali (articolo 117, quarto comma, della Costituzione);
   alla luce di questo intreccio di competenze, il principio di sussidiarietà verticale consente l'intervento legislativo statale, ferma restando l'esigenza di individuare adeguate modalità di coinvolgimento delle regioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo territoriale;
   il provvedimento recepisce questa esigenza con alcune specifiche previsioni; in particolare, il comma 3 dell'articolo 4 rinvia a un accordo da concludere in sede di Conferenza unificata la definizione dei princìpi e dei criteri generali per valutare le cause di possibile esonero rispetto agli obblighi previsti connessi alla fruizione del Reddito di cittadinanza (Rdc); al successivo comma 7, il decreto del Ministro del lavoro chiamato a definire gli indirizzi nazionali per la redazione del Patto per il lavoro dovrà essere adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata; il comma 2 dell'articolo 8 prevede infine che gli standard di qualità per i percorsi formativi siano individuati con accordi in sede di Conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni;
   potrebbe risultare opportuno, al fine di evitare eventuali contenziosi, inserire nel testo la previsione di specifiche forme di coinvolgimento delle regioni con riferimento a ulteriori disposizioni: si segnalano in particolare il comma 2 dell'articolo 5, che prevede l'adozione di un decreto del Ministro del lavoro volto a individuare le ulteriori modalità di presentazione della richiesta del Rdc; il comma 6 del medesimo articolo 5, che rinvia a un decreto del Ministro del lavoro l'individuazione di ulteriori esigenze da soddisfare attraverso la Carta Rdc e il comma 1 dell'articolo 6, che prevede l'adozione, con provvedimento congiunto dell'ANPAL e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un piano tecnico di attivazione e interoperabilità delle piattaforme digitali per la gestione dei Patti per il lavoro e per l'inclusione sociale;
   risulta inoltre opportuno, sempre al fine di evitare eventuali contenziosi e garantire l'effettività della norma, approfondire la relazione tra l'autorizzazione di spesa recata dal comma 3 dell'articolo 12 a favore di ANPAL Servizi Spa per individuare personale in grado di seguire i beneficiari del reddito di cittadinanza nella ricerca di lavoro (cd. Navigator) e le attuali competenze dei centri per l'impiego regionali, anche nell'ottica di un superamento delle difficoltà che hanno finora caratterizzato il funzionamento di tali centri;
   è opportuno integrare la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali prevista dall'articolo 13, comma 2, con un riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001, in conformità con molti precedenti;
   le disposizioni del Capo II in materia pensionistica sono riconducibili alla competenza esclusiva statale in materia di previdenza sociale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera o), della Costituzione,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di:
    inserire forme di coinvolgimento delle regioni nel procedimento di adozione degli atti previsti agli articoli 5, commi 2 e 6, e 6, comma 1;
    approfondire la relazione tra l'autorizzazione di spesa recata dall'articolo Pag. 14212, comma 3, a favore di ANPAL Servizi Spa per individuare personale in grado di seguire i beneficiari del Reddito di cittadinanza nella ricerca di lavoro (cd. Navigator) e le attuali competenze dei centri per l'impiego regionali, anche nell'ottica di un superamento delle difficoltà che hanno finora caratterizzato il funzionamento di tali centri;
    aggiungere, all'articolo 13, comma 2, in fine, le seguenti parole: “ anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ”».

  Il deputato Roberto PELLA (FI-BP) segnala due esigenze emerse, con riferimento al provvedimento, nel corso dell'audizione della Conferenza delle regioni e delle province autonome di fronte alla Commissione e nell'incontro tra la delegazione ANCI e il ministro del lavoro Di Maio, svoltisi entrambi nella giornata di ieri. Da un lato la necessità, come segnalato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, di individuare adeguate sedi di concertazione, per l'attuazione del reddito di cittadinanza, che coinvolgano anche i comuni, responsabili dei servizi sociali sul territorio. Dall'altro lato, quella di dare seguito agli impegni che il ministro Di Maio ha assunto con la delegazione ANCI con riferimento all'esigenza di un potenziamento del personale dei comuni per adempiere agli obblighi di verifica della residenza previsti dal provvedimento e allo stanziamento, con un prossimo imminente provvedimento, di risorse adeguate. Dichiara in proposito il proprio stupore per non aver trovato traccia di questi impegni nella proposta di parere. Chiede quindi alla relatrice e agli altri esponenti della maggioranza di chiarire se quanto affermato dal ministro Di Maio rappresenti un impegno formale o costituisca l'ennesima presa in giro.

  Il senatore Albert LANIECE (Aut. SVP-PATT, UV), dopo aver richiamato la sua esperienza come componente della Commissione anche nella scorsa Legislatura, ritiene estremamente positivo che con l'audizione di ieri si sia data una prima applicazione alle procedure di consultazione delle autonomie territoriali previste dal regolamento della Commissione approvato proprio alla fine della scorsa Legislatura. Dichiara quindi di condividere le osservazioni della collega Rossini avanzate nella precedente seduta con riferimento all'opportunità di rafforzare la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali presente nel testo del provvedimento. Ricorda in proposito la competenza esclusiva delle regioni a Statuto speciale e delle province autonome in materia di politiche sociali. Ritiene che l'osservazione pure presente su questo punto nella proposta di parere potrebbe essere riformulata in termini più netti.

  Il senatore Daniele MANCA (PD) giudica imprescindibile un approfondimento dell'istruttoria sul provvedimento. Richiama in particolare la necessità di un rafforzamento dei servizi sociali comunali.

  Il senatore Franco DAL MAS (FI-BP) ritiene la proposta di parere, in molti suoi passaggi, pleonastica. La proposta richiama infatti la competenza concorrente tra Stato e regioni in materia di politiche del lavoro ma, come l'audizione di ieri ha dimostrato, le regioni non sono state fin qui in concreto coinvolte. E la medesima audizione ha chiarito, ove ve ne fosse ancora bisogno, che, senza un'adeguata rete territoriale, il reddito di cittadinanza rappresenta una chimera. Ritiene debole anche l'osservazione relativa al rafforzamento della clausola di salvaguardia delle autonomie speciali. È infatti inutile proporre di richiamare, in un testo legislativo, il rispetto di una legge costituzionale, rispetto che infatti è dovuto.

  La senatrice Bianca Laura GRANATO (M5S), relatrice, propone, alla luce degli elementi emersi, una riformulazione della proposta di parere (vedi allegato 1). La riformulazione consiste nell'inserimento nelle premesse e come ulteriore osservazione di un riferimento alla necessità di Pag. 143un rafforzamento dei servizi territoriali comunali.

  Il senatore Patrizio Giacomo LA PIETRA (FdI) ritiene che non si possa procedere alla votazione del parere prima di aver audito i rappresentanti dell'ANCI.

  La senatrice Daniela SBROLLINI (PD) si associa, alla luce delle specifiche competenze della Commissione, alla richiesta di audire i rappresentanti dell'ANCI.

  La deputata Emanuela ROSSINI (Misto – Min. Ling.) si appella alla Commissione affinché sia considerata con la dovuta attenzione l'importanza, dal punto di vista politico e giuridico, del patrimonio rappresentato dalle autonomie territoriali. Segnala insieme la necessità di rispettare, anche in questo caso, il principio di sussidiarietà.

  La senatrice Rosa Silvana ABATE (M5S) ricorda che la Commissione aveva invitato ad intervenire in audizione anche i rappresentanti dell'ANCI e che l'audizione non si è potuta svolgere per la concomitanza con il programmato incontro tra il ministro Di Maio e l'ANCI medesima. Chiede quindi una breve sospensione della seduta per valutare gli elementi emersi.

  Carlo PIASTRA, presidente, accedendo alla richiesta avanzata, sospende la seduta.

  La seduta, sospesa alle 10.15, è ripresa alle 10.30.

  Il deputato Roberto PELLA (FI-BP) pur comprendendo, da un lato, la necessità di un'interlocuzione tra rappresentanti del Governo e rappresentanti delle autonomie territoriali e, dall'altro lato, la circostanza che gli impegni del ministro Di Maio abbiano reso inevitabile la sovrapposizione con l'eventuale audizione di fronte alla Commissione, richiama i colleghi al ruolo di raccordo con le medesime autonomie che la Commissione è chiamata a svolgere. Ricorda peraltro che la Commissione è l'unica esplicitamente richiamata dalla Costituzione.
  Sottolinea poi il rilevante dato politico rappresentato dalla circostanza che, prima del suo precedente intervento, i rappresentanti del gruppo Movimento 5 Stelle nulla sapevano degli impegni assunti nella giornata di ieri con l'ANCI dal ministro Di Maio; solo dopo tale intervento un riferimento a questi impegni è stato inserito nella proposta di parere. Si interroga sulle evidenti difficoltà di coordinamento tra azione del Governo e comportamento del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle.

  Il senatore Daniele MANCA (PD) insiste sulla necessità di convocare in audizione i rappresentanti dell'ANCI.

  La deputata Sara FOSCOLO (Lega) si rimette al riguardo alle valutazioni della relatrice.

  La senatrice Bianca Laura GRANATO (M5S), relatrice, ritiene necessario procedere nella seduta odierna alla votazione del parere, in modo che il parere medesimo possa essere adeguatamente considerato nell'ambito dei lavori della Commissione competente in sede referente, la 11 ? Commissione Lavoro del Senato, presso la quale è già scaduto, nella giornata di ieri, il termine per la presentazione degli emendamenti.

  La deputata Sandra SAVINO (FI-BP), alla luce del dibattito fin qui svolto, segnala l'esigenza che il Governo non scarichi sulle regioni e sui comuni quello che sarà l'inevitabile fallimento del reddito di cittadinanza.

  Il deputato Francesco ACQUAROLI (FdI), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede di porre in votazione il rinvio dell'espressione del parere, in modo che sia possibile procedere all'audizione dell'ANCI.

  Il senatore Luciano D'ALFONSO (PD) insiste sulla necessità di procedere con Pag. 144calma a tutti i necessari approfondimenti. Quella del reddito di cittadinanza rappresenta, al di là delle diverse valutazioni politiche che si possono fare, oggettivamente una riforma epocale. Ed è quindi necessario procedere a costruire con la dovuta attenzione il quadro amministrativo e la dotazione finanziaria necessaria per far funzionare il reddito di cittadinanza.

  Il deputato Roberto PELLA (FI-BP) rileva che il dibattito fin qui svolto dimostra la totale assenza di esperienza amministrativa degli esponenti del Movimento 5 Stelle che appaiono non comprendere le evidenti ragioni che dovrebbero indurre ad approfondire insieme ai rappresentanti dell'ANCI, i profili problematici del provvedimento. Ribadisce poi la sua sorpresa per il fatto che solo a seguito del suo intervento sia stato inserito nella proposta di parere un riferimento agli impegni assunti ieri dal ministro Di Maio.

  La senatrice Tiziana Carmela Rosaria DRAGO (M5S) invita alla prudenza nell'indicare i precisi impegni che il ministro Di Maio avrebbe assunto nell'incontro di ieri con l'audizione dell'ANCI.

  La deputata Sara FOSCOLO (Lega) nel segnalare che il suo gruppo non ha in linea di principio obiezioni, compatibilmente con i tempi di esame del provvedimento, a procedere all'audizione dell'ANCI, si rimette comunque sul punto e più in generale sulle modalità di prosieguo dell'esame del provvedimento, alle valutazioni della relatrice.

  Carlo PIASTRA, presidente, chiede al deputato Acquaroli se intenda formalizzare la sua richiesta sull'ordine dei lavori.

  Il deputato Francesco ACQUAROLI (FdI), intervenendo sull'ordine dei lavori, formalizza la richiesta di rinviare l'espressione del parere sul provvedimento in modo da poter procedere ad organizzare l'audizione dei rappresentanti dell'ANCI, nei limiti dei tempi disponibili prima dell'avvio della discussione del provvedimento presso l'Assemblea del Senato.

  La senatrice Bianca Laura GRANATO (M5S), relatrice, intervenendo sull'ordine dei lavori, esprime parere contrario sulla richiesta avanzata dal collega Acquaroli.

  Carlo PIASTRA, presidente, pone in votazione la richiesta di rinviare l'espressione del parere sul provvedimento avanzata dal deputato Acquaroli.

  Dopo controprova mediante appello nominale, ai sensi dell'articolo 53, comma 3, del Regolamento, la Commissione respinge la richiesta avanzata dal deputato Acquaroli.

  Carlo PIASTRA, presidente, pone quindi in votazione la proposta di parere come riformulata dalla relatrice.

  La Commissione approva la proposta di parere come riformulata dalla relatrice (vedi allegato 1).

Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie
Nuovo testo C. 491.

(Parere alla XII Commissione della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  La senatrice Danila DE LUCIA (M5S), relatrice, procede all'illustrazione del contenuto della proposta di legge che si compone di sette articoli volti a garantire il diritto alla conoscenza dei rapporti, aventi rilevanza economica o di vantaggio, intercorrenti tra le imprese produttrici di farmaci, strumenti, apparecchiature, beni e servizi, anche non sanitari, e i soggetti che operano nel settore della salute o le organizzazioni sanitarie. A tale fine, le imprese produttrici dovranno rendere pubbliche tutte le transazioni finanziarie (convenzioni e erogazioni in denaro, beni, Pag. 145servizi o altre utilità) con un valore unitario maggiore di 50 euro o un valore complessivo annuo maggiore di 500 euro (i limiti di valore sono stati elevati nel corso dell'esame in sede referente; la proposta di legge prevedeva, infatti, un valore unitario maggiore di 10 euro o un valore complessivo annuo maggiore di 100 euro) effettuate verso un soggetto che opera nel settore della salute; quando le transazioni finanziarie sono a favore delle organizzazioni sanitarie, l'obbligo di comunicazione scatta per un valore unitario maggiore di 500 euro o un valore complessivo annuo maggiore di 2500 euro (quest'ultimo limite è stato elevato nel corso dell'esame in sede referente; la proposta di legge prevedeva un valore complessivo annuo maggiore di 1000 euro).
  Il provvedimento prevede a carico delle imprese produttrici, costituite in forma societaria, l'obbligo di comunicazione dei dati identificativi degli eventuali operatori sanitari in possesso di azioni/quote o obbligazioni dell'impresa produttrice o che percepiscano dalla società compensi per la concessione di licenze per l'utilizzazione economica di diritti di proprietà industriale o intellettuale.
  Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, dovrà essere istituto nel sito internet istituzionale del Ministero della Salute il registro pubblico telematico denominato «Sanità trasparente» dove saranno pubblicati, in distinte sezioni, tutti i dati risultanti dalle comunicazioni.
  Per le aziende che non rispettano gli obblighi di comunicazione sono previste sanzioni pecuniarie. Gli atti di irrogazione delle sanzioni saranno pubblicati in un'apposita sezione del registro.
  L'articolo 1, che stabilisce i princìpi generali della legge, inserisce il diritto alla conoscenza dei rapporti tra le imprese e i soggetti operanti nel settore della salute tra i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, in attuazione dei princìpi contenuti negli articoli 32 (relativo alla tutela della salute) e 97 della Costituzione (relativo all'efficienza ed imparzialità della pubblica amministrazione).
  L'articolo 2 definisce con precisione cosa debba intendersi per impresa produttrice; soggetti che operano nel settore della salute e organizzazione sanitaria.
  L'articolo 3 disciplina la pubblicità delle erogazioni e degli accordi. Vengono assoggettate a pubblicità le convenzioni e le erogazioni in denaro, beni, servizi e altre utilità eseguite da un'impresa produttrice in favore: di un soggetto che opera nel settore della salute, quando abbiano un valore unitario sopra i 50 euro o complessivo annuo maggiore di 500 euro o di un'organizzazione sanitaria, quando abbiano un valore unitario sopra i 500 euro o un valore complessivo annuo superiore a 2.500 euro. Sono sottoposti a pubblicità anche gli accordi tra le imprese produttrici e i soggetti che operano nel settore della salute o le organizzazioni sanitarie che producono vantaggi diretti o indiretti consistenti nella partecipazione a convegni, eventi formativi, organi consultivi o comitati scientifici o nella costituzione di rapporti di ricerca, consulenza, docenza. La pubblicità delle erogazioni e degli accordi è effettuata a cura dell'impresa produttrice mediante comunicazione dei relativi dati da inserire nel registro pubblico telematico di cui all'articolo 5.
  La comunicazione, per ciascuna erogazione o accordo deve riportare una serie di dati del beneficiario dell'erogazione o della controparte dell'accordo (quali il nominativo o la ragione sociale, il codice fiscale o la partita IVA), nonché dati relativi all'erogazione o all'accordo medesimo, tra i quali la data, la natura e l'importo. La comunicazione deve essere eseguita entro il semestre successivo a quello in cui è stata effettuata l'erogazione e l'accordo. Nel caso di superamento dei limiti annui di valore la comunicazione è effettuata entro il semestre successivo a quello in cui è intervenuto il superamento.
  L'articolo 4 obbliga le imprese produttrici costituite in forma societaria a comunicare al Ministero della salute, entro il 31 gennaio di ogni anno, i dati identificativi e il codice fiscale o la partita IVA dei Pag. 146soggetti che operano nel settore della salute e delle organizzazioni sanitarie per le quali ricorrano determinate condizioni.
  L'articolo 5 prevede l'istituzione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, nel sito internet istituzionale del Ministero della salute, del registro pubblico telematico denominato «Sanità trasparente». La data di inizio del funzionamento del registro è comunicata mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
  Nel registro sono pubblicate le comunicazioni di cui all'articolo 3 e, in distinte sezioni, i dati risultanti dalle comunicazioni di cui all'articolo 4, nonché gli atti di irrogazione delle sanzioni di cui all'articolo 6, comma 7. Il registro è liberamente accessibile per la consultazione ed è provvisto di funzioni che permettono la ricerca e l'estrazione dei dati; le comunicazioni sono consultabili per cinque anni dalla data della pubblicazione: decorso tale termine, sono cancellate e i dati pubblicati nel registro pubblico telematico possono essere riutilizzati solo alle condizioni previste dal decreto legislativo n. 36 del 2006, che ha dato attuazione alla direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico.
  Viene inoltre stabilito che, con l'accettazione dell'erogazione o dei vantaggi da parte dei soggetti operanti nel settore della salute o di organizzazioni sanitarie, nonché con l'acquisizione di partecipazioni azionarie od obbligazionarie, nonché dei proventi derivanti da diritti di proprietà industriale od intellettuale, si intende prestato il consenso alla pubblicità ed al trattamento dei dati per le finalità di cui all'articolo 5. Le imprese produttrici sono comunque tenute a fornire un'informativa ai soggetti e ad alle organizzazioni specificando che le comunicazioni citate sono oggetto di pubblicazione sul sito internet del Ministero della salute.
  La disposizione fa comunque salvi i diritti degli interessati, di cui agli articoli 15 (Diritto di accesso dell'interessato), 16 (Diritto di rettifica), 17 (Diritto alla cancellazione «diritto all'oblio»), 18 (Diritto di limitazione di trattamento), 19 (Obbligo di notifica in caso di rettifica o cancellazione dei dati personali o limitazione del trattamento) e 21 (Diritto di opposizione) del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (si tratta Regolamento del Parlamento europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE), nonché le forme di tutela di natura giurisdizionale e amministrativa ivi previste.
  Viene demandata a un decreto del Ministro della salute la determinazione della struttura e delle caratteristiche tecniche del registro pubblico telematico, nonché i requisiti e le modalità per la trasmissione delle comunicazioni e l'inserimento dei dati che devono comunque prevedere: facilità di accesso; semplicità della consultazione; comprensibilità dei dati e omogeneità della loro presentazione; previsione di funzioni per la ricerca semplice e avanzata e per l'estrazione dei dati.
  Il decreto definisce anche i modelli per le comunicazioni di cui agli articoli 3 e 4 ed eventuali ulteriori elementi da indicare nelle medesime comunicazioni.
  L'articolo 6, attribuisce alle imprese produttrici la responsabilità della veridicità dei dati contenuti nelle comunicazioni di cui agli articoli 3 e 4. Sono poi stabilite le sanzioni in caso di omessa comunicazione telematica, da parte delle imprese produttrici, delle erogazioni e delle relazioni d'interesse dirette e indirette nonché per l'omessa comunicazione dei dati identificativi degli eventuali operatori sanitari in possesso di azioni/quote o obbligazioni o che percepiscono compensi per la concessione di licenze per l'utilizzazione economica di diritti di proprietà industriale o intellettuale, ovvero relativamente all'omessa indicazione qualora il valore complessivo delle azioni o delle quote costituisca una partecipazione qualificata.
  In caso di notizie incomplete nelle comunicazioni di cui agli articoli 3 e 4, l'impresa produttrice deve integrarle nel termine di novanta giorni. Qualora l'integrazione non venga effettuata nel termine Pag. 147si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 5.000 a 50.000 euro.
  Viene inoltre stabilito che all'impresa produttrice che fornisce notizie false nelle comunicazioni di cui agli articoli 3 e 4 sia applicata la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 5.000 a 100.000 euro.
  Gli atti di irrogazione delle sanzioni sono pubblicati in un'apposita sezione del registro pubblico telematico «Sanità trasparente» (di cui all'articolo 5). Il Ministero della salute provvede a pubblicare in formato open data tali atti sulla prima pagina del proprio sito istituzionale per un periodo non inferiore a novanta giorni con l'indicazione dei nomi delle imprese produttrici che non abbiano trasmesso le comunicazioni dovute o abbiano fornito notizie false.
  Le funzioni di vigilanza sull'attuazione della legge e l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 6 sono affidate al Ministero della salute che si avvale del Comando carabinieri per la tutela della salute, mentre, l'amministrazione finanziaria e il Corpo della Guardia di finanza, nell'ambito delle attività di controllo effettuate nei riguardi delle imprese produttrici, verificano l'esecuzione degli obblighi previsti.
  Viene inoltre specificato che per l'accertamento, la contestazione e l'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dall'articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel Capo I, sezioni I e II, della legge n. 689 del 1981, mentre gli introiti derivanti dall'irrogazione delle sanzioni sono destinati all'entrata del bilancio dello Stato, in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della salute, e sono destinati, in misura pari alla metà, al conseguimento delle finalità della legge stessa.
  L'articolo 7 reca le disposizioni finali, prevedendo che gli obblighi di comunicazione relativi alle erogazioni e alle relazioni d'interesse dirette e indirette (previsti dall'articolo 3) si applichino a decorrere dal terzo trimestre successivo a quello in corso alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'avviso di inizio funzionamento del registro Sanità trasparente (avviso previsto dall'articolo 5, comma 1) e che gli obblighi di comunicazione relativi alle partecipazioni azionarie, ai titoli obbligazionari e ai proventi derivanti da diritti di proprietà industriale o intellettuale (previsti dall'articolo 4) si applichino a decorrere dal secondo anno successivo a quello in corso alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'avviso di inizio funzionamento del registro Sanità trasparente (previsto dall'articolo 5, comma 1).
  Ciò premesso, evidenzia come la materia trattata dalla proposta di legge possa essere ricondotta nell'ambito della «tutela della salute», di cui all'articolo 117, comma 3, della Costituzione, oggetto di potestà legislativa concorrente e nella quale rientra anche l'organizzazione sanitaria (si richiama in proposito, da ultimo, la sentenza della Corte costituzionale n. 171 del 2008) e come assuma anche rilievo, in particolare con riferimento alle norme relative alla vigilanza e alle sanzioni, la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» affidata alla competenza esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Sottolinea poi come l'articolo 1 della proposta di legge qualifichi il diritto alla conoscenza dei rapporti tra le imprese ed i soggetti operanti nel settore della salute come livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
  In proposito, ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale, l'attribuzione allo Stato di tale competenza esclusiva si riferisce alla fissazione dei livelli strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto (ex plurimis, si richiamano le sentenze n. 248 del 2011, n. 322 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008); dunque essa può essere invocata in relazione a specifiche prestazioni delle quali le norme statali definiscono il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 222 del 2013, n. 328 del 2006, n. 285 e n. 120 del 2005, n. 423 del Pag. 1482004). Non si tratta, infatti, di una «materia» in senso stretto, bensì di una competenza trasversale, idonea cioè ad investire tutte le materie. Siffatto parametro costituzionale consente, infatti, una restrizione dell'autonomia legislativa delle regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione (sentenza n. 387 del 2007) e, appunto per questo, esso, da un lato, non permette allo Stato di individuare il fondamento costituzionale della disciplina di interi settori materiali (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005); dall'altro, può, invece, essere invocato anche nei particolari casi in cui la determinazione del livello essenziale di una prestazione non permetta, da sola, di realizzare utilmente la finalità di garanzia dallo stesso prevista, espressiva anche dello stretto legame esistente tra tale parametro ed i principi di cui agli articoli 2 e 3, comma secondo, della Costituzione, che garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo e l'uguaglianza in senso sostanziale dei cittadini (sentenze n. 62 del 2013 e n. 10 del 2010). La giurisprudenza costituzionale più recente ha peraltro ricondotto alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali anche norme di semplificazione amministrativa, quali quelle sull'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), in quanto «anche l'attività amministrativa, [...] può assurgere alla qualifica di “prestazione” (quindi, anche i procedimenti amministrativi in genere), della quale lo Stato è competente a fissare un «livello essenziale» a fronte di una specifica pretesa di individui, imprese, operatori economici ed, in generale, di soggetti privati» (sentenze n. 207 e n. 203 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 121 del 2014).
  Rilevato che il provvedimento non appare presentare profili problematici per quel che attiene le competenze della Commissione per gli affari regionali formula una proposta di parere favorevole.

  Il deputato Francesco ACQUAROLI (FdI) ritiene necessario che la Commissione disponga di tempi congrui per l'espressione dei pareri sui provvedimenti sottoposti al suo esame.

  Carlo PIASTRA, presidente, ricorda che sui punti precedenti vi è stato un dibattito assai ampio. Pone quindi in votazione la proposta di parere della relatrice.

  La Commissione approva la proposta di parere (vedi allegato 2).

Modifica all'articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nel settore lattiero-caseario.
Nuovo testo C. 712.
(Parere alla XIII Commissione della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Il senatore Francesco MOLLAME (M5S), relatore, rileva che la proposta di legge si compone di un solo articolo, che aggiunge un nuovo comma 9-quater all'articolo 4 testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n.175, stabilendo che le disposizioni del medesimo articolo 4 non si applicano alla costituzione né all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, in qualsiasi modo trattato, e dei prodotti lattiero-caseari. Nel testo iniziale l'esenzione riguardava anche tutti i prodotti alimentari in genere, ma nel corso dell'esame in sede referente tale riferimento è stato soppresso. Il richiamato articolo 4 stabilisce in sostanza il divieto, per le amministrazioni pubbliche di costituire, anche indirettamente, società di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Per quanto riguarda il quadro normativo in materia ricorda che il già citato Pag. 149articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, oltre a sancire, come ricordato, al comma 1, il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società, elenca le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate, che sono: produzione di un servizio di interesse generale; progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche; realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure; autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti; servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.
  Il citato articolo 4 del testo unico ammette tuttavia la costituzione e la partecipazione a specifiche tipologie societarie (società di sperimentazione nel settore sanitario; società aventi come oggetto sociale esclusivo la gestione di fondi europei per conto dello Stato o delle regioni, nonché alcune società elencate nell'allegato A al testo unico).
  Il comma 3 dell'articolo 4 prevede inoltre una deroga al limite generale di partecipazione pubblica di cui al comma 1, volta a promuovere la valorizzazione dei beni immobili già facenti parte del patrimonio dell'amministrazione pubblica: esclusivamente a tale fine, è ammessa l'acquisizione di partecipazioni in società, tramite il conferimento di beni immobili, con l'obiettivo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. Le società in cui l'amministrazione può acquisire partecipazioni devono avere per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse.
  Il medesimo articolo 4 attribuisce altresì, al comma 9, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di regione e province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti, la facoltà di deliberare l'esclusione (totale o parziale) dell'applicazione delle disposizioni del medesimo articolo a specifiche società a partecipazione pubblica (la competenza dei Presidenti di Regione e delle Province autonome è circoscritta alle società partecipate dall'ente territoriale di appartenenza).
  Ricorda, al riguardo, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2017, su richiesta del Sindaco di Brescia è stata autorizzata Centrale del latte di Brescia a derogare all'obbligo di dismissioni. Ad oggi risultano, quindi, partecipate da soggetti pubblici (in particolare da enti locali) le centrali del latte di Brescia, di Alessandria e Asti, di Roma, d'Italia (S.p.A. quotata in borsa, che ha raggruppato la centrale del latte di Torino con quelle di Firenze, Pistoia e Livorno). Risultano svolgere la propria attività nel settore lattiero caseario anche 21 società cooperative, con partecipazioni anche minime da parte degli enti locali di riferimento, oltre a qualche altro soggetto di ordine per lo più locale.
  Il comma 9-ter, introdotto dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 891, della legge n. 205 del 2017) fa poi salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all'1 per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile.
  Con riferimento ai profili di competenza della Commissione segnala che, in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, le disposizioni sulle attività di società partecipate dalle regioni e dagli enti locali possono essere ricondotte alla materia dell’ «ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva statale ex articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto volta a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato, nonché a quella della «tutela della concorrenza», anch'essa di competenza legislativa esclusiva statale ex articolo 117, secondo comma, lettera e), Pag. 150della Costituzione, in considerazione dello scopo di talune disposizioni di «evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali» (sentenza n. 326 del 2008).
  Segnala altresì come, con la sentenza n. 251 del 2016, la Corte costituzionale abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, lettere a), b), c), e), i), l) e m), numeri da 1) a 7), della legge n. 124 del 2015, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in base alla quale è stato poi adottato il testo unico di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n.175, nella parte in cui, in combinato disposto con l'articolo 16, commi 1 e 4, prevedeva che il Governo adottasse i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata.
  Ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 229 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di disposizioni statali che, imponendo a tutte le amministrazioni, quindi anche a quelle regionali, di sciogliere o privatizzare proprio le società pubbliche strumentali, sottraevano alle medesime la scelta in ordine alle modalità organizzative di svolgimento delle attività di produzione di beni o servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali, violando la competenza legislativa regionale residuale in materia di organizzazione amministrativa regionale.
  La Corte ha, quindi, ritenuto che un intervento del legislatore statale, come quello operato con le disposizioni impugnate del citato articolo 18 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, finalizzato a dettare una disciplina organica delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche, coinvolge, inevitabilmente, profili pubblicistici, che attengono alle modalità organizzative di espletamento delle funzioni amministrative e dei servizi riconducibili alla competenza residuale regionale, anche con riguardo alle partecipazioni degli enti locali che non abbiano come oggetto l'espletamento di funzioni fondamentali. Tale intervento coinvolge anche profili privatistici, inerenti la forma delle società partecipate, che trova nel codice civile la sua radice, e aspetti connessi alla tutela della concorrenza, riconducibili entrambi alla competenza esclusiva del legislatore statale.
  Pertanto, su tale tema la Corte delinea la concorrenza di competenze statali e regionali, disciplinata mediante l'applicazione del principio di leale collaborazione: per tali ragioni, la Corte ha asserito che spetta al Governo dare attuazione ai princìpi e criteri direttivi contenuti nella delega per l'emanazione del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica solo dopo aver svolto idonee trattative con Regioni e enti locali in sede di Conferenza unificata, sede che la giurisprudenza costituzionale considera come la più idonea a consentire l'integrazione dei diversi punti di vista e delle diverse esigenze degli enti territoriali coinvolti, tutte le volte in cui siano in discussione temi comuni a tutto il sistema delle autonomie, inclusi gli enti locali.
  Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, conclude che il provvedimento non presenti profili problematici per quello che attiene il rispetto delle competenze regionali; esso infatti, da un lato, interviene su un aspetto ordinamentale riconducibile agli ambiti materiali di esclusiva competenza statale sulla «tutela della concorrenza» e sull’ «ordinamento civile» e, dall'altro lato, comporta in concreto un ampliamento degli ambiti di intervento regionale, consentendo il mantenimento di una specifica tipologia di partecipazioni. Formula pertanto una proposta di parere favorevole.

  La senatrice Sonia FREGOLENT (Lega) ritiene necessario compiere una riflessione complessiva sugli effetti prodotti dal testo unico sulle società partecipate di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016. Se infatti risultava condivisibile la finalità di eliminare sprechi, l'effetto pratico è stato quello di colpire anche realtà virtuose.

  Carlo PIASTRA, presidente, pone quindi in votazione la proposta di parere.

  La Commissione approva la proposta di parere (vedi allegato 3).

  La seduta termina alle 11.

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