CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 ottobre 2018
71.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 20

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 10 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.

  La seduta comincia alle 11.10.

Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2018.
Doc. LVII, n. 1-bis, Annesso e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 9 ottobre 2018.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la relatrice, Alaimo, ha formulato una proposta di parere favorevole con numerose premesse (vedi allegato 1), la quale è disponibile da ieri su GeoCom ed è stata inviata via email a tutti i componenti della Commissione.
  Informa altresì che i gruppi PD e FI hanno formulato proposte di parere alternative (vedi allegati 2 e 3) a quella della relatrice. Entrambe le proposte sono disponibili su GeoCom e sono state inviate via email a tutti i componenti della Commissione. Tali proposte di parere alternativo saranno poste in votazione qualora fosse respinta la proposta di parere formulata dalla relatrice.Pag. 21
  Ribadisce inoltre che l'esame in sede consultiva del provvedimento dovrà esaurirsi entro la seduta di oggi, in quanto la Commissione Bilancio concluderà l'esame della Nota nel pomeriggio di oggi.

  Stefano CECCANTI (PD) osserva che l'Ufficio parlamentare di bilancio, il cui presidente è stato audito dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nella giornata di ieri, ha ritenuto di non validare le previsioni macroeconomiche sul 2019 del quadro programmatico della NADEF 2018, esprimendo un parere negativo su tale quadro programmatico proposto. Fa notare come ciò sostanzialmente confermi il quadro d'incostituzionalità del documento da lui stesso tratteggiato nella seduta di ieri, rilevando come il medesimo Ufficio parlamentare di bilancio abbia escluso la sussistenza di un ciclo economico negativo e di eventi eccezionali, in assenza dei quali non appare pertanto legittimo il ricorso al deficit. Si tratta, a suo avviso, di una valutazione chiara, proveniente da un organismo indipendente, chiamato a valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee, della cui neutralità – messa in discussione da alcuni rappresentanti di spicco del Governo – a suo avviso non si più nutrire alcun dubbio, anche tenuto conto delle modalità di nomina dei componenti dei suoi organi. Fa dunque notare come la maggioranza, con la manovra di bilancio prospettata nella Nota, rischi di innescare un conflitto istituzionale senza precedenti, ponendosi in contrasto con i principali organi di garanzia dell'Unione europea.
  In tale contesto rileva come la proposta di parere della relatrice ometta di entrare nel merito delle rilevanti questioni che andrebbero poste in relazione al rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, limitandosi ad esprimere un parere favorevole che non tiene conto del fatto che con tali politiche si elude la realtà dei fatti e si rischia di entrare in conflitto con l'Europa. Esorta quindi la maggioranza a farsi spiegare da un autorevole rappresentante di Governo, il Sottosegretario Giancarlo Giorgetti – che ritiene sia un esperto della materia, essendo stato peraltro fautore dell'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione – la gravità di quanto proposto nel documento in esame.

  Francesco FORCINITI (M5S), evidenziando la diversità di posizione tra i gruppi di opposizione, osserva come la proposta di parere alternativa del gruppo di Forza Italia, diversamente dalla proposta di parere alternativa presentata dal gruppo PD, non contenga alcuna valutazione circa la legittimità costituzionale della Nota in esame e rechi esclusivamente considerazioni di natura politica.
  Quanto alla richiamata proposta di parere alternativa del gruppo del Partito democratico, esprime il proprio stupore per le valutazioni in essa contenute circa l'asserito contrasto della Nota in esame con l'articolo 81 della Costituzione. Osserva incidentalmente come a suo avviso la modifica di tale articolo, introdotta dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, sia stata il frutto di una riforma approvata frettolosamente, non preceduta da un dibattito adeguatamente approfondito e che non ha probabilmente paralleli in nessun altro Paese.
  Ciò premesso, ritiene altresì non condivisibile un'interpretazione estensiva dell'articolo 81 della Costituzione volta ad escludere, in presenza di una fase del ciclo economico di segno positivo, qualsiasi margine di discrezionalità politica nella predisposizione della manovra economica, in quanto tale interpretazione si porrebbe in evidente contrasto con il complesso delle altre norme costituzionali.
  Ritiene infatti che negare, nell'attuale fase del ciclo economico, la possibilità di adottare una manovra espansiva, anche ricorrendo al deficit (il che peraltro è accaduto anche nella scorsa legislatura), e di compiere scelte discrezionali di politica economica, che assicurino comunque in prospettiva l'equilibrio di bilancio, significhi sostanzialmente negare la democrazia. Si dichiara lieto del fatto che ai padri costituenti sia stato risparmiato di assistere a questo dibattito, rilevando Pag. 22come sarebbe a suo avviso assurdo ritenere che l'articolo 81 della Costituzione impedisca interventi in materia di contrasto alla povertà, di trattamenti previdenziali e di tassazione del lavoro autonomo.

  Marco DI MAIO (PD), ricollegandosi a talune considerazioni svolte dal deputato Forciniti, evidenzia come non si possa sostenere che il gruppo del Partito democratico sia contrario ad interventi sociali di redistribuzione del reddito – considerazione che rigetta completamente – rilevando che nella proposta di parere alternativa il suo gruppo intenda piuttosto mettere in rilievo come tali politiche andrebbero svolte nel rispetto delle regole ed entro i confini costituzionali vigenti. Ritiene che, in assenza di una modifica del quadro costituzionale attuale, sia necessario dunque assicurare una continuità nei rapporti istituzionali, nel rispetto delle regole democratiche.
  Dopo aver evidenziato la terzietà dell'Ufficio parlamentare di bilancio, sottolinea come le valutazioni di tale organismo confermino l'impossibilità di ricorrere al deficit in assenza di eventi eccezionali, quali periodi di grave recessione economica o eventi straordinari, eventi peraltro dei quali non fa menzione neanche il Governo in carica. Giudica poi pretestuoso prendere ad esempio le misure di politica economica assunte dal precedente Governo, ricordando come quell'Esecutivo fu costretto ad agire in un contesto completamente diverso, dovendo fronteggiare davvero una grave recessione, nonché eventi straordinari.
  Ribadisce pertanto che il suo gruppo non intende entrare nel merito delle misure sociali proposte dalla maggioranza, ma rivendica il rispetto delle regole costituzionali e dei rapporti istituzionali, senza il quale si rischia di esporre il Paese a conseguenze imprevedibili.

  Gennaro MIGLIORE (PD) rileva come la competenza della I Commissione in sede consultiva riguardi in primo luogo gli aspetti concernenti la legittimità costituzionale degli atti sottoposti al suo esame. Replicando alle osservazioni del deputato Forciniti, invita a non citare a sproposito i padri costituenti e sottolinea come la competenza della Commissione debba essere esercitata con riferimento alle norme costituzionali vigenti, anche qualora non le si condivida (dovendosi semmai in tal caso promuoverne la modifica attraverso l'apposito procedimento di revisione).
  Stigmatizza inoltre le dichiarazioni rilasciate da esponenti della maggioranza volte a mettere in discussione il ruolo delle istituzioni di garanzia, con particolare riferimento a quelle del Vicepresidente del Consiglio dei ministri Luigi Di Maio sulla Banca d'Italia, e rileva come la maggioranza stia perseguendo un'operazione politica ben precisa, diretta a creare le condizioni per l'uscita dell'Italia dall'Unione europea, a spese degli italiani e determinando il peggioramento del ciclo economico.
  Invita quindi la maggioranza a esplicitare con chiarezza tali politiche di fronte all'opinione pubblica, anche perché il prezzo di tali scelte ricadrà sulle spalle delle famiglie italiane. Ricorda di essere un sostenitore di politiche espansive e keynesiane, ma ritiene che quelle promosse dalla maggioranza non siano tali, bensì esprimano un disegno politico di disarticolazione del Paese, che mette a rischio i risparmi degli italiani.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricollegandosi ad alcune osservazioni svolte nel dibattito odierno e al fine di chiarire i termini delle questioni poste, fa notare come l'articolo 81 della Costituzione, al secondo comma, preveda che il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Osserva, peraltro, che, sulla base del comma 5 dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il piano di rientro del deficit può essere aggiornato, con le modalità di cui al comma 3 del medesimo articolo 6, al verificarsi di Pag. 23ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche. Evidenzia, dunque, che il Governo si stia muovendo entro i confini definiti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente, non richiedendosi, peraltro, per interventi di tale portata, la sussistenza di un ciclo economico oggettivamente negativo. Dopo aver rilevato, inoltre, che la deliberazione in questione sarà assunta a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, ritiene che il quadro delle garanzie costituzionali e legislative sia rispettato.

  Stefano CECCANTI (PD) osserva come il deputato Forciniti e il Presidente Brescia si siano soffermati sugli aspetti relativi alla legittimità costituzionale della Nota in esame, ma come tale questione non sia affrontata nella proposta di parere della relatrice. Chiede che tale proposta sia pertanto modificata, in modo da chiarire esplicitamente che la Nota di aggiornamento è ritenuta costituzionalmente legittima dalla maggioranza.

  Francesco FORCINITI (M5S) ritiene incongruo pretendere che i pareri resi dalla Commissione, in assenza di rilievi specifici, attestino espressamente la legittimità costituzionale di ciascun atto sottoposto all'esame.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, prende atto che la relatrice non accede alla richiesta di riformulazione della proposta di parere avanzata dal deputato Ceccanti e, nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta di parere della relatrice, avvertendo che, se questa risulterà approvata, saranno precluse le proposte alternative di parere presentate.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 11.25.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 10 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.

  La seduta comincia alle 11.25.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città.
C. 696 De Maria.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come nella seduta odierna la Commissione inizi l'esame, in sede referente, della proposta di legge C. 696 De Maria, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città», inserita all'ordine del giorno della Commissione su richiesta del gruppo PD e inserita nel programma dei lavori dell'Assemblea per il mese di dicembre.
  Informa che sulla medesima materia è stata presentata anche la proposta di legge C. 1169 Lupi, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie», la quale al momento non è peraltro ancora assegnata: pertanto la predetta proposta di legge potrà essere abbinata quando sarà stata assegnata in sede referente alla Commissione.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, segnala in primo luogo come la proposta di legge C. 696 si ponga in continuità con il lavoro svolto nella XVII legislatura dalla Commissione d'inchiesta, allora monocamerale, istituita per verificare le condizioni di sicurezza e di degrado delle città e in particolare delle periferie urbane. La Commissione, che ha concluso i propri lavori con l'approvazione della relazione finale nel dicembre 2017 (Doc. XXII-bis, Pag. 24n. 19), ha, infatti, auspicato – per la nuova legislatura – l'istituzione di una Commissione bicamerale per le città e le periferie.
  Per quanto riguarda il contenuto della proposta di legge, l'articolo 1, comma 1, della proposta di legge istituisce, per la durata della XVIII legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione bicamerale di inchiesta parlamentare sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città. Alla conclusione dei lavori, la Commissione presenta alle Camere di una relazione finale sull'attività svolta e sui risultati dell'inchiesta. Al comma 2 è prevista la possibilità di presentare anche relazioni di minoranza. Inoltre, si prevede la presentazione, dopo il primo semestre di attività, di una relazione sullo stato dei lavori.
  L'articolo 2 prevede, al comma 1, che la Commissione sia composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un rappresentante di ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Il comma 2 stabilisce che entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, il Presidenti di Camera e Senato convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza composto dal presidente, da 2 vicepresidenti e da 2 segretari. I commi 3 e 4 stabilisce la composizione e disciplina l'elezione dell'ufficio di presidenza che avviene ad opera dei componenti la Commissione medesima a scrutinio segreto. Nell'elezione del Presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o va al ballottaggio il più anziano di età. La Commissione elegge poi al proprio interno due vice presidenti e due segretari con il sistema del voto limitato. Ciascun componente scrive sulla propria scheda un solo nome e risultano eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o va al ballottaggio il più anziano di età.
  L'articolo 3 individua, al comma 1, i compiti della Commissione di inchiesta, tra i quali richiama:
   l'individuazione di aree critiche per accertare lo stato del degrado delle città e delle loro periferie, con particolare attenzione alle implicazioni sociali e della sicurezza legate anche a una maggiore presenza di stranieri residenti;
   il monitoraggio dello stato di degrado e disagio sociale delle periferie delle città, attraverso l'ausilio dei soggetti (istituzioni, associazioni ecc.) che si occupano di immigrazione e di povertà; monitorare le connessioni che possono emergere tra disagio urbano e radicalismo religioso;
   individuare proposte che provengono dalle città nelle quali si è raggiunto un buon livello di integrazione e dove il disagio sociale e la povertà sono stati affrontati con efficaci interventi pubblici e privati;
   l'individuazione delle aree interessate dall'abusivismo edilizio e dall'occupazione abusiva di immobili;
   l'individuazione di programmi di ampliamento delle prestazioni sociali di contrasto alla povertà;
   l'individuazione di interventi, anche di carattere normativo, al fine di rimuovere le situazioni di degrado delle città e di attuare politiche per la sicurezza per prevenire fenomeni di reclutamento di terroristi e di radicalizzazione.

  Il comma 2 del medesimo articolo 3 stabilisce che la Commissione può avvalersi, per lo svolgimento dei propri compiti, della collaborazione degli enti locali, delle istituzioni, degli istituti di statistica e delle banche dati delle Forze di polizia.
  L'articolo 4 richiama, al comma 1, quanto già previsto dall'articolo 82, secondo comma della Costituzione in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli Pag. 25stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria e stabilisce, al comma 2, ulteriori limitazioni, prevedendo che la Commissione non possa adottare provvedimenti che restringano la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché la libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. L'articolo 133 del codice di procedura penale prevede che se il testimone, il perito, la persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato, il consulente tecnico, l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento, di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l'accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. Per quanto concerne le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione, la proposta di legge richiama, al comma 3, l'applicabilità degli articoli 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale. La proposta di legge dispone la non opponibilità alla Commissione, limitatamente alle materie oggetto di indagine, del segreto d'ufficio, professionale e bancario, precisando altresì che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato segreto difensivo ai sensi dell'articolo 103 del codice di procedura penale. Per il segreto di Stato trova applicazione, secondo quanto previsto dal comma 4, la normativa dettata dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
  Inoltre, secondo quanto stabilito dal comma 5 del medesimo articolo 4 della proposta di legge, non può essere opposto il segreto da parte di altre Commissioni di inchiesta.
  L'articolo 5 della proposta di legge disciplina l'acquisizione di atti e documenti da parte della Commissione.
  Ai sensi del comma 1, la Commissione potrà acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti anche in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale che copre con il segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. L'autorità giudiziaria dovrà fornire gli atti e i documenti richiesti in maniera tempestiva e potrà ritardare solo motivando il ritardo con apposito decreto e solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per 30 giorni e può essere rinnovato. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa. Il comma 2 dell'articolo 5 della proposta di legge conferisce inoltre alla Commissione il potere di stabilire quali atti e documenti non devono essere divulgati; in ogni caso devono rimanere riservati i documenti relativi a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari. Al riguardo rileva come, rispetto a altri provvedimenti istitutivi di Commissioni di inchiesta parlamentari, il testo della proposta di legge non imponga alla Commissione il mantenimento del regime di segretezza degli atti trasmessi coperti da segreto come, ad esempio, stabilito dal comma 2 dell'articolo 5 della legge n. 99 del 2018 che ha istituito la Commissione antimafia.
  L'articolo 6 della proposta di legge impone poi l'obbligo del segreto, sanzionato penalmente (ai sensi dell'articolo 326 del codice penale), per i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d'ufficio o di servizio vengano a conoscenza di atti di inchiesta che la Commissione ha segretato ai sensi dell'articolo 5, comma 2, anche dopo la cessazione dell'incarico; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti.
  L'articolo 7 afferma, al comma 1, il principio della pubblicità delle sedute della Commissione, ferma restando la possibilità di disporre diversamente. Al Pag. 26comma 2 viene demandata la disciplina dell'organizzazione delle attività e del funzionamento della Commissione a un regolamento interno da approvare prima dell'avvio delle attività di inchiesta. La Commissione può inoltre avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni ritenute necessarie. Il comma 3 stabilisce che la scelta dei collaboratori sua rimessa al Presidente, previo parere della Commissione. Per l'esercizio delle funzioni della Commissione si prevede, al comma 4, che essa fruisca di personale, locali e strumenti operativi posti a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, mentre il comma 5, stabilisce nella misura di 60.000 euro annui le spese per il funzionamento della Commissione a carico per metà del bilancio interno della Camera e per l'altra metà del Senato. Il comma 5 stabilisce che possa essere disposto un incremento delle spese (al massimo del 30 per cento) previa richiesta motivata del Presidente della Commissione, solo per esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta. L'incremento deve essere autorizzato dai Presidenti delle Camere con determinazione adottata d'intesa tra loro.
  Per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite la materia, attenendo all'esercizio di un potere costituzionale delle Assemblee parlamentari, può ricondursi alla disciplina degli organi dello Stato, riservata dall'articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione all'esclusiva competenza legislativa statale.
  Con riferimento al rispetto degli altri princìpi costituzionali rammenta che l'articolo 82 della Costituzione prevede espressamente che «ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse».
  Come già accennato nella premessa, nella XVII legislatura, il tema della sicurezza della città è stato oggetto di indagine da parte della Camera che ha istituito nel 2016 una Commissione d'inchiesta monocamerale per verificare le condizioni di sicurezza e di degrado delle città e in particolare delle periferie urbane. La Commissione ha concluso i lavori con l'approvazione della relazione finale nel dicembre 2017 (Doc. XXII-bis, n. 19) vertente, in particolare: sul rafforzamento degli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane, sulle politiche per la rigenerazione urbana alla luce degli indirizzi adottati dall'Agenda urbana europea, sulla gestione della sicurezza e sulle e politiche attive per il sociale. La Commissione, inoltre, ha auspicato «che nella XVIII legislatura il Parlamento possa rendere permanente l'esperienza utilmente sperimentata nell'ultimo anno, istituendo una Commissione bicamerale per le città e le periferie». Nella relazione conclusiva della Commissione viene evidenziato preliminarmente come una delle maggiori criticità delle aree urbane sia il deficit di presenza istituzionale che, invece, è necessaria per rispondere alle richieste dei cittadini, nonché per elevare i livelli di sicurezza percepita. È stata a tale fine ipotizzata la realizzazione, nell'ambito di ogni area, di una specifica struttura polifunzionale costituita da nuclei appartenenti alle diverse istituzioni operanti sul territorio che assicuri il primo intervento e la successiva attivazione dell'amministrazione competente, oltre alle fondamentali attività di ascolto e di monitoraggio dei fenomeni di interesse. Particolarmente significativa è stata ritenuta l'attivazione dei patti di sicurezza che consistono in accordi di collaborazione e di solidarietà stipulati tra Stato ed enti locali – sulla base di un accordo quadro sottoscritto il 20 marzo 2017 tra il Ministero dell'interno e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) – per realizzare azioni congiunte di più livelli di governo e promuovere, anche in via sussidiaria, interventi per rendere effettivo il diritto alla sicurezza. Sono stati inoltre auspicati interventi per realizzare una condivisione del patrimonio informativo – reso anonimo e cioè privo di riferimenti nominativi – in modo che sia messo a disposizione di tutti i soggetti che si occupano di politiche urbane per lo studio dei fenomeni e l'elaborazione di strategie di intervento. Nella relazione finale Pag. 27la Commissione di inchiesta ha inoltre sottolineato come l'attuazione del principio della sussidiarietà attraverso la valorizzazione del Terzo settore e dell'associazionismo e del volontariato in genere costituisca una leva strategica per una serie di interventi sociali in grado di produrre esternalità di rilievo in grado di aumentare significativamente i livelli di sicurezza. Accanto a ciò è stata sottolineata l'importanza di offrire adeguate risposte alla richiesta di un più serrato controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine. Viene auspicata la fissazione di standard minimi di sicurezza (come ad esempio il numero di presìdi e di operatori forze polizia per numero di abitanti) per le aree urbane degradate. Inoltre la Commissione ha auspicato un rafforzamento della formazione degli operatori di polizia impegnati nelle aree degradate.
  Oltre al coordinamento delle forze di polizia nazionali, è stata ribadita l'importanza della collaborazione tra le Forze di polizia e le polizie locali che controllano il territorio e le Forze armate che presidiano il territorio. Tale maggiore integrazione dovrebbe trovare un organico strumento normativo che introduca una specifica disciplina in termini di coordinamento, procedure operative, attribuzioni e poteri. È stato altresì ritenuto importante un potenziamento anche degli strumenti utilizzabili, come ad esempio le interrogazioni al sistema di indagine riservato alle Forze di polizia. In particolare si dovrebbe garantire, in maniera omogenea nell'intero territorio nazionale, il coordinamento tra sicurezza pubblica e polizia locale (come previsto dall'articolo 118, terzo comma, della Costituzione), definendo finalmente in maniera diretta e unitaria ruolo, qualifica specifica e dipendenza istituzionale degli operatori di polizia locale, superando una volta per tutte la dicotomia tra funzioni di polizia locali e funzioni di polizia amministrativa locale. Sul piano normativo, inoltre, sono stati richiamati temi quali: le funzioni ausiliarie di polizia amministrativa locale rese da altri dipendenti pubblici; la cooperazione tra polizia locale e forze di polizia dello Stato; la disciplina dell'armamento e delle uniformi; l'accesso alle banche dati, comprese quelle del Ministero dell'interno; la definizione delle politiche nazionali della sicurezza, delle politiche locali per la sicurezza e delle politiche integrate; l'individuazione degli accordi tra Stato, regioni e autonomie locali come strumento specifico della cooperazione interistituzionale. Relativamente alla gestione della sicurezza nelle periferie la Commissione di inchiesta ha sottolineato, in particolare, la strategicità di uno strumento di governance a livello locale, che dovrebbe trovare la sua specifica competenza territoriale nell'ambito comunale, in modo da valorizzare l'indispensabile rapporto di prossimità con i cittadini e, nel contempo, il collegamento delle aree degradate con l'intero tessuto urbano.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 11.40 alle 11.50.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 10 ottobre 2018. — Presidenza del presidente Alberto STEFANI.

  La seduta comincia alle 14.30.

Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale.
C. 893 Orlando.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Pag. 28

  Elisa TRIPODI (M5S), relatrice, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla Commissione Giustizia, la proposta di legge C. 893 Orlando, recante disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, come risultante dagli emendamenti approvati in sede referente dalla II Commissione.
  La proposta di legge si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, che si trovano oggi contenute prevalentemente nel Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004), inserendole nel codice penale.
  In primo luogo rammenta che il tentativo di riorganizzare il quadro sanzionatorio penale a tutela del nostro patrimonio culturale risale a tre legislature fa, quando fu avviato l'esame alla Camera del disegno di legge C. 2806.
  Inoltre, nella scorsa legislatura, era stato presentato alle Camere il disegno di legge C. 4220 che, nella versione iniziale, delegava il Governo ad operare la riforma, dettando alcuni princìpi e criteri direttivi. Il disegno di legge, dopo lo svolgimento alla Camera di un'apposita indagine conoscitiva, è stato approvato con modifiche il 22 giugno 2017 e la delega è stata trasformata in una serie di novelle al codice penale. Il predetto disegno di legge non concluse poi il suo iter al Senato (A.S. 2864).
  Ricorda, altresì, che negli stessi giorni in cui la Camera approvava il disegno di legge del Governo, nella scorsa legislatura, il Consiglio d'Europa adottava una Convenzione volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell'azione dell'Organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata (cosiddetta Convenzione di Nicosia). La Convenzione prevede che costituiscano reato diverse condotte in danno di beni culturali, tra cui il furto, gli scavi illegali, l'importazione e l'esportazione illegali, nonché l'acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti e riconosce, inoltre, come reato la falsificazione di documenti e la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali. L'Italia ha firmato la Convenzione (insieme ad altri 8 Stati membri del Consiglio d'Europa), che non è ancora entrata in vigore in quanto è stata ratificata da un solo Stato (Cipro).
  Passando a esaminare il contenuto del provvedimento, il testo originariamente all'esame della Commissione Giustizia riproduceva il testo di una proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati nella scorsa legislatura.
  A seguito delle modifiche approvate nel corso dell'esame in sede referente dalla Commissione di merito, la proposta di legge, che si compone di 7 articoli:
   colloca nel codice penale gli illeciti penali attualmente ripartiti tra codice penale e codice dei beni culturali: in merito ricorda che nel codice penale non sono numerose le disposizioni che possono essere specificamente ricondotte alla tutela dei beni culturali; esse hanno natura delittuosa (è il caso del delitto di danneggiamento, di cui all'articolo 635 del codice penale, e di deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico o artistico, di cui all'articolo 639, nei quali la qualità della cosa offesa dal reato comporta l'applicazione di una specifica aggravante) o natura contravvenzionale (è il caso del reato di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico, di cui all'articolo 733, e del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali, di cui all'articolo 734 del codice penale); nel Codice dei beni culturali (di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004), le disposizioni penali sono contenute nella parte IV, titolo II (sanzioni penali), capi I e II (articoli 169-181) che individuano reati di natura contravvenzionale (realizzazione di opere illecite su beni culturali (articolo 169), uso illecito dei beni culturali (articolo 170), collocazione e rimozione illecita degli stessi beni (articolo 171) e inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta (articolo 172); reati di tutela del patrimonio culturale nazionale (si tratta di una serie di disposizioni, di natura tanto delittuosa quanto contravvenzionale, che mirano a impedire il depauperamento del patrimonio nazionale. In particolare, quanto ai delitti, il Codice prevede la Pag. 29violazione delle norme in materia di alienazione ed esportazione delle opere culturali (articoli 173 e 174), l'impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato (articolo 176); quanto alle contravvenzioni, la violazione delle disposizioni in materia di ricerche archeologiche (articolo 175); reati a tutela della genuinità dell'opera d'arte (si tratta della fattispecie prevista dall'articolo 178 del Codice, che punisce a titolo di delitto la contraffazione di opere d'arte); il Codice contiene anche una disposizione (articolo 181) a tutela dei beni paesaggistici, che punisce chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici;
   introduce nuove fattispecie di reato;
   innalza le pene edittali vigenti, dando attuazione ai princìpi costituzionali in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata;
   introduce aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali.

  In dettaglio, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1, inserisce nel codice penale tra i delitti un nuovo titolo VIII-bis, rubricato «Dei delitti contro il patrimonio culturale», composto da 19 nuovi articoli (da 518-bis a 518-vicies).

  In merito ricorda che, ai sensi dell'articolo 2 del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'articolo 134 del Codice dei beni culturali, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.
  In tale contesto l'intervento legislativo inserisce nel codice penale una serie di nuove disposizioni.
  Il nuovo articolo 518-bis del codice penale punisce il furto di beni culturali con la reclusione da 2 a 8 anni (pena significativamente più elevata rispetto a quella prevista per il furto). La condotta consiste nell'impossessamento di un bene culturale altrui, sottraendolo a chi lo detiene, con la finalità di trarne un profitto per sé o per altri. In presenza di circostanze aggravanti, quali quelle già individuate dal codice penale per il reato di furto o dal Codice dei beni culturali (quando i beni rubati appartengono allo Stato o il fatto è commesso da chi abbia ottenuto una concessione di ricerca, ai sensi dell'articolo 176), la pena della reclusione va da 4 a 12 anni.
  Il nuovo articolo 518-ter del codice penale punisce l'appropriazione indebita di beni culturali con la reclusione da 1 a 4 anni. Con questa fattispecie si punisce chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il delitto è aggravato se il possesso dei beni è a titolo di deposito necessario. Si tratta di un nuovo delitto; la disposizione riproduce, aumentando la pena, la fattispecie di appropriazione indebita di cui all'articolo 646 del codice penale.
  Il nuovo articolo 518-quater del codice penale punisce la ricettazione di beni culturali con la reclusione da 3 a 12 anni.
  La disposizione riproduce, inasprendo la sanzione penale ed eliminando le circostanze aggravanti e attenuanti, il contenuto dell'articolo 648 del codice penale prevedendo però, diversamente dalla fattispecie generale di ricettazione, che il delitto trovi applicazione anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità.Pag. 30
  Il nuovo articolo 518-quinquies punisce con la reclusione da 4 a 12 anni l'impiego illecito di beni culturali.
  La fattispecie riguarda chiunque, salvi i casi di concorso di reato, di ricettazione e di riciclaggio, impiega illecitamente in attività economiche e finanziarie beni culturali provenienti da delitto. Il delitto è aggravato quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale ed attenuato se il fatto è di particolare tenuità. Anche in questo caso la fattispecie si applica anche quando l'autore del delitto da cui il bene culturale proviene non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità.
  Il nuovo articolo 518-sexies punisce con la reclusione da 5 a 14 anni il riciclaggio di beni culturali: la condotta è mutuata dal delitto di riciclaggio di cui all'articolo 648-bis, ma la pena è inasprita. È confermata anche l'aggravante quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. Inoltre, la fattispecie trova applicazione anche quando l'autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità. Rileva come per i nuovi delitti di furto, appropriazione indebita, ricettazione e riciclaggio di beni culturali, il legislatore preveda la sola pena detentiva e non anche, come previsto per le corrispondenti fattispecie comuni, pena detentiva e pena pecuniaria.
  Il nuovo articolo 518-septies punisce l'autoriciclaggio di beni culturali con la reclusione da 3 a 10 anni.
  La disposizione riproduce, aumentando la pena detentiva ed eliminando la pena pecuniaria, l'articolo 648-ter.1 del codice penale (chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa). Analogamente alla fattispecie generale, la pena è più lieve (reclusione da 2 a 4 anni) se i beni culturali provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni. È prevista una aggravante, quando il fatto è commesso nell'esercizio di attività professionali, ed un'attenuante per colui che si sia adoperato per ridurre la portata del danno, per assicurare le prove e il recupero dei beni culturali. Anche in questo caso il delitto si applica a prescindere dalla non imputabilità dell'autore del reato presupposto o dalla mancanza di una condizione di procedibilità.
  Il nuovo articolo 518-octies punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni la falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali.
  La disposizione intende punire la condotta di colui che forma una scrittura privata falsa o altera sopprime o occulta una scrittura vera in relazione a beni culturali mobili, al fine di farne apparire lecita la provenienza. La norma risulta innovativa nel nostro ordinamento, ed è mutuata da una disposizione della Convenzione di Nicosia (articolo 9).
  Il nuovo articolo 518-novies punisce le violazioni in materia di alienazione di beni culturali con la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 80.000 euro. Il provvedimento sposta nel codice penale, innalzandone la pena, l'attuale fattispecie contenuta nell'articolo 173 del Codice dei beni culturali.
  Il nuovo articolo 518-decies punisce con la reclusione da 1 a 4 anni o con la multa da 258 a 5.165 euro l'uscita o esportazione illecite di beni culturali. A tal fine si inserisce nel codice penale, conservando la pena e operando alcune modifiche, il delitto di cui all'articolo 174 del codice dei beni culturali, che punisce l'illecita uscita o esportazione (trasferimento all'estero) di beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, ovvero il mancato rientro dei beni di cui sia stata autorizzata l'uscita, alla scadenza del termine previsto. È prevista la confisca delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. Nel caso in cui il reato sia commesso da «chi esercita Pag. 31attività di vendita al pubblico o di esposizione a fine di commercio di oggetti culturali», è prevista la pena accessoria dell'interdizione da una professione o da un'arte, ai sensi dell'articolo 30 del codice penale e la pubblicazione della sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 36 del codice penale.
  Il nuovo articolo 518-undecies punisce la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l'imbrattamento e l'uso illecito di beni culturali o paesaggistici. La fattispecie punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili o infruibili beni culturali o paesaggistici (primo comma); colui che, invece, deturpa, imbratta o fa di tali beni un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole della loro conservazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni (secondo comma). La norma qualifica dunque come autonome fattispecie penali, di natura delittuosa, le aggravanti e le contravvenzioni attualmente previste dal codice penale (articoli 635, 639, 733 e 734) e subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna (terzo comma). In caso di condotte colpose, si applica la reclusione fino a 2 anni prevista dal nuovo articolo 518-duodecies. Attualmente i delitti di danneggiamento e deturpamento non sono mai punibili a titolo di colpa.
  Il nuovo articolo 518-terdecies punisce con la reclusione da 10 a 18 anni la devastazione e il saccheggio di beni culturali. La fattispecie penale troverà applicazione al di fuori delle ipotesi di devastazione, saccheggio e strage di cui all'articolo 285 quando a essere colpiti siano beni culturali ovvero istituti e luoghi della cultura.
  Il nuovo articolo 518-quaterdecies punisce con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa fino a 10.000 euro la contraffazione di opere d'arte. La norma inasprisce la pena e sposta nel codice penale l'attuale delitto di contraffazione previsto dall'articolo 178 del codice dei beni culturali.
  Il nuovo articolo 518-quinquiesdecies esclude la punibilità a titolo di contraffazione di colui che produce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni dichiarando espressamente la loro non autenticità (analogamente a quanto prevede, a legislazione vigente, l'articolo 179 del codice dei beni culturali).
  Il nuovo articolo 518-sexiesdecies punisce il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali con la reclusione da 2 a 8 anni. La fattispecie punisce chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto o vantaggio, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, trasferisce, aliena, scava clandestinamente e comunque gestisce illecitamente beni culturali. In relazione a questo delitto la riforma prevede la competenza della procura distrettuale e la possibilità di svolgere attività sotto copertura.
  Il nuovo titolo VIII-bis del codice penale introdotto dalla proposta di legge prevede inoltre:
   un'aggravante da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o 3 paesaggistici (al nuovo articolo 518-septiesdecies del codice penale): cagioni un danno di rilevante gravità; sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale; sia commesso da un pubblico ufficiale impiegato nella conservazione o protezione di beni culturali che si sia volontariamente astenuto dallo svolgimento delle proprie funzioni al fine di conseguire un indebito vantaggio; sia commesso nell'ambito di un'associazione a delinquere. La pena dovrà essere aumentata da un terzo alla metà e, in caso di esercizio di un'attività professionale, dovrà essere applicata anche la pena accessoria della interdizione da una professione Pag. 32o da un'arte (articolo 30 del codice penale) oltre alla pubblicazione della sentenza di condanna (articolo 36 del codice penale);
   attenuanti da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici (al nuovo articolo 518-duodevicies del codice penale): cagioni un evento, un danno o comporti un lucro di speciale tenuità (pena diminuita di un terzo); sia commesso da colui che abbia collaborato per individuare i correi o gli autori di altro reato (pena diminuita da un terzo alla metà); sia commesso da colui che si sia «efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato, individuare gli altri responsabili o recuperare i beni provenienti dal delitto» (pena diminuita dalla metà ai due terzi);
   la confisca penale obbligatoria, anche per equivalente, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dal nuovo titolo (al nuovo articolo 518-undevicies del codice penale);
   l'applicabilità delle disposizioni penali a tutela dei beni culturali anche ai fatti commessi all'estero in danno del patrimonio culturale nazionale (al nuovo articolo 518-vicies del codice penale).

  La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge inserisce, inoltre, sempre nel codice penale, al di fuori del nuovo titolo VIII-bis, un nuovo articolo 707-bis, rubricato «Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o per la rilevazione dei metalli», avente natura contravvenzionale, il quale punisce con l'arresto fino a 2 anni chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico. Il possesso ingiustificato degli attrezzi dovrà realizzarsi all'interno dei seguenti luoghi: aree e parchi archeologici (articolo 101, comma 2, lettere d) ed e), del Codice dei beni culturali); zone di interesse archeologico (articolo 142, comma 1, lettera m), del Codice dei beni culturali); aree sottoposte a verifica preventiva dell'interesse archeologico (articolo 28, comma 4, del Codice dei beni culturali e articolo 25 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016).
  L'articolo 2 della proposta di legge modifica l'articolo 51 del codice di procedura penale per inserire il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, di cui al nuovo articolo 518-sexiesdecies del codice penale, nel catalogo dei delitti per i quali le indagini sono di competenza della procura distrettuale.
  L'articolo 3 modifica la disciplina delle attività sotto-copertura (di cui all'articolo 9 della legge n. 146 del 2006) per prevederne l'applicabilità anche alle indagini sul delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali (di cui al nuovo articolo 518-sexiesdecies del codice penale, introdotto dall'articolo 1 della proposta di legge), svolte da ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali.
  L'articolo 4 modifica il decreto legislativo n. 231 del 2001 (recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica), prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.
  La norma integra l'elenco dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, con l'inserimento di due nuovi articoli: l'articolo 25-quaterdecies, (delitti contro il patrimonio culturale), prevede nuove sanzioni in relazione ad una serie di delitti e l'articolo 25-quinquiesdecies (riciclaggio, devastazione e saccheggio di beni culturali e attività organizzata per il traffico illecito di beni culturali) che prevede in relazione ad alcuni reati (riciclaggio dei beni culturali, Pag. 33la devastazione e il saccheggio e le attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali) l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.000 quote. Nel caso in cui l'ente, o una sua unità organizzativa, venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di tali delitti, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività.
  L'articolo 5 abroga alcune disposizioni del codice penale e del codice dei beni culturali, con finalità di coordinamento del nuovo quadro sanzionatorio penale con la normativa vigente.
  Con riferimento al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come il provvedimento sia riconducibile alla materia «ordinamento penale», di esclusiva competenza legislativa statale in base all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

  Alberto STEFANI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile e di qualità.
C. 183 Gallinella.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe D'AMBROSIO (M5S), relatore, rileva come il Comitato sia chiamato a esaminare, ai fini del parere alla XIII Commissione Agricoltura, la proposta di legge C. 183 Gallinella, recante norme per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame referente presso la XIII Commissione.
  La proposta di legge, come modificata dalla Commissione di merito, che si compone di 7 articoli, all'articolo 1, comma 1, definisce le finalità del provvedimento, individuandole nella valorizzazione e promozione della domanda e dell'offerta di tali prodotti, garantendo un'adeguata informazione al consumatore sulla loro origine e sulle loro specificità.
  Il comma 2 consente alle regioni e agli enti locali l'adozione di autonome iniziative per la valorizzazione di detti prodotti.
  Il comma 3 specifica che dall'attuazione dell'articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 2 reca le definizioni di prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero o utile e provenienti da filiera corta.
  Il comma 1, lettera a) rinvia, per l'individuazione dei prodotti agricoli, all'elenco riportato nell'Allegato I al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, mentre, per i prodotti alimentari, fa riferimento a quanto prescrive l'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002, secondo cui si intende per «alimento» qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.
  La norma specifica che tali prodotti si considerano a chilometro zero o utile quando provengono da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima agricola (o delle materie prime agricole primarie) posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, dal luogo di consumo, in caso di servizi di ristorazione o provenienti dalla stessa regione del luogo in cui sono venduti.
  Ai sensi della lettera b) del medesimo comma 1 sono prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta i prodotti la cui commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario. Le cooperative e i loro consorzi, le Pag. 34organizzazioni dei produttori e le organizzazioni interprofessionali non sono considerati intermediari.
  L'articolo 3, comma 1, prevede che, in caso di apertura di mercati in aree pubbliche, i comuni possano riservare agli imprenditori agricoli che vendono prodotti a chilometro zero o a filiera corta appositi spazi all'interno delle aree del mercato.
  Il comma 2 specifica che le regioni e gli enti locali, previa intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione, possono favorire la destinazione di particolare aree all'interno dei supermercati destinati alla vendita di tali prodotti.
  L'articolo 4 prevede, al comma 1, che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo sono istituiti il logo «chilometro zero o utile» e il logo «filiera corta». Con lo stesso decreto saranno definite le condizioni e le modalità di attribuzione del logo.
  Il comma 2 dispone che il logo sia esposto nei luoghi di vendita diretta, nei mercati, negli esercizi commerciali o di ristorazione e all'interno dei locali, in spazi espositivi appositamente dedicati. Il logo può essere pubblicato in piattaforme informatiche di acquisto o distribuzione che forniscono i prodotti oggetto della proposta di legge.
  In merito ricorda che, relativamente alla tutela del «made in Italy», la Corte costituzionale (con la sentenza n. 175 del 2004) – nel giudizio di legittimità costituzionale sul comma 61 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Fondo per il sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del «made in Italy»), volto alla diffusione all'estero del «made in Italy» – ha evidenziato come tale previsione, lungi dall'implicare la riconducibilità alla (ovvero una commistione con la) materia del «commercio con l'estero» (demandata alla competenza legislativa concorrente), esprime soltanto l'auspicata ripercussione sul commercio con l'estero dell'intervento statale volto alla diffusione di un'idea di qualità dei prodotti (in generale) di origine italiana. La Corte ha quindi precisato che l'inquadramento della disciplina de qua nella materia-funzione della «tutela della concorrenza» esclude che possa ravvisarsi una violazione del precetto di cui all'articolo 117, sesto comma, della Costituzione (relativamente alla potestà regolamentare delle Regioni), per il fatto che il regolamento disciplinante «le indicazioni di origine e l'istituzione ed uso del marchio» sia emanato dal Ministro delle attività produttive (di concerto con altri) senza coinvolgimento delle Regioni.
  L'articolo 5 interviene sul codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, sostituendo il comma 1 dell'articolo 144. La nuova norma prevede che l'utilizzo dei prodotti a chilometro zero o utile o provenienti da filiera corta sia considerato, a parità di offerta, titolo preferenziale per l'aggiudicazione degli appalti relativi ai servizi di ristorazione collettiva, rispetto agli altri prodotti di qualità, quali i prodotti biologici, tipici o tradizionali, i prodotti a denominazione protetta e quelli provenienti dall'agricoltura sociale.
  L'articolo 6 prevede che, salvo che il fatto non costituisca reato, l'operatore che immetta sul mercato prodotti agricoli e alimentari violando quanto prescritto dall'articolo 2 o utilizzando il logo di cui all'articolo 4 in assenza (sarebbe auspicabile prevedere anche l'ipotesi in cui non sia utilizzato in modo conforme) dei requisiti di cui all'articolo 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.500 euro.
  L'articolo 7, comma 1, abroga il comma 2 dell'articolo 11 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni.
  La disposizione che si intende abrogare è quella che definisce i «prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta» (sono tali i prodotti agricoli e alimentari provenienti da una filiera di approvvigionamento formata da un numero limitato di operatori economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo Pag. 35economico locale e stretti rapporti socio-territoriali tra produttori, trasformatori e consumatori) e i «prodotti agricoli e alimentari a chilometro utile» (sono tali i prodotti agricoli di cui all'allegato I al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e i prodotti alimentari di cui all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002, provenienti da un luogo di produzione o da un luogo di coltivazione e di allevamento della materia prima agricola primaria utilizzata nella trasformazione dei prodotti, situato entro un raggio di 70 chilometri dal luogo di vendita, nonché i prodotti per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale. Si prevede, quindi, che, ai fini della dimostrazione del limitato apporto delle emissioni inquinanti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, stabilisca i criteri e i parametri che i produttori agricoli e agroalimentari devono osservare per attestare il possesso di tale requisito da parte delle relative produzioni a chilometro utile.
  La disposizione del comma 1 dell'articolo 7 della proposta di legge, prevede, inoltre, che ogni rinvio ai prodotti indicati dal comma 1 dell'articolo 11 abrogato debba intendersi sostituito dalla definizione di prodotti provenienti da filiera corta o a chilometro utile recata dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), della proposta di legge.
  Il comma 2 reca la clausola di salvaguardia in merito all'applicabilità delle disposizioni in esame alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti dei rispettivi statuti e delle loro norme di attuazione.
  In generale, in relazione alla previsione di elementi identificativi di provenienza geografica e caratteristiche dei prodotti (quali loghi, marchi), segnala l'esigenza di tenere conto dell'evoluzione della giurisprudenza costituzionale e della Corte di Giustizia dell'Unione europea.
  Rileva come in talune occasioni la giurisprudenza costituzionale ha dichiarato illegittime previsioni normative che autorizzassero l'indicazione di un marchio di origine in quanto in contrasto con gli articoli da 34 a 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione (richiamando ad esempio le sentenze n. 86 e n. 191 del 2012 e n. 66 del 2013, n. 292 del 2013).
  In particolare, nella sentenza n. 86 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della norma della Regione Marche n. 7 del 2011 che ha introdotto un marchio «di origine e di qualità», denominato «Marche Eccellenza Artigiana (MEA)», sottolineando il rilievo centrale che, nella disciplina del mercato comune delle merci, ha il divieto di restrizioni quantitative degli scambi e di misure di effetto equivalente, concernente sia le importazioni, sia le esportazioni. La Corte ha in particolare evidenziato che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha elaborato una nozione ampia di «misura di effetto equivalente», nozione riassunta nel principio secondo cui «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative. Coerentemente con questi principi, la Corte, «constatata quanto meno la possibilità della norma censurata di produrre effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri, ne ha dichiarato l'incostituzionalità». In maniera analoga, con la sentenza n. 191 del 2012 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio n. 9 del 2011 (Istituzione dell'elenco regionale Made in Lazio – Prodotto in Lazio) evidenziando che «gli artt. da 34 a 36 del TFUE – che, nel caso in esame, rendono concretamente operativo il parametro dell'articolo 117 della Costituzione – vietano agli Stati membri di porre in essere restrizioni quantitative, all'importazione ed alla esportazione, «e qualsiasi misura di effetto equivalente».Pag. 36
  Con la sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 2013, è stata dichiarata incostituzionale per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, la legge della regione Puglia n. 43 del 2012 in quanto, nel voler tutelare i prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero e di qualità, ha accordato preferenza, nell'aggiudicazione degli appalti pubblici di ristorazione collettiva, ai prodotti trasportati all'interno della regione, includendo tali prodotti in quelli a chilometro zero.
  La Corte ha ritenuto, al riguardo, che tale scelta non avesse alcuna giustificazione, in quanto prescinderebbe dal livello delle emissioni di anidride carbonica equivalente connesse al trasporto e troverebbe come unica ragione d'essere quella di dare preferenza alla mera origine territoriale dei prodotti. In tal modo la misura è stata ritenuta contrastante con il principio di libera circolazione degli scambi intracomunitari, assumendo le caratteristiche di misura ad effetto equivalente vietata dall'articolo 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Al tempo stesso, la Corte di Giustizia dell'UE ha affermato la compatibilità con il diritto UE di indicazioni di origine dei prodotti se riferite a specifici prodotti e per la valorizzazione delle identità territoriali e dell'origine (sentenza 18 novembre 2003 e sentenza 7 novembre 2000).
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva come la proposta di legge incida sia sulle regole della concorrenza, assegnata alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, sia sulla materia dell'alimentazione, attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
  Nella proposta vi sono inoltre disposizioni riguardanti la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari afferente alla materia del commercio, attribuita alla competenza residuale delle Regioni.

  Alberto STEFANI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.40.

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