CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 18 settembre 2018
59.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 37

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 18 settembre 2018. — Presidenza della presidente Carla RUOCCO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Massimo Bitonci.

  La seduta comincia alle 15.35

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2016/1065 recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il trattamento dei buoni-corrispettivo.
Atto n. 41.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Carla RUOCCO, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere è fissato per il 9 ottobre prossimo e invita la relatrice, Francesca Gerardi, ad illustrare i contenuti dell'Atto.

  Francesca GERARDI (Lega), relatrice, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame – ai fini del parere da rendere al Governo – dello schema di decreto legislativo in esame, il quale introduce modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) al fine di adeguare la disciplina nazionale alla direttiva (UE) 2016/1065 sul trattamento dei buoni-corrispettivo.
  Per buono-corrispettivo, secondo la definizione prevista nel decreto, si deve intendere uno strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, quindi uno strumento che conferisce al titolare il diritto all'acquisto di beni e servizi. I buoni-corrispettivo, comunemente definiti buoni acquisto, sono quindi degli strumenti (che possono presentarsi in forma fisica o elettronica) che Pag. 38conferiscono al detentore il diritto di beneficiare di determinati beni o servizi.
  La finalità del provvedimento è quella di individuare il momento in cui le operazioni economiche sottostanti all'utilizzo del buono-corrispettivo si considerano effettuate ai fini dell'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto. A tale scopo, vengono distinti i buoni-corrispettivo in due tipologie: i buoni-corrispettivo monouso e i buoni-corrispettivo multiuso.
  Per i primi è prevista l'insorgenza del momento impositivo già in sede di emissione, essendo l'operazione (cessione di beni o prestazione di servizi) identificata in ogni suo elemento e, pertanto, nota la disciplina applicabile. Per i secondi rileva, ai fini IVA, l'utilizzo dei buoni da parte del possessore, non essendo certi i presupposti dell'imposta all'atto dell'emissione degli stessi.
  La distinzione, quindi, è fondata sulla disponibilità delle informazioni necessarie per la tassazione già al momento dell'emissione del buono-corrispettivo (monouso) o al momento del riscatto (multiuso), qualora l'utilizzo finale sia lasciato alla scelta del consumatore.
  Ricorda che la direttiva 2016/1065 – qui oggetto di recepimento – modifica la direttiva sul sistema comune dell'IVA (direttiva 2006/112/CE) con riferimento alle operazioni che comportano l'utilizzo di buoni, introducendo allo scopo una specifica normativa.
  Tra gli scopi della disciplina speciale vi è quello di garantire un trattamento uniforme e certo, assicurare la coerenza con i principi di un'imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, evitare incoerenze, distorsioni della concorrenza, la doppia imposizione o la non imposizione e ridurre il rischio dell'elusione fiscale.
  Oggetto delle nuove disposizioni sono i buoni che possono essere utilizzati per il riscatto contro beni o servizi, escludendo dunque gli strumenti che conferiscono al titolare il diritto ad uno sconto all'atto dell'acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere tali beni o servizi.
  L'articolo 1, n. 1, della direttiva in esame introduce l'articolo 30-bis nella direttiva 112/2006/CE, che reca alcune definizioni: si definisce buono (n. 1) lo strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo, a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi, e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative. All'interno di tale categoria, il n. 2 dell'articolo 30-bis identifica i cd. buoni monouso, in relazione ai quali sono noti, al momento dell'emissione, sia il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il buono si riferisce, sia l'IVA dovuta su tali beni o servizi. Per esclusione, sono buoni multiuso quelli che non rientrano nella predetta categoria (n. 3).
  La disciplina dei buoni è contenuta nell'introdotto articolo 30-ter della direttiva 2006/112/CE. In particolare l'Iva è esigibile per ogni trasferimento, compresa l'emissione, del buono monouso. La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un buono monouso non sono considerate operazioni indipendenti.
  Con riferimento ai buoni multiuso, il paragrafo 2 dell'articolo 30-ter dispone che la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi effettuate dietro presentazione di tali buoni sono soggette all'IVA ai sensi delle regole ordinarie (articolo 2 della direttiva 2006/112/CE), ossia l'imposta è esigibile quando i beni o i servizi cui il buono si riferisce sono ceduti o prestati, mentre ogni trasferimento precedente di tale buono non è soggetto all'IVA.
  L'articolo 1, n. 2, della direttiva 1065/2016/UE, introducendo l'articolo 73-bis nella direttiva 2006/112/CE, fissa la base imponibile della cessione di beni o della prestazione di servizi effettuate a fronte di un buono multiuso nella misura del corrispettivo versato per il buono o, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, Pag. 39al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell'importo dell'IVA relativo ai beni ceduti o ai servizi prestati.
  Il successivo n. 3 dell'articolo 1 inserisce gli articoli 410-bis e 410-ter nella direttiva 112/2006/CE, che recano le misure transitorie per l'applicazione delle norme sui buoni.
  In particolare, esse trovano applicazione (articolo 410-bis) ai buoni emessi successivamente al 31 dicembre 2018. Sono inoltre disciplinate le procedure (articolo 410-ter) con le quali la Commissione deve presentare al Parlamento e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2022, la relazione di valutazione sulle nuove norme.
  L'articolo 2 della direttiva fissa il termine di recepimento per gli Stati membri al 31 dicembre 2018; l'applicazione delle nuove disposizioni da parte degli Stati membri è fissata a decorrere dal 1o gennaio 2019.
  Passando all'illustrazione del contenuto dello schema, l'articolo 1 recepisce le disposizioni della direttiva inserendo nel cosiddetto decreto IVA (decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) tre nuovi articoli (6-bis, 6-ter e 6-quater) e aggiungendo il comma 5-bis all'articolo 13 del decreto stesso.
  In particolare, l'articolo 6-bis fornisce la definizione di buono-corrispettivo stabilendo che si tratta di uno strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.
  Conformemente al considerando 6 della direttiva, i buoni vanno distinti dagli strumenti di pagamento in quanto i primi hanno connesso alla propria natura il diritto a ricevere beni e servizi, mentre i secondi hanno come unica finalità quella di effettuare il pagamento.
  L'articolo 6-ter stabilisce che il buono-corrispettivo è da considerarsi monouso se al momento della sua emissione è nota la disciplina applicabile ai fini dell'imposta sul valore aggiunto alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto. Pertanto, la cessione o la prestazione, che il buono incorpora, possono essere tassate al momento della sua emissione in quanto le informazioni minime necessarie per la tassazione del buono sono disponibili al momento dell'emissione. Ogni trasferimento del buono monouso precedente alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione. Essendo noti già al momento dell'emanazione tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione dell'operazione (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione) ogni trasferimento è considerato alla stessa stregua della cessione dei beni o della prestazione dei servizi che il buono incorpora. Da ciò consegue che essendo stata assoggettata a imposizione l'emissione del buono-corrispettivo monouso, nonché ogni eventuale trasferimento dello stesso, la successiva consegna dei beni o esecuzione della prestazione di servizi non assume rilevanza ai fini dell'imposta. Nel caso in cui il soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo monouso sia diverso da quello che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, si deve ritenere che il cedente o prestatore abbia effettuato l'operazione nei confronti del soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo monouso.
  L'articolo 6-quater stabilisce che un buono-corrispettivo si considera multiuso se, contrariamente a quanto previsto per il buono monouso, al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini dell'imposta sul valore aggiunto alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto. Non essendo note al momento dell'emissione le informazioni minime necessarie per la tassazione del buono, non è possibile determinare con certezza il trattamento ai fini IVA attribuibile alla corrispondente cessione di Pag. 40beni o prestazione di servizi; l'imposta diventerà esigibile solo nel momento in cui i beni sono ceduti o i servizi prestati. Si prevede quindi, proprio come conseguenza dell'impossibilità di determinare con certezza il trattamento fiscale al momento dell'emissione del buono multiuso, che ogni trasferimento del buono precedente all'accettazione dello stesso come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto non costituisce effettuazione di detta cessione o prestazione. La cessione o la prestazione a cui il buono corrispettivo multiuso dà diritto si considera effettuata al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 6 (effettuazione delle operazioni) del decreto IVA, assumendo come pagamento l'accettazione del buono-corrispettivo come corrispettivo o parziale corrispettivo di detti beni o servizi. Si specifica infine che qualora il trasferimento di un buono-corrispettivo multiuso intercorra tra soggetti diversi da quelli tra i quali interviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, i servizi di distribuzione e simili sono autonomamente rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Pertanto, nel caso previsto al comma 4, la totalità delle operazioni imponibili associate a un buono corrispettivo multiuso, ad esempio la fornitura di un servizio di distribuzione, è soggetta ad IVA.
  Il comma 5-bis aggiunto all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 determina la base imponibile delle operazioni relative ai buoni-corrispettivo. Il comma non contiene specifiche previsioni per quanto concerne la base imponibile applicabile ai buoni-corrispettivo monouso in quanto per questi rileva il corrispettivo dovuto per il buono stesso. La norma disciplina, invece, espressamente i criteri di determinazione della base imponibile delle operazioni relative ai buoni-corrispettivo multiuso in quanto tali operazioni sono individuate solo al momento del riscatto.
  Il primo periodo del comma stabilisce che la base imponibile dell'operazione soggetta a imposta è costituita dal corrispettivo dovuto per il buono-corrispettivo multiuso o, in assenza di informazioni su detto corrispettivo, dal valore monetario del buono-corrispettivo multiuso al netto dell'imposta sul valore aggiunto relativa ai beni ceduti o ai servizi prestati. Inoltre, qualora il buono multiuso sia usato parzialmente, la base imponibile è pari alla parte corrispondente del corrispettivo o del valore monetario del buono.
  Infine, l'ultimo periodo del comma prevede che per i servizi di distribuzione e simili di un buono-corrispettivo multiuso la base imponibile, comprensiva dell'imposta, nel caso in cui il trasferimento interviene tra soggetti diversi da quelli tra i quali interviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, e qualora non sia stabilito uno specifico corrispettivo, è costituita dalla differenza tra il valore monetario del buono-corrispettivo e l'importo dovuto per il trasferimento del buono-corrispettivo medesimo.
  L'articolo 2 dello schema di decreto fissa il termine per l'applicazione della nuova disciplina: le disposizioni di cui all'articolo si applicano ai buoni-corrispettivo emessi successivamente al 31 dicembre 2018 (in analogia con l'articolo 410-bis della direttiva).
  L'articolo 3 reca una clausola di invarianza finanziaria per cui tutte le disposizioni del decreto non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 4 prevede che il decreto in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

  Silvia FREGOLENT (PD) facendo seguito a quanto già proposto nella scorsa riunione dell'Ufficio dei Presidenza, chiede di procedere, ai fini dell'istruttoria legislativa sul provvedimento, all'audizione informale di rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Alleanza delle Cooperative italiane, dell'Associazione nazionale Aziende della ristorazione collettiva e servizi vari (Angem) e di altre categorie rappresentative Pag. 41del settore della grande distribuzione (GDO), nonché di esperti della materia.

  Carla RUOCCO, presidente, prende atto della richiesta e, non essendovi obiezioni, si riserva di contattare i soggetti indicati al fine di calendarizzare le audizioni.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

Sui lavori della Commissione.

  Alberto Luigi GUSMEROLI (Lega), in considerazione del fatto che nella giornata di giovedì 20 settembre non sono previste votazioni in Assemblea, chiede che le sedute della Commissione, ivi comprese le sedute di interrogazioni ordinarie e di question time, già previste alle ore 14.15, siano anticipate alla mattina.

  Carla RUOCCO, presidente, evidenzia come occorra lasciare al Governo adeguati tempi di istruttoria per la predisposizione degli elementi di risposta ai quesiti avanzati; ove il Governo non abbia obiezioni, si potrebbe tuttavia anticipare la seduta.

  Il sottosegretario Massimo BITONCI dichiara la piena disponibilità del Governo.

  Carla RUOCCO, presidente, non essendovi obiezioni e acquisita sul punto la disponibilità del Governo, si riserva di anticipare le sedute di giovedì nella prima parte della mattina.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi.
Atto n. 42.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Carla RUOCCO, presidente, ricorda che il termine per l'espressione del parere è fissato per il 9 ottobre prossimo e invita il relatore, Andrea Caso, ad illustrare i contenuti dell'Atto.

  Andrea CASO (M5S), relatore, ricorda che la Commissione Finanze è chiamata – ai fini del parere da rendere al Governo – ad esaminare lo schema di decreto legislativo volto a dare attuazione alla direttiva (UE) 2016/1164, recante Norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, come modificata dalla direttiva (UE) 2017/952 (Modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i paesi terzi).
  La delega al recepimento della direttiva 2016/1164 è contenuta all'articolo 1, commi 1 e 2, e nell'Allegato A della legge di delegazione europea 2016-2017 (legge n. 163 del 2017).
  La direttiva 2016/1164/UE qui oggetto di attuazione (cosiddetta Anti Tax Avoidance Directive – ATAD) fa parte del pacchetto antielusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale.
  Essa si basa sulle raccomandazioni dell'OCSE del 2015 volte ad affrontare l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (progetto BEPS): si tratta di azioni per contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva e per evitare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso altri con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale.
  In particolare, la direttiva intende contrastare quelle pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, introducendo una serie di limiti alla pianificazione fiscale Pag. 42aggressiva, con particolare riferimento alle situazioni in cui i gruppi societari sfruttano le disparità esistenti fra i sistemi fiscali nazionali.
  Le aree tematiche che sono affrontate dalla direttiva sono le seguenti:
   limiti alla deducibilità degli interessi passivi. Per contrastare lo spostamento dei profitti attraverso operazioni di indebitamento all'interno delle società del gruppo, l'articolo 4 della direttiva introduce la cosiddetta earning-stripping rule, che impone agli Stati membri di dotarsi di una normativa che limiti la deducibilità degli interessi passivi ad un importo non superiore al 30 per cento degli utili imponibili del contribuente al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (cosiddetta EBITDA). La direttiva fa salve eventuali disposizioni specifiche contro la thin capitalisation le quali, qualora già presenti nella legislazione domestica, non dovranno essere abrogate, ma potranno convivere con il limite stabilito dalla direttiva;
   con riferimento alla tassazione in uscita (cosiddetta exit tax), per evitare che i gruppi spostino i propri asset (specialmente quelli immateriali, quali brevetti e proprietà intellettuali) verso Stati con tassazione più favorevole, l'articolo 5 stabilisce che gli Stati membri devono dotarsi di una disciplina specifica della tassazione in uscita, che deve essere computata come la differenza tra valore di mercato degli asset al momento dell'uscita dallo Stato e il loro valore fiscale;
   con l'articolo 6 viene introdotta la General Anti-Abuse Rule (clausola generale antiabuso) secondo cui, per l'imposizione delle società, gli Stati membri sono tenuti a ignorare le costruzioni (giuridiche o fiscali) che, poste in essere allo scopo principale di ottenere un vantaggio fiscale in contrasto con l'oggetto o la finalità del diritto applicabile, non sono genuine avendo riguardo a tutti i fatti e le circostanze pertinenti. Una costruzione o una serie di costruzioni sono considerate «non genuine» nella misura in cui non sono state poste in essere per valide ragioni commerciali che rispecchiano la realtà economica;
   con riferimento alle società controllate estere (Controlled Foreign Companies – CFC), la direttiva (articolo 7) persegue lo scopo di evitare che i gruppi societari trasferiscano i propri utili verso società del gruppo aventi sede in Stati con un'imposizione più favorevole, per ridurre gli oneri fiscali complessivi. Come emerge anche dai considerando, le norme sulle CFC intendono riattribuire i redditi di una società controllata soggetta a bassa imposizione alla società madre; quest'ultima è quindi tassabile per i redditi che le sono stati attribuiti nello Stato in cui è residente a fini fiscali. Gli Stati membri possono esentare da tale disciplina alcune entità con scarsi utili o uno scarso margine di profitto che comportano rischi minori di elusione fiscale;
   la direttiva si occupa anche di disciplinare il fenomeno dei cosiddetti disallineamenti da ibridi (articolo 9), vale a dire della situazione che insorge tra un contribuente in uno Stato membro e un'impresa associata in un altro Stato membro, ovvero di una modalità strutturata tra parti negli Stati membri, in cui il seguente risultato è imputabile a differenze della caratterizzazione giuridica di uno strumento finanziario o di un'entità: lo stesso pagamento, le stesse spese o le stesse perdite sono dedotti sia nello Stato membro in cui il pagamento ha origine, le spese sono sostenute o le perdite sono subite sia in un altro Stato membro (doppia deduzione); o a un pagamento è applicata una deduzione nello Stato membro in cui il pagamento ha origine senza una corrispondente inclusione, a fini fiscali, dello stesso nell'altro Stato membro (deduzione senza inclusione).

  Per evitare che i gruppi transnazionali possano avvantaggiarsi delle differenze dei sistemi legislativi dei Paesi membri per ridurre il loro onere fiscale, l'articolo 9 della direttiva prevede che nella misura in cui un disallineamento da ibridi determini Pag. 43una doppia deduzione, la deduzione si applica unicamente nello Stato membro in cui il pagamento ha origine. Viceversa, nella misura in cui un disallineamento da ibridi determini una deduzione senza inclusione, la deduzione viene negata.
  Nella parte modificata dalla successiva direttiva (UE) 2017/952 (cosiddetta ATAD 2), la direttiva (UE) 2016/1164 è volta a contrastare i cosiddetti disallineamenti da ibridi che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.
  La direttiva 2016/1164, infatti, disciplina solo le regolazioni ibride da disallineamento fiscale derivate dall'interazione fra i regimi di imposizione delle società degli Stati membri. L'obiettivo della modifica, dunque, è applicare tali norme a tutti i contribuenti assoggettati all'imposta sulle società in uno Stato membro, comprese le stabili organizzazioni di entità residenti in Paesi terzi.
  Passando ad illustrare il contenuto del provvedimento, ricorda preliminarmente che lo schema di decreto è suddiviso in sei Capi.
  Il Capo I (articolo 1) interviene sulla vigente disciplina della deducibilità degli interessi passivi: per effetto delle nuove norme, i limiti di legge (30 per cento del ROL, risultato operativo lordo) si applicano anche agli interessi capitalizzati, introducendo una nuova definizione degli interessi passivi (ed attivi) e degli oneri (e proventi) assimilati rilevanti a fini fiscali: sostanzialmente, si limita l'ambito di applicazione della norma agli interessi, attivi e passivi, che siano qualificati come tali dai principi contabili adottati dall'impresa e per i quali tale qualificazione contabile sia confermata dalla disciplina primaria o secondaria di riferimento. Si dispone dunque un legame tra la qualificazione contabile ed il suo trattamento sul piano fiscale.
  Inoltre, lo schema rende riportabile in avanti anche l'eccedenza di interessi attivi rispetto a quelli passivi; si adotta un concetto di ROL basato sulla normativa fiscale, in luogo di quella contabile.
  Con il Capo II e, segnatamente, agli articoli 2 e 3, lo schema intende recepire l'articolo 5 della direttiva relativo alla cd. imposizione in uscita (exit tax), chiarendo le condizioni alle quali i contribuenti sono soggetti ad imposta nel caso di trasferimento all'estero di attivi secondo il valore di mercato degli attivi trasferiti, al netto delle perdite.
  A tal fine l'articolo 2 sostituisce integralmente, fornendo una disciplina completa della materia, l'articolo 166 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi), concernente il trattamento fiscale del trasferimento all'estero della residenza dei contribuenti che sono imprese commerciali.
  Viene introdotto il concetto di valore di mercato per la valutazione dei componenti trasferiti, in sostituzione del valore normale. In particolare, esso è determinato con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza, tenendo conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze in tema di prezzi di trasferimento (decreto ministeriale 14 maggio 2018).
  Si disciplina la rateizzazione dell'eventuale exit tax, sostanzialmente riproponendo ed adattando la vigente normativa alle diverse ipotesi introdotte dallo schema. In ottemperanza all'articolo 5 della direttiva, gli importi sono resi dilazionabili in cinque rate.
  Si chiarisce che alle imprese individuali ed alle società di persone si applica la tassazione separata.
  L'articolo 3 dello schema sostituisce l'articolo 166-bis del TUIR (valori fiscali in ingresso). Si ripropone il concetto di «valore di mercato» già illustrato all'articolo 2 e si demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità di segnalazione dei valori delle attività e delle passività coinvolte nelle operazioni: in caso di omessa o incompleta segnalazione, si applica Pag. 44la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 8, comma 3-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, pari al 10 per cento dell'importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 ed un massimo di 50.000 euro.
  Con il Capo III (articolo 4) dello schema sono introdotte disposizioni in materia di tassazione dei proventi di società controllate non residenti (disciplina CFC – Controlled Foreign Companies).
  Sono elencate le condizioni al ricorrere delle quali si applica la disciplina sulle CFC: in particolare, la disciplina si applica anzitutto se vi è tassazione effettiva nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato assoggetto qualora fosse stato residente in Italia.
  Inoltre, la norma imputa al soggetto residente tutti i redditi del soggetto controllato non residente, localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, qualora quest'ultimo realizzi proventi per oltre un terzo derivanti da cd. passive income (specifiche categorie di reddito, tra cui quelli di capitale, non derivanti da attività operativa).
  Le due condizioni devono ricorrere congiuntamente in capo al soggetto controllato affinché sussistano gli estremi per l'applicazione della CFC rule.
  Viene introdotto, anche in seno a tale disciplina, il cd. valore di mercato e si modifica la nozione di controllo societario rilevante ai fini dell'imputazione per trasparenza dei redditi da enti controllati esteri. Di conseguenza l'articolo 5 dello schema in esame (Capo III, sezione II) modifica la vigente normativa in tema di dividendi e plusvalenze. Viene introdotto inoltre l'articolo 47-bis nel TUIR, ai sensi del quale sono previsti criteri specifici per l'individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, facendo riferimento al livello di tassazione effettivo o a quello nominale, a seconda che la partecipazione sia o non sia di controllo.
  Il Capo IV dello schema (articoli da 6 a 11) contiene le disposizioni in materia di disallineamenti da ibridi. Tali misure sono, in sintesi, volte a contrastare gli effetti derivanti dalla diversa qualificazione del medesimo strumento finanziario, pagamento, entità o stabile organizzazione in differenti sistemi fiscali. Da tali «disallineamenti» possono derivare dei vantaggi fiscali sproporzionati per le società e, per converso, una riduzione delle entrate per alcuni Paesi membri.
  In particolare, l'articolo 6 reca le definizioni rilevanti: vengono definiti i fenomeni che la normativa intende contrastare, quali la doppia deduzione e la deduzione senza inclusione, e viene fornito un elenco esemplificativo di situazioni riconducibili alla fattispecie del disallineamento da ibridi.
  L'articolo 7 identifica il ruolo dello Stato italiano rispetto alle differenti posizioni attive e passive oggetto della normativa in commento.
  L'articolo 8 detta la disciplina delle misure di contrasto alle conseguenze fiscali del disallineamento da ibridi.
  Laddove da tale fattispecie derivi una doppia deduzione, la deduzione della componente negativa di reddito è negata in capo al soggetto passivo qualora lo Stato italiano sia lo Stato dell'investitore, ovvero qualora sia lo Stato del pagatore e la deduzione della componente negativa di reddito non sia stata negata nello Stato dell'investitore. Qualora, invece, lo Stato italiano sia identificabile come lo Stato del beneficiario e la deduzione della componente negativa di reddito non sia stata negata nello Stato del pagatore, l'importo della corrispondente componente positiva di reddito che altrimenti genererebbe un disallineamento deve essere inclusa nella base imponibile in capo al soggetto passivo.
  L'articolo 9 prevede una misura di contrasto ai disallineamenti da ibridi cosiddetti «inversi», che corrispondono a casi di «deduzione non inclusione» derivanti dall'attribuzione di componenti positivi di reddito ad entità considerate trasparenti ai fini della legge dello Stato di localizzazione dell'entità e opache ai fini Pag. 45della legge dello Stato di localizzazione dei soggetti che detengono un interesse rilevante nell'entità.
  L'articolo 10 disciplina le misure di contrasto ai fenomeni di doppia deduzione derivanti dai casi di doppia residenza fiscale del soggetto passivo. In particolare, nel caso in cui una società sia considerata residente ai fini fiscali in Italia e anche in un altro Stato membro dell'Unione europea in base alla legge interna di tale Stato, nel quale risulti residente ai fini della convenzione per evitare le doppie imposizioni, la deduzione di una componente negativa deve essere negata a meno che tale componente negativa non abbia compensato una componente positiva di reddito considerata a doppia inclusione.
  L'articolo 11 dello schema disciplina gli aspetti concernenti l'accertamento delle violazioni alle disposizioni in materia di disallineamenti da ibridi, che deve essere effettuato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile una violazione.
  Viene dunque sancita la necessità di un contraddittorio preventivo tra contribuente e amministrazione rispetto all'emissione dell'avviso di accertamento. La richiesta di chiarimenti deve essere notificata al contribuente entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo.
  L'articolo 12 ridefinisce, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, la nozione di intermediari finanziari e delle holding finanziarie e non finanziarie, alle quali si applicano specifiche disposizioni per alcuni settori della direttiva ATAD (tra cui la limitazione alla deducibilità degli interessi passivi). Il criterio che presiede all'individuazione della categoria prende in considerazione le caratteristiche del bilancio degli enti coinvolti nella relativa disciplina.
  L'articolo 13 contiene le disposizioni transitorie. L'articolo 14 effettua le abrogazioni conseguenti alla nuova disciplina; all'articolo 15 sono contenute le disposizioni finanziarie.

  Carla RUOCCO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 15.55.