CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 dicembre 2018
112.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XIV)
COMUNICATO
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ESAME DI DECISIONI DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA AI SENSI DELL'ARTICOLO 11 DELLA LEGGE N. 234 DEL 2012

  Mercoledì 12 dicembre 2018. — Presidenza del presidente della XIV Commissione Sergio BATTELLI.

  La seduta comincia alle 9.35.

Decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, che modifica l'atto relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame dell'atto in titolo.

  Sergio BATTELLI, presidente, ricorda che le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XIV (Politiche dell'Unione europea) sono chiamate ad esaminare la decisione (UE, Euratom) 2018/994, che modifica l'atto relativo all'elezione dei membri del parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976, adottata dal Consiglio dell'UE il 13 luglio 2018.
  Segnala che la decisione è stata adottata sulla base dell'articolo 223, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione (TFUE), che prevede che il Parlamento europeo elabori un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l'elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri. Ricorda che il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono, stabilisce le disposizioni necessarie. Sottolinea che tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali.
  Per quanto attiene al quadro procedurale entro cui si inserisce l'esame del documento, rileva come la decisione sia stata trasmessa alle Camere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il quale prevede Pag. 5che nei casi in cui l'entrata in vigore di una decisione del Consiglio europeo o del Consiglio dell'Unione europea è subordinata dal Trattato sull'Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea alla previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali, il Governo trasmette la decisione alle Camere ai fini delle opportune deliberazioni. Precisa che la decisione si considera approvata in caso di deliberazione positiva di entrambe le Camere. Ricorda quindi che il Governo ne informa immediatamente il Consiglio europeo o il Consiglio dell'Unione europea.
  Al riguardo, segnala come la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella riunione del 31 ottobre 2018, abbia convenuto di applicare al documento in questione le modalità di esame parlamentare previste per le deliberazioni del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali. In particolare l'atto trasmesso dal Governo è esaminato dalle Commissioni competenti (I e XIV), con votazione in tale sede dei documenti conclusivi con cui si approva o meno la decisione UE, ferma restando la possibilità per uno o più gruppi di chiederne tempestivamente la discussione in Assemblea. In quest'ultimo caso la votazione degli atti d'indirizzo, nella forma di risoluzioni, recanti l'approvazione o meno della decisione UE, avverrebbe in Assemblea, previa discussione di una relazione delle competenti Commissioni, sul modello della procedura di cui all'articolo 143, comma 1, del regolamento.

  Martina PARISSE (M5S), relatrice per la I Commissione, nell'illustrare la decisione (UE, Euratom) 2018/994 in esame, per quanto attiene ai profili di specifica competenza della I Commissione, relativamente alla disciplina vigente circa il sistema di elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia ricorda che la principale fonte normativa riguardante l'elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo è costituita – a livello di Unione europea – dall'Atto del 20 settembre 1976 (Atto di Bruxelles) che ha sancito, tra gli altri, l'elezione diretta del Parlamento europeo. L'Atto fissa alcuni princìpi comuni sulla durata del mandato, lo status, le incompatibilità e la verifica dei poteri del parlamentare europeo, rimettendo alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale.
  L'Atto dispone in particolare che: in tutti gli Stati membri l'elezione deve avere luogo durante un medesimo periodo, con inizio il giovedì mattina e termine la domenica successiva; tale periodo deve essere lo stesso per tutte le elezioni successive; i rappresentanti al Parlamento europeo sono eletti per un periodo di cinque anni; la carica di rappresentante al Parlamento europeo è compatibile con quella di membro del Parlamento di uno Stato membro (tale compatibilità è venuta meno con la decisione del 2002), mentre sono fissate alcune incompatibilità sia nell'ambito delle Comunità europee, sia in ambito nazionale. Ulteriori cause di incompatibilità sono disposte dai singoli Stati membri.
  L'Atto di Bruxelles è stato modificato dalla decisione 2002/772/CE Euratom del Consiglio del 25 giugno 2002.
  Le principali innovazioni introdotte da tale decisione ai principi comuni per lo svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo sono le seguenti: elezione di tipo proporzionale; possibilità di fissare una soglia minima per l'attribuzione dei seggi (non superiore al 5 per cento dei suffragi espressi); possibilità di fissare un tetto alle spese sostenute dai candidati per la campagna elettorale; incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento europeo e di membro di un Parlamento nazionale (a partire dalle elezioni del Parlamento europeo del 2004); disciplina della vacanza dei seggi.
  Fatte salve le disposizioni contenute nella decisione, la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro dalle disposizioni nazionali, che nel tener conto delle particolarità negli Stati membri non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.Pag. 6
  In Italia il sistema elettorale è stato definito dalla legge n. 18 del 1979, e integrato dal decreto-legge n. 408 del 1994, che contiene norme attuative della direttiva comunitaria del 6 dicembre 1993 (Direttiva 93/109/CE) relativa alle modalità d'esercizio del diritto di voto e alla eleggibilità. Con la legge n. 78 del 2004 sono state recepite le norme precettive recate dalla citata decisione 2002/772 non presenti nel nostro ordinamento ed è stata introdotta, in particolare, l'incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento europeo e quella di componente del Parlamento nazionale. Inoltre, la legge n. 90 del 2004, novellando anch'essa la legge n. 18 del 1979, ha innovato in diverse parti la disciplina dell'elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, individuando ulteriori incompatibilità tra il mandato europeo e alcune cariche elettive territoriali (consigliere regionale, presidente di provincia e sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti) e modificando le norme per la sottoscrizione delle liste di candidati e per l'espressione delle preferenze. Successivamente, la legge n. 10 del 2009 ha introdotto una soglia di sbarramento pari al 4 per cento per concorrere all'assegnazione dei seggi e la legge n. 65 del 2014 ha previsto norme per la rappresentanza di genere. La soglia di sbarramento del 4 per cento ha superato scrutinio di legittimità costituzionale. La Corte costituzionale – con decisione (la cui motivazione non è stata ancora pubblicata) assunta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2018 – ha giudicato infatti non fondate le questioni di costituzionalità (sollevate dal Consiglio di Stato, con riferimento ai principi democratico, di ragionevolezza, di eguaglianza del voto) delle disposizioni della legge n. 18 del 1979 (come introdotte dalla legge n. 10 del 2009) che limitano l'accesso alla distribuzione dei seggi ai partiti che hanno ottenuto a livello nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi. La Corte ha ritenuto, secondo quanto risulta dal comunicato stampa, che la previsione di questa limitazione non sia manifestamente irragionevole e rientri pertanto nella discrezionalità del legislatore.
  Quanto al numero dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, rammenta che la composizione del Parlamento europeo è fissata dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007.
  In particolare, l'articolo 14, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, dispone che il Parlamento europeo è composto da rappresentanti dei cittadini dell'Unione in numero non superiore a 750, più il Presidente. La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale con una soglia minima di 6 seggi per Stato membro ed una soglia massima di 96 seggi. La distribuzione dei seggi tra gli Stati non è fissata dal Trattato, ma è rimessa a una decisione del Consiglio europeo adottata all'unanimità, su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione.
  Il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013 ha formalmente adottato la decisione, approvata dal Parlamento europeo il 12 giugno 2013, recante la nuova ripartizione dei seggi, dopo l'ingresso della Croazia, tra i 28 paesi dell'Unione europea a partire dalle elezioni europee del 2014. Il numero dei seggi attribuiti all'Italia è 73.
  Nella Nota trasmessa alle Camere dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, allegata alla decisione 2018/994, viene altresì richiamata la decisione (UE) 2018/937 che disciplina la composizione del Parlamento europeo stabilendo l'attribuzione dei seggi tenuto conto del recesso del Regno Unito anche nel caso in cui non sia giuridicamente efficace all'inizio della prossima legislatura. Da un punto di vista tecnico, nella Nota si evidenzia che le decisioni in argomento non necessitano, ai fini dell'organizzazione delle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, di norme di adeguamento interno, atteso che le disposizioni ivi previste sono già rinvenibili nell'attuale normativa. Tanto vale anche nell'ipotesi in cui il Regno Unito sia ancora uno Stato membro dell'Unione all'inizio Pag. 7della legislatura 2019-2024. Infatti, anche l'individuazione degli eventuali 3 seggi supplementari di parlamentare europeo spettanti all'Italia – risultanti dalla differenza tra i 76 previsti dall'articolo 3, paragrafo l, della decisione 2018/937 e i 73 che, nella suddetta ipotesi, si insedierebbero immediatamente ai sensi del medesimo articolo 3, paragrafo 2 – risulta dalle vigenti disposizioni in materia di assegnazione dei seggi.
  Per quanto riguarda le circoscrizioni elettorali, i membri italiani del Parlamento europeo sono eletti su base circoscrizionale. A tale scopo, il territorio nazionale è diviso in cinque circoscrizioni elettorali (indicate nella Tabella A della legge n. 18 del 1979) di dimensione sovraregionale.
  L'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni è effettuata – ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 18 del 1979 – sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, riportati dalla più recente pubblicazione ufficiale dell'ISTAT, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, da emanarsi contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi. «La ripartizione dei seggi si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica per il numero dei membri spettante all'Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti».
  Circa il tema della data di svolgimento delle elezioni, per il rinnovo del Parlamento europeo, esse hanno luogo ogni cinque anni, nello stesso arco temporale (compreso tra il giovedì mattina e la domenica sera) in tutti gli Stati membri. Ciascuno Stato membro determina, nell'ambito di tale periodo, le date e le ore destinate alla consultazione elettorale (articoli 9 e 10 dell'Atto di Bruxelles).
  In proposito ricorda che il Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea del 22 maggio 2018 ha fissato la data delle prossime elezioni europee, che si svolgeranno nel periodo dal 23 al 26 maggio 2019.
  I comizi per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 50o giorno antecedente quello della votazione (articolo 7, commi primo e secondo, della legge n. 18 del 1979).
  Circa la disciplina dell'elettorato attivo, il diritto di voto può essere esercitato dai cittadini italiani che abbiano compiuto il 18o anno di età entro il giorno fissato per le elezioni nel territorio nazionale e risultino iscritti nelle liste elettorali (articolo 3, primo comma, della legge n. 18 del 1979).
  Possono inoltre votare per l'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo i cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti in Italia che abbiano presentato, entro il 90o giorno antecedente la data delle elezioni, una richiesta in tal senso al sindaco del comune di residenza e abbiano ottenuto l'iscrizione nell'apposita lista elettorale del comune italiano di residenza (articolo 3, secondo comma, della legge n. 18 del 1979).
  Nella domanda di iscrizione deve essere dichiarato, tra l'altro, il possesso della capacità elettorale nello Stato di origine e l'assenza di provvedimenti giudiziari, penali o civili, che comportino, per lo stesso Stato di origine, la perdita dell'elettorato attivo (articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 408 del 1994).
  Gli elettori italiani che hanno stabilito la propria residenza in uno degli Stati membri dell'Unione europea diverso dall'Italia, possono esercitare in loco il diritto di voto, partecipando all'elezione dei candidati al Parlamento europeo ivi presentatisi. Nel caso in cui non intendano avvalersi di tale facoltà, essi possono votare, nello Stato in cui risiedono, per l'elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, recandosi presso le sezioni elettorali italiane appositamente istituite presso le sedi consolari italiane o in altre sedi idonee (articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 408 del 1994).Pag. 8
  Quest'ultima facoltà è prevista anche per gli elettori italiani (e per i loro familiari conviventi) comunque presenti per motivi di studio o di lavoro negli Stati membri dell'Unione. Per poterne usufruire, essi devono fare pervenire ai consolati competenti la richiesta di esprimere il proprio voto all'estero entro l'80o giorno precedente lo svolgimento della consultazione elettorale. La domanda è rivolta al sindaco del comune nelle cui liste elettorali questi elettori sono iscritti; il sindaco provvede al successivo inoltro al Ministero dell'interno (articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 408 del 1994).
  Secondo quanto prescritto dall'articolo 49 della legge n. 18 del 1979, come modificato dalla legge n. 78 del 2004, chi, in occasione della elezione dei membri del Parlamento europeo, partecipa al voto sia per l'elezione dei membri spettanti all'Italia, sia per l'elezione dei membri spettanti ad altro Paese membro dell'UE, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa da euro 52 a euro 258.
  In merito alla disciplina dell'elettorato passivo, possono essere eletti alla carica di rappresentante dell'Italia al Parlamento europeo i cittadini italiani che siano titolari del diritto di elettorato attivo e abbiano compiuto il 25o anno di età entro il giorno fissato per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale. Sono eleggibili alla stessa carica quali rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo anche i cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dalle rispettive disposizioni nazionali (articolo 4, commi primo e secondo, della legge n. 18 del 1979).
  I candidati dei Paesi membri dell'UE diversi dall'Italia devono presentare alla Corte di appello del capoluogo della circoscrizione, all'atto del deposito della lista dei candidati, oltre alla documentazione richiesta per i candidati nazionali, un'apposita dichiarazione con la quale si impegnano a non candidarsi per la stessa elezione del Parlamento europeo in alcun altro Stato dell'Unione (articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 408 del 1994).
  Con riferimento alle modalità di presentazione delle liste e delle candidature il deposito del contrassegno di lista presso il Ministero dell'interno deve essere effettuato, con le modalità di cui agli articoli 14, 15 e 16 del Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957), non prima delle ore 8 del 49o giorno e non oltre le ore 16 del 48o giorno antecedente quello della votazione (ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 18 del 1979).
  In particolare, l'articolo 14 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 prevede che i partiti o i gruppi politici organizzati, che intendono presentare liste di candidati, debbono depositare presso il Ministero dell'interno il contrassegno col quale dichiarano di voler distinguere le liste medesime. All'atto del deposito del contrassegno deve essere indicata la denominazione del partito o del gruppo politico organizzato. I partiti che notoriamente fanno uso di un determinato simbolo sono tenuti a presentare le loro liste con un contrassegno che riproduca tale simbolo. Non è ammessa la presentazione di contrassegni identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli, elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti. Non è ammessa, altresì, la presentazione di contrassegni effettuata con il solo scopo di precluderne surrettiziamente l'uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso. Non è ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possono trarre in errore l'elettore. Non è neppure ammessa la presentazione di contrassegni riproducenti immagini o soggetti religiosi.
  La presentazione delle liste dei candidati è effettuata per ogni circoscrizione fra le ore 8 del 40o giorno e le ore 20 del 39o giorno antecedenti quello della votazione presso la cancelleria della Corte d'appello Pag. 9sede dell'ufficio elettorale circoscrizionale (articolo 12, primo comma, della legge n. 18 del 1979).
  Ciascuna lista deve essere presentata dai rappresentanti dei partiti e dei gruppi politici organizzati, allo scopo designati all'atto del deposito del contrassegno di lista, con una apposita dichiarazione sottoscritta da almeno 30.000 e non più di 35.000 elettori, dei quali almeno 3.000 devono risultare iscritti nelle liste elettorali di ogni regione della circoscrizione (secondo l'articolo 12, secondo e terzo comma, della legge n. 18 del 1979).
  Le sottoscrizioni non sono richieste (in base all'articolo 12, quarto comma, della legge n. 18 del 1979) per: i partiti e i gruppi politici che siano costituiti in gruppo parlamentare nella legislatura nazionale in corso al momento della convocazione dei comizi anche in una sola delle Camere o che nell'ultima elezione politica nazionale abbiano presentato candidature con proprio contrassegno e abbiano ottenuto almeno un seggio in una delle due Camere; i partiti o gruppi politici che nelle elezioni precedenti abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo; i partiti o gruppi politici che, nell'ultima elezione della Camera dei deputati, abbiano presentato liste per l'attribuzione dei seggi nella quota proporzionale anche quando non abbiano ottenuto alcun seggio, purché a tali liste si sia collegato, pur sotto un diverso contrassegno, un candidato risultato eletto in un collegio uninominale; le liste contraddistinte da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico che sia esente dall'onere di sottoscrizione delle candidature.
  Per i partiti o gruppi politici espressi dalle minoranze di lingua francese della Valle d'Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia, è prevista la possibilità di collegarsi con altra lista della stessa circoscrizione presentata da partito o gruppo politico che risulti presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (articolo 12, nono comma, della legge n. 18 del 1979).
  Ciascuna lista deve essere composta di un numero di candidati non inferiore a tre e non maggiore del numero di parlamentari europei da eleggere nella circoscrizione (articolo 12, ottavo comma, della legge n. 18 del 1979). Ogni candidato può presentarsi in una o più circoscrizioni (anche in tutte), a condizione che indichi espressamente, nella dichiarazione di accettazione della candidatura, che si è presentato in altre circoscrizioni e che specifichi quali sono (articolo 12, settimo comma, della legge n. 18 del 1979). Nessun candidato può comunque essere compreso in liste aventi contrassegni diversi (ai sensi dell'articolo 12, sesto comma, della legge n. 18 del 1979). La legge n. 65 del 2014, sulla rappresentanza di genere per le elezioni europee, ha introdotto disposizioni finalizzate ad assicurare l'equilibrio di genere nella composizione delle liste elettorali. La legge prevede che all'atto della presentazione, in ciascuna lista, i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, con arrotondamento all'unità e che i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso (ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera a)).
  In merito alle modalità di espressione del voto, l'elettore ha a disposizione una sola scheda, di colore diverso per ciascuna circoscrizione, che riproduce i contrassegni di tutte le liste ammesse. L'ordine dei contrassegni è quello stabilito mediante sorteggio dall'ufficio elettorale circoscrizionale (ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 18 del 1979). Ogni elettore può esprimere non più di 3 preferenze. Per i candidati di una lista di minoranza linguistica collegata ad altra lista presente in tutte le circoscrizioni (ai sensi dell'articolo 12, nono comma) può essere espressa una sola preferenza (articolo 14 della legge n. 18 del 1979).
  La citata legge n. 65 del 2014 sulla rappresentanza di genere per le elezioni europee ha stabilito che nel caso di espressione di due o tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l'annullamento della seconda e della terza preferenza (articolo 1, comma 2, lettera c) e comma 3). Gli elettori votano Pag. 10dalle ore 7 alle ore 23 della domenica fissata per la votazione (articolo 1, comma 399, della legge n. 147 del 2013).
  Le operazioni di scrutinio hanno inizio subito dopo la chiusura della votazione, devono essere proseguite senza interruzione e completate entro 12 ore dal loro inizio (ai sensi dell'articolo 16, terzo comma, della legge n. 18 del 1979).
  Relativamente alla ripartizione dei seggi, l'Atto di Bruxelles fissa alcuni principi comuni sull'elezione dei membri del Parlamento europeo, tra i quali un'opzione a favore del «carattere proporzionale del voto», e rimette alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale. L'Italia ha adottato un sistema elettorale proporzionale accompagnato (dal 2009) da una soglia di sbarramento pari al 4 per cento. I seggi sono attribuiti a liste di candidati presentate nelle cinque circoscrizioni, con riparto dei seggi in sede di Collegio unico nazionale. L'elettore può votare soltanto per una delle liste presentate nella circoscrizione e può esprimere la propria preferenza per uno o più candidati; il numero massimo delle preferenze esprimibili è pari a tre.
  Il riparto dei seggi tra le liste è effettuato in ambito nazionale con il metodo del quoziente naturale e dei maggiori resti. Il procedimento per l'assegnazione dei seggi è il seguente (ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 18 del 1979): si determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sommando i voti riportati nelle singole circoscrizioni; si individuano le liste che hanno conseguito a livello nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi; si sommano quindi le cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto dei seggi e si divide il totale così ottenuto per il numero complessivo dei seggi da assegnare, ottenendo il quoziente elettorale nazionale; il numero dei seggi attribuiti a ciascuna lista è il risultato della divisione della cifra elettorale nazionale della lista per il quoziente elettorale nazionale; in tale fase si tiene conto della sola parte intera del quoziente; i seggi ancora da attribuire dopo tali operazioni sono assegnati alle liste per le quali l'ultima divisione ha dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggior cifra elettorale nazionale. A parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti ai fini dell'attribuzione dei seggi anche le cifre elettorali nazionali di quelle liste che non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale pieno.
  In relazione alla ripartizione dei seggi nelle circoscrizioni, la legge n. 18 del 1979 stabilisce dunque che, per ciascuna lista, i seggi siano ripartiti nelle circoscrizioni sulla base del quoziente elettorale di lista con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti.
  Questo metodo, applicato fino alle elezioni europee del 2009, prescindendo dal numero di seggi spettanti a ciascuna circoscrizione in proporzione alla popolazione (determinato con decreto del Presidente della Repubblica) ha portato, in tutte le elezioni precedenti a quella del 2014, ad uno «slittamento» di seggi dalle circoscrizioni meno popolose (e con più astensionismo) a quelle più popolose del centro nord. In prossimità delle elezioni europee del 2014, alla luce di pronunce giurisprudenziali nel frattempo intercorse, il Consiglio di Stato, su richiesta del Ministero dell'interno, si è espresso sulla norma da applicare per la ripartizione dei seggi nelle circoscrizioni. Nelle elezioni europee del 2014, su indicazione del Consiglio di Stato, è stata pertanto applicata la normativa prevista dal Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, all'articolo 83, comma 1, n. 9, allora vigente). Tale sistema è basato sul quoziente di attribuzione circoscrizionale e consiste, in estrema sintesi, nell'attribuire i seggi alle liste nelle circoscrizioni sempre in proporzione ai voti ottenuti, ma rapportati alla grandezza delle circoscrizioni stesse, in termini di seggi. Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto applicabile, in virtù del generale rinvio al testo unico per le elezioni alla Camera espresso nell'articolo 51 della legge n. 18 del 1979, le disposizioni Pag. 11del suddetto testo unico sul riparto dei seggi nelle circoscrizioni, nella parte in cui contengono meccanismi volti a evitare «slittamenti» di seggi da una circoscrizione all'altra in ossequio al principio generale di rappresentatività dei territori in materia elettorale, espresso dall'articolo 57 della Costituzione. I seggi attribuiti nelle cinque circoscrizioni sono stati, nel 2014, in numero uguale ai seggi assegnati sulla base della ripartizione in proporzione alla popolazione, senza «slittamenti» tra circoscrizioni. Sono proclamati eletti, nell'ambito di ciascuna lista, i candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. Nel caso di candidati che abbiano ottenuto un eguale numero di preferenze, prevale l'ordine di presentazione nella lista.
  Per favorire la possibilità delle minoranze linguistiche più numerose e concentrate in alcune zone del Paese (cioè le minoranze di lingua francese della Valle d'Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia) di eleggere propri rappresentanti al Parlamento europeo, la legge, come già accennato, prevede che le liste di candidati presentate da partiti o gruppi che siano espressione di queste minoranze possano collegarsi con un'altra lista della stessa circoscrizione presentata da un partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (articolo 12, comma nono, della legge n. 18 del 1979).
  Per l'assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni in cui sia presente tale collegamento si provvede, nell'ambito del gruppo di liste venutosi a formare, a disporre, in un'unica graduatoria, i candidati delle liste collegate. Si proclamano eletti, nei limiti dei seggi ai quali il gruppo ha diritto, i candidati che hanno ottenuto le cifre elettorali più elevate. Tuttavia, nel caso in cui con questo sistema non risulti eletto alcun candidato della lista di minoranza linguistica collegata, l'ultimo seggio viene assegnato a quello, tra i candidati di minoranza linguistica, che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale, purché essa non sia inferiore a 50.000 (articolo 22, commi secondo e terzo, della legge n. 18 del 1979).
  I candidati eletti in più circoscrizioni devono dichiarare all'Ufficio elettorale nazionale, entro otto giorni dall'ultima proclamazione, quale circoscrizione scelgono. In assenza dell'opzione, l'Ufficio elettorale nazionale procede mediante sorteggio. Il presidente dell'Ufficio elettorale nazionale proclama quindi eletto in surrogazione il candidato che segue immediatamente l'ultimo eletto nella lista della circoscrizione che non è stata scelta o sorteggiata. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa durante lo svolgimento del mandato, è attribuito dall'Ufficio elettorale nazionale al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto (ai sensi articolo 41 della legge n. 18 del 1979).

  Filippo SCERRA (M5S), relatore per la XIV Commissione, ricorda che il Consiglio dell'Unione europea ha adottato, il 13 luglio 2018, la decisione 2018/994 che modifica l'atto relativo all'elezione dei membri del parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787 del 20 settembre 1976, che è soggetta all'approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali ed entrerà in vigore il primo giorno dopo la ricezione dell'ultima notifica e che è stata adottata sulla base dell'articolo 223, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione, che prevede che il Parlamento europeo elabori un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l'elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, che deve essere adottato dal Consiglio dell'Unione europea all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza dei membri. Ricorda altresì che le prossime elezioni del Parlamento europeo si svolgeranno tra il 23 e il 26 maggio 2019. Segnala quindi che il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta ha trasmesso al Presidente della Camera dei deputati la decisione 2018/994 il 29 ottobre Pag. 122018, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Evidenzia che, come già ricordato dal presidente, la richiamata disposizione prevede che nei casi in cui l'entrata in vigore di una decisione del Consiglio europeo o del Consiglio dell'Unione europea è subordinata dal Trattato sull'Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea alla previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali, il Governo trasmette la decisione alle Camere ai fini delle opportune deliberazioni. La decisione si considera approvata in caso di deliberazione positiva di entrambe le Camere. Il Governo ne informa immediatamente il Consiglio europeo o il Consiglio dell'Unione europea.
  Fa quindi presente che la decisione 2018/994 del Consiglio dell'UE introduce la previsione che i membri del Parlamento europeo siano eletti come rappresentanti dei cittadini dell'Unione, in conformità all'articolo 14 del Trattato sull'Unione europea come modificato dal Trattato di Lisbona, (nuovo articolo 1 dell'atto elettorale). In proposito ricorda che, prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009, il Trattato sull'Unione europea prevedeva, infatti che il Parlamento europeo fosse composto da «rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità». Rileva che la decisione prevede altresì l'obbligo, negli Stati in cui si utilizza lo scrutinio di lista, di prevedere una soglia minima obbligatoria per l'attribuzione dei seggi tra il 2 per cento e il 5 per cento per le circoscrizioni con più di 35 seggi, compresi gli Stati membri con collegio unico nazionale (nuovo articolo 3 dell'Atto elettorale), ferma restando la facoltà, già prevista nell'Atto elettorale vigente, di stabilire una soglia minima non superiore al 5 per cento per l'attribuzione dei seggi, ricordando, per inciso, che tale disposizione non trova applicazione in Italia poiché nessuna delle cinque circoscrizioni italiane ha più di trentacinque seggi. Rappresenta inoltre che la decisione in esame prevede una durata non inferiore alle tre settimane antecedenti alla data fissata dallo Stato membro interessato per il voto del termine per la presentazione delle candidature per l'elezione al Parlamento europeo, ove sia previsto un termine dalla normativa nazionale (nuovo articolo 3-bis dell'atto elettorale), nonché la facoltà per gli Stati membri di consentire l'apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato (nuovo articolo 3-ter dell'atto elettorale). Osserva che il provvedimento reca anche la facoltà per gli Stati membri di prevedere la possibilità del voto anticipato, per corrispondenza, elettronico e via internet per le elezioni del Parlamento europeo. Precisa che, in tal caso, gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire, in particolare, l'affidabilità dei risultati, la segretezza del voto e la protezione dei dati personali conformemente al diritto dell'Unione applicabile (nuovo articolo 4-bis dell'atto elettorale). Rileva quindi che la decisione reca l'obbligo per gli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare che il doppio voto (ossia il caso di un cittadino europeo voti in più di uno Stato membro dell'UE) alle elezioni del Parlamento europeo sia oggetto di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (nuovo articolo 9 dell'atto elettorale) e la facoltà per gli Stati membri, conformemente alle rispettive procedure elettorali nazionali, di adottare le misure necessarie per permettere ai propri cittadini residenti in Paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo (nuovo articolo 9-bis dell'atto elettorale). Conclude ricordando la previsione dell'obbligo per ciascuno Stato membro di designare un'autorità di contatto responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe degli altri Stati membri.

  Stefano CECCANTI (PD) osserva preliminarmente come, trattandosi di un atto il cui contenuto è sostanzialmente condiviso, sarebbe stato opportuno che uno dei due relatori fosse nominato tra i deputati dell'opposizione. Pag. 13
  Ciò premesso, segnala, quanto al merito, come la ratio dell'atto in esame sia quella, da un lato, di redistribuire i seggi del Parlamento europeo già spettanti al Regno Unito, e, dall'altro, di consentire l'introduzione delle soglie di sbarramento anche nella disciplina elettorale relativa al Parlamento europeo vigente in materia in Germania, superando una pronuncia in senso contrario della Corte costituzionale tedesca. Ritiene al riguardo opportuna l'introduzione in tale ambito delle soglie di sbarramento, già previste nella disciplina elettorale italiana, al fine di evitare un'eccessiva frammentazione della rappresentanza e di valorizzare maggiormente il ruolo del Parlamento europeo.

  Cristina ROSSELLO (FI), dichiarandosi sostanzialmente d'accordo sul merito del provvedimento, condivide tuttavia le considerazioni svolte dal deputato Ceccanti e ritiene che sul metodo potrebbero essere fatte scelte di stile diverso nei confronti dell'opposizione.
  Osserva, inoltre, che vi sono ancora alcune zone d'ombra riferibili al periodo transitorio che seguirebbe la Brexit: chiede infatti se con il meccanismo descritto nel provvedimento in esame sia già stabilito il quadro definitivo, oppure se sia necessario tornarvi in un secondo momento per prendere le opportune e necessarie decisioni.

  Emanuela ROSSINI (Misto-Min.Ling.), facendo riferimento alla distribuzione dei seggi al Parlamento europeo conseguente all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, chiede ai relatori se la distribuzione dei tre seggi in più all'Italia sia già regolata, e in questo caso come avvenga, e se c’è un riferimento normativo per tale assegnazione.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore per la XIV Commissione, ribadisce che, alla data del 29 marzo, in assenza di cambiamenti il Regno Unito sarà considerato uno Stato terzo e troverebbe applicazione la normativa elettorale in discussione, mentre qualora il Regno Unito dovesse continuare a rivestire la qualifica di Stato membro, continuerebbe ad applicarsi la vigente ripartizione dei seggi. Per quanto riguarda i seggi aggiuntivi dell'Italia, ricorda che i tre che le spettano in più verranno distribuiti secondo un principio proporzionale, essendo i relativi criteri già stabiliti dalla normativa vigente, rinviando in proposito alla simulazione contenuta nella documentazione predisposta dagli uffici.

  Stefano CECCANTI (PD) rileva come, allo stato, sia possibile formulare soltanto un'ipotesi di distribuzione dei seggi tra le circoscrizioni, in quanto tale ripartizione potrà subire variazioni a seguito dello slittamento di tali seggi.

  Piero DE LUCA (PD) osserva come non sembri automatico che, anche qualora si perfezioni l'accordo sulla Brexit, i tre seggi vengano attribuiti all'Italia già dal prossimo maggio, essendo previsto che ciò avvenga solo dopo che la Gran Bretagna sarà completamente uscita dall'Unione europea e successivamente al periodo transitorio.

  Cristina ROSSELLO (FI) ritiene necessario un approfondimento istruttorio per avere la sicurezza che le cose siano proprio nei termini espressi.

  Martina PARISSE (M5S), relatrice per la I Commissione, rileva come si potrà procedere all'attribuzione dei seggi in questione soltanto quando il recesso del Regno Unito dall'Unione diverrà efficace.

  Guido Germano PETTARIN (FI) ritiene, in sintesi, che la situazione può essere così riassunta: se la Gran Bretagna esce definitivamente dall'Unione europea con un accordo si applica la redistribuzione dei seggi al Parlamento europeo, altrimenti, si resterebbe nella situazione attuale. In tal senso chiede ai relatori se questa sua sintesi è corretta.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore per la XIV Commissione, conferma che, se alla data del 29 marzo 2019, la Gran Bretagna risulterà definitivamente uscita dall'Unione Pag. 14europea, allora sarà vigente la nuova distribuzione dei seggi a decorrere dal 30 marzo successivo. Qualora ciò non accada la redistribuzione verrà invece sospesa.

  Piero DE LUCA (PD) sottolinea che, ad oggi, a parte un'ipotesi di nuovo referendum nel Regno Unito, il 30 marzo 2019 la Gran Bretagna sarà definitivamente uscita dall'Unione europea, e ciò a prescindere dal fatto che vi sia o non vi sia un accordo tra le parti. Rileva, tuttavia, che l'assegnazione dei seggi redistribuiti avverrà solo quando il recesso del Regno Unito dall'Unione sarà divenuto giuridicamente efficace, non essendo, a suo avviso, chiara la situazione durante il periodo transitorio.

  Guido Germano PETTARIN (FI) chiede a nome del suo gruppo che siano svolti i necessari approfondimenti per avere chiarezza sulla questione. Ricorda inoltre che vi potrebbe essere un nuovo scenario a seguito della recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea che ha stabilito che l'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea può essere revocato unilateralmente da chi l'ha invocato finché il recesso non si sia perfezionato.

  Filippo SCERRA (M5S), relatore per la XIV Commissione, ritiene che il dibattito che si sta svolgendo sia costruttivo e che i dubbi che emergono possono trovare chiarezza in eventuali attività istruttorie che potranno essere concordate in sede di Uffici di presidenza delle Commissioni riunite.

  Sergio BATTELLI, presidente, concorda con quanto proposto dal relatore ed invita i gruppi a presentare eventuali richieste di audizioni, che saranno valutate in sede di Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite.

  Emanuela ROSSINI (Misto-Min.Ling.), dopo aver ricordato che la decisione del Consiglio all'esame delle Commissioni prevede l'inserimento nell'atto elettorale di un articolo 4-bis, il quale stabilisce che gli Stati membri possono prevedere la possibilità del voto anticipato, per corrispondenza, elettronico e via internet per le elezioni del Parlamento europeo, chiede chiarimenti circa la possibilità di estendere l'utilizzo delle moderne tecnologie e quali siano le sue modalità nel nostro Paese.

  Sergio BATTELLI, presidente, in relazione alle osservazioni della deputata Rossini, ritiene che, in sede di Uffici di presidenza, potrà essere richiesta un'apposita audizione di rappresentanti del Ministero dell'interno, al fine di ottenere chiarimenti in materia.

  Piero DE LUCA (PD), con riferimento alla citata sentenza della Corte di giustizia, ricorda che essa ha sancito il diritto dello Stato membro di revocare unilateralmente la notifica di recesso fintanto che non vi sia accordo; osserva quindi che qualora l'accordo vi sia non sarà più possibile la revoca unilaterale del recesso.

  Sergio BATTELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.05.