CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 luglio 2018
38.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 18 luglio 2018. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo Sibilia.

  La seduta comincia alle 14.45.

DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.
C. 924 Governo.

(Parere alle Commissioni VI e XI).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la Commissione è chiamata a esaminare, ai fini del parere alle Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro), il disegno di legge C. 924, di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese, attualmente all'esame in sede referente presso le predette Commissioni riunite.

  Federica DIENI (M5S), relatrice, illustrando il contenuto del decreto-legge, il quale si compone di 15 articoli, suddivisi in 5 capi, evidenzia in primo luogo come il Capo I rechi misure per il contrasto al precariato e comprende gli articoli da 1 a 4.
  In tale ambito l'articolo 1, al comma 1, reca modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.
  Al riguardo viene modificato l'articolo 19 del decreto legislativo n. 81 del 2015, riducendo la durata massima del contratto di lavoro a termine (fissata attualmente a 36 mesi), stabilendo un limite di 12 mesi.
  Sono comunque previste alcune ipotesi in cui il contratto può avere una durata Pag. 36superiore, nel rispetto di un limite massimo complessivo di 24 mesi per esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, oppure per esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.
  Si riduce inoltre da 5 a 4 il numero massimo di proroghe possibili per il contratto di lavoro a tempo determinato – fermi restando il rispetto dei limiti massimi di durata summenzionati. Nell'ipotesi di una quinta proroga, il contratto si dovrebbe pertanto considerare a tempo indeterminato a decorrere da quest'ultima (in conformità al principio finora vigente con riferimento alla fattispecie di una sesta proroga).
  Viene poi modificato l'articolo 21 del medesimo decreto legislativo n. 81 del 2015, distinguendo tra proroghe dei contratti e rinnovi dei contratti. Mentre le proroghe sono libere, nel rispetto del limite dei 12 mesi, i rinnovi sono invece subordinati, anche nell’àmbito dei 12 mesi, alla sussistenza delle ipotesi sopra indicate.
  Il comma 2 specifica che le norme di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a termine stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti a termine in corso alla medesima data.
  Il comma 3 esclude dall’àmbito delle novelle appena sintetizzate, nonché dall’àmbito delle norme di cui agli articoli 2 e 3 del decreto – legge i contratti di lavoro stipulati dalle pubbliche amministrazioni.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 34 del medesimo decreto legislativo n. 81 del 2015, intervenendo in materia di contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, disponendo inoltre che agli stessi si applichino determinate disposizioni relative alla disciplina del contratto a termine precedentemente escluse.
  Viene in particolare rafforzata la previsione secondo cui i rapporti di lavoro a tempo determinato tra somministratore e lavoratore sono soggetti alla disciplina in materia di lavoro a tempo determinato e si prevede che il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere prorogato con il consenso del lavoratore e per atto scritto.
  L'articolo 3 modifica i limiti minimi e massimi della misura dell'indennità in caso di licenziamento illegittimo, ed incrementando – da 1,4 a 1,9 punti percentuali –, in alcune ipotesi, il contributo previdenziale addizionale concernente i rapporti di lavoro subordinato a termine.
  L'articolo 4 concede al Ministero per l'istruzione l'università e la ricerca 120 giorni di tempo per dare esecuzione ad ogni provvedimento giurisdizionale che comporti la decadenza di contratti di lavoro stipulati con docenti in possesso di diploma magistrale, conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, inseriti con riserva nelle graduatorie ad esaurimento.
  La disposizione ha lo scopo sostanziale di dilazionare nel tempo l'esecuzione delle sentenze che dovessero adeguarsi alla decisione dell'Adunanza Plenaria n. 11 del 2017, con la quale il Consiglio di Stato, nello scorso dicembre, ha dichiarato che il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) del personale docente.
  Con riferimento all'ambito temporale di applicazione, la norma dell'articolo 4 prevede che il termine di 120 giorni entro il quale il MIUR dovrà provvedere inizia a decorrere dalla comunicazione del provvedimento giurisdizionale. Pertanto, ipotizzando che vari siano i provvedimenti giurisdizionali attesi, e che gli stessi non intervengano simultaneamente, per ciascuno di essi all'Amministrazione è posta una scadenza diversa.
  Il Capo II reca misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali e comprende gli articoli da 5 a 8.
  L'articolo 5 contiene norme volte a introdurre limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti agli investimenti produttivi, intervenendo su Pag. 37quanto previsto in materia dall'articolo 1, commi 60 e 61, della legge di stabilità 2014. Le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato in relazione all'effettuazione di investimenti produttivi, decadono dal beneficio in caso di delocalizzazione dell'attività economica (anche in parte) in Stati non appartenenti all'Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata.
  In caso di decadenza, l'amministrazione titolare della misura di aiuto, anche se priva di articolazioni periferiche, applica, anche la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di importo da 2 a 4 volte quello dell'aiuto fruito.
  La norma fa comunque salvi i vincoli derivanti da accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese.
  L'articolo 6 prevede la decadenza dalla fruizione di specifici benefìci per le imprese – italiane ed estere, ma operanti nel territorio italiano – che, avendo beneficiato di aiuti di Stato che prevedano una valutazione dell'impatto occupazionale, non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali.
  La decadenza, che comporta la revoca, totale o parziale, dei benefìci concessi, è disposta qualora, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo (si dovrebbero intendere in proposito le ragioni dirette ad una migliore efficienza gestionale, ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, che determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di posti di lavoro), le imprese richiamate riducano i livelli occupazionali degli addetti all'unità produttiva (o all'attività interessata dal beneficio) nei 5 anni successivi alla data di completamento dell'investimento in una percentuale superiore al 10 per cento. La decadenza dal beneficio è disposta in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale ed è comunque totale in caso di riduzione superiore al 50 per cento.
  La disposizione specifica che le disposizioni dell'articolo si applicano ai benefìci concessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  L'articolo 7 subordina l'applicazione dell'iperammortamento fiscale alla condizione che il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, su cui si fonda l'agevolazione, riguardi strutture produttive situate nel territorio nazionale, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti.
  In merito ricorda che il beneficio dell'iperammortamento, introdotto dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) in favore degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0, consiste sostanzialmente in una maggiorazione del costo di acquisizione di specifici beni pari al 150 per cento, che consente in tal modo di ammortizzare un valore pari al 250 per cento del costo di acquisto. Il comma 10 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 232 del 2016 prevede un'ulteriore maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisto di taluni beni immateriali strumentali.
  In particolare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 7, se nel periodo di fruizione del beneficio i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si procede al recupero del predetto iperammortamento.
  L'articolo 8 esclude dal credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, previsto dal decreto-legge n. 145 del 2013, taluni costi di acquisto – anche in licenza d'uso – di beni immateriali connessi ad operazioni infragruppo: si tratta, in particolare, di spese relative e a competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto, a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.Pag. 38
  La disposizione si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge), in deroga alle disposizioni sull'efficacia temporale delle norme tributarie dettate dallo Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000).
  Si ribadisce inoltre la condizione secondo cui, ai fini del credito di imposta, i costi sostenuti assumono rilevanza solo se i beni immateriali acquisiti vengono utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.
  Il Capo III, recante misure per il contrasto alla ludopatia, si compone del solo articolo 9, il quale al comma 1, facendo salve le restrizioni già introdotte dal legislatore (con l'articolo 7 del decreto-legge n. 158 del 2012 e con i commi da 937 a 940 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015), vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, comunque effettuata e su qualunque mezzo; per i contratti di pubblicità in corso al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge) si prevede che continui ad applicarsi la normativa previgente, fino alla loro scadenza, e comunque per non oltre un anno dalla medesima data.
  La disposizione, a partire dal 1o gennaio 2019, estende il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse anche alle sponsorizzazioni:
   Quanto alla formulazione del comma 1, si potrebbe valutare l'opportunità di riconsiderare la clausola di salvezza della normativa vigente (con particolare riferimento ai commi 938 e 939 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, le quali vietano specifiche modalità di pubblicità di giochi e scommesse) atteso che il medesimo comma 1 introduce un generale divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta e comunque effettuata su qualunque mezzo.
   Il comma 2 prevede che la violazione dei divieti appena illustrati comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari al 5 per cento del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore a 50.000 euro per ogni violazione.
   In base al comma 3 l'autorità competente alla contestazione e all'irrogazione delle sanzioni viene individuata nell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).
   Riguardo alla formulazione del comma 3, ritiene sia da valutare l'opportunità di coordinare la previsione che individua l'AGCOM quale Autorità competente ad irrogare sanzioni, per la violazione del divieto generale di pubblicità di giochi e scommesse, con quella che fa salva la competenza di una diversa autorità (l'Agenzia delle dogane e dei monopoli) per l'irrogazione delle sanzioni per la violazione dello specifico divieto di pubblicità di giochi e scommesse rivolta ai minori (articoli 7, commi 4 e 6, del decreto-legge n. 158 del 2012).
   Il comma 5 prevede che ai contratti di pubblicità in corso continui ad applicarsi la disciplina previgente per non oltre un anno.

  Al riguardo ritiene assuma rilievo la questione relativa ai contratti stipulati anteriormente ad una nuova norma legislativa ma ancora in esecuzione al momento della loro entrata in vigore. Tale questione è stata affrontata dalla giurisprudenza, secondo cui gli effetti di un rapporto contrattuale sorto prima dell'entrata in vigore della legge devono essere disciplinati dalla legge vigente nel tempo in cui quegli effetti si realizzano, in applicazione del principio dell'efficacia immediata della legge in vigore (articolo 11 disposizioni preliminari al codice civile), cui fa eccezione quello, che pertanto avrebbe dovuto essere espressamente previsto, dell'ultrattività della legge previgente. Per la giurisprudenza occorre quindi distinguere il momento della stipulazione da quello della produzione degli effetti. Pertanto, nell'ambito dei contratti di durata bisogna distinguere il momento dell'atto dalla dinamica degli effetti. Mentre la stipulazione rimane regolata dalla legge in vigore nel momento in cui è avvenuta, gli effetti che ne derivano sono disciplinati dalla legge in vigore nel momento Pag. 39in cui essi si realizzano. Richiama, al riguardo, la sentenza della Corte di Cassazione n. 1689 del 2006 (Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1689): «Relativamente ad un rapporto contrattuale di durata, l'intervento nel corso di essa, di una nuova disposizione di legge diretta a porre, rispetto al possibile contenuto del regolamento contrattuale, una nuova norma imperativa condizionante l'autonomia contrattuale delle parti nel regolamento del contratto, in assenza di una norma transitoria che preveda l'ultrattività della previgente disciplina normativa non contenente la norma imperativa nuova, comporta che la contrarietà a quest'ultima del regolamento contrattuale non consente più alla clausola di operare, nel senso di giustificare effetti del regolamento contrattuale che non si siano già prodotti, in quanto, ai sensi dell'articolo 1339 del codice civile, il contratto, per quanto concerne la sua efficacia normativa successiva all'entrata in vigore della norma nuova, deve ritenersi assoggettato all'efficacia della clausola 2 imperativa da detta norma imposta, la quale sostituisce o integra per l'avvenire (cioè per la residua durata del contratto) la clausola difforme, relativamente agli effetti che il contratto dovrà produrre e non ha ancora prodotto».
  Il comma 6 dell'articolo 9 innalza inoltre la misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi idonei per il gioco lecito, al fine di far fronte agli oneri derivanti dall'articolo 9.
  Il Capo IV, che reca misure in materia di semplificazione fiscale, comprende gli articoli da 10 a 12.
  L'articolo 10 reca disposizioni finalizzate a modificare l'istituto dell'accertamento sintetico del reddito complessivo (cosiddetto redditometro), prevedendo, al comma 1, che il Ministero dell'economia e delle finanze possa emanare il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva dopo aver sentito l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti.
  Contestualmente il comma 2 dispone che il decreto ministeriale emanato il 16 settembre 2015, contenente gli elementi indicativi necessari per effettuare l'accertamento, è abrogato e non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull'anno di imposta 2016 e successivi.
  L'articolo 11 reca disposizioni sulla trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute (cosiddetto spesometro) da parte dei soggetti passivi IVA, stabilendo, al comma 1, che la comunicazione dei dati relativi al terzo trimestre 2018 non debba essere effettuata entro il mese di novembre 2018, bensì entro il 28 febbraio 2019.
  In merito ricorda che l'articolo 21, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, dispone l'obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti passivi IVA, dei dati di tutte le fatture emesse e ricevute nel trimestre di riferimento, incluse le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni, ogni tre mesi, entro l'ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre.
  Il comma 2 dispone che, in caso di invio semestrale dei predetti dati (consentito dall'articolo 1-ter, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 148 del 2017), i relativi termini temporali sono fissati al 30 settembre per il primo semestre, al 28 febbraio dell'anno successivo per il secondo semestre.
  L'articolo 12 prevede l'abolizione del meccanismo della scissione dei pagamenti, cosiddetto split payment, per le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte – in sostanza, i compensi dei professionisti.
  Al riguardo rammenta che l'articolo 1, comma 629, lettera b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), ha introdotto l'articolo 17-ter del decreto del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, stabilendo, per le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, un meccanismo di scissione dei pagamenti (cosiddetto split payment), da Pag. 40applicarsi alle operazioni per le quali dette amministrazioni non siano debitori d'imposta. In base a questo meccanismo, in relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati dalle pubbliche amministrazioni, per i quali queste non siano debitori d'imposta (ossia per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile) devono versare direttamente all'erario l'IVA che è stata addebitata loro dai fornitori, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta.
  In particolare, il comma 1 prevede esplicitamente che le norme in materia di split payment non si applicano alle prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni se i compensi sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a ritenuta d'acconto per prestazioni di lavoro autonomo.
  Il comma 2 dispone che il nuovo ambito di applicazione dello split payment riguarda le operazioni per cui è emessa fattura successivamente al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge).
  Il comma 3 reca la copertura finanziaria delle norme dell'articolo 12.
  Il Capo V, che reca disposizioni finali e di coordinamento, è costituito dagli articoli da 13 a 15.
  L'articolo 13, comma 1, abroga le previsioni introdotte dalla legge di bilancio 2018, che consentivano anche alle società sportive dilettantistiche con scopo di lucro di praticare attività sportive dilettantistiche e abroga le agevolazioni fiscali a favore delle stesse introdotte dalla medesima legge.
  Il comma 2 sopprime il riferimento alle società sportive dilettantistiche tra le fattispecie individuate dall'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, alle quali non trova applicazione la presunzione di lavoro subordinato per i contratti di collaborazione posti in essere.
  Il comma 3 elimina l'aliquota agevolata al 10 per cento per i servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI nei confronti di chi pratica l'attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società.
  Il comma 4 ripristina la normativa in materia di uso e gestione di impianti sportivi vigente prima delle novità introdotte dalla stessa legge di bilancio 2018.
  Inoltre il comma 5 istituisce un nuovo fondo destinato a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, in cui confluiscono le risorse rinvenienti dalla soppressione delle predette misure agevolative fiscali e contributive.
  L'articolo 14 reca, al comma 1, l'incremento della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e, al comma 2, la quantificazione e la copertura degli oneri finanziari recati dagli articoli 1 e 3 del decreto-legge.
  Il comma 3 dispone che l'INPS provveda ad un monitoraggio trimestrale delle maggiori spese e minori entrate derivanti dagli articoli 1, 2 e 3.
  L'articolo 15 stabilisce, infine, che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Per quanto attiene alle tematiche relative al rispetto del riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, gli articoli da 1 a 3, in materia di contrasto al precariato, sono riconducibili principalmente alla materia ordinamento civile, di competenza esclusiva statale (ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione).
  L'articolo 4 contiene norme riconducibili alle materie ordinamento civile e norme generali sull'istruzione, entrambe materie di esclusiva competenza statale (ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere l) e n), della Costituzione.
  Gli articoli 5 e 6, rispettivamente, contengono norme volte ad introdurre limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti agli investimenti produttivi, e prevedono la decadenza da specifici benefìci per le imprese – italiane ed estere, ma operanti nel territorio italiano – che non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali richiesti. Pag. 41
  Tali articoli, incidendo su benefìci economici qualificabili come aiuti di Stato, appaiono riconducibili all'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, che individua i rapporti dello Stato con l'Unione europea come competenza legislativa esclusiva statale, nonché alla successiva lettera e) (tutela della concorrenza), pure materia di competenza legislativa esclusiva statale.
  Gli articoli 7 e 8, che riguardano la disciplina dell'iperammortamento fiscale e del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo sono riconducibili alla materia sistema tributario e contabile dello Stato, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
  L'articolo 9, in materia di divieto di pubblicità di giochi e scommesse – insieme alla disciplina dei giochi che comunque presentino un elemento aleatorio e distribuiscano vincite – è riconducibile alla materia ordine pubblico e sicurezza, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, come ribadito – da ultimo – dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 108 del 2017.
  Gli articoli da 10 a 12, che ridisegnano il perimetro e i termini di alcuni adempimenti fiscali posti a carico dei contribuenti (redditometro, spesometro, split payment), sono riconducibili alla materia sistema tributario e contabile dello Stato, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
  Per l'articolo 13 assumono rilievo le materie sistema tributario e contabile dello Stato, come si è visto di esclusiva competenza statale – con riferimento alla abrogazione di agevolazioni fiscali a favore delle società sportive dilettantistiche – e ordinamento sportivo, di competenza legislativa concorrente (ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione), con riferimento all'istituzione del Fondo per interventi a favore delle società sportive dilettantistiche.
  In merito a tale ultima previsione, trattandosi di materia di competenza concorrente e alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia (sentenze n. 424 del 2004 e n. 254 del 2013), segnala l'opportunità di prevedere, per la ripartizione delle risorse del fondo, un coinvolgimento delle regioni.
  Si riserva quindi di presentare una proposta di parere, che potrebbe essere posta in votazione eventualmente anche nella giornata di domani.

  Stefano CECCANTI (PD), soffermandosi anzitutto sul titolo del provvedimento, si domanda se sia appropriato l'utilizzo del termine «dignità» in relazione alle imprese, facendo presente che sarebbe stato più opportuno riferirsi ad un concetto di valorizzazione delle stesse.
  Passando a esaminare alcuni aspetti di merito del provvedimento, manifesta perplessità, su un piano generale, in ordine alla previsione di cui al comma 2 dell'articolo 1, in quanto l'inserimento nell'ambito di un provvedimento di urgenza – quindi soggetto a modifiche durante la conversione – di una disciplina transitoria con effetti retroattivi, in una materia delicata come quella affrontata dall'articolo 1, che attiene ad ambiti segnati dall'autonomia negoziale delle parti, pone dubbi di legittimità. Ritiene infatti al riguardo che l'esistenza di precedenti riguardanti discipline transitorie introdotte in altri provvedimenti non possa giustificare tale prassi normativa, che giudica inopportuna e discutibile sul piano della legittimità. Giudica altresì rischioso un simile modo di legiferare, oltre che foriero di incertezze interpretative, atteso che sulla medesima materia verranno ad incidere diverse norme: quelle previgenti, quelle transitorie, nonché quelle che andranno a regime, a seguito della conclusione dell’iter di conversione del decreto-legge.
  Svolgendo poi una considerazione più specifica, relativa alla richiamata disciplina transitoria recata dal citato comma 2 dell'articolo 1, manifesta dubbi circa la validità del regime delle deroghe previste dai contratti collettivi stipulati antecedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge. In particolare, con riferimento alle proroghe dei contratti, che sono espressamente Pag. 42comprese dalla disciplina transitoria, sembrerebbe porsi, a suo avviso, un tema di nullità dei contratti collettivi in essere, i quali erano stati stipulati sul presupposto che i contratti stessi fossero prorogabili a determinati condizioni, oggi rese impossibili. Ritiene quindi che si ponga un tema di ragionevolezza della normativa che deve essere affrontato seriamente, dal momento che il provvedimento, con tale disciplina, rischia di determinare una situazione di incertezza in relazione ai rapporti pendenti.

  Andrea GIORGIS (PD) in relazione alla tempistica di esame ipotizzata dalla relatrice, ritiene opportuno che la sua proposta di parere sia posta in votazione dopo la conclusione dell'esame degli emendamenti da parte delle Commissioni di merito, in modo che il parere della I Commissione abbia ad oggetto il testo che sarà effettivamente esaminato dall'Assemblea.

  Emanuele PRISCO (FdI), dopo essersi associato alle considerazioni di metodo svolte dal deputato Giorgis, esprime talune perplessità di carattere generale sul provvedimento, chiedendosi, anzitutto, se sia opportuno intervenire con decreto-legge su una materia così delicata, anche considerate talune finalità di riordino della normativa perseguite dal testo in esame, rispetto alle quali ritiene non ricorrano i presupposti dell'urgenza.
  Manifesta inoltre dubbi sulla scelta di prevedere una disciplina transitoria con efficacia retroattiva, che ritiene rischi di danneggiare le imprese, le quali, a suo avviso, saranno costrette a subire un mutamento delle regole in corsa, che potrebbe mal conciliarsi con le previsioni economiche sulle quali esse programmano la loro attività.

  Annagrazia CALABRIA (FI) ritiene opportuno l'ampliamento dei tempi dedicati all'esame del provvedimento rispetto a quelli ipotizzati dalla relatrice, promuovendo il coordinamento con i lavori delle Commissioni di merito, al fine di consentire in seno alla Commissione una discussione ampia ed esaustiva.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come le questioni relative all'organizzazione dei lavori ai fini del parere sul provvedimento potranno essere affrontate in seno all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.

  Federica DIENI (M5S), relatrice, in relazione alle considerazioni svolte dal deputato Ceccanti in ordine al titolo del provvedimento in esame, fa notare come la Commissione, essendo chiamata ad esaminare il provvedimento in sede consultiva, debba limitare la propria analisi agli ambiti di sua competenza, i quali riguardano, in particolare, i profili di legittimità costituzionale. Ritiene, dunque, sia più opportuno affrontare tale questione nell'ambito dell'esame sede referente del provvedimento.
  Si dichiara in ogni caso pronta a valutare qualsiasi contributo proveniente dei gruppi in relazione agli ambiti di competenza della Commissione, in vista dell'elaborazione della sua proposta di parere, nella quale, peraltro, preannuncia l'inserimento di talune osservazioni già illustrate nella sua relazione. Si dichiara altresì disponibile a valutare un breve slittamento dei tempi per la conclusione dell'esame in sede consultiva, purché ciò si concili con le modalità di esame presso la sede referente e con l'avvio della discussione del provvedimento in Assemblea.

  Andrea GIORGIS (PD) interviene nuovamente per formulare, senza alcun intento polemico, alcune osservazioni di carattere metodologico.
  Invita innanzitutto le forze politiche della maggioranza a resistere alla tentazione di circoscrivere e limitare le prerogative della I Commissione e di considerare ogni critica ai provvedimenti in esame come meramente strumentali. Ricorda come nella scorsa legislatura vi siano stati momenti delicati di confronto, anche all'interno della maggioranza di allora, che tuttavia hanno consentito di approfondire diverse questioni e di svolgere un lavoro proficuo. Pag. 43
  In particolare, non ritiene opportuna la limitazione della discussione presso la I Commissione ai soli profili di stretta costituzionalità, in quanto il compito della Commissione non è, a suo avviso, quello di operare una sorta di giudizio preventivo di legittimità costituzionale. Ritiene pertanto che le osservazioni del deputato Ceccanti, alle quali si associa, circa l'utilizzo nel titolo del provvedimento del termine «dignità» con riferimento non soltanto ai lavoratori ma anche alle imprese, non possano essere considerate estranee alle competenze della Commissione e ricorda come la giurisprudenza costituzionale sia attenta a sollecitare il legislatore a un uso proprio delle parole contenute nei testi legislativi. Osserva come l'uso inappropriato del termine «dignità», seppur non possa certo essere considerato di per sé incostituzionale, può tuttavia essere gravido di conseguenze sul piano culturale, oltre che giuridico, e raccomanda pertanto prudenza al riguardo.
  Rinnova l'invito a non mortificare le competenze della I Commissione e ribadisce conclusivamente come le osservazioni da lui svolte non siano motivate da alcun intento polemico od ostruzionistico, anche perché le preoccupazioni che sono alla base del provvedimento in esame sono condivisibili.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, facendo riferimento ad alcune considerazioni svolte nel dibattito odierno, rassicura i membri della Commissione che si adopererà, in qualità di presidente, per garantire il rispetto delle prerogative della Commissione attraverso adeguate modalità di discussione, in piena sintonia con la centralità del Parlamento, centralità che, peraltro, lo stesso Governo ha dichiarato di voler valorizzare.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2017.
C. 850 Governo.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2018.
C. 851 Governo.

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2018 (limitatamente alle parti di competenza).
Tabella n. 8: Stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2018.
(Relazioni alla V Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 17 luglio.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che nella precedente seduta di esame, dopo l'illustrazione dei provvedimenti da parte del relatore, Invernizzi, si erano svolti alcuni interventi.
  Ricorda inoltre che il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge C. 851, relativamente alle parti di competenza della I Commissione, è fissato alle ore 16 di oggi.
  Invita quindi il relatore a predisporre proposte di relazione sui disegni di legge.

  Cristian INVERNIZZI (Lega), relatore, preannuncia la presentazione di proposte di relazione sui provvedimenti in esame, le quali potranno anticipate ai componenti della Commissione già nel pomeriggio di oggi.

  Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, nel corso della quale si concluderà l'esame dei provvedimenti.

  La seduta termina alle 15.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.05 alle 15.25.